99.056 Sicurezza attraverso la cooperazione Rapporto del Consiglio federale all'Assemblea federale concernente la politica di sicurezza della Svizzera (RAPOLSIC 2000) del 7 giugno 1999

Onorevoli presidenti e consiglieri, Vi sottoponiamo, affinché ne prendiate atto, il rapporto sulla politica di sicurezza della Svizzera (RAPOLSIC 2000).

Contemporaneamente, vi proponiamo di togliere di ruolo il seguente intervento parlamentare: 1999 P 97.3350

Creazione di un organo centrale strategico d'informazione della Confederazione (S 29.9.97, Frick; N 8.3.99)

Gradite, onorevoli presidenti e consiglieri, l'espressione della nostra alta considerazione.

7 giugno 1999

In nome del Consiglio federale svizzero: La presidente della Confederazione, Ruth Dreifuss Il cancelliere della Confederazione, François Couchepin

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Compendio L'evoluzione politica e strategica in Europa dopo la svolta degli anni 1989/90, la valutazione della gamma delle minacce moderne e le nostre risorse sempre più scarse richiedono una nuova concezione della nostra politica di sicurezza.

La questione fondamentale è sapere come, nell'attuale contesto strategico, la Svizzera possa proteggersi nel modo migliore da una violenza di portata tale da minacciare lo Stato o le condizioni generali d'esistenza poco importa da dove provenga o chi la usi contro di noi, anche se si presenta in parte sotto nuove forme e di natura sempre più transfrontaliera.

Il presente rapporto analizza esaustivamente i pericoli e i rischi attuali e futuri probabili; esso valuta anche le opportunità che risultano dai numerosi sforzi della comunità internazionale per assicurare la pace sul nostro continente; non da ultimo, prende in considerazione le nostre possibilità e i nostri limiti.

Il confronto tra queste constatazioni e i nostri obiettivi e interessi politici nazionali porta a formulare una strategia specificamente svizzera in materia di politica di sicurezza, che può essere riassunta dall'espressione «Sicurezza attraverso la cooperazione». Essa si fonda sulla constatazione che, per salvaguardare i nostri valori e proteggere il Paese e la sua popolazione, sono necessari due tipi di sforzi: Da un lato, si tratta, come finora, di una cooperazione globale, ma maggiormente flessibile, fra tutti i nostri mezzi civili e militari che servono a tutelare gli interessi in materia di politica di sicurezza, allo scopo di poter prendere le misure e attuare gli sforzi principali in ambito difensivo appropriati alla situazione. Il suo scopo è di raggiungere una situazione ottimale per quanto riguarda le possibili sinergie e eventualmente le capacità di crescita necessarie, affinché sia possibile rinunciare a un oneroso orientamento permanente verso il peggiore dei casi.

Dall'altro, si tratta di rafforzare la cooperazione con le organizzazioni internazionali in materia di sicurezza e con gli Stati amici per contribuire, con una cooperazione reciproca complementare, a garantire la stabilità e la pace in un ampio contesto. In tal modo, non rafforziamo soltanto la solidarietà che si attende dal nostro Paese, ma investiamo anche preventivamente nella nostra propria sicurezza.
Entrambe le altre opzioni strategiche, spesso menzionate nell'ambito dei dibattiti sulla sicurezza, vale a dire l'autodeterminazione il più possibile autonoma o l'adesione a un'alleanza militare, sono insoddisfacenti sia dal punto di vista politico sia da quello della politica di sicurezza, in quanto, tutto sommato, sono troppo lacunose oppure attualmente non imperative.

In occasione dell'attuazione di questa strategia di cooperazione, si tratterà ancora di gestire i tre compiti strategici già identificati nel rapporto 90: il promovimento della pace e la gestione delle crisi, la prevenzione e la gestione dei pericoli esistenziali nonché la difesa, anche se con nuovi e più marcati accenti.

Svolgeremo detti compiti conservando le tradizioni che si sono affermate, sempre che siano utili ai nostri bisogni attuali e futuri in materia di sicurezza, ma con con-

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cetti, strutture e elementi nuovi, nella misura in cui si rivelano necessari. Resteremo quindi fedeli alla nostra tradizione di Stato neutrale, sfruttando nel contempo totalmente il margine di manovra offerto dal diritto della neutralità. Tuttavia, anche l'intera gamma dei nostri strumenti civili e militari in materia di sicurezza sarà sottoposta a una verifica e, laddove necessario, adeguata alle nuove esigenze nell'ambito di un processo di riforma. In particolare, l'esercito resta per principio fondato sul sistema di milizia, ma sarà professionalizzato in quelle parti dove ciò sarà necessario in seguito alla nuova formulazione dei suoi compiti. La concezione esposta nel presente rapporto è l'opzione vincolante per l'orientamento e l'obiettivo di tutti questi lavori.

Saranno necessarie innovazioni anche nella condotta strategica. I Cantoni assumeranno ulteriori responsabilità segnatamente per quanto riguarda la protezione della popolazione. Il Consiglio federale, che rimane l'autorità suprema in materia di politica di sicurezza, godrà del supporto di un organo direttivo permanente in materia di sicurezza, nel quale saranno rappresentati tutti i settori strategicamente importanti e sarà garantito segnatamente anche il coordinamento a livello di servizi d'informazione. Tra i compiti dell'organo direttivo figurerà, non da ultimo, la verifica periodica della strategia in funzione dei nuovi pericoli e degli sviluppi importanti in materia di politica di sicurezza.

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Rapporto 1

Introduzione

Dalla fine della guerra fredda, le tendenze evolutive già riconoscibili allora, ma ancora incerte, si sono ulteriormente concretizzate. Le minacce, i pericoli e i rischi hanno assunto contorni più precisi. Sono apparse nuove opportunità per promuovere la stabilità, la sicurezza e la pace. L'evoluzione sociale si è accentuata. Nel contempo, la pressione a favore di cambiamenti e di riforme nella politica di sicurezza è aumentata, soprattutto per quanto concerne l'esercito e la protezione della popolazione. Il fatto che il presente rapporto costituisca la base per i progetti di riforma in questi due settori non significa che l'analisi della situazione e il rilevamento delle necessità operative si siano limitati esclusivamente a questi due strumenti della politica di sicurezza. La politica di sicurezza è un compito globale nel quale sono coinvolti lo Stato, l'economia e la società a livello di Confederazione, di Cantoni e di Comuni. Soltanto un'analisi complessiva, fondata su un concetto di sicurezza globale, consente di stabilire realisticamente i compiti, lo statuto e l'importanza dei singoli strumenti in materia di politica di sicurezza nonché le loro relazioni reciproche.

Con questo approccio è possibile evitare che la forza normativa di ciò che esiste e la questione delle risorse assumano un'importanza esagerata e pregiudizievole in occasione della definizione della politica di sicurezza. Soltanto i principi politici più importanti e gli interessi della Svizzera costituiscono opzioni fisse. Anche se in tale modo vengono rimesse in discussione concezioni tradizionali, la politica di sicurezza deve orientarsi alle sfide effettive. Solo così sarà pure possibile raggiungere il consenso nazionale necessario.

La definizione concettuale della politica di sicurezza che sta alla base del presente rapporto corrisponde alla mutata situazione. Mentre nel Rapporto 90 la politica di sicurezza era il «settore interessato dalle minacce d'indole politico-militare», nel presente rapporto essa concerne la prevenzione e la gestione della violenza di portata strategica, vale a dire della violenza che ha effetti sovraregionali, nazionali o internazionali e interessa perciò parti considerevoli dello Stato e della società. Evidentemente, le minacce politico-militari continuano ad essere oggetto della politica di
sicurezza. La nuova definizione consente però anche di integrare ulteriori minacce e pericoli per la nostra sicurezza che nel frattempo hanno acquistato importanza e non sono necessariamente di tipo politico-militare, come ad esempio il crimine organizzato e le catastrofi naturali o tecnologiche. La lotta contro la violenza che non raggiunge una portata strategica è della massima importanza per la sicurezza pubblica. Essa è un compito della politica di sicurezza cantonale. Le organizzazioni di condotta cantonali e l'impiego dei mezzi cantonali sono prioritariamente orientati a far fronte a calamità di vaste proporzioni o alla minaccia della sicurezza pubblica dovuta alla violenza e alla criminalità. La politica di sicurezza cantonale è dunque strettamente legata a quella federale, ma esse non coincidono.

Il presente rapporto pone un nuovo accento anche con il suo titolo: «Sicurezza attraverso la cooperazione». La situazione attuale esige una cooperazione in materia di politica di sicurezza sia su scala nazionale, sia con Stati esteri e organizzazioni internazionali. Le sfide in materia di politica di sicurezza possono essere gestite soltanto se tutti i mezzi disponibili per gli interventi all'interno del Paese sono uti6564

lizzati in maniera più flessibile ed efficace e se la Svizzera, in occasione dell'impiego dei propri mezzi transfrontalieri ­ senza rinunciare alla neutralità ­ , approfitta delle opportunità della cooperazione internazionale per accrescere la propria sicurezza.

Una sfida particolare è rappresentata dalla sostituzione del sistema di difesa integrata, emanazione della guerra fredda, con una cooperazione globale flessibile in materia di sicurezza a livello nazionale. In seguito al mutamento della situazione in materia di sicurezza, vi è ora un margine di manovra considerevole per una decentralizzazione dei compiti a favore dei Cantoni, con il contemporaneo rafforzamento della polivalenza dei mezzi della politica di sicurezza della Confederazione e dei pertinenti strumenti di condotta.

I continui mutamenti esigono una verifica regolare di questa concezione. Durante la guerra fredda, con la sua gamma stabile di minacce, di pericoli e di rischi, era possibile ritenere che un rapporto sulla politica di sicurezza potesse restare valido per un considerevole periodo di tempo. Tra il rapporto del 1973 e quello del 1990, è stato sufficiente un rapporto intermedio nel 1979. Da allora il ritmo dei mutamenti si è accelerato. L'idea fondamentale della nostra strategia ­ sicurezza attraverso la cooperazione ­ è però sufficientemente ampliabile e flessibile per facilitare alla Svizzera anche la gestione di mutamenti rapidi e improvvisi. Se la Svizzera approfitta delle opportunità offerte dalla cooperazione, essa può affrontare, con piena fiducia in se stessa, le future sfide in materia di politica di sicurezza.

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Necessità e scopo di un nuovo rapporto

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Che cosa è cambiato dal 1990?

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Mutamenti del nostro contesto

Dalla metà di questo secolo, il nostro contesto in materia di politica di sicurezza è stato caratterizzato, da una parte, dalla guerra fredda e, dall'altra, dalla crescente cooperazione tra Stati un tempo nemici, dapprima nell'Europa occidentale. La fine della guerra fredda ha fatto nascere grandi speranze di pace. Non tutte però si sono realizzate; ciononostante, in materia di sicurezza, la nostra situazione nel contesto europeo è globalmente migliorata.

La minaccia militare convenzionale con conseguenze per la Svizzera si è drasticamente ridimensionata. Paesi un tempo membri del Patto di Varsavia hanno aderito alla NATO e altri hanno espresso la medesima intenzione. Inoltre, altri Paesi dell'ambito dell'OSCE hanno pienamente aderito ai valori democratici e si sono integrati nelle pertinenti organizzazioni, stabilizzando ulteriormente il nostro contesto.

La progressiva integrazione europea ha fatto dell'Unione europea, che si è consolidata nella sostanza ed ampliata nell'estensione geografica, l'attore economicamente e politicamente più importante del continente.

Altri pericoli e rischi sono apparsi in primo piano. Divampano conflitti regionali e guerre civili locali con rischio di estensione. La proliferazione delle armi di distruzione di massa e dei sistemi balistici continua. Il crimine organizzato e la mafia della droga accrescono la loro influenza. Il terrorismo e l'estremismo violento restano minacce permanenti. Le violazioni dei diritti umani, il divario di ricchezza, la penuria di risorse e il degrado ambientale generano pressioni migratorie e flussi di profughi.

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La vulnerabilità delle società moderne continua ad aumentare. Queste minacce e questi pericoli, nuovi per la loro intensità e interdipendenza, hanno un carattere prioritariamente non militare. Essi possono essere affrontati con successo soltanto mediante sforzi internazionali duraturi in materia di sicurezza.

Il mutamento della situazione si riflette anche nell'evoluzione della cooperazione militare in Europa, particolarmente per quanto concerne la NATO, che si concentra sempre di più sulla gestione delle crisi al di fuori del settore geografico dell'Alleanza e meno sulla difesa di quest'ultimo, anche se le capacità difensive sono mantenute.

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Evoluzione della politica di sicurezza della Svizzera

Anche la Svizzera è interessata da questa evoluzione. Essa condivide con gli Stati vicini e con altri Paesi europei le minacce e i pericoli, ma anche le opportunità di gestirli. Le possibilità di salvaguardare autonomamente la nostra sicurezza sono diminuite a causa della natura transfrontaliera dei nuovi pericoli e dei nuovi rischi in materia di politica di sicurezza, ma anche a causa dei nostri limiti tecnologici e finanziari. Nel contempo, le possibilità di accrescere la nostra sicurezza mediante la cooperazione si sono moltiplicate. Pure in Svizzera si sta consolidando la convinzione che il nostro Paese deve affrontare le nuove sfide insieme con altri Stati, allo scopo di migliorare la nostra sicurezza e, contemporaneamente, di contribuire alla sicurezza e alla pace a livello globale e continentale.

Per tale motivo, dalla fine della guerra fredda il Consiglio federale ha ampliato progressivamente l'impegno e la cooperazione internazionali in materia di politica di sicurezza. Tra i compiti dell'esercito, è vero che la prevenzione della guerra e la difesa autonome continuavano a dominare. Ciò non è stato rimesso in discussione dalla riforma Esercito 95 e dalla diminuzione di un terzo degli effettivi. Un numero crescente di approcci pragmatici in vista del rafforzamento della cooperazione nel campo della politica di sicurezza annunciava tuttavia uno spostamento delle priorità.

A partire dal 1990, la Svizzera ha inviato osservatori militari dell'ONU («berretti blu») in Vicino Oriente, nell'ex Jugoslavia, in Georgia e nel Tagikistan. Dal 1993, osservatori civili di polizia sono stati impiegati in Macedonia, in Sudafrica, in Ruanda, nello Zaire, in Bosnia-Erzegovina e in Croazia. Negli anni 1992/93, per la seconda volta, la Svizzera ha messo a disposizione dell'ONU un'unità sanitaria nel quadro della Missione delle Nazioni Unite per il Referendum nel Sahara occidentale. Dal 1996, essa appoggia la missione dell'OSCE in Bosnia-Erzegovina con una unità logistica, dopo che una partecipazione all'operazione IFOR/SFOR condotta dalla NATO le è stata preclusa dall'impossibilità di armare le proprie truppe di pace a causa della decisione popolare del 1994 di rifiutare l'istituzione di un contingente di caschi blu. Inoltre, la Svizzera mette a disposizione di missioni internazionali, dirette soprattutto
dall'ONU e dall'OSCE, esperti civili per il promovimento della pace e della democrazia che sono talvolta impiegati per lunghi periodi. Essi appoggiano la promozione dello Stato di diritto e dei diritti umani nelle aree di crisi sulla base di un mandato chiaramente definito, per esempio nel quadro di missioni a lungo termine dell'OSCE, oppure sono attivi come osservatori in occasione di elezioni.

