Rapporto sulla politica svizzera dei diritti dell'uomo del 16 febbraio 2000

Onorevoli presidenti e consiglieri, Vi sottoponiamo il rapporto sulla politica svizzera dei diritti dell'uomo pregandovi di prenderne atto.

Contemporaneamente vi proponiamo di stralciare dal ruolo il postulato seguente: 1997 P 97.3621 Complemento al Rapporto di politica estera (N 17.12.1997, Bäumlin)

16 febbraio 2000

In nome del Consiglio federale svizzero: Il presidente della Confederazione, Adolf Ogi La cancelliera della Confederazione, Annemarie Huber-Hotz

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2000-0502

Compendio La risposta del Consiglio federale al postulato Bäumlin presenta nella sua prima parte un modello operativo della politica svizzera dei diritti dell'uomo a livello internazionale (n. 2) che offre una sintesi delle linee d'azione di questa politica in base ai principi e alla pratica seguita negli ultimi anni. Scopo di questo modello è facilitare il processo di decisione in questo ambito: situando i diritti dell'uomo nel contesto delle altre priorità della politica estera del nostro Paese (n. 2.1); presentando l'inventario completo degli strumenti a nostra disposizione e commentandone alcuni (n. 2.2); descrivendo l'ambito della loro messa in atto (coerenza, condizionalità, competenze e cooperazione: n. 2.3). Per illustrare in modo concreto la nostra politica dopo la cessazione del conflitto Est-Ovest, nella sua seconda parte (n. 3) il rapporto riassume l'azione della Svizzera sul piano multilaterale (OSCE, Consiglio d'Europa e ONU), in cui siamo stati particolarmente attivi e teatro di parecchi sviluppi nuovi.

Nella conclusione (n. 4) il rapporto pone l'accento in particolare sul fatto che una politica concreta e credibile in favore dei diritti dell'uomo deve tenere conto di questi ultimi globalmente, in quanto essi costituiscono un tutt'uno indivisibile. In questo senso la promozione delle relazioni economiche e la cooperazione allo sviluppo partecipano agli obiettivi della politica svizzera dei diritti dell'uomo. Come in tutti gli aspetti della politica estera svizzera, anche in questi tre ambiti il Consiglio federale mira alla coerenza e cerca in tal modo di evitare sistematicamente contraddizioni e conflitti di obiettivi o d'interessi.

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Messaggio 1

Introduzione

1.1

Postulato Bäumlin del 17 dicembre 1997

Il 17 dicembre 1997 la consigliera nazionale Bäumlin ha depositato al Consiglio nazionale un postulato, appoggiato da 32 cofirmatari, del seguente tenore: «Chiedo al Consiglio federale di pubblicare un rapporto esplicativo concernente il rapporto di politica estera della Svizzera per gli anni Novanta, il rapporto sulla politica della Svizzera in favore dei diritti dell'uomo del 1982 e le attività della Svizzera in seno all'OSCE (in particolare quelle legate alla protezione delle minoranze); esso terrà conto in questo rapporto delle attività importanti della politica economica estera e della politica dello sviluppo (segnatamente dal punto di vista dei principi bilaterali e multilaterali del Buon governo).

I dipartimenti e gli uffici coinvolti nell'elaborazione di questo rapporto presenteranno apertamente le loro divergenze in modo tale da permetterne la soluzione.

L'elaborazione del rapporto incombe al DFAE, più precisamente alla DP IV».

Nella motivazione il postulato precisa che: «La politica estera e la politica economica estera è caratterizzata da anni da contraddizioni e conflitti di obiettivi o d'interessi per quel che concerne la cooperazione allo sviluppo e la politica dei diritti dell'uomo, «nuova punta di diamante della nostra politica estera». Da qui alcune incompatibilità. Sei anni fa ho depositato un'iniziativa parlamentare che chiedeva la creazione di una legge specifica sui diritti dell'uomo che: a.

precisasse l'oggetto, i principi, gli obiettivi e le forme della politica svizzera in materia di diritti dell'uomo,

b.

regolasse il suo finanziamento e

c.

le competenze relative alla sua applicazione.

Una delle rivendicazioni principali all'epoca concerneva la richiesta di estendere le competenze del Parlamento in materia di diritti dell'uomo per permettergli di pronunciarsi regolarmente sulla politica del Consiglio federale in questo ambito e influire al momento dello stanziamento di un credito quadro e dell'elaborazione di una legge. Precedentemente la CPE si era già espressa in questo senso, ma l'esame dei suoi interventi era stato rimandato con il pretesto che sarebbe convenuto aspettare la revisione della Costituzione.

Queste proposte erano ispirate al rapporto sui diritti dell'uomo del 1982 eseguito su domanda della consigliera nazionale Nanchen. Vi si leggeva che l'unica politica di diritti dell'uomo concepibile presupponeva la discrezione, un principio cui il Consiglio federale si è adeguato per molti anni. La sua estrema discrezione in questo ambito mi era parsa dannosa per la coerenza e, in ultima analisi, per i principi di pace che sottendono la politica internazionale della Svizzera.

Nell'ambito dei lavori della commissione incaricata dell'esame preliminare, avevo inoltre attirato l'attenzione sull'evoluzione dei diritti dell'uomo in seno alla CEDU e, all'epoca, alla CSCE, e sulla problematica delle minoranze con la crescente im-

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portanza attribuita ai diritti etnici e culturali, spesso male accetti alle legislazioni nazionali. Poiché la questione è legata a taluni problemi urgenti come quello dei rifugiati, avevo comunque lodato il Consiglio federale per avere sollevato la questione delle minoranze in seno alla CSCE all'inizio degli anni Novanta».

1.2

Risposta al Postulato Bäumlin

Il 16 marzo 1998 abbiamo accettato il postulato. Il presente rapporto costituisce la risposta al postulato. Esso concretizza il capitolo, dedicato nel rapporto del 29 novembre 1993 sulla politica estera della Svizzera durante gli anni Novanta, a una delle cinque priorità della nostra politica estera, l'impegno a favore dei diritti dell'uomo, della democrazia e dei principi dello Stato di diritto. 1 Il presente rapporto esplicativo presenta nella sua prima parte un modello operativo della politica svizzera dei diritti dell'uomo a livello internazionale (n. 2) e offre una sintesi delle linee d'azione di questa politica in base ai principi e alla pratica seguita negli ultimi anni. Scopo di questo modello è facilitare il processo di decisione in questo ambito: situando i diritti dell'uomo nel contesto delle altre priorità della politica estera del nostro Paese (n. 2.1); presentando l'inventario completo degli strumenti a nostra disposizione e commentandone alcuni (n. 2.2); descrivendo l'ambito della loro messa in atto (coerenza, condizioni, competenze e cooperazione: n. 2.3).

Per illustrare in modo concreto la nostra politica dopo la cessazione del conflitto Est-Ovest, nella sua seconda parte (n. 3) il rapporto riassume l'azione della Svizzera sul piano multilaterale (OSCE, Consiglio d'Europa e ONU), in cui siamo stati particolarmente attivi e teatro di parecchi sviluppi nuovi.

Le eventuali «incompatibilità» menzionate nella motivazione del postulato non hanno impedito alla Svizzera di perseguire nel corso degli anni Novanta una politica dei diritti umani sostanziale. Il modello (n. 2) intende facilitare il processo di decisione e aumentare in tal modo la coerenza e l'efficacia della politica dei diritti dell'uomo e favorire inoltre le sinergie nei casi in cui sono in gioco contemporaneamente altre priorità della politica estera della Svizzera. Non vi è nessuna contraddizione fondamentale tra le cinque priorità della politica estera della Svizzera; una decisione che tiene conto adeguatamente di elementi e criteri distinti deve limitare al minimo i rischi di conflitti di obiettivi o d'interessi.

2

Modello operativo della politica svizzera dei diritti dell'uomo

2.1

I diritti dell'uomo nella politica estera della Svizzera

L'impegno a favore dei diritti dell'uomo2, della democrazia e dei principi dello Stato di diritto costituisce uno dei cinque obiettivi della politica estera della Svizze1

2

Questo aspetto della nostra politica era già stato oggetto di un rapporto dettagliato al Consiglio federale del 2 giugno 1982 intitolato «Rapporto sulla politica della Svizzera in favore dei diritti dell'uomo».

In italiano il DFAE usa sia la designazione «diritti dell'uomo» che «diritti umani»; l'espressione si riferisce a tutti gli esseri umani, indipendentemente dal loro sesso. Lo stesso vale per gli altri termini come «cittadino», «rifugiato», ecc.

