Rapporto del Consiglio federale sulla politica di controllo degli armamenti e di disarmo della Svizzera 2000 (in adempimento del postulato Haering Binder 98.3611 del 17 dicembre 1998) del 30 agosto 2000

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2000-1903

Rapporto 1

Nuove condizioni quadro alla soglia del XXI secolo

1.1

Mutamenti a livello globale e regionale dopo la fine della bipolarità geostrategica

Nell'ultimo decennio le condizioni quadro globali e regionali della politica svizzera di controllo degli armamenti e di disarmo (PoCAD) hanno subito cambiamenti fondamentali. La fine della bipolarità geostrategica tra le due superpotenze Unione Sovietica e USA ha indotto mutamenti a livello mondiale che hanno creato, assieme alla rivoluzione tecnologica in corso, nuove premesse per il controllo degli armamenti e per il disarmo. L'eredità materiale e istituzionale della guerra fredda, da un lato grandi quantitativi di materiale bellico, dall'altro una rete di accordi internazionali preesistenti, ha contribuito ai mutamenti della politica mondiale e continuerà in futuro a influire sulla PoCAD. Un importante miglioramento qualitativo si è avuto nell'ambito della verificazione dei trattati sul disarmo e sul controllo degli armamenti. Durante la guerra fredda, l'Unione Sovietica si opponeva categoricamente a misure di sorveglianza e di ispezione incisive. La fine dell'antagonismo tra est e ovest ha permesso di concordare a livello di accordi le modalità per le ispezioni sul posto, conferendo così nuovo slancio alla PoCAD.

Parallelamente allo scioglimento del Patto di Varsavia, Russia, USA e rispettivi alleati hanno iniziato lo smantellamento delle eccedenze di armamenti. Nel 1990, con il Trattato sulle forze armate convenzionali in Europa (CFE) è stato fissato un regime stabile di valori limite nazionali che nel decennio scorso ha portato all'eliminazione di 64 000 sistemi convenzionali di armi di grandi dimensioni. Nello stesso lasso di tempo, gli USA e la Russia hanno smantellato almeno 10 000 testate nucleari. È degno di nota che praticamente nessuno Stato sfrutta più i valori massimi fissati dal trattato, sia per quel che concerne le armi convenzionali, sia per quel che concerne quelle nucleari. I due ex concorrenti nella corsa agli armamenti concordano sulla necessità di proseguire la riduzione delle armi nucleari e l'eliminazione degli arsenali di armi chimiche. Tale obiettivo richiede tuttavia un impegno finanziario e tecnologico massiccio e di conseguenza negli ultimi anni si è avuto un certo rallentamento del processo. Attualmente si stima che solo in Russia siano depositate ancora circa 15 000 testate nucleari strategiche e tattiche e 40 000 tonnellate di prodotti chimici a scopo bellico.
A un conflitto globale incentrato sull'antagonismo tra due superpotenze è succeduto, con la fine della guerra fredda, un campo di forze multipolare dominato dal fattore USA. A livello regionale si sono avuti sviluppi diversi. Parecchie regioni del mondo che una quindicina d'anni fa erano ancora al centro dell'attenzione delle superpotenze oggi rivestono un'importanza geostrategica alquanto ridotta. Altrove emergono invece potenze regionali che mirano a esercitare maggiore influsso sulla politica mondiale. In questo contesto svolgono un ruolo decisivo non solo fattori di base quale il potenziale economico di questi Stati, ma anche la disponibilità di armi di distruzione di massa. Soprattutto nell'Asia orientale e meridionale e nel Vicino Oriente si registra una preoccupante tendenza all'armamento nucleare e convenzionale in chiaro contrasto con l'evoluzione in Europa.

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1.2

Sviluppo dinamico di strutture di cooperazione in Europa

Grazie al rilassamento globale tra est e ovest, nel corso di pochi anni l'Europa ha cessato di essere il centro focale altamente armato di un conflitto politico a livello mondiale e si è sviluppata come zona caratterizzata da strutture cooperative e stabili.

Parallelamente al disarmo convenzionale e nucleare e alla diminuzione generalizzata delle spese per la difesa, sono stati ampliati in rapida successione gli strumenti diplomatici per la garanzia della pace e il disarmo in Europa. Dopo lo scioglimento del Patto di Varsavia, le rimanenti organizzazioni regionali hanno subìto uno sviluppo dinamico verso nuove funzioni. L'Organizzazione del Trattato Nord Atlantico (NATO) è diventata il fondamento dell'architettura di sicurezza europea. Con l'effetto stabilizzatore che l'alleanza ha esercitato sulle crisi nei Balcani e grazie a una prima fase di ampliamento verso est, la NATO ha potuto rafforzare il proprio nuovo ruolo. Con il «Partenariato per la pace» («Partnership for Peace», PfP), essa ha inglobato la maggior parte degli Stati eurasiatici, tra cui anche precedenti antagonisti, in una rete differenziata di cooperazione e di partenariato.

Mentre la NATO contribuisce alla garanzia della pace principalmente a livello di collaborazione e consultazione militare, l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) persegue lo stesso obiettivo con una vasta serie di mezzi «morbidi» nel campo del preallarme, della prevenzione dei conflitti, della gestione di crisi e della normalizzazione della situazione dopo conflitti. L'OSCE ha avuto un ruolo importante nella fine pacifica della guerra fredda e nell'ultimo decennio è diventata l'unica piattaforma di politica di sicurezza comprendente tutti i Paesi europei, dell'America del nord e dell'Asia centrale. Nel corso dei lavori legati all'introduzione di una moneta unica, l'Unione europea (UE) ha anche gettato le basi per una politica estera e di sicurezza comune di ampio respiro (PESC). La PESC attualmente concentra ancora la sua attenzione principale sulla promozione della stabilità mediante provvedimenti economici, ambito tradizionalmente di competenza dell'UE. Tuttavia, il sentimento di impotenza europea suscitato durante i conflitti nei Balcani ha indotto l'UE ad avviare la creazione di uno strumento di politica di sicurezza in grado
di permettere, se necessario con il sostegno della NATO, interventi umanitari, di promozione della pace o addirittura di imposizione della pace.

Il Patto di stabilità per l'Europa sudorientale del 10 giugno 1999 è un esempio della fitta rete di collaborazione tra organizzazioni multilaterali nel cui contesto si svolge oggi la politica di sicurezza europea. Il Patto di stabilità è nato su iniziativa dell'UE e coordina, sotto l'egida dell'OSCE, un vasto pacchetto di misure volte alla stabilizzazione della regione a rischio dei Balcani, attribuendo a otto organizzazioni internazionali singoli compiti ben definiti. Alla «Tavola rotonda su questioni di sicurezza» spetta tra l'altro il compito di sostenere l'attuazione degli accordi sui controlli subregionali degli armamenti contenuti nell'Accordo di Dayton e di sviluppare a tempo debito ulteriori iniziative volte al controllo degli armamenti e al disarmo nella regione.

1.3

Mutamento dei conflitti armati e rivoluzione nella condotta delle guerre

Mentre negli ultimi dieci anni in Europa si osserva una forte tendenza alla creazione di strutture cooperative, in altre regioni del mondo sono nate nuove forme di anar4776

chia e corrispondenti conflitti. Lo sgretolamento violento della Jugoslavia è forse atipico per l'emisfero nord, ma per molti versi rappresenta un esempio tipico della nuova forma di guerra. Sebbene nell'emisfero sud siano terminate le guerre riconducibili al conflitto tra est e ovest, tuttavia in molti luoghi si assiste alla ripresa di conflitti «congelati» durante la guerra fredda. In questi casi si tratta sovente di conflitti interni con forti attori non statali, in cui la spirale di violenza tende ad aggravarsi a causa della grande disponibilità e vasta diffusione di armi convenzionali accumulate durante la guerra fredda. Il commercio di armi leggere è notevolmente aumentato e contribuisce ad aggravare i problemi in alcune parti dell'emisfero sud. La campagna per il divieto delle mine antiuomo ha mostrato chiaramente che in alcuni settori gli sforzi per il disarmo sono oggi anche un compito dalle forti implicazioni umanitarie.

Il netto calo a livello mondiale delle spese per la difesa nel periodo 1990-1999 (con alcune importanti eccezioni in Asia) non ha portato l'atteso «dividendo di pace» ai Paesi del sud.

Il contrasto tra il rafforzamento delle strutture cooperative nel nord e la tendenza a nuove corse agli armamenti e lo sgretolamento delle strutture statali nel sud si rispecchia in un crescente divario tecnologico dovuto all'avvento dell'era dell'informazione che, come su tutti gli ambiti della vita delle moderne società industriali, si ripercuote anche sul settore degli armamenti e sulla condotta delle guerre. Mentre i campi di battaglia della recente guerra tra Etiopia ed Eritrea esternamente non si distinguevano molto da quelli della Seconda guerra mondiale, negli ultimi venti anni le forze armate delle potenze industriali occidentali hanno rivoluzionato le proprie tecniche di guerra. Questo processo di riorganizzazione comporta essenzialmente il passaggio da un esercito di massa a un esercito con effettivi meno numerosi, ma con formazione migliore, dotato di armi di alta precisione e più costoso. La continua evoluzione qualitativa delle tecnologie militari si basa in primo luogo sui nuovi sviluppi nel campo delle tecnologie informatiche, dei satelliti e dei sensori, che hanno permesso l'introduzione di sistemi di alta precisione per la localizzazione degli obiettivi, l'automatizzazione
dell'elaborazione delle informazioni e, in tal modo, un massiccio miglioramento dell'efficacia delle armi convenzionali, in particolare dei sistemi aerei. Attualmente gli USA stanno integrando queste tecnologie in un sistema globale.

