Rapporto del Consiglio federale sulle attività svolte dalla Svizzera nel settore della politica migratoria estera 2015 del 3 giugno 2016

Onorevoli presidenti e consiglieri, vi sottoponiamo il rapporto sulle attività svolte dalla Svizzera nel settore della politica migratoria estera 2015 affinché ne prendiate atto.

Gradite, onorevoli presidenti e consiglieri, l'espressione della nostra alta considerazione.

3 giugno 2016

In nome del Consiglio federale svizzero: Il presidente della Confederazione, Johann N. Schneider-Ammann Il cancelliere della Confederazione, Walter Thurnherr

2016-0335

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Rapporto 1

Introduzione

Nel 2015 diversi avvenimenti di rilievo dell'attualità internazionale nel 2015 hanno avuto ripercussioni sulla politica migratoria estera della Svizzera. L'intensificazione dei conflitti in Siria e Iraq e l'assenza di prospettive per i rifugiati sfollati nei Paesi vicini hanno contribuito fortemente all'aumento delle domande d'asilo in Europa nel 2015. Questa evoluzione ha toccato anche la Svizzera e pertanto il rapporto sulle attività svolte dalla Svizzera nel settore della politica migratoria estera relativo al 2015 si concentra sulla questione della migrazione nella regione del Mediterraneo.

La Svizzera ha contribuito grandemente agli sforzi per fronteggiare questa crisi. In tale contesto il nostro Paese ha approntato un ampio spettro di misure nell'ambito della politica estera e della politica migratoria estera. Fornisce un aiuto umanitario per alleviare la situazione di emergenza sul posto e negli Stati di transito. Si prodiga per la tutela dei migranti nei Paesi di prima accoglienza e supporta al tempo stesso gli Stati interessati e la popolazione nel fronteggiare le enormi sfide. Contribuisce affinché i rifugiati possano costruirsi un'esistenza (scuole, formazione, lavoro) nelle regioni di origine senza dipendere dal soccorso d'emergenza. L'impegno della Svizzera si concentra anche sulle cause di fuga strutturali, siano esse socio-economiche o politiche, e concorre allo sviluppo sostenibile e alla messa in campo di prospettive migliori. Grazie agli strumenti della politica di pace e in materia di diritti umani, il nostro Paese si adopera inoltre a favore della prevenzione delle crisi e della gestione dei conflitti, impegnandosi per una soluzione politica della crisi siriana e di altri conflitti. Infine, a livello europeo, nel quadro di diversi dialoghi regionali e a livello globale, si impegna a favore di un approccio cooperativo alle questioni migratorie.

Ma anche in altre regioni del mondo non mancano importanti sfide da fronteggiare: si pensi ai numerosi migranti che hanno perso la vita nel Golfo del Bengala e nel mare delle Andamane nell'Asia sudorientale, o alle migliaia di bambini, spesso non accompagnati, che sono transitati da diversi Paesi dell'America centrale per raggiungere gli Stati Uniti. Come da diversi anni a questa parte, anche nel 2015 la grande maggioranza dei rifugiati
nel mondo si trovava in Paesi in via di sviluppo.

Sul continente africano, per esempio, l'Etiopia accoglie oltre 821 000 rifugiati del Sudan del Sud, dell'Eritrea e della Somalia.

Oltre a questo grande impegno per prevenire la migrazione forzata, nel 2015 la Svizzera ha continuato a garantire una politica migratoria estera coerente grazie a un approccio interdipartimentale che consente di difendere gli interessi della politica migratoria interna e di mettere in campo soluzioni costruttive, segnatamente nel settore del ritorno. Il messaggio concernente la cooperazione internazionale 2017­ 2020 rafforzerà ulteriormente la coerenza, l'efficienza e l'efficacia dell'impegno svizzero. In virtù di tale messaggio, infatti, per la prima volta gli strumenti della cooperazione allo sviluppo, dell'aiuto umanitario e della promozione della pace e della sicurezza umana saranno applicati entro un contesto strategico comune.

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A livello multilaterale, uno dei maggiori successi del 2015 è stata l'adozione dell'Agenda 2030 per uno sviluppo sostenibile, la quale comprende anche numerosi riferimenti alla migrazione. L'Agenda 2030 codifica il cambiamento di paradigma degli ultimi anni, ossia la percezione della migrazione non più come un segno d'insuccesso della cooperazione allo sviluppo, bensì come un fattore chiave per uno sviluppo sostenibile globale.

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Attori, strumenti e linee d'azione prioritarie nel 2015

2.1

Attori e strumenti

Per garantire un'attuazione coerente dell'impegno della Svizzera in materia di politica migratoria estera, le attività sono coordinate, sulla base del rapporto sulla cooperazione internazionale in materia di migrazione del febbraio 20111, nel quadro di undici gruppi di lavoro (GL) geografici e tematici della struttura interdipartimentale per la cooperazione internazionale in materia di migrazione (struttura IMZ). Le attività dei vari GL connesse con la migrazione nella regione del Mediterraneo nonché le informazioni aventi una rilevanza per la cooperazione della Svizzera con gli Stati dell'Unione europea sono svolte nella cornice del Gruppo di lavoro strategico per il Mediterraneo (GLSM). Partecipano all'attuazione della politica migratoria estera la Segreteria di Stato della migrazione (SEM), la Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC), la Direzione degli affari europei (DAE) nonché la Divisione Sicurezza umana (DSU) e le divisioni geografiche della Direzione politica del DFAE, la Segreteria di Stato dell'economia (SECO), l'Ufficio federale di polizia (fedpol), il Corpo delle guardie di confine (Cgcf) e l'Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP).

