14.062 Messaggio concernente un credito quadro per l'ambiente globale 2015­2018 del 3 settembre 2014

Onorevoli presidenti e consiglieri, con il presente messaggio vi sottoponiamo, per approvazione, il disegno di un decreto federale concernente un credito quadro per l'ambiente globale.

Gradite, onorevoli presidenti e consiglieri, l'espressione della nostra alta considerazione.

3 settembre 2014

In nome del Consiglio federale svizzero: Il presidente della Confederazione, Didier Burkhalter La cancelliera della Confederazione, Corina Casanova

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Compendio Il Consiglio federale chiede alle Camere federali di stanziare un credito quadro di 147,83 milioni di franchi per un periodo di almeno quattro anni (2015­2018), destinato per la maggior parte alla sesta ricapitalizzazione del Fondo globale per l'ambiente (Global Environment Facility, GEF). In quanto meccanismo di finanziamento delle principali convenzioni per l'ambiente, il GEF svolge un ruolo fondamentale nella politica ambientale internazionale.

Premessa L'impegno internazionale a favore della protezione e dell'utilizzazione sostenibile delle risorse naturali adempie un mandato costituzionale (art. 2 cpv. 4 e art. 54 cpv. 2 della Costituzione federale). Dalla metà degli anni Novanta la salvaguardia a livello planetario delle basi naturali della vita è una delle priorità della politica estera della Svizzera ed è stata ribadita dal Consiglio federale nel suo Rapporto sulla politica estera 2013. Pertanto il nostro Paese si impegna a favore di un sistema internazionale di governanza forte in materia ambientale come pure di un rafforzamento del ruolo attribuito alle questioni ambientali in altri settori della cooperazione internazionale. Questo impegno non comporta soltanto l'adesione a precisi obiettivi multilaterali, come ad esempio la riduzione delle emissioni nell'ambito di quanto stabilito dalla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Convenzione sul clima, UNFCCC), ma anche la partecipazione al finanziamento di programmi e progetti ambientali volti a realizzare questi stessi obiettivi nei Paesi in sviluppo e nei Paesi in transizione.

Contenuto del progetto Con il presente messaggio, il Consiglio federale chiede alle Camere federali di stanziare un credito quadro di 147,83 milioni di franchi ­ di poco inferiore all'importo stanziato con l'ultimo credito quadro per l'ambiente globale ­ destinato al finanziamento di attività nell'ambito della politica ambientale globale. Tenuto conto che l'ultimo credito quadro non è stato completamente utilizzato, il nuovo credito chiesto alle Camere consente alla Svizzera di mantenere il livello del proprio impegno internazionale, o addirittura di aumentarlo leggermente nell'ambito del Fondo per l'ozono. Di conseguenza, questo credito quadro garantisce la continuità e la credibilità dell'impegno del nostro Paese. Per la prima
volta nel 1991, in occasione del 700° della Confederazione, a questo scopo sono stati messi a disposizione 145 milioni di franchi dal credito per il festeggiamento (pari complessivamente a 700 mio. di franchi). Con i crediti quadro di 88,5 milioni di franchi nel 1998, 125 milioni di franchi nel 2003, 109,77 milioni di franchi nel 2007 e 148,93 milioni di franchi nel 2011 la Svizzera ha consolidato il suo impegno. Nel presente messaggio sono illustrate sia le ragioni che inducono il nostro Paese a proseguire la cooperazione nei prossimi anni sia le modalità della sua presenza attiva negli organismi di gestione dei fondi.

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Il credito quadro richiesto consentirà alla Svizzera di partecipare alla ricapitalizzazione del GEF, del Fondo multilaterale per l'adempimento del Protocollo di Montreal sulle sostanze che impoveriscono lo strato di ozono (Fondo per l'ozono) nonché di due Fondi specifici amministrati dal GEF nell'ambito della Convenzione sul clima. La situazione ambientale globale in continuo deterioramento e l'urgenza degli interventi rendono essenziale il finanziamento internazionale in materia ambientale. Non vi è più alcun dubbio che i cambiamenti climatici, la perdita di biodiversità e la scorretta manipolazione dei prodotti chimici costituiscono una reale minaccia per l'uomo e per le basi naturali della vita. È incontestabile anche il crescente bisogno di sostegno sotto forma di contributi a Fondi e programmi destinati a finanziare le misure necessarie per combattere gli effetti negativi dell'impatto sull'ambiente, soprattutto nei Paesi in sviluppo o in transizione.

Grazie alla sua partecipazione attiva e pluriennale al GEF, al Fondo per l'ozono e ai Fondi specifici per il clima, nonché alle strutture decisionali trasparenti di questi organismi, la Svizzera può influire largamente sulle loro decisioni strategiche e operative. Nel Consiglio esecutivo del GEF la Svizzera rappresenta un gruppo di voto comprendente l'Azerbaigian e i cinque Stati dell'Asia centrale. In questa funzione e anche in rapporto alla posizione che occupa in seno ad altre istituzioni, come la Banca mondiale, è sicuramente nell'interesse della Svizzera condurre una politica ambientale internazionale attiva e costruttiva che le permetta di essere un partner credibile e di conservare la sua capacità di influire sulle organizzazioni e sui processi decisionali internazionali.

Il GEF rappresenta attualmente lo strumento di finanziamento principale per l'adempimento delle convenzioni e dei protocolli nel settore ambientale. Dalla sua istituzione nel 1991, il GEF ha finanziato più di 3200 progetti in 140 Paesi in sviluppo o in transizione e in sei settori prioritari: clima, biodiversità, acque internazionali, deterioramento dei suoli, inquinanti organici persistenti e ­ limitatamente ai Paesi in transizione ­ protezione dello strato di ozono.

Impiegando 13 miliardi di dollari di fondi propri, il GEF è riuscito a mobilitare più di cinque volte
i mezzi investiti, ossia circa 67 miliardi di dollari in cofinanziamenti supplementari provenienti da diverse fonti. Ciò illustra il metodo di lavoro adottato dal GEF: attraverso progetti innovativi ed efficienti contribuisce a migliorare le condizioni quadro dell'ambiente globale nei Paesi beneficiari e attiva nuove risorse.

Il GEF concede sussidi principalmente sotto forma di contributi non rimborsabili oppure, più raramente, di crediti vantaggiosi. Questi contributi servono a compensare i costi aggiuntivi derivanti dalla protezione dell'ambiente globale, ad esempio quando un Paese in sviluppo accresce il livello di elettrificazione mediante energie rinnovabili anziché con carbone a buon mercato.

Il Protocollo di Montreal sulle sostanze che impoveriscono lo strato di ozono fissa la tabella di marcia verso la rinuncia alle sostanze che impoveriscono lo strato di ozono stratosferico. Inoltre è vincolante sia per i Paesi industrializzati che per i Paesi in sviluppo. Per sostenere i Paesi in sviluppo nei loro sforzi per la rinuncia completa e definitiva a queste sostanze, il Fondo per l'ozono deve poter continuare a disporre delle risorse necessarie. Dal 1991 alla fine del 2012, ha versato 2,9 miliardi di dollari per la realizzazione di progetti in 148 Paesi in sviluppo. La

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piena attuazione dei progetti finora autorizzati dal Fondo per l'ozono ha consentito, nei Paesi in sviluppo, di ridurre del 75­80 per cento sia la produzione di sostanze che impoveriscono lo strato di ozono sia il loro impiego in ambiti come la refrigerazione e il condizionamento, le materie plastiche espanse, gli agenti estintori e i solventi.

I contributi richiesti con il presente credito quadro sono imputati dalla Svizzera all'aiuto pubblico allo sviluppo (APS) in sintonia con le prescrizioni dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE). La peculiarità di questi contributi risiede nel fatto che essi servono alla salvaguardia dell'ambiente globale e all'adeguamento ai cambiamenti ambientali e che sono quindi finalizzati prima di tutto all'ambiente. Il loro impiego è conforme agli obblighi derivanti dalle conferenze delle Parti contraenti e la loro esplicita base legale è costituita dalle convenzioni stesse.

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Indice Compendio

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Situazione iniziale 1.1 Situazione dell'ambiente globale 1.2 Ambiente: sfida e opportunità per i Paesi in sviluppo o in transizione 1.3 Caratteristiche del regime ambientale internazionale 1.4 Finanziamento a favore dell'ambiente globale 1.5 Protezione dell'ambiente: priorità della politica estera svizzera Fondi per l'ambiente: GEF, Fondo per l'ozono e Fondi specializzati per il clima amministrati dal GEF 2.1 Obiettivi e caratteristiche dei Fondi per l'ambiente 2.1.1 GEF ­ meccanismo di finanziamento delle convenzioni per la protezione dell'ambiente 2.1.2 Fondo per l'ozono ­ meccanismo di finanziamento per la protezione dello strato d'ozono 2.1.3 Fondi specializzati per il clima ­ LDCF e SCCF 2.2 Convenzioni sull'ambiente e loro meccanismi di finanziamento 2.2.1 Convenzione sul clima e Protocollo di Kyoto 2.2.2 Convenzione sulla diversità biologica e i suoi Protocolli di Cartagena e di Nagoya 2.2.3 Convenzioni e Protocolli nel settore dei prodotti chimici e dei rifiuti pericolosi 2.2.3.1 Convenzione di Vienna e Protocollo di Montreal per la protezione dello strato di ozono 2.2.3.2 Convenzione POP 2.2.3.3 Convenzione sul mercurio 2.2.4 Convenzione per la lotta contro la desertificazione 2.2.5 Acque internazionali 2.3 Effetti dei Fondi per l'ambiente 2.3.1 Efficacia del GEF 2.3.2 Efficacia del Fondo per l'ozono 2.3.3 Efficacia dei Fondi specializzati per il clima LDCF e SCCF amministrati dal GEF Contenuto del decreto sul credito 3.1 Richiesta all'Assemblea federale 3.2 Descrizione dettagliata del contenuto del progetto 3.2.1 Contributo della Svizzera al GEF 3.2.2 Contributo della Svizzera al Fondo per l'ozono 3.2.3 Contributo della Svizzera ai Fondi specializzati per il clima LDCF e SCCF amministrati dal GEF 3.2.4 Credito per l'esecuzione

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Ripercussioni 4.1 Ripercussioni per la Confederazione 4.1.1 Ripercussioni finanziarie e sull'effettivo del personale 4.2 Ripercussioni per l'economia 4.3 Competenze

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Rapporto con il programma di legislatura

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Aspetti giuridici 6.1 Costituzionalità e legalità 6.2 Forma dell'atto 6.3 Subordinazione al freno alle spese 6.4 Rispetto dei principi della legge sui sussidi 6.4.1 Rilevanza dei sussidi per gli obiettivi perseguiti dalla Confederazione 6.4.2 Gestione materiale e finanziaria dei sussidi 6.4.3 Procedura per la concessione di sussidi

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Bibliografia e fonti

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Allegato

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Decreto federale concernente un credito quadro per l'ambiente globale 2015­2018 (Disegno)

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Messaggio 1

Situazione iniziale

1.1

Situazione dell'ambiente globale

Quadro internazionale Negli ultimi anni l'uomo ha notevolmente modificato l'ambiente. I cambiamenti climatici, la perdita di biodiversità e la scorretta manipolazione dei prodotti chimici e dei rifiuti pericolosi costituiscono una reale minaccia per l'uomo e per le sue basi vitali. Il consumo delle risorse naturali è più veloce della loro rigenerazione. In diverse parti della Terra lo sfruttamento eccessivo di diverse risorse naturali rallenta e ostacola lo sviluppo sociale ed economico. L'impatto dell'attività umana sull'ambiente continuerà ad aumentare anche nei prossimi decenni. Se gli Stati, l'economia privata e le istituzioni internazionali non attuano misure complessive, in alcuni settori ambientali, a livello regionale o globale, vi è il pericolo che i cambiamenti sistemici diventino irreversibili.

Già nel 1972 la comunità internazionale riconosceva l'esistenza di questo problema.

La Conferenza delle Nazioni Unite (Organizzazione delle Nazioni Unite, ONU) sull'ambiente umano ha sottolineato, ai più alti livelli politici, che i problemi ambientali globali minacciano le basi vitali dell'umanità e che le soluzioni possono essere trovate soltanto attraverso un'efficace cooperazione internazionale. Di conseguenza, sono state negoziate, firmate e poi ratificate diverse convenzioni concernenti l'ambiente (cfr. n. 2.2).

Dotandosi di convenzioni, processi e istituzioni per la lotta contro la distruzione dell'ambiente globale, la comunità internazionale è riuscita a conseguire importanti risultati. La Convenzione di Vienna del 22 marzo 19851 per la protezione dello strato d'ozono e il Protocollo di Montreal del 16 settembre 19872 sulle sostanze che impoveriscono lo strato di ozono sono esempi di convenzioni internazionali efficaci.

Anche il Protocollo di Kyoto dell'11 dicembre 19973 della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Protocollo di Kyoto) e le convenzioni sui prodotti chimici e i rifiuti hanno fatto registrare risultati concreti; la Convenzione del 5 giugno 19924 sulla diversità biologica (Convenzione sulla biodiversità) ha permesso, ad esempio, di avviare e attuare importanti piani di intervento (n. 2.2).

Queste Convenzioni sono state attuate attraverso il Fondo multilaterale istituito nel 1990 per l'adempimento del Protocollo di Montreal del 16 settembre
19875 sulle sostanze che impoveriscono lo strato di ozono (Fondo per l'ozono) ed effettivamente finanziate attraverso l'istituzione, l'anno successivo, del Fondo globale per l'ambiente (GEF)6.

Malgrado i successi conseguiti, la comunità internazionale è tenuta, da un lato, a impegnarsi maggiormente nella protezione dell'ambiente globale e, dall'altro, ad 1 2 3 4 5 6

RS 0.814.02 RS 0.814.021 RS 0.814.011 RS 0.451.43 www.bafu.admin.ch > Temi > Prodotti chimici > Collaborazione internazionale > Protocollo di Montreal www.thegef.org

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attuare in modo efficace le convenzioni esistenti e perfezionarle. Infatti l'accresciuto benessere, le nuove abitudini di consumo e la crescita demografica aumentano l'impatto sull'ambiente e pongono la comunità internazionale davanti a notevoli sfide.

Sfide globali Da alcuni anni l'attenzione si è concentrata soprattutto sui cambiamenti climatici.

Dal 1880 al 2012 la temperatura media della superficie terrestre è aumentata di 0,85 °C. Il periodo compreso tra il 1983 e il 2012 è stato probabilmente il più caldo degli ultimi 1400 anni. Questo surriscaldamento è attribuito in gran parte all'aumento della concentrazione di CO2 nell'atmosfera, provocato dall'utilizzazione di combustibili fossili quali il carbone, il petrolio e il gas naturale, nonché dalla deforestazione. Le istituzioni scientifiche e gli scienziati che collaborano nell'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) prevedono un ulteriore aumento delle emissioni di gas a effetto serra. I risultati della ricerca indicano che entro il 2100 l'aumento della temperatura dovrebbe situarsi, a seconda dei modelli di calcolo, tra un minimo di 0,3­1,7 °C e un massimo di 2,6­4,8 °C (IPCC 2013). Le conseguenze dei cambiamenti climatici si ripercuotono sugli ecosistemi e sugli habitat dell'uomo, della fauna e della flora. A lungo termine, l'aumento del livello del mare, la crescente desertificazione, i periodi di siccità, le inondazioni e lo scioglimento del permafrost costituiscono una grave minaccia per molte regioni.

Negli ultimi anni è aumentato anche il degrado degli ecosistemi, fenomeno che va di pari passo con la drastica diminuzione della biodiversità e con la scomparsa degli habitat naturali. Negli ultimi 50 anni il cambiamento della composizione della biodiversità è stato superiore a quello avvenuto in precedenza nella storia della civilizzazione umana (UNEP 2012a e MEA 2005). A titolo di esempio si può ricordare che il 20 per cento di tutti i vertebrati è minacciato e che dal 1980 le barriere coralline sono diminuite del 38 per cento. Nel 2010 più del 30 per cento delle terre del pianeta era sfruttato a scopi agricoli. La conseguenza è che a partire dagli anni Ottanta gli habitat naturali sono diminuiti di oltre il 20 per cento (UNEP 2012a). La riduzione della diversità genetica minaccia però anche la capacità di adattamento delle
specie e dunque la sicurezza dell'approvvigionamento alimentare. La biodiversità è una risorsa indispensabile per l'agricoltura. Solo un'ampia diversità genetica garantisce la capacità di adattamento ai cambiamenti ambientali. Anche i principi attivi di numerosi medicamenti hanno un'origine naturale (MEA 2005) e perciò la loro disponibilità dipende direttamente da una biodiversità intatta.