Le nuove possibilità tecniche e i nuovi compiti di politica di sicurezza hanno completamente mutato le dottrine militari occidentali. In primo piano si situano oggi la capacità di più unità di operare in sintonia nelle operazioni multilaterali (interoperabilità), l'attacco a distanza con armi di alta precisione e la formazione di efficaci truppe terrestri di dimensioni ridotte ma dotate di maggiore mobilità e flessibilità operativa. Oggi la padronanza dei sistemi di comando, di controllo, di comunicazione, informatici, di informazione, di sorveglianza e di ricognizione («C4-ISR») è considerata decisiva in caso di guerra, e si prevede che in futuro la trasmissione di informazioni rivestirà un'importanza superiore a quella della trasmissione di materiale. In futuro il controllo del flusso di informazioni, dello spazio aereo e dello spazio non costituirà dunque più tanto un semplice elemento del potere militare convenzionale quanto la sua mera base tecnica.

Attualmente in Europa l'utilizzo dello spazio a fini tattici convenzionali è oggetto di una serie di decisioni di politica degli armamenti. La guerra nel Kosovo nel 1999 ha mostrato che gli USA hanno compensato il disarmo di armi di distruzione di massa tramite un miglioramento qualitativo delle armi convenzionali con cui nessun'altra potenza è in grado di competere al momento. Gli Stati europei intendono ora raffor4777

zare l'impegno per una politica coordinata degli armamenti e della difesa e prevedono in questo contesto anche la creazione di una rete indipendente di satelliti. I costi elevati di un armamento all'altezza dei tempi, in grado di minimizzare, nelle guerre convenzionali, il rischio di perdite di vite umane e di «danni collaterali», relativizzano il «dividendo di pace» degli Stati industrializzati. In quest'ottica riveste una grande importanza la collaborazione internazionale e la compatibilità degli eserciti nazionali e del loro materiale.

1.4

Mutamento della minaccia legata alle armi di distruzione di massa

Per gli Stati industrializzati occidentali le armi nucleari quale strumento delle proprie forze armate hanno perso gran parte della loro importanza strategica, mentre le armi biologiche o chimiche sono diventate completamente obsolete. Questa evoluzione è legata alla fine del conflitto tra est e ovest e all'efficacia del nuovo tipo di condotta delle guerre reso possibile dal progresso delle tecnologie dell'informazione. Inoltre, accordi internazionali hanno contribuito a rafforzare il rigetto e la limitazione delle diverse armi di distruzione di massa. Ciononostante, le armi nucleari servono tuttora alla NATO quale garanzia contro potenziali minacce nucleari ed eventuali sviluppi futuri.

L'importanza delle armi nucleari a livello mondiale è cambiata, ma con ripercussioni differenti a seconda delle regioni. Diversi Paesi emergenti, ad esempio in America latina, hanno interrotto i propri programmi di sviluppo di armi nucleari, contribuendo in tal modo anche a ridurre il numero di fornitori della corrispondente tecnologia.

Per contro, la Russia, che registra un indebolimento delle proprie forze convenzionali e non dispone dei mezzi per adeguarsi agli standard qualitativi dei mezzi di guerra aerea occidentali, ha rivalutato l'importanza delle proprie armi nucleari tattiche. Secondo la nuova dottrina russa, l'uso di armi nucleari entra in linea di conto anche come primo impiego e nei conflitti che non minacciano l'esistenza dello Stato. Nell'Asia aumenta l'importanza delle armi nucleari quale deterrente ed elemento di potere a livello di politica regionale, e vi è il rischio di una corsa agli armamenti nucleari e convenzionali suscettibile di coinvolgere altri Stati oltre alla Cina, all'India e al Pakistan. Nel Medio e Vicino Oriente sussistono costellazioni di potere simili che contribuiscono ad aumentare l'attrattiva delle armi nucleari.

Le armi biologiche e chimiche costituiscono tecnologie militari di vecchia data più accessibili delle armi nucleari o dei complessi mezzi bellici convenzionali della nuova generazione. Esse offrono inoltre a Stati poveri e in parte ad attori non statali la possibilità di un'efficace risposta asimmetrica alla supremazia di parecchi Stati nel campo delle armi convenzionali. A legittimazione del possesso o uso di armi biologiche o chimiche tali attori adducono sovente
la possibilità dei propri antagonisti di disporre di armi nucleari; da parte loro tuttavia gli USA, quale potenza nucleare, considerano gli arsenali di armi biologiche o chimiche possibili obiettivi di armi nucleari. Le armi chimiche sono utilizzate soprattutto localmente, sul campo di battaglia. Il potenziale distruttivo delle armi biologiche invece corrisponde a quello delle armi nucleari. A seconda delle condizioni meteorologiche, lo svuotamento di un serbatoio con agenti tradizionali (ad es. bacilli del carbonchio ematico) da un normale aereo può essere sufficiente per spopolare una città di parecchi milioni di abitanti. I progressi nell'ambito della tecnologia biologica contribuiranno ad au-

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mentare la minaccia potenziale delle armi biologiche, sia di quelle basate su agenti patogeni viventi, sia di quelle basate su tossine (veleni prodotti da organ ismi).

Un fattore tecnico di importanza centrale nell'uso di ogni tipo di armi di distruzione di massa sono i sistemi vettoriali. Essi comprendono, oltre agli aerei, i missili balistici, cioè missili senza equipaggio sottoposti a propulsione solo durante il decollo e la prima fase del volo che procedono poi per inerzia lungo una traiettoria predefinita. Diversi Paesi asiatici hanno dato prova recentemente di essere in grado di produrre missili con una gittata di oltre 1500 km. Quali sistemi vettoriali entrano in linea di conto anche missili da crociera e aeromobili senza pilota che colpiscono l'obiettivo avanzando a bassa quota e velocità relativamente moderata. Grazie alla disponibilità mondiale dei sistemi di determinazione della posizione (GPS), anche un semplice aeromobile può essere trasformato senza troppo dispendio in un vettore di alta precisione, seppure di piccola portata e non immune da misure di disturbo elettronico.

Il progresso tecnologico generalizzato e la globalizzazione del commercio diminuiscono gli ostacoli pratici all'accessibilità dei materiali per la produzione di armi di distruzione di massa e di sistemi vettoriali di precisione. Permane inoltre il pericolo che materiale bellico sensibile risalente al periodo della guerra fredda finisca in mani sbagliate. Le strategie attuali e future contro la minaccia delle armi di distruzione di massa consistono da un lato in misure di tipo politico-giuridico, dall'altro nella tecnologia militare spaziale di punta. I provvedimenti politici, giuridici ed economici mirano a impedire la diffusione di armi di distruzione di massa e dei loro vettori. La non proliferazione comprende tutte le misure a livello non militare che perseguono tale obiettivo. Si distinguono in merito le misure volte a limitare l'offerta e quelle volte a limitare la domanda. Con le prime si intende limitare l'accesso a informazioni, materiali e prodotti suscettibili di essere impiegati per la produzione delle armi in questione. La quasi totalità di queste componenti e procedure trova impiego anche nell'ambito civile (il cosiddetto duplice uso o dual use), motivo per cui in genere la loro esportazione non è
vietata in modo assoluto ma sottoposta a controlli statali per verificare nei singoli casi la loro utilizzazione sul posto. I controlli delle esportazioni si basano su provvedimenti nazionali, convenzioni internazionali e informazioni a livello di servizi di informazione. La loro efficacia è però limitata in misura sempre maggiore dallo sviluppo industriale e tecnologico e dall'aumento del numero di offerenti a livello mondiale. I controlli minuziosi delle esportazioni rappresentano quindi una misura necessaria ma non sufficiente per la non proliferazione: sono sì in grado di ostacolare la proliferazione e di rallentarla e contribuiscono ad aumentarne i costi, ma non possono tuttavia debellarla completamente. Il vero motivo della proliferazione è la continua domanda di armi di distruzione di massa, domanda che scaturisce sia da considerazioni strategiche razionali, sia, spesso, da un bisogno di sicurezza. Alle misure di limitazione dell'offerta vanno quindi affiancate quelle di limitazione della domanda, quali ad esempio garanzie militari della sicurezza, il sostegno ai processi di distensione a livello regionale tramite provvedimenti volti a favorire la fiducia reciproca e trattati sul controllo degli armamenti e sul disarmo.