A seconda del mandato del servizio federale interessato e delle sfide poste alla politica migratoria, la politica migratoria estera svizzera impiega diversi strumenti bilaterali e multilaterali. A livello multilaterale è soprattutto il dialogo migratorio internazionale a contribuire in maniera determinante a sviluppare e promuovere una visione comune della migrazione quale opportunità e sfida al tempo stesso. Il dialogo migratorio multilaterale consente inoltre di avviare cambiamenti politici a livello nazionale e di creare una rete di collegamenti atti a sviluppare progetti concreti che coinvolgano soggetti pubblici, organizzazioni internazionali o rappresentanti della società civile. A livello bilaterale, gli strumenti della politica migratoria estera spaziano dal dialogo sugli accordi bilaterali nel settore della migrazione (in particolare gli accordi sull'esenzione dal visto, sulla riammissione e sui tirocinanti) a un approccio più ampio promosso con il partenariato migratorio.

Il Comitato per la cooperazione in materia di migrazione internazionale (comitato IMZ) fissa le priorità della politica migratoria estera sotto forma di
obiettivi annuali, che, per l'anno in rassegna, si orientano fondamentalmente all'attualità nel settore della migrazione e alle attività lungo le principali rotte migratorie. Per il 2015 sono 1

Rapporto del Consiglio federale sulla cooperazione internazionale in materia di migrazione, febbraio 2011 (in tedesco e francese: www.eda.admin.ch-de; www.eda.admin.chfr).

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stati formulati quindi obiettivi riguardanti i seguenti temi prioritari: continuazione della cooperazione bilaterale nell'ambito dei cinque attuali partenariati migratori; attuazione dell'ampio progetto interdipartimentale «Protezione nella Regione» in Siria e nei Paesi limitrofi nonché nel Corno d'Africa; migrazione e protezione in Nord Africa; cooperazione con l'UE e sostegno agli Stati membri alle frontiere esterne dello spazio Schengen e a favore dell'impegno nell'ambito del dialogo migratorio internazionale. Di seguito sono riassunti gli importanti traguardi raggiunti nel 2015 grazie alla cooperazione interdipartimentale in materia di migrazione a livello multilaterale e bilaterale.

2.2

Linee d'azione prioritarie nel 2015 a livello multilaterale e bilaterale

A livello multilaterale, l'adozione da parte degli Stati membri dell'ONU dell'Agenda 2030 per uno sviluppo sostenibile ha costituito un importante traguardo nell'anno in rassegna. La Svizzera ha portato un contribuito attivo e sostanziale ­ anche nel settore della migrazione ­ al processo preparatorio, ai negoziati tra gli Stati e al documento finale. L'Agenda 2030 codifica in un certo senso il cambiamento di paradigma osservato negli ultimi anni. La migrazione non è più considerata un segno del mancato successo della cooperazione allo sviluppo, bensì un fattore chiave per uno sviluppo sostenibile globale. Il documento finale riconosce inoltre la vulnerabilità dei migranti e formula obiettivi chiari per tutelarne i diritti umani e nell' ambito del lavoro. Al tempo stesso evidenzia il contributo dell'Agenda a una crescita economica socialmente sostenibile. Per dare maggior forza a questo intento occorrono in particolare provvedimenti finalizzati a una migliore integrazione finanziaria, a un rafforzamento delle competenze dell'Agenda, a una riduzione delle spese per le rimesse degli immigrati e al riconoscimento semplificato di diplomi e attestati di capacità. L'Agenda 2030 si propone altresì di porre fine alla tratta di esseri umani.

In maniera generale, offre una visione a lungo termine per contribuire a prevenire spostamenti forzati e tragedie umane come quelle verificatesi nel Mediterraneo nel 2015: creare le condizioni strutturali necessarie affinché la migrazione avvenga in condizioni sicure e regolari, rispettare e far rispettare i diritti umani di tutti i migranti ma anche incoraggiare l'avvento di società pacifiche e aperte. A medio termine, la Svizzera deve recepire i principi globali nel contesto nazionale e integrarli nelle proprie strategie settoriali.

Anche il Global Forum on Migration and Development (GFMD), che nell'anno in rassegna è stato presieduto dalla Turchia, ha continuato a beneficiare dell'appoggio attivo della Svizzera. In occasione del vertice di Istanbul, la Svizzera ha avuto la possibilità di presentare a un vasto pubblico internazionale le proprie esperienze positive per quanto riguarda la presa in considerazione della migrazione nelle politiche settoriali. Quale esempio concreto è stato presentato il Programma nazionale migrazione e salute dell'UFSP. Il meccanismo
proposto dalla Svizzera per un maggiore coinvolgimento del settore privato nella governance migratoria globale ha incontrato un'ampia adesione nelle delegazioni presenti ed è stato adottato con successo. Il GFMD ha peraltro affrontato per la prima volta in un contesto più ampio il tema della migrazione forzata nonché le sfide connesse alla protezione delle 4294

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vittime di questo fenomeno. L'agenda di protezione dell'iniziativa Nansen, approvata e adottata pochi giorni prima a Ginevra da 109 Stati, è stata parimenti presentata dalla Svizzera quale approccio innovativo. In questo contesto merita particolare rilievo il carattere inclusivo del processo consultivo svoltosi sull'arco di tre anni, nel cui quadro sono stati sentiti rappresentanti di Governi e della società civile di oltre cento Stati nonché esperti degli ambiti tematici rilevanti. Dalle consultazioni sono emerse, da un lato, le differenze regionali significative per quanto riguarda il fenomeno degli spostamenti di popolazioni in seguito a catastrofi naturali nonché le misure in atto, evidenziando la necessità di soluzioni a livello regionale. Dall'altro lato, la molteplicità delle pratiche ha fatto altresì emergere il potenziale di intervento, soprattutto nell'ambito delle misure preventive negli Stati da cui gli sfollati provengono, per esempio allo scopo di rafforzare la capacità di resistenza delle vittime di questi fenomeni.