Il Consiglio federale ha compiuto un ulteriore passo significativo verso l'apertura, soprattutto dal punto di vista della politica di neutralità, per quanto riguarda l'applicazione delle sanzioni. A partire dall'epoca della guerra del Golfo, ciò ha portato la 6566

Svizzera ad associarsi in maniera autonoma alle sanzioni economiche dell'ONU contro alcuni Stati (oltre l'Iraq, anche la Libia e la Serbia-Montenegro) e ad appoggiare le misure militari autorizzate da un mandato del Consiglio di sicurezza nell'ambito del conflitto in Bosnia, concedendo il diritto di transito aereo e terrestre alla NATO. In sintonia con le linee direttrici formulate nel Rapporto 90, la Svizzera partecipa dal luglio 1998, per la prima volta, alle misure di embargo decretate dall'Unione europea nei confronti della Repubblica federale di Jugoslavia.

Con l'applicazione autonoma delle misure decretate dal Consiglio di sicurezza dell'ONU, accompagnata da una partecipazione accresciuta alla sorveglianza del rispetto delle sanzioni, la Svizzera ha de facto ripreso il punto di vista, oggi generalmente riconosciuto, che anche i Paesi non membri dell'ONU devono applicare le sanzioni economiche decise dalle Nazioni Unite e che il diritto della neutralità non è contrario alla partecipazione a misure coercitive decise dalle Nazioni Unite e applicate dall'insieme della comunità internazionale. La politica d'applicazione delle sanzioni da parte della Svizzera è determinata dai suoi interessi, ma è assolutamente conforme alle esigenze dello Statuto delle Nazioni Unite, anche se non esiste alcun obbligo legale al riguardo.

Un passo ancor più significativo verso una sicurezza cooperativa è stato compiuto con l'assunzione della presidenza dell'OSCE nel 1996. Ciò non ha avuto come conseguenza soltanto un forte aumento del nostro impegno nel campo della diplomazia preventiva multilaterale: al di là di questo impegno, la Svizzera ha condiviso le responsabilità, ma ha anche assunto compiti di condotta nel settore della politica di sicurezza. Essa ha così rafforzato la sua immagine a livello internazionale e la fiducia generale nelle sue capacità di contribuire in maniera costruttiva alle attività delle organizzazioni internazionali. Un'evoluzione analoga si era già delineata in precedenza in seno all'ONU, il cui Segretario generale aveva nominato a due riprese cittadini svizzeri come suoi rappresentanti straordinari, affidando loro il ruolo di responsabili politici di operazioni di mantenimento della pace (Sahara Occidentale e Georgia).

La Svizzera ha rafforzato anche la propria partecipazione a organi
multilaterali per il controllo degli armamenti e il disarmo; dopo essere diventata membro a pieno titolo della Conferenza sul disarmo di Ginevra nel 1996, ne assunse per la prima volta la presidenza già l'anno successivo. La Svizzera partecipa a tutti gli accordi multilaterali di controllo delle esportazioni di beni utilizzabili per scopi civili e militari, segnatamente all'Accordo di Wassenaar, al Regime di controllo delle tecnologie missilistiche, al Gruppo d'Australia e al Gruppo dei fornitori nucleari. Essa si impegna attivamente nei negoziati per la Convenzione sulle armi chimiche e ne appoggia l'attuazione. Il nostro Paese mette per esempio a disposizione uno dei sette laboratori di fiducia designati a livello mondiale e partecipa alla formazione degli ispettori. Inoltre, ha proposto la candidatura di Ginevra come sede di una nuova organizzazione incaricata di sorvegliare la Convenzione sulle armi biologiche. La Svizzera ha pure partecipato intensamente alle missioni dell'UNSCOM in vista del disarmo dell'Iraq.

Un passo fondamentale nell'evoluzione della politica di sicurezza della Svizzera è stato compiuto con la partecipazione al Partenariato per la pace (1996) e al Consiglio di Partenariato Euro-Atlantico (1997), due iniziative lanciate dalla NATO.

L'obiettivo del Partenariato ­ il rafforzamento dei valori democratici comuni e delle capacità nel campo delle misure per il sostegno alla pace ­ è anche conforme agli obiettivi della politica di sicurezza svizzera. Il bilancio dei primi due anni mostra 6567

che le offerte svizzere nel settore della formazione, malgrado l'esclusione provvisoria, per ragioni giuridiche, del settore della cooperazione armata a sostegno della pace, hanno incontrato un vivo interesse e che la Svizzera ha potuto trarre profitto dalle offerte di collaborazione del PfP. Essa approfitta ugualmente della partecipazione agli scambi regolari di opinioni in materia di politica di sicurezza a livello di ministri della difesa e degli esteri, così come agli incontri dei capi di Stato maggiore generale nell'ambito del Consiglio di Partenariato Euro-Atlantico.

A complemento del Partenariato per la pace, la Svizzera partecipa anche a differenti iniziative di cooperazione regionali (p. es. a favore degli Stati baltici e nel quadro dell'iniziativa austriaca CENCOOP per una cooperazione centroeuropea nel campo delle operazioni di sostegno alla pace, in particolare nell'area balcanica).

La Svizzera ha fondato a Ginevra due centri che le hanno assicurato un riconoscimento internazionale: il Centro di politica di sicurezza (1996), che forma diplomatici, ufficiali e funzionari nell'ambito del Partenariato per la pace, e il Centro internazionale per lo sminamento a scopo umanitario (1997), che mira, grazie a una rete elettronica di collegamento, a fornire supporto alle azioni dell'ONU a livello mondiale e promuove lo sminamento a scopo umanitario con numerose conferenze e offerte di formazione in questo settore. Allo scopo di incoraggiare su scala internazionale il libero flusso di informazioni nel campo della politica di sicurezza, la Svizzera ha creato l'International Relations and Security Network (ISN) su Internet. Negli anni novanta, in Svizzera si è ulteriormente sviluppata anche la ricerca sulla pace, segnatamente grazie al Centro di ricerche in materia di politica di sicurezza e di polemologia del Politecnico federale di Zurigo, all'Institut Universitaire de Hautes Etudes Internationales di Ginevra e alla Fondazione svizzera per la pace.

In seguito alla globalizzazione dei mercati, l'approvvigionamento economico del Paese si è fondato sempre più sulle misure prese per combattere le crisi a livello internazionale. Una cooperazione istituzionalizzata esiste nel settore degli oli minerali, in seno al forum offerto dall'Agenzia internazionale dell'energia. Questa organizzazione mira a
una gestione comune dei problemi di approvvigionamento mediante l'impegno dei suoi membri a mantenere scorte minime, a organizzare sistemi d'approvvigionamento differenziati in caso di crisi e a limitare i consumi. Nell'ambito della parte civile del Partenariato per la pace, sono pure stati intrapresi sforzi comuni in vista di garantire l'approvvigionamento.

Negli ultimi anni, la cooperazione internazionale in materia di polizia e di sicurezza è stata ampliata e sviluppata, nella misura in cui ciò era possibile senza un'adesione all'Accordo di Schengen o all'Unione europea. Nel settore della sicurezza interna, la verifica della ripartizione dei compiti tra Confederazione e Cantoni, intrapresa con quest'ultimi, è appena iniziata. Si tratterà di stabilire se è ancora adeguata ai problemi attuali, ma soprattutto se è ancora appropriata per far fronte ai problemi futuri.

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Conseguenze fondamentali

L'evoluzione dopo la pubblicazione del Rapporto 90 esige una verifica della concezione svizzera in materia di sicurezza. Considerata la diminuzione della minaccia militare convenzionale e della sua importanza rispetto ad altre minacce e altri pericoli, dev'essere modificato lo stesso concetto di politica di sicurezza, affinché sia conforme alle circostanze attuali e ai possibili sviluppi. Nel presente rapporto, con «politica di sicurezza» si intende il settore delle attività dello Stato finalizzate alla 6568

prevenzione e alla difesa nei confronti delle minacce e dell'uso della violenza di portata strategica, vale a dire della violenza che può interessare parti considerevoli della popolazione e del Paese.

Ciò richiede un adeguamento degli strumenti della nostra politica di sicurezza. Durante la guerra fredda, essi sono stati organizzati nel quadro del concetto di difesa integrata, che era globalmente diretta contro tutte le minacce e tutti i pericoli possibili, compreso un conflitto armato di grandi dimensioni in Europa. L'accento era posto soprattutto sull'esercito e sulla protezione civile. La scomparsa del ventaglio di minacce della guerra fredda e l'apparizione di una gamma più ampia di pericoli e di rischi maggiormente diffusi e in gran parte non militari, impongono di modificare la concezione di una struttura di difesa imperniata sul peggiore dei casi. Questa concezione dev'essere sostituita da una forma di cooperazione più flessibile, che possa affrontare più rapidamente e con minori oneri le nuove sfide. In questo contesto, i mezzi che la Confederazione e i Cantoni devono apprestare per la tutela della sicurezza interna, segnatamente quelli della polizia, devono essere rafforzati.

La cooperazione internazionale in materia di politica di sicurezza è il terzo settore che necessita di una verifica e di una riforma. Le minacce e i pericoli esistenti e prevedibili, come pure le opportunità che si presentano oggi, esigono, e nel contempo rendono possibile, un rafforzamento di tale cooperazione. Soltanto in questo modo la Svizzera potrà salvaguardare i propri interessi in materia di sicurezza e influire in maniera costruttiva sull'evoluzione della politica di sicurezza europea. Il nostro contributo alla sicurezza internazionale non è semplicemente l'espressione della nostra solidarietà, ma una parte importante della nostra politica di sicurezza, utile per i nostri interessi.

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Rischi e opportunità

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Gamma delle minacce e dei pericoli

La gamma delle minacce e dei pericoli è caratterizzata da tre aspetti: la dinamica, la complessità e il ridimensionamento dell'importanza dello spazio geografico. Nell'analisi di tutte le minacce e di tutti i pericoli occorre tenere in considerazione questo fatto.

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Diminuzione dei fattori di minaccia militare tradizionali

La corsa agli armamenti ha potuto essere parzialmente controllata grazie a differenti accordi sul controllo degli armamenti (p. es. Trattato di non proliferazione, SALT, INF, START, CFE, Convenzioni sulle armi biologiche e chimiche). Tuttavia, soltanto la fine della guerra fredda e lo sgretolamento dell'Unione sovietica hanno portato a una riduzione duratura delle capacità nel campo delle armi di distruzione di massa e delle armi convenzionali, così come una diminuzione della probabilità del loro impiego. I tempi di preallarme per le operazioni di vasta portata con mezzi convenzionali si esprimono ora in anni. Ciò non vale per contro per le armi di distruzione di massa. Nel caso di quest'ultime, occorre segnatamente considerare il rischio che possano cadere nelle mani di gruppi non statali ed essere impiegate senza alcun preavviso nell'ambito di azioni terroristiche.

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Globalmente, la fine della guerra fredda ha significato per la Svizzera un considerevole aumento della sicurezza militare. Ciò è vero anche nel caso in cui si tenga conto del fatto che continuano ad essere mantenute forze armate potenti e assicurate le loro capacità di crescita, che vengono costantemente modernizzate armi di elevate prestazioni e collaudati nuovi mezzi di combattimento. È vero che in Europa, contrariamente agli ultimi decenni, infuriano nuovamente conflitti armati, ma le loro conseguenze dirette, soprattutto quelle di natura militare, sono regionalmente limitate. Un'estensione dal punto di vista geografico tale da coinvolgere la Svizzera non è mai da escludere completamente. A differenza dell'epoca della guerra fredda, è però poco probabile che vi sia una progressione fino a giungere a un conflitto militare tra grandi Stati.

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Aumento dei conflitti interni

La maggior parte dei conflitti armati avvengono oggi non più tra Stati o gruppi di Stati, ma tra il potere statale e gruppi in seno al medesimo Stato. Le tensioni etniche, gli intenti secessionistici, gli squilibri economici, le divergenze ideologiche e religiose, ma anche le ambizioni politiche di singoli gruppi o gli sforzi di associazioni criminali per eliminare l'autorità dello Stato, sono le cause più importanti di tali conflitti. Segnatamente laddove le strutture statali sono in crisi permanente e dove regna la miseria economica, spesso acquistano potere gruppi e organizzazioni che non si preoccupano del benessere della comunità, ma perseguono soltanto i propri interessi, destabilizzando lo Stato e la società.

Le ostilità locali possono, nel caso di una gestione insufficiente della crisi da parte della comunità internazionale, degenerare in conflitti transfrontalieri di vasta portata, con scontri armati, flussi di profughi, tensioni interne in Paesi terzi e perturbazione degli scambi economici. Gli Stati limitrofi, ma anche quelli geograficamente lontani, come la Svizzera, possono quindi essere interessati dalle conseguenze di un conflitto interno in un altro Stato. Una parte dei richiedenti d'asilo che hanno trovato accoglienza in Svizzera continua a partecipare al conflitto nella loro Patria mediante il sostegno logistico e l'agitazione politica. Quando i dirigenti di gruppi che combattono contro il potere statale nel loro Paese d'origine risiedono in Svizzera, possono provocare tensioni politiche tra i due Stati. Installazioni svizzere o straniere in Svizzera possono diventare l'obiettivo di manifestazioni violente o addirittura di occupazioni a scopo ricattatorio. Non possono nemmeno essere esclusi scontri violenti tra gruppi di stranieri in Svizzera. Uno Stato di diritto che si difende da attività illegali e vuole impedire lo sfruttamento dell'asilo per azioni violente, può diventare esso stesso il bersaglio della violenza.

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Proliferazione delle armi di distruzione di massa e dei sistemi d'arma a lunga gittata

La minaccia rappresentata dalle armi di distruzione di massa nella forma di una guerra nucleare globale è passata in secondo piano. Tuttavia, la proliferazione nucleare continua, in parte anche grazie al comportamento di certe potenze nucleari. In tal modo, aumenta il rischio di conflitti nucleari regionali. Al di fuori del campo d'applicazione della Convenzione sulla proibizione delle armi chimiche, alcuni programmi concernenti armi chimiche sono ancora in corso. L'utilizzazione a fini mi6570

litari di biotecnologie diventa possibile per un numero sempre maggiore di Stati. I missili balistici a lunga gittata assumono importanza quali vettori per armi di distruzione di massa. I trasferimenti di tecnologia da Stati con un'industria bellica altamente sviluppata, come pure la reciproca cooperazione, hanno consentito ad altri Stati di dotarsi di una propria industria missilistica.

Particolarmente minacciosa è la possibilità, sempre meno da escludere, che armi di distruzioni di massa possano sfuggire al controllo statale e cadere nelle mani di gruppi terroristici.