Inoltre bisogna evitare che i regimi di controllo delle esportazioni limitino lo sviluppo tecnologico e industriale dei Paesi interessati. Ciò è perseguibile ad esempio sostenendo nei Paesi in sviluppo l'applicazione pacifica di tecnologie sensibili.

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1.5

Lo spazio

Di tutti i progressi della ricerca scientifica e tecnologica dopo la seconda guerra mondiale, la conquista dello spazio ha avuto, unitamente alla tecnologia nucleare, il maggiore impatto diretto sulle condizioni quadro della politica internazionale. Diversi fattori indicano che le conseguenze a livello mondiale della tecnologia dello spazio si manifesteranno appieno solo ora, al termine del processo di maturazione tecnologica che si è svolto nella seconda metà del XX secolo. Oggi la possibilità dell'utilizzazione di missili e satelliti offre, oltre alle applicazioni in campo civile, una lunga serie di vantaggi militari e anche di politica di sicurezza, che vanno dall'uso di missili intercontinentali strategici quali vettori all'integrazione diretta di strumenti con sostegno nello spazio nella condotta delle guerre. Nell'ambito della PoCAD, le tecnologie spaziali offrono inoltre nuove possibilità di sorveglianza e verificazione e contribuiscono così al rafforzamento della fiducia.

Le attività umane nello spazio e il loro controllo rappresentano una nuova dimensione strategica che sta attualmente prendendo forma in un processo i cui risultati non sono ancora prevedibili. Dato che le possibilità di un'utilizzazione e un controllo autonomi dello spazio sono circoscritte a pochi Stati, questa evoluzione comporta la creazione di nuove dipendenze. Da un punto di vista tecnologico, la conquista dello spazio a fini militari e quella a fini civili sono state strettamente legate sin dagli inizi, cioè sin dalla messa in orbita del primo satellite mediante un missile strategico intercontinentale. Il Trattato sullo spazio extra-atmosferico del 1967 vieta lo stazionamento di armi di distruzione di massa nello spazio. I missili balistici invece, che decollano da terra e la cui traiettoria attraversa in parte lo spazio, non sono toccati dal trattato.

Le basi più importanti dei tre elementi indispensabili della moderna condotta delle guerre ­ telecomunicazioni, osservazione e navigazione ­ sono oggi tutte situate nello spazio. Anche questi aspetti dell'uso dello spazio sono regolate solo in modo limitato dal Trattato sullo spazio del 1967. Dal 1982 l'agenda della Conferenza di Ginevra sul disarmo prevede l'impedimento della corsa agli armamenti nello spazio (PAROS) con l'obiettivo di regolare l'uso a scopi militari
dello spazio. Attualmente esiste un quadro fisso di accordi internazionali unicamente per l'ambito dei missili balistici e della difesa contro tali missili. Questi accordi vanno visti da un lato in relazione con il rapporto di forze geostrategico tra le potenze nucleari, dall'altro con la non proliferazione delle tecnologie missilistiche.

Secondo il suo articolo 1, l'obiettivo del trattato ABM tra l'Unione Sovietica e gli USA del 1972 è il divieto di sistemi di difesa antimissile in grado di proteggere l'intero territorio di uno Stato parte. Quasi tutte le condizioni tecniche del trattato mirano a questo obiettivo. Il divieto si estende anche a sistemi con base nello spazio.

Tramite «distruzione reciproca assicurata» (MAD) si intendeva così impedire una corsa agli armamenti comprendente sistemi difensivi e offensivi. Anche dopo la fine della bipolarità geostrategica la MAD rimane uno dei perni della stabilità globale.

L'obiettivo di poter infliggere perdite inaccettabili a un potenziale avversario dotato di armi nucleari caratterizza tuttora la strategia degli Stati nucleari.

Dal lancio dell'iniziativa di difesa strategica (SDI) nel 1983, negli USA è in corso lo sviluppo di un complesso sistema antimissile con base nello spazio che dovrebbe essere in grado di intercettare e distruggere missili in aria o al di fuori dell'atmosfera. Si calcola che sistemi di difesa regionali per impiego locale, permessi dai protocolli aggiuntivi del trattato ABM, saranno operativi entro dieci anni. Negli 4780

USA si trova inoltre in fase di valutazione un progetto per la creazione di un «sistema di difesa antimissile nazionale» (NMD), sulla cui attuazione è attesa una decisione politica formale entro la fine dell'anno. Secondo i piani attuali, un NMD in versione semplice con 20 missili intercettori dovrebbe essere operativo entro il 2005. La realizzazione del progetto statunitense NMD richiede una modifica del trattato ABM. Il progetto ufficialmente mira a prevenire possibili attacchi da parte di singoli membri della comunità internazionale «che destano preoccupazioni»; non è invece diretto contro l'ex concorrente russo. La protezione integrale del territorio statunitense contro attacchi da parte di missili intercontinentali russi sembra esclusa anche a lungo termine per motivi di ordine tecnico. A medio termine l'NMD potrebbe relativizzare il potenziale bellico intercontinentale della Cina, a condizione che esso rimanga relativamente basso. Di conseguenza, per quel che concerne le relazioni tra gli Stati Uniti e la Russia, la realizzazione dell'NMD rischia di rallentare il disarmo di ulteriori testate nucleari, mentre per quel che concerne l'Asia è suscettibile di stimolare ulteriormente la corsa agli armamenti. Al momento si sta cercando di raggiungere al riguardo un'intesa comune. In Europa la discussione sulle conseguenze dell'NMD sulla politica della sicurezza è stata avviata recentemente.

La non proliferazione delle tecnologie missilistiche si trova attualmente ad una svolta decisiva. Non vi è al momento nessuna norma internazionale che vieti esplicitamente il possesso, la produzione o l'utilizzo di missili balistici o da crociera. La tecnologia missilistica è utilizzabile sia a scopi militari, sia civili e, per quel che concerne l'utilizzazione dello spazio, è legittimata a livello di diritto internazionale pubblico. Il Regime di non proliferazione nel settore missilistico (MTCR), creato nel 1987, è un organo informale in cui al momento sono rappresentati 32 Stati che coordinano la propria politica di esportazione nazionale in vista dell'obiettivo della non proliferazione di sistemi vettoriali senza equipaggio per armi di distruzione di massa. I recenti successi di diversi Stati asiatici nella costruzione di missili e il maggiore impegno statunitense nel campo dell'NMD hanno evidenziato i limiti
di tale regime di controllo delle esportazioni. Nell'autunno 2000 nell'ambito dell'MTCR avrà luogo una discussione sull'avvenire del regime; il problema di base risiede nel conflitto tra l'obiettivo della non proliferazione della tecnologia missilistica e il diritto all'utilizzazione civile dello spazio.

2

Obiettivi e strumenti della politica di controllo degli armamenti e di disarmo della Svizzera

2.1

Principi ed evoluzione delle posizioni svizzere

La Svizzera ha un interesse vitale alla stabilizzazione e all'ampliamento delle zone di cooperazione internazionale createsi nel corso degli anni novanta in seguito all'intensificazione della collaborazione internazionale. Ne è testimone il mutamento del concetto di sicurezza svizzero presentato dal Consiglio federale nel rapporto sulla politica di sicurezza 2000. Tra i mezzi principali della politica di sicurezza svizzera si annoverano oggi la prevenzione attiva dei conflitti e il partenariato per la sicurezza. In questo quadro, l'obiettivo della PoCAD è la sicurezza e stabilità nazionale e internazionale con il più basso grado di armamento possibile, in funzione degli sviluppi internazionali e dei corrispondenti interessi nazionali di sicurezza. La fiducia reciproca degli Stati è rafforzata dalla trasparenza e prevedibilità delle attività, delle strutture e dei potenziali militari, e dall'ulteriore rafforzamento della co4781

operazione alla sicurezza. Gran parte della PoCAD si deve basare in ultima analisi su questa fiducia, e contribuisce nel contempo a rafforzarla.

La Svizzera aspira a regimi di controllo degli armamenti e di disarmo non discriminatori e controllabili. Trattati universali e vincolanti in virtù del diritto internazionale sono da preferire a intese vincolanti solo dal punto di vista politico e a provvedimenti unilaterali. Per quel che concerne le armi di distruzione di massa, l'obiettivo della Svizzera è il loro totale smantellamento. Nel caso delle armi nucleari, tale obiettivo è da perseguire a lungo termine in quanto va data la precedenza alla stabilità geostrategica. Per il momento riveste maggiore importanza l'inibizione della proliferazione.

Nell'ultimo decennio il margine di manovra della Svizzera in ambito di politica estera si è ampliato, conferendo nuova importanza anche alla PoCAD. In merito si possono distinguere due fasi. Durante la prima fase, fino al 1996, la Svizzera è passata ad una PoCAD globalmente più attiva. In questo periodo negli organi internazionali di trattative della PoCAD, la cui base istituzionale risale alla guerra fredda, si sono registrati importanti successi negli ambiti classici delle armi convenzionali e delle armi di distruzione di massa. Molti di questi progressi sono riconducibili alla distensione tra la NATO e il Patto di Varsavia. Alla stessa stregua degli altri Stati neutrali e degli Stati non parte, anche la Svizzera non ha partecipato alle corrispondenti trattative. A titolo di esempio si possono ricordare qui il Trattato sulle forze armate convenzionali in Europa (CFE) del 1990 e i trattati tra la Russia e gli Stati Uniti sulla riduzione delle armi nucleari strategiche START I (1991) e START II (1993).