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ra. Esso si integra in modo naturale negli altri obiettivi della politica estera della Svizzera: mantenimento e promozione della sicurezza e della pace, aumento della prosperità comune, promozione della coesione sociale e la preservazione dell'ambiente naturale. Il nostro Collegio ribadisce così la sua convinzione che la pace, lo sviluppo e la stabilità non sono durevoli senza una comunità di Stati fondata sul rispetto dei diritti dell'uomo, della democrazia e dello Stato di diritto e che è quindi necessario definire una politica coerente e credibile intesa a promuovere questi principi e a lottare contro le loro violazioni sul piano internazi onale.

Appoggiamo pienamente il consenso espresso nel corso della Conferenza mondiale sui diritti dell'uomo del 1993 che stabilisce in particolare che «il carattere universale di questi diritti e libertà è incontestabile (...). I diritti dell'uomo e le libertà fondamentali sono proprie a tutti gli esseri umani.» Lo stesso documento indica che «tutti i diritti dell'uomo sono universali, indissolubili, interdipendenti e intimamente legati (...). Sebbene conviene non perdere di vista l'importanza delle particolarità nazionali e regionali e la diversità storica, culturale e religiosa, è dovere degli Stati (...) promuovere e proteggere tutti i diritti dell'uomo e tutte le libertà fondamentali.» Il documento precisa inoltre che «la promozione e la protezione dei diritti dell'uomo è una preoccupazione legittima della comunità internazionale»3. Riteniamo che dare forma concreta all'universalità dei diritti dell'uomo costituisce allo stesso tempo un obiettivo da raggiungere e una sfida da accettare.

In effetti, i diritti umani, diventati nel corso di questi ultimi decenni un fattore sempre più importante nelle relazioni internazionali, dovrebbero marcare ancora di più il secolo a venire. In futuro, la consapevolezza maturata dopo i drammi del XX secolo dovrebbe sfociare maggiormente in fatti concreti di quanto non sia il caso attualmente. Di fronte a questa sfida, nelle sue relazioni internazionali il nostro Collegio intende impegnarsi maggiormente in favore: del rispetto e della promozione dei diritti dell'uomo4

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I diritti umani sono la prerogativa di ogni persona nelle sue relazioni con il potere e con altri individui. I diritti civili, culturali, economici, politici e sociali, sono diritti universali e indivisibili e sono sinonimo di riconoscimento della dignità di ognuno, donna o uomo, e della sua libertà di autodeterminazione.

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della democrazia (compreso lo sviluppo e il rafforzamento del processo democratico) e dei principi dello Stato di diritto Lo Stato di diritto e la democrazia pluralista partecipativa basata su libere elezioni sono, in quanto fattori finalizzati a garantire il rispetto dei diritti dell'uomo, presupposti necessari per realizzare un ordine durevole di pace, di sicurezza, di giustizia e di cooperazione. In questo contesto, la democrazia pluralista è un elemento intrinseco dello Stato di diritto, basato su di-

3 4

Conferenza mondiale sui diritti dell'uomo, Dichiarazione e programma d'azione di Vienna (giugno 1993) , I, cap. 1,5 e 4.

L'impegno della Svizzera a favore del rispetto e della messa in atto delle Convenzioni di Ginevra e dei loro Protocolli addizionali, di cui il nostro Paese è depositario, è pure legata alla politica dei diritti dell'uomo (cfr. rapporto sulla politica estera della Svizzera negli anni Novanta, n. 412). Lo stesso vale per l'impegno dell'aiuto umanitario svizzero nella misura in cui contribuisce al rispetto del diritto alla vita e di diversi diritti economici e sociali.

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versi principi essenziali per l'espressione completa della dignità umana e dei diritti uguali e inalienabili di ogni essere umano. 5

2.2

Strumenti

Nelle sue relazioni internazionali la Svizzera dispone di vari strumenti per lottare contro le violazioni dei diritti dell'uomo, per promuovere il loro rispetto e per contribuire a creare le condizioni quadro necessarie a questo scopo (Stato di diritto, democrazia). Questi strumenti sono elencati e in parte commentati qui di seguito.

2.2.1

Strumenti diplomatici

Per essere coerenti e conciliabili con i principi della nostra politica estera, le nostre azioni a livello diplomatico (bilaterale o multilaterale), il cui numero e intensità sono in costante aumento, non devono utilizzare i diritti dell'uomo a fini politici. Esse devono scaturire essenzialmente da considerazioni umanitarie, in quanto sul piano bilaterale sono volte a migliorare la sorte di una o più persone o di un gruppo della popolazione (ad esempio una minoranza). La nostra politica deve aspirare all'universalità e condannare quindi ogni violazione grave dei diritti umani, indipendentemente dal regime politico, economico e sociale dello Stato interessato e indipendentemente dalla parte del mondo dove hanno luogo queste violazioni. I criteri che permettono di stabilire se vi è violazione dei diritti dell'uomo, e quindi ad esempio se vi è necessità di intervenire in favore di una vittima, indipendentemente dalla sua nazionalità, sono definiti dal diritto internazionale pubblico (diritto consuetudinario, convenzioni). Ogni intervento dev'essere basato su informazioni fattuali oggettive, affidabili e dettagliate, e ciò implica la necessità di disporre di diverse fonti fededegne, da cui si ottengono i dati relativi a una violazione prima di decidere se intervenire o meno.

I diversi strumenti diplomatici a disposizione della Svizzera sono i seguenti: ­

Dialogo politico sui diritti dell'uomo, condotto con numerosi Stati (ad es.

nell'ambito di visite ufficiali o di lavoro, comprese le visite di delegazioni parlamentari; per mezzo delle ambasciate).

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Dialogo mirato con singoli Stati (ad es. con la Cina, il Marocco, il Vietnam, il Pakistan e Cuba).

Si tratta di instaurare una relazione bilaterale solida e costante. Il dialogo sui diritti dell'uomo con un determinato Stato si concentra su un certo numero di temi (ad es. diritti della donna; condizioni di detenzione). Comprende in particolare uno scambio regolare di esperti in materia. Discussioni approfondite sulla situazione dei diritti umani nel Paese di partenariato permettono di identificare con precisione i problemi e le possibili misure atte a migliorare la situazione. I due Paesi realizzano programmi concreti, a livello governativo o della società civile (ad es. sensibilizzazione e formazione sui diritti dell'uomo nell'amministrazione, assistenza giuridica). I Paesi di par-

5

Cfr. Documento di Copenhagen del 1990 sulla dimensione umana dell'OSCE (cfr. preambolo e capitoli I/3, 5, 5.1-5.21, 6, 7, 7.1-7.9 e 8).

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tenariato nel limite del possibile sono Paesi di concentrazione della cooperazione svizzera allo sviluppo. La coerenza e la credibilità della nostra politica dei diritti dell'uomo impone certi criteri, condizioni e limiti all'apertura e al proseguimento dei nostri dialoghi bilaterali tra delegazioni di esperti: ­ l'esistenza di problemi persistenti in materia di diritti dell'uomo nel Paese interessato; ­ la disponibilità dello Stato interessato a un dialogo critico e costruttivo, che può anche comprendere altri mezzi d'azione a livello diplomatico, giuridico, economico o della cooperazione; ­ prospettive di miglioramento della situazione; ­ convergenze d'interessi, all'occorrenza con altri elementi della nostra politica estera (migrazioni, cooperazione allo sviluppo, politica di pace, ecc.).

Un dialogo che a medio o lungo termine manca di trasparenza e di cooperazione e che si rivela infruttuoso, oppure nuove violazioni gravi e ripetute dei diritti dell'uomo nel Paese interessato possono portare o alla sospensione del dialogo in attesa di un'evoluzione politica più favorevole oppure alla sua interruzione.

­

Intervento politico a livello multilaterale (dichiarazioni, risoluzioni e realizzazione di procedure e meccanismi) in consessi internazionali riferiti ai diritti dell'uomo (ad es. Commissioni dei diritti dell'uomo dell'ONU e dimensione umana dell'OSCE) e in seno ad altre organizzazioni internazionali (ad es. il Consiglio d'Europa, OIL e UNESCO) e negli ambiti di coordinazione dei donatori (Banca mondiale e banche regionali per lo sviluppo).

­

Mandato specifico della Svizzera (ad es. «dimensione umana» nell'ambito del processo multilaterale di pace nel Vicino Oriente; copresidenza del gruppo di lavoro «democratizzazione e diritti dell'uomo» nel contesto del Patto di stabilità per l'Europa sudorientale).

­

Messa a disposizione di esperti per missioni di osservazione, inchiesta o conciliazione (ad es. missioni dell'ONU, dell'OSCE, del Consiglio d'Europa o di un gruppo di Stati ad hoc)6.

­

Interventi bilaterali su casi specifici di violazione dei diritti dell'uomo (ad es. richieste di liberazione) o su una situazione preoccupante (ad es. una legge discriminatoria).