A livello internazionale, il ventaglio delle risposte alla minaccia rappresentata dalle armi di distruzione di massa comprende la dissuasione, gli attacchi preventivi nonché le misure di difesa attive e passive. La Svizzera è in grado di realizzare autonomamente soltanto misure di protezione passive. Per una protezione fondata su misure di difesa attive (p. es. minacce di rappresaglia o difesa antimissile), essa dovrebbe, a causa di imperativi tecnologici e finanziari, cercare la cooperazione o l'aiuto internazionale; ciò vale segnatamente anche per la difesa dalle minacce terroristiche di impiegare armi di distruzione di massa.

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Limitazioni della libertà di commercio e pressioni economiche

Le misure economiche prese da singoli Stati o da gruppi di Stati per imporre i propri obiettivi economici, politici o militari, costituiscono da sempre uno strumento politico corrente. La gamma di queste misure è molto ampia. Esse comprendono i divieti d'importazione ed esportazione mirati, le discriminazioni negli acquisti pubblici o per la concessione di visti, il boicottaggio di singoli settori economici o le sanzioni commerciali globali.

Negli anni novanta, l'utilizzazione di mezzi di pressione economica si è intensificata. Segnatamente l'ONU ha preso misure economiche coercitive per ristabilire la pace e imporre il diritto internazionale. Pure l'Unione europea e gli Stati Uniti hanno utilizzato a più riprese tali misure coercitive allo scopo di raggiungere i loro obiettivi economici o politici. Sempre negli anni novanta, anche singoli Stati, segnatamente taluni Stati e città degli USA, hanno tentato di difendere interessi particolari esercitando pressioni economiche.

Per gli Stati interessati, l'effetto dei tentativi di pressioni economiche può essere sensibile. Durante un lungo periodo, la Svizzera è stata toccata soprattutto dalle conseguenze indirette delle pressioni economiche esercitate da altri Stati. Nel contesto delle discussioni sul ruolo della Svizzera durante la Seconda Guerra Mondiale, sono stati per la prima volta esercitati attacchi politici globali e pressioni economiche dirette contro banche e assicurazioni svizzere. La possibilità di pressioni di questo genere nei confronti del nostro Paese dev'essere presa in considerazione anche per l'avvenire.

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Sviluppi economici, sociali ed ecologici

Tendenze, opportunità e rischi legati allo sviluppo dell'economia mondiale Una trasformazione fondamentale caratterizza il sistema economico globale. Le soluzioni globali, che oltre ai beni comprendono anche i servizi, il finanziamento, la 6571

manutenzione e la distribuzione, sostituiscono sempre di più i singoli prodotti. I fattori di produzione (il capitale, la tecnologia e in parte anche il lavoro) sono divenuti in larga misura mobili. La produzione e il commercio non si organizzano più in funzione delle frontiere nazionali. Non soltanto i mercati che fanno intenso ricorso all'informazione e alla comunicazione, ma anche i mercati dei beni pesanti e per i quali è determinante il fattore tempo sono largamente globalizzati. Gli accordi di cooperazione e le alleanze strategiche regolano i movimenti transfrontalieri tra unità di produzione specializzate. Le reti globali interne o tra differenti imprese si rafforzano continuamente con fusioni e alleanze.

La dinamica economica mondiale, caratterizzata dalla globalizzazione, aumenta il benessere di molte persone, ma comporta anche pericoli. La grande mobilità del capitale ha come rovescio della medaglia l'instabilità dei mercati finanziari, le cui conseguenze possono destabilizzare le economie di interi Stati o addirittura di regioni, in tempi estremamente brevi. Sia la concentrazione del sistema bancario internazionale sia l'interconnessione dei legami finanziari rendono più difficile il controllo delle transazioni, effettuate con estrema rapidità, e degli impegni e racchiudono in sé i germi di una crisi finanziaria globale. Garantire il funzionamento dell'economia mondiale rappresenta una sfida crescente per la comunità internazionale. Gli sforzi multilaterali in vista di soluzioni per salvaguardare le condizioni quadro dell'economia, e quindi la cooperazione regionale e globale, diventano sempre più importanti.

Per il momento non è stato possibile, oppure lo è stato soltanto in misura insufficiente, integrare molti Paesi nell'economia mondiale. Tra loro figura il gruppo dei Paesi in via di sviluppo più poveri, nei quali vive gran parte della popolazione mondiale. Numerose economie dell'Europa orientale hanno profondi problemi strutturali, il cui superamento richiederà ancora molto tempo. Le situazioni di miseria economica che ne risultano possono degenerare in crisi, tali da provocare conflitti armati e migrazioni forzate. Le situazioni di crisi o di potenziale conflitto possono anche essere causate da adeguamenti strutturali troppo affrettati, da privatizzazioni precipitate o da
competizioni sfrenate in vista di accogliere sedi di imprese, quando ne risultano violazioni dei diritti umani, bisogni sociali fondamentali non più soddisfatti o risorse naturali sfruttate in maniera eccessiva.

Interazione tra sicurezza e disparità sociali Malgrado il fatto che le condizioni di vita di molte persone siano nettamente migliorate nel corso degli ultimi anni, la povertà resta sempre largamente diffusa. Nei Paesi in sviluppo molte persone vivono nella povertà più assoluta. Il loro numero cresce in maniera preoccupante anche nell'Europa orientale. Le donne sono toccate dalla povertà in misura largamente superiore. Inoltre, è accertato che il rischio di un conflitto bellico è particolarmente elevato nei Paesi e nelle regioni in cui importanti settori della popolazione sono marginalizzati e in cui si investe troppo poco nella dimensione umana. Il rischio è pure elevato nei Paesi e nelle regioni che dispongono di istituzioni politiche fragili o che soffrono di danni importanti all'ambiente o della penuria di risorse.

Pericoli ambientali globali e locali I progressi realizzati nella lotta contro i rischi ambientali globali nel quadro di accordi e della cooperazione internazionali sono stati finora modesti. Il degrado ambientale aumenta in Europa e nel mondo, segnatamente a causa dell'aumento del 6572

traffico e del consumo d'energia. Certo, a breve termine, non siamo minacciati da catastrofi ecologiche di portata globale; tuttavia, sviluppare strategie di lotta nel momento in cui i mutamenti climatici avranno le loro massime conseguenze, sarà troppo tardi. Catastrofi ecologiche locali con conseguenze su scala regionale sono già oggi possibili in ogni momento, in particolare nell'Europa orientale. Fondamentalmente, si profilano sei settori di minaccia ecologica: penuria d'acqua, erosione del suolo, distruzione delle foreste, mutamenti climatici, aumento del livello del mare e inquinamento dell'ambiente dovuto a rifiuti tossici e alla liberazione di sostanze tossiche e radioattive.

In Svizzera, le conseguenze per la sicurezza risultanti dal campo di tensioni economia-società-ambiente finora non sono state praticamente studiate, segnatamente a causa della complessità del tema. Nel suo documento strategico «Sviluppo sostenibile in Svizzera», il Consiglio federale ha annunciato che intende analizzare in maniera approfondita le relazioni tra politica di sicurezza e sviluppo sostenibile.

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Sviluppi tecnologici importanti in materia di politica di sicurezza

Anche in avvenire gli sviluppi tecnologici eserciteranno un influsso importante sulla sicurezza del nostro Paese. Non soltanto a causa dello sviluppo delle tecnologie dell'armamento, ma anche per la vulnerabilità o gli effetti protettivi che la diffusione di nuove tecnologiche provocherà nell'economia, nella società e nello Stato. Tra i molteplici sviluppi tecnologici prevedibili, quelli nel settore delle tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni suscitano qualche inquietudine in materia di sicurezza. Un secondo settore che merita un'attenzione particolare è quello delle scienze biologiche.

L'evoluzione tecnologica porterà un profondo mutamento nelle forze armate e svantaggerà gli eserciti che non potranno seguire tale evoluzione. Globalmente, il fattore tempo acquisterà importanza rispetto ai fattori spazio e forza. Occorre attendersi in particolare un miglioramento delle capacità d'esplorazione, un'accelerazione dei processi decisionali grazie a sistemi informatici più potenti, l'apparizione di armi laser e a microonde, un'ulteriore diffusione della tecnologia «Stealth» («bassa osservabilità»), l'aumento della gittata dei sistemi d'arma e una maggiore precisione nell'impiego. È probabile che gli impieghi avranno luogo in misura sempre maggiore con mezzi senza equipaggio, o almeno con equipaggi ridotti. Si rafforzerà la tendenza a sostituire il combattimento diretto di forze armate nemiche a breve distanza con il combattimento a lunga distanza, così come la ricerca di una decisione rapida mediante l'eliminazione delle capacità di condotta.

I progressi della biotecnologia e dell'ingegneria genetica accelerano anche lo sviluppo e la diffusione di armi biologiche. Esse potrebbero svolgere un ruolo determinante proprio in occasione di futuri conflitti tra società altamente evolute e Paesi in via di sviluppo. Rispetto alla produzione delle armi nucleari o chimiche, la produzione di armi biologiche è semplice ed economica. Praticamente l'insieme della tecnologica necessaria possiede un carattere di duplice uso («dual use») ed è ottenibile sul mercato. Anche gli agenti patogeni, necessari per la ricerca medica, sono ottenibili in maniera relativamente semplice. Attualmente, una decina di Stati sono sospettati di gestire programmi concernenti armi biologiche.

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Minaccia nei confronti dell'infrastruttura informatica e di comunicazione

Le tecnologie dell'informazione e della comunicazione penetrano praticamente in tutti i campi della vita quotidiana. Parallelamente, la dipendenza degli utenti dal buon funzionamento dei sistemi informatici e di parti critiche dell'infrastruttura informatica e di comunicazione si accentua; contemporaneamente, aumenta la vulnerabilità nei confronti degli interventi ostili. Poiché l'efficacia di quest'ultimi non dipende né dalla forza strategica ed economica degli attori, né dall'importanza quantitativa e qualitativa dei loro potenziali di truppe e arsenali, si apre un settore oggi difficilmente valutabile, nel quale possono moltiplicarsi gli attori e i motivi dell'intervento.

Questi interventi sono possibili, per attori statali e non statali, anche con mezzi limitati e indipendentemente dalla distanza geografica, in parte senza costi eccessivi.

Le probabilità di essere scoperti sono ridotte e i rischi minimi. Oltre agli errori di manipolazione umani e tecnici, gli interventi comprendono tutte le possibilità della ricerca di informazioni, la manipolazione mirata di dati, la saturazione dei sistemi, l'implementazione di funzioni erronee, la distruzione di dati e di programmi, fino alla distruzione fisica dell'hardware e dell'infrastruttura. I motivi sono segnatamente lo spionaggio per conseguire un vantaggio economico, il danneggiamento di dati, il disturbo di funzioni a scopo ricattatorio e l'influsso mirato sulle decisioni in ambito economico, amministrativo e militare.

I preparativi in vista di interventi mediante la guerra informatica non possono di regola essere scoperti. In tal modo scompare ogni margine di preallarme e le misure di protezione o le contromisure non possono essere attivate per tempo. Per un singolo sistema informatico è quasi impossibile rilevare e identificare rapidamente l'origine, l'intenzione, l'inizio, il genere, l'entità e la fine dell'intervento, così come il successo o l'insuccesso degli attacchi. Gli aggressori approfittano oggi in particolare del fatto che quasi tutte le imprese e amministrazioni tentano di provvedere da sole alla sicurezza dei loro dati (soluzioni isolate), permettendo così di utilizzare a più riprese i medesimi metodi di aggressione.

A causa della densità, la più elevata d'Europa, delle sue reti informatiche e dell'importante interconnessione
internazionale dell'economia, la Svizzera è estremamente dipendente da trasmissioni di dati efficienti e protette dalle intrusioni. Se non sono possibili sufficienti misure di difesa, le strutture delle reti, talvolta complesse, e le connessioni dei diversi settori economici che ne risultano direttamente creano una grande vulnerabilità. La minaccia si estende dai danni e dalle perturbazioni importanti per la nostra economia fino alla paralisi delle nostre capacità di condotta politica e militare.

Occorre considerare prioritariamente gli interventi contro settori sensibili o contro quelli nei quali possono essere causati danni particolarmente importanti. Tra questi settori, figurano essenzialmente le banche di dati e le reti critiche seguenti della nostra infrastruttura informatica e di comunicazione: amministrazione pubblica a tutti i livelli; industria, commercio, banche, assicurazioni, opere sociali; approvvigionamento e sistemi di distribuzione dell'elettricità, del gas, del petrolio, dell'acqua; regolazione del traffico e trasporti (strade, ferrovie, aviazione, navigazione); polizia, servizi di sicurezza e di salvataggio; servizi d'informazione e di comunicazione, media; condotta militare. Gli attacchi elettronici a questi settori vitali dell'infrastruttura devono essere considerati una minaccia per la nostra sicurezza nazionale.

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Terrorismo, estremismo violento, spionaggio, criminalità e crimine organizzato

Il mutamento del nostro contesto di politica di sicurezza ha modificato parimenti l'immagine della situazione della nostra sicurezza interna. Anche i pericoli e i rischi relativi a questo settore hanno assunto un carattere più spiccatamente transfrontaliero, grazie anche allo sviluppo delle comunicazioni elettroniche (Internet). L'instabilità e i conflitti in regioni talvolta molto lontane hanno conseguenze dirette sulla sicurezza interna della Svizzera. Di conseguenza, la separazione tra sicurezza interna e sicurezza esterna diventa più difficile. La lotta contro il terrorismo, l'estremismo violento e il crimine organizzato, come pure la salvaguardia della sicurezza interna, esigono un rafforzamento dei mezzi della polizia e una verifica approfondita di nuove forme di collaborazione tra Confederazione e Cantoni. Inoltre, diventano sempre più un compito comune per tutta la comunità internazionale. Ne risulta, oltre all'obbligo dell'autoprotezione, una corresponsabilità della Svizzera al di là delle sue frontiere, e di conseguenza anche la necessità di cooperare. Differenti accordi internazionali, come quelli di Schengen (zona di sicurezza senza controlli alle frontiere) e Dublino (Paese di primo asilo) o l'organizzazione di polizia Europol in fase d'attuazione in seno all'Unione europea, sono orientate a una «sicurezza interna collettiva». Nel contempo, esiste il pericolo che, a causa del rafforzamento della cooperazione in materia di sicurezza in seno all'Unione europea, le minacce si spostino verso Paesi europei che non ne fanno parte, tra i quali la Svizzera.

Nell'ambito della sicurezza interna, assume particolare rilevanza la protezione delle rappresentanze diplomatiche e delle organizzazioni internazionali. Questo aspetto è segnatamente importante in considerazione del ruolo di Ginevra come sede di organizzazioni internazionali e di negoziati internazionali, nonché di Berna come capitale che ospita numerose rappresentanze diplomatiche.