Nel 2009 un team interdisciplinare di scienziati ha presentato un ampio studio (Rockström et al., 2009) in cui si indicavano i limiti del nostro pianeta. A partire dalla rivoluzione industriale l'impatto dell'attività antropica sull'ambiente è aumentato in misura tale da essere ritenuto responsabile di gran parte dei cambiamenti ambientali verificatisi sul nostro pianeta (ad es. la scomparsa di specie). Come confermato anche da altri studi, la Terra si trova in un equilibrio delicato, al punto che se i nove limiti del pianeta (cfr. Figura 1) saranno superati sono da prevedersi gravi conseguenze per la comunità internazionale. Alcuni di questi limiti sono già stati superati. Particolarmente preoccupante è l'elevata perdita di biodiversità.

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Figura 1 Limiti del pianeta (Rockström, et. al., 2009)

La perdita annua di superficie forestale è rallentata, anche se il suo livello rimane tuttora elevato. Tra il 2000 e il 2012 sono scomparsi 13 milioni di ettari di superficie forestale ogni anno, corrispondenti a circa tre volte la superficie della Svizzera (contro i 16 mio. scomparsi annualmente negli anni Novanta). Gli habitat naturali sono sempre più frammentati: ad esempio, l'80 per cento dei frammenti di foresta ancora esistenti in Brasile ha una superficie inferiore ai 50 ettari (UNEP 2012a), tale cioè da ostacolare gli spostamenti delle specie. È pertanto indispensabile che le foreste vengano gestite in modo sostenibile affinché, oltre alla biodiversità, siano salvaguardati anche tutti i loro servizi ecosistemici (assorbimento di carbonio, acqua pulita, fissazione del suolo ecc.). Le foreste svolgono un ruolo importante nell'adattamento ai cambiamenti climatici e nell'attenuazione delle loro conseguenze.

L'impoverimento dello strato di ozono stratosferico e il conseguente incremento dei raggi ultravioletti sono dannosi per l'uomo e l'ambiente. Contribuiscono infatti all'insorgenza del cancro della pelle e di affezioni oculari nell'uomo e provocano una diminuzione della produzione di biomassa marina, nonché maggiori concentrazioni di inquinanti dovute al degrado accelerato della plastica e di altri materiali sintetici. Le modifiche nello strato di ozono stratosferico producono effetti anche sul clima. Grazie agli obiettivi vincolanti di alcune convenzioni internazionali (cfr.

n. 2.2.3.1) la situazione si è stabilizzata. I modelli scientifici prevedono tuttavia che si possa tornare alla situazione precedente al 1980 non prima del 2065, a condizione 6687

che il Protocollo di Montreal venga attuato integralmente e che non subentrino altri influssi negativi sull'ambiente.

A livello internazionale, la produzione, l'impiego e la lavorazione di prodotti chimici e dei relativi rifiuti pericolosi sono in continuo aumento. I prodotti chimici sono una componente fondamentale dell'attuale stato di benessere e la gestione di questi prodotti e dei rifiuti promuove a sua volta benessere e sviluppo, oltre a contribuire in modo importante a uno sfruttamento efficiente di risorse limitate. La corretta manipolazione di queste sostanze pericolose per l'ambiente e per l'uomo costituisce una sfida per i Paesi poveri. Le sostanze tossiche persistenti inquinano a livello planetario l'ambiente e la catena alimentare, minacciando la salute dell'uomo e degli animali. Nel 2004 l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) segnalava7 che 4,9 milioni di casi annui di decesso prematuro erano riconducibili all'inquinamento ambientale causato da prodotti chimici. Un'altra sfida importante per l'uomo e l'ambiente è costituita dal massiccio aumento della fabbricazione di prodotti elettronici, soprattutto per quanto riguarda il loro smaltimento ecocompatibile.

I cosiddetti POP (Persistent Organic Pollutants) sono inquinanti organici tossici dotati di una persistenza straordinaria. Ciò significa che una volta entrati nel ciclo della natura non vengono praticamente più degradati. Si diffondono attraverso l'aria, l'acqua, i prodotti e la catena alimentare e si accumulano, in parte lontano dall'originario luogo di emissione, nei sistemi biologici dove producono effetti dannosi.

Molti POP hanno assunto grande importanza economica e sociale nella loro qualità di principi attivi o di sostanze di accompagnamento. Il principale rappresentante dei POP attualmente elencati è il diclorodifeniltricloroetano (DDT) che ha fornito un prezioso contributo al contenimento nel mondo della malaria. Oggi, però, l'analisi rischi-benefici del DDT ­ ma questo vale per tutti i POP ­ è talmente sfavorevole che si impone la loro eliminazione, o perlomeno una fortissima limitazione del loro impiego. Da tempo gli Stati industrializzati più benestanti hanno limitato la produzione e l'utilizzazione di molti POP, sostituendoli con alternative o vietandoli e smaltendone buona parte delle riserve.

Il mercurio,
metallo pesante altamente tossico e dannoso per la salute e l'ambiente, e i composti del mercurio si accumulano negli organismi viventi provocando nell'uomo e nell'animale, anche in concentrazioni molto ridotte, disturbi del sistema nervoso e immunitario, gravi danni alle vie respiratorie e persino la morte. Questo metallo pesante altamente tossico e i suoi composti sono trasportati nell'aria, nella catena alimentare (specialmente nei pesci) e nei prodotti e si trovano anche molto lontano dall'originario luogo di emissione. Le concentrazioni di mercurio presenti nell'ambiente sono sempre più elevate, poiché questo metallo pesante viene emesso nei processi di combustione del carbone, viene utilizzato con varie modalità per l'estrazione dell'oro nonché in prodotti quali i termometri e gli apparecchi per la misurazione della pressione sanguigna.

Anche i mari e l'intero ciclo dell'acqua subiscono una situazione di degrado, dovuta tra l'altro alla pesca eccessiva, all'immissione di sostanze tossiche e alla cattiva gestione delle risorse idriche. Sono sempre più numerose le persone che vivono in regioni confrontate con problemi relativi alla mancanza, all'inquinamento o all'eccesso d'acqua. Le ragioni di questa crisi vanno perlopiù ricercate nella cattiva gestione delle risorse idriche e nella distruzione degli ecosistemi.

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www.who.int > Health Topics > Chemical Safety > Global Health Observatory: statistics on chemicals

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La diminuzione della fertilità del suolo dovuta al deterioramento della qualità di quest'ultimo compromette la produzione delle derrate alimentari non solo nei Paesi più poveri e nelle zone aride. Qui le conseguenze per la popolazione sono tuttavia spesso più gravi.

Nei prossimi anni il problema della scarsità globale di risorse si aggraverà a causa del modello economico adottato dai Paesi sviluppati, della crescita demografica (cfr.

cpv. successivo) e delle economie in sviluppo nei Paesi emergenti. Il crescente impatto sull'ambiente e la limitata disponibilità di molte materie prime rendono ancor più necessaria l'adozione di tecnologie, prodotti e modalità di produzione e di consumo parsimoniosi nell'uso delle risorse. L'economia svizzera dipende dalla disponibilità di risorse naturali e di ecosistemi funzionanti. Essa può garantire a lungo termine la sua efficienza aumentando la propria autonomia rispetto alle importazioni con una gestione oculata ed efficiente delle risorse naturali, assicurandone la disponibilità nelle importazioni e adoperandosi per ottenere risorse di buona qualità all'estero.

Questa continua involuzione ambientale è rafforzata dal rapido aumento della popolazione mondiale e da una crescente necessità di sviluppo. La popolazione mondiale ha ormai raggiunto i 7,1 miliardi di abitanti (gennaio 2013). L'ONU prevede una crescita demografica annua di circa 78 milioni di persone fino al 2015 e calcola che entro il 2100 la popolazione mondiale raggiungerà i 10,9 miliardi di abitanti. Questo aumento avverrà principalmente in Africa e in Asia e comporterà una maggiore domanda di risorse naturali. Tutti i Paesi, e dunque anche la Svizzera, sono interessati dagli effetti di questi problemi globali, i quali possono essere risolti solo attraverso una regolamentazione e una cooperazione a livello internazionale.

1.2

Ambiente: sfida e opportunità per i Paesi in sviluppo o in transizione

La protezione efficace dell'ambiente è una componente basilare per lottare efficacemente contro la povertà e per promuovere uno sviluppo sostenibile. Kofi Annan, ex segretario generale delle Nazioni Unite, ha affermato che tutti gli sforzi volti a combattere la povertà e a promuovere lo sviluppo sostenibile saranno vani se non si porrà un freno alla progressiva riduzione delle risorse naturali e all'inquinamento dell'ambiente.

Per le popolazioni povere dei Paesi in sviluppo o in transizione molti dei problemi ambientali menzionati al numero 1.1 costituiscono una sfida particolare. Da un lato queste popolazioni sono fortemente dipendenti dalle risorse naturali e dall'altro hanno possibilità limitate di gestione dei cambiamenti ambientali a causa della mancanza di formazione e di mezzi finanziari. I problemi legati all'ambiente aggravano quelli già esistenti, come la povertà, la scarsità di risorse idriche o la denutrizione e rimettono in discussione le conquiste conseguite in decenni di cooperazione allo sviluppo. Per garantire queste conquiste e continuare a promuovere lo sviluppo sostenibile occorre un migliore coordinamento della cooperazione allo sviluppo e della protezione dell'ambiente.

Le conseguenze dei cambiamenti climatici pongono un'enorme sfida soprattutto ai Paesi in sviluppo. Secondo le previsioni, sono le regioni più povere a essere particolarmente colpite dalle conseguenze di questi cambiamenti, poiché spesso non 6689

dispongono dei mezzi necessari per proteggersi. Pertanto, è importante che in questi Paesi si investa maggiormente in infrastrutture durature e adeguate.

Spesso la distruzione dell'ambiente è dovuta anche alla povertà, ad esempio quando un suolo scarso è eccessivamente sfruttato e, di conseguenza, perde in qualità. I pericoli per l'ambiente e i conflitti per le risorse naturali rappresentano un fattore di rischio sempre più importante per la sicurezza. Diversi studi recenti dimostrano che esiste uno stretto legame tra cambiamenti climatici e conflitti armati. Gli scarti di temperatura dai normali valori climatici e le precipitazioni accrescono quindi la frequenza del ricorso alla violenza e dei conflitti. Un aumento globale della temperatura superiore ai 2 °C potrebbe accrescere il rischio di conflitti di oltre il 50 per cento in molte regioni del mondo (Hsiang/Burke/Miguel 2013). Una protezione ambientale efficace e una politica climatica perseguita in modo coerente da tutti i Paesi per il raggiungimento dell'obiettivo globale dei 2 °C contribuirebbero perciò attivamente alla sicurezza globale e sarebbero molto importanti anche nell'ambito degli aiuti umanitari.

Investire nella protezione dell'ambiente non è soltanto un modo per far fronte alle sfide menzionate, ma costituisce anche una grande opportunità per i Paesi in sviluppo o in transizione. La gestione sostenibile delle risorse naturali è un fattore essenziale per garantire una crescita economica durevole e sostenibile nei Paesi in sviluppo. Inoltre, le misure di protezione dell'ambiente permettono di realizzare nuove basi vitali per gli abitanti dei Paesi più poveri. Ad esempio, progetti sostenibili di sfruttamento forestale possono proteggere gli abitanti di un villaggio dalle frane, contribuire alla riduzione dei gas a effetto serra e, al contempo, attraverso la vendita del legname e di altri prodotti forestali naturali, offrire una fonte stabile di reddito alla popolazione. I bisogni dei Paesi in sviluppo rimarranno molto elevati ancora per diversi decenni. Altrettanto grande rimarrà la sfida di rendere compatibile lo sviluppo economico e sociale con la gestione parsimoniosa delle risorse naturali. Si tratta pertanto di sostenere i Paesi in sviluppo nei loro sforzi per gestire con scrupolo le risorse naturali e per fornire il loro
contributo attivo alla protezione dell'ambiente globale. Questi elementi sono oggetto dei negoziati condotti attualmente dalle Nazioni Unite per la definizione di una agenda valida a livello universale per uno sviluppo sostenibile successivo al 2015, nonché di obiettivi adeguati a uno sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals, SDG).

1.3

Caratteristiche del regime ambientale internazionale

Il regime ambientale internazionale è caratterizzato da una dinamicità elevata. Negli ultimi anni sono state concluse molte nuove convenzioni e fondate varie istituzioni.

Questa è la dimostrazione di come la problematica ambientale sia stata maggiormente dibattuta a livello internazionale e affrontata attraverso istituzioni e meccanismi specifici. Ad esempio, nel 2013 è stata firmata la prima convenzione sui metalli pesanti (Convenzione sul mercurio8).

Malgrado i risultati positivi conseguiti, il regime ambientale internazionale presenta alcuni punti deboli a livello istituzionale: talvolta per diversi temi ambientali sono competenti varie istituzioni e convenzioni. Per alcuni temi ambientali sono attuati programmi bilaterali e regionali con obiettivi propri. Pertanto, negli ultimi anni, la 8

Minamata Convention on Mercury, www.mercuryconvention.org > convention

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Svizzera si è impegnata con successo nella messa a punto di sinergie internazionali e programmatiche.

Il regime ambientale internazionale dà la priorità alla protezione dell'ambiente globale, la quale può essere garantita solo dalla collaborazione di tutti i Paesi. Proteggere l'ambiente e le risorse naturali è anche nell'interesse dei Paesi più poveri (cfr. 1.2), anche se spesso questi ultimi hanno priorità nazionali ancora più urgenti.

Una caratteristica fondamentale del regime ambientale internazionale consiste pertanto nel sostegno specifico accordato ai Paesi in sviluppo per l'adempimento di nuovi impegni nel settore ambientale. I Fondi ambientali internazionali alla base del presente messaggio sono stati istituiti a questo scopo.

Il GEF fa parte del meccanismo di finanziamento di diverse convenzioni in materia ambientale e in quanto tale offre la possibilità di affrontare le sfide indicate e di fornire il proprio contributo al rafforzamento del regime ambientale internazionale.

Finanziando progetti che si occupano contemporaneamente di diversi temi ambientali e programmando in modo rigoroso i fondi, il GEF evita le sovrapposizioni, corregge le contraddizioni, sfrutta le sinergie e colma le lacune esistenti tra le convenzioni.

1.4

Finanziamento a favore dell'ambiente globale

I problemi ambientali e climatici colpiscono in particolare i Paesi poveri, pregiudicandone fortemente le possibilità di sviluppo o annullandone i progressi compiuti (cfr. n. 1.2). Le politiche ambientali, climatiche e di sviluppo devono dunque essere armonizzate tra loro. La politica di sviluppo perseguita dalla Confederazione, attuata dalla Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC) e dalla Segreteria di Stato dell'economia (SECO), è una componente della sua politica estera e, in quanto tale, contribuisce in misura importante alla risoluzione di sfide globali come le questioni ambientali e i cambiamenti climatici.

Complessivamente, negli ultimi anni la salvaguardia dell'ambiente è diventata una componente molto importante della cooperazione allo sviluppo. Ciò è conforme a quanto disposto all'articolo 5 capoverso 2 lettera e della legge federale del 19 marzo 19769 su la cooperazione allo sviluppo e l'aiuto umanitario internazionali, in base al quale la cooperazione svizzera allo sviluppo è tenuta a promuovere il conseguimento e il mantenimento dell'equilibrio ecologico e demografico. I programmi e i progetti sviluppati dalla DSC e dalla SECO nel settore ambientale riguardano principalmente le risorse idriche, il clima, l'energia, le foreste, i rifiuti, l'economia verde e il commercio sostenibile.

Il sostegno offerto dalla DSC e dalla SECO è destinato alle priorità in materia di politica di sviluppo definite a livello nazionale dai Paesi beneficiari e, in misura crescente, alle sfide internazionali riguardanti i beni d'interesse pubblico e i rischi.

Secondo il numero 1.4.2 del messaggio concernente la cooperazione internazionale 2013­16: «L'obiettivo ultimo della cooperazione internazionale della Svizzera è uno sviluppo globale sostenibile, che consenta di ridurre la povertà e i rischi globali»10.

Negli ultimi anni, le convenzioni internazionali hanno permesso di definire nuovi 9 10

RS 974.0 FF 2012 2139, qui 2171

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obiettivi corrispondenti alle priorità internazionali. Nel corso degli anni il sistema di finanziamento a favore dell'ambiente globale si è sviluppato e sono stati definiti specifici meccanismi di finanziamento per sostenere i Paesi in sviluppo nell'attuazione di questi nuovi obiettivi e delle misure per la protezione dell'ambiente globale.

I meccanismi di finanziamento multilaterali presentati in questo messaggio, che rientrano nella sfera di competenza dell'Ufficio federale dell'ambiente (UFAM), appartengono a quelli sopra indicati. Unitamente ai programmi e ai progetti multilaterali e bilaterali, riferiti all'ambiente, della DSC e della SECO, questi meccanismi forniscono il contributo finanziario svizzero alla salvaguardia delle basi naturali della vita ai sensi dell'articolo 54 capoverso 2 della Costituzione federale (Cost.)11.