Per quanto i riguarda gli strumenti bilaterali, uno dei punti cardine della cooperazione interdipartimentale nell'ambito della politica migratoria estera nel 2015 è stata la conclusione di una valutazione esterna dei partenariati migratori2 in adempimento del postulato Amarelle (12.3858; Monitoraggio e valutazione degli accordi di partenariato migratorio) da parte della Maastricht Graduate School of Governance. Il bilancio della valutazione esterna riguardo all'efficacia e al valore aggiunto dei partenariati migratori è complessivamente positivo. I risultati confermano che il partenariato migratorio è uno strumento adeguato per intensificare la cooperazione con gli Stati di provenienza e di transito grazie alla presa in considerazione equilibrata degli interessi di tutte le parti coinvolte. Il rapporto conclude che i partenariati migratori poggiano su un rapporto di forze relativamente equilibrato tra la Svizzera e gli Stati partner. Tra i risultati più significativi, i valutatori citano la collaborazione tra i vari servizi federali e la coerenza politica che ne scaturisce in ambito migratorio. La valutazione esterna evidenzia inoltre che il partenariato migratorio offre il contesto adeguato per attuare efficacemente gli interessi della Svizzera in ambito migratorio. Alla
luce di ciò, la Svizzera intende proseguire i partenariati migratori in atto e continuare a dare ampio spazio agli incontri bilaterali tra esperti nell'ambito dei partenariati stessi. Occorre altresì vagliare la possibilità e l'opportunità di mettere in campo nuovi partenariati migratori. Le opportunità e sfide odierne in ambito migratorio saranno determinanti per la scelta di possibili Stati partner.

La struttura IMZ è stata creata nel 2011 con l'obiettivo generale di garantire una politica migratoria estera coerente, che tenga conto, cioè, di vari aspetti quali la protezione, il ritorno, il contributo dei migranti allo sviluppo, la gestione della migrazione e la lotta alla migrazione irregolare. In questa cornice, la Svizzera tenta, per quanto giustificato e possibile, di collegare tra loro il proprio impegno in materia di cooperazione internazionale e gli interessi della propria politica migratoria interna (ritorno, prevenzione della migrazione irregolare). Questo approccio, la cui espressione suprema è lo strumento dei partenariati in materia di migrazione, ha già dato buoni risultati. Nel 2015 la Svizzera ha proseguito il proprio considerevole impegno nei cinque partenariati migratori in atto (Tunisia, Nigeria, Serbia, Bosnia e Erzego2

Partenariati migratori. Controllo e valutazioni. Rapporto del Consiglio federale in adempimento del postulato 12.3858, giugno 2015 (in tedesco e francese: www.sem.admin.chde; www.sem.admin.ch-fr).

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vina, Kosovo). L'esempio della Tunisia ha evidenziato come una gamma di progetti in risposta alle priorità del Governo tunisino (p. es. progetto DSC di formazione professionale per contribuire alla lotta contro la disoccupazione) consente di rafforzare la cooperazione nel settore del ritorno e della riammissione. Questo approccio coerente sarà proseguito e rafforzato nel quadro del messaggio concernente la cooperazione internazionale 2017­2020, il quale combina gli strumenti dell'aiuto allo sviluppo, dell'aiuto umanitario e della promozione della pace e della sicurezza umana.

Nel 2012 il Consiglio federale ha inoltre incaricato il DFGP di stendere un elenco dei Paesi prioritari per quanto riguarda il settore del ritorno con i quali la cooperazione a tale proposito è in stallo. Con questa lista ci si propone di vagliare quali possibilità esistano, oltre all'impegno della Svizzera in materia di politica migratoria estera, di collegare altri settori della cooperazione bilaterale (in particolare dossier di politica estera e di politica economica estera) ai progressi perseguiti in materia di ritorno. Questo esame è tuttora eseguito nel quadro della struttura interdipartimentale IMZ. La lista del 2015 annovera l'Algeria, l'Etiopia, l'Iran, il Marocco e la Mongolia. Va detto che con la Mongolia e l'Algeria negli ultimi anni sono stati fatti dei progressi per quanto riguarda la cooperazione al ritorno. Con l'Iran e l'Etiopia, invece, le possibilità di eseguire i rimpatri coatti restano bloccate. Nel caso del Marocco è stato possibile risolvere alcuni casi individuali, tuttavia la cooperazione rimane difficoltosa e molto onerosa in termini di tempo. L'avanzamento dell'attuazione di questa decisione del Consiglio federale è tuttora oggetto di un esame approfondito nel quadro della struttura IMZ. I risultati saranno presentati in dettaglio nel Rapporto d'attività 2016 sulla politica migratoria estera della Svizzera.

Accanto agli strumenti summenzionati, la politica migratoria estera svizzera dispone di una vasta gamma di programmi e progetti nel settore della protezione dei migranti vulnerabili e della promozione dei loro diritti umani, nel settore delle sinergie tra migrazione e sviluppo, dell'aiuto al ritorno, alla reintegrazione e dell'aiuto strutturale, della prevenzione della migrazione irregolare
nonché di misure volte a potenziare le capacità delle autorità nazionali o degli attori della società civile. Queste attività sono finanziate dai servizi federali interessati in funzione del loro mandato e delle risorse disponibili.

2.3

Finanziamento

Diversi crediti del DFAE contribuiscono al finanziamento della politica migratoria estera della Svizzera: aiuto umanitario, cooperazione globale, cooperazione regionale, cooperazione con l'Europa dell'Est, promozione della pace e della sicurezza umana. Nel 2015 la DSC ha investito circa 85 milioni di franchi in progetti nell'ambito della migrazione. Vengono poi ad aggiungersi contributi alle organizzazioni internazionali attive a favore dei rifugiati, dei migranti vulnerabili o degli sfollati interni, quali l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (ACNUR), l'Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM) o il Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR). Questo impegno è confermato e addirittura rafforzato dal messaggio concernente la cooperazione internazionale 2017­2020.