Terrorismo e estremismo violento Nell'ambito del terrorismo, le forme di utilizzazione della violenza orchestrate dallo Stato o motivate ideologicamente sono assai diminuite. In numerose aree di conflitti di vecchia data si stanno cercando soluzioni politiche. Molte cause del terrorismo, dell'estremismo e del fanatismo, come le ingiustizie sociali, i problemi
delle minoranze, i problemi ecologici e le tensioni religiose continuano tuttavia ad esistere o si sono addirittura acuite.

Attualmente, la Svizzera non è un obiettivo prioritario del terrorismo internazionale.

Essa deve tuttavia impedire di essere utilizzata come base per il sostegno logistico di gruppi terroristici o come Paese di soggiorno o di transito di terroristi. Una delle ragioni principali per le quali è minacciata in questo settore è, oltre alla mancanza di cooperazione in materia di sicurezza con l'Unione europea, la sua posizione geografica di punto d'intersezione dei traffici, delle comunicazioni, della finanza e del commercio mondiali. Restano sempre possibili attentati contro obiettivi stranieri in Svizzera, come ambasciate o organizzazioni internazionali, oppure azioni di gruppi quali le sette apocalittiche.

L'estremismo violento è imparentato con il terrorismo ed è talvolta difficile distinguerli. Anch'esso è spesso organizzato in reti internazionali. In Svizzera, l'estremismo di destra e la xenofobia sono principalmente caratterizzati dalla presenza di skinheads e gruppi affini. Anche se i loro attentati hanno tendenza a diminuire nel corso degli ultimi anni, potrebbero di nuovo intensificarsi nel caso di un forte au6575

mento del numero delle domande d'asilo. I gruppi potenzialmente violenti prendono lo spunto anche dalla globalizzazione e dalle sue manifestazioni per scatenare disordini. L'estremismo straniero costituisce un pericolo considerevole in Svizzera. Si constatano spesso risse tra gruppi di stranieri ostili e atti di violenza contro terzi (in particolare contro le rappresentanze ufficiali e le installazioni degli Stati in conflitto).

Spionaggio Dalla fine della guerra fredda, lo spionaggio mondiale si è spostato sempre di più dal settore militare verso i settori della politica e dell'economia. Accanto ai servizi d'informazione statali, sono apparse come nuovi attori anche imprese private, che spesso reclutano ex specialisti dei servizi d'informazione. A causa delle possibilità offerte dalle reti elettroniche, i limiti tra la ricerca legale di informazioni e lo spionaggio economico illecito hanno tendenza a confondersi.

In Svizzera, le diverse forme dello spionaggio politico (investigazione di gruppi di esiliati stabiliti in Svizzera da parte delle autorità del loro Paese d'origine, ottenimento di analisi della situazione e di documenti pianificatori, ma anche di liste di persone ricercate) hanno come in passato un ruolo importante. Gli obiettivi principali dello spionaggio sono attualmente l'economia, la scienza, la ricerca e la tecnica.

Criminalità La popolazione è direttamente interessata dalla violenza e dalla criminalità ed è perciò molto sensibile alle questioni concernenti la sicurezza pubblica. Il numero dei reati denunciati in Svizzera ha avuto negli ultimi anni un'evoluzione statisticamente non uniforme: la tendenza alla diminuzione che si era delineata dopo il livello record del 1991 è stata corretta al rialzo a partire dal 1995; nel 1998 la criminalità è di nuovo globalmente regredita. L'aumento, segnatamente degli atti violenti e dei furti, indica un acuirsi della disponibilità a utilizzare la violenza. Il numero dei reati commessi da stranieri è aumentato in maniera sproporzionata. L'aggravamento della situazione concerne soprattutto le città e gli agglomerati, nonché, in misura crescente, le aree a ridosso degli assi principali del traffico. Malgrado queste perturbazioni locali da considerare molto seriamente, in particolare in ambito urbano, e il senso parzialmente soggettivo di
insicurezza della popolazione, rispetto alla situazione internazionale, la sicurezza in Svizzera può ancora essere ritenuta soddisfacente. Essa necessita tuttavia, tanto a livello federale quanto a livello cantonale, un'attenzione continua e il miglioramento costante dei mezzi di lotta contro la criminalità.

Crimine organizzato Il crimine organizzato ha assunto una dimensione globale e potrebbe diventare una delle minacce più importanti per la società, lo Stato e l'economia. Il suo radicamento nel mondo economico per il tramite del riciclaggio di denaro sporco, della corruzione e dell'acquisto di società e di immobili minaccia la stabilità economica e sociale, segnatamente quella delle giovani democrazie dell'Europa orientale. Gli Stati stessi, la loro politica economica, le loro polizie e il loro sistema giudiziario, sono obiettivi dell'infiltrazione del crimine organizzato. Gli sforzi principali dei gruppi del crimine organizzato, talvolta collegati tra loro da strutture reticolari, si concentrano sui traffici a livello planetario di droga, di persone e di armi, sulla corruzione e sul ricatto,

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così come sul riciclaggio di denaro proveniente da dette attività. I possibili collegamenti tra questi gruppi e i gruppi terroristici sono motivo di preoccupazione.

Le economie nazionali molto sviluppate e strettamente connesse a livello internazionale offrono alle organizzazioni criminali molte possibilità di infiltrarsi e di riciclare i loro guadagni. La Svizzera fa parte degli Stati minacciati. Il sistema federalista, gli scarsi mezzi della polizia e la nostra assenza da istituzioni europee importanti rendono più difficile la lotta contro questo pericolo.

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Evoluzione demografica, migrazioni

Anche se il tasso di fecondità è già fortemente diminuito, e in misura maggiore rispetto a quanto ci si attendeva, la popolazione mondiale continua tuttavia a aumentare di circa 100 milioni di persone l'anno. Secondo le stime attuali, nell'anno 2025 la Terra avrà circa 8 miliardi di abitanti, di cui l'80 per cento nei Paesi in via di sviluppo. Negli Stati rivieraschi del sud e dell'est del Mediterraneo, già ora vi sono troppo pochi posti di lavoro per una popolazione in forte aumento e questo problema si aggraverà ulteriormente. Tra le conseguenze dell'instabilità politica, economica e sociale nell'Europa orientale, nei Balcani e in varie regioni dell'ex Unione sovietica vi sono anche le migrazioni e, in caso di guerre civili, di violazioni dei diritti umani, di situazioni di emergenza economica e di distruzioni ambientali, possono prodursi esodi di massa.

La Svizzera è diventata uno dei Paesi di destinazione delle migrazioni provenienti dall'Europa sud-orientale, dall'Africa del nord e dall'Asia meridionale. Il forte aumento del numero di persone che cercano asilo in Svizzera grava sulle nostre strutture d'accoglienza e sulle nostre risorse, favorendo le tendenze xenofobe e razziste.

La popolazione di cittadinanza svizzera residente nel nostro Paese stagna e nessun indizio lascia supporre un cambiamento in un prossimo futuro. L'incremento demografico, anche con una politica di immigrazione restrittiva, avverrà in futuro probabilmente soltanto in seno alla componente straniera della popolazione. La ripartizione della popolazione straniera nel Paese è molto variabile. La questione dell'integrazione di questa parte della popolazione continuerà a porsi e verosimilmente si acuirà. Ciò richiede sforzi concreti per arginare i potenziali pericoli, per esempio dovuti alla formazione di ghetti.

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Catastrofi naturali e tecnologiche

I pericoli dovuti alle forze della natura comprendono i terremoti, le inondazioni, le valanghe, gli uragani, le ondate di freddo e la siccità permanente. Inoltre, occorre considerare le contaminazioni radioattive causate da incidenti nucleari, le inondazioni in seguito a rotture di dighe, le epidemie e le epizoozie che sovraccaricano il sistema sanitario per un lungo periodo.

Le catastrofi naturali e tecnologiche hanno rilevanza in materia di politica di sicurezza quando non possono essere gestite con strutture e mezzi previsti per la situazione normale, per esempio con la polizia, i pompieri, i servizi di sicurezza delle aziende e dei servizi tecnici, il sistema sanitario. Tali eventi sono caratterizzati da una grande forza distruttrice e da gravi perturbazioni. Possono trascorrere settimane,

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mesi o anche anni prima che sia possibile ristabilire il contesto sociale, economico e tecnico e che la popolazione si riprenda.

L'intensità dello sfruttamento più elevata nelle zone urbanizzate aumenta la densità delle infrastrutture, ciò che moltiplica i danni rispetto al passato. Poiché la società moderna dipendente fortemente da differenti reti (energia, telecomunicazioni, logistica), in seguito alle catastrofi risultano danni sempre più importanti. Eventi con un potenziale di dannosità talmente importante da minacciare il funzionamento di grandi comunità si producono raramente o addirittura con estrema rarità. Malgrado ciò, le autorità responsabili devono tenere conto di tale rischio nel quadro della prevenzione delle catastrofi e approntare i mezzi necessari per affrontarli.

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Strutture internazionali di sicurezza

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Nazioni Unite

L'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) è stata fondata anche per garantire la pace mondiale e la sicurezza internazionale mediante misure collettive nonché per promuovere il regolamento pacifico delle vertenze tra Stati. Il sistema di sicurezza collettiva stabilito nello Statuto delle Nazioni Unite fa dell'ONU il solo attore legittimo globale attivo nel campo della politica di sicurezza, le cui decisioni sono l'espressione della volontà della comunità internazionale. Per principio, soltanto le decisioni del Consiglio di sicurezza, oppure le decisioni di organizzazioni regionali come l'OSCE approvate da tale organo, legittimano l'utilizzazione della forza militare oltre l'autodifesa. Il ruolo centrale del Consiglio di sicurezza e dell'ONU nel suo insieme è stato chiaramente rivalutato nel periodo tra il 1989 e il 1996: Compendio dell'evoluzione delle misure decretate dall'ONU con riferimento al capitolo 7 dello Statuto Genere delle misure

1945-1988

1989-1996

Azioni militari in favore della pace (operazioni di caschi blu con l'accordo delle parti in conflitto e limitazione dell'impiego delle armi alla sola autodifesa) Autorizzazione dell'impiego di mezzi militari in generale Sanzioni economiche

13 1 2

29 8 10

Da qualche anno, il Consiglio di sicurezza interpreta sempre maggiormente il suo campo d'attività nel senso di un continuum in materia di politica di pace, vale a dire di una gamma completa di misure di politica di pace che si fondono e completano.

Tale ventaglio si estende oggi dalla diplomazia preventiva fino alla ricostruzione della società civile dopo i conflitti, passando per i buoni uffici e la mediazione. Ciò mira ad appoggiare la democratizzazione, nonché a promuovere e salvaguardare la pace in maniera duratura. I fondamenti di queste attività sono contenuti nell'Agenda per la pace pubblicata nel 1992.

Le interconnessioni internazionali accrescono la necessità di una cooperazione multilaterale. Il lavoro di base effettuato dall'ONU nel campo della sicurezza, ma anche nei settori umanitario, dell'ambiente, dello sviluppo e dei diritti umani, sarà perciò 6578

sempre più importante. In questo contesto occorre menzionare, da un lato, temi direttamente rilevanti in materia di politica di sicurezza, come il terrorismo, il crimine organizzato e il traffico di droga, dei quali l'ONU si occupa con l'elaborazione di convenzioni globali, lo scambio di informazioni e la realizzazione di strumenti adeguati, e, dall'altro, il settore delle migrazioni e dell'aiuto in caso di catastrofe, per i quali le Nazioni Unite hanno creato strutture di preallarme e reti operative supplementari. L'organizzazione intende affrontare le crescenti sfide avviando un ampio processo di riforma che ha lo scopo di migliorare le sue capacità operative.

Gli Stati europei e nordamericani aderenti a organizzazioni internazionali

Albania Macedonia Svizzera

Russia Ucraina Moldavia Georgia Armenia Azerbaigian Bielorussia Kazakistan Kirghizistan Tagikistan Turkmenistan Uzbekistan

Bulgaria* Estonia* Lettonia* Lituania* Romania* R. Slovacca* Slovenia*

Bosnia-Erzegovina Repubblica Federale di Jugoslavia Monaco Santa Sede

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Islanda · Norvegia · Polonia · R. Ceca · Turchia · Ungheria ·

Finlandia + Austria + Svezia +

UEO

· membro associato dell'UEO

Belgio Germania Francia Grecia Gran Bretagna Italia Lussemburgo Paesi Bassi Portogallo Spagna Danimarca +

Andorra Croazia Liechtenstein Malta San Marino Cipro

+ osservatore dell'UEO

Irlanda +

USA Canada

NATO EAPC

UE

Consiglio d'Europa OSCE * partner associato dell'UEO

Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa

L'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) è l'organizzazione regionale più vasta nel campo della sicurezza collettiva e delle consultazioni politiche. Essa riunisce l'America del Nord, l'Europa e le repubbliche d'Asia centrale dell'ex Unione sovietica in uno spazio di sicurezza cooperativa. La cooperazione e le attività nel quadro dell'OSCE si fondano su valori comuni, tra i quali figurano i diritti umani e le libertà fondamentali, la democrazia e lo Stato di diritto.

L'organizzazione non si fonda su basi legali vincolanti secondo il diritto internazionale, ma gli impegni decisi al suo interno hanno un carattere politicamente vincolante e stabiliscono norme di comportamento.

Gli sforzi principali delle attività dell'OSCE vertono sulla diplomazia preventiva, la prevenzione dei conflitti e la gestione delle crisi, come pure sui contributi per il consolidamento delle società democratiche dopo i conflitti. L'OSCE si fonda su una 6579

concezione globale della sicurezza secondo la quale la sicurezza è il risultato di fattori politici, militari, economici ed ecologici interconnessi. La sicurezza di tutti i partner dev'essere rafforzata mediante la cooperazione.

Tra le sue attività in ambito civile, figurano in primo piano il promovimento della democrazia, dei diritti umani e dello Stato di diritto, nonché l'osservazione in occasione delle elezioni. L'OSCE ha sviluppato le sue capacità operative in maniera sostanziale. Essa può operare nelle aree di crisi o di tensione con missioni a breve e lungo termine, contribuendo in tal modo alla gestione delle crisi o alla normalizzazione dopo i conflitti.

I pilastri dell'OSCE in campo militare sono le misure miranti a rafforzare la fiducia e la sicurezza. Esse contribuiscono, grazie a scambi di informazioni, a meccanismi di gestione delle crisi e a differenti forme di verifica, a incoraggiare l'apertura, la trasparenza e la prevedibilità nel settore delle forze armate, a ridurre le tensioni e quindi a rafforzare la fiducia reciproca.

La Svizzera si impegna segnatamente per un maggiore rispetto degli impegni presi in seno all'OSCE e appoggia l'ulteriore rafforzamento dell'organizzazione allo scopo di migliorare la cooperazione e di meglio gestire i nuovi rischi e le nuove sfide, segnatamente per quanto riguarda le minoranze.

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Unione europea e Unione dell'Europa Occidentale

Politica estera e di sicurezza comune e Unione dell'Europa Occidentale Con il Trattato di Maastrich del 1992, l'Unione europea (UE) si è data le basi necessarie per una politica estera e di sicurezza comune (PESC). A lungo termine, è prevista una politica di difesa comune che potrebbe includere strutture di difesa operative. Questo processo potrebbe portare a un'integrazione dell'Unione dell'Europa Occidentale (UEO) in seno all'Unione europea oppure alla sostituzione dell'UEO con una nuova struttura.

