Allegato

Valutazione della collaborazione interdipartimentale in politica estera Rapporto del Controllo parlamentare dell'amministrazione a destinazione della Commissione della gestione del Consiglio nazionale del 19 giugno 2013

2014-1320

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L'essenziale in breve Non passa giorno senza che la politica estera elvetica susciti l'interesse dei media: si pensi ad esempio alla partecipazione della Svizzera a una conferenza internazionale, ai negoziati con l'Unione europea, alla firma di un trattato con un altro Paese o a un viaggio all'estero di un consigliere federale. Non è raro che a questo proposito siano riferite difficoltà o disaccordi e si abbia l'impressione che la Svizzera fatichi a difendere i propri interessi. È inoltre chiaro che spesso i negoziati non sono condotti dal Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) ma da altri dipartimenti. Il DFAE deve però comunque fare in modo, d'intesa con gli altri dipartimenti, che gli interessi della Svizzera siano ben rappresentati e la politica estera sia coerente. I diversi servizi federali interessati sono quindi chiamati a coordinarsi e a collaborare tra di loro.

Le Commissioni della gestione delle Camere federali (CdG) si erano già occupate del coordinamento della politica estera svizzera all'inizio degli anni Novanta del secolo scorso, giungendo alla conclusione che l'internazionalizzazione della politica aveva reso non solo più difficile ma anche più urgente questo compito. Da allora la Svizzera è stata messa a dura prova nel campo della politica estera ­ si pensi alla vertenza fiscale o al contenzioso con la Germania concernente l'aeroporto di Zurigo. Le CdG hanno pertanto incaricato il Controllo parlamentare dell'amministrazione (CPA) di effettuare un'analisi sul tema della collaborazione interdipartimentale in politica estera. Il CPA ha quindi svolto un'indagine su ampia scala presso le persone coinvolte in questa collaborazione in diversi servizi della Confederazione e a diversi livelli gerarchici.

I risultati in breve Stando alle persone intervistate, la collaborazione interdipartimentale in politica estera funziona in linea di massima bene, fatta eccezione per diversi piccoli conflitti e determinati settori politici in cui sembrano esserci problemi più gravi. I dipartimenti hanno la volontà di collaborare e di conseguenza le posizioni o le soluzioni adottate sono consensuali, pertinenti e durevoli.

Tuttavia è anche emerso che le condizioni quadro della collaborazione non sono molto chiare e mancano principi o direttive su cui basarsi in caso di conflitti o problemi e
che siano adeguati anche per limitare l'influenza delle singole persone.

A preoccupare maggiormente il CPA è soprattutto la mancanza di una sufficiente visione d'assieme nell'ambito della politica estera nonché l'inadeguatezza di determinate procedure di collaborazione alla complessità crescente dei dossier.

Visione d'assieme insufficiente Ciò che manca alla politica estera svizzera è una visione d'assieme generale che permetta almeno di definire gli interessi principali e, all'occorrenza, fissare un ordine di priorità. Da questa situazione possono nascere incoerenze e posizioni contrastanti; ma esiste soprattutto il rischio che correlazioni fra singoli dossier

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rimangano celate e, di riflesso, anche la possibilità di far valere meglio importanti interessi per il tramite di concessioni incrociate.

Attualmente i dipartimenti interessati dal profilo tecnico beneficiano di una grande autonomia nel perseguimento degli interessi specifici al loro settore. In effetti, nei dossier di politica estera il DFAE non viene consultato sistematicamente e tempestivamente nonostante sia incaricato, secondo la sua ordinanza sull'organizzazione, di tutelare gli interessi della Svizzera e di assicurare il coordinamento tra i servizi coinvolti. Questo modus operandi costituirebbe però una premessa per ottenere una migliore visione d'assieme. Su questa base il DFAE potrebbe identificare tematiche e interessi di rilievo, attirare l'attenzione dei servizi dell'amministrazione interessati su possibili connessioni con altri dossier e assisterli nell'elaborazione di soluzioni e posizioni o nelle negoziazioni. In questo modo, al momento della decisione, gli interessi dei diversi servizi della Confederazione sarebbero conosciuti e nei casi importanti sarebbero ponderati in modo da rendere possibile, se del caso, eventuali concessioni incrociate tra le varie parti in gioco. Non spetta tuttavia al DFAE effettuare questa ponderazione o decidere in merito ai contenuti tecnici.

Dato che le competenze e le direttive in materia di collaborazione nell'ambito della politica estera non sono sufficientemente chiare, attualmente questa cooperazione non funziona sempre. Nel contesto dei rapporti con l'Unione europea, esiste però un approccio che consente agli interlocutori non solo di avere una buona visione d'assieme ma anche di armonizzare gli interessi in gioco. Questo particolare approccio potrebbe essere traslato anche ai rapporti con altri Paesi od organizzazioni particolarmente importanti per la Svizzera.

Lentezza della procedura di collaborazione Di norma la collaborazione tra i vari dipartimenti federali funziona in modo soddisfacente permettendo di giungere di regola a posizioni ampiamente condivise e adeguate. Tuttavia, capita che la ricerca di una soluzione richieda parecchio tempo e che la migliore delle posizioni si riveli inutile se giunge troppo tardi e se nel frattempo, a causa delle pressioni di tempo o dovute al problema, vengono adottate altre soluzioni.

Questa lentezza è
dovuta ai numerosi meccanismi di consultazione che caratterizzano il sistema politico elvetico. Se per diversi dossier certi meccanismi si dimostrano opportuni in quanto consentono di raggiungere come detto soluzioni consensuali e adeguate, secondo numerose persone consultate, in determinate situazioni, essi sono troppo complessi e lenti per poter essere applicati alla collaborazione interdipartimentale nell'ambito della politica estera. Anche il CPA è di questo avviso e ritiene che la flessibilità e la reattività della Svizzera debbano essere migliorate. In questa prospettiva, andrà verificato se a determinate condizioni è possibile impiegare procedure di coordinamento più adatte.

Nel quadro delle riflessioni sulla lentezza delle procedure, è stata pure affrontata la questione legata al tempo necessario per coinvolgere anche Cantoni e Parlamento.

Gli interpellati ritengono che andrebbe considerato anche questo aspetto relativo alla ricerca di soluzioni volte a velocizzare la reazione della Svizzera a determinati sviluppi in ambito di politica estera.

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Indice L'essenziale in breve

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Introduzione 1.1 Motivazione e problematica della valutazione 1.2 Modo di procedere 1.3 Struttura del rapporto

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Basi della collaborazione interdipartimentale in politica estera 2.1 Politica estera 2.2 Attori e competenze in politica estera 2.3 Strumenti della collaborazione

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3

Risultati 3.1 Collaborazione in generale funzionante 3.1.1 Valutazione delle persone interpellate 3.1.2 Valutazione del CPA 3.2 Il sistema politico quale importante condizione quadro 3.2.1 Valutazione delle persone interpellate 3.2.2 Valutazione del CPA 3.3 Mancanza di una visione d'assieme 3.3.1 Valutazione delle persone interpellate 3.3.2 Valutazione del CPA 3.4 Regolamentazione poco chiara delle competenze 3.4.1 Valutazione delle persone interpellate 3.4.1.1 Risoluzione dei conflitti in casi specifici 3.4.1.2 Difficoltà nella ripartizione dei ruoli e dei compiti fra dipartimenti specializzati e DFAE 3.4.1.3 Difficoltà nella ripartizione dei ruoli e dei compiti nell'ambito della politica internazionale in materia ambientale e climatica 3.4.1.4 Competenze dipartimentali poco chiare 3.4.2 Valutazione del CPA 3.5 Diversi strumenti utili della collaborazione 3.5.1 Valutazione delle persone interpellate 3.5.2 Valutazione del CPA 3.6 Dipendenza della collaborazione dalle persone 3.6.1 Valutazione delle persone interpellate 3.6.2 Valutazione del CPA

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Conclusioni

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Indice delle abbreviazioni

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Bibliografia e indice dei documenti

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Elenco delle persone intervistate

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Sigla editoriale

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Rapporto Il presente rapporto illustra i principali risultati della valutazione. Per maggiori informazioni e dettagli di natura metodologica si rimanda all'allegato del rapporto.1

1

Introduzione

1.1

Motivazione e problematica della valutazione

Motivazione Non passa giorno senza che la politica estera elvetica susciti l'interesse dei media: dalla partecipazione della Svizzera a una conferenza internazionale, ai negoziati con l'Unione europea, passando per la firma di un trattato con un altro Paese o un viaggio all'estero di un consigliere federale. Non è raro che a questo proposito siano riferite difficoltà o disaccordi: si pensi ad esempio agli ostacoli sulla strada dei negoziati con l'Unione europea, alla vertenza fiscale con gli USA o alla controversia con la Germania concernente l'inquinamento fonico causato dal traffico aereo.

Questi esempi portano alla luce le (crescenti) difficoltà che incontra la Svizzera quando si trova a dover difendere i propri interessi sulla scena internazionale. Da un esame attento dei casi summenzionati emerge che spesso i negoziati non sono condotti dal Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) ma da altri dipartimenti. In questi casi non è peraltro raro che i giornalisti denuncino uno scarso coordinamento e una collaborazione carente tra i diversi servizi della Confederazione, segnatamente nel quadro del dossier fiscale o del contenzioso sull'inquinamento fonico causato dal traffico aereo.2 La discussione sul coordinamento (insufficiente) nella politica estera svizzera è quindi tutt'altro che una novità. Le Commissioni della gestione delle Camere federali (CdG) si erano in effetti già occupate di questo tema all'inizio degli anni Novanta del secolo scorso, giungendo alla conclusione che l'internazionalizzazione della politica aveva reso non solo più difficile ma anche più urgente questo compito di coordinamento.3 Nel 2002, nel rapporto sull'organizzazione della rete esterna del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE), la CdG-N aveva rilevato la necessità di migliorare la collaborazione tra i dipartimenti allo scopo di garantire una politica estera coerente.4 Consapevole che la mancanza di coordinamento e coerenza nell'ambito della politica estera risulta problematica, lo stesso Consiglio federale si era occupato nel 2005 di tale tema dedicandogli una seduta speciale. In quell'occasione aveva discusso e 1

2 3 4

Allegato al rapporto del Controllo parlamentare dell'amministrazione a destinazione della Commissione della gestione del Consiglio nazionale del 19 giugno 2013, disponibile nella traduzione italiana all'indirizzo www.parlamento.ch > Organi e loro membri > Commissioni > Controllo parlamentare dell'amministrazione CPA > Pubblicazioni.

Cfr. p. es. Tagesanzeiger.ch del 2.2.2012 «Schwieriges Teamwork im US-Steuerstreit», SonntagsZeitung dell'8.4.2012 «Eklat könnte Ende bedeuten».

CdG, 1993, Rapporto delle Commissioni della gestione alle Camere federali del 6 aprile 1993 concernente le ispezioni e le richieste nel 1992 (FF 1993 II 270).

CdG-N, 2002, Rapporto della Commissione della gestione del Consiglio nazionale del 22 agosto 2002 sulla politica del personale di carriera e sull'organizzazione del servizio esterno presso il Dipartimento federale degli affari esteri (FF 2003 2600).

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fissato le competenze in materia, giungendo alla conclusione che spettava al DFAE preparare la strategia di politica estera e al Consiglio federale avallarla. Parallelamente aveva definito tre strumenti che avrebbero dovuto promuovere il coordinamento e la coerenza nell'ambito della politica estera.5 Nel 2012, dopo sette anni di forti pressioni sul piano della politica estera (si pensi tra l'altro alla crisi finanziaria, al contenzioso fiscale e ai negoziati con l'UE), le CdG hanno deciso di dedicarsi nuovamente alla questione verificando, da un lato, come si era evoluta la situazione e, dall'altro, quali erano le modalità di collaborazione interdipartimentale in questo ambito. All'inizio del 2012 le CdG hanno quindi incaricato il Controllo parlamentare dell'amministrazione (CPA) di effettuare questa analisi.

Problematica della valutazione Dall'indagine preliminare svolta dal CPA sulla bozza del progetto e dalle successive discussioni in seno alla competente sottocommissione DFAE/DDPS della CdG-N sono emerse numerose zone d'ombra nella collaborazione interdipartimentale in politica estera. Si potevano supporre sia problemi di ordine generale sia difficoltà concrete in determinati settori politici. In seguito la sottocommissione ha chiesto al CPA di svolgere un'analisi d'insieme e, per così dire, di tastare il terreno nei diversi servizi della Confederazione, tralasciando volutamente di occuparsi della collaborazione in determinati ambiti specifici.

L'analisi del CPA doveva incentrarsi sulle questioni seguenti6: ­

secondo le parti coinvolte, quali sono i principali punti di forza e debolezza relativi alla collaborazione interdipartimentale nel settore della politica estera?

­

Secondo le parti coinvolte, quali sono le principali opportunità e i maggiori rischi relativi alla collaborazione interdipartimentale nel settore della politica estera?

­

In generale, come va valutata la collaborazione interdipartimentale nel settore della politica estera?

1.2

Modo di procedere

Approccio esplorativo Per svolgere un'analisi d'insieme come deciso dalla sottocommissione era necessario adottare un approccio esplorativo. Mentre gli studi precedenti erano prevalentemente incentrati su singoli casi o affrontavano il tema del coordinamento in un'ottica relativamente teorica-astratta, questo nuovo approccio permette una migliore visione d'assieme del tema, molto ampio, della collaborazione interdiparti5 6

NZZ del 18.11.2005: «Trotz vielen Akteuren mit einer Stimme».

Le principali domande definite inizialmente si ispiravano alla logica di un'analisi SWOT (acronimo inglese di Strengths [punti di forza], Weaknesses [debolezze], Opportunities [opportunità] e Threats [rischi]). In altri termini le domande poste agli interpellati vertevano sui punti di forza e di debolezza della collaborazione interdipartimentale (fattori influenzabili), nonché sulle opportunità e sui rischi esterni. Tuttavia, durante i colloqui queste distinzioni si sono rivelate troppo teoriche e sono state pertanto accantonate definitivamente.

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mentale nell'ambito della politica estera. Esso consente inoltre di identificare le maggiori sfide e i principali problemi da affrontare. In un secondo momento, nulla impedirà alle CdG di esaminare, all'occorrenza, più approfonditamente eventuali problemi concreti o questioni emersi dall'analisi.