La Svizzera non dispone di un peso politico ed economico sufficiente per obbligare in una qualche maniera uno Stato a dare seguito a un intervento pubblico. I nostri interventi in genere sono quindi discreti piuttosto che pubblici in quanto mirano soprattutto all'efficacia e non a ottenere simpatie politiche presso l'opinione pubblica. Quest'attenzione all'efficacia può indurci ad associarci a interventi promossi da altri Stati o da un gruppo di Stati (come il Canada, la Norvegia, l'UE), a condizione che questi interventi non comportino il rischio di compromettere la nostra specificità o la nostra credibilità quale Stato neutrale, senza passato coloniale e impegnato in una certa tradizione umanitaria.

6

Il DFAE assicura la formazione di osservatori internazionali (svizzeri e esteri) per i diritti dell'uomo (cfr. n. 3.4).

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­

Dichiarazioni pubbliche del Consiglio federale in caso di violazioni gravi e ripetute dei diritti dell'uomo (ad es. se uno Stato istituzionalizza una politica di segregazione razziale).

­

Altre misure: ad esempio annullamento o aggiornamento di visite ufficiali; restrizioni nella concessione di visti; richiamo di un ambasciatore per consultazioni, riduzione delle relazioni diplomatiche e, come ultima misura e in funzione di altri criteri, sospensione di queste relazioni.

2.2.2

Mezzi e strumenti giuridici

La Svizzera si impegna per favorire la realizzazione7 degli standard internazionali relativi ai diritti dell'uomo (come anche quelli del diritto internazionale umanitario) per garantirne il rispetto. In questo contesto la credibilità internazionale del nostro Paese dipende strettamente dalla sua ratifica di diversi strumenti giuridici in materia e della loro applicazione nel suo ordine giuridico interno. La Svizzera si impegna tuttora per ratificare o studiare l'opportunità di ratificare certi strumenti dell'ONU e del Consiglio d'Europa8. Il nostro Paese deve inoltre agire in favore di una migliore applicazione delle norme in vigore continuando ad adoperarsi per l'adozione di strumenti destinati a proteggere i diritti dell'uomo9; oltre a ciò, deve esaminare regolarmente se siano soddisfatte le condizioni richieste per accettare altri meccanismi internazionali di controllo 10.

I diversi mezzi e strumenti giuridici a disposizione della Svizzera sono i seguenti:

7

8

9 10

­

Partecipazione ai lavori volti a sviluppare il diritto internazionale nell'ambito dei diritti dell'uomo e vertenti in particolare sull'adozione di strumenti dotati di effetti giuridicamente vincolanti (ad es. Consiglio d'Europa, Commissione dei diritti dell'uomo e 3a Commissione dell'Assemblea generale dell'ONU, OIL, UNESCO).

­

Decisione di diventare Stato parte agli strumenti universali o regionali in materia di diritti dell'uomo (adesione o ratifica).

Anche se i meccanismi di controllo non giudiziari previsti dalle convenzioni dell'ONU per verificare il loro rispetto sono piuttosto deboli, la ratifica di queste convenzioni da parte del più grande numero possibile di Stati (compresa la Svizzera) contribuisce a una migliore salvaguardia dei diritti dell'uomo nel mondo. L'adesione del nostro Paese a questi strumenti rinforza così anche la posizione di quegli Stati che lottano affinché la democrazia, lo Stato di diritto e i diritti dell'uomo guadagnino terreno nel mondo. Come Stato parte a questi trattati, la Svizzera dispone di una base giuridica sul piano universale per intervenire concretamente presso Stati parte che non li rispettano.

Questi strumenti sono in particolare: Convenzione dell'ONU sul genocidio, Protocolli n.

1 e 4 alla Convenzione europea sui diritti dell'uomo, Statuto della Corte penale internazionale, Convenzione europea sui diritti dell'uomo e la biomedicina. L'opportunità di una ratifica della Carta sociale europea è ancora in esame presso la Commissione della sicurezza sociale e della sanità pubblica del Consiglio nazionale.

Cfr. la sua iniziativa presa con il Costa Rica intesa a elaborare un Protocollo facoltativo alla Convenzione dell'ONU contro la tortura (cfr. n. 3.3).

Protocollo 1 al Patto relativo ai diritti civili e politici; dichiarazione in virtù dell'articolo 14 della Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, Protocollo facoltativo alla Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti della donna.

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­

Messa a disposizione di esperti svizzeri nell'ambito della cooperazione giuridica relativa ai programmi «diritti dell'uomo, Stato di diritto e democrazia» del Consiglio d'Europa (ad es. «Démodroit, Thémis, Lode»).

­

Deposito di una denuncia di Stato presso un'organizzazione internazionale (ad es. Consiglio d'Europa, ONU) sulla base di un meccanismo previsto da una Convenzione.

2.2.3

Strumenti economici

A lungo termine il rispetto dei diritti dell'uomo e lo sviluppo economico costituiscono due elementi fondamentali della nostra politica estera11 che si completano a vicenda. Da un lato senza il rispetto dei diritti dell'uomo non vi può essere Stato di diritto, e viceversa; senza Stato di diritto non vi è uno sviluppo economico e umano durevole, in quanto senza quadro giuridico credibile e rispettato non vi è sicurezza per il commercio e per gli investitori. D'altro lato, la politica economica estera può contribuire a promuovere i diritti dell'uomo: di principio, più sono importanti le relazioni della Svizzera con un determinato Paese (in particolare le relazioni economiche), più alta è la probabilità che il dialogo politico sui diritti umani con questo Paese sia fruttuoso. Rispetto dei diritti dell'uomo e sviluppo economico sono inoltre indissolubilmente legate quando si tratta di garantire la pace e la stabilità di tutto il Paese. La Confederazione può comunque agire solo nell'ambito degli strumenti economici che le danno la competenza di adottare misure o di parteciparvi. Le sanzioni che può decidere il Consiglio federale come ultima ratio in casi particolarmente gravi sono suscettibili di produrre gli effetti desiderati solo se sono adottate dalla comunità internazionale o perlomeno da un numero significativo di Stati.

L'esperienza mostra d'altronde che a corto termine questo tipo di misure non porta in genere a un cambiamento positivo della situazione dei diritti dell'uomo; rischia anzi addirittura di nuocere più ai settori vulnerabili della società che non ai responsabili delle violazioni. Esse possono avere un effetto in questo senso solo a lungo termine.

I vari strumenti economici utilizzabili dalla Svizzera, a titolo di misure generalmente positive ma talvolta negative, sono i seguenti:

11 12

­

Sostegno allo sviluppo equo del commercio internazionale e promozione degli investimenti, nella misura in cui lo sviluppo economico aumenta di principio il benessere nei Paesi di partenariato e intensifica le relazioni con l'estero; il dialogo e lo scambio d'idee contribuiscono a migliorare la situazione dei diritti dell'uomo e rendono meno facili le violazioni di questi diritti, già solo in virtù del fatto che diventa praticamente impossibile nasconderle12.

­

Nello stesso contesto, dialogo aperto e costruttivo su questioni di diritti dell'uomo nelle trattative economiche bilaterali, in coordinazione e in parallelo con la politica estera.

Cfr. anche art. 54 cpv. 2 (affari esteri) e 101 (politica economica esterna) Cost.

In questo contesto le imprese svizzere di esportazione, in particolare le imprese multinazionali, dal punto di vista dell'efficacia e dell'immagine hanno un proprio interesse a favorire il rispetto di talune norme etiche nei Paesi interessati e nelle loro relazioni con questi.

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­

Sviluppo o rafforzamento della cooperazione economica e commerciale con gli Stati che si adoperano in modo particolare per rispettare e promuovere i diritti dell'uomo (ad es. se uno Stato abbandona la sua politica sistematica di segregazione razziale), nella misura in cui il riconoscimento di questi sforzi equivale a una condizionalità positiva, che favorisce inoltre l'efficacia delle misure di cooperazione economica e commerciale.

­

Partecipazione all'applicazione di sanzioni economiche decise dall'insieme della comunità internazionale (ad es. quando uno Stato sostiene direttamente il terrorismo o pratica la «purificazione etnica»).

­

Rifiuto dell'autorizzazione di esportare materiale bellico13 in caso di violazioni gravi dei diritti dell'uomo (ad es. quando determinate armi sono suscettibili di essere utilizzate a scopo di repressione).

­

Rifiuto della concessione della garanzia contro i rischi delle esportazioni e degli investimenti (GRE/GRI) in caso di violazioni gravi e sistematiche dei diritti dell'uomo (ad es. se i progetti da sostenere finanziano direttamente una dittatura).