I contributi richiesti con il presente credito quadro sono accreditati dalla Svizzera all'aiuto pubblico allo sviluppo (APS) in sintonia con le prescrizioni emanate dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), dato che tali contributi sono essenziali ai fini del miglioramento delle condizioni di vita e di sviluppo nei Paesi più poveri. I contributi richiesti servono in primo luogo alla salvaguardia dell'ambiente globale e all'adeguamento ai cambiamenti ambientali, e hanno perciò finalità legate soprattutto all'ambiente. Il loro impiego è conforme agli obblighi derivanti dalle conferenze delle Parti contraenti e la loro esplicita base legale è costituita dalle convenzioni stesse.

Attualmente gli impegni dei Paesi in sviluppo nel settore ambientale sono sostenuti secondo modalità diverse: ­

da meccanismi di finanziamento: meccanismi messi a punto dalla convenzione a sostegno della sua attuazione, generalmente il GEF (principale meccanismo di finanziamento) o un Fondo specifico;

­

nel quadro della cooperazione generale allo sviluppo, attraverso canali multilaterali o bilaterali;

­

da privati (modalità finora non rilevata sistematicamente; tutt'al più sono possibili stime approssimative).

L'importanza delle componenti ambientali, in forte crescita nella cooperazione allo sviluppo della Svizzera, e l'obiettivo di coordinare in modo ottimale questa cooperazione con la politica ambientale internazionale del nostro Paese hanno indotto nel dicembre 2011 i tre uffici federali dell'UFAM, della DSC e della SECO ad adottare un coordinamento più stretto e a mettere a punto la piattaforma sul finanziamento internazionale e sulla cooperazione allo sviluppo nel settore ambientale (PLAFICO).

Saranno così resi più coerenti gli strumenti prioritari della politica svizzera in materia di sviluppo e di ambiente nei Paesi più poveri.

Il ruolo del GEF nel finanziamento a favore dell'ambiente globale In questo sistema di finanziamento, in parte eterogeneo, il GEF svolge un ruolo chiave. Essendo una delle principali fonti di finanziamento multilaterali a favore dell'ambiente globale, il GEF ha come priorità la copertura di tutti i principali ambiti tematici ambientali globali (cfr. n. 2.1.1) ed è l'unico Fondo a impiegare i propri mezzi in modo tale da riuscire ad attingere a risorse supplementari di organizzazioni internazionali e del settore privato, nonché a risorse nazionali dei Paesi beneficiari.

11

RS 101

6692

Figura 2 Rappresentazione schematica delle modalità di finanziamento nel settore dell'ambiente globale. Sono indicati solo i canali di finanziamento cui partecipa la Svizzera (Riquadri pieni: gli investimenti sono attivati a titolo prioritario nei relativi campi tematici. Riquadri vuoti: finanziamenti attivati, ma senza priorità per i campi tematici riferiti agli investimenti globali dei rispettivi canali.)

Diversamente dalla classica cooperazione allo sviluppo, dove l'accento è posto sulla lotta alla povertà, il GEF persegue in via prioritaria obiettivi globali di politica ambientale sostenendo i Paesi in sviluppo o in transizione nei loro sforzi per attuare le convenzioni in materia ambientale. I Paesi in sviluppo si sono assunti impegni a favore dell'ambiente globale sebbene non costituiscano necessariamente la loro massima priorità; a questo scopo ricevono sussidi per la copertura dei costi aggiuntivi («incremental costs»). Questo principio è un aspetto importante delle convenzioni multilaterali in materia di ambiente.

Negli ultimi due decenni, anche grazie al GEF, il legame tra gli obiettivi per lo sviluppo e gli obiettivi per l'ambiente è diventato più importante nelle organizzazioni e nelle istituzioni finanziarie multilaterali come la Banca mondiale e nel Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (PNUS). Gli aspetti legati all'ambiente sono presi sempre più in considerazione nei progetti per lo sviluppo volti a debellare la povertà e le sue cause; viceversa, il GEF tiene sempre più conto degli aspetti legati allo sviluppo. Ad esempio, un progetto o un programma convenzionale volto principalmente a combattere la povertà e a promuovere lo sviluppo economico viene completato con una componente ambientale finanziata dal GEF. Questo finanziamento supplementare da parte del GEF consente di ottenere un risultato globale a favore dell'ambiente nel quadro di progetti per lo sviluppo.

6693

Nonostante il GEF si occupi essenzialmente di ambiente, i progetti che finanzia a favore dell'ambiente globale offrono al contempo notevoli possibilità di migliorare i redditi e le condizioni di vita della popolazione locale, come pure di estendere la sua partecipazione politica. I progetti per la protezione della biodiversità o per la promozione delle energie rinnovabili offrono spesso una possibilità di reddito per la popolazione locale. Un approvvigionamento decentralizzato di energia rinnovabile nelle regioni rurali comporta un loro sviluppo sostenibile e contribuisce alla protezione del clima. La sostituzione del carbone con fonti energetiche rinnovabili migliora anche la qualità dell'aria nelle città.

Intervenendo su un'ampia gamma di temi ambientali, il GEF ha acquisito una posizione di rilievo nel finanziamento ambientale internazionale. L'ampiezza degli interventi gli consente di sfruttare in modo ottimale le sinergie esistenti tra numerosi settori ambientali e di impiegare con efficacia i limitati fondi a disposizione. La crescente importanza dei progetti interdisciplinari del GEF (i cosiddetti «multi-focal area projects») è la dimostrazione degli sforzi compiuti per affrontare relazioni complesse a livello ambientale.

1.5

Protezione dell'ambiente: priorità della politica estera svizzera

L'impegno internazionale a favore della protezione e dell'utilizzazione sostenibile delle risorse naturali adempie un mandato costituzionale svizzero (art. 2 cpv. 4 e art. 54 cpv. 2 Cost.). Come abbiamo più volte ribadito nei nostri rapporti sulla politica estera, la protezione e lo sfruttamento sostenibile delle risorse naturali è una priorità della politica estera e della politica economica esterna della Svizzera.

La politica internazionale in materia di ambiente è anche una politica di tutela dei propri interessi: un regime ambientale internazionale efficace costituisce un vantaggio per la Svizzera. In molti settori la protezione delle basi naturali della vita non può essere garantita con un'azione isolata. Problemi come i cambiamenti climatici o la diffusione transfrontaliera e globale di inquinanti possono essere risolti solo a livello internazionale. Pertanto un ambiente globale stabile è utile anche per la Svizzera e corrisponde ai suoi interessi economici diretti. Ad esempio, la garanzia dell'approvvigionamento a lungo termine delle materie prime è vitale per l'economia elvetica. Inoltre, regole e standard ambientali uniformi a livello internazionale promuovono il commercio globale e garantiscono condizioni concorrenziali eque per l'economia svizzera.

2

Fondi per l'ambiente: GEF, Fondo per l'ozono e Fondi specializzati per il clima amministrati dal GEF

2.1

Obiettivi e caratteristiche dei Fondi per l'ambiente

I Fondi per l'ambiente finanziano l'adempimento delle convenzioni multilaterali per l'ambiente e l'attuazione dei provvedimenti a favore dell'ambiente globale. Ciò corrisponde agli interessi diretti della Svizzera (cfr. n. 1.5).

6694

2.1.1

GEF ­ meccanismo di finanziamento delle convenzioni per la protezione dell'ambiente

Il GEF è stato istituito nel 1991 con l'obiettivo di contribuire alla soluzione dei problemi ambientali globali e di sostenere in questo settore i Paesi in sviluppo o in transizione.

Al GEF aderiscono 183 Stati. Esso finanzia le attività dei seguenti settori prioritari: clima, biodiversità, prodotti chimici e rifiuti pericolosi, deterioramento dei suoli e acque internazionali. Selvicoltura e agricoltura sostenibili sono finanziate nell'ambito dei settori clima e biodiversità. Il GEF serve da meccanismo di finanziamento per le convenzioni e i protocolli principali del settore ambientale (cfr. n. 2.2) e pertanto è una delle fonti multilaterali di finanziamento più importanti per la loro attuazione. I mezzi del GEF sostengono progetti i cui risultati vanno a beneficio dell'ambiente globale e favoriscono l'attuazione delle convenzioni. Questi progetti sono pianificati e realizzati insieme ai Paesi beneficiari e in conformità ai loro bisogni specifici. Considerato che il GEF funge da meccanismo di finanziamento delle convenzioni per l'ambiente, le Parti contraenti delle convenzioni stesse possono definire importanti direttive strategiche per il GEF attraverso decisioni adottate nell'ambito delle loro conferenze. Tale possibilità garantisce che la pianificazione dei fondi del GEF e l'autorizzazione dei progetti tengano conto soprattutto del raggiungimento degli obiettivi delle convenzioni.

Meccanismo di finanziamento efficace e impiego dei fondi efficiente Il GEF è il principale e, secondo le valutazioni dell'apposito ufficio indipendente di valutazione del GEF, uno dei più efficaci meccanismi ufficiali di finanziamento di misure nei Paesi in sviluppo o in transizione a favore dell'ambiente globale (cfr.

anche il n. 2.3.1 «Efficacia del GEF»).

Il GEF concede contributi principalmente sotto forma di sussidi (grants), raramente sotto forma di prestiti a tasso agevolato. Finora il GEF ha portato a termine progetti in 165 Paesi. Diversamente dalla maggior parte delle altre istituzioni internazionali, esso non opera direttamente nei suddetti Paesi, ma attraverso organizzazioni incaricate dell'implementazione dei progetti. Possono farsi accreditare ufficialmente come organizzazioni del GEF incaricate dell'implementazione sia organizzazioni internazionali che istituzioni statali dei Paesi membri. Le seguenti
organizzazioni, in possesso della specifica competenza e ben radicate nei Paesi partner, operano già da anni come organizzazioni del GEF incaricate dell'implementazione: Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (UNEP), Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (PNUS), Organizzazione delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale (UNIDO), Banca mondiale, banche regionali di sviluppo (Banca asiatica di sviluppo (ADB), Banca africana di sviluppo (AFDB), Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (EBRD) e Banca interamericana di sviluppo (IADB)), Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO) e Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (IFAD). Inoltre, nel novembre del 2013 sono state accreditate come organizzazioni del GEF incaricate dell'implementazione la Conservation International e il World Wildlife Fund (WWF) USA. Altre istituzioni nazionali, organizzazioni non governative e del settore privato collaborano nell'ambito dei progetti e dei programmi finanziati dal GEF.

In quanto meccanismo di finanziamento di diverse convenzioni in materia di ambiente, il GEF dispone di requisiti eccellenti per promuovere sinergie. Infatti porta a 6695

termine progetti e programmi insieme a organizzazioni accreditate e a Paesi partner che, a loro volta, sostengono diversi obiettivi ambientali. La struttura finanziaria trasparente e il vantaggio di avvalersi di organizzazioni già esistenti e delle loro competenze consentono un impiego dei fondi estremamente efficace.

Il Consiglio esecutivo del GEF (GEF Council) conta 32 membri ed è composto in modo paritetico da rappresentanti dei Paesi in sviluppo e dei Paesi industrializzati, nonché di due Paesi in transizione. Attraverso i loro gruppi di voto, rappresentano tutti gli Stati membri del GEF. Tale composizione favorisce un largo sostegno all'orientamento strategico e ai programmi del GEF, come pure un impiego dei fondi efficace a livello dei singoli Paesi. La Svizzera siede nel Consiglio esecutivo del GEF sin dalla sua fondazione e vi rappresenta anche Azerbaigian, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan. È quindi l'unico Paese industrializzato che nel suo gruppo di voto rappresenta anche Paesi in sviluppo.

Affinché il GEF possa adempiere il suo ruolo di meccanismo di finanziamento delle principali convenzioni in materia di ambiente, è indispensabile che i Paesi donatori versino contributi sostanziali. Il GEF viene ricapitalizzato ogni quattro anni. A partire dalla sua prima capitalizzazione l'ammontare complessivo dei contributi versati è notevolmente aumentato (cfr. n. 3.1). Per il periodo 2014­2018 il GEF-6 disporrà di fondi pari a 4,433 miliardi di dollari.

2.1.2

Fondo per l'ozono ­ meccanismo di finanziamento per la protezione dello strato d'ozono

Il Fondo multilaterale per l'ozono, istituito nel 1990, finanzia dal 1991 i Paesi in sviluppo nell'attuazione del Protocollo di Montreal per la protezione dello strato di ozono. Il Fondo per l'ozono è considerato un precursore dei meccanismi multilaterali di finanziamento nel settore ambientale. L'attivazione di questo Fondo ha consentito di stabilire una connessione tra obblighi ambientali internazionali e un meccanismo di finanziamento offrendo per la prima volta a tutti i Paesi l'opportunità e l'incentivo per partecipare a una convenzione ambientale multilaterale vincolante.

Grazie all'istituzione del Fondo per l'ozono e alla disponibilità dei relativi mezzi, i Paesi in sviluppo si sono impegnati a rinunciare entro il 2010 a qualsiasi forma di produzione e di utilizzazione di clorofluorocarburi (CFC) e di halon ed entro il 2015, oppure il 2030, ad altre sostanze che impoveriscono lo strato d'ozono.

Il Fondo per l'ozono ha essenzialmente lo scopo di sostenere i Paesi in sviluppo nell'adempimento del Protocollo di Montreal. Finanzia infatti i costi aggiuntivi d'investimento e di gestione derivanti dall'applicazione delle misure nei processi industriali e artigianali per eliminare e sostituire le sostanze che impoveriscono lo strato di ozono. I principali ambiti interessati sono la refrigerazione e il condizionamento, le materie plastiche espanse e le bombole spray, la prevenzione degli incendi e le numerose utilizzazioni di solventi alogenati nei processi industriali. Il Fondo per l'ozono sostiene, oltre ai progetti di investimento, l'elaborazione di programmi nazionali, le attività di informazione e di formazione, nonché lo sviluppo e la gestione di strutture istituzionali in 143 Paesi in sviluppo (i cosiddetti uffici nazionali per l'ozono) create per attuare il Protocollo di Montreal.

Nel 2007 si è inoltre deciso di destinare in via prioritaria i mezzi del Fondo per l'ozono alla realizzazione delle misure utili al raggiungimento degli obiettivi del 6696

Protocollo di Montreal e, quanto più possibile, alla riduzione dei cambiamenti climatici.

Il Fondo viene amministrato da un Consiglio esecutivo, composto in modo paritetico da rappresentanti di Paesi in sviluppo e Paesi industrializzati. I rappresentanti sono scelti in seno ai 14 gruppi di voto che comprendono tutte le Parti contraenti al Protocollo di Montreal. Ciò favorisce un largo sostegno all'orientamento strategico del Fondo per l'ozono e un impiego dei fondi efficace a livello dei singoli Paesi. La Svizzera appartiene al gruppo dei Paesi membri storici dell'AELS (Finlandia, Islanda, Liechtenstein, Norvegia, Austria, Svezia), che ha presieduto, e quindi rappresentato anche in seno al Consiglio esecutivo, dal 1997 al 1998 e dal 2010 al 2011.

Quattro organizzazioni internazionali hanno funzioni d'implementazione: PNUS, UNEP, UNIDO e Banca mondiale. In pratica sostengono i Paesi in sviluppo nell'allestimento di programmi nazionali, studi di fattibilità e proposte di progetti, offrendo anche assistenza tecnica e logistica per l'elaborazione e l'esecuzione dei progetti. I Paesi donatori possono impegnare autonomamente fino al 20 per cento del loro contributo per progetti che rispondono ai criteri di eleggibilità del Fondo. La Svizzera (l'UFAM in collaborazione con la DSC) ha utilizzato con successo questa possibilità per finanziare progetti pilota volti a promuovere tecnologie ecologiche sostitutive.

Dal 1991 il Fondo per l'ozono è stato ricapitalizzato ogni triennio per otto periodi.

Nell'attuale periodo 2012­2014 dispone di 400 milioni di dollari. Alla fine del 2014 dovrà essere decisa la ricapitalizzazione del Fondo per l'ozono per il periodo 2015­2017.

2.1.3

Fondi specializzati per il clima ­ LDCF e SCCF

Il Least Developed Countries Fund12 (LDCF) è stato istituito nel 2002 come componente del meccanismo di finanziamento della Conferenza delle Parti contraenti alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite del 9 maggio 199213 sui cambiamenti climatici (Convenzione sul clima). Questo Fondo si basa sui bisogni specifici dei Paesi meno sviluppati, che sono soprattutto i Paesi africani più poveri e i piccoli Stati insulari particolarmente colpiti dai cambiamenti climatici e dalle loro conseguenze negative. Il LDCF finanzia in particolare programmi nazionali per l'adeguamento ai cambiamenti climatici. Questi programmi definiscono le priorità nazionali in tale ambito e hanno inoltre contribuito ad accrescere la consapevolezza a livello politico della necessità di tale adeguamento nei suddetti Paesi. Dal luglio 2011 al giugno 2014 in questo Fondo sono confluiti 305,9 milioni di dollari (GEF Evaluation Office 2013). Dalla sua istituzione sono stati finanziati 162 progetti (cfr. anche il n. 2.3.3 sull'efficacia del LDCF).