Per contro, la Svizzera ha potuto impegnarsi attivamente per la conclusione della Convenzione del 1993 sulla proibizione delle armi chimiche (CAC), per l'intesa sulle misure miranti a rafforzare la fiducia e la sicurezza (CSBM) nell'ambito dell'OSCE (Documenti di Vienna del 1990/1992/1994/1999) e per la riuscita del Trattato per la messa al bando degli esperimenti nucleari (CTBT) del 1996. Nel frattempo, eccezion fatta per il caso speciale del trattato CFE, la Svizzera ha ratificato tutti gli accordi sul controllo degli armamenti e sul disarmo aperti a una
ratifica da parte del nostro Paese. Partecipa inoltre a tutti i meccanismi informali multilaterali che contribuiscono direttamente alla non proliferazione.

Dall'inizio degli anni Novanta, i fori diplomatici e i regimi di controllo degli armamenti esistenti sono stati molto attivi. La Conferenza di Ginevra sul disarmo (CD), organo permanente e rappresentativo di trattative concernenti le questioni del controllo degli armamenti, del disarmo e della non proliferazione, esiste, nella sua forma attuale, dal 1984. Con la fine della bipolarità geostrategica si è trovata in condizione di deliberare efficacemente. La Svizzera, diventata membro a pieno titolo nel 1996, vi ha avuto un ruolo molto attivo e l'ha presieduta nel 1998. Tuttavia, l'ultimo successo registrato da questo organo è stata la conclusione del CTBT nel 1996; da allora la conferenza è praticamente bloccata. Anche negli altri meccanismi tradizionali della PoCAD sussiste un bisogno di riforma. Durante la seconda metà degli anni Novanta lo smantellamento degli arsenali nucleari degli USA e della Russia è stato fortemente rallentato. Inoltre i punti di partenza e le linee direttive politiche delle PoCAD dei diversi Stati si sono in genere sviluppati in direzioni diverse e sono quindi diminuite, nel vecchio quadro istituzionale, le possibilità di intesa su nuovi strumenti globali della PoCAD. Attualmente la priorità è pertanto data all'attuazione efficace degli accordi esistenti.

Nel 1996, in seguito a un incontro governativo sulla questione delle mine antiuomo e con l'istituzione di un gruppo di esperti delle Nazioni Unite (ONU) nel campo 4782

delle armi leggere, si è però creato un nuovo ambito della PoCAD che nel frattempo, parallelamente ai vecchi meccanismi, ha sviluppato una dinamica imprevista. Nello stesso periodo anche la PoCAD svizzera degli anni Novanta è entrata in una nuova, seconda fase, scaturita non tanto dalla piena adesione della Svizzera alla Conferenza di Ginevra sul disarmo quanto dal ruolo determinante che il nostro Paese ha svolto nell'ambito delle nuove iniziative.

I nuovi elementi della PoCAD si distinguono dai meccanismi tradizionali riguardo agli obiettivi e alle strutture. Innanzitutto con le mine antiuomo e le armi leggere si includono categorie di armi il cui possesso e commercio sono regolati solo in misura minima dagli strumenti internazionali tradizionali. In secondo luogo, alla tematica della sicurezza tra gli Stati viene ad aggiungersi alla PoCAD una componente nuova, a carattere umanitario, legata al fatto che le armi leggere e le mine antiuomo causano quotidianamente vittime. Si è così creato un ponte tra il diritto umanitario e il diritto contrattuale della PoCAD. Tale ponte verte sulla tematica della sicurezza delle persone, la cosiddetta «sicurezza umana». Infine, il mutato contesto globale e la rivoluzione delle telecomunicazioni hanno aperto agli attori «piccoli» nella politica internazionale ­ gli Stati senza ruolo di superpotenza e le organizzazioni non governative (ONG) ­ specifici campi d'azione in materia di politica del disarmo. Così una coalizione mondiale di Stati che condividono principi simili, del cui gruppo centrale ha fatto parte la Svizzera, ha elaborato, in collaborazione con il CICR e le ONG, la Convenzione del 1997 sul divieto delle mine antiuomo tramite una rete di contatti multilaterali in gran parte informali e al di fuori delle strutture preesistenti.

Sino ad oggi 137 Stati hanno firmato la Convenzione, entrata in vigore nel 1999.

Nel 1997, in occasione del conferimento del premio Nobel per la pace alla campagna contro le mine terrestri, il comitato dei premi Nobel le ha attestato di «fungere da modello per gli sforzi internazionali futuri nell'ambito del disarmo». In seguito al successo nella lotta contro le mine si è creata una «rete per la sicurezza umana» («Human Security Network») che comprende attualmente tredici Stati e che annovera tra i suoi obiettivi quello di
affrontare il problema complesso delle armi leggere e di piccolo calibro e degli attori non statali coinvolti in conflitti bellici. Nel maggio 2000 ha avuto luogo a Lucerna un secondo incontro ministeriale di questo gruppo.

Dopo la fine della guerra fredda la Svizzera ha messo rigorosamente a frutto il suo raggio d'azione supplementare e ha rafforzato il proprio impegno nella PoCAD.

Contemporaneamente ha adattato la propria legislazione all'evoluzione internazionale, ad esempio con la modifica della legge federale sul materiale bellico e con la nuova legge federale sul controllo dei beni a duplice impiego. Attualmente la PoCAD svizzera comprende una vasta gamma di attività che servono l'obiettivo di politica estera del mantenimento e della promozione della sicurezza e della pace, sia conformemente ai messaggi del Consiglio federale del 1993 e del 2000 sulla politica estera, sia secondo modalità di più ampia portata. L'eliminazione delle mine antiuomo ad esempio favorisce la riconciliazione dopo i conflitti. In ultima analisi, essa contribuisce parimenti alla riduzione delle disuguaglianze sociali dovute al fatto che contemporaneamente all'integrità corporea le vittime delle mine perdono sovente anche la loro base esistenziale. Un ulteriore esempio è il sostegno all'eliminazione delle armi chimiche, che va inteso anche come contributo alla protezione delle basi naturali della vita.

I compiti di politica estera in relazione con la PoCAD, in particolare nell'ambito nuovo della «sicurezza umana», presentano un alto potenziale di sviluppo della tradizione umanitaria e di pace svizzera. Grazie alla propria ricca esperienza e compe4783

tenza nel settore dell'alta tecnologia, la Svizzera è inoltre in grado di fornire un importante aiuto tecnico, come mostra l'esempio dell'intensa collaborazione internazionale del laboratorio AC di Spiez (ACLS). La piena utilizzazione di queste possibilità presuppone tuttavia la disponibilità di ulteriori risorse finanziarie e di personale. L'adesione all'ONU, piattaforma comune della maggior parte degli sforzi multilaterali per il controllo degli armamenti e il disarmo, aumenterebbe ulteriormente le possibilità per una politica svizzera efficace in questo campo. Sono presentati qui di seguito, nel loro rispettivo contesto internazionale, gli strumenti dell'attuale PoCAD svizzera.

2.2

Armi nucleari

Il Trattato di non proliferazione delle armi nucleari (TNP), in vigore dal 1970 e ratificato nel frattempo da tutti gli Stati del mondo con le importanti eccezioni dell'India, di Israele, del Pakistan e di Cuba, costituisce il perno degli sforzi internazionali a favore del disarmo nucleare e della non proliferazione. La Svizzera vi ha aderito nel 1977. Il trattato rispecchia il consenso, vigente sia tra gli Stati dotati di armi nucleari, sia tra quelli che non ne sono dotati, sulla necessità di rinunciare per motivi di sicurezza internazionale ad aumentare il numero di Stati dotati di armi nucleari oltre quello del 1967. Gli Stati non dotati di armi nucleari dichiarano nel TNP la rinuncia all'acquisto di tali armi, gli Stati che ne sono dotati invece la rinuncia a diffondere armi nucleari. A tale scopo gli Stati non dotati di armi nucleari si sottopongono a un sistema di controlli dell'Agenzia internazionale dell'energia atomica (AIEA), mentre gli Stati che ne sono dotati si impegnano alla trasmissione di tecnologia nucleare a scopi pacifici e alla conduzione di trattative in vista del totale disarmo nucleare. La Svizzera si impegna a rafforzare il ruolo dell'AIEA nel controllo dell'uso pacifico dell'energia atomica e nel controllo del materiale di rifiuto derivante dallo smantellamento nucleare. Il 21 marzo 2000 ha firmato un protocollo aggiuntivo alla Convenzione tra la Svizzera e l'AIEA che estende i regimi di controllo.

Intese multilaterali circa i controlli delle esportazioni nucleari avvengono nell' ambito del Comitato Zangger (dal nome del suo primo direttore, lo svizzero C.

