99.092 Messaggio concernente il Protocollo del 1996 alla Convenzione del 1972 sulla prevenzione dell'inquinamento marino causato dallo scarico di rifiuti ed altre materie del 24 novembre 1999

Onorevoli presidenti e consiglieri, Con il presente messaggio vi sottoponiamo, per approvazione, un disegno di decreto federale relativo al Protocollo del 1996 alla Convenzione del 1972 sulla prevenzione dell'inquinamento marino causato dallo scarico di rifiuti ed altre materie.

Gradite, onorevoli presidenti e consiglieri, l'espressione della nostra alta considerazione.

24 novembre 1999

In nome del Consiglio federale svizzero: La presidente della Confederazione, Ruth Dreifuss Il cancelliere della Confederazione, François Couchepin

1999-5843

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Compendio Il Protocollo del 7 novembre 1996 alla Convenzione del 1972 sulla prevenzione dell'inquinamento marino causato dallo scarico di rifiuti ed altre materie vieta l'incenerimento in mare di rifiuti ed altre materie e restringe notevolmente la lista dei rifiuti che possono esservi scaricati. Esso vieta in particolare lo scarico di ogni tipo di scorie radioattive. Il Protocollo proibisce inoltre l'esportazione di rifiuti o altre materie verso altri Paesi affinché vengano scaricati in mare.

La Svizzera è sin dal 1979 Parte alla Convenzione.. Dall'entrata in vigore dell'ordinanza sul traffico dei rifiuti speciali, il 1° aprile 1987, l'Ufficio federale dell'ambiente, delle foreste e del paesaggio non hanno mai dato il suo assenso all'esportazione di rifiuti affinché vengano scaricati in mare e, dalla fine del 1989, non ha più dato il suo accordo all'esportazione di rifiuti ai fini del loro incenerimento in mare.Per queste ragioni, la Svizzera può senz'altro ratificare il protocollo.

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Messaggio 1

Parte generale

1.1

Introduzione

Il 7 novembre 1996, una seduta straordinaria delle Parti contraenti della Convenzione del 29 dicembre 1972 sulla prevenzione dell'inquinamento marino causato dallo scarico dei rifiuti1 ha adottato, nella sede dell'Organizzazione marittima internazionale (OMI) a Londra, un Protocollo che apporta importanti modifiche alla Convenzione di base e che la sostituirà nella relazione fra gli Stati membri della Convenzione e del Protocollo. Il 30 marzo 1998, l'Ambasciatore di Svizzera a Londra ha firmato il Protocollo, con riserva di ratifica, nella sede dell'OMI.

La Convenzione sulla prevenzione dell'inquinamento marino causato dallo scarico di rifiuti, denominata abitualmente la Convenzione di Londra, è stata adottata nel 1972 in occasione di una conferenza tenuta sotto gli auspici della Gran Bretagna; essa è entrata in vigore il 30 agosto 1975.

La funzione di segreteria della Convenzione di Londra è svolta dall'OMI2, istituzione specializzata delle Nazioni Unite e di cui la Svizzera è membro dal 1958. Ricordiamo che gli obiettivi principali dell'OMI sono il miglioramento della sicurezza in mare e la prevenzione dell'inquinamento marino.

Quasi 100 Stati hanno finora ratificato la Convenzione di Londra o vi hanno aderito; essa è entrata in vigore per la Svizzera il 30 agosto 1979 3.

Gli obiettivi prioritari della Convenzione sono quelli di controllare e di regolamentare, su scala internazionale, lo scarico in mare di rifiuti e materiali di ogni tipo (comprese navi e piattaforme). Essa vieta lo scarico in mare di alcune sostanze particolarmente nocive per l'ambiente (quali i composti organo-alogenici, il mercurio, il cadmio, le materie plastiche, gli oli minerali e le scorie altamente radioattive). La convezione include anche regole relative allo scarico di altre sostanze che possono compromettere l'ambiente marino e la salute dell'uomo (tra cui le scorie debolmente radioattive). Essa enuncia pure i criteri di selezione per i luoghi di scarico.

A partire dal 1972, la Riunione delle Parti contraenti ha adottato una serie di emendamenti alla Convenzione ed ai suoi allegati. Tra le modifiche più importanti vanno citati: 1.

1 2 3 4

Emendamenti del 12 ottobre 1978 all'articolo XI della Convenzione (compresa l'adozione del nuovo allegato 4 relativo alla procedura di regolamento delle controversie) e agli articoli XIV e XV della Convenzione. Queste modifiche entreranno in vigore quando saranno state approvate dai due terzi degli Stati membri. La Svizzera li ha ratificati il 15 dicembre 19874.

RU 1979 1335; FF 1978 II 436 Convenzione del 6 marzo 1948 che ha preluso alla creazione dell'Organizzazione marittima internazionale, RU 1958 1025 RU 1979 1335, 1986 1340, 1993 2746 RU 1988 1240; FF 1986 II 553

953

2.

Emendamenti del 12 ottobre 1978 agli allegati 1 e 2. Queste modifiche sono entrate in vigore per tutti gli Stati membri l'11 marzo 1979 5.

3.

Emendamenti del 24 ottobre 1980 agli allegati 1 e 2 relativi alla lista dei rifiuti scaricabili in mare. Queste modifiche sono entrate in vigore per tutti gli Stati membri l'11 marzo 19816.

4.

Emendamenti del 3 novembre 1989 all'allegato 3 relativi alla valutazione scientifica dell'impatto causato dallo scarico di alcune sostanze. Queste modifiche sono entrate in vigore per tutti gli Stati membri il 19 maggio 1990 7.