Lo Special Climate Change Fund14 (SCCF) è stato istituito nel 2001 come componente del meccanismo di finanziamento della Conferenza delle Parti contraenti alla Convenzione sul clima. Il Fondo mette a disposizione ulteriori finanziamenti per le misure di protezione del clima previste nella Convenzione per i Paesi in sviluppo o in transizione. La maggior parte di questi mezzi viene impiegata per programmi di 12 13 14

www.thegef.org > Areas of Work > Climate Change > Adaptation > LDCF RS 0.814.01 www.thegef.org > Areas of Work > Climate Change > Adaptation > SCCF

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adeguamento, il resto per programmi di promozione dei trasferimenti di tecnologie.

Dal luglio 2011 al giugno 2014 i mezzi a disposizione dello SCCF ammontavano a 105 milioni di dollari. Dalla sua istituzione ha finanziato con successo 46 progetti (cfr. anche il n. 2.3.3 sull'efficacia dello SCCF).

Entrambi i Fondi sono amministrati dal GEF e sono alimentati dai contributi pubblici allo sviluppo dei Paesi industrializzati. Finora sono 19 i Paesi industrializzati che hanno dato il loro sostegno. Come il GEF e il Fondo per l'ozono, i due Fondi specializzati per il clima collaborano anch'essi con organizzazioni selezionate per l'implementazione, che attuano i progetti in stretta cooperazione con i Paesi partner.

I progetti del LDCF sono realizzati in misura del 63 per cento dal PNUS. I progetti dello SCCF sono invece eseguiti per il 37 per cento dalla Banca mondiale e per il 29 per cento dal PNUS (GEF 2013: The GEF Portfolio). Entrambi i Fondi concedono i loro contributi principalmente sotto forma di sussidi («grants»).

2.2

Convenzioni sull'ambiente e loro meccanismi di finanziamento

2.2.1

Convenzione sul clima e Protocollo di Kyoto

Adottando, nel 1992, la Convenzione sul clima, la comunità internazionale degli Stati si è posta l'obiettivo di escludere qualsiasi pericolosa interferenza delle attività umane sul sistema climatico. A questo scopo la Convenzione impegna le Parti contraenti a controllare e a ridurre le loro emissioni di gas a effetto serra.

Con la conclusione, nel 1997, del Protocollo di Kyoto, sono stati stabiliti per la prima volta obiettivi di riduzione giuridicamente vincolanti per gli Stati industrializzati. Nel 2003 la Svizzera ha ratificato il Protocollo di Kyoto. Il suo «primo periodo di adempimento» impegnava il nostro Paese a ridurre, tra il 2008 e il 2012, le emissioni di gas a effetto serra dell'8 per cento rispetto al 1990.

Nel frattempo la situazione è cambiata. Oggi i Paesi industrializzati non sono più le principali fonti di emissioni di gas a effetto serra. I Paesi in sviluppo sono responsabili nella misura del 57 per cento circa delle emissioni a livello mondiale. La Cina ha superato gli Stati Uniti diventando la maggiore emittente del pianeta, mentre le emissioni pro capite di sostanze che contribuiscono a riscaldare il clima sono attualmente più elevate in Cina che in Svizzera. È evidente, pertanto, che un regime climatico che impegna in modo giuridicamente vincolante alla riduzione delle emissioni solo i Paesi industrializzati non consente una protezione sufficiente contro il riscaldamento climatico.

Dopo il fallito tentativo, nel 2009 a Copenaghen, di concludere un accordo globale e vincolante, nelle successive Conferenze sul clima di Cancún, Durban e Doha è stato possibile trovare una regolamentazione per il periodo 2013­2020. Diversi Paesi industrializzati (Svizzera, Stati membri dell'Unione europea, Islanda, Liechtenstein, Monaco, Norvegia, Australia e, probabilmente, Bielorussia, Kazakistan e Ucraina) si sono impegnati, in un secondo periodo di adempimento che prolunga il Protocollo di Kyoto, a ridurre ulteriormente le loro emissioni di gas a effetto serra. Il 16 aprile 2014 il nostro Collegio ha adottato il messaggio concernente l'approvazione dell'emendamento di Doha al Protocollo di Kyoto della Convenzione quadro delle

6698

Nazioni Unite sui cambiamenti climatici15 e lo ha trasmesso al Parlamento. Con l'approvazione di questo emendamento la Svizzera s'impegna a ridurre le emissioni di gas a effetto serra entro il 2020 di almeno il 20 per cento rispetto al livello del 1990.

Oltre a questo secondo periodo di adempimento basato sul Protocollo di Kyoto, è stato messo a punto, sulla base della Convenzione sul clima, un quadro che consente a tutti i Paesi di assumersi un impegno politico di riduzione delle emissioni entro il 2020. L'adempimento di questo impegno è sottoposto a verifica. Tutti i grandi emittenti (compresi i Paesi che hanno assunto impegni vincolanti nel quadro del Protocollo di Kyoto), che sono all'origine dell'80 per cento delle emissioni mondiali, hanno annunciato di volersi impegnare in tal senso. Infine, è stato anche deciso che entro la 21a Conferenza delle Parti contraenti, prevista a Parigi nel dicembre 2015, sarà negoziata una nuova Convenzione che impegnerà tutti gli Stati, industrializzati e in sviluppo, e che entrerà in vigore al più tardi nel 2020.

Finanziamento per il clima Oltre all'obbligo di ridurre le emissioni di gas a effetto serra, la Convenzione sul clima stabilisce, ai suoi articoli 4 e 11, anche gli impegni finanziari dei Paesi industrializzati per l'attuazione della Convenzione stessa nei Paesi in sviluppo. Il relativo meccanismo di finanziamento della Convenzione sul clima è reso operativo attraverso il GEF e altri Fondi.

Contemporaneamente alla decisione di negoziare una nuova Convenzione entro la 21a Conferenza delle Parti contraenti prevista nel 2015, è stata adottata la risoluzione di istituire un nuovo Fondo globale per il clima denominato Green Climate Fund16 (GCF), che dovrà essere capitalizzato per la prima volta entro la fine del 2014. Oltre a istituire il GCF, i Paesi industrializzati si sono dichiarati disposti, sulla base di un accordo internazionale, a sostenere i Paesi in sviluppo nell'attuazione della loro politica per il clima con un aiuto di 30 miliardi di dollari in una «Fast Start Phase» (2010­2012) e a rendere disponibili per il 2020 100 miliardi di dollari annui provenienti da fonti pubbliche e private.

Dal 1992 il finanziamento per il clima è un elemento fondamentale del finanziamento globale per l'ambiente. Il finanziamento di progetti per la protezione
del clima e per l'adeguamento ai cambiamenti climatici ha comportato finora investimenti per circa 4,7 miliardi di dollari, ovvero il 36 per cento dei fondi GEF (attraverso il GEF Trust Fund e i Fondi specializzati per il clima LDCF e SCCF) (GEF Evaluation Office 2013). Il clima costituisce quindi l'ambito in cui è confluita la maggior parte dei mezzi del GEF.

Nei prossimi anni la transizione verso un'economia rispettosa del clima e l'adeguamento alle conseguenze inevitabili dei cambiamenti climatici richiederanno grandi investimenti tanto nei Paesi in sviluppo quanto in quelli industrializzati.

Negli ultimi anni le modalità di finanziamento della politica climatica hanno subito notevoli cambiamenti, diventando anche più complesse. Numerosi nuovi fondi e iniziative multilaterali sono infatti venuti ad aggiungersi alle unità operative (fra cui il GEF) del meccanismo di finanziamento della Convenzione sul clima.

15 16

FF 2014 2991 www.gcfund.org

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Fondi nell'ambito della Convenzione sul clima e del Protocollo di Kyoto Oltre al GEF, che costituisce la parte ufficiale del loro meccanismo di finanziamento, la Convenzione sul clima e il Protocollo di Kyoto hanno dato luogo all'istituzione di nuovi fondi. Nel quadro delle sue decisioni, la Conferenza delle Parti contraenti alla Convenzione sul clima può definire direttive strategiche per tutti questi fondi: ­

il Least Developed Countries Fund, LDCF (cfr. n. 2.1.3);

­

lo Special Climate Change Fund, SCCF (cfr. n. 2.1.3);

­

l'Adaptation Fund: previsto dal Protocollo di Kyoto, finanzia progetti per l'adeguamento ai cambiamenti climatici nei Paesi in sviluppo. Questo Fondo è stato dotato di una fonte di finanziamento innovativa: è infatti previsto che venga alimentato mediante una tassa sui certificati commerciali risultanti da progetti per la protezione del clima (il cosiddetto Clean Development Mechanism). Questa fonte di finanziamento è stata ulteriormente rafforzata nell'ambito delle modifiche apportate al Protocollo di Kyoto per il suo secondo periodo di adempimento e può inoltre essere integrata da contributi volontari degli Stati donatori. Dalla sua attivazione, nel 2009, sono stati promessi fondi pari a circa 226 milioni di dollari. Il GEF assume le funzioni di segretariato per l'Adaptation Fund.

A questi tre fondi si aggiunge una serie di altri fondi e iniziative. Particolarmente importanti sono i Climate Investment Funds (CIF) amministrati dalla Banca mondiale, cui sono state promesse somme pari a 8 miliardi di dollari, ai quali la Svizzera (SECO) contribuisce con mezzi della cooperazione allo sviluppo. Questi fondi non sono formalmente sottoposti alle direttive strategiche delle Convenzioni ma ne tengono comunque conto; sono stati istituiti nel 2008 come soluzione transitoria delle banche multilaterali di sviluppo. Saranno infatti sostituiti da altri strumenti di finanziamento non appena sarà trovata un'intesa sul futuro regime climatico.

Sviluppi futuri nell'ambito del finanziamento per il clima Nel 2010 la Conferenza delle Parti contraenti alla Convenzione sul clima ha deciso di istituire un nuovo Fondo per il clima: il GCF. Come il GEF, esso costituisce un'unità operativa del meccanismo di finanziamento della Convenzione volto a sostenere i Paesi in sviluppo nell'adempimento dei loro impegni nell'ambito della Convenzione stessa. In avvenire il GCF servirà a mobilitare una parte determinante dei mezzi riservati al clima a livello internazionale. Restano ancora da chiarire molti aspetti essenziali concernenti le modalità operative del GCF, fra cui la chiave di ripartizione e il ruolo del settore privato. La prima capitalizzazione del GCF ­ cui la Svizzera intende contribuire in misura adeguata ­ è prevista per la fine del 2014, ma il fondo sarà pienamente operativo solo fra qualche anno.

Considerato il ritardo con cui il GCF diverrà operativo e il fabbisogno finanziario molto elevato nel settore climatico, nel prossimo periodo di contribuzione il sostegno finanziario del GEF e dei fondi da esso gestiti rimarrà fondamentale per i progetti a favore del clima nei Paesi in sviluppo o in transizione. Il GEF, soprattutto nel periodo del GEF-6, continuerà a svolgere un ruolo determinante nella realizzazione dell'obiettivo di portare a 100 miliardi di dollari il volume annuo di finanziamento, a partire dal 2020. Non appena il GCF diventerà pienamente operativo, si dovranno chiarire i suoi rapporti e la sua complementarità con il GEF.

6700

2.2.2

Convenzione sulla diversità biologica e i suoi Protocolli di Cartagena e di Nagoya

La Convenzione sulla diversità biologica è entrata in vigore nel 1993 e conta attualmente 193 Parti contraenti. Si tratta dell'unico accordo internazionale per la protezione e l'utilizzazione sostenibile su scala planetaria della biodiversità, considerata nelle sue tre dimensioni, segnatamente dei geni, delle specie e degli ecosistemi.

Dall'entrata in vigore della Convenzione sono stati adottati due protocolli.

Il Protocollo di Cartagena del 29 gennaio 200017 sulla biosicurezza relativo alla Convenzione sulla diversità biologica è entrato in vigore nel 2003. Il suo scopo è di garantire che gli organismi geneticamente modificati, con un potenziale impatto negativo sulla biodiversità, possano da un lato essere esportati solo nei Paesi che acconsentono esplicitamente all'importazione dopo averne ponderato i rischi e dall'altro essere trasportati e utilizzati in condizioni di sicurezza. Nel 2010 è stato completato dal Protocollo aggiuntivo di Nagoya­Kuala Lumpur18 che prevede regole e procedure internazionali sulla responsabilità e il risarcimento in caso di danni provocati alla biodiversità da organismi geneticamente modificati.

Nel 2010 a Nagoya, in Giappone, è stato adottato il cosiddetto Protocollo di Nagoya sull'accesso alle risorse genetiche e la giusta ed equa condivisione dei benefici derivanti dalla loro utilizzazione (Protocollo di Nagoya)19, che disciplina l'accesso alle risorse genetiche e la giusta ed equa condivisione dei benefici derivanti dalla loro utilizzazione.

Lo stesso anno gli Stati contraenti alla Convenzione sulla biodiversità hanno adottato un Piano strategico globale per la biodiversità 2011­2020 che prevede 20 obiettivi («Aichi Targets»). Scopo di questo Piano è promuovere un'attuazione coerente ed efficace delle convenzioni e dei protocolli rilevanti per la biodiversità. Al raggiungimento degli «Aichi Targets» non contribuiscono solo la Convenzione sulla biodiversità e i suoi Protocolli, ma anche altri accordi analoghi come la Convenzione del 3 marzo 197320 sul commercio internazionale delle specie di fauna e di flora selvatiche minacciate di estinzione (CITES), il Trattato internazionale del 3 novembre 200121 sulle risorse fitogenetiche per l'alimentazione e l'agricoltura o la Convenzione del 2 febbraio 197122 sulle zone umide d'importanza internazionale segnatamente
come habitat degli uccelli acquatici e palustri (Convenzione di Ramsar). Anche per questi accordi si deve poter accedere ai fondi del GEF conformemente alle direttive strategiche disposte dalla Conferenza delle Parti contraenti alla Convenzione sulla biodiversità per il GEF stesso.

Finanziamento per la biodiversità Per ottemperare ai loro impegni nell'ambito della Convenzione sulla biodiversità e dei relativi Protocolli, tutti i Paesi devono mobilitare in via prioritaria risorse nazionali. Tuttavia, la Conferenza delle Parti contraenti si è accordata sull'obiettivo del 17 18 19 20 21 22

RS 0.451.431 http://bch.cbd.int > The Protocol > Supplementary Protocol > The Nagoya­Kuala Lumpur Supplementary Protocol on Liability and Redress to the Cartagena Protocol FF 2014 2653 RS 0.453 RS 0.910.6 RS 0.451.45

6701

raddoppio poiché i Paesi in sviluppo devono ancora ricorrere al sostegno esterno per poter adempiere pienamente i loro impegni. Oltre a contenere la dichiarazione di tutti gli Stati sulla protezione della biodiversità, l'articolo 20 della Convenzione stabilisce anche gli impegni finanziari dei Paesi industrializzati per l'adempimento della Convenzione nei Paesi in sviluppo. La Conferenza delle Parti contraenti tenutasi nel 2012 si è accordata su un raddoppio entro il 2015 dei flussi di finanziamento provenienti dai Paesi industrializzati e destinati ai Paesi in sviluppo per favorire la biodiversità. La Svizzera ha approvato la decisione di consenso con la riserva del raddoppio del mezzi entro il 2020.

Il GEF è il meccanismo ufficiale di finanziamento della Convenzione sulla biodiversità e dei relativi Protocolli e, perciò, costituisce lo strumento fondamentale del sostegno esterno ai Paesi in sviluppo per favorire la biodiversità. Questo sostegno è destinato a finanziare in particolare le seguenti misure: gestione sostenibile delle zone protette, miglioramento delle condizioni quadro politiche e normative per la protezione della biodiversità, rafforzamento delle capacità per l'adempimento dei suddetti Protocolli nonché messa a punto di strategie e piani d'azione nazionali. Per il prossimo periodo programmatico il GEF si è dato i quattro seguenti obiettivi strategici: una sostenibilità migliore dei sistemi protetti, la riduzione delle minacce per la biodiversità, l'uso sostenibile di habitat diversificati e un impiego più frequente di pratiche sostenibili rivolte all'utilizzazione e alla protezione della biodiversità.

L'imminente entrata in vigore del Protocollo di Nagoya impone al GEF di rafforzare in questo settore il suo sostegno ai Paesi in sviluppo. Come incentivo per la ratifica di questo Protocollo da parte dei Paesi in sviluppo è stato istituito un Fondo gestito dal GEF, ossia il Fondo di implementazione del Protocollo di Nagoya, i cui compiti sono stati integrati nel GEF nell'ambito della sua sesta ricapitalizzazione. Con quasi 4 miliardi di dollari la biodiversità costituisce il secondo settore prioritario dopo quello climatico per l'impiego di fondi a partire dall'istituzione del GEF (GEF Evaluation Office 2013). Nell'ambito della sesta ricapitalizzazione del GEF, la biodiversità
rappresenta con circa 1296 milioni di dollari, pari al 29 per cento del budget globale, il settore con la maggiore dotazione finanziaria.