2.2.4

Strumenti di cooperazione

La cooperazione della Svizzera allo sviluppo14 persegue anche l'obiettivo di contribuire in modo concreto alla promozione della totalità dei diritti dell'uomo, civili, culturali, economici, politici e sociali. Per questo motivo da un lato essa realizza azioni di sostegno in questo ambito e dall'altro ha cura di evitare eventuali impatti negativi dei suoi programmi sui diritti dell'uomo.

Se si vuole che l'azione della DSC s'iscriva nel contesto di una politica dei diritti dell'uomo credibile ed efficace, è necessario che essa sia coerente con altre misure del Governo. In particolare si devono tenere in considerazione le misure adottate nell'ambito dell'aiuto al rimpatrio (rifugiati/richiedenti l'asilo) o della politica relativa alle migrazioni. Una politica coerente deve inoltre inglobare tutte le misure adottate dalla cooperazione svizzera, comprese quelle che concernono la politica economica e commerciale del Seco (in particolare le misure di promozione degli investimenti e delle esportazioni nei Paesi in sviluppo).

L'integrazione dei diritti dell'uomo, dello Stato di diritto e del Buon governo nei programmi della cooperazione svizzera allo sviluppo costituisce una misura di condizionalità positiva (per quanto concerne le condizionalità negative, cfr. il n. 2.3.2).

13 14

Cfr. art. 22 della legge federale del 13 dicembre 1996 sul materiale bellico (RS 514.51) e art 5 lett. b dell'ordinanza d'applicazione (RS 514.511).

Cfr. linee direttive Nord-Sud del Consiglio federale del 7.3.1994 (cfr. in particolare i n.

15, 21, 22 e 23) e linee direttive del 1998 del DFAE (DSC) in materia di promozione dei diritti dell'uomo e cooperazione allo sviluppo, in particolare capitolo III, numero 10 «Coerenza».

2321

Gli strumenti di cooperazione sono applicati nella cooperazione allo sviluppo15 e nell'aiuto umanitario, nelle operazioni di mantenimento della pace16 e nelle azioni generali in favore dei diritti dell'uomo e del diritto internazionale17. Questi strumenti sono i seguenti: ­

Sostegno di programmi che favoriscono lo sviluppo di una società civile pluralista: ad esempio iniziative di sensibilizzazione delle popolazioni ai diritti umani, difesa degli interessi di gruppi vulnerabili (donne, bambini, minoranze, ecc.), appoggio a ONG locali di difesa dei diritti dell'uomo, azioni di formazione in questo ambito, sostegno per favorire l'emergere di mass media liberi e indipendenti, appoggio a programmi dell'OIL che favoriscono nel mondo del lavoro il dialogo e la cooperazione tra interlocutori sociali indipendenti.

­

Sostegno di programmi che contribuiscono al rafforzamento dello Stato di diritto: ad esempio sostegno di misure finalizzate a migliorare il funzionamento del sistema giuridico e giudiziario e sostegno a organizzazioni che si impegnano per un migliore accesso alla giustizia.

­

Sostegno di programmi d'azione e di progetti che mirano al rispetto del principio del Buon governo: ad esempio riforme amministrative, lotta contro la corruzione.

­

Sostegno di programmi d'azione e di progetti che mirano al rispetto e alla promozione dei diritti dell'uomo: ad esempio contributi a ONG e a fondi delle Nazioni Unite (torture, popoli indigeni, ecc.).

­

Nuovo orientamento, riduzione o interruzione della cooperazione allo sviluppo in caso di violazioni molto gravi e sistematiche dei diritti dell'uomo (ad es. se un Paese di concentrazione del nostro aiuto è teatro di un genocidio).

­

Riduzione o interruzione delle misure di politica economica e commerciale in favore di Paesi in sviluppo (ad es. aiuti alla bilancia dei pagamenti, crediti misti, misure di incoraggiamento degli investimenti e del commercio, misure contro l'indebitamento) in caso di violazioni molto gravi e sistematiche dei diritti dell'uomo.

2.2.5 ­

15

16 17

Altri strumenti Aiuto umanitario e assistenza alle vittime di conflitti armati e di catastrofi naturali. Esso può consistere in interventi diretti o nel sostegno delle azioni

Nel contesto della cooperazione allo sviluppo, dell'aiuto umanitario e dell'appoggio ai Paesi dell'Europa centrale e orientale, la DSC appoggia anche progetti bilaterali e multilaterali destinati a favorire il rispetto dei diritti civili e politici e il processo democratico (ca. 9,6 mio di fr. all'anno).

La DP III appoggia anche azioni per «diritti dell'uomo» nell'ambito di «operazioni di mantenimento della pace» (ca. 2,3 mio di fr. all'anno).

Il credito di ca. 1,55 milioni di franchi all'anno intitolato «azioni in favore dei diritti dell'uomo e del diritto internazionale» gestito dalla DP IV e dalla DDIP serve a sostenere progetti delle ONG e di diversi fondi dell'ONU sui diritti dell'uomo, e a sostenere inoltre azioni nell'ambito del diritto umanitario. Una parte del credito «Dimensione umana/Processo di pace nel Vicino Oriente» (1 mio di fr. all'anno) è dedicato a progetti analoghi in quella regione.

2322

di organizzazioni internazionali e di organizzazioni di aiuto svizzere. Questo aiuto comprende l'impiego di personale in seno al Corpo svizzero di aiuto in caso di catastrofe (ASC), contributi finanziari, consegna di derrate alimentari e di materiale, ed è fornito senza distinzioni di nazionalità, di razza, di religione, di sesso, di appartenenza politica o sociale.

­

Accoglienza sul territorio svizzero18, per motivi umanitari, di rifugiati e di vittime di violenza. In questo contesto conviene inoltre ricordare che, conformemente alle convenzioni e le leggi in vigore19, la Svizzera ha l'obbligo di non espellere, respingere o estradare uno straniero verso uno Stato in cui la sua integrità, libertà o vita rischiano di essere gravemente pregiudicati.

­

Rifiuto dell'assistenza giudiziaria (compresa l'estradizione) verso uno Stato che non rispetta i diritti umani, o assistenza giudiziaria vincolata a determinate condizioni.

2.3

Ambito della messa in atto: coerenza, condizionalità, competenze e cooperazione con interlocutori esterni all'amministrazione federale

2.3.1

Considerazioni generali

Gli strumenti descritti in precedenza, di natura autonoma, bilaterale o multilaterale, positivi quando mirano al rispetto dei diritti dell'uomo o negativi quando hanno l'obiettivo di sanzionarne le violazioni, sono di vario tipo e si completano a vicenda.

Essi possono essere usati parallelamente o in modo graduale. Ogni decisione viene presa sulla base di un'analisi della situazione che permette di identificare gli strumenti più idonei nel caso in questione, ponderando gli interessi svizzeri in gioco (ad esempio considerazioni di politica interna ed esterna, rispetto del diritto internazionale, stato delle relazioni bilaterali, ecc.). L'obiettivo rimane sempre quello della difesa e promozione dei diritti dell'uomo, se necessario nell'ambito di una cooperazione internazionale, tipicamente a livello multilaterale.

A livello internazionale come a livello interno la coerenza e credibilità della nostra politica in favore dei diritti dell'uomo aumenterà se tutte le parti coinvolte condividono i medesimi principi e collaborano in modo da prendere maggiormente in considerazione i criteri dei diritti dell'uomo, della democrazia e dello Stato di diritto nelle decisioni importanti in tutti gli ambiti della politica (politica degli stranieri e politica d'asilo, cooperazione allo sviluppo, politica economica esterna).

2.3.2

Coerenza a livello del Consiglio federale: condizionalità

Per garantire la coerenza della politica estera della Svizzera, il 20 settembre 1999 abbiamo stabilito che le decisioni concernenti l'applicazione del principio della con18 19

Convenzione sullo statuto dei rifugiati; legge federale sull'asilo (RS 142.31), legge federale concernente la dimora e il domicilio degli stranieri (RS 142.20).

Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo (CEDU), Convenzione sullo statuto dei rifugiati, Convenzione contro la tortura, legge federale sull'asilo, legge federale sull'assistenza internazionale in materia penale (RS 351.1).

2323

dizionalità politica nelle relazioni estere saranno prese dal nostro Collegio e non più da un dipartimento federale o da un ufficio federale. L'obiettivo è garantire una maggiore coerenza nella politica estera. Tra i criteri determinanti per un nuovo orientamento o un'interruzione parziale o totale della cooperazione con un Paese (tranne l'aiuto umanitario, che non è toccato dalla condizionalità politica) f igurano: ­

violazioni gravi dei diritti umani,

­

sforzi insufficienti nell'applicazione del principio del Buon governo,

­

l'interruzione del processo di democratizzazione,

­

attacchi considerevoli alla pace e alla sicurezza,

­

la mancanza della volontà di accettare il ritorno dei propri cittadini sul proprio territorio.