Grazie alla PESC, l'Unione europea intende ottenere anche nel campo della politica estera il peso che già oggi ha in campo economico. Il processo decisionale avviene nel quadro di una cooperazione tra governi equiparati. La più alta istanza decisionale è il Consiglio europeo. Il principio dell'unanimità è applicato per tutte le decisioni di principio così come per le decisioni in rapporto con questioni militari o con la politica di difesa. Il Trattato di Amsterdam del 2 ottobre 1997 rafforza le capacità operative nell'ambito della politica estera e di sicurezza nel senso che ora l'astensione di singoli membri non blocca più, per principio, una decisione. Un membro che si astiene e giustifica formalmente la sua astensione non è allora più tenuto ad applicare la decisione in questione («astensione costruttiva»). Questo meccanismo facilita la partecipazione alla PESC in particolare per gli Stati neutri. Inoltre, è mantenuto il diritto di veto di uno Stato quando può far valere un interesse nazionale importante.

La politica estera e la politica di sicurezza erano sinora ambiti sovrani degli Stati membri; il passaggio a una politica comune costituisce un processo a lungo termine.

A causa dello sviluppo dinamico dell'Unione europea, è possibile prevedere un avvicinamento progressivo a questo obiettivo nel corso dei prossimi anni. Considerando le sfide nel campo della politica di sicurezza in Europa (Bosnia, Kosovo), la pressione degli Stati membri più importanti per una struttura di difesa efficace e per 6580

una competenza in vista di impieghi nel settore della gestione delle crisi sarà intensificata. Nel contempo, gli Stati neutrali dell'Unione europea e la Danimarca reclamano il mantenimento del loro diritto di codecisione nell'ambito della PESC. Il dibattito su queste due tendenze di fondo ne influenzerà lo sviluppo futuro.

L'Unione dell'Europa Occidentale rappresenta oggi il braccio armato dell'Unione europea e il pilastro europeo della NATO, senza tuttavia disporre di proprie strutture operative. Per condurre le proprie operazioni nell'ambito dei Gruppi operativi interforze multinazionali (Combined Joint Task Forces, CJTF) essa può però ricorrere, d'intesa con la NATO, a mezzi di quest'ultima. I membri dell'UEO sono i dieci Stati dell'Unione europea che appartengono anche alla NATO (Repubblica Federale di Germania, Belgio, Spagna, Francia, Gran Bretagna, Grecia, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi e Portogallo). Gli altri membri europei della NATO (Islanda, Norvegia, Polonia, Repubblica Ceca, Turchia e Ungheria) hanno lo statuto di membri associati. I candidati all'adesione all'Unione europea (Bulgaria, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia e Slovenia) sono partner associati. Gli Stati neutrali dell'Unione europea e gli Stati dell'Unione europea che non desiderano lo statuto di membro a pieno titolo dell'Unione dell'Europa Occidentale (Austria, Danimarca, Finlandia, Irlanda, Svezia) hanno lo statuto di osservatori.

Cooperazione nel campo della sicurezza interna La cooperazione degli Stati membri dell'Unione europea si è sviluppata progressivamente nei settori della giustizia e degli interni dopo aver preso avvio con scambi di informazioni e di esperienze su questioni come il terrorismo e la lotta contro il traffico di droga. Gli Stati associati nel quadro del sistema di Schengen, che fino ad ora non era uno strumento dell'Unione europea, hanno quindi realizzato la libera circolazione delle persone senza controlli alle frontiere. Nel contempo, hanno concordato misure di protezione della sicurezza interna allo scopo di compensare la fine dei controlli. Tutti gli Stati dell'Unione europea, ad eccezione della Gran Bretagna e dell'Irlanda, partecipano al sistema di Schengen, come pure la Norvegia e l'Islanda, membri dell'AELS e dello SEE. Attualmente,
la Grecia applica soltanto parzialmente l'Accordo di Schengen.

I punti centrali del sistema di Schengen sono costituiti da principi comuni per l'entrata e il soggiorno degli stranieri in Paesi terzi, da una politica e da una prassi uniformi nel settore dei visti, da controlli delle persone unificati alle frontiere esterne, dal disciplinamento delle competenze per il trattamento delle domande d'asilo, da principi comuni per la cooperazione transfrontaliera in materia di polizia e di giustizia nonché dalla creazione del sistema d'informazione di Schengen. Grazie a quest'ultimo, l'accesso da parte degli Stati membri a tutti i dati importanti per la concessione delle autorizzazioni d'entrata e di soggiorno è assicurato.

Il Trattato di Amsterdam prevede come obiettivo fondamentale la creazione di uno spazio nel quale le persone, le merci e i servizi possano circolare liberamente e nel quale tutti i cittadini possano beneficiare di un elevato grado di sicurezza. Tutto quanto acquisito con Schengen sarà integrato nel quadro dell'Unione europea. Ciò significa che la cooperazione dei 13 Stati firmatari dell'Accordo di Schengen si effettua nel quadro giuridico e istituzionale dell'Unione europea già dal 1° maggio 1999, data dell'entrata in vigore del Trattato di Amsterdam.

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NATO, Partenariato per la pace e Consiglio di Partenariato Euro-Atlantico

La NATO è l'organizzazione di difesa collettiva più efficace. Essa è sopravvissuta a tutti i mutamenti politici e militari dell'ultimo cinquantennio, dalle situazioni di confronto politico estremo fino allo sgretolamento del Patto di Varsavia e dell'Unione sovietica, suoi avversari durante la guerra fredda. Dopo il 1990, ha tratto le conseguenze del mutamento della gamma di minacce e pericoli, ciò che si traduce nell'evoluzione delle sue funzioni: essa mantiene la sua missione principale originaria (conformemente all'art. 5 del Trattato di Washington), che consiste nella difesa degli Stati membri da attacchi militari, anche se la probabilità di tali aggressioni è fortemente diminuita. Ha inoltre assunto, da alcuni anni, il compito di mantenere o imporre la pace con mezzi militari al di fuori del territorio dei suoi Stati membri.

Sino alla primavera del 1999 (guerra del Kosovo), tali interventi avevano avuto luogo soltanto su mandato del Consiglio di sicurezza dell'ONU. (La NATO ha però annunciato la sua disponibilità a intraprendere anche operazioni su mandato dell'OSCE). Nella comunità internazionale è in pieno svolgimento il dibattito se sia possibile una legittimazione sufficiente dal punto di vista del diritto internazionale anche senza mandato del Consiglio di sicurezza dell'ONU (per es. in caso di genocidio).

L'intenzione di numerosi Stati dell'Europa centrale e orientale di aderire alla NATO indica che anche in avvenire all'Alleanza sarà attribuito un ruolo essenziale. È nell'interesse della stabilità e della pace di tutta l'Europa che l'allargamento della NATO, così come quello dell'Unione europea, non crei nuove linee di separazione sul continente, liberatosi dalla cortina di ferro da appena un decennio. La conclusione dell'Atto fondatore sulle relazioni, la cooperazione e la sicurezza reciproche tra la NATO e la Federazione Russa, così come la firma dello Statuto di un rapporto di «partenariato specifico» tra la NATO e l'Ucraina, sono particolarmente degni di essere menzionati in questo contesto, anche se tali relazioni saranno sempre esposte a sollecitazioni politiche.

I Gruppi operativi interforze multinazionali (Combined Joint Task Forces, CJTF), che sono formazioni operative multinazionali create su misura e composte di reparti delle diverse Armi, costituiscono pilastri importanti
della nuova struttura di comando della NATO. Essi possono essere impiegati per una gamma di compiti molto ampia. I CJTF offrono agli Stati che non aderiscono alla NATO, ma partecipano al Partenariato per la pace, la possibilità di prendere parte a operazioni di pace condotte dall'Alleanza.

Le attività della NATO comprendono sempre di più settori civili. Essa è l'organizzazione politico-militare più importante che garantisce le strutture necessarie per un impegno in materia di politica di sicurezza degli Stati Uniti d'America e del Canada in Europa. Vi contribuisce pure l'Assemblea parlamentare del Nord Atlantico.

Durante la guerra fredda, anche la Svizzera ha approfittato della prontezza difensiva permanente della NATO. La realtà geografica e il fatto che i nostri valori concordavano con quelli della maggior parte dei membri dell'Alleanza hanno contribuito a fare in modo che la NATO favorisse la nostra sicurezza senza alcun aiuto da parte nostra. Anche in assenza di una acuta minaccia militare, l'impegno dell'Alleanza Atlantica a favore del promovimento della pace contribuisce globalmente alla sicurezza europea.

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Con il lancio del Partenariato per la pace (PfP) nel 1994 e la fondazione del Consiglio di Partenariato Euro-Atlantico (EAPC) nel 1997, la NATO ha creato strutture e forum per ampliare la cooperazione politica e militare in tutta l'Europa e per accrescere la stabilità.

Il PfP serve ad aumentare la capacità delle forze armate degli Stati aderenti al Partenariato per partecipare ad operazioni umanitarie e di sostegno alla pace nonché ad interventi di aiuto in caso di catastrofe, senza tuttavia limitare la sovrana libertà di decisione di ogni singolo Stato in merito alla partecipazione ad ogni azione concreta. Il PfP contribuisce in maniera essenziale a creare le premesse per fare in modo che gli Stati non aderenti alla NATO possano partecipare a operazioni del tipo IFOR/SFOR. Ha inoltre lo scopo di migliorare la trasparenza dei bilanci per la difesa e di promuovere il controllo democratico delle forze armate. Infine, partecipando al PfP, gli Stati confermano anche il loro impegno a favore di valori fondamentali quali la democrazia, il rispetto dei diritti umani e dei principi del diritto internazionale.

La flessibilità del Partenariato, segnatamente la salvaguardia della libertà sovrana di ogni Stato di decidere in merito alla partecipazione a ogni singola attività, contribuisce al successo di questa iniziativa quanto il fatto che la partecipazione al PfP non è il primo passo verso un'adesione alla NATO. L'aumento delle attività inserite nel programma di lavoro annuale del Partenariato (attualmente oltre 2000 l'anno), così come l'ampia partecipazione al Processo di pianificazione e di revisione (PARP), provano l'utilità del Partenariato per la pace per gli Stati membri.

Le riunioni ad alto livello che hanno luogo nell'ambito dell'EAPC - i ministri degli esteri, i ministri della difesa e i capi di Stato maggiore generale si riuniscono due volte l'anno, mentre le riunioni a livello di ambasciatori avvengono mensilmente sono una piattaforma utile per presentare gli interessi della Svizzera in materia di politica di sicurezza.

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Consiglio d'Europa

Sin dalla sua creazione nel 1949, il Consiglio d'Europa è garante dei valori europei fondamentali, come la democrazia parlamentare e il pluripartitismo, l'indivisibilità e l'universalità dei diritti umani, lo Stato di diritto e il rispetto dell'eredità multiculturale. Il suo scopo è quello di creare legami più stretti tra i membri fondandosi sulla giustizia e sulla cooperazione internazionale.

I profondi sconvolgimenti vissuti dall'Europa centrale e orientale hanno confrontato il Consiglio d'Europa con sfide considerevoli e hanno rafforzato la sua importanza politica e operativa. Nel 1989, esso contava 23 membri, tra i quali la Svizzera, mentre oggi ne conta 40. Con l'ammissione dei Paesi dell'Europa centrale e orientale, il Consiglio d'Europa ha fornito un contributo essenziale all'architettura di sicurezza europea. I suoi programmi orientati alla pratica legano i nuovi membri ai valori democratici e preparano gli Stati non ancora membri alla loro adesione. Con la creazione di uno spazio giuridico europeo e grazie al carattere globale dei suoi campi d'attività, esso pone le basi per un'Europa nella libertà e nella pluralità.

Il contributo del Consiglio d'Europa alla cooperazione europea in materia di sicurezza avviene nel campo del promovimento della democrazia mediante l'applicazione dei suoi strumenti normativi, la verifica del rispetto da parte dei suoi membri 6583

degli impegni assunti e attraverso i suoi programmi di cooperazione interstatale. Il Consiglio federale ha stabilito, come priorità della sua politica in seno al Consiglio d'Europa, l'applicazione e l'imposizione conseguente delle norme esistenti in materia di diritti umani. In questo processo, la Corte europea dei diritti umani e i meccanismi di controllo politico dell'Assemblea parlamentare, del Congresso dei poteri locali e regionali d'Europa nonché del Comitato dei Ministri svolgono un ruolo decisivo.

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La posizione degli altri Stati neutrali europei nella struttura di sicurezza europea

Altri Stati neutrali europei ­ la Finlandia, l'Austria, la Svezia e l'Irlanda ­ hanno pubblicato recentemente documenti fondamentali concernenti la loro politica di sicurezza, nei quali sono descritte le modalità e l'ampiezza dei loro adeguamenti al mutamento del contesto strategico dalla fine della guerra fredda. Tali adeguamenti sono giustificati da sviluppi che in gran parte riguardano anche la Svizzera e sono dunque interessanti per il nostro apprezzamento della situazione.

Questi quattro Paesi hanno in comune, oltre al loro ruolo attivo in seno all'OSCE, la loro qualità di membri dell'Unione europea, la loro partecipazione alla politica estera e di sicurezza comune e lo statuto di osservatori in seno all'Unione dell'Europa Occidentale. Inoltre, tutti si sono impegnati molto presto nelle azioni di mantenimento della pace nell'ambito dell'ONU, senza che ciò abbia portato pregiudizio alla loro neutralità. Questo impegno cooperativo duraturo a favore della pace ha facilitato il loro adattamento al nuovo contesto strategico.

La Finlandia, l'Austria e la Svezia hanno preso parte molto presto al Partenariato per la pace e in questo ambito svolgono un ruolo particolarmente attivo. La Finlandia e la Svezia coordinano la loro politica in vista di un'integrazione completa nella pianificazione e nell'attuazione di missioni di pace condotte dalla NATO, ma anche per far avanzare e contribuire alla concretizzazione, nel quadro della PESC, delle «missioni di Petersberg» («missioni umanitarie o di evacuazione di propri concittadini; missioni di mantenimento della pace; missioni di forze di combattimento per la gestione delle crisi, comprese le operazioni di ristabilimento della pace»), un ambito non problematico dal punto di vista del diritto della neutralità. A differenza di questi due Paesi, per i cui governi un'adesione alla NATO non è per il momento d'attualità, in seno alla coalizione governativa austriaca è in atto un dibattito su un'eventuale adesione all'Alleanza Atlantica.

Occorre pure evidenziare l'iniziativa fortemente influenzata dalla Svezia e dalla Finlandia, unitamente ad altri Paesi membri della NATO, a favore di una cooperazione militare regionale con gli Stati baltici, nonché l'iniziativa austriaca per una cooperazione centroeuropea in materia di operazioni di sostegno alla pace. Per
entrambe le iniziative si applica il principio di una partecipazione «à la carte» sul modello del Partenariato per la pace, ciò che consente anche alla Svizzera di partecipare.