L'applicazione nei Paesi in sviluppo della Convenzione sulla biodiversità è finanziata, oltre che dal GEF ­ che è il meccanismo ufficiale di finanziamento della Convenzione stessa ­, anche dalla cooperazione bilaterale allo sviluppo. Esiste poi una serie di altri Fondi pubblici nazionali e internazionali e di iniziative private: una delle più importanti è la FCPF23, che è amministrata dalla Banca mondiale e che dispone di somme promesse pari a 465 milioni di dollari. Questo Fondo è stato istituito nel 2008 da diversi donatori bilaterali e multilaterali, tra cui la Svizzera, come finanziamento del programma di protezione delle foreste REDD+24. Il Fondo serve principalmente a ridurre le emissioni di gas a effetto serra attraverso un'efficace protezione delle foreste e contribuisce quindi indirettamente alla protezione della biodiversità.

La maggior parte dei Fondi e delle iniziative che affiancano il GEF contribuisce solo indirettamente al raggiungimento degli obiettivi della Convenzione sulla biodiversità e non è sottoposta alle direttive strategiche che possono essere stabilite dalla Conferenza delle Parti contraenti. Pertanto, il GEF rivestirà anche in futuro un ruolo centrale per la protezione efficace della biodiversità.

23 24

www.forestcarbonpartnership.org www.un-redd.org > about REDD /tabid/102614/default.aspx ...

6702

2.2.3

Convenzioni e Protocolli nel settore dei prodotti chimici e dei rifiuti pericolosi

A livello mondiale, nel settore dei prodotti chimici e dei rifiuti pericolosi esistono cinque Convenzioni e un Protocollo: ­

Convenzione di Basilea del 22 marzo 198925 sul controllo dei movimenti oltre frontiera di rifiuti pericolosi e sulla loro eliminazione;

­

Convenzione di Vienna e Protocollo di Montreal per la protezione dello strato di ozono (cfr. n. 2.2.3.1);

­

Convenzione di Rotterdam del 10 settembre 199826 concernente la procedura di assenso preliminare con conoscenza di causa per taluni prodotti chimici e antiparassitari pericolosi nel commercio internazionale;

­

Convenzione di Stoccolma del 22 maggio 200127 sugli inquinanti organici persistenti (Convenzione POP) (cfr. n. 2.2.3.2);

­

Convenzione sul mercurio (cfr. n. 2.2.3.3).

Per coordinare le diverse Convenzioni, nel 2006 la comunità degli Stati ha deciso di adottare una strategia globale di gestione dei prodotti chimici, la SAICM28, che ha l'obiettivo di ridurre quanto più possibile entro il 2020 gli effetti negativi dei prodotti chimici sulla salute umana e sull'ambiente. Con tale strategia ci si propone di coordinare a livello globale le numerose attività già esistenti in materia di sicurezza dei prodotti chimici.

La Convenzione di Vienna e il Protocollo di Montreal hanno definito in via prioritaria il Fondo multilaterale per l'ozono come meccanismo di finanziamento.

Nel quadro delle Convenzioni di Basilea e di Rotterdam sono stati istituiti fondi fiduciari specifici per l'applicazione di questi trattati internazionali, soprattutto nei Paesi in sviluppo. Per l'attuazione della strategia SAICM la comunità degli Stati ha messo a punto un programma quick start, che erogherà contributi fino al 2015 per poi estinguersi gradualmente. Per tale motivo la strategia è stata integrata nel GEF-6 nell'ambito del settore prioritario dei prodotti chimici e dei rifiuti pericolosi. Gli Stati hanno deciso di promuovere ulteriormente le sinergie tra le diverse Convenzioni in materia di prodotti chimici e di rifiuti e, a questo scopo, nel GEF-6 hanno previsto di investire circa 13 milioni di dollari nella strategia SAICM. Inoltre, un programma speciale dell'UNEP potenzierà le capacità d'intervento dei Paesi in sviluppo nel campo dei prodotti chimici e dei rifiuti.

Finora il GEF era soltanto il meccanismo di finanziamento della Convenzione POP (cfr. n. 2.2.3.2) e, in parte, del Protocollo di Montreal (cfr. n. 2.2.3.1). Un'altra Convenzione che ha definito il GEF come principale meccanismo di finanziamento è quella sul mercurio (cfr. n. 2.2.3.3). Le Conferenze delle Parti contraenti alle diverse Convenzioni possono impartire direttive strategiche al GEF nell'ambito delle loro decisioni.

Globalmente, gli Stati hanno riconosciuto l'aumento dei compiti del GEF nel campo dei prodotti chimici e hanno aumentato del 30 per cento i fondi previsti per l'intero 25 26 27 28

RS 0.814.05 RS 0.916.21 RS 0.814.03 www.saicm.org

6703

settore dei prodotti chimici e dei rifiuti del GEF-6 in rapporto alla precedente ricapitalizzazione. In questo ambito soprattutto il SECO interviene con diversi piccoli programmi di accompagnamento coordinati con l'UFAM.

2.2.3.1

Convenzione di Vienna e Protocollo di Montreal per la protezione dello strato di ozono

La Convenzione di Vienna e il Protocollo di Montreal per la protezione dello strato di ozono sono stati firmati rispettivamente nel 1985 e nel 1987 e contano attualmente 197 Parti contraenti. Questi accordi internazionali si propongono di proteggere lo strato di ozono dalle sostanze di sintesi che lo impoveriscono.

Il Protocollo di Montreal prescrive la riduzione progressiva e, infine, il divieto della fabbricazione e del consumo dei principali inquinanti che impoveriscono lo strato di ozono (clorofluorocarburi [CFC], clorofluorocarburi parzialmente alogenati [HCFC], halon, tetracloruro di carbonio e bromuro di metile). Molte delle sostanze che impoveriscono lo strato di ozono sono anche potenti gas a effetto serra. Nei Paesi industrializzati la maggior parte di queste sostanze è vietata dal 1996. Dal 2010 il divieto delle sostanze altamente nocive per lo strato di ozono (CFC e halon) è entrato gradualmente in vigore anche nei Paesi in sviluppo.

Mentre la Convenzione di Vienna formula obiettivi generali in materia di ricerca e di protezione, senza prescrivere misure concrete, il Protocollo di Montreal definisce obiettivi e tappe vincolanti, che contemplano calendari per la riduzione delle sostanze pertinenti e scadenze per il blocco della produzione e del consumo di diversi gruppi di sostanze. A questo proposito ai Paesi in sviluppo sono concessi, in media, dieci anni in più rispetto agli Stati industrializzati.

Inoltre, nel 2007 le Parti contraenti hanno notevolmente rafforzato le disposizioni del Protocollo riguardanti il divieto degli HCFC. Oltre a possedere proprietà che impoveriscono l'ozono, queste sostanze hanno anche un notevole potenziale di effetto serra. Le nuove disposizioni hanno conseguenze soprattutto sui Paesi in sviluppo che si impegnano a stabilizzare entro il 2013 la produzione e il consumo di queste sostanze, per poi eliminarle gradualmente entro il 2040.

Le due Convenzioni sono considerate un indiscutibile successo della cooperazione internazionale in campo ambientale. Hanno infatti rappresentato il segnale dell'abbandono su scala planetaria della produzione e dell'utilizzo dei CFC ed, entro il 2011, hanno avuto l'effetto di diminuire la produzione di sostanze che impoveriscono lo strato di ozono di oltre il 95 per cento in equivalenti di CFC (UNEP 2012b).

Meccanismo di
finanziamento della Convenzione di Vienna e del Protocollo di Montreal Oltre a riconoscere in modo esplicito la necessità di proteggere lo strato di ozono, il Protocollo di Montreal prescrive al suo articolo 10 gli impegni finanziari dei Paesi industrializzati per l'adempimento della Convenzione di Vienna nei Paesi in sviluppo. L'articolo costituisce inoltre la base legale del Fondo multilaterale per l'ozono che concede ai Paesi in sviluppo altri aiuti finanziari e tecnici (cfr. n. 2.1 e 3.2.2) necessari affinché possano rispettare i loro impegni. Ad esempio, nell'ambito della decisione del 2007 di rafforzare il Protocollo di Montreal, ai Paesi in sviluppo è stato garantito anche un ulteriore sostegno finanziario, stabile e sufficiente, per l'adem6704

pimento dei loro impegni. Le spese relative alle misure decise equivalgono all'incirca all'importo finora globalmente investito per la rinuncia alle altre sostanze. La proroga dell'aiuto finanziario attraverso il Fondo per l'ozono riveste quindi una notevole importanza.

Il GEF integra l'intervento del Fondo per l'ozono fornendo mezzi ai Paesi in transizione. Con circa 25 milioni di dollari per i prossimi quattro anni, il programma per l'ozono finanzia progetti specifici volti a ridurre ulteriormente la produzione e l'uso di sostanze che impoveriscono lo strato di ozono.

2.2.3.2

Convenzione POP

Gli inquinanti organici persistenti (Persistent Organic Pollutants, POP) sono sostanze chimiche tossiche difficilmente degradabili. Possono diffondersi a livello planetario attraverso l'aria, l'acqua e la catena alimentare e rappresentano un pericolo per l'uomo e l'ambiente. Tra questi inquinanti si annoverano ad esempio il pesticida DDT e prodotti chimici industriali nocivi per l'ambiente come i bifenili policlorurati (PCB), impiegati principalmente nei condensatori e come plastificanti.

La Convenzione POP è entrata in vigore nel 2004 e riunisce oggi 179 Stati membri.

Gli Stati contraenti s'impegnano a non produrre e a non utilizzare più le sostanze elencate nonché a impedirne l'importazione e l'esportazione, in modo da eliminare l'immissione di questi inquinanti nell'ambiente. Attualmente gli inquinanti disciplinati nella Convenzione sono 21. L'elenco viene integrato attraverso un'apposita procedura. Di conseguenza le esigenze sono adeguate ai Paesi.

Gli Stati industrializzati hanno adottato o avviato in larga parte le misure richieste.

Nei Paesi in sviluppo occorrono invece sforzi ulteriori.

Meccanismo di finanziamento della Convenzione POP Oltre a contenere la dichiarazione sulla riduzione e l'eliminazione delle sostanze e l'impegno di tutte le Parti contraenti ad attuare la Convenzione, al suo articolo 13 la Convenzione POP stabilisce anche gli impegni finanziari dei Paesi industrializzati per l'adempimento della Convenzione nei Paesi in sviluppo. Questi ultimi, per rispettare i propri impegni, necessitano di mezzi supplementari, poiché l'ulteriore riduzione e l'eliminazione delle sostanze determina notevoli costi aggiuntivi. Le sostanze e le tecnologie sostitutive sono dispendiose e, senza un aiuto internazionale, molti Paesi in sviluppo non sarebbero in grado di finanziarle.

L'articolo 14 della Convenzione designa il GEF meccanismo ufficiale di finanziamento della Convenzione POP. In questa funzione, il GEF con i suoi progetti promuove, tra l'altro, la formazione di specialisti locali e l'elaborazione di inventari nonché di piani di attuazione a livello nazionale. Finora per la lotta contro questi inquinanti è stato investito il 6 per cento dei mezzi del GEF (GEF Evaluation Office 2013). Nell'ambito dei negoziati per la sesta ricapitalizzazione, gli Stati hanno deciso di investire in questo settore prioritario circa 375 milioni di dollari nei prossimi quattro anni.

6705

2.2.3.3

Convenzione sul mercurio

Stipulata nel 2013, la Convenzione di Minimata sul mercurio è finora stata sottoscritta da 96 Stati. Affinché possa entrare in vigore, la Convenzione dovrà essere ratificata da 50 Paesi. In Svizzera, il messaggio concernente ratifica di questo trattato internazionale dovrà essere presentato al Parlamento nel 2015.

La Convenzione stabilisce norme vincolanti di diritto internazionale per la gestione e l'utilizzo del mercurio. Grazie alla Convenzione l'impiego di questa sostanza tossica viene il più possibile ridotto nel ciclo dell'economia e delle sostanze, mentre per il restante mercurio sono fissate norme per la protezione dell'ambiente e della salute.

Questa Convenzione vieta l'apertura di nuove miniere di mercurio e limita l'esercizio di quelle esistenti. Il commercio internazionale di questo metallo viene ridotto.

I prodotti contenenti mercurio saranno vietati a partire dal 2020 e i processi industriali lo saranno, a seconda della loro tipologia, rispettivamente dal 2018 o dal 2025, dato che esistono alternative equiparabili. Inoltre per prodotti e processi specifici le Parti contraenti possono chiedere deroghe per un massimo di dieci anni.

L'impiego di amalgama dentale contenente mercurio non è completamente vietato, ma è ridotto attraverso l'adozione di apposite misure. I Paesi in cui si pratica l'estrazione di oro artigianale e su piccola scala sono tenuti a limitare l'utilizzo di mercurio in questo settore, con l'obiettivo, nel limite del possibile, di eliminarlo del tutto. Per le principali fonti di emissione (soprattutto le centrali a carbone) sono previste misure di contenimento delle emissioni. Inoltre sono disciplinati il deposito provvisorio, sicuro e rispettoso dell'ambiente, di scorte non utilizzate e di rifiuti di mercurio, la gestione corretta e lo smaltimento dei rifiuti di questo metallo.

Meccanismo di finanziamento della Convenzione sul mercurio Oltre a contenere la dichiarazione sulla riduzione e la regolamentazione dell'impiego del mercurio, la Convenzione sul mercurio stabilisce al suo articolo 13 anche gli impegni finanziari di tutte le Parti contraenti per l'adempimento della Convenzione nei Paesi in sviluppo. In questo articolo il GEF è stato definito come meccanismo di finanziamento della Convenzione. Proprio il ruolo centrale del GEF nell'adempimento della Convenzione
sul mercurio spiega lo stanziamento nel GEF6 di circa 141 milioni di dollari (rispetto ai 15 mio. di dollari nel GEF-5) destinati a progetti per l'attuazione della Convenzione stessa. Il GEF impiegherà questi fondi prevalentemente per le analisi a livello nazionale della problematica legata al mercurio, per il potenziamento dei meccanismi di controllo nazionali e regionali e per le misure di riduzione dell'impiego di mercurio nei Paesi in sviluppo (GEF 2013b).

Inoltre la Convenzione definisce uno specific international programme come facente parte del suo meccanismo di finanziamento. Questo programma deve essere integrato in un'istituzione già esistente. La Svizzera si farà carico di una quota adeguata dello specific international programme. Il contributo del nostro Paese sarà preso in considerazione soltanto in occasione del prossimo rinnovo del credito quadro per l'ambiente globale, poiché il suddetto programma sarà formalmente avviato al più presto nel 2017. L'adempimento della Convenzione sul mercurio nei Paesi in sviluppo viene finanziato, oltre che con l'apposito meccanismo ufficiale, anche attraverso la cooperazione bilaterale allo sviluppo (come ad es. attraverso la Better Gold Initiative cofinanziata dalla Svizzera).

6706

2.2.4

Convenzione per la lotta contro la desertificazione

La Convenzione delle Nazioni Unite del 17 giugno 199429 sulla lotta contro la desertificazione nei Paesi gravemente colpiti dalla siccità e/o dalla desertificazione, in particolare in Africa (UNCCD) è in vigore dal 1996 e, attualmente, conta 194 Stati contraenti. Obiettivo della Convenzione è arginare l'avanzata dei deserti e delle zone aride, che oggi hanno conquistato il 30 per cento delle terre emerse. Le Parti contraenti si impegnano a utilizzare in modo parsimonioso e sostenibile le risorse naturali nelle regioni minacciate dalla desertificazione, segnatamente in Africa. Lo scopo è di salvaguardare la produttività della superficie agricola utile e di migliorare le condizioni di vita degli abitanti di quelle regioni. La Convenzione promuove partenariati tra gli Stati industrializzati e i Paesi in sviluppo nonché il coinvolgimento attivo delle popolazioni locali nell'attuazione di tutte le misure.

Il principale strumento di adempimento della Convenzione è costituito da programmi d'azione nazionali. Questi comprendono direttive d'intervento e misure pratiche per tutti i settori importanti ai fini di un utilizzo sostenibile del suolo, specialmente nell'agricoltura, nella selvicoltura e nella gestione delle acque. La responsabilità per questa Convenzione e per le misure bilaterali di attuazione nei Paesi in sviluppo compete alla DSC.