Questi criteri sono osservati soprattutto nelle relazioni bilaterali con gli altri Stati, ma anche, nella misura del possibile, a livello multilaterale. Il principio della condizionalità politica non è applicato automaticamente. Gli sforzi della Svizzera per migliorare le condizioni quadro politiche devono vertere in primo luogo sull'adozione di misure positive. Tuttavia, l'interruzione parziale o totale di una cooperazione può rivelarsi indispensabile quando rappresenta l'ultimo rimedio per mantenere la credibilità degli obiettivi della politica estera. I singoli casi sono sempre valutati nell'ottica della situazione particolare in cui essi si situano e della posizione assunta dagli altri Paesi. La coordinazione a livello internazionale riveste una grande importanza in questo contesto, soprattutto per quel che concerne l'imposizione di sanzioni commerciali. Criteri simili si applicano all'avvio di relazioni esterne della Svizzera e alla loro intensificazione.

Posti di fronte a un caso concreto, valutiamo la situazione prendendo in considerazione l'insieme delle relazioni di politica estera che la Svizzera intrattiene con il Paese in questione. Sono numerosi i settori che possono essere oggetto di una misura di applicazione del principio: cooperazione allo sviluppo e promozione della pace o dei diritti dell'uomo, ma anche scienza e cultura (riduzione o interruzione dei contatti), prese di posizione critiche in seno alle organizzazioni multilaterali, coordinazione con sanzioni commerciali dell'ONU o dell'UE, ecc.

2.3.3

Coerenza a livello interdipartimentale: coordinamento

Oltre alle procedure di consultazione a livello degli uffici e dei dipartimenti per tutti gli affari trattati dal Consiglio federale, la coordinazione e la collaborazione interdipartimentale agisce innanzitutto a livello dei membri del governo (ad esempio in occasione di visite ufficiali con la presenza congiunta dei Capi del DFAE e del DFE per affrontare temi di economia e diritti dell'uomo); in secondo luogo a scadenze regolari a livello delle Direzioni (ad esempio presenza della Direzione politica al rapporto settimanale della direzione dell'UFR); infine sia a livello di gruppi di lavoro interdipartimentali ad hoc (ad es. diritti della donna) che negli ambiti internazionali (ad esempio composizione delle nostre delegazioni; redazione dei rapporti destinati agli organi di supervisione dei trattati rilevanti). La coordinazione inter-

2324

dipartimentale20 tra il DFAE e gli uffici competenti degli altri dipartimenti (in particolare il Seco, l'UFG, l'UFR, l'UFDS, l'UFP, l'UFC, l'UFU e il SG del DDPS) è quindi assicurata. Gli uffici coinvolti si assumono la responsabilità principale dei dossier concernenti ambiti di loro specifica competenza21. Il DFAE in quanto responsabile in generale per la politica dei diritti dell'uomo sul piano internazionale applica gli strumenti del suo campo di responsabilità e formula, se necessario, proposte ai servizi coinvolti riguardo all'opportunità dell'impiego di altri strumenti.

A livello concettuale vi è già un lavoro di predisposizione e cooperazione che associa i vari uffici coinvolti, in genere con l'appoggio inoltre di esperti o interlocutori della società civile (in particolare del mondo accademico). In questo ambito sono stati pubblicati, o stanno per essere pubblicati, i seguenti documenti: Rapporto finale del gruppo di lavoro «Flüchtlingsaussenpolitik und Migrationssteuerung» (febbraio 1997); Nuovo modello per la politica delle migrazioni (Rapporto della commissione d'esperti «Migrazione», agosto 1997); Promozione dei diritti dell'uomo nella cooperazione allo sviluppo (1998); Dimensioni umanitarie della politica estera della Svizzera (gennaio 1999).

2.3.4

Coerenza a livello del DFAE: coordinamento, informazione e formazione

In seno al DFAE, la formulazione, l'applicazione e il coordinamento della politica dei diritti dell'uomo incombono alla Direzione politica (Divisione Politica IV, politica dei diritti dell'uomo e politica umanitaria) che opera in stretta collaborazione con la DDIP22 e la DSC23.

Negli ambiti della politica dei diritti umani, il DFAE poggia in primo luogo sulla rete delle rappresentanze svizzere all'estero, sia bilaterali che multilaterali. La Conferenza degli Ambasciatori permette di procedere periodicamente a uno scambio di vedute su questioni di politica dei diritti dell'uomo, con la partecipazione del Seco.

Inoltre, i collaboratori della DSC e, nel corso del loro stage, i diplomatici in formazione sono sensibilizzati e formati sulle questioni inerenti ai diritti della persona (in particolare mediante un corso gestito in seno all'amministrazione federale in collaborazione con l'Università di Berna).

20

21

22

23

Cfr. risposta del Consiglio federale alla Mozione Beerli 94.3549 del 15 dicembre 1994, «Delegato ai diritti dell'uomo» e alla Mozione Berger 94.3552 del 15 dicembre 1994, «Nomina di un Delegato ai diritti dell'uomo».

Così ad esempio l'UFG assicura la rappresentanza della Svizzera di fronte alla Corte europea dei diritti dell'uomo; il Seco la rappresentanza della Svizzera di fronte agli organi di controllo dell'OIL e del Patto sui diritti economici, sociali e culturali.

In collaborazione con la DP IV, la DDIP (riservata la competenza degli altri uffici federali, tra cui l'UFG o il Seco) provvede in genere all'elaborazione e alla ratifica degli strumenti internazionali relativi ai diritti dell'uomo e alla loro applicazione nell'ordine giuridico interno, e coordina l'elaborazione dei rapporti destinati ai comitati di vigilanza delle convenzioni sui diritti umani o partecipa alla loro redazione; tratta inoltre le questioni dei diritti umani nei casi di assistenza giuridica internazionale.

D'intesa con la Direzione politica, la DSC è responsabile degli aspetti di politica dello sviluppo all'interno del modello della politica svizzera dei diritti dell'uomo. Nell'ambito della politica dei diritti dell'uomo definita dal Dipartimento, adotta le misure finalizzate a promuovere questi diritti nei Paesi di concentrazione della cooperazione svizzera con l'Europa centrale e orientale e i Paesi in sviluppo.

2325

Le analisi delle situazioni si basano sui rapporti elaborati regolarmente dalle ambasciate e dagli uffici di coordinazione della DSC e sulle loro segnalazioni di ogni violazione grave dei diritti dell'uomo (cfr. le circolari del Capo del Dipartimento, del marzo 1994, e del Segretario di Stato, del dicembre 1995). A questa fonte diretta di informazione si aggiungono le analisi dell'UFR e le informazioni provenienti dalle istituzioni intergovernative (ONG, Chiese, sindacati, ecc.) e dai mass media.

2.3.5

Cooperazione con il Parlamento, la Giustizia e le autorità cantonali, e con la società civile

Alcuni anni or sono è stato creato in seno all'Assemblea federale un gruppo parlamentare informale dedicato ai diritti dell'uomo. Considerata la crescente importanza dei diritti dell'uomo nella politica svizzera, è auspicabile che le Camere esaminino l'opportunità di munirsi di strutture adeguate in merito, sia a livello di affari interni che della politica estera. In questo contesto, già nel 1997 le Commissioni della politica estera avevano discusso la possibilità di creare al loro interno delle sottocommissioni dei diritti umani.

In occasione di visite di parlamentari, quando viene trattata la questione dei diritti dell'uomo, il DFAE collabora con i Servizi del Parlamento per facilitare gli scambi di vedute in particolare con le Commissioni della politica estera e con il Gruppo parlamentare dei diritti dell'uomo. Nel limite del possibile vengono anche appoggiati contatti di questo tipo con l'Unione inte rparlamentare, che ha sede a Ginevra.

Proprio nell'ambito dei dialoghi sui diritti dell'uomo i parlamentari, i giudici federali e le autorità cantonali (esecutive, legislative, giudiziarie) possono essere associati, a seconda dei temi trattati, al DFAE, sia per quel che concerne i dialoghi in Svizzera con delegazioni di esperti, sia, in alcuni casi, per quel che concerne la composizione di delegazioni di esperti svizzeri. Anche le competenze della società civile (università, ONG) sono tenute in considerazione in questi dialoghi e nel contesto della dimensione umana dell'OSCE.

Sul piano internazionale la società civile svolge in effetti un ruolo importante e spesso complementare a quello del governo. Per questo motivo il Capo del Dipartimento ha istituzionalizzato dal 1995 un dialogo critico e costruttivo con le ONG, che si svolge a Berna due volte all'anno. Il DFAE agisce in collaborazione con le ONG e può, in caso di bisogno, svolgere il ruolo di intermediario tra queste e diversi attori del mondo politico e dell'economia privata (ad esempio il forum «Economia e diritti dell'uomo» organizzato dalla Divisione Politica IV nel settembre 1998).