Zangger) e del Gruppo dei fornitori nucleari (NSG). In ambedue gli organi la Svizzera si impegna a favore di un'armonizzazione delle intese internazionali.

Globalmente il TNP ha dato buona prova di sé. Tra i suoi 187 membri attuali, negli ultimi trenta anni non si segnala nessun caso di avvenuta proliferazione di armi nucleari e in totale il numero di Stati dotati di armi nucleari è rimasto inferiore a dieci, benché negli anni Sessanta parecchi Stati, tra cui la Svizzera, valutassero ancora seriamente la possibilità di dotarsi di armi nucleari. La credibilità del sistema di verificazione aumenta la fiducia di molti Paesi nel fatto che anche potenziali nemici non dispongono di armi nucleari o non sono in procinto di
procurarsele. Prevale in larga misura l'opinione che l'acquisto di armi nucleari non sia urgente e che il dispendio richiesto sia eccessivo. Inoltre, come ha mostrato la condanna compatta dei test nucleari dell'India e del Pakistan da parte della comunità internazionale nel 1998, il trattato ha creato una norma politica. Uno Stato membro intenzionato a disdire o violare il TNP si deve attendere da parte della comunità internazionale una reazione intransigente e tale prospettiva funge da forte barriera.

Di fatto, il diritto internazionale pubblico rispecchia solo in parte questo atteggiamento di rigetto politico delle armi nucleari. In una presa di posizione dell'8 luglio

4784

1996, la Corte internazionale di giustizia ha ricordato le ripercussioni catastrofiche dell'impiego di armi nucleari e stabilito che per questi casi le condizioni di proporzionalità e di necessità, che regolano ogni tipo di impiego di armi, devono essere particolarmente severe. Sulla base del diritto internazionale umanitario, che impone l'obbligo di evitare sofferenze inutili e di distinguere tra militari e civili, la Corte, seppure divisa sulla questione, ha concluso che «la minaccia con armi nucleari e il loro impiego in genere contrasta con il diritto internazionale applicabile in caso di conflitti armati, in particolare con i principi e le regole del diritto internazionale umanitario; tuttavia (...) la Corte non può decidere in maniera definitiva se la minaccia con armi nucleari o il loro impiego in una situazione estrema di autodifesa in cui è in gioco la sopravvivenza dello Stato siano legali o illegali.» A lungo termine la Svizzera auspica a livello mondiale l'eliminazione totale e verificabile delle armi nucleari, ritenendo l'impiego di armi nucleari in conflitti armati difficilmente compatibile con il diritto internazionale umanitario.

Nonostante questo successo, il TNP è tuttavia minacciato di graduale erosione. Il trattato riunisce in un unico pacchetto con componenti interdipendenti il disarmo nucleare, la non proliferazione e la collaborazione nell'uso pacifico dell'energia nucleare. Il fatto che sinora le cinque potenze nucleari integrate nel TNP abbiano ottemperato solo in parte all'obbligo di avviare serie trattative sul disarmo generale e totale alimenta il disagio degli Stati non dotati di armi nucleari e funge da pretesto per non aderirvi agli Stati dotati di armi nucleari che non ne sono ancora Parti contraenti. La Svizzera è intenzionata a mantenere intatto e rafforzare l'effetto del TNP e alla Sesta conferenza di revisione 2000 ha quindi proposto un piano d'azione volto a riavviare la riduzione degli arsenali nucleari esistenti e comprendente misure per rafforzare la fiducia. La sicurezza degli Stati non dotati di armi nucleari sarà decisiva per mantenere il consenso generale sul sistema discriminatorio di non diffusione.

La Svizzera sostiene anche la creazione di nuove zone denuclearizzate nelle regioni dove sono soddisfatte le condizioni necessarie; attualmente questo si
verifica in particolare nell'Asia centrale. Nell'ambito della Conferenza di Ginevra sul disarmo la Svizzera si impegna per l'avvio immediato di trattative sul divieto della produzione di uranio e di plutonio altamente arricchito destinato alla produzione di armi (cosiddetto cut-off).

Dal 1996, con il Trattato per la messa al bando degli esperimenti nucleari (CTBT) si dispone di un nuovo strumento di non proliferazione nucleare aperto alla firma.

L'obiettivo del trattato è di impedire le esplosioni nucleari sul territorio controllato dagli Stati contraenti. Non vieta esplicitamente le simulazioni e i cosiddetti «esperimenti subcritici». La Svizzera ritiene che gli esperimenti subcritici non siano conciliabili con lo spirito che ha ispirato il trattato. Il CTBT potrà entrare in vigore solo quando tutti i 44 Stati definiti, che mantengono in funzione reattori nucleari, lo avranno firmato e ratificato. Di questi Stati, l'India, il Pakistan e la Corea del nord sono gli unici a non averlo neppure firmato. La Svizzera ha ratificato il CTBT nel 1999. Nello stesso anno il Senato americano ha respinto provvisoriamente la ratifica, ostacolando così una rapida entrata in vigore. La Svizzera esorta all'adesione gli Stati che non hanno ancora aderito al trattato e si impegna per il rapido insediamento dell'organo di sorveglianza (CTBTO) a Vienna. Con la rapida realizzazione della rete di sorveglianza si potrà verificare il rispetto della moratoria già prima che il trattato stesso entri in vigore. La Svizzera sosterrà la rete di sorveglianza internazionale con una stazione sismica.

4785

2.3

Armi chimiche

La Convenzione del 1993 sulla proibizione delle armi chimiche (CAC) riveste un'importanza centrale per la politica di sicurezza, in quanto è la prima convenzione a vietare in modo generale, controllabile e non discriminatorio un'intera classe di armi di distruzione di massa. Un complesso sistema di sorveglianza della non produzione prevede misure di verificazione graduali applicate a seconda dell'idoneità di una sostanza all'uso quale arma chimica e dell'importanza del suo uso pacifico. Disposizioni sull'esportazione e l'importazione (transfer) di determinate sostanze elencate a parte completano le misure di sorveglianza. Intese sul controllo delle esportazioni hanno luogo anche in seno al gruppo informale dell'Australia.

La CAC dimostra che gli strumenti tradizionali della PoCAD che hanno avuto successo all'inizio degli anni Novanta hanno portato a risultati positivi duraturi. Dalla sua entrata in vigore nel 1997, la CAC si è rapidamente avvicinata all'obiettivo dell'universalità: a tutt'oggi 136 Stati, tra cui Paesi importanti come l'India e il Pakistan, hanno ratificato la convenzione. Un mondo privo di armi chimiche è diventato un obiettivo realistico. La messa in atto della convenzione in modo corretto ed entro i termini previsti rappresenta ora una grande sfida.

La Svizzera chiede l'attuazione efficace e senza riserve della CAC ed esorta all'adesione gli Stati che non vi hanno ancora aderito. Già durante la messa a punto della CAC e la creazione della corrispondente Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPCW) la Svizzera ha profuso un forte impegno. Il nostro Paese auspica l'attuazione efficace della CAC tramite un'OPCW indipendente, competente ed efficace. Dotata di competenza di rilievo mondiale nel campo della chimica e tradizionalmente nota per la sua indipendenza e affidabilità, la Svizzera ha tutte le carte in regola per svolgere un ruolo importante nel processo di attuazione. In questo contesto ha dato buona prova di sé la collaborazione a livello dipartimentale tra il DFAE, il DDPS e il DFE. Membro del consiglio esecutivo dell'OPCW dal 1998 al 2000, la Svizzera ha saputo risolvere diverse questioni aperte concernenti la messa in atto nell'ambito dell'industria chimica. Mettendo a disposizione materiale protettivo, servizi e formazioni specializzate, il nostro Paese
ha collaborato intensamente a dare forma concreta alla CAC; in questo contesto, svolgono una funzione importante gli istruttori dell'esercito e il laboratorio AC di Spiez (ACLS) con le sue molteplici attività. Insieme ai rappresentanti dello Stato maggiore e delle Forze aeree, l'organo di ricerca dell'Aggruppamento dell'armamento di Spiez si è creato un'ottima reputazione già in occasione dei controlli dell'impiego di armi chimiche nella prima guerra del Golfo e in relazione con le misure di verificazione della UNSCOM dopo la seconda guerra del Golfo in Iraq. Non essendo membro dell'ONU, la Svizzera non ha tuttavia potuto influire sui corrispondenti mandati. Oggi l'ACLS è uno dei dodici laboratori di fiducia a livello mondiale designati della OPCW e partecipa in quanto tale alla messa in atto tecnica della convenzione. Inoltre, con il sostegno dell'industria chimica parecchi ispettori dell'OPCW hanno svolto una parte della loro formazione a Basilea, Spiez e Visp. In Russia l'ACLS assiste due progetti finanziati dalla DSC finalizzati allo smantellamento di armi chimiche e al nuovo orientamento professionale di scienziati impiegati nell'industria degli armamenti.