Meccanismo di finanziamento dell'UNCCD Oltre a contenere la dichiarazione sulla lotta contro la desertificazione, l'UNCCD prescrive ai suoi articoli 4 e 6 gli impegni finanziari dei Paesi industrializzati per l'adempimento della Convenzione nei Paesi in sviluppo. Dal 2003 il GEF funge da meccanismo ufficiale di finanziamento dell'UNCCD. Nell'ambito delle decisioni della loro conferenza, le Parti contraenti alla Convenzione possono impartire direttive strategiche al GEF. Quest'ultimo sostiene gli obiettivi della Convenzione tramite i mezzi di cui dispone nel settore prioritario «deterioramento dei suoli». In occasione dell'ultima Conferenza delle Parti contraenti, tenutasi in Namibia nel settembre del 2013, il GEF è stato invitato a rafforzare il suo sostegno e ad avviare misure per il monitoraggio del deterioramento dei suoli e per la ricoltivazione delle superfici deteriorate nelle zone aride. Finora nel settore prioritario del deterioramento dei suoli sono confluiti
fondi del GEF per un ammontare di 777 milioni di dollari. Gli Stati hanno riconosciuto l'aumento del fabbisogno, per cui nel GEF-6 sono investiti circa 431 milioni di dollari per la lotta contro la desertificazione, ossia il 6 per cento in più rispetto all'ultima ricapitalizzazione.

Oltre che dal GEF, meccanismo ufficiale di finanziamento dell'UNCCD, l'adempimento della Convenzione nei Paesi in sviluppo viene finanziato anche dalla cooperazione bilaterale allo sviluppo e da altri Fondi multilaterali e bilaterali, nonché da istituzioni e iniziative private. La maggior parte di questi Fondi e iniziative contribuisce tuttavia solo indirettamente al raggiungimento degli obiettivi dell'UNCCD, ragion per cui il GEF rivestirà anche in futuro un ruolo centrale per una lotta efficace contro la desertificazione.

29

RS 0.451.1

6707

2.2.5

Acque internazionali

Nel settore prioritario «acque internazionali» il GEF si adopera per la protezione delle acque transfrontaliere. Tra queste si annoverano i grandi ecosistemi marini, i bacini di raccolta di fiumi e di laghi nonché le falde acquifere che si estendono su diversi Paesi. Spesso tali acque sono utilizzate in modo difforme e non sostenibile, con conseguenti possibili conflitti, sovrasfruttamento delle basi naturali della vita e un aumento della povertà. Pertanto, con i suoi progetti, il GEF promuove la cooperazione tra Parti rivierasche come pure la messa a punto di piani strategici per la gestione congiunta e sostenibile delle risorse idriche. A questo proposito sostiene le riforme politiche, giuridiche e istituzionali ed effettua investimenti mirati per l'utilizzazione sostenibile e la salvaguardia di questi ecosistemi. Finora per il settore delle acque internazionali sono stati impiegati 1,5 miliardi di dollari. Nel GEF-6 sono investiti complessivamente circa 456 milioni di dollari per la protezione delle acque transfrontaliere.

Nel settore delle risorse idriche operano, oltre al GEF, molte agenzie bilaterali per lo sviluppo, banche multilaterali di sviluppo e istituzioni private. Tuttavia questo sostegno ai Paesi in sviluppo riguarda specialmente il miglioramento dell'approvvigionamento idrico delle popolazioni. Solo una parte dei fondi è destinata direttamente alla protezione delle acque transfrontaliere. Di conseguenza, in questo settore il GEF svolgerà anche in futuro un ruolo importante.

2.3

Effetti dei Fondi per l'ambiente

2.3.1

Efficacia del GEF

Efficacia dei progetti del GEF Dal 1991 il GEF ha investito circa 13 miliardi di dollari di mezzi propri in 3566 progetti realizzati in 165 Paesi (GEF Evaluation Office 2013). Grazie a un tasso elevato di cofinanziamento (pari a cinque volte i mezzi propri investiti), sono stati mobilitati complessivamente circa 67 miliardi di dollari. Si tratta di risorse provenienti da fonti nazionali dei Paesi beneficiari, da finanziamenti aggiuntivi delle banche multilaterali di sviluppo (mutui compresi), da donatori bilaterali come pure dal settore privato. Ciò evidenzia la funzione di precursore e la forza di mobilitazione del GEF.

Il GEF è dotato di un ufficio indipendente per il monitoraggio e la valutazione, incaricato di verificare l'efficacia dei progetti finanziati. Ogni quattro anni tale ufficio sottopone le attività del Fondo a una valutazione esterna approfondita e indipendente. A proposito dei progetti, il quinto bilancio globale del GEF concluso nel 2013 (5th Operational Performance Study ­ OPS5, 2013) certifica l'elevato livello dei risultati, superiore alla media, l'evidente efficacia nel raggiungimento degli obiettivi ambientali globali e la fondamentale importanza per l'attuazione delle convenzioni e per i Paesi beneficiari. Nei settori prioritari del GEF sono stati raggiunti i risultati seguenti.

­

6708

Grazie a investimenti per la promozione del rendimento energetico e delle energie rinnovabili e per soluzioni di trasporto e altre tecnologie rispettose del clima, il GEF con i suoi progetti porterà a una riduzione delle emissioni di gas a effetto serra pari a circa due miliardi di tonnellate di equivalenti di

CO2. La trasformazione dei mercati contribuirà in modo indiretto a tale diminuzione con ulteriori sette miliardi di tonnellate, pari a circa il 14 per cento delle emissioni annue di gas a effetto serra (GEF 2013a).

­

Nel settore della biodiversità i progetti del GEF hanno prodotto, grazie a migliori pratiche di utilizzazione del suolo, effetti ambientali positivi superiori alla media, quali la protezione di nuove superfici, la gestione più efficiente delle zone protette e un minor impatto sulla diversità biologica. Il GEF ha.

ad esempio, contribuito in misura essenziale al raggiungimento dell'attuale quota di terre emerse poste sotto tutela (oltre il 10 %).

­

Sin dall'inizio, il GEF ha finanziato progetti destinati a tutelare aree forestali di elevato valore e a gestire in modo sostenibile le foreste. Oltre a salvaguardare la biodiversità, tali finanziamenti hanno consentito di ridurre significativamente le emissioni di gas a effetto serra provocate dalla deforestazione.

Tra il 2003 e il 2007, ad esempio, l'istituzione di zone forestali protette nell'Amazzonia ha evitato quasi un terzo delle emissioni globali annue di gas a effetto serra (GEF 2010).

­

Anche i progetti relativi agli altri settori prioritari (desertificazione, prodotti chimici e strato di ozono) e i progetti con molteplici priorità tematiche hanno avuto un impatto positivo sull'ambiente; in particolare, hanno promosso condizioni quadro favorevoli per ottenere ulteriori miglioramenti a livello ambientale. Un meccanismo importante per garantire un elevato grado di realizzazione degli obiettivi fissati è costituito dall'integrazione degli aspetti ambientali in leggi e politiche di altri settori (trasporti, agricoltura, industria mineraria, energia e sanità). Gli investimenti finanziari attualmente effettuati dal GEF permetteranno di eliminare più di 70 000 tonnellate di prodotti chimici industriali nocivi (PCB) e oltre 40 000 tonnellate di inquinanti organici persistenti (POP). I progetti finanziati dal GEF nei Paesi in transizione (Europa centrale e orientale ed ex Unione Sovietica) hanno consentito di eliminare 20 000 tonnellate di sostanze che impoveriscono lo strato di ozono. Grazie anche ai sussidi finanziari di altri partner bilaterali, questi Paesi sono riusciti a ridurre il consumo delle suddette sostanze nella misura del 99 per cento (GEF 2013a).

­

I progetti relativi al settore prioritario delle risorse idriche hanno fatto registrare risultati altrettanto positivi. La cooperazione transnazionale in merito a dozzine di corsi d'acqua, laghi, falde acquifere e grandi ecosistemi marini transfrontalieri ha consentito di realizzare riforme istituzionali e forme di collaborazione che hanno portato a un minor impatto sulle risorse idriche e a miglioramenti ecologici (GEF 2012b). I progetti del GEF hanno tra l'altro ridotto efficacemente l'inquinamento da nutrienti finanziando innovativi impianti di trattamento delle acque, hanno protetto foreste di mangrovie e barriere coralline e hanno garantito la disponibilità idrica attraverso una migliore gestione. Nel caso dei grandi ecosistemi marini, i progetti del GEF contribuiscono alla rigenerazione delle aree sottoposte a pesca eccessiva.

Efficacia della strategia del GEF Le attività del GEF si basano sulla strategia dei settori prioritari (focal area strategy), approvata dal Consiglio esecutivo nel 2007. Tale strategia definisce, su mandato delle convenzioni per l'ambiente, i settori in cui stanziare i fondi per raggiunge6709

re il massimo risultato a favore dell'ambiente stesso. L'efficacia della strategia seguita è presa in esame dall'ufficio indipendente per il monitoraggio e la valutazione del GEF. La valutazione (OPS-5) relativa al GEF-5 giunge alle seguenti constatazioni: ­

il GEF, con i suoi progetti e programmi, ottiene risultati superiori alla media rispetto ad altre istituzioni di finanziamento;

­

l'attuale dotazione finanziaria del GEF è a malapena sufficiente. In tutto il mondo lo stato dell'ambiente continua a peggiorare e le tematiche ambientali globali risultano sottofinanziate. In futuro l'ampliamento del portafoglio dei compiti del GEF (ad es. nell'ambito della Convenzione sul mercurio) e la prevista scarsità di fondi pubblici supplementari renderanno ancora più difficile un'attuazione efficace;

­

i Paesi dovrebbero continuare a beneficiare del sostegno del GEF per migliorare ulteriormente l'armonizzazione del portafoglio di progetti GEF con le loro strategie nazionali per l'ambiente;

­

in futuro sarà ancora più importante coinvolgere meglio i diretti interessati già nella fase di elaborazione di progetti e programmi, tenendo anche conto delle strategie nazionali dei Paesi beneficiari;

­

è possibile semplificare e accelerare ulteriormente le procedure, dalla formulazione e dall'approvazione fino all'attuazione dei progetti;

­

la gestione dei progetti dovrebbe essere maggiormente orientata ai risultati, mentre il sistema di monitoraggio dovrebbe essere migliorato. Ciò permetterebbe di trarre conclusioni più coerenti e attendibili.

2.3.2

Efficacia del Fondo per l'ozono

Dal 1991 alla fine del 2012 il Fondo per l'ozono ha stanziato 2,9 miliardi di dollari per progetti in 148 Paesi in sviluppo. Grazie alla completa attuazione di tutti i progetti finora autorizzati mediante il Fondo, nei Paesi interessati è stato possibile ridurre le sostanze che impoveriscono lo strato di ozono per una quantità pari a 460 000 tonnellate di equivalenti di CFC30. Questi dati sottolineano il ruolo centrale del Fondo nella protezione dello strato di ozono. Secondo alcune stime, il Fondo stesso ha permesso di ridurre circa il 75­80 per cento di queste sostanze nocive nei Paesi in sviluppo.

Progetti e programmi sono oggetto di valutazioni periodiche, le quali confermano che il Fondo per l'ozono impiega le sue risorse con efficacia e svolge un ruolo centrale nella graduale rinuncia alle sostanze nocive.

Tenuto conto del previsto ampliamento del campo d'applicazione del Protocollo di Montreal (cfr. n. 2.2.3.1) e dell'elevata efficacia del Fondo per l'ozono, quest'ultimo acquisterà in futuro maggiore importanza, data la sua centralità ai fini di un'efficiente protezione dello strato di ozono.

30

www.multilateralfund.org

6710

2.3.3

Efficacia dei Fondi specializzati per il clima LDCF e SCCF amministrati dal GEF

Il LDCF ha assunto un ruolo importante nell'ambito dell'adeguamento ai cambiamenti climatici dei Paesi più poveri e vulnerabili del mondo. Questi Paesi economicamente deboli devono usare con grande parsimonia sia i mezzi propri che i fondi internazionali. I programmi nazionali per l'adeguamento ai cambiamenti climatici messi a punto con l'aiuto del GEF hanno portato a una maggiore consapevolezza degli effetti dei cambiamenti climatici. Gli Stati hanno così costituito le basi per decidere in quali misure di adeguamento occorra investire in via prioritaria. 50 dei Paesi meno sviluppati dispongono oggi di programmi nazionali di adeguamento e quindi di uno strumento politico fondamentale per affrontare i cambiamenti climatici. Il 69 per cento dei fondi è confluito in Paesi africani. Dozzine di progetti, soprattutto nei settori della sicurezza alimentare e dell'agricoltura, hanno permesso di adottare misure urgenti che hanno contribuito all'adeguamento ai cambiamenti climatici e migliorato notevolmente le condizioni di vita delle fasce più povere della popolazione (GEF 2012a).

Lo SCCF sostiene i Paesi in sviluppo nell'adeguamento ai cambiamenti climatici e favorisce il trasferimento di tecnologie rispettose dell'ambiente. Circa il 10 per cento dei mezzi a disposizione è confluito in progetti di adeguamento (GEF Evaluation Office 2012), rilevanti per le priorità di sviluppo nazionali dei Paesi beneficiari. Tali progetti perseguono approcci innovativi e fungono da progetti pilota per future attività di adeguamento più sviluppate e replicabili.

3

Contenuto del decreto sul credito

3.1

Richiesta all'Assemblea federale

Sulla base del credito quadro approvato dal Parlamento in questo ambito nel 2010, chiediamo che venga stanziato un nuovo credito quadro per un importo complessivo di 147,83 milioni di franchi. Come in passato, il nuovo credito quadro per l'ambiente globale comprende i contributi ai tre tipi di Fondo (Fondo globale per l'ambiente GEF, Fondo per l'ozono, Fondi per il clima LDCF e SCCF amministrati dal GEF) nonché un credito per la copertura delle spese d'esecuzione.

3.2

Descrizione dettagliata del contenuto del progetto

Il contributo svizzero al GEF-6 (dal luglio 2014 al giugno 2018) ammonta a 124,93 milioni di franchi, importo nominale che è pari a quello stanziato dalla Svizzera in occasione dell'ultima ricapitalizzazione. Al Fondo multilaterale per l'ozono del Protocollo di Montreal e ai Fondi per il clima amministrati dal GEF sono invece destinati rispettivamente 11 milioni di franchi e 9 milioni di franchi. Per coprire le spese d'esecuzione chiediamo che venga stanziato un credito di 2,9 milioni di franchi. Le singole componenti e somme del credito quadro sono illustrate in dettaglio nel presente capitolo. Il credito quadro ha una durata minima di quattro anni e i primi versamenti dovrebbero essere effettuati a partire dal 2015.

6711

Il nostro Collegio considera che il fabbisogno finanziario del credito quadro proposto sia dimostrato ed è convinto che le istituzioni menzionate siano in grado di realizzare progetti efficaci per la protezione dell'ambiente globale.

La presente richiesta si allinea ai cinque crediti quadro stanziati in questo ambito dal Parlamento nel 1991, 1998, 2003, 2007 e 2011.

Nel 1991, in occasione dei festeggiamenti per il 700° della Confederazione, era stato stanziato un credito quadro di 300 milioni di franchi a favore dei Paesi in sviluppo per programmi e progetti ambientali d'importanza globale. La Svizzera ha utilizzato tali fondi in particolare per la fase pilota del GEF e per il GEF-1, nonché per le corrispondenti fasi del Fondo per l'ozono.

Il credito quadro del 1998 per il finanziamento nei Paesi in sviluppo di programmi e progetti volti alla soluzione di problemi ambientali globali ha messo a disposizione altri 88,5 milioni di franchi (GEF-2 1998­2002, Fondo per l'ozono31).

Nel 2003 il Parlamento ha accordato un nuovo credito quadro per l'ambiente globale per un ammontare di 125 milioni di franchi (GEF-3 2002­2006, Fondo per l'ozono e Fondi per il clima32). Lo stesso anno il Parlamento ha adottato un complemento alla legge federale del 7 ottobre 198333 sulla protezione dell'ambiente (LPAmb), istituendo la base legale formale per il presente credito quadro (art. 53 cpv. 2 LPAmb).

Il 21 giugno 2007 è seguito il decreto federale concernente un credito quadro per l'ambiente globale dell'ammontare di 109,77 milioni di franchi (GEF-4 2006­201034).

Da ultimo, il 16 marzo 2011 è stato approvato il decreto federale concernente un credito quadro per l'ambiente globale dell'importo di 148,93 milioni di franchi (GEF-5 2011­201435).

3.2.1

Contributo della Svizzera al GEF

Fabbisogno di risorse per il GEF-6 In linea generale, i Fondi multilaterali come il GEF sono finanziati in base a una ripartizione degli oneri tra i Paesi donatori calcolata secondo criteri economici. I contributi versati finora dalla Svizzera al GEF Trust Fund sono riportati nella tabella 1 dell'allegato.