5.

Il 12 novembre 1993, la sedicesima Riunione consultiva ha adottato alcuni emendamenti8 importanti agli allegati 1 e 2 nei campi seguenti: ­ abbandono progressivo dell'evacuazione in mare dei rifiuti industriali entro il 1° gennaio 1996 al più tardi (risoluzione LC.49(16)); ­ divieto di incenerire in mare i rifiuti industriali (risoluzione LC.50(16)); ­ divieto di evacuare in mare le scorie radioattive ed altri materiali radioattivi (risoluzione LC.51(16)).

Queste risoluzioni sono entrate in vigore il 20 febbraio 1994 per tutti gli Stati membri contraenti ad eccezione dell'Argentina e dell'Australia che hanno presentato una dichiarazione di non-accettazione della risoluzione LC.49, e della Federazione di Russia che non ha accettato la risoluzione LC.51.

Alcuni tentativi miranti a vietare completamente l'affondamento di piattaforme o altri impianti artificiali in mare sono stati fatti da alcuni Stati, in particolare dalla Danimarca. L'ultimo di essi in ordine di tempo, e che abbia avuto un'eco internazionale, è stato quello successivo all'incidente della piattaforma «Brent-Spar» che la Shell aveva intenzione di affondare nel Mare del Nord. La maggior parte degli Stati membri della Convenzione di Londra si sono opposti a un divieto completo sostenendo che l'affondamento in mare poteva in certi casi rivelarsi meno dannoso per l'ambiente di uno smantellamento a terra. Inoltre, questi Stati hanno precisato che una piattaforma immersa poteva in alcune regioni costituire una barriera artificiale propizia alla riproduzione ittica. Secondo altri Stati, soltanto le parti in cemento delle piattaforme dovrebbero poter essere affondate, mentre le parti metalliche dovrebbero essere riportate a terra. La diciottesima Riunione delle Parti contraenti ha allora deciso nel 1995 che l'affondamento di piattaforme dovrà essere valutato scientificamente per determinare l'impatto sull'ambiente marino causato dalla loro immersione.

1.2

Principali innovazioni del Protocollo

Le principali innovazioni apportate dal Protocollo sono le seguenti: 1.

5 6 7 8

954

Mentre i membri della Convenzione di Londra s'impegnano a tutelare l'ambiente marino ed a prevenire l'inquinamento dei mari causato dallo scarico di rifiuti o altre materie, il Protocollo stabilisce che gli Stati devono non solo

RU 1986 1340 RU 1986 1346 RU 1993 2746 Non pubblicati nella RU.

proteggere e salvaguardare l'ambiente marino da ogni sorta di inquinamento ma adottare anche misure efficaci al fine di prevenire, e, se possibile, eliminare tale inquinamento.

2.

Ai termini del Protocollo, i membri contraenti devono applicare il principio di precauzione in materia di protezione dell'ambiente contro lo scarico di rifiuti o altri materiali. Essi si sforzano di incoraggiare pratiche conformi al principio di causalità (chi inquina paga), vale a dire che le persone che esse autorizzano a scaricare o incenerire rifiuti in mare devono accollarsi i costi legati al rispetto delle prescrizioni relative alla prevenzione e al controllo dell'inquinamento.

3.

Il concetto di «mare» nel Protocollo è più ampio che nella Convenzione di Londra, nella misura in cui esso ingloba non solo tutte le acque marine ma anche i fondali dei mari e il loro sottosuolo. Per contro, i depositi di rifiuti nel sottosuolo marino ai quali si accede esclusivamente a partire da terra non rientrano nel campo di applicazione del Protocollo.

4.

Secondo l'annesso 1 della Convenzione di Londra, lo scarico di rifiuti altamente radioattivi sul fondo del mare è vietata. Nel 1985, la Riunione consultiva dei membri della Convenzione di Londra aveva deciso, una moratoria che vietava lo scarico di ogni scoria (debolmente o altamente) radioattiva e di altri materiali radioattivi fino a quando una ricerca non avesse valutato l'impatto della loro immersione sull'ambiente marino (risoluzione LC.21 (9)). Nel 1993, sulla base di questa ricerca, la Riunione consultiva ha deciso una nuova moratoria di 25 anni (risoluzione LC.51 (16)) che vieta lo scarico di ogni scoria radioattiva o altri materiali radioattivi sul fondo dei mari così come nel loro sottosuolo. Alla fine di questo periodo di 25 anni, i membri della Convenzione di Londra promuoveranno uno studio scientifico per determinare l'impatto delle scorie radioattive sull'ambiente marino. Questa risoluzione, LC.51 (16), è entrata in vigore il 20 febbraio 1994 per tutti gli Stati membri della Convenzione di Londra ad eccezione della Federazione di Russia che non l'ha accettata. Il Protocollo stabilisce così per il futuro il divieto di scarico di ogni tipo di scoria radioattiva.

5.

Mentre la Convenzione di Londra sancisce la lista dei rifiuti che non possono essere scaricati (allegato 1) e che possono esserlo mediante il rilascio di un permesso specifico (allegato 2), il Protocollo stabilisce che gli Stati membri interdicano lo scarico di ogni rifiuto o altre materie ad eccezione di quelli enumerati nell'allegato 1 (materiale di dragaggio, fanghi di depurazione, scarti di pesce o materiali residui del trattamento industriale del pesce, navi, piattaforme e altri impianti artificiali in mare, materie geologiche inerti, inorganiche, materie organiche di origine naturale e strutture di grande mole composte principalmente da ferro, cemento, acciaio o materiali non nocivi).