3

L'azione della Svizzera e i nuovi sviluppi realizzati nella politica internazionale dei diritti dell'uomo sul piano multilaterale

3.1

Generalità

In materia di diritti dell'uomo, l'azione della Svizzera nel corso degli anni '90 è andata di pari passo con i nuovi sviluppi compiuti sul piano multilaterale, realizzati grazie anche alla partecipazione attiva del nostro Paese. La Svizzera ha parimenti aderito a numerosi strumenti o meccanismi, universali o regionali.

2326

I diritti dell'uomo hanno progressivamente assunto una considerevole importanza in quasi tutte le sedi internazionali, ivi comprese le agenzie specializzate dell'ONU, che tendono sempre più a integrare nei loro lavori il contributo delle organizzazioni non governative. Questo implica una maggiore coordinazione, sia a livello nazionale ­ tra i vari servizi governativi interessati ­ sia a livello internazionale, anche con delegazioni di Paesi che condividono i medesimi obiettivi. La crescente importanza dei diritti dell'uomo nei dibattiti multilaterali ha contribuito a rafforzare il ruolo assunto dalla Ginevra internazionale che, oltre a capitale umanitaria, è parimenti divenuta la capitale di tutti i diritti dell'uomo, siano essi civili, culturali, economici, politici o sociali.

3.2

Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE)

A partire dal 1975, ma soprattutto dalla fine dell'antagonismo Est-Ovest, la Svizzera si è fermamente impegnata in favore del rispetto dei diritti dell'uomo nei Paesi partecipanti alla CSCE (oggi OSCE). Ha pertanto lottato affinché nel Documento di Vienna del 1989 fosse incluso un importante capitolo sulla «dimensione umana» dell'OSCE, che prevedesse in particolare un meccanismo di controllo del rispetto degli impegni politici assunti in materia e l'organizzazione di una Conferenza in tre tappe (Parigi, Copenaghen, Mosca) allo scopo di compiere nuovi progressi in questo campo.

Nel 1990, a Copenaghen, su proposta della Svizzera e di altri tre Paesi, è stato possibile adottare un documento di notevole rilievo che pone le basi per un ordine democratico europeo all'insegna della pace, della sicurezza, della giustizia e della cooperazione fondato sul pluralismo democratico, lo Stato di diritto e il rispetto dei diritti dell'uomo, ivi compresi quelli delle minoranze.

Su iniziativa del nostro Paese, nel 1991 si è tenuta a Ginevra una riunione di esperti della CSCE sulla questione dei diritti spettanti a minoranze nazionali, riunione che ha consentito di compiere alcuni progressi in materia, in particolare - su proposta del nostro Paese - il riconoscimento del fatto che la protezione dei diritti delle minoranze è parte integrante dei diritti dell'uomo, come pure l'adozione da parte dei Paesi di misure di cooperazione volte ad agevolare i contatti tra membri di una stessa minoranza stabiliti ai due opposti di una frontiera. Nel 1991, a Mosca, la Svizzera si è nuovamente unita ad altri Paesi nel perorare la causa di un controllo più efficace degli impegni sostanziali sottoscritti a Copenaghen, elaborato sotto forma di un «Meccanismo di Mosca».

Nel 1992, in occasione del Vertice di Helsinki, la Svizzera si è impegnata attivamente in favore dell'istituzione di un Alto Commissario per le minoranze nazionali (ACMN), incaricato di importanti compiti di «early warning and action» in situazioni che implicavano minoranze, un ambito estremamente delicato dal punto di vista politico, essendo una potenziale fonte di conflitti, di portata internazionale o meno.

Il nostro Paese ha agito allo stesso modo a Helsinki e al Vertice di Budapest, nel 1994, nell'intento di potenziare l'Ufficio per le Istituzioni Democratiche
e i Diritti dell'Uomo (ODIHR), l'istituzione principale della dimensione umana dell'OSCE (dal 1997 è diretto da un diplomatico svizzero).

Nel 1995, il cambiamento di denominazione da CSCE a OSCE ha concretizzato lo spostamento sempre più marcato del potere deliberante nella politica dell'orga2327

nizzazione, gradualmente passato dalle Conferenze e Vertici agli organi politici creati negli ultimi anni. Sono quindi la Presidenza dell'OSCE, il Consiglio dei Ministri, il Consiglio Permanente, l'ODIHR e le missioni di lunga durata stabilite in alcuni Paesi che esercitano oggi un influsso determinante su questa politica. In questo contesto, con l'aiuto di altri Stati che ne condividevano gli impegni, la Svizzera è stata in grado, in particolare durante la sua Presidenza dell'OSCE nel 1996, di: ­

integrare in maniera crescente i diritti dell'uomo, compresi quelli delle minoranze, nell'agenda politica dell'OSCE, ad esempio mettendoli all'ordine del giorno del suo Consiglio Permanente, che si riunisce settimanalmente;

­

migliorare ulteriormente l'attuazione degli impegni dell'OSCE nel campo della dimensione umana nel quadro delle sue riunioni annuali di esperti a Varsavia e dei numerosi incontri a Vienna su temi specifici inerenti alla dimensione umana;

­

mettere, a proprie spese, svizzeri a disposizione della dimensione umana dell'OSCE: l'Ombudsman per la Bosnia-Erzegovina, quattro capi di missioni di lunga durata, svariati esperti24 nonché un capo di missione di corta durata;

­

consentire alle ONG interessate di entrare in contatto con tutti i capi di missioni di lunga durata dell'OSCE;

­

mantenere la specificità delle procedure relative alla dimensione umana dell'OSCE e di quelle relative ai diritti dell'uomo del Consiglio d'Europa, assicurandone al contempo la complementarità;

­

tenere nel 1996 a Vienna una riunione sulla questione degli standard umanitari fondamentali ai fini di sensibilizzare i 54 Stati dell'OSCE a questa importante problematica;

­

organizzare nel 1997 un seminario su «le donne nella prevenzione delle situazioni di conflitto», grazie al quale è stato possibile istituire un interlocutore per le questioni relative ai «rapporti sociali tra i sessi» presso il Segretariato generale dell'OSCE a Vienna, creare una carica analoga presso l'ODIHR di Varsavia nonché organizzare a questo riguardo un dibattito sostanziale dell'Assemblea parlamentare dell'OSCE a Copenaghen;

­

accogliere, su richiesta dell'ACMN e dell'ODIHR, una conferenza ad alto livello intitolata «Governance and Participation: Integrating Diversity» (Locarno, 18-20.10.1998) in cui si è discusso sulle forme di integrazione delle minoranze in seno a uno Stato (decentralizzazione, sussidiarietà, forme di autonomia culturale o altro);

­

introdurre nella Carta sulla sicurezza europea adottata al Vertice di Istanbul dell'OSCE (18/19.11.1999) un capitolo dedicato alle minoranze, che pone l'accento soprattutto su diversi concetti di autonomia e di altri approcci atti a preservare e promuovere l'identità etnica, culturale, linguistica e religiosa delle minoranze nazionali all'interno di uno Stato.

In seno all'OSCE, la Svizzera mantiene il suo impegno nel campo della dimensione umana, in particolare mettendo a disposizione personale svizzero qualificato per le

24

Ex Jugoslavia, Macedonia, Moldavia, Georgia, Tagikistan, Ucraina, Sarajevo, Cecenia, Bosnia-Erzegovina, Croazia e Bielorussia.

2328

missioni di lunga durata. Presta inoltre speciale attenzione alla formazione di osservatori dei diritti dell'uomo (cfr. in merito n. 3.4 qui di seguito).

Dal punto di vista istituzionale, la Svizzera si adopera in favore del consolidamento degli strumenti e dei meccanismi di attuazione degli impegni assunti nel quadro della dimensione umana. In questo ambito, si prefigge di potenziare le capacità di «monitoring» dell'ODIHR e di rinsaldare il legame tra le riunioni di attuazione e gli organi decisionali dell'OSCE.

3.3

Consiglio d'Europa

La Svizzera è membro del Consiglio d'Europa dal 1963. L'obiettivo principale di questa istituzione è la protezione e la promozione dei diritti dell'uomo, ambiti nei quali il nostro Paese ha dimostrato un grande impegno.

Ha infatti svolto un ruolo chiave nell'elaborazione della Convenzione europea del 1987 sulla prevenzione della tortura, che si fonda su un'iniziativa privata di origine svizzera. In seguito alle due visite effettuate nel 1991 e nel 1996 dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura (CPT) in luoghi di detenzione in Svizzera, il Consiglio federale ha pubblicato due rapporti del CPT su questo argomento e, successivamente alle raccomandazioni fatte da quest'ultimo, le risposte contenenti le misure preventive adottate in Svizzera per migliorare la protezione delle persone che scontano una pena.