In generale lo scopo della valutazione non era quello di rilevare una serie di fatti o di ricostruire minuziosamente processi di collaborazione in ambiti o dossier specifici per poi analizzarli approfonditamente, ma piuttosto quello di raccogliere i pareri e le esperienze delle persone direttamente implicate nella collaborazione interdipartimentale in politica estera, per poter poi disporre di una visione d'assieme della problematica. Diversamente dal solito, il CPA ha quindi fondato la propria analisi quasi esclusivamente sulle interviste condotte con i collaboratori dell'amministrazione, astenendosi dall'effettuare una qualsiasi altra analisi sistematica di dati o documenti.

Le persone interpellate sono state invitate a illustrare le loro esperienze in materia di collaborazione interdipartimentale su dossier di politica estera, a fornire un parere sulla qualità di questa collaborazione e a motivare quanto sostenuto. Anche se il metodo scelto non permette di verificare in modo esatto queste testimonianze, né di estrapolare una precisa descrizione di determinati processi e incarti di politica estera, fornisce comunque un buon quadro dei principali problemi e delle principali sfide percepiti dalle persone direttamente coinvolte.

Scelta degli interpellati e svolgimento delle interviste Per i motivi summenzionati, era indispensabile selezionare in modo sistematico i servizi amministrativi e le persone da intervistare e, soprattutto, identificare persone con una vasta esperienza nella collaborazione interdipartimentale nell'ambito della politica estera. Questo background avrebbe consentito loro di distinguere tra regola ed eccezione evitando di basare le loro testimonianze su singoli casi specifici. Queste persone dovevano inoltre essere entrate in contatto con un'ampia gamma di tematiche e dossier relativi alla politica estera.

Per la selezione il CPA ha proceduto in due fasi: innanzitutto ha identificato, tramite un sondaggio organizzato nei dipartimenti, i servizi della Confederazione spesso chiamati
a trattare dossier di politica estera. In un secondo momento, una volta determinati questi servizi, ha selezionato le persone che intendeva intervistare, ovvero, in primo luogo, i responsabili di dossier importanti di politica estera.7 Per accertarsi che si trattava di persone che non si limitavano a conoscere un incarto specifico ma che vantavano una visione più ampia del problema, il CPA ha talvolta discusso di questa scelta con il servizio federale interessato o con la persona stessa.

Le 34 interviste8 ai collaboratori dei servizi federali si sono svolte tra la fine di ottobre e la metà di dicembre 2012 e sono state condotte sulla base di un questionario predefinito (cfr. allegato al rapporto). Nel gennaio 2013 hanno fatto seguito altri due colloqui in cui sono stati tra l'altro discussi i primi risultati emersi. In totale, 16 7

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Anche se i dossier e i loro contenuti non erano oggetto delle discussioni, le persone intervistate sono stati invitate, nella misura del possibile, a illustrare le loro esperienze a e a motivare le loro conclusioni tramite esempi concreti.

Il questionario utilizzato per i colloqui è stato testato in due occasioni durante la fase iniziale dello studio; anche queste due testimonianze sono state, nella misura del possibile, analizzate. Su richiesta del servizio federale selezionato, a una delle 32 interviste hanno partecipato due persone.

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di queste interviste sono state condotte e messe a verbale dal dottor Nico van der Heiden, del Centro per la democrazia dell'Università di Zurigo, su incarico del CPA.

Il riassunto e l'analisi dei risultati sono invece opera del CPA.

1.3

Struttura del rapporto

Nel capitolo seguente è presentato l'oggetto della valutazione. Sono illustrate le basi della collaborazione interdipartimentale, ad esempio i suoi obiettivi (n. 2.1), gli attori e le competenze (n. 2.2) e gli strumenti della collaborazione (n. (n. 2.3). Nel terzo capitolo sono presentati in ordine tematico i principali risultati della valutazione. Nei singoli sottocapitoli (n. 3.1­3.6) è sempre riportato innanzitutto il punto di vista delle persone interpellate, seguito dalla valutazione del CPA. Il quarto capitolo, che chiude il rapporto, presenta le conclusioni.

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Basi della collaborazione interdipartimentale in politica estera

2.1

Politica estera

L'obiettivo preminente della politica estera è quello di tutelare gli interessi di un Paese. L'articolo 54 della Costituzione (Cost.)9 sancisce gli interessi fondamentali della Svizzera ed esige che, nel tutelare questi interessi, vengano promossi anche determinati valori: «La Confederazione si adopera per salvaguardare l'indipendenza e il benessere del Paese; contribuisce in particolare ad aiutare le popolazioni nel bisogno e a lottare contro la povertà nel mondo, contribuisce a far rispettare i diritti umani e a promuovere la democrazia, ad assicurare la convivenza pacifica dei popoli nonché a salvaguardare le basi naturali della vita.» Nell'attuazione della politica estera, la Svizzera deve inoltre rispettare, indipendentemente dal contesto, i principi seguenti: Stato di diritto, universalità, neutralità, solidarietà e responsabilità.10 La politica estera di un Paese è uno dei campi politici più complessi in assoluto, poiché verte fondamentalmente su tutte le attività aventi una dimensione transfrontaliera. Come constatato dallo stesso Consiglio federale nel 1993, essa non si presta a una delimitazione tematica rispetto ad altri ambiti della politica, dato che ogni «politica» ­ economica, ambientale, di sicurezza o sanitaria per non citarne che alcune ­ presenta un aspetto di politica estera.11 Con la globalizzazione crescente in atto dagli anni Novanta del secolo scorso, sempre più aspetti «tradizionalmente di politica

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Costituzione federale della Confederazione Svizzera del 18 aprile 1999, RS 101.

Rapporto del Consiglio federale del marzo 2012 sulla politica estera 2012­2015 (pubblicato in francese e tedesco: Conseil fédéral suisse, 2012c, Stratégie de politique étrangère 2012­2015, Rapport du 12 mars 2012 sur les axes stratégiques de la politique étrangère pour la législature).

Consiglio federale svizzero, 1993, Rapporto del Consiglio federale del 29 novembre 1993 sulla politica estera della Svizzera negli anni Novanta, FF 1994 I 130.

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interna» sono assurti a temi di politica estera (Hirschi et al. 1999).12 Questa vastità tematica e il fatto che sia praticamente impossibile delimitare chiaramente la politica estera rispetto ad altri campi politici specifici fanno sì che sovente nell'Amministrazione federale diversi servizi federali si occupino dello stesso tema di politica estera, vale a dire di regola (almeno) un servizio federale competente dal profilo tecnico, nonché un servizio nel Dipartimento degli affari esteri. È quindi chiaro che il coordinamento della politica estera costituisce una grande sfida per Governo e Amministrazione (Vatter e al. 2005, 37).13 Il coordinamento e la collaborazione tra più servizi della Confederazione nel quadro di uno stesso dossier di politica estera deve servire a garantire una politica estera coerente in quanto scopo supremo. Anche se può essere considerato un obiettivo non realistico, la collaborazione tra i diversi servizi federali è indispensabile nei grandi dossier o quando si tratta di trovare una soluzione a importanti problemi: è infatti il solo mezzo a disposizione per ponderare gli interessi in gioco e quindi difendere i principali interessi della Svizzera. Secondo il Consiglio federale, solo con una politica coerente possono essere ottenuti i migliori risultati (Consiglio federale 2012, 6).14 La coerenza è un concetto complesso che comporta diverse sfaccettature. Come precisano Vatter et al. (2005) nel loro studio sulla coerenza della politica svizzera in Sudafrica, la coerenza di una politica può di principio essere analizzata dal punto di vista degli «output» o piuttosto da quello degli «input». La valutazione degli output ­ ovvero dei contenuti concreti di una politica ­ è scientificamente complesso e poco sensato.15 L'approccio più opportuno, applicabile nel caso concreto, consiste nel valutare gli input ­ ovvero il processo di formulazione di una determinata politica.

Affrontando il problema da questa angolatura si parte dal presupposto che la probabilità di ottenere un risultato coerente dipende dal modo in cui le strutture e i processi di una politica sono gestiti al momento della sua formulazione. In altri termini, la probabilità di ottenere una politica coerente è più o meno elevata a seconda di come i servizi federali coinvolti collaborano.16

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Hirschi, Christian, Uwe Serdült und Thomas Widmer, 1999, Schweizerische Aussenpolitik im Wandel: Internationalisierung, Globalisierung und Multilateralisierung, Swiss Political Science Review 5(1): pp. 31­56.

Vatter, Adrian, Christian Rüefli, Daniel Schwarz und Michael Rheinegger, 2005, «Kohärenz in der schweizerischen Aussenpolitik: Verwaltungskoordination am Beispiel der schweizerischen Südafrikapolitik». Zurigo/Coira: Edizioni Rüegger Consiglio federale svizzero, 2012a, Rapporto del 18 gennaio 2012 sulla politica estera 2011, FF 2012 2549.

Per maggiori dettagli cfr. Vatter et. al 2005, pp. 47­49.

Questo approccio è sostenuto anche nel rapporto delle CdG del 1993 sulla pianificazione e sul coordinamento della politica estera, nel quale la coerenza è stata definita come «armonizzazione dei comportamenti e delle strategie per il raggiungimento di scopi comuni» (CdG 1993, 286).

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2.2

Attori e competenze in politica estera

Competenze generali in materia di politica estera La Costituzione federale conferisce la competenza in materia di politica estera alla Confederazione: «Gli affari esteri competono alla Confederazione» (art. 54 Cost.).17 Quale suprema autorità direttiva ed esecutiva della Confederazione (art. 174 Cost., art. 1 LOGA18), al Consiglio federale spetta definire gli obiettivi e i mezzi della sua politica governativa, nonché pianificare e coordinare le attività dello Stato; questo vale anche per gli obiettivi e le attività di politica estera. In questo contesto due principi fondamentali del sistema politico elvetico ­ il principio di collegialità e il principio della concordanza ­ svolgono un ruolo fondamentale: ­

principio di collegialità: il Consiglio federale svizzero, cui spetta in ultima analisi la competenza in ambito di politica estera, è un'autorità collegiale.

Ognuno dei suoi membri dirige un dipartimento, ma in seno al collegio godono di pari diritti, devono prendere decisioni di concerto che poi dovranno difendere a una voce. Si tratta di una differenza rispetto a numerosi altri Paesi dove i capi di Governo, e in parte anche i ministri degli esteri, hanno competenze decisionali supreme specifiche. All'estero la Svizzera è rappresentata dal presidente della Confederazione, che cambia di anno in anno, o dal capo del Dipartimento degli affari esteri. Entrambi però non sono che dei «primi inter pares» e non dispongono quindi di competenze decisionali specifiche;

­

principio di concordanza: la Svizzera è una democrazia consociativa; essa cerca di coinvolgere il maggior numero possibile di attori nel processo politico e di giungere a una decisione mediante consenso. Di conseguenza, in Governo sono rappresentati tutti i principali partiti politici. I consiglieri federali sono tenuti a osservare (entro certi limiti) le idee e i valori politici dei loro rispettivi partiti, anche in ambito di politica estera, e devono cercare di veicolarli anche nel loro dipartimento e nel Consiglio federale.

Per definire e attuare la politica estera il Consiglio federale può contare sul sostegno del DFAE. In virtù della sua ordinanza sull'organizzazione (OOrg-DFAE)19 il DFAE tutela gli interessi di politica estera della Svizzera nell'ambito del mandato costituzionale; in collaborazione con gli altri dipartimenti, assicura inoltre una politica estera coerente e sviluppa le relazioni bilaterali e multilaterali della Svizzera (art. 1 OOrg-DFAE). L'OOrg-DFAE conferisce inoltre a determinati servizi compiti di coordinamento specifici: ­

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la Segreteria di Stato sviluppa strategie e concetti di politica estera e coordina le attività di politica estera all'interno del DFAE e fra i dipartimenti (art. 6 cpv. 3 OOrg-DFAE);

Il Parlamento e i Cantoni hanno diritti di partecipazione in ambito di politica estera (art. 55 e 166 Cost.). Il loro ruolo e la loro influenza non sono però analizzati nel quadro della presente valutazione, e non lo sono nemmeno quelli dei gruppi di interesse e degli attori privati.

Legge del 21 marzo 1997 sull'organizzazione del Governo e dell'Amministrazione (LOGA), RS 172.010.

Ordinanza del 20 aprile 2011 sull'organizzazione del Dipartimento federale degli affari esteri (OOrg-DFAE), RS 172.211.1.

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la Direzione politica (DP) garantisce, in collaborazione con altri dipartimenti, la coerenza della posizione svizzera nei confronti delle organizzazioni e degli organismi internazionali e assicura, sempre in collaborazione con gli altri dipartimenti, il coordinamento in materia di politica estera nei settori della politica delle migrazioni, della politica economica, della politica della piazza finanziaria, nonché della politica ambientale, sanitaria e scientifica (art. 7 cpv. 2 lett. c e d OOrg-DFAE);

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le rappresentanze svizzere all'estero tutelano gli interessi della Svizzera negli Stati ospiti e assicurano all'estero la coerenza della politica estera elvetica (art. 12 cpv. 1 OOrg-DFAE);

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la Direzione degli affari europei (ex Ufficio dell'integrazione) è il centro di competenza per le questioni inerenti all'integrazione europea (art. 9a OOrg-DFAE).

Competenze in ambiti specifici Diversi settori tematici di politica estera non sono principalmente di competenza del DFAE, ma di altri servizi della Confederazione. Ad esempio la Segreteria di Stato dell'economia (SECO) è responsabile della politica economica estera e ­ con la Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC) ­ della politica di sviluppo e della cooperazione con i Paesi dell'Est (art. 5 cpv. 1 Org-DEFR20), mentre la Segreteria di Stato per le questioni finanziarie internazionali (SFI), creata nel 2010 in seno al Dipartimento federale delle finanze (DFF), difende gli interessi della Svizzera per quanto riguarda le questioni finanziarie, fiscali e monetarie internazionali (art. 7 cpv. 1 lett. a Org-DFF21).

A prescindere dalle disposizioni concernenti temi specifici, nelle basi legali federali non figurano norme generali che disciplinano le competenze e la ripartizione dei ruoli e dei compiti tra il DFAE e gli altri dipartimenti.