6.

La Convenzione di Londra, nella sua versione del 1972, non prevede il divieto di incenerimento di rifiuti o altre materie. Il divieto di incenerimento relativo ai soli rifiuti industriali è stato tuttavia disposto nel 1993 mediante la risoluzione LC.50 (16). Il Protocollo si spinge in tal modo oltre la Convenzione e la risoluzione nella misura in cui decreta che i membri contraenti vietino l'incenerimento in mare di ogni rifiuto o altre materie. Ciò nonostante, il Protocollo prevede la possibilità di derogare al divieto di incenerimento di rifiuti o altre materie in mare allorquando, ad esempio, vi sia ne-

955

cessità di tutela della vita umana, o lo esigano la sicurezza di navi, aeromobili, piattaforme o altri impianti artificiali in mare, o, infine, in casi di forza maggiore (art. 8 del Protocollo).

7.

1.3

Il Protocollo prevede che i membri contraenti non autorizzino l'esportazione di rifiuti o altre materie verso altri Paesi affinché vengano scaricati o inceneriti in mare.

Consultazione degli ambienti interessati

Questo Protocollo è uno strumento importante per la Svizzera poiché coinvolge un ventaglio di ambienti molto ampio, vale a dire autorità e associazioni attive nel campo della protezione dell'ambiente e della sanità pubblica così come ambienti industriali e marittimi. Prima della conferenza che ha adottato il Protocollo abbiamo sottoposto il progetto, per consultazione, all'Istituto Paul Scherrer, alla Società cooperativa nazionale per l'immagazzinamento di scorie radioattive (CISRA), alla Società svizzera delle industrie chimiche (SSIC), al WWF, a Greenpeace e all'Associazione degli armatori svizzeri. Le reazioni degli ambienti interessati sono state, nell'insieme, favorevolilo.

2

Parte speciale

2.1

Commento al Protocollo

Nel concetto di «mare», definito nell'articolo 1, si includono non solo tutte le acque marine, comprese le acque territoriali degli Stati, ma pure i fondali dei mari ed i rispettivi sottosuoli. Per contro, i depositi di rifiuti nel sottosuolo marino ai quali si accede solo da terra non rientrano nel campo di applicazione del Protocollo.

Il Protocollo definisce «scarico» ogni eliminazione deliberata di rifiuti o altre materie in mare, ad opera di navi, aeromobili, piattaforme o altri impianti artificiali in mare, ogni affondamento in mare di navi, aeromobili, piattaforme o altri impianti artificiali in mare così come ogni deposito di rifiuti o altre materie sul fondo dei mari, e nel loro sottosuolo e, infine, ogni piattaforma o struttura artificiale disattivata o smantellata in mare al solo scopo deliberato di eliminarla. Lo smaltimento in mare dei rifiuti provenienti dal normale sfruttamento di navi, aeromobili, piattaforme o altri impianti artificiali in mare, come pure il deposito o l'abbandono di materiale (ad es. cavi, oleodotti o apparecchi per la ricerca marittima) per fini che non siano la loro semplice eliminazione, non entrano nel campo di applicazione del Protocollo.

In base agli articoli 2 e 3, le Parti contraenti cercano, individualmente e collettivamente, di proteggere e preservare l'ambiente marino da ogni fonte di inquinamento e adottano misure efficaci, a seconda delle rispettive risorse scientifiche, tecniche ed economiche, al fine di prevenire, ridurre e, dove sia possibile, eliminare l'inquinamento dei mari causato dallo scarico e dall'incenerimento di rifiuti o altre materie in mare. In caso di necessità, essi armonizzano le loro politiche in tal senso.

In vista di questi obiettivi, le Parti contraenti adottano il principio di precauzione in materia di protezione dell'ambiente contro lo scarico di rifiuti o altre materie. Essi si sforzano di incoraggiare pratiche conformi al principio di causalità (chi inquina paga). Inoltre, le Parti contraenti devono agire in modo tale da evitare, direttamente o 956

indirettamente, che un inquinamento, o la probabilità di inquinamento, venga trasferito da un ambiente all'altro e dunque a non sostituire un tipo di inquinamento con un altro. Infine, il Protocollo non vieta a nessuna delle Parti di assumere, individualmente o collettivamente, misure più severe miranti a prevenire, ridurre e, ove fosse possibile, eliminare l'inquinamento dei mari.

L'articolo 4 dispone che le Parti contraenti vietino lo scarico di ogni rifiuto o altre materie ad eccezione di quelli enumerati nell'allegato 1, ossia: materiale di dragaggio, fanghi di depurazione, scarti di pesce o sostanze derivate da operazioni di trattamento industriale del pesce, navi e piattaforme e altri impianti artificiali in mare, materie geologiche inerti, inorganiche, materie organiche d'origine naturale e strutture di grande mole composte principalmente da ferro, cemento, acciaio e materiali non nocivi.

Lo scarico di rifiuti o altre materie enumerati nell'allegato 1 del Protocollo è subordinata al rilascio di un permesso da parte delle autorità competenti della Parte contraente interessata. Sulla base del quadro per la valutazione dei rifiuti (allegato 2), queste autorità devono, prima di ogni operazione di scarico, valutare l'impatto dei rifiuti o altri materiali sull'ambiente marino ed esaminare le possibilità di evitare lo scarico in mare scegliendo soluzioni meno dannose per l'ambiente. Esse devono allora varare misure amministrative o legislative affinché i permessi ottemperino alle condizioni dell'allegato 2.