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Un'altra parte delle attività della politica migratoria estera della Svizzera è finanziata grazie al credito d'impegno per la cooperazione internazionale in materia di migrazione e ritorni gestito dalla SEM, che prevede per il periodo 2012­2018 investimenti complessivi pari a 110 milioni di franchi. Il credito disponibile per il 2015 ammontava a un totale di 20 milioni di franchi, la maggior parte dei quali è servita a finanziare progetti e programmi connessi alla migrazione nella regione del Mediterraneo.

Il focus è stato posto su due programmi della Svizzera volti a rafforzare la protezione dei rifugiati nella loro regione d'origine («Protection in the Region») in Siria e nei Paesi vicini nonché nel Corno d'Africa, sulle attività nel quadro dei partenariati migratori con i Paesi dei Balcani occidentali, la Nigeria e la Tunisia nonché sull'impegno generale della politica migratoria estera in Nord Africa.

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Focus della politica migratoria estera nel 2015: migrazione nel Mediterraneo

3.1

Sfide lungo le rotte migratorie

A fronte del persistere dei conflitti armati, della persecuzione politica, delle gravi violazioni dei diritti umani, dell'assenza di prospettive e delle condizioni umanitarie in costante deterioramento nel Vicino e Medio Oriente, nel Corno d'Africa e nell'Africa settentrionale e subsahariana, la situazione sul fronte dei rifugiati e della migrazione nella regione del Mediterraneo è stata al centro dei dibattiti internazionali sulla migrazione. Sebbene, come in passato, nel confronto globale soltanto una minima parte degli oltre 60 milioni di sfollati nel mondo è diretta in Europa, l'attenzione della comunità internazionale si concentra sempre più sul continente europeo. L'arrivo di un numero molto elevato di migranti e la crescente pressione politica che questo fenomeno esercita sugli Stati di provenienza, di transito e di destinazione hanno fatto sì che ci si aspettassero dall'Europa provvedimenti di ampio respiro ­ che l'Europa ha effettivamente messo in campo ­ per promuovere la cooperazione negli Stati di provenienza e di transito, per rafforzare la presenza in alto mare, per lottare contro le reti di passatori, per ridurre i moti migratori irregolari e per rafforzare la solidarietà in seno all'Europa ma anche a livello globale. In quest'ottica, il 13 maggio 2015 la Commissione dell'UE ha pubblicato un nuovo documento di base intitolato «European Agenda on Migration».

Nel 2014 la rotta attraverso il Mediterraneo centrale in provenienza dall'Africa settentrionale ­ perlopiù dalla Libia ­ a destinazione dell'Italia ha rappresentato l'itinerario privilegiato dei fuggiaschi in viaggio verso l'Europa. Nel 2015 i moti migratori si sono invece progressivamente trasferiti sulla rotta orientale (TurchiaGrecia-Balcani). Nel 2015 oltre un milione di persone ha chiesto protezione in Europa. La Germania e la Svezia sono di gran lunga i Paesi di destinazione preferiti.

Vista l'assenza di soluzioni politiche ai conflitti armati e alla situazione di crisi, con le gravi ripercussioni che ne derivano per la popolazione civile, non vi è da aspettarsi un cambiamento fondamentale per il 2016. Il numero ingente di persone in cerca di protezione pone, a breve e medio termine, enormi sfide umanitarie, logistiche e sociopolitiche per gli Stati di transito e di accoglienza. Questi Stati si trovano improvvisamente a dover garantire protezione e sostegno umanitario e a dover mettere 4297

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in campo strutture ricettive supplementari in grado di rispondere ai bisogni, il tutto conformandosi sistematicamente agli obblighi dettati dal diritto internazionale in materia di rifugiati e di diritti umani e svolgendo procedure d'asilo efficienti e corrette. A medio termine occorre prestare particolare attenzione alla promozione della tolleranza, della pace sociale negli Stati di accoglienza, nonché all'integrazione sociale e all'inserimento nel mercato del lavoro sul lungo periodo dei rifugiati riconosciuti. L'effettivo rinvio dei richiedenti l'asilo respinti, cui non spetta una protezione internazionale conformemente alla Convenzione del 28 luglio 19513 sullo statuto dei rifugiati, è parimenti una componente essenziale di una politica migratoria coerente.

Con il passare del tempo è andata consolidandosi la convinzione che per fronteggiare le sfide della migrazione globale è imprescindibile agire in maniera coordinata e concertata. Durante l'anno in rassegna i singoli Stati si sono tuttavia mostrati molto titubanti nell'impegnarsi a fornire prestazioni di sostegno concrete e a dimostrare maggiore solidarietà. La complessità dei compiti di politica interna e di politica estera ha messo a dura prova la cooperazione europea nel quadro del sistema Dublino e ha suscitato richieste pressanti di riformarne i meccanismi. Sono sorte domande di fondo sulla giusta ripartizione e la responsabilità globale. Tra le misure concrete a livello dell'UE, nel 2015 si sono avute la proposta di ridistribuire i richiedenti l'asilo all'interno dell'UE (programma di ricollocazione) nonché la proposta di un programma volontario di reinsediamento. Sulla base di queste proposte, gli Stati membri dell'UE hanno adottato decisioni in vista del reinsediamento di 32 256 persone e della ricollocazione di 160 000 persone particolarmente vulnerabili. In forza dell'associazione a Schengen/Dublino, la Svizzera partecipa da vicino alle discussioni a livello europeo in merito alla gestione della situazione migratoria e, in tale contesto, si è detta in linea di principio disposta a partecipare volontariamente a questi programmi. Un'altra misura concreta adottata dall'UE è l'allestimento di centri di registrazione comuni (cosiddetti hotspot) negli Stati maggiormente sollecitati (soprattutto Grecia e Italia) alle frontiere esterne
dell'UE. L'UE ha altresì ampliato l'operazione «Sophia» per lottare contro le reti di passatori nel Mediterraneo sulla base di un mandato del Consiglio di sicurezza dell'ONU. La Svizzera non prende parte a quest'operazione. Infine, la Commissione europea ha proposto una riforma dell'agenzia di gestione delle frontiere dell'UE (Frontex) e la sua trasformazione in un'agenzia europea di guardie di confine e di guardie costiere.