Sempre grazie all'iniziativa presa dalla Svizzera in occasione della prima Conferenza ministeriale europea sui diritti dell'uomo del 1985, il Protocollo d'emendamento n. 11 alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU) è stato adottato ed è entrato in vigore il 1° novembre 1998. Esso istituisce una Corte unica e permanente (il cui primo Presidente è uno svizzero), che dovrebbe consentire di ridurre considerevolmente l'attuale lunghezza della procedura e, di conseguenza, una migliore protezione dei diritti garantiti dalla CEDU.

Il nostro Paese ha parimenti assunto una posizione di rilievo nel corso dei lavori di elaborazione (svolti sotto presidenza svizzera) della Convenzione quadro del 1995 per la protezione delle minoranze nazionali. Entrata in vigore nel 1999 per la Svizzera, è il primo strumento multilaterale giuridicamente vincolante destinato unicamente alla protezione delle minoranze nazionali. In questo stesso contesto, la Svizzera ha permesso l'entrata in vigore della Carta europea delle lingue regionali e minoritarie del 1992 diventandone, nel dicembre 1997, il 7° Stato parte.

In seno al Consiglio d'Europa, la Svizzera continua a operare attivamente negli ambiti seguenti: ­

ampliamento dei diritti già protetti dalla CEDU e dai suoi Protocolli addizionali ai settori della parità dei sessi, della lotta contro il razzismo e l'intolleranza, di una migliore protezione delle persone private della libertà, dei bisogni umani materiali elementari nel quadro del diritto a condizioni minime di esistenza, nonché della protezione della dignità umana in relazione con le applicazioni della biologia e della medicina;

­

esecuzione effettiva del mandato del Commissario per i diritti dell'uomo nominato nel 1999, il cui compito è promuovere il rispetto dei diritti dell'uomo negli Stati membri del Consiglio d'Europa;

2329

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controllo degli obblighi giuridici e impegni politici assunti dagli Stati in materia di diritti umani esercitato nel quadro del «monitoring» istituito dal Comitato dei Ministri e azione di lotta contro il razzismo e l'intolleranza per il tramite dell'ECRI (Commissione europea contro il razzismo e l'intolleranza), il cui membro indipendente eletto da parte della Svizzera è attualmente il vicepresidente;

­

attività della Commissione di Venezia («Democrazia attraverso il diritto»).

3.4

Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU)

In seguito al voto negativo del 16 marzo 1986 sull'adesione della Svizzera all'ONU, il Consiglio federale ha deciso di intensificare le proprie relazioni con le Nazioni Unite attuando una politica di partecipazione effettiva a determinate attività dell'Organizzazione.

Da allora la Svizzera partecipa attivamente alla realizzazione di uno degli obiettivi delle Nazioni Unite, ossia il rispetto universale ed effettivo dei diritti dell'uomo per tutti (art. 1 § 3 e art. 55 Carta ONU). Ha così aderito a quasi tutte le Convenzioni dell'ONU25. Dal 1987, ha partecipato sempre più concretamente ai lavori della Commissione dei diritti dell'uomo, nonché a quelli del Consiglio economico e sociale (ECOSOC) e della 3a Commissione (Affari sociali, umanitari e culturali) dell'Assemblea generale. La Commissione dei diritti dell'uomo è il più importante forum politico al mondo in materia, e si riunisce ogni anno a Ginevra per 6 settimane in marzo/aprile. In queste occasioni la delegazione svizzera prende spesso la parola durante le sedute plenarie per denunciare situazioni gravi di violazione dei diritti dell'uomo nel mondo o per avanzare proposte costruttive; partecipa anche alla negoziazione delle risoluzioni adottate dalla Commissione per tacito consenso o in seguito a votazione (alla quale essa non può partecipare). In nome del nostro Paese, la delegazione svizzera prende parte all'elaborazione di quasi tutte le risoluzioni che istituiscono un meccanismo politico di controllo del rispetto dei diritti dell'uomo, sia a livello di Paesi che di temi. Le risoluzioni concernenti i singoli Paesi si esprimono in merito alle violazioni gravi ivi perpetrate e prevedono la nomina di un Relatore speciale incaricato di dialogare con le autorità, di far loro raccomandazioni e di informare poi la Commissione. Le risoluzioni concernenti le categorie di violazioni gravi dei diritti della persona26 incaricano esperti internazionali di fare rapporto su tali violazioni nel mondo e di formulare al riguardo raccomandazioni rivolte agli Stati.

La partecipazione attiva del nostro Paese ai lavori della Commissione l'ha indotta, questi ultimi anni, a conferire mandati di relatore speciale a quattro personalità svizzere (Romania 1990; Kuwait occupato 1992; territori occupati da Israele 1993-94; Ruanda dal 1997).

Nel 1992, la Svizzera e il Costa Rica sono riusciti, dopo anni di sforzi, a ottenere dalla Commissione l'istituzione di un Gruppo di lavoro incaricato di elaborare un 25 26

Diritti civili e politici, diritti economici, sociali e culturali, tortura, discriminazione razziale, discriminazione delle donne, diritti del fanciullo.

Tortura, sparizioni forzate, esecuzioni sommarie, detenzione arbitraria, indipendenza della magistratura, libertà di opinione e di espressione, sfruttamento dei bambini, violenza contro le donne, ecc.

2330

protocollo facoltativo alla Convenzione contro la tortura sulla base di un progetto di meccanismo preventivo di visita dei luoghi di detenzione allestito da una ONG svizzera, che intendiamo portare a termine nel 2000. La Svizzera partecipa, in seno ad altri Gruppi di lavoro, all'elaborazione di norme in materia di diritti della persona che riguardano i diritti del fanciullo (fanciulli nei conflitti armati, vendita di fanciulli) e i diritti dei popoli autoctoni. Parimenti, il nostro Paese è uno dei più attivi nel Gruppo di lavoro sulle minoranze, incaricato di far applicare la Dichiarazione del 1991 sui diritti delle persone appartenenti a minoranze.

La Svizzera ha anche partecipato alla Conferenza mondiale sui diritti dell'uomo riunita nel giugno 1993 a Vienna, grazie alla quale è stato possibile adottare una Dichiarazione e un Programma d'azione valido per i prossimi 25 anni, un testo importante di consenso a livello mondiale su aspetti fondamentali della questione dei diritti dell'uomo. Inoltre, in seguito all'iniziativa presa dalla Conferenza mondiale di Vienna ­ anche questa volta con l'appoggio della Svizzera ­ l'Assemblea generale ha istituito, alla fine del 1993, la carica di Alto Commissario per i diritti dell'uomo dell'ONU. Nel giugno 1998, la Svizzera ha donato alle Nazioni Unite il Palazzo Wilson, a Ginevra: un imponente edificio storico, rinnovato per 75 milioni di franchi e destinato ad accogliere l'Alto Commissariato per i diritti dell'uomo. Nel quadro della riforma globale dell'ONU, il nostro Paese sostiene l'impegno profuso dal Segretario generale affinché i diritti dell'uomo diventino un criterio guida nei vari ambiti politici (ad es. sviluppo, pace, affari sociali) e siano sistematicamente presi in considerazione in tutti i settori di attività. Pertanto, data l'importanza del rispetto dei diritti della persona per lo sviluppo sostenibile, la Svizzera si adopera da svariati anni per integrare questo elemento nella cooperazione allo sviluppo, sostenendo inoltre le misure che l'ONU adotta in tal senso.

La Svizzera fornisce il proprio appoggio all'Alto Commissariato per i diritti dell'uomo, le cui risorse finanziarie e umane sono insufficienti anche su questo piano (circa 1 milione di franchi nel corso degli ultimi anni). Il nostro Paese contribuisce così regolarmente ai diversi
fondi dell'ONU per i diritti dell'uomo27. Mette ugualmente a disposizione esperti svizzeri per missioni in loco, come in ex Jugoslavia e in Colombia, e fornisce aiuti finanziari, ad esempio per inviare osservatori dei diritti dell'uomo in Ruanda e in Burundi. In questo contesto, la Svizzera sta costituendo, a proprie spese, un corpo di osservatori svizzeri dei diritti dell'uomo formati a Ginevra - assieme a partecipanti stranieri - e disponibili quanto prima per missioni di osservazione inviate in loco dall'ONU, l'OSCE o altre organizzazioni internazionali. È quanto è già avvenuto nel caso dell'Albania e del Kosovo.

Infine, la Svizzera sostiene i tribunali istituiti dall'ONU per giudicare i criminali di guerra del Ruanda e dell'ex Jugoslavia mediante contributi finanziari e mettendo a disposizione esperti. Ha partecipato attivamente ai lavori volti a creare una Corte penale internazionale, il cui statuto è stato adottato nel luglio 1998 a Roma. Il nostro Paese si è parimenti impegnato sul fronte della proibizione delle mine antiuomo, poiché il loro impiego mette in causa il diritto alla vita e all'integrità corporale.