L'articolo 5 recita che le Parti contraenti vietano l'incenerimento in mare di ogni rifiuto o altre materie.

Ai termini dell'articolo 6, le Parti contraenti si impegnano a non autorizzare l'esportazione di rifiuti o altre materie verso altri Paesi affinché vengano scaricati o inceneriti in mare. Questa disposizione è la conseguenza della Convenzione di Basilea del 22 marzo 1989 sul controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi e sulla loro eliminazione9.

Secondo l'articolo 7, il Protocollo non è applicabile alle acque interne quali i laghi o i fiumi. Tuttavia, per quanto riguarda le acque marine interne, ogni Parte contraente deve applicare in queste zone le disposizioni del Protocollo o adottare altre misure efficaci quali il rilascio di permessi e di regolamentazioni al
fine di controllare l'eliminazione deliberata di rifiuti o altre materie, nei casi in cui questa eliminazione dovesse equivalere al loro scarico o incenerimento in mare. Per questo motivo, ogni Parte contraente deve fornire all'OMI informazioni sulla propria legislazione e sui propri meccanismi istituzionali relativi alla messa in opera, al rispetto e all'applicazione effettiva delle disposizioni del Protocollo nelle sue acque marine interne.

L'articolo 8 prevede deroghe possibili al divieto di scarico dei rifiuti che non figurano nell'allegato 1 e di incenerimento di ogni rifiuto quando, ad esempio, fosse necessario tutelare vite umane o la sicurezza di navi, aeromobili, piattaforme o altri impianti artificiali in mare, o, infine, in casi di forza maggiore. Lo scarico o l'incenerimento in mare di questi rifiuti dovrebbe allora risultare il solo mezzo per fronteggiare la minaccia e provocare, con ogni probabilità, danni meno gravi di quelli che si avrebbero senza il ricorso allo scarico o all'incenerimento in questione.

Un'operazione siffatta deve ridurre al minimo i rischi per la vita umana nonché per la fauna e la flora marine, e deve essere segnalata immediatamente all'OMI.

9

RS 0.814.05; RU 1992 1125 2934

957

Una Parte contraente può ugualmente rilasciare un'autorizzazione per lo scarico di rifiuti che non figurano nell'allegato 1, o di incenerimento di ogni rifiuto nei casi urgenti che dovessero costituire una minaccia inaccettabile per la salute umana, la sicurezza o l'ambiente marino e per i quali non vi è altra soluzione possibile.

In base all'articolo 9, le Parti contraenti designano la(le) rispettiva(e) autorità nazionale(i) competente(i) per il rilascio dei permessi richiesti per lo scarico dei rifiuti elencati nell'allegato 1. Esse registrano la natura e le quantità di ogni tipo di rifiuto o sostanza il cui scarico è autorizzato, la natura e la quantità di quelli che sono stati effettivamente scaricati nonché il luogo, la data e il metodo di scarico.

Inoltre, competente per il rilascio dei permessi è l'autorità della Parte contraente sul cui territorio sono stati caricati i rifiuti da scaricare. Nel caso in cui questi rifiuti venissero caricati sul territorio di uno Stato non contraente, l'autorità competente è quella della Parte contraente di cui la nave o l'aeromobile che carica i rifiuti batte bandiera. Il Protocollo sancisce che le Parti contraenti devono notificare all'OMI, e, se del caso, alle altre Parti, mediante un rapporto, le misure adottate ai fini dell'applicazione delle disposizioni del Protocollo e dei suoi allegati, fornire informazioni circa l'efficacia delle misure assunte e segnalare i problemi incontrati nell'applicazione.

Secondo l'articolo 10, ogni Parte contraente deve applicare le misure necessarie per adempiere le disposizioni del Protocollo a tutte le navi e aeromobili immatricolati sul suo territorio o battenti la sua bandiera, a tutte le navi e aeromobili che carichino sul suo territorio rifiuti o altre materie destinati ad essere immersi o inceneriti, cosi come a tutte le navi, aeromobili, piattaforme o altri impianti artificiali in mare che si presume possano effettuare operazioni di scarico o incenerimento in mare nelle zone che rientrano sotto la giurisdizione della Parte in questione. Oltre a ciò, ogni Parte contraente adotta sul proprio territorio i provvedimenti opportuni al fine di prevenire e reprimere eventuali atti contrari al Protocollo. Gli Stati membri concordano di cooperare a tal uopo.

Lo stesso articolo 10 sancisce il principio che il Protocollo
non è applicabile a navi e aeromobili che fruiscano dell'immunità di Stato. Ciò nonostante, ogni Parte contraente deve vigilare a che le navi o aeromobili che le appartengono o che essa gestisce rispettino le disposizioni del Protocollo. Ogni Parte contraente può allora dichiarare in qualsiasi momento all'OMI che essa applica il Protocollo alle sue navi e aeromobili.

L'articolo 11 incarica la Riunione delle Parti contraenti di stabilire, al più tardi due anni dopo l'entrata in vigore del Protocollo, le procedure ed i meccanismi necessari per valutarne il grado di osservanza e incoraggiarne l'applicazione. Queste procedure e meccanismi devono consentire uno scambio di informazioni integrale costruttivo e senza riserve. Sulla base di queste informazioni, la Riunione degli Stati membri può fornire la consulenza, l'assistenza o la cooperazione necessari alle Parti o agli Stati non membri.