I costi derivanti dalla gestione dei problemi ambientali globali trattati dal GEF continuano a crescere rapidamente. I settori di intervento del GEF così come le esigenze dei Paesi in sviluppo o in transizione sono aumentati ulteriormente, soprattutto per quanto riguarda i cambiamenti climatici, la biodiversità e i prodotti chimici (cfr. n. 2.2).

La ripartizione del budget proposta dal Segretariato del GEF per il GEF-6 ­ ripartizione basata sulle proiezioni riguardanti l'evoluzione del fabbisogno finanziario nei settori prioritari ­ ha costituito la base per i negoziati internazionali sulla ricapitaliz31 32 33 34 35

FF 1998 2871 FF 2003 6983 RS 814.01 FF 2007 4557 FF 2011 2677

6712

zazione. Nei negoziati si è inoltre tenuto conto della capacità dei Paesi beneficiari di garantire un impiego produttivo ed efficiente dei fondi GEF a favore di beni ambientali globali nonché della capacità delle organizzazioni d'implementazione di pianificare e realizzare progetti qualitativamente elevati con un'utilità complessiva per l'ambiente.

Le diverse valutazioni del GEF dimostrano che rimane alta l'offerta di progetti di qualità corrispondenti ai criteri del Fondo. Continua a essere ugualmente alta la capacità di realizzare i progetti da parte delle organizzazioni incaricate dell'implementazione. La capacità di assorbimento delle risorse del GEF nei Paesi beneficiari è ulteriormente cresciuta.

Risultati dei negoziati sul GEF-6 ­ Contributo della Svizzera I negoziati internazionali per la sesta ricapitalizzazione del GEF sono iniziati, dopo consultazioni preliminari, nella primavera del 2013 e si sono conclusi nel maggio del 2014. I Paesi donatori hanno convenuto che per il GEF-6 saranno messi a disposizione mezzi per un ammontare pari a 4,43 miliardi di dollari, ciò che corrisponde a un lieve aumento rispetto all'ultima ricapitalizzazione del Fondo. I risultati dei negoziati sono stati sottoposti per approvazione alla quinta Assemblea generale del GEF tenutasi il 28 e il 29 maggio 2014 a Cancún (Messico), fatta salva l'accettazione da parte degli organi decisionali nazionali. Il GEF-6 necessita inoltre dell'approvazione dei direttori esecutivi della Banca mondiale, la quale continua ad amministrare il Fondo globale per l'ambiente in qualità di fiduciaria.

Durante i negoziati i Paesi donatori si sono accordati anche su una serie di misure volte ad accrescere l'efficienza, l'efficacia e la sostenibilità delle attività e dei progetti del GEF nei prossimi quattro anni. In particolare, la maggiore differenziazione tra gli Stati beneficiari e la più intensa collaborazione con il settore privato hanno lo scopo di rafforzare l'efficacia dei progetti. L'ulteriore sviluppo e l'abbreviazione del ciclo di pianificazione dei progetti si propongono di incrementare l'efficienza delle attività del GEF.

Il Giappone, maggiore contribuente del Fondo, aumenta ancora una volta in modo molto significativo i suoi contributi, precisamente di oltre il 20 per cento. La disponibilità del Giappone e di alcuni
Paesi nordeuropei a incrementare nuovamente i rispettivi contributi rende possibile un lieve aumento dell'ammontare totale della ricapitalizzazione rispetto a quella precedente, malgrado la situazione economica negativa, la riduzione del 5 per cento del contributo degli Stati Uniti e la debolezza dell'euro. Molti Paesi donatori europei hanno altresì ribadito la loro disponibilità a versare, oltre a quelli di base, contributi supplementari (supplemental contributions).

Sulla base del mandato negoziale del 6 dicembre 2013 conferito dal Consiglio federale, la Svizzera ha concordato con gli altri Stati un contributo al GEF-6 pari a 124,93 milioni di franchi (cfr. tab. 2 dell'allegato). Per questo mandato negoziale il nostro Collegio aveva stabilito che l'ammontare del contributo svizzero si sarebbe dovuto basare sulla quota di partecipazione all'IDA (Associazione internazionale per lo sviluppo) e avrebbe dovuto garantire il mantenimento del seggio nel Consiglio del GEF; inoltre aveva fissato un importo massimo di 131,5 milioni di franchi, corrispondente a un aumento di circa il 5 per cento del contributo svizzero rispetto al GEF-5. L'importo concordato di 124,93 milioni di franchi rappresenta un mantenimento del contributo nominale rispetto al GEF-5, corrispondente, in base all'adegua-

6713

mento del piano dei pagamenti e al nuovo tasso di cambio, a un incremento del 18,6 per cento in diritti speciali di prelievo (unità monetaria della Banca mondiale).

Con questo contributo di 124,93 milioni di franchi la Svizzera testimonia il suo forte impegno per l'attuazione delle grandi convenzioni sull'ambiente e la sua disponibilità a osservare gli obblighi assunti con la ratifica. Il contributo consente alla Svizzera di continuare a svolgere in maniera credibile il proprio ruolo nell'impostare la politica ambientale globale multilaterale, solidarizzando con i Paesi beneficiari e i partner europei. Inoltre, sia come membro del Consiglio del GEF per il suo gruppo di voto sia per la posizione che occupa in seno ad altre istituzioni quali la Banca mondiale e il Fondo monetario internazionale, la Svizzera ha sicuramente un interesse a condurre una politica ambientale internazionale attiva e costruttiva che le permetta di essere un partner credibile e di conservare la capacità di influire sulle organizzazioni e sui processi decisionali internazionali.

Modalità dei pagamenti per il GEF-6 Occorre distinguere tra la validità ufficiale del GEF-6 (dal luglio del 2014 al giugno del 2018, conformemente all'anno contabile della Banca mondiale e del GEF) e il versamento effettivo dei contributi concordati, che, a causa del ritardo con cui si sono conclusi i negoziati internazionali per la ricapitalizzazione, non inizierà prima del 2015 per la maggior parte degli Stati. La Banca mondiale, amministratrice dei fondi del GEF, ritira i contributi secondo un piano prestabilito sull'arco di circa dieci anni (cfr. tab. 4 dell'allegato).

I Paesi donatori depositano presso l'amministratrice del Fondo (Banca mondiale) un «instrument of commitment» che definisce l'importo totale del loro contributo al GEF. Successivamente, nel caso della Svizzera, il settore Istituzioni finanziarie multilaterali della SECO emette presso la Banca nazionale quattro obbligazioni di uguale entità, non negoziabili ed esenti da interessi (promissory notes). Le obbligazioni conferiscono all'amministratrice del Fondo il diritto di esigere periodicamente dalla Banca nazionale il contributo svizzero al GEF, il che avviene di regola mediante un pagamento trimestrale.

I pagamenti effettivi annui sono riportati nella tabella 9 dell'allegato.

3.2.2

Contributo della Svizzera al Fondo per l'ozono

I pagamenti effettuati finora dalla Svizzera al Fondo per l'ozono sono riportati nella tabella 6 dell'allegato. Mentre la periodicità del GEF e del credito quadro è quadriennale, quella del Fondo per l'ozono è triennale. I suoi periodi di ricapitalizzazione non coincidono dunque con quelli dei crediti quadro.

Contrariamente al GEF, il Fondo multilaterale per l'ozono è amministrato dalle Nazioni Unite. La suddivisione degli oneri poggia pertanto sulla chiave di ripartizione dell'ONU, da cui poi per i 49 Paesi donatori sono estrapolate le aliquote, contenute entro un limite massimo del 22 per cento per ogni singolo donatore. Nel periodo 2012­2014 l'aliquota della Svizzera è pari all'1,4415 per cento. Come per il GEF, la Svizzera può contrarre i suoi impegni in franchi svizzeri anche se il volume complessivo della ricapitalizzazione è espresso in dollari. Il tasso di cambio rispetto al dollaro per gli anni 2012­2014 è stato calcolato su un periodo di riferimento stabilito dalla Conferenza delle Parti contraenti, in questo caso il primo semestre del 6714

2011, e vale per l'intera durata della ricapitalizzazione. Per il franco svizzero è stato fissato un tasso particolarmente favorevole, pari a 0,9134 franchi per 1 dollaro. A differenza del GEF, i Paesi donatori pagano i loro contributi in tre tranche uguali, una per anno. I negoziati riguardanti la ricapitalizzazione del Fondo per l'ozono per il periodo 2012­2014 si sono conclusi nel novembre 2011 e gli Stati hanno concordato un importo pari a 450 milioni di dollari, di cui 400 milioni in nuovi contributi.

Sulla base degli elementi sopra indicati, l'impegno finanziario della Svizzera per questa ricapitalizzazione ammonta a 1,922 milioni di dollari, corrispondenti a 1,7556 milioni di franchi l'anno (UNEP/OzL.Conv.9/7 e UNEP/OzL.Pro.23/11, annex III).

Il presente credito quadro copre il periodo di ricapitalizzazione 2015­2017 del Fondo per l'ozono e il primo anno del successivo periodo 2018­2020. Al momento attuale non è noto l'importo esatto dei contributi svizzeri al Fondo per l'ozono per gli anni 2015­2017. Per questo periodo l'ammontare della ricapitalizzazione verrà negoziato dalle Parti al Protocollo di Montreal soltanto nell'autunno 2014 sulla base della valutazione delle necessità dei Paesi in sviluppo. Tuttavia, alcuni parametri determinanti per i negoziati possono già essere individuati.

Rispetto degli impegni finanziari assunti: nel 2007, adottando l'adeguamento del Protocollo concernente gli HCFC, le Parti, compresa la Svizzera, si sono dichiarate disposte a fornire un sostegno finanziario stabile e sufficiente ai Paesi in sviluppo in occasione delle successive ricapitalizzazioni del Fondo per l'ozono (cfr. n. 2.2.3.1).

Una riduzione del contributo attuale sarebbe molto difficile da giustificare e metterebbe la Svizzera in una situazione di isolamento.

Estensione del campo di applicazione del Protocollo di Montreal e possibile aumento del contributo al Fondo per l'ozono: diversi Stati hanno presentato una proposta di emendamento al Protocollo di Montreal sul controllo dei gas a effetto serra sintetici (HFC). Se questa proposta, sostenuta anche dalla Svizzera e dall'Unione europea, o altre di tenore simile dovessero essere adottate dalle Parti, l'aumento del sostegno finanziario del Fondo per l'ozono avverrebbe probabilmente già nel periodo 2015­2018.

Rischio di cambio: poiché al
momento attuale il tasso di cambio per la ricapitalizzazione 2015­2017 non è stato ancora stato stabilito, occorrerebbe considerare per la ricapitalizzazione un lieve aumento rispetto al contributo 2014.

Incertezza sull'ammontare del contributo per il 2018: il credito quadro per l'ambiente globale 2015­2018 comprende anche il primo anno della ricapitalizzazione 2018­2020 del Fondo per l'ozono. Le condizioni quadro per questa ricapitalizzazione saranno negoziate soltanto nel 2017 e al momento non si possono ancora stimare. Allo stesso modo non è possibile alcuna stima di elementi importanti per il calcolo del contributo svizzero, quali il tasso di cambio franco-dollaro, la chiave di ripartizione dell'ONU e l'ammontare complessivo della ricapitalizzazione. Per attenuare gli effetti di queste incertezze e consolidare la posizione negoziale della Svizzera, va previsto un aumento del contributo svizzero di 1 milione di franchi per il 2018.

Tenendo conto di queste considerazioni, è opportuno prevedere per il periodo 2015­ 2017 un contributo annuo pari a 2,5 milioni di franchi e a 3,5 milioni di franchi per il 2018, di cui 0,5 milioni destinati a coprire l'eventuale aumento del contributo al Fondo per l'ozono dovuto alla considerazione degli HFC nel Protocollo di Montreal a partire dal 2015. Di conseguenza, l'importo globale previsto per il Fondo per

6715

l'ozono nel presente credito quadro ammonta a 11 milioni di franchi, di cui 2 milioni destinati a coprire le spese derivanti da eventuali misure di controllo degli HFC.

I pagamenti annui previsti sono riportati nella tabella 9 dell'allegato.

3.2.3

Contributo della Svizzera ai Fondi specializzati per il clima LDCF e SCCF amministrati dal GEF

Nell'ultimo credito quadro per l'ambiente globale sono stati stanziati complessivamente 9 milioni di franchi a favore dei Fondi specializzati per il clima (LDCF e SCCF). Le necessità in ambito climatico sono molto elevate (cfr. n. 2.2.1) e i Fondi specializzati per il clima forniscono un importante sostegno ai Paesi in sviluppo per l'attuazione delle loro misure di adeguamento ai cambiamenti climatici (cfr. n. 2.1.3 e 2.3.3). Per tale motivo occorre assegnare a questi Fondi lo stesso importo. In questo modo la Svizzera fa riferimento alla soglia inferiore dei pagamenti effettuati da Paesi europei paragonabili.

L'importo totale rilevante per il presente credito quadro ammonta quindi a 9 milioni di franchi. I pagamenti annui previsti sono riportati nella tabella 9 dell'allegato.

3.2.4

Credito per l'esecuzione

Oltre alle voci GEF, Fondo per l'ozono e Fondi specializzati per il clima (LDCF e SCCF), si propone nuovamente di includere un credito per la copertura delle spese d'esecuzione. Con il credito quadro 2011­2014 è stato chiesto per il periodo 2011­2015 un credito d'impegno di complessivi 3 milioni di franchi, ossia 0,6 milioni l'anno. Con il presente messaggio i mezzi per l'esecuzione aumenteranno di 0,2 milioni di franchi l'anno, per una quota annua pari a 0,8 milioni di franchi; 0,1 milioni di questa quota non sono destinati a impegni superiori a un anno e non figurano quindi nel credito quadro. Di conseguenza, per il periodo 2015­2019 viene proposto un credito per l'esecuzione pari a 2,9 milioni di franchi (2015: 0,1 mio. per accrescere i mezzi già richiesti con l'ultimo credito quadro; 2016­2019: 0,7 mio.

l'anno).

Il leggero aumento del contributo è indispensabile per soddisfare le accresciute esigenze pluriennali legate al controllo della qualità delle diverse attività dei Fondi, ai negoziati nell'ambito delle convenzioni e alla gestione del gruppo di voto, aspetti a loro volta determinanti per il mantenimento del seggio svizzero nel Consiglio del GEF. Il credito serve inoltre a finanziare attività collaterali pluriennali in grado di garantire un adempimento più efficiente delle convenzioni.

Il ruolo direttivo assunto dalla Svizzera nel suo gruppo di voto in seno al GEF comporta una considerevole mole di lavoro. Questo gruppo è stato istituito dal Consiglio federale mediante decisione del 20 ottobre 1999 su iniziativa del Dipartimento federale delle finanze e ampliato il 14 gennaio 2003. Oltre alla Svizzera ne fanno parte l'Azerbaigian, il Kazakistan, il Kirghizistan, il Tagikistan, il Turkmenistan e l'Uzbekistan. Nel quadro del suo ruolo direttivo, la Svizzera organizza congiuntamente con il GEF appositi incontri annuali ed è impegnata in programmi del Fondo volti ad ampliare le competenze specialistiche negli altri Paesi del gruppo.

6716

Per garantire i controlli di qualità e sostenere la rappresentanza svizzera nel Consiglio del GEF, in particolare per le questioni su cui decide lo stesso Consiglio, come l'approvazione di proposte di progetti e di nuovi strumenti e programmi, sono forniti contributi pluriennali a organizzazioni e reti. Grazie a questo accompagnamento metodico dell'attività del Consiglio del GEF, la Svizzera ha un ruolo direttivo in seno al medesimo organo nella valutazione critica dei progetti come pure nel perfezionamento degli strumenti e dei programmi. Tale lavoro si traduce spesso in raccomandazioni concrete per una definizione più precisa delle priorità strategiche e degli obiettivi del GEF nei diversi settori prioritari.

I mezzi del credito per l'esecuzione consentono inoltre alla Svizzera di consolidare il suo ruolo direttivo nel gruppo di voto cui appartiene in seno al GEF mediante attività strategiche pluriennali, in collaborazione con gli altri Paesi del gruppo, per il sostegno dei settori prioritari del GEF-6. La consapevolezza acquisita dai Paesi facenti parte di questo gruppo, la loro importanza geostrategica e l'interesse crescente delle potenze mondiali per questa regione ricca di materie prime impongono alla Svizzera di mettere periodicamente in evidenza presso i suoi partner gli indubbi vantaggi offerti dalla collaborazione con un Paese neutrale: in questo senso la Svizzera sostiene ad esempio un'attività del PNUS in Kazakistan per l'analisi approfondita dei flussi finanziari nazionali e delle esigenze di protezione della biodiversità nel Paese. Sia il Ministero delle finanze che il Ministero dell'ambiente del Kazakistan sono impegnati attivamente nella pianificazione e nell'esecuzione del progetto.