L'aumento significativo del numero di persone bisognose di protezione e il conseguente aumento del numero di domande d'asilo in Europa hanno avuto conseguenze proporzionalmente limitate per la Svizzera, che nel 2015 con 39 523 domande si è trovata ad assorbire il solo 3 per cento delle domande presentate in Europa (Svizzera: +66 % rispetto al 2014; Europa: +81 %). I principali Paesi di provenienza dei richiedenti in Svizzera sono stati l'Eritrea, l'Afghanistan, la Siria, l'Iraq e lo Sri Lanka.

3

RS 0.142.30

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3.2

Impegno della Svizzera nel quadro della situazione migratoria nella regione del Mediterraneo

Per definire soluzioni a medio e lungo termine in tema di migrazione globale occorre un approccio che includa molteplici temi e regioni, che intervenga sin dall'inizio della catena migratoria e che miri alla promozione della pace e dei diritti umani, al rispetto dei principi democratici e al buon governo, alla riduzione delle tensioni politiche e sociali nonché a uno sviluppo economico e sociale sostenibile, inclusivo e rispettoso dell'ambiente nei Paesi d'origine. Ciò deve andare di pari passo con un maggiore riconoscimento del potenziale dei migranti e del loro contributo allo sviluppo dei Paesi di provenienza e di destinazione. L'impegno della Svizzera nel campo della politica migratoria estera comprende anche il supporto e una maggiore tutela nei riguardi di sfollati e migranti nelle regioni di provenienza nonché il rispetto dei loro diritti umani, la prevenzione e la soluzione pacifica dei conflitti, la prevenzione e la gestione delle catastrofi, un miglioramento sul lungo periodo delle condizioni di vita nonché contributi a politiche migratorie nazionali sostenibili. Le attività concrete sono attuate in base ad approcci umanitari e incentrate su una politica mirante allo sviluppo, alla tutela dei diritti umani e alla pace, nonché in base agli strumenti della politica migratoria estera illustrati nel capitolo 2.

Oltre a un contributo nella ricerca di soluzioni politiche e di promozione del diritto internazionale umanitario, l'impegno della Svizzera nelle regioni interessate dai conflitti in Siria e in Iraq persegue in maniera diretta una protezione effettiva e un appoggio umanitario alla popolazione civile, concentrandosi in particolare sugli sfollati interni, i rifugiati e i migranti bisognosi di protezione. La capacità di accoglienza degli Stati limitrofi ha raggiunto già da tempo i propri limiti e i sistemi di approvvigionamento di base (tra cui approvvigionamento idrico, cure sanitarie, scuola), in parte già mal funzionanti, sono messi a dura prova. Le tensioni supplementari che caratterizzano i rapporti tra diversi gruppi di popolazione della regione racchiudono un ulteriore potenziale di conflitto.

Paesi come il Libano e la Giordania, spesso meta di manodopera proveniente dall'Asia meridionale e dall'Africa, offrono condizioni di lavoro precarie. Il sostegno della Svizzera tiene conto
anche di questa realtà e si traduce nel sostenere il dialogo politico per migliorare tale contesto lavorativo, contribuendo così a rafforzare le capacità della società civile. In risposta alle grandi sfide che questa regione presenta, nel 2015 la Svizzera ha messo in campo una strategia di cooperazione che, per la prima volta in quest'area, è impostata secondo un approccio ad ampio raggio (whole-of-government). Questa strategia caratterizza l'impegno della Svizzera in Giordania, Iraq, Libano, Siria e, in misura minore, in Turchia e si concentra su tre ambiti: bisogni e servizi basilari, protezione e acqua. La Svizzera interviene secondo quattro linee d'azione: il sostegno finanziario a organizzazioni umanitarie (Nazioni Unite, CICR, ONG internazionali e nazionali) che assistono la popolazione civile in Siria e nei Paesi vicini; l'attuazione di propri progetti; l'invio di esperti del Corpo svizzero di aiuto umanitario presso le agenzie dell'ONU; e, infine, i dialoghi umanitari miranti a migliorare l'accesso degli operatori umanitari in Siria nonché il coordinamento degli aiuti su scala internazionale. Oltre ad aver stanziato dal 2011 203 milioni di franchi per alleviare le conseguenze umanitarie dei conflitti in Siria e dal 2014 25 milioni di franchi per l'Iraq, nel corso del 2015 il Consiglio federale ha 4299

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erogato per l'aiuto sul posto in Medio Oriente e nel Corno d'Africa altri 70 milioni di franchi, di cui 30 milioni sono stati impiegati, prima della fine dell'anno, per le vittime in Siria e in Iraq e 19 milioni per la regione del Corno d'Africa.