L'Austria, la Finlandia e la Svezia mostrano che un impegno cooperativo a favore della pace è compatibile con la politica di neutralità ed è utile alla sicurezza di questi Paesi.

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Trattati sul disarmo e misure internazionali di controllo

I trattati sul controllo degli armamenti e sul disarmo più importanti del dopoguerra, ai quali la Svizzera partecipa, concernono le armi nucleari (Trattato di non proliferazione del 1968, in vigore dal 1970, Trattato per la messa al bando degli esperimenti nucleari, firmato nel 1996), le armi biologiche e a tossine (Convenzione sulle armi biologiche del 1972, in vigore dal 1975) e le armi chimiche (Convenzione sulle armi chimiche del 1993, in vigore dal 1997).

L'Agenzia internazionale dell'energia atomica (AIEA) svolge un ruolo importante nell'attuazione del Trattato di non proliferazione. Gli Stati che non possiedono armi nucleari devono concludere con l'AIEA un accordo sul controllo dei materiali di base, in particolare quelli fissili. Questi controlli devono permettere di scoprire tempestivamente un eventuale dirottamento di materiali in vista della fabbricazione di armi nucleari o ordigni esplosivi nucleari. Dopo la scoperta del programma nucleare iracheno, gli Stati membri dell'AIEA hanno deciso di rafforzare il regime di verifica dell'Agenzia.

Grazie alla Convenzione sulle armi biologiche del 1972, un'intera categoria di armi di distruzione di massa è stata per la prima volta globalmente proibita. Un protocollo addizionale con le misure di verifica, i cui elementi principali sono ripresi da quello della Convenzione sulle armi chimiche, completerà la Convenzione entro il 2001.

La Convenzione sulle armi chimiche del 1993 è in vigore dal mese di aprile 1997.

Per la prima volta, la proibizione di un'intera categoria di armi di distruzione di massa è completata con misure di verifica. L'Organizzazione internazionale per la proibizione delle armi chimiche dell'Aia (OPWC) è incaricata della verifica, segnatamente delle ispezioni.

Queste misure di disarmo sono completate da tre organismi internazionali che si occupano di misure di controllo nel campo delle armi di distruzione di massa: il Gruppo dei fornitori nucleari, il Gruppo d'Australia (nel campo delle armi biologiche e chimiche) e il Regime di controllo delle tecnologie missilistiche. Questi organismi hanno in comune il fatto di fissare misure di controllo per l'esportazione di determinati beni. Tali misure, pur non essendo vincolanti per i membri dal punto di vista del diritto internazionale, costituiscono ciò nondimeno degli impegni dal
punto di vista politico. I tre regimi di controllo delle esportazioni sono completati dall'Accordo di Wassenaar. Questo accordo mira, mediante una trasparenza accresciuta e un'armonizzazione delle norme d'esportazione, a impedire, agli Stati che costituiscono con il loro armamento una minaccia seria alla sicurezza regionale o sovraregionale, l'acquisto di armi convenzionali, di altri beni militari o di beni a duplice uso in vista della produzione di armi convenzionali. La Svizzera partecipa a questi quattro regimi di controllo delle esportazioni.

Anche i trattati sul controllo degli armamenti e sul disarmo aperti soltanto a una cerchia limitata di Stati, e ai quali la Svizzera non partecipa, contribuiscono alla sicurezza del nostro contesto. Tra questi figurano in particolare i differenti trattati sulle armi strategiche tra Stati Uniti e Federazione Russa, nonché il Trattato sulle forze armate convenzionali in Europa, di primaria importanza per la stabilità globale e continentale.

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Trattati sul disarmo e il controllo degli armamenti ai quali la Svizzera ha aderito (selezione) Titolo

Elaborazione

Ratificazione da parte della Svizzera

Accordo sulla proibizione degli esperimenti con armi nucleari nell'atmosfera, nello spazio e sott'acqua Trattato sulle norme per l'esplorazione e l'utilizzazione, da parte degli Stati, dello spazio extra-atmosferico, compresi la luna e gli altri corpi celesti Trattato di non proliferazione nucleare Trattato che vieta di collocare armi nucleari ed altre armi di distruzione di massa sul fondo dei mari e degli oceani come anche nel loro sottosuolo Convenzione che vieta la messa a punto, la fabbricazione e lo stoccaggio delle armi batteriologiche (biologiche) e a tossine e che disciplina la loro distruzione (Convenzione sulle armi biologiche) Convenzione sul divieto dell'uso di tecniche di modifica dell'ambiente a fini militari e ad ogni altro scopo ostile Convenzione sul divieto o la limitazione dell'impiego di talune armi classiche che possono essere ritenute capaci di causare effetti traumatici eccessivi o di colpire in modo indiscriminato Convenzione sulla proibizione dello sviluppo, della produzione, dell'immagazzinaggio e dell'uso di armi chimiche e sulla loro distruzione Trattato per la messa al bando degli esperimenti nucleari Convenzione di Oslo sul divieto dell'impiego, del deposito, della fabbricazione e del trasferimento delle mine antiuomo e sulla loro distruzione

1963

1963

1967

1969

1968 1971

1977 1973

1972

1973

1976

1988

1982

1982

1993

1994

1996

in sospeso

1997

1998

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Altre strutture rilevanti in materia di politica di sicurezza

La stabilità politica, quella sociale e quella economica sono strettamente interdipendenti. In un contesto economico e sociale instabile, la democrazia è minacciata quanto lo è lo sviluppo dell'economia di mercato in un Paese senza basi giuridiche e istituzioni adeguate. Diverse organizzazioni internazionali, in particolare nell'ambito delle Nazioni Unite e delle istituzioni di Bretton Woods, offrono in questo campo un contributo importante alla prevenzione generale dei conflitti.

Il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo, ad esempio, nell'Europa orientale promuove un programma di consolidamento della democrazia, di gestione governativa corretta e di coinvolgimento dei cittadini negli affari pubblici. In campo am6586

bientale, la Commissione economica dell'ONU per l'Europa (CEE/ONU) sta accelerando il progetto «Ambiente per l'Europa», che deve contribuire a gestire gli enormi problemi ambientali causati dai regimi precedenti. L'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) fornisce contributi importanti alla nuova organizzazione delle relazioni tra datori di lavoro e lavoratori e a nuovi concetti per la formazione professionale nell'ambito del passaggio dall'economia pianificata all'economia di mercato.

L'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) è particolarmente attiva nel campo della sanità e quindi nella lotta contro la diminuzione della speranza di vita e della qualità della vita.

Le grandi istituzioni finanziarie internazionali, in particolare il Fondo monetario internazionale (FMI), il Gruppo della Banca mondiale e le banche regionali per lo sviluppo come la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERD) offrono un contributo importante alla stabilizzazione economica nonché allo sviluppo e alla ricostruzione di interi Stati e di regioni.

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Rischi e opportunità per la sicurezza della Svizzera

La gamma delle minacce e dei pericoli è ampia e complessa. Se un tempo prevalevano le minacce all'integrità territoriale e alla sovranità dello Stato, oggi sono prima di tutto il buon funzionamento della società e dello Stato in quanto istituzione protettiva ad essere minacciati. Questi rischi non possono più essere affrontati in maniera isolata. Per farlo, esistono oggi molteplici strutture multilaterali di sicurezza, di cui una parte si sta avverando estremamente flessibile. Esse permettono alla Svizzera di tutelare i propri interessi in maniera più efficace di quanto non lo consentirebbero misure autonome.

La partecipazione sempre più attiva della Svizzera alle strutture di sicurezza europee e mondiali apre al nostro Paese nuove possibilità operative per salvaguardare i suoi interessi. La limitazione ridotta del nostro margine di manovra è più che compensata dal profitto per la nostra sicurezza. Anche per quanto riguarda le organizzazioni alle quali il nostro Paese non ha aderito, già oggi in determinati settori la Svizzera si trova in accordo con i loro principi e le loro misure; essa contribuisce pure al loro finanziamento, ma non può partecipare pienamente alla definizione del loro orientamento. Un diritto di codecisione integrale eliminerebbe il crescente dilemma della Svizzera: essere esclusa dalle decisioni multilaterali senza potersi sottrarre alle loro conseguenze. L'esecuzione autonoma è, in questo contesto, sempre meno soddisfacente. La cooperazione in materia di politica di sicurezza con altri Paesi amici facilita del resto l'ulteriore avvicinamento all'Unione europea, senza tuttavia anticipare la questione di un'adesione.

L'utilità concreta che la Svizzera trae dall'impegno della comunità internazionale a favore della stabilità in Europa e nel mondo ci spinge a dare a tali azioni di stabilizzazione politico-militare un contributo più importante, adeguato alle nostre possibilità. Soprattutto in tempi recenti è apparso chiaramente che «il bilancio di solidarietà internazionale» di uno Stato è valutato in maniera globale dai suoi partner e che uno Stato non è esentato dalla sua corresponsabilità nel campo della pace mondiale in seguito alle sue buone prestazioni in un settore specifico della cooperazione (p. es. il settore umanitario per la Svizzera). Le prestazioni superiori alla
media in un settore particolare sono un argomento convincente per eventuali richieste di controprestazioni soltanto quando l'insieme del «bilancio di solidarietà» è positivo.

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In materia di politica di sicurezza, ci troviamo dunque in una costellazione particolare. La minaccia militare tradizionale è diminuita. Nel contempo, altre minacce ed altri pericoli, in parte non militari, sono aumentati. Per combatterli, dobbiamo imperativamente unire i nostri sforzi a quelli della comunità internazionale. Proprio nel momento in cui questa cooperazione internazionale in materia di politica di sicurezza è diventata più indispensabile che mai, per la Svizzera sono apparse, in seguito all'evoluzione politica, numerose possibilità di realizzare tale cooperazione. Le necessità strategiche e le opportunità strategiche si completano in maniera ottimale.

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Interessi e obiettivi

Conformemente all'articolo 2 della Costituzione federale, la Confederazione Svizzera tutela la libertà e i diritti del Popolo e salvaguarda l'indipendenza e la sicurezza del Paese. Essa promuove in modo sostenibile la comune prosperità, la coesione interna e la pluralità culturale del Paese. Provvede ad assicurare quanto possibile pari opportunità ai cittadini. Si impegna per la conservazione duratura delle basi naturali della vita e per un ordine internazionale giusto e pacifico.

I nostri interessi sono determinanti per l'orientamento e il contenuto della nostra politica di sicurezza. Si tratta della salvaguardia dei valori democratici e della pace in Europa, della stabilità dell'intero contesto strategico importante per il nostro Paese, dell'utilizzazione il più possibile limitata della forza al di qua e al di là delle nostre frontiere, della conservazione delle basi vitali per la nostra popolazione, mantenendo funzionanti i sistemi vitali sia all'interno del Paese sia in Europa e nel mondo.

Dalla missione costituzionale e da questi interessi risultano gli obiettivi seguenti in materia di politica di sicurezza: ­

Vogliamo decidere liberamente i nostri affari sia all'interno del Paese sia nei confronti dell'estero, senza esserne pregiudicati dalla minaccia o dall'uso della violenza diretta o indiretta.

In situazioni normali, intendiamo assicurare la maggior indipendenza e libertà d'azione possibili con mezzi politici. Ciò è senz'altro compatibile con gli impegni internazionali che assumiamo liberamente se, dopo una ponderazione democratica e accurata, giungiamo alla convinzione che essi sono favorevoli agli interessi del Popolo e dello Stato. È tuttavia escluso che abbandoniamo, sotto la pressione o la costrizione, il diritto di decidere noi stessi dei nostri affari. Se la Svizzera o le sue istituzioni democratiche sono minacciati dalla violenza diretta o indiretta, oppure se ne sono oggetto, difenderemo il nostro territorio, ma anche gli altri nostri interessi di politica nazionale, con tutti i mezzi idonei a nostra disposizione.

­

Intendiamo preservare e proteggere la nostra popolazione e le sue basi vitali dai pericoli esistenziali.

Da un lato, occorre preservare la popolazione da emergenze di vasta portata, per esempio in seguito a catastrofi naturali o tecnologiche, e assisterla nel gestire tali calamità. Dall'altro, e in una prospettiva a lunga scadenza, devono essere protette le basi vitali della popolazione. Esse comprendono l'approvvigionamento di derrate alimentari, l'energia e le materie prime, il funzionamento dell'economia, che favorisce il benessere di tutta la popolazione,

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l'accesso senza discriminazioni ai mercati internazionali così come un'infrastruttura e un ambiente intatti sia a livello nazionale sia internazionale. La conservazione e la protezione di queste basi vitali rientrano negli obiettivi di numerosi altri campi della politica (p. es. la politica economica, la politica ambientale, la politica dei trasporti, la politica energetica e delle comunicazioni) e non della politica di sicurezza.

­

Intendiamo contribuire alla stabilità e alla pace al di là delle nostre frontiere nonché allo sviluppo di una comunità internazionale dei valori democratici, allo scopo di ridurre il rischio che la Svizzera e la sua popolazione siano toccate dalle conseguenze dell'instabilità e delle guerre all'estero e perché in tal modo esprimiamo contemporaneamente la nostra solidarietà internazionale.

La stabilità e la pace sono garantite nel modo migliore quando anche a livello internazionale sono condivisi e vissuti i valori per i quali la Svizzera è garante e sono determinanti le strutture e le istituzioni propugnate dal nostro Paese. Ciò comprende la democrazia e lo Stato di diritto, il rispetto dei diritti umani e dei diritti delle minoranze, nonché un'economia giusta e generatrice di prosperità. Il nostro scopo deve dunque essere quello di promuovere tali valori, strutture e istituzioni in generale nonché di sostenere gli sforzi in vista della risoluzione duratura dei conflitti nel caso di minacce acute per la stabilità e la pace. Il nostro legittimo interesse e la nostra solidarietà internazionale sono determinanti per il nostro impegno a favore della pace internazionale.

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Strategia

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Principi e linee direttrici in materia di strategia

Con «strategia della Svizzera in materia di politica di sicurezza» intendiamo le riflessioni, le attività e i comportamenti fondamentali in questioni di politica di sicurezza. Essa comprende l'utilizzazione, concepita in maniera integrale, delle nostre possibilità per prevenire la violenza e impiegare tutte le forze civili e militari idonee contro la minaccia o l'utilizzazione della violenza che mette in pericolo il nostro Paese, la sua popolazione e le sue basi vitali in misura significativa (strategica). In questo contesto, non consideriamo soltanto il peggiore dei casi, vale a dire gli attacchi diretti, ma utilizziamo piuttosto tutte le opportunità per contribuire preventivamente alla gestione delle crisi e, in generale, per la difesa dei nostri valori e interessi nel nostro contesto strategico.