Nonostante il suo status di osservatore, la Svizzera continuerà a mantenere il suo impegno in seno all'ONU al fine di fornire un contributo quanto più positivo possibile agli sforzi che l'Organizzazione compie per i diritti umani sul piano mondiale.

Questo atteggiamento rafforza la nostra posizione in seno alle Nazioni Unite e, di 27

Riabilitazione di vittime della tortura, popoli autoctoni, forme di schiavitù odierne, sostegno tecnico e servizio di consulenza nell'ambito dei diritti umani e delle minoranze.

2331

riflesso, quella dei Paesi che lottano per gli stessi valori. Se la Svizzera entrasse a far parte delle Nazioni Unite, potrebbe diventare membro della Commissione dei diritti dell'uomo e disporre così della piattaforma istituzionale adeguata per ottimizzare la sua azione in favore dei diritti dell'uomo a livello globale.

3.5

Altre organizzazioni intergovernative

Nell'ambito dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) sono state finora negoziate 182 convenzioni che riguardano, da un lato, questioni tecniche inerenti alla protezione dei lavoratori e, dall'altro, l'introduzione di norme minime. La Conferenza internazionale del lavoro del 1998 ha parimenti adottato una Dichiarazione sui diritti e principi fondamentali del lavoro nonché un meccanismo di controllo.

Tale Dichiarazione si basa sulle cosiddette otto convenzioni fondamentali dell'OIL28; è valevole per i 174 Stati membri, che siano parte o meno a queste otto convenzioni; invita le altre organizzazioni internazionali a rispettarla al pari dell'OIL e incoraggia a intensificare la cooperazione allo sviluppo nell'ambito degli importanti diritti che tutela.

La Svizzera, che attualmente presiede il Consiglio di amministrazione dell'OIL, si impegna in favore della dimensione sociale della globalizzazione. Le cosiddette convenzioni fondamentali sono state ratificate dalla Svizzera; la più recente (C 182: contro le peggiori forme di lavoro minorile), adottata nel giugno 1999, è in discussione in Parlamento. Inoltre la Svizzera partecipa attivamente alla riforma della politica normativa dell'OIL (ivi compresi marchi, o labels, e codici di condotta, meccanismi di controllo più efficaci e legame tra analisi economica ed elaborazione delle norme). Grazie alla cooperazione tecnica è possibile integrare la politica dei diritti dell'uomo e lo sviluppo socioeconomico di un dato Paese. Di conseguenza, la Svizzera finanzia progetti volti a promuovere meccanismi di conciliazione in materia di conflitti di lavoro (ad es. in Sudafrica, finanziati dal DFAE, DP III). In circostanze economiche sfavorevoli, tali progetti hanno contribuito in modo determinante a risolvere conflitti a livello individuale e collettivo; dimostrano pertanto che il componimento pacifico delle controversie e il partenariato sociale sostengono direttamente lo Stato di diritto, la giustizia sociale, la crescita economica ­ e quindi i posti di lavoro ­ e, indirettamente, la democrazia e la protezione dei diritti dell'uomo.

Inoltre, la Svizzera partecipa finanziariamente al Programma internazionale per l'abolizione del lavoro minorile (IPEC). Infine, l'unico strumento giuridico universale destinato alla protezione dei diritti dei popoli
autoctoni (più di 300 milioni di persone) è la Convenzione 169, i cui obiettivi generali sono stati approvati dal nostro Collegio29 e i cui principi sono integrati nelle linee direttive della DSC.

L'opportunità di ratificare tale Convenzione in quanto segnale politico in favore di questi popoli è attualmente in esame30.

28 29

30

Divieto del lavoro forzato (C 29 e 105); lavoro minorile (C 138 e 182); discriminazione (C 100 e 111); libertà sindacale e diritto alla contrattazione collettiva (C 87 e 98).

Cfr. Rapporto e messaggio sulle convenzioni e le raccomandazioni adottate nel 1989 e 1990 dalla Conferenza internazionale del lavoro in occasione della 76a e 77a sessione nonché su tre convenzioni adottate dalla Conferenza nel corso delle precedenti sessioni (3 giugno 1991), n. 2, in part. 221.

Cfr. Risposta del CF alla mozione Gysin 99.3433 del 2.9.1999.

2332

In seno all'UNESCO, la Svizzera si adopera affinché l'azione di questa organizzazione nel campo dei diritti dell'uomo rientri nell'ambito delle proprie competenze specifiche: l'insegnamento dei diritti dell'uomo e la loro diffusione, la libertà di opinione e di espressione, il diritto all'educazione e alla cultura, nonché gli sviluppi scientifici e tecnologici legati ai diritti dell'uomo. In quanto membro del Consiglio esecutivo dell'UNESCO, la Svizzera partecipa attivamente ai lavori di un comitato (il «CRE») che esamina denunce di violazioni dei diritti dell'uomo inerenti a settori di competenza dell'organizzazione, nel quadro di una procedura confidenziale e non giudiziaria in cui possono esprimersi gli Stati incriminati.

L'Agence de la Francophonie (ACCT) ha fissato tra i suoi obiettivi per il periodo 1995-2005 il consolidamento delle istituzioni dello Stato di diritto e della democrazia, la promozione dei diritti dell'uomo e l'appoggio al processo democratico e alla pace. La Svizzera partecipa attivamente all'elaborazione e alla realizzazione dei rispettivi programmi, incentrati in particolare sulla giustizia. Essa contribuisce inoltre ad azioni concrete (ad esempio diffusione nei Paesi del Sud della Revue universelle des droits de l'homme). Gli scopi che questi progetti si prefiggono di raggiungere sono gli stessi di quelli sostenuti nel quadro dei nostri dibattiti sui diritti dell'uomo con i Paesi francofoni Marocco e Vietnam.

4

Conclusione

L'azione del nostro Paese in favore della salvaguardia e della promozione dei diritti della persona, sia sul piano nazionale che internazionale, è strettamente connessa al sistema di valori sul quale poggia il nostro Stato, che pone la dignità umana al centro delle proprie preoccupazioni (cfr. art. 7 della nuova Costituzione federale).

L'elenco dei diritti e libertà fondamentali che figura nella nuova Costituzione federale dimostra chiaramente la necessità di un fondamento interno della nostra politica estera in materia di diritti dell'uomo.

Negli ultimi anni, l'impegno della Svizzera in favore dei diritti dell'uomo, della democrazia e dello Stato di diritto si è intensificato sul piano bilaterale e su quello multilaterale; è altresì diventato una costante della nostra politica estera e, al contempo, uno dei suoi obiettivi prioritari. L'operato della Svizzera si fonda sulla convinzione che uno Stato nel quale i cittadini sono liberi e hanno pari diritti, nel quale regna la giustizia e in cui il reddito e la ricchezza sono ripartiti equamente tra i diversi gruppi e classi sociali, è, generalmente, un Paese stabile, in pace con sé stesso e, di conseguenza, con i suoi vicini. Se invece i diritti civili e politici non sono rispettati e lo sviluppo economico e sociale non è realizzato, è la stabilità interna del Paese nonché la sicurezza di tutta una regione, un continente o, addirittura, del mondo intero, a essere minacciata. Ed è anche per questo motivo che la Svizzera intende potenziare la propria politica in favore dei diritti dell'uomo sul piano internazionale.

Il presente rapporto mostra a grandi linee come il Consiglio federale mette in atto la politica estera della Svizzera in favore dei diritti dell'uomo. Negli anni a venire, la collaborazione tra le parti interessate proseguirà su tutti i piani, sia a livello del nostro Collegio sia dei vari Dipartimenti, dei loro uffici e servizi competenti in materia, dal punto di vista concettuale come pure per quanto riguarda l'esecuzione pratica.

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Una politica coerente e credibile in favore dei diritti dell'uomo deve considerare questi ultimi globalmente, in quanto costituiscono un'entità inscindibile. In quest'ottica, la promozione delle relazioni economiche e la cooperazione allo sviluppo rientrano negli obiettivi della politica svizzera dei diritti dell'uomo. Su questi tre fronti, e sotto tutti gli aspetti della politica estera della Svizzera, il nostro Collegio persegue la coerenza e cerca così di evitare sistematicamente contraddizioni e conflitti di obiettivi o d'interessi. Infatti, «la politica estera deve basarsi sulla consapevolezza della necessità di compromessi, di un'opportuna valutazione dei rapporti di forza e del rispetto del diritto internazionale.» 31 2005

31

Cfr. rapporto del 29 novembre 1993 sulla politica estera della Svizzera negli anni Novanta, n. 2 (FF 1994 I 138).

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