4786

2.4

Armi biologiche

La Convenzione sul divieto della messa a punto, produzione e immagazzinamento delle armi batteriologiche (biologiche) e a base di tossine e sulla loro distruzione (BTWC) è in vigore dal 1975. A differenza del TNP e della CAC, la BTWC non contiene praticamente nessuna disposizione di verificazione, una caratteristica che si è rivelata essere una grave lacuna. I controlli delle esportazioni sono coordinati nell'ambito del gruppo informale dell'Australia.

Nel 1995 è stato scoperto un ampio programma iracheno per la produzione di armi biologiche che ha mostrato in maniera emblematica all'opinione pubblica mondiale che il pericolo legato alle armi di distruzione di massa di questo tipo è altrettanto reale quanto la minaccia rappresentata dalle armi nucleari. Da un anno a questa parte sono in corso a Ginevra tra i 144 attuali Stati contraenti del BTWC trattative su un protocollo aggiuntivo volto a permettere la creazione di un sistema di verificazione efficace e giuridicamente vincolante. Le trattative sono giunte nel frattempo ad un progetto concreto di testo.

La Svizzera si impegna assieme ad altri Stati occidentali affinché dichiarazioni vincolanti sostituiscano le informazioni che attualmente sono scambiate nell'ambito di misure per rafforzare la fiducia. Queste dichiarazioni andrebbero raccolte e valutate da una nuova organizzazione internazionale. Tramite l'accesso a stabilimenti definiti, l'organizzazione dovrebbe poter verificare la correttezza delle dichiarazioni e procedere a esami in caso di un sospetto fondato di violazioni della BTWC. A seconda delle possibilità la Svizzera sosterrà la creazione di un'organizzazione efficace e indipendente e offre ufficialmente Ginevra come sede. Inoltre ha offerto di formare i futuri ispettori di armi biologiche mettendo a disposizione la propria competenza tecnica. Una maggiore trasparenza delle attività sensibili (duplice uso) nel campo della biotecnologia permetterà alla comunità internazionale di riconoscere tempestivamente indizi di programmi di armi biologiche e di reagirvi in modo appropriato. La Svizzera esorta tutti gli Stati a aderire al BTWC e al protocollo in elaborazione. Per gli Stati contraenti il protocollo non comporterà unicamente doveri ma anche ulteriori possibilità di cooperazione tecnica. La Svizzera è pronta a garantire agli Stati contraenti determinati vantaggi nel campo della cooperazione tecnica.

2.5

Spazio e sistemi vettoriali

Anche a dieci anni di distanza dalla fine della guerra fredda non si può escludere il pericolo delle armi di distruzione di massa trasportate mediante missili balistici. Due possibili misure di difesa attiva sono la minaccia di un contrattacco difensivo equivalente all'attacco e la difesa antimissile. A lungo termine gli USA intendono completare le loro misure di difesa con un sistema nazionale di difesa antimissile basato nello spazio (NMD; cfr. n. 1.5 sopra). La Svizzera è interessata al mantenimento della stabilità strategica globale e ritiene pertanto che la realizzazione del sistema NMD sia indicata solamente a condizione di non mettere in pericolo l'ulteriore disarmo nucleare e di non causare una ripresa dell'armamento nucleare. Tuttavia, il nostro Paese verosimilmente non avrà nessuna possibilità di influsso in tal senso.

La crescente importanza strategica e tattica dello spazio e il pericolo di una proliferazione delle armi di distruzione di massa e dei loro sistemi vettoriali limitano ulte4787

riormente le possibilità dei singoli Stati di adottare provvedimenti di difesa autonomi. Come il Consiglio federale ha già ricordato nel Rapporto sulla politica di sicurezza 2000, contro tali minacce la Svizzera è capace di opporre in maniera autonoma unicamente misure di difesa passiva. A causa della sua situazione geografica, finanziaria e tecnologica, per realizzare misure di protezione attiva come quelle citate sopra ­ la minaccia di un contrattacco difensivo equivalente all'attacco e la difesa antimissile ­ la Svizzera dovrebbe ripiegare sulla collaborazione o sull'aiuto internazionali. Lo sviluppo tecnologico nell'ambito dell'uso politico e militare dello spazio crea nuovi rapporti di dipendenza il cui sviluppo va seguito con attenzione. Se una collaborazione a livello internazionale in vista di sistemi di difesa antimissile dovesse rivelarsi consona agli interessi della Svizzera, una simile prospettiva dovrebbe essere valutata seriamente.

Al momento l'impegno della Svizzera si limita alla non proliferazione dei sistemi vettoriali. Gli sforzi volti alla non proliferazione delle armi di distruzione di massa poggiano sul consenso internazionale in merito alla necessità di vietare il possesso di queste armi o, analogamente alle armi nucleari, di consentirne il possesso solamente a pochi Stati e per un periodo limitato. I tentativi di instaurare regimi internazionali per la prevenzione della diffusione dei sistemi vettoriali si muovono invece su una base politica e giuridica molto fragile. Il MTCR, il Regime di non proliferazione nel settore missilistico, è l'unico accordo multilaterale che persegue tale obiettivo e consiste essenzialmente nell'obbligo volontario degli Stati contraenti di non esportare missili o missili da crociera con una gittata superiore ai 300 km e un carico utile superiorea 500 kg, come pure le loro componenti principali. Sono inoltre fissati controlli delle esportazioni per taluni beni e tecnologie a duplice uso legati a questo ambito. Analogamente alla situazione nel settore nucleare, la gamma di tecnologie utilizzabili nella produzione di missili è relativamente limitata e nota. La partecipazione svizzera all'MTCR si basa attualmente sulla legge federale del 1996 sul controllo dei beni a duplice impiego, rivelatasi una base efficace a tale scopo. La Svizzera sostiene
gli sforzi per la creazione di norme di diritto internazionale pubblico vincolanti e non discriminatorie finalizzate alla non proliferazione di missili ad uso militare. Allo stesso tempo non deve tuttavia essere limitato il diritto all'uso pacifico della tecnologia spaziale per l'astronautica.

2.6

Armi convenzionali

In questo settore si situano sia gli strumenti tradizionali della PoCAD convenzionale, altamente sviluppati, sia i nuovi strumenti della «sicurezza umana» in cui la Svizzera è particolarmente attiva, come menzionato sopra. L'OSCE è l'unica organizzazione di politica di sicurezza affermata di cui la Svizzera è membro a pieno titolo. Di conseguenza, essa riveste grande importanza sia in generale per la realizzazione della strategia di politica di sicurezza del Consiglio federale «Sicurezza attraverso la cooperazione», sia in particolare per la PoCAD. Sin dagl'inizi dell'OSCE nel 1972 (all'epoca ancora denominata CSCE), il nostro Paese ha messo a frutto attivamente le possibilità create in questo ambito per favorire la trasparenza sulle forze armate nella regione compresa tra Atlantico e Urali e in altre regioni e per migliorare la prevedibilità delle attività militari e diminuire in tal modo il rischio di attività militari inaspettate.

4788

La PoCAD svizzera nell'ambito dell'OSCE è incentrata sulle misure miranti a rafforzare la fiducia e la sicurezza (CSBM). Negli ultimi dieci anni l'OSCE ha potuto approfondire la competenza accumulata dal 1975 in questo ambito ed estendere il suo raggio d'azione. Con il Documento di Vienna del 1990 gli Stati contraenti si sono impegnati al rispetto di diverse CSBM che comprendono uno scambio annuo di informazioni di natura militare (comprese informazioni sulla pianificazione della difesa), l'annuncio e l'osservazione di attività militari, visite reciproche, meccanismi di verificazione, regole di collaborazione in caso di crisi con ripercussioni sulla politica di sicurezza e la creazione di una rete elettronica di informazioni comprendente tutti gli Stati contraenti dell'OSCE. Il Documento di Vienna è stato adattato e approfondito a più riprese nel 1992, 1994 e 1999, in particolare nell'ambito del Foro di cooperazione per la sicurezza (FCS) creato al vertice dell'OSCE di Helsinki nel 1992. Le trattative nell'ambito dell'FCS, in cui la Svizzera è stata particolarmente attiva sin dall'inizio, sono culminate in un importante pacchetto di misure politicomilitari, tra cui i principi per il disciplinamento del trasferimento di armi convenzionali, le misure di stabilizzazione per controversie di carattere locale e il codice di condotta concernente aspetti politico-militari della sicurezza. I conflitti nel Kosovo e nella Cecenia hanno mostrato la necessità di creare nuove regole speciali da applicare in situazioni di crisi. Per quel che concerne la PoCAD convenzionale, la Svizzera si impegna a favore della prevedibilità e trasparenza sia di attività, strutture ed effettivi militari, sia della pianificazione nel settore degli armamenti. Un altro obiettivo perseguito dal nostro Paese è il rafforzamento della fiducia tramite l'attuazione totale e corretta di tutti i trattati e gli accordi. La Svizzera mette a disposizione esperti per missioni di verifica relative ai trattati di controllo degli armamenti e di disarmo sotto l'egida dell'OSCE, ad esempio nell'ex Jugoslavia per quanto concerne l'attuazione degli Accordi di Dayton.