La legislazione federale prevede invece una serie di articoli che disciplinano la collaborazione interdipartimentale in generale, nonché il coordinamento dei compiti in presenza di dossier di politica estera:

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nel definire gli obiettivi e i mezzi della sua politica governativa e nel pianificare e coordinare le attività dello Stato, il Consiglio federale è assistito dal cancelliere della Confederazione (art. 1 cpv. 3 LOGA). Conformemente all'articolo 33 LOGA quest'ultimo cura il coordinamento tra i dipartimenti;

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le segreterie generali dei dipartimenti vigilano affinché i programmi e le attività dei loro dipartimenti siano coordinati con quelli degli altri dipartimenti e del Consiglio federale (art. 42 cpv. 3 LOGA);

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la Conferenza dei segretari generali dirige, sotto la presidenza della Cancelleria federale, i lavori di coordinamento in seno all'Amministrazione federale; può anche assumere compiti di coordinamento e trattare affari interdipartimentali (art. 53 cpv. 1­3 LOGA);

Ordinanza del 14 giugno 1999 sull'organizzazione del Dipartimento federale dell'economia, della formazione e della ricerca (Org-DEFR), RS 172.216.1.

Ordinanza del 17 febbraio 2010 sull'organizzazione del Dipartimento federale delle finanze (Org-DFF), RS 172.215.1.

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infine, in virtù dell'articolo 14 OLOGA22, tutti i servizi amministrativi sono tenuti a collaborare e a coordinare le loro attività.

Oltre ai servizi federali e agli attori della Confederazione menzionati, numerose altre unità amministrative sono implicate nella collaborazione interdipartimentale in materia di politica estera. Come spiegato in precedenza, questa specificità è dovuta al fatto che praticamente tutte le questioni politiche hanno anche una dimensione internazionale. I dipartimenti o gli uffici competenti sul piano tecnico, sono quindi coinvolti, se non addirittura responsabili dei dossier o dei temi. Con il passare del tempo, diversi servizi federali della Confederazione hanno istituito proprie unità amministrative specializzate nelle questioni internazionali e di politica estera. Si sono dotati di tali unità, composte da oltre dieci collaboratori, tra gli altri: l'Ufficio federale delle assicurazioni sociali (UFAS), l'Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP), l'Ufficio federale dell'agricoltura (UFAG), l'Ufficio federale della formazione professionale e della tecnologia (UFFT; dall'1.1.2013: Segreteria di Stato per l'educazione e la ricerca, SER), l'Ufficio federale dell'ambiente (UFAM) o l'Ufficio federale dell'aviazione civile (UFAC).23 Queste unità amministrative coordinano le attività di politica estera del loro ufficio e si occupano di norma anche dei contatti con simili unità in altri dipartimenti o servizi, nonché con i servizi competenti del DFAE.

Qualche anno fa anche lo stesso DFAE ha creato in seno alla propria Direzione politica una divisione denominata «Politiche estere settoriali», incaricata di assicurare un coordinamento efficace tra il DFAE e gli altri dipartimenti interessati, nonché di garantire la coerenza delle posizioni della Svizzera in ambiti politici specifici.

Questo servizio deve inoltre assistere il Consiglio federale nella definizione degli obiettivi specifici in materia di politica estera.

2.3

Strumenti della collaborazione

Sulla carta esistono numerosi strumenti pensati per facilitare e garantire la collaborazione interdipartimentale e il coordinamento delle attività nell'ambito della politica estera. Al termine della sua seduta speciale del 2005, dedicata alla politica estera, il Consiglio federale ha definito tre strumenti che dovrebbero essere applicati:

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la pianificazione annuale in materia di politica estera;

­

le strategie di politica estera, specifiche a determinati Paesi e regioni;

Ordinanza del 25 novembre 1998 sull'organizzazione del Governo e dell'Amministrazione (OLOGA), RS 172.010.1.

Dati secondo l'Annuario federale online Admin-Directory (stato al 14.06.2012). UFAS: Ambito Affari internazionali (23 collaboratori); UFSP: divisione Affari internazionali (16 collaboratori); UFAG: settori Politica commerciale internazionale (9 collaboratori) e Agricoltura sostenibile internazionale (6 collaboratori); UFFT: Relazioni internazionali (18 collaboratori); UFAM: divisione Affari internazionali (15 collaboratori); UFAC: sezione Diritto e affari internazionali (11 collaboratori).

4730

­

convenzioni di obiettivi di politica estera per alcuni temi, comuni a più dipartimenti; nel frattempo, alcune di queste convenzioni sono state sostituite da strategie settoriali24.

Nel 2012, nel suo parere sulla mozione «Coordinamento delle attività di politica estera del Consiglio federale»25, il Consiglio federale ha menzionato tre ulteriori strumenti di coordinamento: ­

la Delegazione della politica estera (composta dai capi del DFAE, DEFR e DFGP);

­

la «Cellule diplomatique» in seno al DFAE che coadiuva il presidente della Confederazione in tutte le questioni diplomatiche e di politica estera;

­

un elenco dei contatti internazionali dei consiglieri federali e dei segretari di Stato (partecipazione a incontri bilaterali, grandi eventi e conferenze internazionali), regolarmente aggiornato dalla Cancelleria federale.

Il CPA ha inoltre individuato ulteriori strumenti che potrebbero essere impiegati per coordinare la politica estera svizzera: ­

il programma di legislatura;

­

la strategia di politica estera (una prima versione è stata pubblicata per il periodo 2012­2015);

­

il rapporto annuale di politica estera;

­

i gruppi di lavoro interdipartimentali (GLi) o organismi simili che si occupano di temi di politica estera (p. es. gruppo di lavoro interdipartimentale Migrazione, Energia);

­

piattaforme o sistemi informatici specifici destinati a facilitare gli scambi e il coordinamento (p. es. nel contesto dell'ONU).

Alcuni di questi strumenti sono destinati piuttosto alla gestione strategica della politica estera (in particolare il programma, la strategia e il rapporto di politica estera); altri riguardano invece il coordinamento e la cooperazione a livello operativo (come l'elenco dei contatti internazionali o le soluzioni informatiche). Alcuni strumenti possono coprire entrambi gli aspetti (strategie specifiche ai Paesi, convenzioni degli obiettivi e strategie settoriali, Delegazione della politica estera, Cellule diplomatique). Per una panoramica di questi strumenti si rimanda all'allegato (tabella 4).

24

25

P. es. Politica estera svizzera in materia di sanità (DFAE/DFI, 2012); pubblicato in francese e tedesco: Stratégie énergétique de la Suisse: «Rapport sur la politique énergétique extérieure de la Suisse: environnement, défis et stratégie» (Consiglio federale svizzero, 2008).

Consiglio federale svizzero, 2012b, Rapporto del 2 marzo 2012 Mozioni e postulati dei consigli legislativi 2011. Estratto: capitolo I (parere del Consiglio federale sulla mozione 06.3539: Coordinamento delle attività di politica estera del Consiglio federale), FF 2012 3302.

4731

3

Risultati

I principali risultati della valutazione sono presentati in ordine tematico nei capitoli che seguono. Dapprima è presentata una sintesi delle risposte fornite dalle persone interrogate a cui fa seguito la valutazione del CPA.

Dalla valutazione è emerso in sostanza che la collaborazione interdipartimentale in politica estera funziona (n. 3.1). Le persone intervistate non hanno tuttavia mancato di rilevare taluni problemi, menzionando spesso casi concreti o dossier specifici.

Una critica frequente riguarda la collaborazione, talvolta lenta e dispendiosa. Molti interpellati riconducono il problema al particolare carattere del nostro sistema politico (n. 3.2). Altre critiche ricorrenti riguardano la mancanza di una visione d'assieme nella politica estera svizzera (n. 3.3) e i conflitti di competenze che oppongono in particolare il DFAE e gli altri dipartimenti (n. 3.4). Ulteriori problemi risiedono nello svolgimento della collaborazione e nei relativi strumenti impiegati (n. 3.5), nonché nel fatto che la collaborazione dipende da determinate persone (n. 3.6).

3.1

Collaborazione in generale funzionante

3.1.1

Valutazione delle persone interpellate

Per buona parte degli interpellati la collaborazione interdipartimentale funziona, in generale, in modo soddisfacente. A loro avviso i risultati raggiunti sono buoni: essi si concretizzano infatti nell'adozione di soluzioni e di posizioni adeguate e ampiamente condivise, oltre che durature. Per questa ragione, oltre che per il carattere relativamente coeso della politica estera svizzera nel suo complesso, il nostro Paese continua a godere di una buona reputazione all'estero.

Quasi tutte le persone interpellate hanno convenuto che, nel complesso, la collaborazione in politica estera funziona bene. A loro avviso ciò è da ricondurre anche a una chiara volontà in tal senso presente in quasi tutti i servizi federali, che trova riscontro anche nella pratica. I servizi federali sono ormai consapevoli che la collaborazione si traduce nell'adozione di soluzioni adeguate e coerenti, oltre che pragmatiche e in linea con gli interessi della Svizzera. Soprattutto le persone con un'esperienza pluriennale hanno constatato al proposito un cambiamento di mentalità, che è da considerarsi un importante passo avanti.

Molte delle persone intervistate ritengono che i miglioramenti registrati nella collaborazione siano da imputare anche all'introduzione di nuovi strumenti, quali la strategia di politica estera, le nuove strategie settoriali o l'elenco, aggiornato dalla Cancelleria federale, dei contatti internazionali dei consiglieri federali e dei segretari di Stato. Questi strumenti sono particolarmente utili, in quanto permettono ai servizi federali di farsi un'idea degli obiettivi, delle priorità e delle attività di politica estera e, all'occorrenza, di attirare l'attenzione di altri servizi sui legami fra dossier o su eventuali problemi di coerenza. Una trattazione più approfondita di questi strumenti si trova nel numero 3.5.

Numerosi intervistati ritengono che la collaborazione, oltre che pragmatica e gradevole, produca anche buoni risultati che si concretizzano di regola nell'adozione di soluzioni o di posizioni adeguate, ampiamente condivise e durature. In diversi settori della politica le posizioni non sono solo durature (ossia coerenti nel tempo), ma 4732

anche fondamentalmente armonizzate fra loro (coerenza a livello dei contenuti). Per alcuni degli interpellati, in particolare persone che operano ai livelli gerarchici più elevati e che dispongono di un'ampia rete di contatti all'estero, questa situazione spiega la buona reputazione di cui continuano a godere la Svizzera e la sua politica estera sulla scena internazionale, dove si apprezza anche la nostra affidabilità e il nostro pragmatismo. Rispetto ad altri Paesi, la Svizzera riesce ad armonizzare meglio le sue posizioni e le sue attività di politica estera, almeno per quanto riguarda gli aspetti essenziali. Alcuni collaboratori del DFAE, ma anche di altri dipartimenti, ritengono che il merito sia da attribuire allo stesso DFAE.

3.1.2

Valutazione del CPA

Dai colloqui è emerso in modo chiaro che i servizi federali hanno la volontà di collaborare e che sono consapevoli dei vantaggi che ne derivano. Per agevolare la collaborazione si auspica pertanto l'adozione di strumenti che aiutino i servizi federali a orientarsi e a dotarsi di una migliore visione d'assieme (cfr. n 3.5).

Il CPA ha rilevato che al momento non vi sono gravi problemi a livello di collaborazione; in casi specifici e in determinati ambiti tematici essa può tuttavia risultare molto difficile. Le condizioni e le cause che determinano questi casi problematici sono state individuate in modo chiaro, così come i settori passibili di miglioramento.

Queste condizioni e questi problemi sono trattati nei numeri 3.2­3.6.

3.2

Il sistema politico quale importante condizione quadro

3.2.1

Valutazione delle persone interpellate

Gli interpellati sono concordi nel ritenere che il sistema politico svizzero, con i suoi principi di concordanza e di collegialità, è causa di un forte dipartimentalismo. A loro avviso, i singoli membri del Consiglio federale tendono ad occuparsi dei temi che li riguardano, astenendosi dall'ingerire nei dossier degli altri dipartimenti. In politica estera non è però sempre possibile agire in questo modo, in quanto i temi e gli affari trattati riguardano molto spesso più dipartimenti, i quali si vedono pertanto obbligati a collaborare fra loro. Le soluzioni che ne scaturiscono sono quindi ampiamente concertate, ma il processo che porta alla loro adozione può risultare, a detta degli interrogati, molto lento e complesso.

Molte persone intervistate, e in particolare coloro che svolgono funzioni direttive, hanno posto in risalto le particolarità del sistema politico svizzero e l'influsso che esso esercita sulla collaborazione interdipartimentale. In particolare è stato rilevato il forte dipartimentalismo, ritenuto una logica conseguenza dei principi di collegialità e concordanza (cfr. n. 2.2). Per gli interpellati il «dipartimentalismo» si traduce nell'atteggiamento dei singoli membri del Consiglio federale di occuparsi anzitutto dei dossier di loro competenza e di evitare di ingerire troppo nei dossier degli altri

4733

dipartimenti, partendo dal presupposto che anche gli altri colleghi di Governo si comportino allo stesso modo.26 Limiti del dipartimentalismo nei temi di politica estera Gli interpellati ritengono che in politica estera sia difficile, per non dire impossibile, attenersi al principio di «non ingerenza» illustrato qui sopra: in questo settore, infatti, i temi e gli affari trattati riguardano quasi sempre più dipartimenti ­ il più delle volte il DFAE e il dipartimento competente dal profilo tecnico ­ ragion per cui la collaborazione risulta inevitabile. La necessità di elaborare una soluzione comune e ampiamente condivisa è tanto maggiore quanto più importanti sono gli interessi (economici) in gioco per la Svizzera. Ciò si verifica sovente in politica estera. In questo settore i membri del Consiglio federale sono tenuti a concordare una soluzione comune anche se le posizioni di fondo sono, come è spesso il caso, divergenti.

Per molti interpellati, questa «costrizione» alla collaborazione in politica estera rappresenta un atout per la Svizzera, in quanto essa è in genere all'origine di posizioni e di soluzioni consensuali e pragmatiche.