In base all'articolo 12, le Parti contraenti si adoperano a rafforzare la cooperazione regionale stipulando in particolare accordi regionali compatibili con il Pr otocollo.

L'articolo 13 verte sulla cooperazione e l'assistenza tecnica che le Parti contraenti forniscono, attraverso la loro collaborazione in seno all'OMI e ad altri organismi internazionali, agli Stati che le richiedono al fine di prevenire, ridurre e, se possibile, eliminare l'inquinamento causato dallo scarico in mare di rifiuti o altre materie.

Questa assistenza, che può essere bilaterale o congiunta, può concretizzarsi in diver958

se maniere: formazione di personale scientifico e tecnico, consigli per l'attuazione del Protocollo, cooperazione tecnica (fornitura di equipaggiamenti di ricerca, sorveglianza, ecc.), accesso alle ecotecnologie, in particolare per i Paesi in sviluppo ed i Paesi in fase di transizione verso l'economia di mercato.

Le Parti contraenti incaricano anche l'OMI di trasmettere le richieste di cooperazione delle Parti richiedenti alle Parti che dispongono dei mezzi tecnici necessari a tal fine, di coordinare in seguito le richieste di assistenza in seno agli organismi internazionali competenti e, infine, di assistere i Paesi in sviluppo come pure quelli in transizione verso l'economia di mercato che desiderano aderire al Protocollo.

L'articolo 14 recita che le Parti incoraggiano la ricerca scientifica e tecnica sulla prevenzione, la riduzione e, se possibile, l'eliminazione dell'inquinamento marino causato dall'evacuazione dei rifiuti. Esse comunicano alle Parti richiedenti le informazioni necessarie sulle attività ed i programmi scientifici e tecnici.

L'articolo 15 incarica le Parti contraenti di elaborare procedure relative alla responsabilità che nasce dallo scarico o incenerimento in mare di rifiuti o altre materie. La Riunione delle Parti Contraenti potrà stabilire su questa base un proprio regime di responsabilità oppure applicare un regime di responsabilità sviluppato in altri fori.

Spetterà alla Riunione delle Parti contraenti che adotterà il regime di responsabilità decidere sotto quale forma questo regime sarà introdotto.

L'articolo 16 stabilisce che le controversie relative all'interpretazione o all'applicazione del Protocollo debbano essere regolate in primo luogo attraverso il negoziato, la mediazione o la conciliazione. Se non può essere regolata entro 12 mesi dalla notifica del litigio alla Parte interessata, la controversia viene sottoposta alla procedura di arbitrato prevista nell'allegato 3 del Protocollo, a meno che le parti in causa non decidano di ricorrere a una delle procedure enumerate nell'articolo 287 capoverso 1 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare. Questa procedura può essere applicata anche se una o l'altra parte in causa non ha ratificato la Convenzione sul diritto del mare. La procedura d'arbitrato stabilita nell'allegato 3 è identica a quella della
Convenzione di Londra.

Nel momento della firma, della ratifica o dell'adesione al Protocollo, ogni Parte contraente può notificare all'OMI che le controversie relative al principio di precauzione e al principio di causalità (chi inquina paga) (art. 3 cpv. 1 e 2) nei quali essa è implicata non potranno essere sottoposti alla procedura di regolamento delle controversie prevista dal Protocollo se non previo consenso della Parte medesima.

In base all'articolo 17, le Parti contraenti debbono far prevalere gli obiettivi del Protocollo nelle altre istanze internazionali competenti.

L'articolo 18 dispone che le Riunioni delle Parti contraenti procedano a una verifica della messa in opera del Protocollo e valutino la sua efficacia nell'individuare i mezzi per rafforzare la prevenzione, la riduzione e, se possibile, l'eliminazione dell'inquinamento causato dallo scarico e incenerimento in mare di rifiuti e altre materie.

Queste riunioni possono, in particolare, decidere emendamenti al Protocollo ed ai suoi allegati, istituire organi sussidiari incaricati di perfezionare l'applicazione del Protocollo, chiedere la consulenza di esperti sugli argomenti trattati dal Protocollo e promuovere la cooperazione con le organizzazioni regionali e universali attive nel campo della prevenzione e del controllo dell'inquinamento marino. Questi organi sussidiari sono di fatto gruppi di lavoro ad hoc, il cui unico compito è di fornire 959

indicazioni su tutti gli argomenti trattati in seno alle Riunioni delle Parti contraenti (ad es. controllo sull'applicazione del Protocollo). Essi non sono autorizzati a prendere decisioni in quanto solo le Riunioni delle Parti contraenti dispongono di poteri decisionali. Questo organi non sono pertanto paragonabili agli organi di controllo internazionali.

L'articolo 19 stabilisce che l'OMI deve svolgere le funzioni di segreteria inerenti il Protocollo. Ogni Stato membro del Protocollo, che non è membro dell'OMI, deve partecipare in misura appropriata alle spese sopportate dall'OMI nell'esercizio delle sue funzioni.

Le funzioni dell'OMI sono, in particolare, quelle di convocare ogni anno la Riunione delle Parti contraenti ed eventuali Riunioni speciali, di dare suggerimenti circa la messa in opera del Protocollo, di predisporre il bilancio, di esaminare le richieste d'informazione. L'OMI, nella misura dei mezzi disponibili, collabora alla valutazione dello stato dell'ambiente marino e coopera con le organizzazioni competenti regionali e universali a favore della prevenzione e del controllo dell'inquinamento marino.

L'articolo 20 sancisce che gli allegati del Protocollo sono parte integrante del Protocollo stesso.