Negli ultimi anni il Trattato sulle forze armate convenzionali in Europa (CFE) del 1990 è stato adattato alle mutate condizioni; la nuova versione è stata firmata in occasione del vertice
OSCE di Istanbul nel 1999. Con esso si intende aumentare ulteriormente la cooperazione, la stabilità e la trasparenza in Europa, non da ultimo tramite un nuovo regime di valori limite nazionali e territoriali per le armi convenzionali e ampliando lo scambio di informazioni e le possibilità di verifica. La Svizzera considera l'adozione del CFE riveduto un importante progresso della politica di pace nella zona compresa tra l'Atlantico e gli Urali. Un'importante novità consiste nel fatto che il trattato prevede la possibilità dell'adesione di nuovi Stati europei. In linea di massima la Svizzera è interessata a un'adesione e pondera ora questa possibilità alla luce dei suoi interessi e obiettivi di politica di sicurezza. Segnatamente sono da chiarire le possibili ripercussioni su effettivi, strutture e mezzi dell'esercito nel contesto della prevista riforma Esercito XXI.

Nel 1992 l'Assemblea generale dell'ONU ha deciso la creazione di un registro di armi comprendente informazioni pubbliche su effettivi, produzione, importazioni ed esportazioni di sette categorie di sistemi di armi convenzionali di grandi dimensioni.

Il nostro Paese ha sostenuto la creazione del registro e dal 1993 fornisce tutte le informazioni pertinenti e si impegna affinché il registro sia ampliato e acquisisca carattere universale. Nel 1993 gli Stati dell'OSCE hanno stabilito i principi per il disciplinamento del trasferimento di armi convenzionali, che impegnano a creare trasparenza e ad esercitare moderazione nella politica di esportazione di materiale bellico. Dal 1994 ha luogo annualmente un incontro finalizzato allo scambio di informazioni cui partecipa anche la Svizzera. Avendo constatato che non tutti i membri dell'OSCE trasmettono entro i termini previsti informazioni soddisfacenti da un 4789

punto di vista qualitativo, il nostro Paese ha presentato una serie di proposte volte a migliorare tale situazione. Dal 1996, 33 Stati collaborano nel quadro della cosiddetta Intesa di Wassenaar all'attuazione delle misure contro la diffusione di armi convenzionali e di beni a duplice uso con l'obiettivo di impedire accumulazioni di materiale bellico con un effetto potenzialmente destabilizzante. In questo organo la Svizzera si impegna segnatamente per migliorare la trasparenza nel trasferimento di armi convenzionali. Non è disposta ad accettare ulteriori misure relative ai beni a duplice uso prima che determinati Stati rendano pubbliche ulteriori informazioni sulle proprie esportazioni di armi.

Sinora la nuova tendenza nella PoCAD convenzionale ha interessato unicamente le mine antiuomo, caso particolare nel contesto degli armamenti. L'esempio della Convenzione sul divieto delle mine del 1997, che ha permesso di ottenere risultati importanti in tempi inaspettatamente brevi, mostra il valore degli sforzi nell'ambito della «sicurezza umana». La Svizzera intende ora mettere a frutto l'esperienza acquisita con questa convenzione per un impegno duraturo in questo ambito. Dopo la conferenza ministeriale di Lucerna menzionata qui sopra, desidera collaborare attivamente alla preparazione della conferenza dell'ONU del 2001 sul commercio illegale di armi leggere. L'obiettivo principale è la lotta alla proliferazione e all'abuso di armi leggere. Il commercio con questo tipo di armi non è ancora sottoposto praticamente a nessuna limitazione internazionale. La Svizzera partecipa anche agli sforzi in questo campo profusi in seno all'OSCE e al Partenariato per la pace (PfP) e sostiene corrispondenti progetti nazionali e internazionali. A Vienna la Svizzera partecipa alle trattative per la creazione di un protocollo sulle armi da fuoco di cui è prevista l'adozione nell'ambito della Convenzione dell'ONU contro la criminalità transfrontaliera organizzata.

Per quel che concerne le mine antiuomo, la Svizzera ambisce a conferire carattere universale al divieto totale ed esorta quindi a aderire alla Convenzione del 1997 sul divieto delle mine antiuomo gli Stati che non lo hanno ancora fatto. La Convenzione dell'ONU del 1980 sulle armi classiche vieta tutti i tipi di armi disumane. Nell'ambito di questa convenzione,
nel 1996 erano state concordate limitazioni dell'uso di mine antiuomo nonché il divieto delle armi laser portatili, limitazioni considerate un importante esempio di controllo preventivo degli armamenti. Tuttavia, per riguardo verso alcuni Stati, furono previste parecchie eccezioni relative alla limitazione temporale dell'uso e alle possibilità di identificazione delle mine. Questo contribuì alla nascita del movimento per il divieto totale delle mine che portò alla Convenzione sul divieto delle mine antiuomo nel 1997. La Svizzera considera però il secondo protocollo alla Convenzione dell'ONU del 1980 sulle armi classiche uno strumento complementare alla Convenzione sul divieto delle mine antiuomo che andrebbe rafforzato ulteriormente. Da un lato la produzione e l'uso di ogni tipo di mina terrestre vanno sottoposti a disposizioni più restrittive, dall'altro è imperativo portare avanti lo sgombero e l'eliminazione dei milioni di mine già disseminate. Quest'anno la Svizzera sostiene diversi grandi progetti di sminamento, soprattutto nel Mozambico e nell'Europa sudorientale. A Ginevra il nostro Paese ha creato il Centro internazionale per lo sminamento umanitario presso il quale si riuniscono due volte all'anno i comitati di esperti della Convenzione sul divieto delle mine. La prossima conferenza annuale degli Stati parte avrà luogo a Ginevra nel settembre 2000. Nel 1999 il DDPS ha deciso di ampliare lo sminamento umanitario con personale e materiale proprio e di formare e mettere a disposizione un gruppo di 40 esperti per impieghi internazionali.

4790

2.7

Prospettive future

La PoCAD svizzera ha reagito in modo veloce e flessibile ai mutamenti delle condizioni quadro globali avvenuti durante gli anni Novanta. La Svizzera ha potuto ampliare il suo tradizionale impegno a favore del controllo degli armamenti e del disarmo. Coordinate dal DFAE, le risorse di personale, istituzionali e finanziarie del DFAE, del DFGP, del DDPS e del DFE sono state messe a frutto per una PoCAD di ampio respiro che ha perseguito in maniera coerente gli obiettivi della politica estera svizzera.

Per il Consiglio federale la PoCAD resta una delle priorità della politica estera e di sicurezza della Svizzera. Sinora i nuovi baricentri d'attività sono stati in gran parte stabiliti mediante risorse ottenute attraverso riorganizzazioni interne. Dato che la Svizzera persegue parallelamente diversi obiettivi di politica estera, sarebbe problematico concentrare ulteriormente mezzi già attribuiti per determinati obiettivi. Considerati i compiti regolari attualmente a suo carico, quali la partecipazione a conferenze internazionali e l'osservazione degli sviluppi più importanti nei vari ambiti della PoCAD, il DFAE non ha praticamente ulteriori capacità disponibili in questo ambito. Il DDPS, in particolare lo Stato maggiore, già oggi mette in atto con mezzi propri una parte importante della PoCAD svizzera. Il DDPS assiste il DFAE in occasione di trattative internazionali e provvede al rispetto degli obblighi di controllo degli armamenti e di disarmo nell'ambito militare. Tuttavia, il potenziale di una PoCAD svizzera attiva a livello internazionale è lungi dall'essere esaurito, come mostrano ad esempio le possibilità del laboratorio AC di Spiez. Aumentando i contributi concreti al disarmo sul posto la Svizzera potrebbe contribuire ad esempio all'eliminazione di armi in eccedenza, come mine e armi leggere. Essa potrebbe parimenti dare pieno seguito all'intenzione di partecipare in modo globale agli sforzi internazionali per la non proliferazione delle armi leggere, ciò che oggi risulta invece difficile a causa dei limitati mezzi a disposizione.

Stati vicini a noi e di dimensioni paragonabili, pur disponendo spesso di un numero poco più grande di esperti in materia di disarmo, possono però approfittare delle reti dell'Unione europea e della NATO, grazie a cui hanno rapidamente accesso a informazioni importanti. Il
maggiore deficit istituzionale che limita le possibilità di una PoCAD svizzera profilata risiede nel fatto che il nostro Paese non è membro delle Nazioni Unite. Oggi, molti aspetti importanti della PoCAD sono oggetto di risoluzioni dell'Assemblea generale dell'ONU. Chi, come la Svizzera, non può inoltrare o firmare proposte e non dispone del diritto di voto, è svantaggiato in partenza.