Alla ricerca di una prospettiva di vita sul lungo periodo, molte persone bisognose di protezione si trovano costrette ad affrontare una nuova migrazione non esente da pericoli. A fronte del conflitto armato che da cinque anni imperversa in Siria, assumono pertanto viepiù importanza i provvedimenti esulanti da una mera azione umanitaria. La Svizzera ha intensificato il proprio impegno a favore di una soluzione politica sostenendo con mezzi finanziari e risorse di personale i negoziati condotti dall'inviato speciale dell'ONU in Siria. Inoltre, il nostro Paese porta avanti approcci rilevanti per lo sviluppo e poggianti su una politica di pace. Anche l'attuazione dell'Agenda 2030 per uno sviluppo sostenibile globale dovrebbe contribuire in tal senso.

Il Corno d'Africa è una regione da decenni teatro di moti migratori importanti.

Questi moti migratori possono essere definiti misti in quanto riguardano migranti irregolari, rifugiati, persone in cerca d'asilo, vittime della tratta di esseri umani, minorenni non accompagnati e altri gruppi di persone vulnerabili, che spesso si sono messi in cammino per un insieme di ragioni diverse, esponendosi a grossi rischi.

Spesso questi migranti percorrono le medesime rotte migratorie e si avvalgono dei medesimi passatori, tuttavia, avendo motivi e combinazioni di motivi diversi che li spingono a emigrare, presentano anche vulnerabilità e bisogni di protezione diversi.

In molti casi, i motivi che hanno spinto questi sfollati a lasciare la loro regione o il loro Paese sono fenomeni di lunga durata che escludono, per molte di queste persone, un ritorno nel giro di alcuni anni o decenni. La Svizzera sostiene diverse attività miranti a lottare contro la tratta di esseri umani e il traffico di migranti nel e in provenienza dal Corno d'Africa a destinazione dell'Europa e volte nel medesimo tempo ad accrescere la protezione degli sfollati e dei migranti vulnerabili, a rafforzare la promozione dei loro diritti umani e a intensificare il dialogo tra Paesi di provenienza, di transito e di destinazione.

Da molti anni la Svizzera
offre protezione dalla persecuzione in particolare a persone provenienti dall'Eritrea. Conscio che la manodopera giovane lascia il Paese a una velocità vertiginosa e consapevole anche della propria incapacità di far progredire il proprio Paese verso lo sviluppo, il Governo eritreo sembra dimostrare un certo interesse nei riguardi della comunità internazionale, presso la quale ricerca un sostegno sia finanziario sia politico. Questo interesse non va tuttavia di pari passo con un progresso sul fronte dei diritti umani, dello Stato di diritto o di riforme economiche in un Paese autocrate. L'Eritrea si ostina a rifiutare di accogliere la relatrice speciale per i diritti dell'uomo dell'ACNUR e a negare al CICR qualsiasi accesso ai luoghi di detenzione. La Svizzera, in collaborazione con altri Stati europei, si appresta a esplorare modalità di dialogo politico con il Governo eritreo. Dalla fine del 2015 finanzia un progetto di formazione destinato ai giovani in Eritrea. Continua peraltro a prodigarsi a livello multilaterale allo scopo di migliorare la situazione sotto il profilo dei diritti umani in Eritrea.

Da alcuni decenni a questa parte lo Yemen è costantemente connesso come Paese di origine, destinazione e transito alle rotte migratorie in provenienza dal Corno d'Africa. L'esplosione del conflitto armato, nel 2015, non ha tuttavia accresciuto i 4300

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flussi migratori e le persone che lasciano il Paese si trattengono almeno per ora nella regione circostante. Durante l'anno in rassegna, la Svizzera ha adeguato il proprio impegno nello Yemen, incentrandolo maggiormente sulla copertura delle esigenze umanitarie di base.

Dal 2011 a questa parte la cooperazione con gli Stati dell'Africa settentrionale ha preso una nuova svolta. La cooperazione con la Tunisia, per esempio, è stata intensificata grazie al programma svizzero per l'Africa settentrionale e al partenariato migratorio con il Paese. Durante l'anno in rassegna, l'impegno svizzero mirava in particolare a migliorare la capacità delle autorità tunisine di gestire la migrazione nonché ad accrescere la protezione dei migranti vulnerabili. Nel quadro di un progetto volto a integrare la migrazione nella pianificazione per lo sviluppo, è stato per esempio possibile istituire un comitato di coordinamento interministeriale paragonabile alla struttura IMZ svizzera. Il sostegno svizzero riunisce in un unico pacchetto di misure, all'interno del Programma Svizzero per l'Africa del Nord (Egitto, Tunisia, Marocco, Libia), le tre priorità costituite dalla transizione democratica, la promozione dell'economia e la migrazione. Il pacchetto di misure gode di un vasto appoggio ed è una risposta valida ai sovvertimenti politici. La Svizzera, per esempio, ha contribuito a migliorare la tutela delle persone vulnerabili e a rafforzare i loro diritti umani, ha sostenuto con aiuti concreti rifugiati, richiedenti l'asilo e migranti in situazioni precarie e si è impegnata, tramite il dialogo politico, a migliorare le condizioni quadro istituzionali. Ha inoltre sostenuto l'impegno messo in atto dalla diaspora nel Paese d'origine e la messa in campo di politiche migratorie statali sostenibili.

Nella regione, soprattutto in Libia, le tensioni a livello politico e sociale permangono. Nonostante l'intenso prodigarsi per un dialogo politico tra i diversi attori libici in vista della formazione di un governo di unità nazionale, non vi è da attendersi la costituzione a breve termine di strutture politiche funzionanti. La situazione instabile sotto il profilo della sicurezza e l'assenza di un monopolio del potere statale ha favorito negli ultimi mesi l'attività di reti di passatori. I migranti in transito dalla Libia per imbarcarsi
alla volta dell'Europa oppure in cerca di un lavoro sono spesso vittime indifese della criminalità organizzata. Il ridotto impegno in Libia si concentra perlopiù su organizzazioni internazionali o partner multilaterali affidabili. La Svizzera sostiene per esempio l'OIM nel suo intento di consentire il ritorno in patria di migranti particolarmente vulnerabili che si trovano bloccati in Libia e desiderano tornare nel Paese d'origine. La Svizzera vaglia costantemente possibili azioni di sostegno, non soltanto a livello bilaterale ma anche in cooperazione con altri Stati, nel quadro della cooperazione europea e della cooperazione nell'ambito dell'ONU.