Secondo l'articolo 21, ogni Parte contraente può proporre emendamenti agli articoli del Protocollo. Il testo di una proposta d'emendamento viene trasmessa dall'OMI a tutte le Parti contraenti almeno sei mesi prima di passare all'esame di una Riunione.

Gli emendamenti agli articoli del Protocollo vengono approvati dalla maggioranza di due terzi dei voti delle Parti contraenti presenti e votanti in una Riunione convocata a tal fine. Un emendamento entra in vigore, per le Parti che l'hanno accettato, il sessantesimo giorno dopo che i due terzi delle Parti hanno deposto uno strumento di accettazione dell'emendamento presso l'OMI. In seguito, l'emendamento entra in vigore per ciascuna delle altre Parti contraenti il sessantesimo giorno successivo alla data in cui la Parte in questione ha depositato il proprio strumento di accettazione dell'emendamento.

Dopo l'entrata in vigore di un emendamento del Protocollo, ogni nuova Parte contraente del Protocollo diventa Parte contraente del Protocollo emendato.

Questa procedura è pure applicabile all'adozione di nuovi allegati ed emendamenti
dell'allegato 3 (procedura d'arbitrato).

L'articolo 22 prevede che ogni Parte contraente può proporre emendamenti agli allegati del Protocollo. Il testo di una proposta d'emendamento viene diramato dall'OMI a tutte le Parti contraenti almeno sei mesi prima di essere esaminato in una Riunione. Gli emendamenti agli allegati possono fondarsi su considerazioni d'ordine scientifico, tecnico, giuridico o socioeconomico. Essi vengono approvati dalla maggioranza di due terzi dei voti delle Parti contraenti presenti a una Riunione convocata a tale scopo.

Un emendamento entra in vigore immediatamente per ogni Parte contraente che notifichi la sua accettazione all'OMI nei cento giorni successivi la sua adozione. Per le altre Parti contraenti, un emendamento entra in vigore cento giorni dopo la sua adozione salvo che per le Parti che abbiano dichiarato prima di questo termine di cento giorni di non essere in grado di accettare l'emendamento (procedura di accettazione tacita, detta «contracting out» o «opting out»). Ogni Parte può sostituire in qualsiasi

960

momento una dichiarazione di opposizione con una dichiarazione di accettazione e l'emendamento entra allora in vigore per la Parte in questione.

L'articolo 23 precisa che il Protocollo costituisce uno strumento giuridico autonomo rispetto alla Conferenza di Londra e che esso sostituisce la Convenzione nella relazioni tra gli Stati membri della Convenzione e del Protocollo.

Le clausole finali (art. 24-29) sono quelle standard. Conviene tuttavia notare che, in base all'articolo 24, tutti gli Stati possono diventare membri del Protocollo senza l'obbligo di previa ratifica della Convenzione di Londra. Inoltre, il Protocollo entra in vigore allorquando 26 Stati, 15 dei quali sono già Membri della Convenzione di Londra, abbiano espresso il loro consenso ad essere vincolati dal Protocollo (art. 25). Infine, secondo l'articolo 26, i membri che non erano membri della Convenzione di Londra prima del 31 dicembre 1996 e che ratificano o aderiscono al Protocollo prima della sua entrata in vigore o entro un termine di cinque anni dalla sua entrata in vigore, possono chiedere, giustificandone la necessità, una dilazione massima di 5 anni per l'ottemperanza integrale alle disposizioni del Protocollo salvo che per quanto riguarda le disposizioni relative allo scarico o l'incenerimento in mare di scorie radioattive o altre materie radioattive. I membri che beneficiano di questo periodo transitorio presentano , contemporaneamente alla loro richiesta di assistenza e di cooperazione tecnica, un calendario nel quale sia precisato il tempo del quale necessitano per poter ottemperare alle disposizioni del Protocollo nella loro integrità. Essi devono, oltre a ciò, redigere un rapporto che descriva i progressi fatti in tal senso.

L'allegato 1 contiene la lista dei rifiuti o altre materie scaricabili in mare. L'allegato 2 fissa il quadro per la valutazione dei rifiuti o altre materie scaricabili. Infine, l'allegato 3 stabilisce le regole della procedura di arbitrato.

L'accettazione di emendamenti agli allegati non richiede, diversamente da quanto avviene per gli emendamenti alla Convenzione, un atto di approvazione da parte delle Camere federali sotto forma di decreto. Infatti, il Consiglio federale, quale autorità competente per le relazioni internazionali della Svizzera, si limiterà a prendere atto degli emendamenti
che gli saranno comunicati dal segretario generale dell'OMI e, se del caso, a manifestare la sua opinione; se il nostro Consiglio non solleva obiezioni, gli emendamenti agli allegati entrano in vigore per la Svizzera (questa procedura di emendamento agli allegati porta il nome di procedura di accettazione tacita, meglio conosciuta come «contracting out» oppure «opting out»). Approvando il Protocollo, le Camere federali approvano pure il sistema di revisione previsto per gli allegati ­ in particolare per quanto attiene alle competenze delle Riunioni delle Parti contraenti, ai lavori delle quali tutti gli Stati membri del Protocollo sono autorizzati a partecipare ­ ed accettano che la decisione di assumere tacitamente questi emendamenti o di opporvisi spetti al Consiglio federale10. Questa procedura non è applicabile all'approvazione di nuovi allegati e di emendamenti all'annesso 3 in quanto tali modifiche sono affini, in base all'articolo 22, ad emendamenti del Protocollo.