30 agosto 2000

In nome del Consiglio federale svizzero: Il presidente della Confederazione, Adolf Ogi La cancelliera della Confederazione, Annemarie Huber-Hotz

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Allegato 1

Panoramica della politica svizzera di controllo degli armamenti e di disarmo (PoCAD) Ambiti principali

Ambiti subordinati

Armi Armi di distruzione nucleari di massa

4792

Obiettivi a lungo termine

Obiettivi intermedi

Eliminazione Realizzazione di tutte le promesse fatte sinototale, universale ra dagli Stati nucleari.

e controllabile Ulteriori passi concreti volti al disarmo, che garantiscano in ogni stadio il massimo grado di sicurezza e di stabilità.

Mantenimento e rafforzamento del TNP.

Avvio di trattative sul divieto della produzione di uranio e plutonio altamente arricchito nell'ambito della Conferenza di Ginevra sul disarmo.

Rapida entrata in vigore del CTBT e creazione immediata della CTBTO. Sino all'entrata in vigore del CTBT osservanza da parte degli Stati dotati di armi nucleari delle moratorie dichiarate.

Rafforzamento dei controlli da parte dell'AIEA. Controllo da parte dell'AIEA del materiale di fissione derivante dallo smantellamento delle armi nucleari.

Armonizzazione e rafforzamento dei controlli delle esportazioni nell'ambito dell'NSG e del Comitato Zangger.

Creazione di nuove zone denuclearizzate nelle regioni dove sono soddisfatte le necessarie condizioni.

Armi chimiche

Divieto universale e controllabile

Adesione di tutti gli Stati alla CAC.

Messa in atto totale ed efficace della CAC tramite un'OPCW indipendente, competente ed efficace.

Eliminazione degli effettivi attuali entro i termini previsti e smantellamento o conversione degli stabilimenti di produzione.

Armi biologiche

Divieto universale e controllabile

Adesione di tutti gli Stati alla BTWC.

Rapida elaborazione di un protocollo aggiuntivo alla BTWC con misure di controllo efficaci.

Collaborazione alla creazione della nuova organizzazione per la messa in atto del protocollo aggiuntivo (offerta della sede a Ginevra e programma di formazione per gli ispettori).

Ambiti principali

Ambiti subordinati

Obiettivi a lungo termine

Obiettivi intermedi

Spazio

Sistemi antimissile

Mantenimento della stabilità strategica Aumento della sicurezza

Il seguito del disarmo nucleare non deve essere messo in forse.

Non deve essere innescata una nuova corsa agli armamenti.

Ricerca di soluzioni basate sulla cooperazione.

Analisi delle conseguenze legate all'instaurarsi di nuovi rapporti di dipendenza.

Proliferazione Non proliferadei missili zionedei missili quali sistemi vettoriali militari

Armi In genere convenzionali

Sicurezza e stabilità con il più basso grado di armamento possibile

Appoggiare gli sforzi per instaurare norme di diritto internazionale vincolanti e non discriminatorie che perseguono l'obiettivo della non proliferazione di missili ad uso militare.

Mantenimento del diritto all'uso pacifico della tecnologia missilistica per l'astronautica.

Armonizzazione e rafforzamento dei controlli delle esportazioni nell'ambito del regime informale di non proliferazione nel settore missilistico (MTCR).

Estendere e perfezionare ulteriormente le CSBM.

Esaminare l'adesione al CFE riveduto.

Ampliare il registro di armi dell'ONU includendo ulteriori categorie di armi.

Aumentare la trasparenza dei trasferimenti di armi nell'ambito dell'Intesa di Wassenaar.

Mine

Messa in atto Adesione di tutti gli Stati alla Convenzione del divieto delle sul divieto delle mine antiuomo del 1997.

mine antiuomo Appoggio con risorse di personale e finanziarie allo sminamento umanitario.

Appoggiare l'applicazione universale del Protocollo II alla Convenzione dell'ONU del 1980 sulle armi classiche quale strumento complementare al divieto delle mine antiuomo.

Armi leggere

Non proliferazione Lotta contro gli abusi

Partecipare a tutti gli sforzi internazionali volti agli obiettivi a lungo termine; sia nell'ambito dell'ONU, dell'OSCE e del PfP, sia nel nuovo ambito della rete «sicurezza umana».

Partecipare ai preparativi per la conferenza dell'ONU 2001 sul commercio illegale delle armi leggere.

4793

Ambiti principali

4794

Ambiti subordinati

Obiettivi a lungo termine

Obiettivi intermedi

Armi disumane

Divieto dell'uso Applicazione della Convenzione dell'ONU del 1980 sulle armi classiche a conflitti interni.

Creare meccanismi di verificazione.

Favorire l'applicazione universale della Convenzione dell'ONU del 1980 sulle armi classiche.

Nuovo protocollo per modernizzare il divieto dei proiettili ad espansione.

Ulteriori protocolli alla Convenzione dell'ONU del 1980 sulle armi classiche allo scopo di limitare l'effetto di armi capaci di causare effetti traumatici eccessivi o di colpire in modo indiscriminato.

Allegato 2

Messaggi al Parlamento concernenti l'ambito della PoCAD ­ Messaggio sull'iniziativa popolare «per un divieto di esportazione di materiale bellico» Messaggio relativo all'iniziativa popolare «per un divieto di esportazione di materiale bellico» e alla revisione della legge federale sul materiale bellico, del 15 febbraio 1995 (FF 1995 II 864) (RS 514.51) ­ Legge sul controllo dei beni a duplice impiego Messaggio concernente la legge federale del 13 dicembre 1996 sul controllo dei beni utilizzabili a fini civili e militari (Legge sul controllo dei beni a duplice impiego, LBDI) (FF 1995 II 1106) (RS 946.202) ­ Protocollo II riveduto / Protocollo sulle armi laser Messaggio concernente il Protocollo II riveduto e il Protocollo IV alla Conve nzione del 1980 sulle armi classiche (FF 1997 IV 1) ­ Convenzione sul divieto delle mine antiuomo Messaggio concernente la Convenzione sul divieto dell'impiego, del deposito, della fabbricazione e del trasferimento delle mine antiuomo e sulla loro distruzione (FF 1998 489) ­ Trattato per la messa al bando degli esperimenti nucleari (CTBT) Messaggio concernente la ratifica del Trattato per la messa al bando degli esperimenti nucleari (CTBT) (FF 1999 575)

4795

Allegato 3

Elenco delle abbreviazioni ACLS

Laboratorio AC di Spiez

AIEA

Agenzia internazionale dell'energia atomica (International Atomic Energy Agency, IAEA)

BTWC

Convenzione sul divieto della messa a punto, produzione e immagazzinamento delle armi batteriologiche (biologiche) e base di tossine e sulla loro distruzione (Biological and Toxin Weapons Convention )

C4-ISR

Sistemi di comando, di controllo, di comunicazione, informatici, di informazione, di sorveglianza e di ricognizione (Command, Control, Communications, Computers, Intell igence, Surveillance, Reconnaissance)

CAC

Convenzione sulla proibizione dello sviluppo, produzione, immagazzinamento ed uso di armi chimiche e sulla loro distruzione (Chemical Weapons Convention, CWC)

CD

Conferenza di Ginevra sul disarmo (Conference on Disarmament)

CFE

Trattato sulle forze armate convenzionali in Europa

CICR

Comitato internazionale della Croce Rossa

CSBM

Misure miranti a rafforzare la fiducia e la sicurezza (Confidence and Security Building Measures)

CTBT

Trattato per la messa al bando degli esperimenti nucleari (Comprehensive Nuclear Test-Ban Treaty)

CTBTO

Organizzazione per l'applicazione del CTBT

FCS

Foro di cooperazione per la sicurezza nell'ambito dell'OSCE

GPS

Sistema di posizionamento globale con base nello spazio (Global Positioning System)

MAD

Distruzione reciproca assicurata (Mutually Assured Destruction)

MTCR

Regime di non proliferazione nel settore missilistico (Missile Technology Control Regime)

NATO

Organizzazione del Trattato Nord Atlantico (North Atlantic Treaty Organization)

NMD

Sistema di difesa antimissile nazionale (National Missile Defense)

NSG

Gruppo dei fornitori nucleari (Nuclear Suppliers Group)

4796

ONG

Organizzazioni non governative (Non-governmental organizations, NGO)

ONU

Organizzazione delle Nazioni Unite (United Nations Organization)

OPCW

Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Organization for the Prohibition of Chemical Weapons )

OSCE (già CSCE)

Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa

PoCAD

Politica di controllo degli armamenti e di disarmo

PESC

Politica estera e di sicurezza comune dell'Unione europea

PfP

Partenariato per la pace (Partnership for Peace)

SDI

Iniziativa di difesa strategica (Strategic Defense Initiative)

START I, II, III

Trattati sulla riduzione degli armamenti nucleari strategici (Treaty on the Reduction and Limitation of Strategic Offe nsive Arms)

TNP

Trattato di non proliferazione delle armi nucleari (Non-Proliferation Treaty)

Trattato ABM

Trattato sulla limitazione di sistemi di difesa antimissile (Anti-Ballistic Missile Treaty)

UE

Unione europea

UEO

Unione dell'Europa occidentale

UNSCOM

Commissione speciale dell'ONU per l'eliminazione delle armi di distruzione di massa nell'Iraq (UN Special Commission on Iraq)

2277

4797