Dalla valutazione di questo contesto nonché della gamma dei pericoli e dei rischi attuali e prevedibili risulta un ampliamento e un rafforzamento degli sforzi efficaci in materia di sicurezza, positivi anche per noi, degli Stati democratici e della loro cooperazione nell'ambito di organizzazioni internazionali con lo scopo di promuovere la pace e la stabilità delle regioni scosse da disordini. Continua ad essere motivo di preoccupazione il fatto che anche in Europa vi sia la disponibilità permanente all'uso della forza bellica o criminale, sia all'interno degli Stati sia in maniera transfrontaliera. Inoltre, per quanto riguarda le dimensioni e gli attori, aumentano le forme nuove e praticamente imperturbabili di violenza, ciò che mette seriamente in pericolo le società occidentali altamente tecnicizzate, tra le quali figura anche la

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Svizzera. Sullo sfondo di questo ventaglio di minacce molteplici, le controstrategie puramente nazionali, ma anche le strategie particolari dei piccoli Stati, non sono sufficienti.

Per quanto riguarda la nostra strategia, in primo piano vi sono perciò iniziative e misure che rafforzano la nostra sicurezza mediante la partecipazione, in funzione delle nostre qualità e forze specifiche, agli sforzi promettenti della comunità degli Stati democratici per gestire le crisi e stabilizzare regioni scosse da disordini. Investimenti mirati per rendere sicuro il nostro contesto strategico sono paganti, anche se per i problemi attuali sarà molto difficile trovare soluzioni semplici. Con il nostro accresciuto impegno internazionale nel settore della sicurezza creiamo premesse migliori per il perseguimento dei nostri interessi generali e contemporaneamente riduciamo la nostra vulnerabilità nei confronti dei ricatti. In tal modo, applichiamo anche la solidarietà che corrisponde alla nostra tradizione e che ci si attende dal nostro Paese.

Analoghe considerazioni sono valevoli per la gestione delle minacce di utilizzazione della violenza e per l'utilizzazione della violenza, che in primo luogo ha conseguenze all'interno della Svizzera. Anche in questo caso è indispensabile una rete transfrontaliera di contromisure. Altrettanto importante è il fatto che la Svizzera disponga di una propria struttura di sicurezza conforme alla nuova situazione, nell'ambito della quale mantiene pronti i suoi mezzi di difesa civili e militari in funzione del genere, dell'intensità e dell'evoluzione della minaccia, li possa raggruppare se necessario e li possa impiegare tempestivamente. In tal modo la Svizzera serve anche agli interessi legittimi in materia di sicurezza dei nostri vicini per quanto riguarda il nostro territorio.

La Svizzera persegue di conseguenza i suoi obiettivi in materia di politica di sicurezza mediante una strategia di cooperazione nazionale e internazionale per la sicurezza. Essa si fonda, da un lato, sulla volontà e sulla capacità di affrontare con mezzi civili e militari idonei propri, nell'ambito di una cooperazione globale flessibile, nella misura in cui ciò è possibile ed efficace, i pericoli e i rischi per il nostro Paese e la sua popolazione. Dall'altro, essa intensifica la cooperazione in materia di
sicurezza con Stati amici e con le organizzazioni internazionali laddove questi mezzi, a causa del carattere della minaccia o per motivi geografici o materiali, non sono sufficienti.

­

La cooperazione su scala nazionale consiste nell'attribuzione di compiti specifici e di risorse adeguate ai differenti settori della politica di sicurezza a livello di Confederazione, Cantoni e Comuni, nonché nella loro cooperazione coordinata in caso di necessità.

­

La cooperazione con l'estero consiste nell'impegno, di preferenza preventivo ma se necessario anche reattivo, al di là delle nostre frontiere, nell'ambito di azioni internazionali coordinate, allo scopo di gestire crisi, stabilizzare regioni scosse da disordini o, più in generale, rafforzare solidalmente i preparativi in materia di sicurezza.

Entrambi gli elementi della cooperazione, quelli tra i nostri strumenti in materia di politica di sicurezza e quelli con l'estero, richiedono sforzi per mantenere i nostri mezzi al livello stabilito. La salvaguardia della propria forza non è in contraddizione con la cooperazione internazionale; essa è al contrario la premessa per strutturare efficacemente la cooperazione e tutelare consapevolmente i propri interessi.

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Questa strategia richiede un parziale spostamento degli attuali sforzi principali per quanto riguarda i nostri preparativi in materia di sicurezza e le risorse a favore di misure preventive, dell'ampliamento del nostro spazio di sicurezza e della difesa dalla violenza al di sotto della soglia bellica. Le posizioni consolidate, necessarie come finora nel caso in cui la situazione di pericolo si acuisse, ciò che non è mai totalmente da escludere, saranno garantite mediante il mantenimento di funzioni importanti dell'esercito e della protezione della popolazione, gli apprezzamenti costanti della situazione, le pianificazioni delle varianti e le capacità di crescita.

Illustrazione schematica della nostra strategia in materia di politica di sicurezza

Sicurezza attraverso la cooperazione Obiettivi della politica di sicurezza

Compiti strategici

Autodeterminazione non pregiudicata dalla violenza, protezione della popolazione e delle basi vitali, stabilità e pace nel nostro contesto Promovimento della pace e gestione delle crisi, prevenzione e gestione dei pericoli esistenziali, difesa

Condotta strategica

Strategia

Strumenti della politica di sicurezza

Minacce, pericoli e rischi (violenza di portata strategica)

Consiglio federale, Dipartimenti, Cantoni

Cooperazione globale flessibile in materia di sicurezza in Svizzera

Cooperazione internazionale in materia di sicurezza (multilaterale e bilaterale)

Politica estera, esercito, protezione della popolazione, politica economica, approvvigionamento economico del Paese, protezione dello Stato, polizia, informazione

ricatto

terrorismo

guerra informatica catastrofi

forza militare

crimine organizzato proliferazione possibile violenza e impiego di armi ABC in seguito a grandi migrazioni

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Compiti strategici

Per la sicurezza del nostro Stato risultano tre compiti strategici, oggetto di una nuova ponderazione rispetto al Rapporto 90. Essi sono elencati qui di seguito nell'ordine della probabilità con la quale potrebbero presentarsi.

Promovimento della pace e gestione delle crisi La Svizzera, mediante l'impiego di strumenti idonei della sua politica di sicurezza, sfrutta tutte le possibilità per promuovere la pace nel suo contesto strategico e contribuire alla gestione possibilmente pacifica delle crisi internazionali e alla ricostruzione di regioni danneggiate dalla guerra.

Il promovimento della pace e la gestione delle crisi si svolgono in un ambito stabilito dalla diplomazia e si fondano su trattati di diritto internazionale e su accordi politicamente vincolanti. Si è però intensificato il ricorso a mezzi che vanno oltre, segnatamente a risorse materiali e di personale della politica estera e delle forze armate, alla polizia, ad azioni umanitarie e di aiuto alla ricostruzione, come pure a competenze in materia di politica di sicurezza e di tecnica militare nonché a materiale di ogni genere. Nel promovimento della pace e nella prevenzione dei conflitti a lungo termine, anche gli strumenti di politica di sviluppo orientati all'eliminazione delle cause dei conflitti svolgono un ruolo importante.

Per la realizzazione di questi compiti strategici, la Svizzera collabora in generale con altri Stati, gruppi di Stati e organizzazioni. Essa sfrutta le possibilità offerte dalle strutture multilaterali regionali e globali, sia in quanto membro di tali strutture, sia, in determinati casi, mediante la cooperazione. In questo campo, il nostro Paese prende anche iniziative proprie. Inoltre, è pronto a fornire contributi bilaterali quando hanno buone possibilità di successo. Nell'ambito di queste attività, la Svizzera si fonda sulla propria esperienza in materia di buoni uffici.

Le azioni che concretizzano il nostro impegno devono soddisfare differenti criteri: tutelare gli interessi del Paese, fondarsi sul diritto internazionale, orientarsi ai valori democratici, al rispetto dei diritti umani e del diritto umanitario, avere un effetto duraturo e possibilmente preventivo, sfruttare i vantaggi comparativi della Svizzera nei settori del sapere e dell'equipaggiamento e formare sforzi principali in funzione delle
risorse secondo priorità adeguate. È evidente che l'impegno così definito deve corrispondere a esigenze autentiche della comunità internazionale.

Prevenzione e gestione dei pericoli esistenziali Gli strumenti della politica di sicurezza contribuiscono alla prevenzione e alla gestione dei pericoli esistenziali, segnatamente in occasione di catastrofi naturali o tecnologiche e di perturbazioni dell'ordine interno di portata strategica.

Occorre riconoscere tempestivamente i potenziali pregiudizi ai nostri interessi e ai nostri obiettivi, nonché analizzare i loro possibili effetti sulla nostra popolazione e sulle sue basi vitali, allo scopo di prendere congiuntamente e per tempo le misure necessarie con tutte le forze disponibili.

Questa valutazione ci spinge a ricorrere maggiormente ai mezzi della politica di sicurezza per la prevenzione e la gestione dei pericoli esistenziali. Essi non devono essere impiegati soltanto per la protezione di oggetti di importanza vitale o a rischio, ma anche per la gestione di catastrofi naturali o tecnologiche. Inoltre, si tratta di far

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fronte al crimine organizzato su vasta scala, al sabotaggio, al terrorismo e alle perturbazioni di portata strategica della sicurezza interna, nonché di provvedere affinché le reti di importanza strategica, gestite dalle tecnologie dell'informazione, non subiscano interruzioni o abbiano la necessaria ridondanza. Saremo pure chiamati ad affrontare i pericoli esistenziali transfrontalieri in un quadro internazionale. Per quanto concerne l'aiuto dell'esercito in questo settore, vige sempre il principio della sussidiarietà, vale a dire che esso è fornito su richiesta e che le autorità civili assumono la responsabilità dell'impiego.

Difesa La Svizzera salvaguarda la capacità di proteggere e garantire la sua sovranità, il suo territorio, il suo spazio aereo e la sua popolazione dalle minacce e dall'utilizzazione della violenza di portata strategica.

Le modalità per l'adempimento di questo compito strategico devono tener conto dell'evoluzione di molteplici minacce e pericoli; di conseguenza, non saranno più orientate esclusivamente contro una minaccia militare. Malgrado la netta diminuzione della minaccia militare che è possibile constatare oggi, un ritorno a confronti politico-militari di vasta portata non può tuttavia essere escluso in un avvenire lontano.

Per tali ragioni, delle capacità militari credibili in materia di sicurezza, di protezione e di difesa devono essere mantenute, anche se un'evoluzione progressiva da forze con un elevato grado di prontezza operativa verso un esercito con effettivi ridotti e una prontezza differenziata è difendibile dal punto di vista della politica di sicurezza ed è pure indicata per ragioni demografiche, economiche e finanziarie. La definizione delle scadenze per la realizzazione di questa trasformazione, sia per le capacità di reazione sia per le capacità di crescita, va orientata a tempi di preallarme realistici, che tengano in considerazione anche il tempo necessario per le decisioni politiche.

Il mantenimento di una capacità di protezione e di difesa credibili è assicurato in primo luogo dall'esercito e dalla protezione della popolazione. Entrambi garantiscono una prontezza di protezione e di difesa adeguate alla situazione, grazie a elementi di pronto impiego e di riserva, e sono essenziali anche per sostenere la pace a livello internazionale. Essi favoriscono
quindi la sicurezza e la stabilità della Svizzera già in situazione normale. In caso di aggravamento della tensione o di minaccia diretta, essi possono prendere misure gestite in maniera centralizzata o essere chiamati per impieghi sussidiari di sicurezza. In tal modo, non contribuiscono soltanto alla sicurezza del nostro Paese; i loro sforzi sono utili anche agli Stati a noi vicini, per esempio per il fatto che resta possibile l'utilizzazione in comune delle infrastrutture svizzere strategicamente importanti (trasversali, trasporti, telecomunicazioni, rete energetica ecc.).

Nel caso di attacchi militari diretti contro la Svizzera, il nostro statuto di neutralità decade automaticamente. In una simile situazione, la Svizzera si difenderà, in funzione della forza dell'attacco, da sola o con alleati. Nella prospettiva di una tale evoluzione, preparativi tempestivi per un'eventuale cooperazione con forze armate straniere non pongono alcun problema, nella misura in cui non è stabilito alcun legame irrevocabile o alcuna dipendenza in caso di difesa. La realizzazione di capacità di difesa comuni richiede tempo e la rapidità della condotta della guerra moderna, soprattutto nei cieli, è troppo grande per consentire di improvvisare un'azione comune con gli alleati soltanto al momento di una grave situazione d'emergenza.

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Mantenimento della neutralità e utilizzazione coerente del margine di manovra offerto dal diritto della neutralità

Dalla neutralità risultano un certo numero di obblighi giuridici stabiliti dalle Convenzioni dell'Aia del 1907 concernenti i diritti e i doveri delle potenze e delle persone neutrali in caso di guerra per terra e di guerra marittima, nonché dal diritto internazionale consuetudinario. Il campo d'applicazione del diritto della neutralità nell'ambito del diritto internazionale è tuttavia limitato. Esso regola essenzialmente il comportamento degli Stati neutrali in caso di conflitti armati tra Stati. Esso vieta agli Stati neutrali di partecipare a un conflitto armato internazionale o di appoggiare militarmente una delle parti. Gli obblighi in tempo di pace degli Stati neutrali in permanenza risultano unicamente dal diritto internazionale consuetudinario. All'origine, la limitazione principale per gli Stati neutrali in permanenza consisteva nella rinuncia a priori all'utilizzazione della guerra come mezzo per imporre i propri obiettivi politici. Al più tardi dalla fondazione delle Nazioni Unite, tale divieto di utilizzazione della forza è tuttavia valevole per tutti gli Stati. Oggi, l'obbligo giuridico degli Stati neutrali in permanenza si limita a non assumere, in tempo di pace, alcun impegno irrevocabile che impedirebbe loro di rispettare gli obblighi della neutralità in caso di conflitto. Ciò significa segnatamente il divieto di installare basi militari straniere sul proprio territorio e il divieto di aderire a un'alleanza militare.

L'elaborazione della politica condotta dallo Stato neutrale in permanenza per mantenere la credibilità della sua neutralità resta interamente nelle sue mani.

La neutralità, alla quale la Svizzera resta ancorata, si trova oggi in un contesto fortemente mutato: da un lato, la frequenza dei conflitti militari tradizionali tra Stati, che è alla base della concezione della neutralità, diminuisce grazie a un sistema di sicurezza collettiva in accordo con lo Statuto delle Nazioni Unite. Dall'altro, gli scontri violenti che interessano la Svizzera in maniera diretta o indiretta, oggi non si svolgono più, nella maggior parte dei casi, tra Stati, ma all'interno di Stati. Il diritto della neutralità non è tuttavia stato concepito in funzione di tali conflitti. Il senso di sicurezza che la neutralità ha dato alla popolazione svizzera per un lungo periodo è di conseguenza diventato
ingannevole. La sola neutralità, segnatamente se equiparata a una rinuncia alla cooperazione con l'estero in materia di politica di sicurezza, non è sufficiente per garantire la sicurezza della Svizzera. Essa non offre alcun aiuto per l'orientamento della nostra politica riguardo a conflitti ai quali il diritto della neutralità non è applicabile.