Quasi tutti i partecipanti alla valutazione hanno tuttavia fatto presente che c'è anche il rovescio della medaglia: la collaborazione interdipartimentale è infatti spesso estremamente difficile e può richiedere del tempo prima di raggiungere una soluzione ampiamente condivisa o di definire quale posizione la Svizzera debba assumere in importanti questioni di politica estera. È stato comunque rilevato che anche la consultazione di organismi esterni all'amministrazione, in particolare i Cantoni, e i lavori parlamentari contribuiscono a rallentare le procedure. Per molti interpellati questa lentezza è un grave inconveniente. Nel contesto internazionale, e segnatamente in occasione di crisi o di negoziati multilaterali, la necessità di pervenire a soluzioni ampiamente condivise e il tempo richiesto in tal senso impediscono alla Svizzera di reagire agli sviluppi imprevisti con la rapidità e la flessibilità necessarie.

Influsso dei capi di dipartimento Per molti interpellati l'accentuato dipartimentalismo si manifesta anche nell'influsso che i singoli capi di dipartimento esercitano sulla collaborazione interdipartimentale.

È vero che le decisioni riguardanti importanti
affari di politica estera sono prese collegialmente dal Consiglio federale, ma è anche vero che i relativi dossier sono preparati dai dipartimenti, i quali sono successivamente tenuti ad attuare le decisioni adottate. Nella preparazione dei dossier, l'amministrazione difende lealmente la posizione (politica) assunta dal proprio capo di dipartimento nei confronti degli altri servizi federali. Per quanto riguarda l'attuazione di una decisione presa dal Collegio governativo che non corrisponde alla posizione del consigliere federale responsabile del relativo dossier, gli interpellati ritengono che anche in questo caso il consigliere federale disponga di una certa libertà d'azione, vale a dire può dare maggior peso a quegli elementi che più corrispondono alle sue preferenze (politiche). In ragione del principio di collegialità, il Consiglio federale può far ben poco per opporvisi.

26

Secondo uno degli interpellati, la tentazione per un consigliere federale di cedere al dipartimentalismo e di «fare da sé» è particolarmente forte nei temi di politica estera, che sono sempre molto mediatizzati. A suo avviso, i media svizzeri dedicano ai singoli membri del Consiglio federale una particolare attenzione che loro, anche per ragioni partitiche, non disdegnano. La politica estera rappresenta in tal senso una tribuna ideale: un viaggio all'estero o l'incontro con un capo di Stato o di Governo attirano infatti maggiori attenzioni mediatiche di un incontro con un consigliere di Stato cantonale.

4734

Secondo gli interpellati, il sistema permette a un capo di dipartimento di incidere sulla collaborazione non solo attraverso le sue posizioni politiche, ma anche con la sua personalità o il suo «stile», segnatamente col suo modo di comportarsi verso gli altri capi di dipartimento. Si ritiene in particolare che l'atteggiamento assunto dal direttore del DFAE nei confronti dei suoi colleghi abbia una grande influenza sul funzionamento della collaborazione in politica estera. A tale proposito diversi partecipanti alla consultazione, impiegati presso il DFAE o in altri dipartimenti, ritengono che il cambiamento intervenuto nel 2012 alla testa del DFAE abbia avuto evidenti ripercussioni a livello di collaborazione.27

3.2.2

Valutazione del CPA

Il sistema politico svizzero basato sui principi di concordanza e collegialità tende a rafforzare il dipartimentalismo e la posizione dei singoli membri del Consiglio federale. Questi sono indotti infatti a occuparsi prioritariamente degli argomenti e degli affari dei dipartimenti che dirigono, sforzandosi di tenere il più possibile distinti gli ambiti di loro pertinenza. Negli affari di politica estera queste distinzioni sono tuttavia più difficili da operare che non nei dossier di politica interna. Negli affari di politica estera, infatti, sono quasi sempre coinvolti in modo diretto più dipartimenti, i quali si vedono obbligati a collaborare fra loro. Le soluzioni che ne scaturiscono risultano quindi ampiamente concertate, anche se il processo che porta alla loro adozione può risultare assai lento e dispendioso.

Tanto gli interpellati quanto il CPA sono consapevoli che il sistema politico svizzero debba essere considerato come una condizione quadro predeterminata. Teoricamente, l'alternativa al sistema di concordanza sarebbe un sistema concorrenziale in cui il partito di maggioranza detta le linee della politica estera, oppure un sistema presidenziale in cui le decisioni finali sono prese da un presidente o da un primo ministro.

Questi sistemi non garantirebbero comunque una miglior collaborazione in politica estera, né una sua migliore coerenza (senza contare che le soluzioni adottate sarebbero spesso meno consensuali e meno pragmatiche).

In politica estera il dipartimentalismo è meno praticabile che nella politica interna; sui dossier da negoziare con l'estero i dipartimenti sono tenuti pertanto a intensificare la loro collaborazione. Essa è necessaria e si concretizza nell'adozione di soluzioni ampiamente condivise, anche se il relativo processo può risultare lento e dispendioso. È pertanto lecito chiedersi se questa lentezza non costituisca un problema in politica estera e se le procedure di collaborazione seguite nel trattamento dei relativi dossier siano ancora adeguate. Questi aspetti sono ripresi nei numeri 3.5 e 4.

27

Le reazioni al cambiamento sono state assai ambivalenti: se da un lato si ritiene che il nuovo corso possa agevolare la collaborazione, dall'altro si è dell'avviso che il DFAE non debba dare prova di eccessiva discrezione, dato che il Dipartimento ha, in definitiva, la responsabilità di condurre una politica estera coerente ed è pertanto tenuto a intervenire anche con misure che magari non sono sempre gradite dagli altri dipartimenti.

4735

3.3

Mancanza di una visione d'assieme

3.3.1

Valutazione delle persone interpellate

Molti interpellati ritengono che la politica estera svizzera manchi non solo di un concetto globale, ma anche di un organismo che possieda una visione d'assieme e che svolga una funzione trainante in questo settore. La mancanza di una visione complessiva produce gravi conseguenze: dato che i diversi interessi settoriali non possono essere correlati fra loro, né ponderati gli uni rispetto agli altri, la Svizzera perde la possibilità di individuare eventuali concessioni incrociate, il che può renderla incapace di difendere importanti interessi.

Nel corso delle interviste numerose persone hanno dichiarato che la Svizzera non ha una sola politica estera, ma molte: a loro avviso esse recano il marchio dei singoli dipartimenti e non dispongono né di un quadro né di un attore comuni. Questo stato di cose è un'ulteriore conseguenza dell'accentuato dipartimentalismo di cui si è parlato in precedenza: le priorità e gli interessi degli altri dipartimenti, così come quelli del Paese nel suo complesso, non sono mai ben definiti, tanto che risulta difficile individuare le connessioni e i conflitti d'intenti. Per molti interpellati sarebbe compito del Consiglio federale in quanto istituzione definire in modo chiaro il quadro di riferimento, ma nemmeno quest'ultimo dispone ­ a loro avviso ­ di una visione d'assieme adeguata. Alcuni si aspettano che sia il DFAE ad assumersi la responsabilità di definire in modo più chiaro le priorità e gli interessi della politica estera e, all'occorrenza, di provvedere affinché il Consiglio federale in corpore chiarisca la situazione o proceda a una ponderazione degli interessi in gioco.

Pochi interpellati ritengono che la Svizzera disponga, in politica estera, di un concetto globale e di linee direttrici. Nell'affermarlo essi hanno fatto riferimento alla Costituzione federale, ai rapporti sulla politica estera e soprattutto alla nuova strategia di politica estera, nella quale sarebbero definite alcune linee direttrici.

In molte interviste gli interpellati non hanno però saputo definire le nozioni di «concetto globale» o di «visione d'assieme», né è stato possibile chiarire che cosa intendessero per «linee direttrici più chiare» o per «maggiore conduzione». Per la maggior parte di loro è comunque evidente che la politica estera svizzera lamenta, a questo livello, lacune e
debolezze. A loro avviso, se i dipartimenti, nell'ambito della politica estera, potessero seguire una loro propria via ­ senza cioè doversi conformare a una strategia globale né riferirsi a un organismo comune incaricato di dotarsi di una visione d'assieme e di assumere una funzione direttiva ­ essi si limiterebbero a perseguire i loro obiettivi e interessi, anche se questi non corrispondessero sempre all'interesse generale del Paese. Questa situazione, soprattutto nel contesto dei negoziati internazionali, impedirebbe alla Svizzera di fare concessioni nell'intento di ottenerne altre a suo vantaggio. Alcuni interpellati hanno rilevato che ci sono Paesi che ­ ben conoscendo l'autonomia d'azione dei diversi servizi federali e gli interessi divergenti da essi perseguiti ­ non esitano a sfruttare questa situazione, per esempio nel settore della migrazione.

Per alcune persone intervistate, la mancanza di una visione d'assieme è una delle ragioni che impediscono alla Svizzera di prevedere con buon anticipo gli sviluppi internazionali e i problemi di politica estera. Dato che ogni dipartimento si concentra sui propri dossier e sui propri interessi, è difficile ad esempio rilevare le contraddizioni insite nelle posizioni assunte, oppure non ci si accorge delle (piccole) controversie che la Svizzera ha con un altro Paese in settori diversi, l'accumulo delle quali 4736

può però gravare sul complesso delle relazioni con quel Paese e sfociare nell'esercizio di forti pressioni.

Durante i colloqui alcuni interpellati hanno illustrato il modo in cui si potrebbe pervenire a una visione d'assieme delle sfide in politica estera, o perlomeno dotarsi di una prospettiva più allargata. Una delle possibilità evocate consiste nell'allestimento di convenzioni degli obiettivi comuni a più dipartimenti; l'utilità di queste convenzioni, denominate anche strategie settoriali, è tuttavia controversa (cfr.

n. 3.5). Un'altra possibilità è data nell'ambito della politica europea grazie alla Direzione degli affari europei (DAE, ex Ufficio dell'integrazione), un organismo che determina linee direttrici e che possiede soprattutto una visione d'assieme. Le persone favorevoli a questa opzione fanno osservare che la DAE, oltre ad essere investita di un mandato di coordinamento chiaramente definito, è coinvolta nella trattazione di tutti i dossier riguardanti le relazioni fra la Svizzera e l'UE, ciò che le dà modo di esigere e di incentivare la collaborazione fra i diversi servizi federali interessati e, in fin dei conti, di difendere in modo più efficace gli interessi della Svizzera. Convinti della sua efficacia, alcuni interpellati chiedono che questo modello possa venire ripreso in altri importanti settori della politica estera. A loro avviso, sarebbe auspicabile che vi fosse un organismo dotato di una visione d'assieme su tutti gli affari di politica estera con un altro Paese o con un'altra organizzazione, in modo che, di concerto con i servizi federali interessati, si pervenga a determinare e a ponderare i diversi interessi in gioco. La maggior parte delle persone intervistate ritiene che spetti al Consiglio federale decidere quali dossier o interessi debbano essere anteposti agli altri in ordine alla loro importanza e che tale decisione debba essere preparata con cura.

Alcuni interpellati, contraddicendo l'opinione della maggioranza, considerano che la mancanza di una visione d'assieme non sia una problema, ma costituisca anzi un vantaggio in termini di flessibilità e pragmatismo. A loro dire, la Svizzera, con le sue «politiche estere», ha conseguito finora buoni risultati anche senza disporre di un concetto globale o di una gestione centralizzata. Diversi intervistati diffidano per principio dei concetti o delle direttive imposte dall'alto, ritenendo che un tale agire sia da ricondurre a ragioni più politiche che non di sostanza.

3.3.2

Valutazione del CPA

La maggior parte degli interpellati auspica una migliore visione d'assieme, l'adozione di un concetto globale e di linee direttrici più chiare, nonché una gestione più incisiva in politica estera: questi elementi agevolerebbero, a loro avviso, anche la collaborazione interdipartimentale. Non sono tuttavia stati in grado di chiarire ciò che intendono per visione d'assieme o per gestione più incisiva, né hanno saputo spiegare in che modo sia possibile realizzare questi obiettivi. Per la CPA questa indeterminatezza indica quanto sia difficile, in seno all'Amministrazione federale, conseguire una posizione unanime su quelli che devono essere gli obiettivi della politica estera svizzera e le modalità di collaborazione. A detta degli interpellati, i vari strumenti messi a disposizione ­ rapporti sulla politica estera, la strategia di politica estera o altri documenti (cfr. n. 3.4) ­ si rivelano poco utili in tal senso in quanto non offrono una visione d'assieme esauriente né linee direttrici sufficientemente chiare.

4737

Dai colloqui è inoltre emerso che il problema, in definitiva, non è costituito dall'esistenza di diverse politiche estere, ma dal fatto che i singoli servizi della Confederazione non sono talvolta a conoscenza delle politiche estere e degli interessi perseguiti dagli altri servizi. Così facendo, i conflitti d'intenti rimangono latenti e risulta impossibile procedere a una ponderazione reciproca dei diversi interessi dipartimentali o settoriali. Può quindi succedere che le posizioni adottate dalla Svizzera, o dai vari servizi federali, nei confronti di un Paese straniero o di un'organizzazione internazionale risultino contraddittorie, se non addirittura fra loro inconciliabili.

Ancor più grave è però il rischio che la Svizzera, mancando di una visione d'assieme, non riesca a sfruttare le interrelazioni esistenti fra dossier o problemi diversi, impedendole di difendere al meglio gli interessi che più le stanno a cuore. In talune circostanze si può infatti immaginare che facendo delle concessioni in un settore, la Svizzera ne otterrebbe di più vantaggiose in un altro per lei più importante. Questa prassi negoziale viene condotta in modo sistematico nel quadro della politica europea, mentre in altri settori della politica ognuno cerca ancora di «curare il proprio orticello».

3.4

Regolamentazione poco chiara delle competenze

3.4.1

Valutazione delle persone interpellate

I conflitti di competenze e la ripartizione dei ruoli e dei compiti nell'ambito della collaborazione interdipartimentale sono uno dei temi principali sollevati dagli intervistati. In casi specifici, questi conflitti vengono risolti con una decisione emanata a un livello superiore. Conflitti di fondo esistono nel settore dell'ambiente e soprattutto per quanto riguarda la ripartizione dei ruoli e dei compiti fra i dipartimenti specializzati e il DFAE. Le persone interpellate impiegate in questi dipartimenti ritengono che le politiche estere settoriali debbano essere di loro competenza e si aspettano che il DFAE intervenga il meno possibile nelle questioni di fondo. Il suo ruolo dovrebbe infatti limitarsi all'assistenza e al coordinamento, per esempio rendendo attento il dipartimento specializzato sulle relazioni con altri dossier o sui relativi sviluppi internazionali. Le persone interpellate che lavorano per il DFAE, così come taluni collaboratori di altri dipartimenti, sono invece del parere che per assumere questi compiti di assistenza e di coordinamento il DFAE sia tenuto a conoscere anche i contenuti dei dossier.