10

FF 1980 II 686 segg.

961

2.2

Ripercussioni sul diritto svizzero

La ratifica del Protocollo del 1966 alla Convenzione di Londra del 1972 non pone problemi particolari per il nostro Paese poiché gli obblighi previsti dal Protocollo sono già sanciti nel diritto svizzero o negli strumenti internazionali dei quali la Svizzera è già membro.

Gli obblighi enunciati nell'articolo 2 del Protocollo sono compatibili con gli impegni che la Svizzera ha assunto in altri ambiti internazionali quali la Convenzione del 1992 per la protezione dell'ambiente marino dell'Atlantico del Nord-Est11 (OSPAR; la Svizzera è membro di questa Convenzione dall'11 maggio 1994). Per quanto riguarda i principi di precauzione e di causalità (chi inquina paga) stabiliti nell'articolo 3, essi sono sanciti dalla legge federale del 7 ottobre 1983 sulla protezione dell'ambiente12 (art. 1 cpv. 2 e 2) e nella legge federale del 24 gennaio 1991 sulla protezione delle acque13 (art. 3 e 3a).

Anche la riduzione notevole della lista dei rifiuti che possono ancora essere scaricati in mare (art. 4) e il divieto generale di incenerimento di rifiuti in mare (art. 5) non presentano alcuna difficoltà per la Svizzera. In base all'articolo 30 della legge federale sulla protezione dell'ambiente, «i rifiuti devono essere smaltiti in modo rispettoso dell'ambiente e, per quanto possibile e ragionevole, entro il territorio nazionale».

Inoltre, conformemente all'ordinanza del 12 novembre 1986 sul traffico dei rifiuti speciali14, ogni esportazione di rifiuti speciali deve essere notificata all'UFAFP che è l'autorità di sorveglianza competente in materia di controllo sull'esportazione dei rifiuti.

Dall'entrata in vigore, il 1° aprile 1997, dell'ordinanza sul traffico dei rifiuti speciali, la Svizzera non ha mai dato la sua approvazione all'esportazione di rifiuti per il loro scarico in mare e, dalla fine del 1989, non ha più dato la sua approvazione all'esportazione di rifiuti per il loro incenerimento in mare. L'UFAFP, autorità competente in materia di controllo sull'esportazione di rifiuti, non prevede di modificare questa politica. La marina svizzera non possiede navi adibite allo scarico o all'incenerimento di rifiuti e non ne prevede l'acquisto. Quanto all'industria svizzera, essa ha sviluppato metodi che le consentono di eliminare i rifiuti senza doverli scaricare o incenerire in mare.

Sin dal 1983, la Svizzera
non esporta più rifiuti radioattivi affinché vengano scaricati in mare. Il 21 ottobre 1992, abbiamo deciso che la Svizzera avrebbe rinunciato definitivamente all'eliminazione delle scorie radioattive mediante scarico in mare.

Nel 1993, la Confederazione ha approvato la moratoria di 25 anni (risoluzione LC.51 (16)) che vietava lo scarico di ogni scoria radioattiva o altri materiali radioattivi sul fondo dei mari e nel loro sottosuolo. Questa risoluzione è entrata in vigore il 20 febbraio 1994.

Il divieto d'esportazione di rifiuti o altre materie verso altri Paesi affinché vengano scaricati o inceneriti in mare, contemplato nell'articolo 6, potrebbe avere conseguenze importanti per la Svizzera vista la sua situazione geografica. Tuttavia, dato che la Svizzera da parecchi anni non ha più concesso il suo accordo allo scarico e incenerimento di rifiuti e che non ha l'intenzione di cambiare questa politica, essa 11 12 13 14

962

Non pubblicata nella RU; FF 1993 III 713 RS 814.01 RS 814.20 RS 814.610

può senz'altro accettare questo vincolo. Inoltre, è opportuno ricordare che il 5 maggio 1992, la Svizzera è divenuta membro della Convenzione di Basilea del 22 marzo 1989 sul controllo dei movimenti oltre frontiera di rifiuti pericolosi e sulla loro eliminazione15. (questa data è pure la data dell'entrata in vigore generale della Convenzione).

In base al suo articolo 7, il Protocollo non applicabile soltanto alle acque marine interne. Le acque interne del nostro Paese non sono pertanto sottoposte alla legislazione di questo nuovo strumento internazionale.

Secondo l'articolo 35 dell'ordinanza sul traffico dei rifiuti speciali, l'UFAFP è l'autorità competente per la concessione di eventuali permessi previsti dall'articolo 9 del Protocollo e per l'effettuazione delle necessarie notifiche. L'articolo 36 dell'ordinanza stabilisce che questo ufficio deve tenere le statistiche previste dal Protocollo.

Per quanto attiene all'articolo 10, la Svizzera previene il compimento di atti contrari al Protocollo non rilasciando autorizzazioni per lo scarico e l'incenerimento di rifiuti in mare. Inoltre, eventuali atti contrari al Protocollo possono essere repressi applicando l'articolo 292 del Codice penale svizzero16. Infine, dato che la Svizzera non dispone di navi che godono dell'immunità di Stato, e che appare inverosimile che essa utilizzi aeromobili di Stato per procedere ad operazioni di scarico di rifiuti in mare, riteniamo che non sia necessario che nel momento di ratifica del Protocollo, il nostro Paese faccia la dichiarazione prevista dall'articolo 10 paragrafo 5.