A fronte della crescente importanza della rotta migratoria attraverso la Turchia, la Grecia e gli Stati dei Balcani occidentali, nell'anno in rassegna la Svizzera ha ulteriormente intensificato il proprio impegno nella regione nel quadro della politica migratoria estera. Durante il medesimo periodo è stata elaborata la nuova strategia dei partenariati migratori con i paesi dei Balcani occidentali per gli anni 2016­2019.

Sulla base dei propri rapporti privilegiati con Serbia, Bosnia e Erzegovina e Kosovo nel quadro dei partenariati migratori, la Svizzera ha potuto offrire agli Stati interessati un sostegno rapido ed efficiente nel fronteggiare le nuove sfide. Concretamente, il sostegno si è manifestato sotto forma di strutture di alloggio predisposte in Serbia nonché di una rete per lo scambio di informazioni lungo la rotta migratoria che dalla 4301

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Grecia si snoda fino all'Ungheria e alla Croazia. Dal settembre 2015, inoltre, un esperto svizzero offre il proprio sostegno all'ACNUR e alle autorità locali delle maggiori isole di sbarco greche allo scopo di migliorare la situazione sul fronte dell'erogazione dell'acqua potabile e di prestazioni sanitarie. Su richiesta dei Governi della Slovenia e della Croazia, alcuni esperti svizzeri, in collaborazione con le rispettive autorità, hanno potuto analizzare la situazione ai valichi di confine verso l'Austria e la Serbia e attuare misure di aiuto in alcuni centri di transito.

Nel 2013 la Turchia ha adottato, in vista delle trattative per l'adesione all'UE, la sua prima legge completa in materia di stranieri e di asilo, la quale prevede tra le altre cose la creazione di un'autorità migratoria. Denominata «Directorate General of Migration Management», la nuova autorità è operativa dall'aprile 2014. Da allora la Svizzera assiste la Turchia nell'organizzare l'autorità stessa e nell'elaborare una politica migratoria nazionale coerente e che favorisca lo sviluppo. L'impegno della Svizzera mira altresì a sostenere le autorità turche nel fronteggiare le sfide connesse con la crisi siriana. Questo sostegno si concretizza in diversi progetti riguardanti nello specifico il settore della protezione e dell'integrazione dei numerosi rifugiati siriani che vivono fuori dei campi profughi.

Nell'anno in rassegna, infine, si è osservata una crescente importanza della cooperazione con l'UE e i suoi Stati membri. La Svizzera ha per esempio deciso di accogliere volontariamente fino a 1 500 persone nel quadro del primo programma di ricollocazione dell'UE, che prevede di ricollocare 40 000 persone bisognose di protezione già registrate in Italia e in Grecia. In linea di principio, la Svizzera ha già deciso di partecipare anche al secondo programma di ricollocazione riguardante 120 000 persone bisognose di protezione. Al tempo stesso ha annunciato la propria partecipazione al programma di reinsediamento dell'UE, nel cui quadro prevede di ammettere sul proprio territorio almeno 519 persone. La partecipazione al reinsediamento nonché al primo programma di ricollocazione si iscrive nel quadro della decisione del Consiglio federale del 6 marzo 2015 di accogliere in Svizzera, in linea di principio, 3 000 persone bisognose di
protezione vittime del conflitto siriano. Nel 2015 la Svizzera ha inoltre sostenuto gli Stati alle frontiere esterne dell'UE, in particolare l'Italia e la Grecia, nel quadro della prima accoglienza dei migranti e ha partecipato ­ per il momento in maniera informale ­ alle attività dell'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo (EASO) tese a sostenere gli Stati dell'UE esposti a una particolare pressione migratoria.

La migrazione nella regione del Mediterraneo centrale è stata un tema cruciale anche all'interno di numerosi processi regionali cui la Svizzera ha partecipato in veste di Stato membro od osservatore. Inaugurato nel 2014, il Processo di Khartum promuove per esempio il dialogo tra Stati di provenienza nel Corno d'Africa, Stati di transito e Stati di destinazione per quanto riguarda la protezione dei migranti, la lotta alla tratta di esseri umani e al traffico di migranti nonché la cooperazione allo sviluppo.

Il processo è articolato in due componenti: il dialogo politico e l'attuazione dei progetti. Nel quadro del dialogo politico, la Svizzera ha un semplice statuto di osservatrice mentre a livello di progetti partecipa attivamente apportando il proprio knowhow. Il Regional Development and Protection Programm (RDPP) europeo per il Corno d'Africa è stato lanciato ufficialmente nel giugno 2015. Accrescendo la protezione dei migranti, il programma, progettato in una prima fase per una durata di 4302

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tre anni, si propone al tempo stesso di migliorare la qualità di vita sia dei migranti sia dei Comuni che li accolgono e di rafforzare le autorità locali e centrali. La Svizzera partecipa finanziariamente al programma e siede nel comitato direttivo. Inoltre, la Svizzera partecipa al Processo di Rabat lanciato nel 2006. Questo processo regionale riunisce i governi di 55 Paesi dell'Europa, dell'Africa settentrionale, dell'Africa occidentale e dell'Africa centrale, nonché la Commissione europea e la Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale (CEDEAO) e tratta temi quali la migrazione regolare, la migrazione irregolare, migrazione e sviluppo nonché protezione internazionale nel contesto delle relazioni tra Africa e Europa in tema di migrazione. Infine, da diversi anni la Svizzera sostiene il MIDWA (Migration Dialogue for West Africa), svolto dalla CEDEAO. In veste di Stato osservatore nel quadro di questo dialogo, ha avuto un ruolo chiave nel fare del MIDWA un processo regolare, che contribuisce ad azioni concrete in materia di migrazione nella regione. La conferenza ministeriale dell'ottobre 2015 sul tema della migrazione irregolare, per esempio, ha permesso alla CEDEAO nonché agli Stati dell'Africa occidentale e alla Mauritania di consolidare una posizione comune per il vertice della Valletta.