3.4.1.1

Risoluzione dei conflitti in casi specifici

Dalle interviste è emerso che le competenze sono disciplinate in modo più o meno dettagliato a seconda degli ambiti politici e che la ripartizione dei compiti è relativamente buona. La maggior parte degli interpellati ha rilevato che i compiti e i ruoli assunti dal loro servizio sono tutto sommato assai chiari, anche laddove non esiste una specifica disposizione di legge o di ordinanza, o quando ne esiste una che però essi non sono stati in grado di indicare.

Molte persone intervistate hanno tuttavia rilevato come su taluni argomenti o incarti concreti non vi sia alcun consenso per quel che riguarda il servizio federale responsabile né su quali altri servizi debbano essere consultati. Conflitti di questo tipo vengono di regola appianati con una decisione emanata a un livello superiore, persi4738

no dallo stesso Consiglio federale. Per prevenire queste situazioni, alcuni partecipanti hanno espresso l'auspicio che si possano adottare basi legali più chiare o direttive giuridiche meglio definite. Molti altri ritengono invece che ciò non servirebbe a niente: a loro avviso i conflitti non si evitano con l'introduzione di nuove direttive, le quali, nel peggiore dei casi, non verrebbero nemmeno applicate od osservate. La scarsa efficacia delle direttive giuridiche è confermata da persone che lavorano in servizi ove le competenze sono disciplinate in modo assai chiaro, come la DAE (ex UI): costoro affermano che, quando collaborano con un altro servizio federale, evitano di appellarsi a un articolo di legge o di ordinanza, in quanto un simile modo d'agire non solo è inutile ma anche controproducente. A loro avviso, è meglio discutere con l'interlocutore e convincerlo che la collaborazione può tornare anche a suo vantaggio.

La maggioranza degli interpellati ritiene che le norme e i meccanismi esistenti bastino, in fin dei conti, per risolvere i conflitti di competenze. Fanno tuttavia eccezione due particolari settori. Quasi tutti i partecipanti hanno infatti rilevato che la ripartizione dei ruoli e dei compiti fra i dipartimenti specializzati e il DFAE, così come nell'ambito della politica ambientale, non è sufficientemente chiara e che questa indeterminatezza è fonte di ripetuti conflitti. I problemi rilevati in questi due settori vengono approfonditi qui di seguito, così come la questione delle competenze ripartite in modo poco chiaro all'interno dei dipartimenti.

3.4.1.2

Difficoltà nella ripartizione dei ruoli e dei compiti fra dipartimenti specializzati e DFAE

Punto di vista degli interpellati impiegati in un dipartimento specializzato Per la maggior parte degli interpellati che lavorano in un dipartimento specializzato, il DFAE dovrebbe occuparsi solo in maniera generale della politica estera e delle sue questioni (tra queste si annoverano in modo esplicito la neutralità, il diritto internazionale, i diritti umani e le questioni europee), mentre agli altri dipartimenti dovrebbe competere la politica estera settoriale. Essi ritengono che il DFAE debba intervenire il meno possibile nelle questioni di fondo, limitandosi a sostenere i dipartimenti specializzati con le sue conoscenze specifiche, ad esempio in occasione di negoziati all'estero. Questa posizione, da tenersi nella ripartizione dei ruoli, è motivata dal fatto che le questioni trattate nel contesto della politica estera settoriale sono di una complessità tale da richiedere le competenze degli esperti che operano presso i dipartimenti specializzati. La preminenza delle questioni di fondo e delle conoscenze specialistiche sulle considerazioni di ordine politico viene considerata dagli interpellati un atout della politica estera svizzera. Il DFAE è un dipartimento politico e le sue argomentazioni hanno carattere politico. Pur concordando sulla necessità che il DFAE svolga il proprio ruolo, la maggior parte degli intervistati ritiene che esso debba astenersi dal prendere posizione sulle questioni di fondo e sui contenuti e fornire piuttosto una valutazione politica della situazione nell'ottica della politica estera. Il DFAE non può, e nemmeno deve, disporre delle stesse conoscenze specifiche degli altri dipartimenti: oltre che impossibile, sarebbe anche poco sensato, non fosse che per ragioni legate alle risorse, ma anche a causa della rotazione del suo personale. Nella politica estera settoriale il DFAE è pertanto tenuto, a loro avviso, a svolgere un ruolo «sussidiario», sostenendo cioè gli altri servizi federali là dove

4739

necessario e apportando un sapere specifico di cui gli altri dipartimenti non dispongono.

Il lavoro del DFAE è stato giudicato necessario e utile, in particolare per quanto attiene l'attività di sostegno svolta all'estero, soprattutto nei Paesi extraeuropei, ma nell'ambito della consulenza, quando le discussioni o i negoziati riguardano questioni di diritto internazionale pubblico o accordi internazionali. Più concretamente, molti interpellati considerano estremamente utile soprattutto la partecipazione della Direzione del diritto internazionale pubblico e della rete esterna (ambasciate). A tal proposito, alcuni di loro hanno detto di apprezzare la possibilità di contattare e consultare direttamente le rappresentanze all'estero senza dover passare, come era il caso in precedenza, attraverso il DFAE o la sua centrale a Berna. L'importanza attribuita alla rete esterna del DFAE traspare anche in talune critiche, espresse da chi ritiene che il personale impiegato all'estero sarebbe insufficiente, mentre gli effettivi alla «Centrale» bernese del DFAE sarebbero in eccesso. Sempre per quel che riguarda la rete esterna, c'è chi ha fatto notare che in talune ambasciate si registra un aumento del personale, dovuto al fatto che ogni dipartimento vi invia i propri collaboratori. In questo modo, giudicato assai poco opportuno, si fa attecchire il dipartimentalismo anche nella rete esterna.

Molti interpellati che lavorano per un dipartimento specifico si aspettano anche che il DFAE abbia una visione d'assieme sulle attività di politica estera svolte dalla Svizzera nonché sugli sviluppi della scena internazionale e nei singoli Paesi e che all'occorrenza sia in grado di informarli al riguardo. Hanno tuttavia ammesso che il DFAE può svolgere questa funzione solo se i servizi amministrativi specializzati ­ come è il caso, a loro dire, nelle unità in cui operano ­ lo tengono informato sulle loro attività di politica estera.

Punto di vista degli interpellati impiegati presso il DFAE Molti interpellati impiegati presso il DFAE accettano in linea di massima l'idea che il loro dipartimento si occupi della politica estera in generale e i dipartimenti specializzati delle politiche estere settoriali. Si dicono pienamente consapevoli del fatto che in politica estera non è possibile rivendicare il diritto di fare tutto da
sé, nemmeno per quanto attiene le politiche settoriali. Essi concordano tuttavia nell'affermare che in materia di politica estera settoriale il DFAE non può limitarsi a sostenere gli altri servizi federali con le sue competenze in campo procedurale o le sue conoscenze sui singoli Paesi: non è tanto facile, infatti, tracciare un limite netto fra politica estera generale e politica estera settoriale; nemmeno la distinzione fra questioni di fondo e questioni politiche risulta d'altronde sempre chiara.

Il DFAE deve adoperarsi affinché la politica estera sia condotta in modo coerente. A tal fine, non solo è tenuto ad avere una visione d'assieme sui (principali) argomenti e affari di politica estera, ma deve anche conoscerne gli aspetti essenziali. Se così non fosse, non sarebbe in grado di individuare le incoerenze o le opportunità derivanti da eventuali interconnessioni o concessioni incrociate. Gli interpellati sono del parere che se, a dispetto del forte dipartimentalismo, si vogliono trovare soluzioni ottimali, per esempio nel quadro di negoziati internazionali, il DFAE non può accontentarsi di conoscere il titolo dei dossier, trasmettere e-mail od organizzare viaggi e contatti.

Certo, il DFAE non può, e nemmeno deve, disporre delle stesse conoscenze specifiche dei dipartimenti specializzati, ma è necessario che comprenda i contenuti essenziali di un dossier, in modo che possa rendere attenti gli altri dipartimenti sulle incoerenze o sulle potenziali relazioni (politiche) con altri affari e fornire loro la 4740

valutazione politica (o di politica estera) di cui necessitano. Nel trattare un affare, il DFAE adotta una visione esterna, più distanziata di quella degli uffici specializzati, con un approccio che è quello della politica estera. Ciò gli permette di considerare una questione in modo critico e di rilevare problemi che altrimenti sfuggirebbero agli uffici o ai dipartimenti specializzati, perlopiù concentrati su questioni di dettaglio. È vero che per costoro può essere un po' frustrante spiegare ciò che ad essi appare evidente, ma è proprio in questo modo che emergono eventuali ambiguità e che si consegue un risultato migliore.

Per quanto riguarda il sostegno ai dipartimenti specializzati, alcuni interpellati del DFAE hanno parlato di lavori da svolgere con estrema urgenza: capita spesso, infatti, che il DFAE venga sollecitato solo dopo che i problemi sono già insorti. A loro dire, i servizi federali operano e negoziano in modo autonomo fino a quando tutto va bene e si trovano in una buona posizione negoziale. Tuttavia, all'insorgere di difficoltà o quando non si riesce più ad andare avanti e si vorrebbe collegare un dossier con altri, si chiede che il DFAE intervenga in loro sostegno.

3.4.1.3

Difficoltà nella ripartizione dei ruoli e dei compiti nell'ambito della politica internazionale in materia ambientale e climatica

Dalle interviste è pure emerso che le competenze sono ripartite in modo più o meno chiaro a seconda degli ambiti politici. Nel settore Schengen, per esempio, le competenze sono oggetto di regolamentazioni relativamente recenti e dettagliate, mentre nell'ambito della politica economica esterna le norme in materia, benché collaudate e consolidate, risultano meno precise. Nel settore della politica internazionale in materia ambientale e climatica non esiste invece né una regolamentazione dettagliata né una ripartizione delle competenze collaudata e accettata.

Questo settore è stato citato da molti interpellati come esempio di collaborazione interdipartimentale difficoltosa ed estremamente conflittuale. Negli ultimi anni la questione ambientale e climatica è divenuta sempre più importante e oggi il settore si caratterizza per le sue numerose relazioni trasversali con aspetti di natura economica e questioni legate allo sviluppo. Questa situazione è all'origine dei forti attriti che si registrano in particolare tra l'UFAM, la SECO e la DSC. Alcuni interpellati hanno rilevato che questi conflitti non riguardano solo aspetti di competenza formale, ma anche questioni finanziarie. In campo ambientale e climatico esistono numerosi trattati in virtù dei quali i Paesi industrializzati si sono impegnati a sostenere quelli più poveri nell'attuazione di misure di protezione ambientale e a finanziare i relativi progetti. Il sostegno ai Paesi in sviluppo concesso nell'ambito della cooperazione bilaterale e multilaterale allo sviluppo ­ inclusa la cooperazione nel settore ambientale ­ è un compito della DSC e della SECO, le quali dispongono anche dei fondi necessari. Da parte sua, l'UFAM è responsabile dei contributi destinati ai meccanismi finanziari delle convenzioni in materia ambientale; a tal fine gli vengono destinati i relativi mezzi finanziari. Per i progetti di protezione del clima previsti nell'ambito della cooperazione allo sviluppo tradizionale, l'UFAM è tuttavia tenuto a richiedere i finanziamenti alla DSC e alla SECO, ed è in questa situazione che

4741

insorgono i conflitti.28 Le competenze risultano poco chiare ­ sempre secondo le persone intervistate ­ anche in nuovi temi trasversali, come la responsabilità sociale d'impresa. In questi casi succede spesso che vengano istituiti organismi di coordinamento, anche se a detta di alcuni interpellati non è assodato che così facendo si riesca a risolvere il problema della ripartizione delle competenze.

3.4.1.4

Competenze dipartimentali poco chiare

Competenze e coordinamento interno al DFAE Diverse persone impiegate nei dipartimenti specializzati si sono espresse anche in merito all'organizzazione interna al DFAE, rimproverandolo di richiedere agli altri dipartimenti di fare sforzi di collaborazione e coordinamento, quando all'interno dello stesso DFAE è proprio il coordinamento a fare difetto. Gli interpellati hanno poi criticato il fatto che alle sedute i suoi rappresentanti, oltre ad essere molto numerosi, intervengono spesso con opinioni divergenti fra loro. Inoltre i servizi e il personale del DFAE non sono sempre al corrente di ciò che fanno gli altri o di quali sono le loro posizioni. Talune persone impiegate nei dipartimenti ammettono di fare spesso fatica a capire qual è il servizio del DFAE responsabile di un determinato affare o dossier. E ancor peggio è il constatare che ciò risulta poco chiaro anche all'interno dello stesso DFAE. Può dunque succedere che si raggiunga un'intesa con un suo servizio, per poi rendersi conto successivamente che il dossier trattato non era di competenza, o di sola competenza, di quel servizio.

I rappresentanti del DFAE, pur comprendendo almeno in parte queste critiche, ritengono che non siano corrette. La circostanza che alle sedute partecipino rappresentanti di diversi servizi del DFAE non è vista come un problema, e nemmeno il fatto che costoro abbiano opinioni diverse: a loro avviso è naturale che anche in seno al DFAE ­ proprio come avviene in altri dipartimenti o uffici ­ si esprimano opinioni diverse e vi siano divergenze sugli obiettivi. Queste divergenze possono, e addirittura devono, essere discusse in modo aperto durante le sedute, a condizione che si rimanga a livello di uffici. I rappresentanti della DSC e della DP devono poter esprimere le loro diverse opinioni allo stesso modo di quelli dell'Ufficio federale della migrazione (UFM) o dell'Ufficio federale di polizia (fedpol). Si è nondimeno consapevoli che per una persona esterna al DFAE non è sempre facile capire come sono organizzate le competenze al suo interno. Se l'organizzazione risulta più complessa che in altri dipartimenti è perché la stessa politica estera è più complessa di altri settori. Per di più, gli argomenti trattati sono quasi sempre temi trasversali, di modo che anche a livello interno toccano quasi sempre più servizi
del DFAE.