Proponiamo che la Svizzera, ratificando il Protocollo, non emetta la riserva prevista dall'articolo 16 paragrafo 5, in quanto non intravediamo alcun interesse preponderante che il nostro Paese si sottragga alla procedura di regolamento delle controversie quando esse riguardino l'applicazione o l'interpretazione del principio di causalità (chi inquina paga) e del principio di prevenzione.

Infine, la Svizzera non dovrà sopportare contributi supplementari ratificando il Protocollo (art. 19) perché essa è già membro dell'OMI.

Da quanto abbiamo detto finora si evince che la Svizzera può senza dubbio sottoscrivere gli obblighi previsti dal Protocollo e che la sua ratifica non necessita di modifiche legislative. Il nostro Paese, Stato senza litorale, divenendo membro del Protocollo manifesta ancora una volta il suo sostegno all'OMI nella sua lotta contro l'inquinamento dei mari.

3

Ripercussioni finanziarie e sull'effettivo del personale

3.1

Sulla Confederazione e sui Cantoni

Il Protocollo si limita a sancire a livello internazionale una pratica invalsa da molti anni nel nostro Paese. L'approvazione del Protocollo non comporterà pertanto spese supplementari per la Confederazione e per i Cantoni e nemmeno assunzione di nuovo personale.

15 16

RS 0.814.05; RU 1992 1125 2934 RS 311.0

963

3.2

Negli ambienti economici

Da oltre dieci anni, le autorità federali non hanno autorizzato l'esportazione di rifiuti ai fini del loro incenerimento o scarico in mare. Ciò significa che da oltre 10 anni pure gli ambienti economici hanno adottato altri mezzi per l'eliminazione dei loro rifiuti e che gli obblighi previsti dal Protocollo non causeranno loro alcuna spesa supplementare né assunzione di nuovo personale.

4

Programma di legislatura

Il Protocollo non figura nel programma di legislatura 1995-1999 perché, nel momento della redazione di detto programma, non era ancora stato adottato dagli Stati membri della Convenzione di Londra.

5

Rapporti con il diritto europeo e con alcuni strumenti internazionali regionali

5.1

Rapporto con il diritto europeo

Il Protocollo che abbiamo commentato è stato adottato sotto l'egida dell'OMI. Tutti gli Stati marittimi importanti membri della Comunità europea (CE) hanno partecipato in misura determinante all'elaborazione del Protocollo. La Germania, il Belgio, la Danimarca, la Spagna, la Finlandia, i Paesi Bassi, la Gran Bretagna e la Svezia hanno firmato il Protocollo, con riserva di ratifica17, tra il 1° aprile 1997 e il 31 marzo 1998. A tutt'oggi, solo sei Stati, tra cui quattro Stati dell'UE, sono divenuti membri del Protocollo (Danimarca, Germania, Gran Bretagna, Spagna, Sudafrica e Vanuatu).

Le misure intese a prevenire e a ridurre l'inquinamento dei mari costituisce un punto centrale della politica ambientalista della CE. I suoi obiettivi vengono perseguiti attraverso una serie di azioni comuni di politica ambientale mirante all'adeguamento delle norme e a una migliore cooperazione internazionale. Il Protocollo qui presentato è in linea con la politica ambientalista della CE.

5.2

Rapporti con alcuni strumenti internazionali regionali

Le regole del Protocollo sono conformi ai principi stabiliti dalla Conferenza del Mare del Nord, alla quale la Svizzera partecipa, e sono in armonia con la Convenzione del 1992 per la protezione dell'ambiente marino dell'Atlantico del Nord-Est (OSPAR)18, della quale la Svizzera è membro (questa Convenzione è entrata in vigore, in generale e per il nostro Paese, il 25 marzo 1998). Tuttavia, occorre precisare che le esigenze previste dal Protocollo sono al di qua delle dichiarazioni ministeriali della Conferenza del Mare del Nord, degli obblighi previsti dalla Convenzione 17 18

964

Lettera circolare n. 2043 dell'OMI.

Non pubblicata nella RU; FF 1993 III 722

OSPAR e delle decisioni relative prese dalle Riunioni delle Parti contraenti. Un divario comprensibile perché il Protocollo alla Convenzione di Londra è uno strumento mondiale che ha dovuto tenere conto di sensibilità ambientaliste ed economiche molto diverse da quelle registrate in seno alla Conferenza del Mare del Nord e nelle conferenze improntate alla protezione dell'ambiente marino dell'Atlantico del Nord-Est. È ovvio che sia più facile trovare un consenso a livello regionale che a livello mondiale.

6

Costituzionalità

La costituzionalità del disegno di decreto federale per l'approvazione del Protocollo del 1996 alla Convenzione di Londra del 1972 sulla prevenzione dell'inquinamento marino causato dallo scarico di rifiuti ed altre materie è fondata sull'articolo 8 della Costituzione federale (art. 54 cpv. 1 nCost), che accorda alla Confederazione la facoltà di concludere trattati internazionali. La competenza dell'Assemblea federale per l'approvazione dei trattati emana dall'articolo 85 numero 5 della Costituzione (art. 166 cpv. 2 nCost).

Il Protocollo può essere denunciato in ogni momento. Esso non prevede l'adesione ad un'organizzazione internazionale.

Esso non comporta un'unificazione multilaterale del diritto, dal momento che non contiene alcuna disposizione applicabile direttamente.

Il decreto federale che vi sottoponiamo per approvazione non è quindi soggetto al referendum facoltativo ai sensi dell'articolo 89 capoverso 3 della Costituzione federale (art. 141 cpv. 1 lett. d nCost.).

1731

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