Altri esempi di sostegno riguardano i rapporti sull'ambiente dell'UNECE nei Paesi facenti parte del gruppo di voto svizzero in seno al GEF e un'attività dell'Istituto di ricerca e di formazione della Nazioni Unite36 (UNITAR) in Tagikistan, nell'ambito della quale i responsabili del mondo politico ed economico sono messi di fronte alle sfide poste dai cambiamenti climatici nel loro Paese. Tali attività sono concertate con i programmi della cooperazione svizzera allo sviluppo della DSC e della SECO nei Paesi in questione.

L'onere legato alla gestione del dossier internazionale per il finanziamento
ambientale è considerevolmente aumentato. Questo è dovuto in particolare all'esame critico dei numerosi nuovi provvedimenti e strumenti (Fondi, impegni, direttive per la rendicontazione ecc.) proposti sul piano multilaterale. Qualora questi ultimi non corrispondano all'interesse della Svizzera, il nostro Paese persegue soluzioni migliori con argomentazioni convincenti nei negoziati internazionali. Questo è vero soprattutto nei settori dei cambiamenti climatici e della biodiversità, ma simili difficoltà sono previste anche nell'ambito del finanziamento delle convenzioni sui prodotti chimici. Ci vogliono quindi maggiori sforzi di coordinamento e concertazione che implicano negoziati a diversi livelli come pure all'interno dell'Amministrazione federale. La posizione della Svizzera è sostenuta dalle attività di organizzazioni e da reti internazionali, ad esempio dalla messa a punto di metodi e strumenti migliori nel settore del finanziamento delle convenzioni ambientali, particolarmente rilevanti anche per il GEF. Contributi pluriennali a queste attività consentono alla Svizzera di consolidare la sua posizione nei negoziati e in seno al GEF.

Nell'ambito del Fondo per l'ozono la Svizzera ha l'obiettivo di promuovere le tecniche e i prodotti alternativi più favorevoli dal punto ambientale (soprattutto per il clima). A questo scopo offre talvolta il suo contributo a organizzazioni internazionali per la preparazione e il finanziamento di seminari destinati a divulgare l'informa36

www.unitar.org

6717

zione sui recenti sviluppi tecnici. Inoltre, finanzia la partecipazione pluriennale di esperti ai gruppi di valutazione tecnica e scientifica del Protocollo di Montreal.

Questo è infatti un compito che non viene assunto dal Segretariato, bensì dalle Parti.

Il credito per l'esecuzione qui proposto è indispensabile per consentire alla Svizzera di proseguire i lavori strategicamente rilevanti e proattivi nel settore dell'ambiente globale, nonché di dirigere in modo efficace per più anni il suo gruppo di voto nel GEF.

4

Ripercussioni

4.1

Ripercussioni per la Confederazione

4.1.1

Ripercussioni finanziarie e sull'effettivo del personale

Il nuovo credito quadro per l'ambiente globale Rubrica

Importo (in mio. di fr.)

Fondo globale per l'ambiente GEF Fondo multilaterale per l'ozono Fondi per il clima Esecuzione

124,93 11,00 9,00 2,90

Totale

147,83

Il credito quadro proposto dal Consiglio federale ammonta complessivamente a 147,83 milioni di franchi. La quota maggiore è destinata agli impegni finanziari della Svizzera nell'ambito della sesta ricapitalizzazione del GEF con 124,93 milioni di franchi.

Gli impegni che dovranno essere assunti sulla base del presente credito quadro comporteranno pagamenti annui nel periodo tra il 2015 e il 2024. I fondi necessari a tal fine saranno stanziati nel preventivo 2015 e nel piano finanziario 2016­2018 alla voce di credito A2310.0126 «Fondi ambientali multilaterali» dell'UFAM.

Degli 11 milioni di franchi previsti per la ricapitalizzazione del Fondo per l'ozono, 2 milioni saranno riservati all'eventuale decisione da parte del Protocollo di Montreal di considerare a partire dal 2015 anche gli HFC. Se ciò non dovesse essere il caso, l'UFAM non stanzierà l'importo.

Con l'eccezione del credito per l'esecuzione, gli importi proposti si fondano su negoziati internazionali cui partecipano tutti gli Stati donatori. L'importo totale di una ricapitalizzazione è determinato di volta in volta consensualmente dai Paesi donatori. Nonostante non possa essere costretto ad adempiere al suo impegno finanziario nemmeno ricorrendo al diritto internazionale, un Paese donatore subisce un danno politico rilevante se non rispetta l'accordo internazionale o se risulta essere in grave ritardo con il pagamento. Per quanto concerne il GEF, problemi di ritardo nel pagamento sono finora emersi soltanto con gli Stati Uniti e l'Italia.

Nello stesso senso sono vincolanti anche le chiavi di ripartizione alla base dei negoziati internazionali. Per il GEF, la chiave di ripartizione viene stabilita di volta in 6718

volta in modo consensuale durante i negoziati sulla ricapitalizzazione tra i Paesi donatori (cfr. tab. 2 dell'allegato). Nell'ambito del Fondo per l'ozono, i Paesi donatori hanno convenuto di applicare la chiave di ripartizione ordinaria dell'ONU (cfr.

n. 3.2.2).

Anche i tassi di cambio determinanti per i pagamenti nell'ambito del credito quadro proposto si basano, per quanto concerne il GEF e il Fondo per l'ozono, su accordi vincolanti tra gli Stati donatori e si riferiscono ogni volta al tasso di cambio medio delle valute nazionali calcolato dalla Banca mondiale durante un periodo di riferimento e prima della conclusione dei negoziati. I tassi di cambio per il GEF-6 sono riportati nella tabella 3 dell'allegato.

Il credito per l'esecuzione serve principalmente a controllare la qualità delle attività del GEF, a sostenere la rappresentanza svizzera in seno al Consiglio dello stesso Fondo, a gestire il gruppo di voto svizzero con l'Asia centrale e l'Azerbaigian nonché a finanziare ulteriori attività a favore dei Paesi partner (cfr. n. 3.2.4).

I compiti possono essere finanziati con fondi del bilancio del personale esistente.

4.2

Ripercussioni per l'economia

Il credito quadro proposto non ha conseguenze dirette per l'economia nazionale. È opportuno rilevare che dal GEF derivano per l'industria privata svizzera ordinazioni all'estero nell'ordine di qualche decina di milioni di franchi.

4.3

Competenze

L'UFAM è responsabile sia dell'esecuzione dei provvedimenti previsti nell'ambito del credito quadro sia dei negoziati internazionali nell'ambito delle convenzioni sui cambiamenti climatici, sulla biodiversità e sugli inquinanti organici persistenti, nonché nell'ambito della Convenzione sul mercurio e del Protocollo di Montreal per i controlli delle sostanze che impoveriscono lo strato di ozono. La responsabilità per quanto concerne la Convenzione sulla lotta contro la desertificazione spetta alla DSC.

All'interno dell'Amministrazione federale, l'UFAM collabora strettamente con la DSC nella gestione del dossier GEF e di quello dell'ozono. L'UFAM mette a disposizione il membro del Consiglio esecutivo del GEF e la DSC il suo sostituto.

Nell'amministrazione del credito quadro, l'UFAM può contare sulla collaborazione della DSC, della DP/DFAE, della SECO e dell'Amministrazione delle finanze, come pure sulla buona collaborazione tra gli uffici di tutto il settore della politica ambientale internazionale. Questo messaggio non pregiudica l'organizzazione dell'Amministrazione federale né le competenze dei singoli dipartimenti, gruppi e uffici, conformemente a quanto prescritto dalla legge del 21 marzo 199737 sull'organizzazione del Governo e dell'Amministrazione e dai suoi atti normativi di esecuzione.

37

RS 172.010

6719

5

Rapporto con il programma di legislatura

Il progetto è annunciato nel messaggio del 25 gennaio 201238 sul programma di legislatura 2011­2015.

Il progetto ­ tranne l'obiettivo 22 «La Svizzera partecipa alla lotta contro il cambiamento climatico e le sue conseguenze» ­ serve anche al raggiungimento degli obiettivi 8 «Consolidamento della posizione nel contesto internazionale e in seno alle istituzioni multilaterali» e 11 «Contributo all'eliminazione della povertà e all'attenuazione dei rischi globali» del rapporto sul programma di legislatura 2011­2015. La partecipazione finanziaria al GEF, al Fondo per l'ozono e ai Fondi per il clima è molto importante poiché tali Fondi sono i meccanismi di finanziamento delle convenzioni sui cambiamenti climatici, sulla biodiversità, sulla desertificazione, sul mercurio, sugli inquinanti organici persistenti e sull'ozono.

6

Aspetti giuridici

6.1

Costituzionalità e legalità

La competenza dell'Assemblea federale per il credito quadro proposto nel presente messaggio deriva dall'articolo 167 Cost. (competenza budgetaria dell'Assemblea federale). L'articolo 53 capoverso 1 lettera d LPAmb autorizza la Confederazione ad accordare contributi a Fondi per il sostegno di Paesi in sviluppo e in transizione nell'ambito dell'attuazione di accordi internazionali in materia ambientale. I contributi della Svizzera al Fondo globale per l'ambiente (GEF), al Fondo per l'ozono e ai Fondi specializzati per il clima (LDCF e SCCF) hanno lo scopo di aiutare i Paesi in sviluppo o in transizione a rispettare gli impegni derivanti dagli accordi internazionali in materia di ambiente.

Secondo l'articolo 53 capoverso 2 LPAmb, i contributi vanno stanziati sotto forma di crediti quadro pluriennali.

6.2

Forma dell'atto

In base all'articolo 163 capoverso 2 Cost. e all'articolo 25 capoverso 2 della legge del 13 dicembre 200239 sull'Assemblea federale, nella fattispecie è previsto un atto sotto forma di decreto federale semplice che non sottostà a referendum.

6.3

Subordinazione al freno alle spese

Secondo l'articolo 159 capoverso 3 lettera b Cost., le disposizioni in materia di sussidi contenute in leggi e decreti federali di obbligatorietà generale nonché i crediti d'impegno e le dotazioni finanziarie implicanti nuove spese uniche di oltre 20 milioni di franchi o nuove spese ricorrenti di oltre 2 milioni di franchi, devono

38 39

FF 2012 305, qui 439 RS 171.10

6720

essere approvate dalla maggioranza dei membri di ciascuna Camera. Di conseguenza, il presente credito quadro è subordinato al freno alle spese.

6.4

Rispetto dei principi della legge sui sussidi

I decreti di finanziamento proposti sono retti dalle disposizioni della legge federale del 5 ottobre 199040 sugli aiuti finanziari e le indennità. Secondo l'articolo 5 di questa legge, il Consiglio federale è tenuto a riesaminare periodicamente gli aiuti finanziari e le indennità. Nel rapporto sui sussidi 2008 il Consiglio federale ha stabilito che, in linea di principio, tutti i messaggi concernenti decreti sul credito e limiti di spesa debbano contenere un numero a parte che illustri le disposizioni rilevanti in materia di sussidi.

6.4.1

Rilevanza dei sussidi per gli obiettivi perseguiti dalla Confederazione

L'interesse della Confederazione al finanziamento delle attività a favore dell'ambiente globale è motivato ai numeri 1.1 e 1.5 del messaggio concernente un credito quadro per l'ambiente globale 2015­2018. Tale interesse si basa sugli articoli 2 e 54 Cost. e sugli obiettivi 8, 22 e 11 del programma di legislatura 2011­2015. Gli investimenti della Confederazione a favore dell'ambiente globale sostengono gli sforzi di governi e organizzazioni della società civile per fronteggiare i problemi ambientali globali (cfr. n. 1.2).

6.4.2

Gestione materiale e finanziaria dei sussidi

Grazie alla sua presenza in seno ai diversi organi decisionali dei Fondi, la Svizzera esercita un'influenza diretta sulla gestione materiale e finanziaria dei mezzi richiesti attraverso il presente credito quadro (cfr. n. 2.1 e 2.3).

L'assegnazione di contributi da parte dei diversi Fondi si basa su obiettivi formulati in modo chiaro. L'utilizzo di questi contributi è oggetto di monitoraggio e controllo mediante appositi strumenti, nonché di valutazioni periodiche indipendenti.

6.4.3

Procedura per la concessione di sussidi

L'ordinanza del 14 agosto 199141 sull'attuazione di programmi e progetti ecologici d'importanza globale nei Paesi in sviluppo disciplina le competenze finanziarie nel settore degli investimenti federali a favore dell'ambiente globale. Le modalità per la concessione di sussidi sono descritte ai numeri 2.1, 2.3 e 3.

40 41

RS 616.1 RS 172.018

6721

Bibliografia e fonti Tutti i documenti del GEF sono consultabili in Internet: www.thegef.org Informazioni sul Fondo per l'ozono: www.multilateralfund.org ­

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Altri riferimenti: ­

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Allegato Tabella 1 GEF Trust Fund e contributi versati finora dalla Svizzera Periodo GEF

Fase pilota GEF-1 GEF-2 GEF-3 GEF-4 GEF-5

(1991­1993) (1994­1998) (1998­2002) (2002­2006) (2006­2010) (2010­2014)

Totale 1991­2014

Importo totale

Quota CH

in mio. di USD

in mio. di CHF

800 2 000 2 000 3 000 3 100 4 250

57,03 64,09 64,38 99,07 88,00 124,93

15 150

497,50

Fonte: IEG 2013

6725

Tabella 2 Risultati dei negoziati GEF-6 e contributo della Svizzera

6726

Tabella 3 Tassi di cambio vincolanti per il GEF-6

6727

Tabella 4 Scadenze dei pagamenti per il GEF-6 Svizzera GEF-6: Scadenzario dei pagamenti in CHF Banca mondiale nella funzione di amministratrice del GEF Trust Fund Esercizio finanziario

2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 2022 2023 2024 Totale

Scadenzario dei pagamenti in % del contributo totale

Importo versato

6,65 % 7,42 % 15,73 % 21,84 % 17,55 % 17,05 % 9,27 % 3,16 % 0,80 % 0,54 %

8 310 000 9 270 000 19 650 000 27 280 000 21 920 000 21 300 000 11 580 000 3 950 000 1 000 000 670 000

100,00 %

124 930 000

Tabella 5 Fondi impiegati per progetti del GEF dal 1991 al 2013 (GEF Trust Fund) (in mio. di USD) Settore

Fondi GEF 1991­2013

Tasso di cofinanziamento GEF-5

Biodiversità Clima Acque internazionali Deterioramento del suolo Ozono Gestione sostenibile del bosco e REDD+ Prodotti chimici Progetti intersettoriali

3986 3830 1517 777 186 126 745 973

4,3 5,2 5,8 4,5 2,3 n.d.

n.d.

3,4

Fonte: GEF Evaluation Office 2013: Final report of the fifth overall performance study of the GEF: At crossroads for higher impact, 19 novembre 2013

6728

Tabella 6 Fondo per l'ozono e contributi versati finora dalla Svizzera Periodo

1991­1993 1994­1996 1997­1999 2000­2002 2003­2005 2006­2008 2009­2011 2012­2014 Totale 1991­2014

Totale

Quota CH

in mio. di USD

in mio. di CHF

240 455 466 440 474 400 400 400

4,57 7,61 10,20 9,16 11,66 7,41 6,18 5,27

3275

62,06

Tabella 7 Contributi annui dei principali contribuenti nell'ambito dell'ultima ricapitalizzazione del Fondo per l'ozono (2012­2014) Paese

Stati Uniti Giappone Germania Regno Unito Francia Italia Canada Spagna Australia Paesi Bassi Svizzera Altri contribuenti (36 Paesi) Totale

Contributo per anno in mio. di USD

29,33 21,31 13,64 11,23 10,41 8,50 5,45 5,40 3,29 3,16 1,92 19,69 133,33

6729

Tabella 8 Nuovo credito quadro per l'ambiente globale Rubrica

Importo in mio. di CHF

Fondo globale per l'ambiente GEF Fondo multilaterale per l'ozono Fondi per il clima Esecuzione

124,93 11,00 9,00 2,90

Totale

147,83

6730

Tabella 9 Pagamenti annui provenienti dal nuovo credito quadro a carico del credito A2310.0126 «Fondi ambientali multilaterali» Credito quadro per l'ambiente globale

Pagamenti in CHF

2015

GEF-6 Fondo per l'ozono Fondi per il clima (LDCF/SCCF) Spese per l'esecuzione Totale

6731

2016

2017

2018

2019

2020

2021

2022

2023

2024

Totale

8 310 000

9 270 000 19 650 000 27 280 000 21 920 000 21 300 000 11 580 000

3 950 000

1 000 000

670 000

124 930 000

2 500 000

2 500 000

2 500 000

3 500 000

11 000 000

2 250 000

2 250 000

2 250 000

2 250 000

9 000 000

100 000

700 000

700 000

700 000

700 000

13 160 000 14 720 000 25 100 000 33 730 000 22 620 000 21 300 000 11 580 000

2 900 000 3 950 000

1 000 000

670 000

147 830 000

6732