Competenze e coordinamento interno ai dipartimenti specializzati Secondo gli interpellati, la ripartizione dei ruoli e dei compiti in relazione a temi e affari di politica estera non è facile nemmeno negli altri dipartimenti, per cui anche al loro interno la questione delle responsabilità genera spesso diverbi e divergenze sugli obiettivi.

28

Per appianare questi conflitti ed elaborare proposte di soluzione è stata creata una «piattaforma sul finanziamento internazionale e la cooperazione allo sviluppo nel settore ambientale (PLAFICO)».

4742

Diverse persone interpellate, riflettendo su come sia possibile migliorare il coordinamento dei dossier di politica estera all'interno dei dipartimenti, hanno indicato l'esempio del Dipartimento federale delle finanze (DFF), con la sua Segreteria di Stato. Istituendo la Segreteria di Stato per le questioni finanziarie internazionali (SFI), nel 2010 il DFF si è dotato di un'unità competente per tutti i dossier internazionali del dipartimento, autorizzata a emanare direttive cui tutte le unità del DFF sono tenute a conformarsi quando sono confrontate a questioni internazionali.29

3.4.2

Valutazione del CPA

Nel corso delle interviste i partecipanti alla valutazione hanno fornito una descrizione dei diversi conflitti di competenze e dei relativi problemi di delimitazione. Nel concreto, questi conflitti vengono di regola risolti al livello gerarchico superiore.

Questa soluzione è ritenuta appropriata tanto dagli interpellati quanto dal CPA.

Particolarmente elevata è la frequenza dei conflitti e delle divergenze d'opinione che oppongono il DFAE ai dipartimenti specializzati. Anche qui si continua a trattare ogni caso individualmente, anche se in questo settore sarebbe senz'altro utile procedere a un chiarimento più generalizzato delle competenze. Dalle interviste è infatti emerso che i dipartimenti specializzati rivendicano la competenza nelle politiche estere settoriali e si attendono che il DFAE intervenga il meno possibile nelle questioni di fondo e di contenuto. A loro avviso, il DFAE è invece competente per le questioni politiche e la politica estera in generale.

Il CPA ritiene tuttavia che non sia facile distinguere in modo semplice e chiaro la politica estera generale da quella settoriale, e nemmeno le questioni di fondo da quelle politiche. Va detto anzitutto che una spiegazione (chiara) di questa distinzione non si trova né nelle basi giuridiche né in altri documenti fondamentali in materia di politica estera. Non deve quindi sorprendere se gli interpellati non riescono a precisare i limiti di questa distinzione e se le definizioni da loro proposte risultano tanto diverse fra loro. In secondo luogo, vi è il rischio che in futuro sarà ancora più difficile operare una distinzione in tal senso, in quanto aumenteranno le interdipendenze fra i vari settori della politica. Il limite fra politiche estere settoriali e politica estera risulta in generale assai indeterminato e non costituisce quindi una base adeguata per delimitare le competenze del DFAE in rapporto a quelle dei dipartimenti specializzati.

In linea di principio, sarebbe anche possibile definire e spiegare in modo più chiaro le competenze; non è però possibile farlo in astratto in modo che esse risultino chiare e univoche in tutte le circostanze. Si potrebbe almeno pensare a regole (di collaborazione) da introdurre in importanti settori della politica o per la trattazione

29

Le segreterie di Stato e i segretari di Stato esistono anche negli altri dipartimenti; tuttavia essi svolgono ­ a detta degli interpellati ­ funzioni diverse da quelle attribuite alla SFI e al suo segretario. Nel DFAE il segretario di Stato è una sorta di rappresentante del capo del dipartimento: egli ha la competenza di emanare direttive non solo all'interno della propria direzione, ma anche nei confronti di altre direzioni. Nella SECO e nella SEFRI il direttore porta invece il titolo di segretario di Stato, molto importante soprattutto nel contesto internazionale, ma ciò non gli conferisce alcuna competenza particolare.

4743

di taluni dossier.30 Ad ogni modo, è ancora e solo nei casi concreti che sarà possibile procedere a una chiara ripartizione dei ruoli e dei compiti. A tal proposito, per il CPA è importante che il dipartimento specializzato non abbia la facoltà di decidere da solo sul carattere di un determinato dossier, ma che sia tenuto a consultare il DFAE per determinare se esso riguarda una questione settoriale o di politica estera in generale. Questo coinvolgimento del DFAE è essenziale, anche perché è il solo modo che gli permette di mantenere una visione d'assieme sulle attività di politica estera e di individuare le interconnessioni fra temi diversi o eventuali concessioni incrociate (cfr. n. 3.3).

Se si vuole che il DFAE sia posto nella condizione di determinare concretamente se un dossier o un affare riguarda una questione settoriale o una questione di politica estera in generale e che sappia individuare ­ indipendentemente da tale attribuzione ­ eventuali interconnessioni con altri temi, è necessario che conosca, almeno secondo un certo grado d'approfondimento, anche i contenuti delle politiche estere settoriali. Su un determinato dossier non è indispensabile che disponga delle stesse conoscenze specifiche degli altri dipartimenti, ma deve perlomeno conoscerlo sufficientemente per poterlo valutare e per capire quale importanza riveste nell'ambito della politica estera svizzera, oltre che per individuare eventuali interconnessioni con altri temi.

Per il CPA è evidente che il DFAE non può determinare da solo la politica estera svizzera né coordinare tutti i suoi temi31. Tuttavia, non è nemmeno opportuno lasciare che gli altri dipartimenti perseguano in modo autonomo la loro politica estera e decidano unilateralmente quando e come fare appello al DFAE.

3.5

Diversi strumenti utili della collaborazione

3.5.1

Valutazione delle persone interpellate

Dalle interviste è emerso che la collaborazione segue modalità diverse a seconda del settore tematico e che gli strumenti impiegati sono diversi. Secondo gli intervistati gli strumenti principali della collaborazione con altri servizi federali sono i gruppi di lavoro interdipartimentali, la consultazione degli uffici e la procedura di corapporto. Per molti di essi è importante soprattutto che vi siano processi di collaborazione ben rodati, siano essi formalizzati o no.

30

31

Nel quadro delle riflessioni sulla ripartizione dei ruoli e dei compiti, alcuni partecipanti hanno individuato due domande alle quali si dovrebbe dare risposta: da un lato sarebbe utile conoscere il «valore aggiunto» che i dipartimenti specializzati traggono, o contano di trarre, dal coinvolgimento del DFAE. Dall'altro, sarebbe però pure interessante determinare qual è, o quale dovrebbe essere, il ruolo e il compito di quei servizi, talvolta molto grandi, che si occupano dei dossier internazionali in alcune unità dell'Amministrazione.

Con la loro attività esse possono sì contribuire a migliorare la visione d'assieme della politica estera, ma, viceversa, possono anche rafforzare la tendenza al dipartimentalismo.

Una delle persone intervistate ha fatto notare che una politica estera perfettamente coordinata non solo è irrealistica, ma non è nemmeno auspicabile: a suo avviso, se la Svizzera riesce a difendere in modo tanto efficace i propri interessi, è proprio perché rinuncia a un coordinamento globale. Spesso, inoltre, si preferisce che alle trattative partecipino specialisti edotti nelle questioni di fondo e non diplomatici del DFAE: ne deriva una maggiore credibilità, dato che il parere di questi esperti non è inficiato da considerazioni di natura politica. Sempre secondo l'interpellato, la tesi secondo cui un forte coordinamento permetterebbe di meglio difendere gli interessi deve perlomeno essere sottoposta a un esame critico. Gli interessi importanti, al contrario, devono essere coordinati fra loro.

4744

Sebbene la collaborazione si svolga in maniera diversa a seconda del settore tematico, la maggior parte degli interpellati si avvale soprattutto di due o tre strumenti per collaborare con altri servizi federali: i gruppi di lavoro interdipartimentali (e gremi simili), la consultazione degli uffici e la procedura di corapporto.

32

­

I Gruppi di lavoro interdipartimentali (GLi) e gremi simili sono ritenuti dalla maggior parte degli intervistati molto importanti e utili per la collaborazione interdipartimentale. Essi prestano un notevole lavoro, cercano soluzioni specifiche in funzione del tema ed elaborano posizioni comuni. Inoltre la conoscenza diretta di collaboratori di altri servizi federali agevola la collaborazione (vedi n. 3.6). Ciononostante, molti intervistati hanno l'impressione che la collaborazione in seno a questi organi sia complessa e lenta. Per questo motivo, essi ritengono che i GLi siano utili e si addicano a temi importanti di lungo termine o ad affari ricorrenti, mentre tutti gli altri dossier dovrebbero essere trattati nell'ambito delle strutture «normali». Per molti è fondamentale che i GLi poggino su un chiaro mandato o un obiettivo e non servano unicamente a uno scambio reciproco di informazioni. Alcuni hanno criticato il fatto che attualmente vi siano troppi gruppi di lavoro. Il dilemma che si presenta è quindi il seguente: se, da un lato, non si può partecipare in modo sostanziale a tutti questi gremi e presenziare a tutte le sedute, dall'altro non si vuole però nemmeno stare a guardare dall'esterno e mancare importanti decisioni. Secondo alcuni intervistati è responsabile soprattutto il DFAE del numero (eccessivamente) elevato di gruppi di lavoro interdipartimentali.

Esso istituisce sovente simili gremi incentrati su temi di politica estera, dopodiché vuole assumerne di regola anche la direzione.

­

Gli strumenti più importanti della collaborazione interdipartimentale in politica estera sono, a detta degli interpellati, la consultazione degli uffici e il corapporto. Queste procedure sono ritenute la conseguenza logica del sistema politico svizzero. Sono state concepite per preparare la presa delle decisioni da parte del Consiglio federale in corpore e per individuare soluzioni ampiamente condivise dato che tutti i servizi federali sono invitati a prendervi parte per apportare le loro conoscenze specifiche e difendere i loro interessi. Alcuni interpellati hanno fatto notare gli scopi diversi delle procedure e segnalato un pericolo: la consultazione degli uffici permette di integrare conoscenze specifiche molto vaste, mentre la procedura di corapporto è piuttosto incentrata su questioni politiche. Le risposte scaturite dalla consultazione degli uffici vengono consolidate in parte internamente al dipartimento o discusse con la direzione dello stesso. Questo è forse comprensibile nell'ottica politica, ma priva la consultazione degli uffici della sua funzione originaria rendendola, se intesa in senso stretto, superflua. Numerosi interpellati hanno inoltre deplorato che le consultazioni degli uffici e le procedure di corapporto sovente sono complesse e lente, soprattutto perché non raramente comportano diversi passaggi obbligati.32 Nell'ambito dei negoziati internazionali in cui occorre reagire rapidamente a nuovi e in parte imprevedibili sviluppi, queste procedure non sono quindi adeguate.

Molti interpellati hanno fatto notare che non solo l'armonizzazione a livello interdipartimentale può richiedere molto tempo e risultare quindi lenta, bensì anche l'inclusione di altri attori al di fuori dell'Amministrazione federale ­ come i Cantoni, le associazioni e i gruppi d'interesse e non da ultimo lo stesso iter decisionale parlamentare ­ fa sì che sovente la Svizzera non possa reagire rapidamente.

4745

Altri strumenti formalizzati, citati nel numero 2.3, rivestono per gli interpellati un ruolo di minore importanza o sono classificati come meno utili.

33 34 35 36

­

Gli intervistati non sono a conoscenza di una pianificazione annuale specificatamente in materia di politica estera. Nell'ambito di una «normale» pianificazione politica annuale, vale a dire della definizione degli obiettivi da parte del Consiglio federale e dei dipartimenti33 verrebbero definiti anche obiettivi per la politica estera e il DFAE. L'utilità di tale pianificazione è considerata in vari modi. Persone in funzioni dirigenziali la utilizzano talvolta per avere una migliore visione d'assieme. Comunque, a questo riguardo alcuni hanno criticato il fatto che questo strumento fosse utilizzato troppo poco per fissare le priorità e disporre di una vera e propria panoramica; nella maggior parte dei casi si limita a elencare singoli temi o affari. Secondo gli interpellati, ai fini di una collaborazione concreta con altri dipartimenti, la pianificazione annua è nel complesso poco rilevante.

­

La strategia di politica estera è stata valutata in modo analogo. Nonostante la maggior parte degli interpellati consideri positivamente l'elaborazione di una simile strategia, molti hanno fatto notare che ai fini della collaborazione essa ha un'utilità limitata, poiché rimane astratta e fissa priorità troppo poco chiare. Alcune persone hanno anche deplorato la mancanza di correlazione con la pianificazione annuale e con le strategie settoriali di politica estera.

­

Gli interpellati ignorano se esistano o no strategie per Paese complete e sovradipartimentali che tematizzano tutte le relazioni fra la Svizzera e un dato Paese e definiscono temi prioritari. Simili strategie esistono comunque a livello dei dipartimenti e degli uffici, ma sono circoscritte a determinati temi, per esempio le strategie per i Paesi della SECO, che trattano le relazioni economiche della Svizzera con altri Paesi. Le divisioni geografiche in seno al DFAE prevedono in parte anche strategie in funzione dei Paesi, ma per il CPA non era chiaro se e in quale misura queste potevano essere accessibili e utili anche per altri servizi federali. Le strategie riferite ai Paesi sono quindi poco rilevanti per la collaborazione interdipartimentale, anche perché sono accessibili solo a determinate condizioni dal momento che contengono informazioni o riflessioni delicate che non vanno svelate ai Paesi interessati.

­

Gli interpellati sono a conoscenza di tre cosiddette strategie settoriali di politica estera adottate dal Consiglio federale in corpore: la politica estera in ambito sanitario, la politica estera in ambito energetico34 e la strategia internazionale della Svizzera nel settore dell'educazione, della ricerca e dell'innovazione. Alcuni interpellati hanno inoltre segnalato l'esistenza di documenti che, a causa del loro titolo, di primo acchito, potrebbero anche essere ritenuti strategie settoriali, ma che provengono «solo» da un ufficio.35 Viceversa, vi sarebbero documenti che non portano nel titolo la denominazione di strategia settoriale e che per i loro contenuti e la loro funzione invece lo sono.36 Il confronto fra le tre strategie settoriali ufficiali e le affermaObiettivi del Consiglio federale, vol. I e II.