Nel novembre 2015 la Commissione Europea ha invitato gli Stati membri e gli Stati osservatori dei processi di Khartoum e Rabat nonché i membri dell'Unione Africana (UA) a un vertice tenutosi alla Valletta il cui scopo era di definire un approccio congiunto per migliorare la situazione migratoria nella regione mediterranea. Tra le altre cose è stata decisa la creazione di un fondo per rimuovere le cause della migrazione nella regione del Sahel e del Lago Ciad, nel Corno d'Africa e nell'Africa settentrionale, grazie a provvedimenti e progetti concreti. La Svizzera ha contribuito attivamente ai preparativi in vista del vertice e ha dichiarato la propria intenzione di partecipare al fondo con 5 milioni di franchi.

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Conclusioni e prospettive 2016

La politica migratoria estera della Svizzera si concentra sul sostegno ai Paesi d'origine e di transito nonché sulla protezione dei migranti più vulnerabili e permette di affrontare in modo costruttivo le sfide poste dalla migrazione. Viceversa, risalire alle cause strutturali alla base della fuga e della migrazione è possibile soltanto nel lungo periodo e combinando l'impegno in materia di sviluppo, pace e politica economica. Grazie anche alla cooperazione istituzionalizzata tra i vari dipartimenti nel settore della politica migratoria, la Svizzera dispone delle condizioni quadro necessarie per raccogliere costruttivamente le sfide che si pongono in questo campo. Questa collaborazione ha permesso, nel corso dell'anno in rassegna, di attuare in modo efficiente e coerente importanti misure per sostenere, ad esempio, i Paesi di prima accoglienza e di transito provati da situazioni e rotte migratorie sempre nuove. Tuttavia, alcune grandi sfide si presenteranno anche l'anno prossimo: come garantire l'adeguata protezione e la sicurezza delle persone interessate? Come mantenere e rafforzare la volontà di cooperazione in Europa e con i Paesi di prima accoglienza e di transito? Come gestire in modo sostenibile il forte aumento del tasso di migrazione? Per attenuare l'attuale situazione dei rifugiati e della migrazione in generale sarà fondamentale cercare soluzioni politiche in Siria e in Libia,

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per esempio, nonché riuscire a offrire prospettive di vita dignitose nelle regioni d'origine.

Anche per il 2016 il comitato IMZ ha definito temi e obiettivi a cui accordare un'attenzione prioritaria nel quadro della politica migratoria estera portata avanti dal nostro Paese. Un elemento centrale sarà di nuovo il sostegno ai Paesi di prima accoglienza e di transito nel Corno d'Africa e in Medio Oriente nonché l'instaurazione di una governance migratoria nell'Africa settentrionale e occidentale. L'elaborazione di una seconda fase del programma svizzero per l'Africa settentrionale permetterà inoltre di intensificare il nostro impegno in una regione ancora prioritaria per la Svizzera. Alla luce della situazione precaria che perdura in Siria e nei Paesi limitrofi nonché nel Corno d'Africa, la continuazione del programma «Protection in the Region» della Svizzera e, in particolare, le attività svolte in Turchia in materia di politica migratoria estera giocheranno nel 2016 un ruolo ancora più centrale. Nel contesto europeo, la Svizzera incrementerà il sostegno offerto alle frontiere esterne dello spazio Schengen e agli Stati dell'Europa meridionale e sosterrà un approccio coordinato a livello europeo, confermando il proprio impegno per una ripartizione solidale in Europa delle persone bisognose di protezione. I principali obiettivi a livello multilaterale rimangono il miglioramento delle condizioni di protezione in caso di spostamenti transfrontalieri dovuti a catastrofi naturali (continuazione dell'iniziativa Nansen) e l'attuazione dell'Agenda 2030 per uno sviluppo sostenibile nel settore della migrazione. La Svizzera sosterrà inoltre in modo proattivo una roadmap, annunciata lo scorso novembre dal Segretario generale dell'ONU, che prevede iniziative complementari e incontri in materia di migrazione e spostamenti.

La Svizzera sostiene parimenti le attività dell'OMS Europa sulla salute dei migranti, in particolare lo sviluppo di una strategia ­ basata sul quadro d'azione congiunta adottato in occasione della riunione di alto livello di Roma del novembre 2015 sulla salute dei rifugiati e dei migranti ­ che sarà adottata nel settembre 2016 in vista di rafforzare i sistemi sanitari grazie all'integrazione della salute dei migranti. Nel 2016 un altro punto cruciale consisterà nell'attuare le raccomandazioni
della valutazione dei partenariati migratori; in questo contesto si valuterà anche l'eventualità di concluderne di nuovi. Al tempo stesso, di fronte alla crescente importanza della rotta mediterranea orientale, i partenariati con i Paesi dei Balcani occidentali continueranno a rivestire un ruolo fondamentale per la politica migratoria estera della Svizzera.

In materia di cooperazione interdipartimentale nel settore della migrazione, sarà ancora fondamentale tener conto della politica migratoria estera nel quadro degli altri dossier di politica estera per migliorare il coordinamento nel settore del ritorno.

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