Rapporto sulla politica estera in ambito energetico (2008).

P. es. il rapporto «Internationale Umweltpolitik der Schweiz 2012» dell'UFAM.

P. es. la strategia per una piazza finanziaria Svizzera conforme alla legislazione fiscale e competitiva («Weissgeldstrategie», 2012), il rapporto di politica estera (annuale) o il messaggio concernente la cooperazione internazionale allo sviluppo (quadriennale).

4746

zioni degli interpellati mostra che le strategie sono molto diverse le une dalle altre sia riguardo ai contenuti e al loro grado di approfondimento sia riguardo alla forma. Anche l'utilità delle strategie settoriali è valutata in modo non univoco. Gli interpellati del DFAE e di uffici che insieme ad altri servizi federali hanno elaborato una simile strategia, sono quindi di regola molto soddisfatti e convinti che il fatto di disporre di una strategia comune semplifichi e migliori la collaborazione. Altri hanno fatto notare che spesso simili strategie sono state elaborate in settori dove la collaborazione funziona già di per sé, per cui la loro utilità è limitata. Altri ancora si pongono in linea di massima in modo critico nei confronti di queste strategie, perché la logica dipartimentale viene semplicemente rimpiazzata da una logica settoriale, ma manca come sempre una visione d'assieme.

­

Il (nuovo) elenco della Cancelleria federale, nel quale figurano i contatti esteri dei consiglieri federali e dei segretari di Stato è stato valutato come uno strumento opportuno in particolare dalle persone che rivestono funzioni dirigenziali e che hanno molti contatti all'estero.

­

Tranne che per il coordinamento ONU (chat@UNO), le soluzioni informatiche non hanno una grande importanza. Molti intervistati sono scettici in relazione al rapporto costi­guadagni, poiché volendo sfruttare tali soluzioni al meglio l'onere risultante è molto alto.

­

Gli intervistati non attribuiscono grande importanza nemmeno al comitato di politica estera del Consiglio federale e alla «Cellule diplomatique», che sono stati menzionati raramente.

­

Gli interpellati sono concordi nell'affermare che la Conferenza dei segretari generali37 non riveste nessun ruolo per la collaborazione e il coordinamento in temi o affari di politica estera.

­

Numerosi collaboratori intervistati hanno inoltre affermato che in linea di massima tutti gli strumenti e i processi sono utili e possono migliorare la collaborazione, se favoriscono incontri regolari dove le persone dei diversi servizi federali possono conoscersi personalmente, per esempio delegazioni negoziali miste o scambio o distaccamenti di personale (cfr. anche n. 3.6).

Per un numero non irrilevante di intervistati è emerso uno scetticismo di fondo riguardo all'utilità di strumenti formalizzati come descrizioni di processi e strumenti, nonché in relazione a documenti di lavoro in generale. Concretamente è stato detto che i processi e le strategie possono essere «vissuti» solo se sono più o meno fedeli alla realtà. Per contro, se contengono innovazioni essenziali, semplicemente non vengono considerati e rimangono inefficaci («sulla carta»). Molti consultati ritengono che la collaborazione interdipartimentale non funzioni e non possa essere disciplinata mediante norme scritte. Essi sono pertanto dell'avviso che nuove disposizioni giuridiche o nuovi strumenti e ausili che prevedono regole più chiare in materia di collaborazione interdipartimentale in politica estera non modificherebbero né migliorerebbero in maniera essenziale questo ambito.

37

La Conferenza dei segretari generali dev'essere coordinata secondo l'articolo 53 LOGA con le attività dell'Amministrazione federale.

4747

3.5.2

Valutazione del CPA

Le interviste hanno mostrato che la collaborazione si svolge in modo diverso a seconda della tematica interessata. Inoltre è emerso chiaramente che, nella collaborazione interdipartimentale in politica estera, gli interpellati si avvalgono soprattutto di strumenti generali di coordinamento interdipartimentale, vale a dire gruppi di lavoro, consultazione degli uffici e procedura di corapporto. Gli strumenti concepiti specificatamente per la collaborazione in questo ambito sono per contro valutati dalla maggior parte degli interpellati come poco rilevanti e utili. Non esiste, a nostra conoscenza, una pianificazione annuale incentrata sulla politica estera e gli altri strumenti, che il Consiglio federale ha menzionato nel 2005 al termine della sua seduta speciale, non sono manifestamente di grande utilità (strategie per Paesi) oppure sono applicati solo isolatamente e in modo molto diversificato (strategie settoriali).

Secondo il CPA, soprattutto lo strumento delle strategie settoriali è applicato in modo insufficiente. Già da un'analisi approssimativa emerge che le strategie settoriali mancano talvolta di sostanza e non si fondano su obiettivi o principi chiari della collaborazione. Secondo il CPA, è tuttavia ancor più preoccupante il fatto che simili strategie siano apparentemente elaborate di propria iniziativa solo da alcune unità amministrative, che nei settori tematici interessati collaborano già validamente. Dal punto di vista del CPA l'elaborazione di strategie non dovrebbe dipendere (unicamente) dalla buona volontà di singoli servizi federali, bensì dovrebbero essere approntate per quei settori tematici importanti per la Svizzera, nei quali gli obiettivi e i processi sono controversi o poco chiari.

Secondo il CPA, la mancanza di uno strumentario che consenta di offrire una visione d'assieme è tuttavia più grave della problematica delle strategie settoriali (cfr.

n. 3.3). Gli strumenti pensati per questo scopo non esistono (p. es. la pianificazione annuale di politica estera) o non sono applicati in modo da consentire effettivamente una migliore visione d'assieme. Nel complesso vi è in realtà una molteplicità di strumenti destinati alla collaborazione interdipartimentale, la cui applicazione non è però unitaria o denota poca sostanza.

Tutto ciò non rappresenta un problema fintanto che la
collaborazione funziona senza inconvenienti e/o la tempistica consente di trovare soluzioni su misura nell'ambito degli strumenti istituzionalizzati e vincolanti propri della collaborazione interdipartimentale (soprattutto consultazione degli uffici, procedura di corapporto). In altri casi e in particolare nei negoziati internazionali, per i quali i servizi federali responsabili sono chiamati a reagire in modo flessibile e veloce a sviluppi nuovi e non sempre prevedibili, queste procedure evidenziano tuttavia i loro limiti. Alla luce di questa situazione e della necessità viepiù sentita di un coordinamento interdipartimentale occorre perlomeno mettere in discussione l'opportunità delle procedure e degli strumenti attuali che sono strettamente mirati al singolo caso, ma che non vanno oltre né dal profilo contenutistico né da quello procedurale.

4748

3.6

Dipendenza della collaborazione dalle persone

3.6.1

Valutazione delle persone interpellate

Da molte interviste è emerso che la collaborazione interdipartimentale in politica estera può essere fortemente influenzata da singoli attori, indipendentemente dal livello gerarchico in cui si trovano. La maggior parte di queste persone (ad eccezione dei consiglieri federali) è però solo in grado di rallentare o rendere più difficile la collaborazione, ma non di impedirla del tutto. Nel contempo, gli interpellati hanno anche rilevato che i contatti personali possono agevolare notevolmente la collaborazione, anche quando i diretti interessati non sono concordi sui contenuti.

È già stato spiegato che, a causa delle particolarità del sistema politico svizzero, i consiglieri federali hanno un grande influsso sulla collaborazione interdipartimentale (cfr. n. 3.2). Al riguardo rivestono importanza non solo i loro valori politici, bensì anche la loro personalità, il loro «stile» e le loro relazioni personali con altri capi di dipartimento.

Secondo la maggior parte degli interpellati, singoli collaboratori a tutti i livelli gerarchici al di sotto del Consiglio federale possono influenzare la collaborazione interdipartimentale e, in determinate circostanze, renderla più difficoltosa. Alcuni di essi ritengono tuttavia che sia soprattutto a livello dirigenziale che si situano tali persone o tali conflitti (personali) che non agevolano la collaborazione. Essi cercano pertanto di lavorare il più possibile al «livello inferiore».

Gli intervistati erano unanimi nell'affermare che globalmente l'influsso di singoli collaboratori è limitato. Tali persone potrebbero influenzare il ritmo e l'onere della collaborazione senza tuttavia impedirla. Il fatto di non riuscire a mettersi d'accordo su un tema o di non voler collaborare non dipende da conflitti personali, bensì piuttosto da divergenze a livello dei contenuti.

Quasi tutti gli interpellati sono inoltre dell'avviso che quando ci si conosce personalmente vi è meno ostruzionismo, si manifestano meno conflitti personali e la collaborazione è più agevole. Molti hanno pertanto sottolineato l'importanza dei contatti personali, favoriti in particolare sia da incontri di lavoro (p. es. sedute) sia da incontri a carattere «sociale». Affinché ci si possa conoscere veramente, gli incontri devono aver luogo con una certa regolarità, ragione per cui dovrebbero essere il
più possibile istituzionalizzati (p. es. nell'ambito di GLi). Persone in posizione dirigenziale hanno osservato che la cura dei contatti con persone di altri dipartimenti è una componente importante della loro attività. Gli intervistati sono unanimi nell'affermare che le piccole dimensioni della Svizzera e dell'Amministrazione federale facilitano il mantenimento dei contatti personali.

Alcuni intervistati dei dipartimenti specializzati hanno quindi evidenziato in tale contesto la durata di permanenza delle persone in una determinata funzione e concretamente il principio di rotazione in seno al DFAE. Hanno deplorato il fatto che, a causa del principio di rotazione, i loro interlocutori in seno al DFAE cambino continuamente e, di conseguenza, si perdano conoscenze specifiche e tempo, dal momento che i nuovi assunti devono dapprima familiarizzarsi con la nuova carica e si deve nuovamente fare la loro conoscenza. Secondo le persone interpellate del DFAE, il principio di rotazione non è per contro un problema, dato che riguarda solo circa un terzo degli impiegati del DFAE e in quasi tutti i settori vi è personale non trasferibile che assicura quindi una certa continuità. Inoltre, i diplomatici sono avvezzi a familiarizzarsi subito con temi diversi.

4749

Una buona possibilità di promozione dei contatti personali risiede nel cambiamento o nello scambio (limitato nel tempo) di personale. Queste persone potrebbero sovente assumere una funzione­ponte. Le persone interpellate nell'ambito della valutazione, che sono passate dal DFAE a un altro dipartimento, possono, secondo quanto da essi sostenuto, accedere senza problemi e più facilmente al DFAE rispetto ad altri.

Vi sono inoltre persone del servizio diplomatico che sono distaccate dal DFAE per un determinato tempo in un altro dipartimento o ufficio. Comunque, questi distaccamenti sono interpretati in alcuni casi come ingerenza o tutela da parte del DFAE, cosicché le persone distaccate si scontrano con problemi di accettazione e sovente devono porsi in modo critico nei confronti del DFAE. Le persone intervistate hanno valutato come opportuna una soluzione che preveda di mantenere a lungo termine un collaboratore in parte nel DFAE e in parte in un altro servizio federale.

3.6.2

Valutazione del CPA

Il fatto che singole persone influenzino la collaborazione interdipartimentale in politica estera non è sorprendente ed è una constatazione valida per ogni tipo di collaborazione. Secondo il CPA, occorre tuttavia notare che, in alcune interviste, la pessima collaborazione in casi concreti è imputata quasi esclusivamente a singole persone o conflitti personali.

Il CPA ritiene che questa influenza si manifesti in modo sensibile non da ultimo a causa della constatazione sopra descritta secondo cui la collaborazione interdipartimentale si avvale nell'ambito della politica estera solo di pochi processi e strumenti.

Per il fatto che gli affari di politica estera sono sovente esposti a una grande pressione di tempo, i ritardi ascrivibili a singoli collaboratori possono avere effetti particolarmente negativi. Dal punto di vista del CPA, le ripercussioni negative derivanti da conflitti personali o l'ostruzionismo praticato da alcuni possono essere limitati almeno con principi chiari e vincolanti relativi allo svolgimento della collaborazione e alla soluzione dei conflitti.

4

Conclusioni

La presente valutazione ha evidenziato che, in linea di massima, la collaborazione interdipartimentale in politica estera funziona, fatta eccezione per diversi piccoli conflitti e determinati settori politici in cui sembrano esserci problemi più gravi.

Tuttavia è anche emerso che le condizioni quadro della collaborazione non sono molto chiare e mancano principi o direttive su cui basarsi in caso di conflitti o problemi e che limiterebbero anche l'influenza di singole persone.

Secondo il CPA, dalla valutazione emergono due risultati: in primo luogo manca una visione d'assieme completa e in secondo luogo le procedure complicate mostrano i loro limiti. Queste debolezze sono strettamente connesse al funzionamento del sistema politico svizzero. Alla luce della crescente internazionalizzazione e dell'accelerazione dei processi di politica estera queste debolezze tenderanno ad accentuarsi.

4750

Visione d'assieme insufficiente Nella politica estera svizzera manca una visione d'assieme di fondo che consenta almeno di individuare gli interessi principali e, all'occorrenza, di ponderarli gli uni rispetto agli altri. Di conseguenza, incoerenze o conflitti fra obiettivi rimangono sommersi e le unità amministrative svizzere all'estero rappresentano posizioni contraddittorie. Anche la correlazione fra i singoli dossier rimane nascosta e di riflesso non è data la possibilità di far valere meglio importanti interessi per il tramite di concessioni incrociate. Il dossier riguardante l'UE, di cui la DAE ha una visione d'assieme, mostra come una correlazione dei dossier sia possibile a partire da una visione d'assieme.

Se la politica estera deve funzionare come un'efficace politica d'interessi, ciò deve aver luogo sulla base di una visione d'assieme, che registra sistematicamente i diversi interessi e le diverse opportunità ponderandoli gli uni rispetto agli altri. La relativa responsabilità spetta in primo luogo al DFAE che, in virtù della sua ordinanza sull'organizzazione, tutela gli interessi di politica estera della Svizzera ed è chiamato ad assumere un ruolo di coordinamento. Questo compito è divenuto più importante e nello stesso tempo più impegnativo a causa della crescente internazionalizzazione di quasi tutti i settori politici. A ciò si aggiunge il fatto che il compito di coordinamento nel sistema politico svizzero è complesso, dato che i dipartimenti perseguono autonomamente i propri interessi e non coinvolgono sistematicamente e per tempo il DFAE.

D'altro canto, proprio questo coinvolgimento tempestivo sarebbe necessario per creare una visione d'assieme migliore. Una considerazione più sistematica del DFAE si prefigge di permettere a quest'ultimo di avere una migliore visione d'assieme su tutte le attività di politica estera e sugli interessi dei servizi federali interessati. In tal modo esso può comunicare a servizi interessati dell'Amministrazione possibili correlazioni con altri temi e adoperarsi affinché nelle decisioni di politica estera siano resi noti tutti gli interessi rilevanti, affinché questi ultimi, in casi importanti, siano ponderati gli uni rispetto agli altri e siano consentite concessioni incrociate. Non spetta tuttavia al DFAE procedere alla ponderazione e prendere le
decisioni. Ciò non significa neppure che il DFAE debba coordinare senza contraddizioni tutte le attività e tutti i contenuti della politica estera e partecipare alle decisioni relative a tutti i temi o assumerne persino la responsabilità. I dipartimenti specifici rimangono competenti dal profilo contenutistico. Essi devono comunque coinvolgere sistematicamente il DFAE e a tale scopo devono però essere certi che il DFAE disponga della visione d'assieme su altri temi e affari rilevanti. Per tale motivo essi devono tenerlo informato al riguardo e sostenerlo.

Dal punto di vista del CPA, attualmente questo coordinamento non sempre funziona, poiché le competenze e i principi della collaborazione in politica estera non sono sufficientemente chiari. Tuttavia, in determinati settori politici esistono già nuovi approcci che si muovono in questa direzione, ad esempio in ambito UE dove la DAE dispone di una visione d'assieme e i dipartimenti specifici la sostengono nelle sue relazioni con l'UE. Pertanto si pone la domanda se una simile soluzione potrebbe essere traslata ad altri Paesi od organizzazioni particolarmente importanti per la Svizzera.

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Lentezza delle procedure di collaborazione Quasi tutti gli intervistati hanno sottolineato che la collaborazione funziona, ma sovente si rivela complicata e in alcune situazioni troppo lenta. Il motivo di tale lentezza risiede nei numerosi meccanismi di consultazione insiti nel sistema politico svizzero. Le consultazioni possono in parte sovrapporsi, passare attraverso diverse fasi obbligate e di conseguenza richiedere molto tempo. Dalle consultazioni risultano di regola posizioni pertinenti e ampiamente condivise. A causa della lentezza vanno però anche perse opportunità, poiché non è possibile reagire rapidamente.

È vero che esistono come sempre molti affari per i quali le procedure di coordinamento istituzionalizzate risultano molto opportune. Nell'ottica del CPA la critica e la preoccupazione di molti interpellati secondo cui la collaborazione interdipartimentale in politica estera sia troppo complicata e lenta in alcune situazioni vanno prese sul serio. La posizione migliore dal profilo materiale e ampiamente condivisa è inutile, se giunge troppo tardi e nel frattempo, a causa dell'urgenza del problema, si opta per altre soluzioni. Per questa ragione, il CPA condivide l'ottica degli interpellati secondo la quale la flessibilità e la reattività della Svizzera vanno migliorate.

Occorre pertanto esaminare se possono essere applicate, a determinate condizioni, procedure di coordinamento adeguate. Nei colloqui è stata proposta a questo scopo l'istituzione di una «task force» a livello interdipartimentale incaricata direttamente dal Consiglio federale per un determinato periodo di trattare un tema concreto o di elaborare (e all'occorrenza anche negoziare) soluzioni e posizioni ampiamente condivise.

La lentezza delle procedure e le difficoltà connesse non si limitano al coordinamento interdipartimentale interno all'Amministrazione, bensì riguardano anche il coinvolgimento dei Cantoni e del Parlamento. Le discussioni sugli adeguamenti compatibili con il sistema in questo settore sono solo all'inizio, ma sembrano indispensabili alla luce della pressione sentita dai numerosi attori riguardo a questo problema.

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Indice delle abbreviazioni AFD CdC CdG CdG-N Cgcf CICR Cost.

Amministrazione federale delle dogane Conferenza dei Governi cantonali Commissioni della gestione delle Camere federali Commissione della gestione del Consiglio nazionale Corpo delle guardie di confine Comitato internazionale della Croce Rossa Costituzione federale della Confederazione Svizzera del 18 aprile 1999 (RS 101) CPA Controllo parlamentare dell'amministrazione DAE Direzione degli affari europei (ex Ufficio dell'integrazione) DDPS Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport DEFR Dipartimento federale dell'economia, della formazione e della ricerca (sino a fine 2012: Dipartimento federale dell'economia pubblica, DFE) DFAE Dipartimento federale degli affari esteri DFE Dipartimento federale dell'economia pubblica (dal 2013: Dipartimento federale dell'economia, della formazione e della ricerca, DEFR) DFF Dipartimento federale delle finanze DFGP Dipartimento federale di giustizia e polizia DFI Dipartimento federale dell'interno DIP Direzione del diritto internazionale pubblico DP Direzione politica DSC Direzione dello sviluppo e della cooperazione fedpol Ufficio federale di polizia GLi Gruppo/i di lavoro interdipartimentale LOGA Legge del 21 marzo 1997 sull'organizzazione del Governo e dell'Amministrazione (RS 172.010) OLOGA Ordinanza del 25 novembre 1998 sull'organizzazione del Governo e dell'Amministrazione (RS 172.010.1) OOrg­DFAE Ordinanza del 20 aprile 2011 sull'organizzazione del Dipartimento federale degli affari esteri (RS 172.211.1) RS Raccolta sistematica del diritto federale SECO Segreteria di Stato dell'economia SEFRI Segreteria di Stato della formazione, della ricerca e dell'innovazione SFI Segreteria di Stato per le questioni finanziarie internazionali SWOT Acronimo inglese di Strengths­Weaknesses­Opportunities­Threats (forze­debolezze­opportunità­rischi) UE Unione europea UFAC Ufficio federale dell'aviazione civile

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UFAG UFAM UFAS UFE UFFT UFG UFM UFSP

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Ufficio federale dell'agricoltura Ufficio federale dell'ambiente Ufficio federale delle assicurazioni sociali Ufficio federale dell'energia Ufficio federale della formazione professionale e della tecnologia (dal 1° gennaio 2013: Segreteria di Stato per la formazione, la ricerca e l'innovazione, SEFRI) Ufficio federale di giustizia Ufficio federale della migrazione Ufficio federale della sanità pubblica

Bibliografia e indice dei documenti DFAE/DFI, 2012, Politica sanitaria svizzera.

CdG, 1993, Rapporto delle Commissioni della gestione alle Camere federali concernente le ispezioni e le richieste nel 1992 del 6 aprile 1993 (funzione di pianificazione e coordinamento in politica estera), FF 1993 II 270.

CdG-N, 2002, Rapporto della Commissione della gestione del Consiglio nazionale del 22 agosto 2002 sulla politica del personale di carriera e sull'organizzazione del servizio esterno presso il Dipartimento federale degli affari esteri, FF 2003 2600.

Hirschi, Christian, Uwe Serdült und Thomas Widmer, 1999, Schweizerische Aussenpolitik im Wandel: Internationalisierung, Globalisierung und Multilateralisierung, Swiss Political Science Review 5(1): 31­56.

Consiglio federale svizzero, 1993, Rapporto del 29 novembre 1993 sulla politica estera della Svizzera negli anni Novanta, FF 1994 I 130.

Consiglio federale svizzero, 2008, Energiestrategie Schweiz: Bericht zur Energieaussenpolitik der Schweiz ­ Umfeld, Herausforderungen und Strategie. (soltanto in ted. e franc.)

Consiglio federale svizzero, 2012a, Rapporto del 18 gennaio 2012 sulla politica estera 2011, FF 2012 2549.

Consiglio federale svizzero, 2012b, Rapporto del Consiglio federale. Mozioni e postulati dei Consigli legislativi 2011. Estratto: Capitolo I (risposta alla mozione 06.3539: Coordinamento delle attività di politica estera del Consiglio federale), FF 2012 3301.

Consiglio federale svizzero, 2012c, Strategia di politica estera 2012­2015, Rapporto del Consiglio federale del marzo 2012 sugli indirizzi strategici della politica estera per la legislatura Consiglio federale svizzero, Strategia internazionale nel settore educazione, ricerca e innovazione.

Vatter, Adrian, Christian Rüefli, Daniel Schwarz und Michael Rheinegger, 2005, Kohärenz in der schweizerischen Aussenpolitik: Verwaltungskoordination am Beispiel der schweizerischen Südafrikapolitik. Zurigo/Coira: Edizione Rüegger.

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Elenco delle persone intervistate Adam, Rita Ambühl, Michael Bättig, Benno* Bende, Krisztina Birchmeier, Daniel Bouverat, Jean-Marie Chammartin, Catherine Cicéron Bühler, Corinne Cueni, Stephan Descoeudres, Nicolas Diethelm, Robert Dubach, Roger Egler, Hans-Peter Fässler, Martin Gamma, Marco Gasser, Peter Gétaz, Henri Haldimann, Urs Kessler, Giancarlo Leitner, Markus Marchand, Carl Marfurt, Anita

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Vicedirettrice / capo Divisione II: diritto internazionale pubblico, trattati internazionali e diritto di vicinato, DDIP Segretario di Stato / responsabile SFI Segretario generale, DFAE Capo Settore Politica commerciale internazionale, UFAG Capo Cooperazione multilaterale, settore Cooperazione economica e sviluppo, Direzione dell'economia esterna, SECO Collaboratore scientifico, Settore organizzazioni internazionali, settore operativo affari internazionali, UFAS Capo Questioni fiscali speciali, Divisione fiscalità, SFI Caposezione Diritto internazionale pubblico, Divisione II: Diritto internazionale pubblico, trattati internazionali e diritto di vicinato, DDIP Vicedirettore / capo settore operativo Affari internazionali, UFAS Caposezione Affari finanziari, Divisione delle politiche estere settoriali, DP Capo Relazioni internazionali Difesa, Stato maggiore dell'Esercito Collaboratore diplomatico DFAE, Divisione delle politiche settoriali, DP; distaccato nell'UFE Capo Promozione commerciale, settore Cooperazione economica e sviluppo, Direzione dell'economia esterna, SECO Capo Stato maggiore di direzione, DSC Capo Divisione Strategia e relazioni internazionali, Divisione principale della cooperazione internazionale in materia di polizia, fedpol Capo settore Libera circolazione delle persone e relazioni di lavoro, Direzione del lavoro, SECO Capo dell'Ufficio dell'integrazione, DFAE/DFE (oggi Direzione degli affari europei) Capo Diritto e affari internazionali, UFAC Capo Divisione delle politiche estere settoriali, DP Capo Stato maggiore, Divisione della sicurezza umana, DP Capo Diritto internazionale bellico, Relazioni internazionali, Stato maggiore dell'Esercito, Difesa, DDPS Giurista, settore specifico Diritto internazionale penale, settore di Direzione Diritto penale, UFG

Martin, Georges Maurer, Peter** Mayer, Roland** Mordasini, Michel Moruzzi, Mauro Neuenschwander, Daniel Paravicini, Dominique Peneveyre, Muriel Perrez, Franz Xaver Rohner, Kurt Rösli, Bruno Rossier, Yves* Sansonetti, Riccardo Siegwart, Karine Voeffray, François Von Arb, Urs Von Gunten, Jürg Wüger, Daniel Ziegerer, Daniel

* **

Segretario di Stato supplente, Segreteria di Stato del DFAE Segretario di Stato, Segreteria di Stato del DFAE (sino a luglio, oggi presidente CICR) Segretario supplente / capo Settore Politica estera, Conferenza dei Governi cantonali CdG Capo del Settore di Direzione Cooperazione globale, DSC Direttore Relazioni internazionali, SEFRI Responsabile Settore Affari spaziali, SEFRI Direttore supplente, Ufficio dell'integrazione DFAE/DFE (oggi Direzione degli affari europei) Capo Sezione della sicurezza globale, Divisione degli affari internazionali, UFAG Capo Divisione degli affari internazionali, UFAM Vicedirettore, Immigrazione e integrazione, UFM Capo Politica di difesa e armamenti, politica di sicurezza, segreteria generale DDPS Segretario di Stato, Segreteria di Stato DFAE Capo Criminalità finanziaria, Divisione degli affari multilaterali, SFI Capo sostituto Divisione degli affari internazionali, UFAM (oggi vicedirettrice, UFAM) Capo sostituto Divisione delle politiche estere settoriali, DP Vicedirettore, Cooperazione internazionale, UFM Capo del gruppo di servizio Interventi internazionali Cgcf, Commando Cgcf, AFD Capo sostituto Settore specifico Diritto europeo e Difesa dei diritto dell'uomo a livello internazionale, Settore di direzione Diritto pubblico, UFG Caposezione Affari globali, Divisione degli affari internazionali, UFAM (oggi direttore, Ufficio del programma New Dehli, DSC)

colloquio di feedback: discussione sui primi risultati nell'ambito degli accertamenti preliminari relativi alla valutazione

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Sigla editoriale Autori dell'indagine Céline Andereggen, CPA (direzione di progetto) Christoph Bättig, CPA (collaboratore scientifico) Quentin Schärer, CPA (collaboratore scientifico) Andreas Tobler, CPA (collaboratore scientifico) Dott. Nico van der Heiden, Centro per la democrazia dell'Università di Zurigo

Ringraziamenti Il CPA ringrazia i servizi della Confederazione che hanno partecipato all'indagine per la fiducia dimostrata e, in particolare, tutte le persone che si sono messe a disposizione per colloqui e informazioni.

Contatto Controllo parlamentare dell'amministrazione Servizi del Parlamento CH-3003 Berna Tel. +41 58 322 97 99 Fax +41 58 322 96 63 E-mail: pvk.cpa@parl.admin.ch www.parlamento.ch > Organi e membri > Commissioni > Controllo parlamentare dell'amministrazione

Lingua originale del rapporto: tedesco 4758