In futuro, sarà importante che la neutralità non diventi un ostacolo per la nostra sicurezza. Anche nel rispetto senza compromessi del diritto della neutralità, noi disponiamo di un margine di manovra considerevole, che dev'essere sfruttato, più di quanto non sia stato fatto finora, nel senso di una politica estera e di sicurezza partecipative. Il Rapporto sulla neutralità, allegato al Rapporto del Consiglio federale del 29 novembre 1993 sulla politica estera della Svizzera negli anni novanta, stabilisce le basi necessarie: la continuazione della nostra neutralità permanente non ci impedisce di collaborare attivamente e solidalmente a misure contro le minacce comuni e alla costruzione di sistemi di sicurezza internazionale solidi. Proprio in quanto piccolo Stato, la Svizzera ha un interesse eminente per un sistema di difesa collettiva funzionante. Tuttavia, in assenza di alternative rapidamente realizzabili in materia di politica di sicurezza (UE, NATO), sarebbe pericoloso per il nostro Paese, malgrado le attuali incertezze, rinunciare alla sua neutralità o modificare la sua applicazione di questo principio in modo che gli Stati importanti non lo considerino più un Paese neutrale in permanenza.

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Sia un'adesione della Svizzera all'ONU, sia una cooperazione istituzionalizzata con organizzazioni e strutture di sicurezza regionali come l'OSCE e il Partenariato per la pace sono compatibili con la nostra neutralità. La neutralità non impedisce né l'invio di truppe svizzere all'estero nell'ambito di una missione di pace internazionale, né una cooperazione con Stati amici nell'ambito dell'istruzione della truppa o in quello dello sviluppo di tecnologie militari. Il diritto della neutralità autorizza accordi contrattuali in questi settori con la NATO o l'UEO (sempreché non si tratti di un'adesione), per esempio nell'ambito dell'esecuzione di mandati del Consiglio di sicurezza dell'ONU.

Malgrado lo sfruttamento coerente del margine di manovra offerto dal diritto della neutralità, non si può tuttavia ignorare che, anche alla fine del XX secolo, all'azione in materia di politica estera di uno Stato neutrale permanente sono posti dei limiti.

Proprio gli eventi della guerra del Kosovo del 1999, quando gli Stati della NATO hanno deciso un intervento militare per circoscrivere e porre termine a gravi violazioni del diritto internazionale e dei diritti umani, hanno mostrato che in determinati casi la Svizzera è tenuta, dal punto di vista del diritto della neutralità, a rifiutare il suo sostegno a misure di altri Stati, anche se tali misure sono compatibili con gli obiettivi della politica estera e di sicurezza del nostro Paese. Su questo punto, lo statuto di neutralità permanente non ammette, nei casi in cui è applicato il diritto della neutralità, una ponderazione globale di tutti gli interessi in gioco.

Il mancato rispetto del diritto della neutralità nel caso di un conflitto concreto avrebbe per la Svizzera come conseguenza l'abbandono della neutralità permanente, ciò che tuttavia non esclude che il nostro Paese ­ analogamente per esempio alla Svezia o all'Irlanda ­ possa conservare lo statuto di Stato neutrale normale (neutralità ad hoc). Il mantenimento della neutralità permanente, anche nel caso della massima utilizzazione possibile del margine di manovra offerto dal diritto della neutralità, dovrà pure in futuro essere esaminato criticamente, per stabilire se questo elemento della nostra strategia in materia di politica di sicurezza potrà salvaguardare in maniera ottimale gli interessi della
Svizzera in materia di politica estera e di sicurezza anche nel XXI secolo.

La neutralità del nostro Paese esclude l'adesione a un'alleanza militare. La ponderazione per stabilire se la nostra sicurezza è meglio protetta dalla neutralità o dall'adesione a un'alleanza difensiva non può però essere fatta una volta per tutte, anche a causa della limitatezza delle nostre risorse tecnologiche e finanziarie. Essa dev'essere costantemente riesaminata alla luce delle minacce e dei pericoli attuali e prevedibili. Per salvaguardare la nostra libertà di manovra, occorre mantenere aperta la possibilità di aderire a un'alleanza.

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Componenti principali della nostra strategia

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Cooperazione globale flessibile in materia di sicurezza all'interno del Paese

L'organizzazione della difesa integrata è sostituita da una cooperazione globale flessibile fra i nostri strumenti di politica di sicurezza. Tale cooperazione dev'essere globale, perché richiede l'impiego e la collaborazione di organi, settori e elementi, in diversi dipartimenti federali e a differenti livelli (Confederazione, Cantoni, Comuni, organizzazioni private), per la prevenzione e la lotta contro la violenza di

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portata strategica, segnatamente per affrontare catastrofi naturali o tecnologiche nonché altre situazioni d'emergenza. Essa dev'essere flessibile, perché, in funzione delle necessità attuali, sarà impiegata di volta in volta soltanto la combinazione ottimale di misure e mezzi.

Per principio, tutti i responsabili provvedono, nel loro settore, ai preparativi necessari per la prevenzione e la lotta contro la violenza di portata strategica nonché per la gestione delle catastrofi. Essi si tengono pronti per essere impiegati da soli, in azioni in comune oppure combinate. Tutti gli organi, i settori e gli elementi statali della cooperazione globale flessibile in materia di sicurezza nonché le organizzazioni private designate sono tenute alla collaborazione interdisciplinare e intersettoriale. Essi si aiutano e informano reciprocamente. Trasmettono agli altri incaricati le informazioni necessarie per l'adempimento dei loro compiti e cooperano nell'ambito dell'istruzione, nella misura in cui ciò è opportuno.

La premessa per il funzionamento di questa cooperazione è un'attribuzione chiara dei compiti e delle responsabilità di condotta. La preparazione e l'impiego devono essere coordinati allo scopo di assicurare efficienza ed efficacia. La Confederazione, i Cantoni e i Comuni conservano le loro responsabilità e competenze che, a causa del bisogno di flessibilità, saranno esaminate in collaborazione con le istanze interessate e, se del caso, adeguate.

Gli impieghi sono condotti, per incarico del Consiglio federale o di autorità cantonali, dagli organi più idonei della Confederazione o dei Cantoni. In occasione di impieghi di carattere transfrontaliero o in situazioni d'emergenza di portata nazionale, la direzione generale è assunta da istanze federali.

Allo scopo di garantire la cooperazione globale flessibile in materia di sicurezza, a livello federale sarà istituito un Organo direttivo in materia di sicurezza (cfr. n. 81).

Tale organo comprenderà, se necessario, anche i partner dei Cantoni in materia di protezione della popolazione e di sicurezza interna oppure i rappresentanti dei Cantoni per questi settori. L'Organo direttivo in materia di sicurezza appoggia il Consiglio federale in occasione della strutturazione della cooperazione globale flessibile in materia di sicurezza e in occasione del
passaggio dalla difesa integrata attuale alla nuova cooperazione.

Il coordinamento dei preparativi e delle misure a livello di Confederazione, Cantoni e Comuni, per le situazioni particolari e straordinarie in settori importanti è stata finora assicurata dall'organizzazione dei «Servizi coordinati». Per principio, in futuro saranno utilizzate maggiormente le strutture organizzative e amministrative normali e saranno rispettate le responsabilità usuali. Occorrerà verificare in quale misura anche in avvenire saranno necessari organi di coordinamento particolari (comitati/commissioni).

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Cooperazione in materia di sicurezza con l'estero

Le minacce e i pericoli attuali e prevedibili sono caratterizzati dal fatto di essere transfrontalieri, di interessare i nostri vicini e partner nella stessa misura in cui ci interessano e di non poter essere combattuti con successo se non mediante la cooperazione internazionale, offrendo il nostro contributo laddove siamo particolarmente efficaci. Per la Svizzera ne deriva la necessità di intensificare la cooperazione in materia di sicurezza con l'estero. Di conseguenza, in futuro il nostro Paese fornirà 6596

un maggior numero di contributi efficaci, al di là delle proprie frontiere, in settori quali il mantenimento della pace e la gestione delle crisi internazionali, ma anche per la salvaguardia delle basi vitali e la gestione delle conseguenze di guerre e catastrofi, nonché per uno sviluppo sostenibile. La Svizzera sosterrà così gli sforzi di altri Stati e della comunità internazionale e appoggerà in tal modo la creazione di un sistema di sicurezza collettiva efficace. Nel contempo, può considerare che gli sforzi di altri Stati nella medesima direzione sono utili anche per la sicurezza del nostro Paese. Si tratta dunque di un rafforzamento reciproco degli sforzi in vista di garantire la sicurezza nel nostro contesto strategico.

Mentre in passato la Svizzera ha offerto spesso i propri buoni uffici come Stato singolo, queste prestazioni sono oggi largamente assicurate da strutture multilaterali. La Svizzera continuerà le proprie iniziative soprattutto in questo ambito. Le possibilità di successo di tali iniziative aumentano se è possibile ottenere l'appoggio dei Paesi dell'Unione europea o di un altro gruppo influente. Ciò vale anche per le misure nell'ambito della sicurezza interna (lotta contro il crimine organizzato e il terrorismo).

Possiamo far capo a un gran numero di strutture di cooperazione multilaterali, mondiali ed europee. L'ONU, l'OSCE, la NATO, l'EAPC, il PfP, l'Unione europea, l'UEO, il Consiglio d'Europa, nonché altre organizzazioni e forum, anche di natura non governativa, svolgono attività importanti in materia di politica di sicurezza, alle quali la Svizzera, come membro o ad hoc, contribuisce già in misura considerevole e intende continuare a farlo. Una partecipazione completa e a pari diritti, con diritto di codecisione, è tuttavia possibile soltanto con le istituzioni nelle quali la Svizzera ha lo statuto di membro.

La premessa per una cooperazione con l'estero utile a entrambe le parti è una istruzione in comune. In futuro, essa sarà adeguatamente intensificata nell'ambito del Partenariato per la pace. Se, contrariamente alle aspettative, dovessero presentarsi nuove situazioni di minaccia nelle quali non fosse sufficiente l'attuale strategia di cooperazione per l'autodeterminazione, sulla base di queste esperienze, anche la difesa nel quadro di una coalizione potrebbe essere
organizzata più rapidamente ed efficacemente.

La Svizzera sfrutta parimenti tutte le possibilità di cooperazione bilaterale con i Paesi amici e le loro forze armate. La cooperazione si estende in primo luogo allo scambio di informazioni, alla formazione tecnica e in materia di politica di sicurezza, alle esercitazioni in comune e a una cooperazione in altri settori, per esempio l'aiuto in caso di catastrofe, di interesse per i due partner. Entrano pure in considerazione impieghi precisamente definiti di truppe svizzere di pace nell'ambito di operazioni di promovimento della pace, sempre che la loro legittimità e il loro scopo siano nell'interesse del nostro Paese.

I limiti della nostra cooperazione in materia di sicurezza sono sostanzialmente dettati da due fattori. Da un lato, gli impieghi per il mantenimento della pace ai quali partecipa la Svizzera devono essere legittimati dal diritto internazionale (di regola un mandato del Consiglio di sicurezza dell'ONU o dell'OSCE). Dall'altro, occorre rispettare le limitazioni stabilite dal diritto della neutralità. Proprio il conflitto del Kosovo del 1999 ha mostrato i limiti che la Svizzera deve osservare fintanto che resta neutrale.

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Giustificazione della nostra strategia nei confronti di altre alternative

Ritorno a un'autodeterminazione autonoma da parte della Svizzera?

La prevenzione e la lotta alle minacce e ai pericoli attuali e prevedibili soltanto a partire dalle nostre frontiere e rinunciando a qualsiasi cooperazione in materia di sicurezza con l'estero non sarebbero possibili nemmeno con oneri sovradimensionati o sarebbero comunque almeno sproporzionatamente costosi. In questo modo, la sicurezza alla quale ha diritto la nostra popolazione non potrebbe essere ottenuta né dal punto di vista tecnico né finanziario. Anche la salvaguardia energica dei nostri interessi in materia di sicurezza non può più essere garantita in maniera autonoma.

Il nostro contributo agli sforzi collettivi a favore della sicurezza è, in ultima analisi, anche ciò che i nostri partner attendono come prova della nostra solidarietà. Di conseguenza, dev'essere convincente. Una continuazione delle prestazioni offerte finora oppure una semplice apertura limitata e prudente in materia di politica di sicurezza tale da offrire unicamente ciò che possiamo fornire senza grandi sforzi, senza essere disposti ad accettare i rischi comuni, non sono più sufficienti. In caso di necessità, possiamo aspettarci assistenza soltanto se già da oggi, in funzione della nuova gamma di pericoli, offriamo, nell'ambito della sicurezza, contributi di valore per tutti i partner.

Adesione della Svizzera alla NATO?

Un'adesione della Svizzera alla NATO per garantire la nostra sicurezza e la stabilità del nostro contesto non è oggi necessaria. Il nostro atteggiamento favorevole a una sicurezza cooperativa, senza però aderire alla difesa collettiva euroatlantica, è adeguato alla situazione della minaccia attuale e prevedibile. Nella misura in cui intendiamo cooperare con l'Alleanza Atlantica e possiamo farlo dal punto di vista del diritto della neutralità, ciò è realizzato grazie alla nostra presenza nel Consiglio di Partenariato Euro-Atlantico e nel Partenariato per la pace. La NATO è sempre più disposta a offrire agli Stati partner, quali ad esempio la Finlandia e la Svezia, che lo desiderano e ne sono capaci, la possibilità di partecipare più intensamente alla preparazione e all'esecuzione di operazioni umanitarie e di sostegno alla pace nonché a impieghi di ricerca e di salvataggio, senza alcun obbligo di aderire all'Alleanza. Anche la Svizzera è
in grado, se lo desidera, di salvaguardare i suoi interessi e di offrire il proprio contributo nel quadro di attività operative della NATO. Il fatto che essa, in quanto Stato non membro, resti esclusa da attività nell'ambito dell'articolo 5 del Trattato di Washington (difesa collettiva) non comporta alcun pregiudizio per la sicurezza, considerati le minacce e i pericoli attuali.

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Conseguenze di un'adesione all'Unione europea

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Conseguenze in materia di politica di sicurezza

La Svizzera è circondata da Stati che condividono in larga misura i suoi valori, obiettivi e interessi nel campo della politica di sicurezza. Questa comunità di valori democratici sta gettando progressivamente le basi per uno spazio comune di sicurezza. In questo contesto, l'utilità limitata di una difesa autonoma svizzera a partire dalle frontiere diventa evidente; essa non corrisponde a uno sfruttamento ottimale delle opportunità. Si impone perciò una stretta cooperazione con il sistema di sicu6598

rezza europeo in fase di realizzazione nell'ambito dell'UE. A dipendenza dell'orientamento generale della politica di integrazione della Svizzera, esistono due opzioni: una cooperazione settoriale come Stato non membro dell'Unione oppure una partecipazione completa come Stato membro.

In quanto membro dell'Unione europea, la Svizzera potrebbe partecipare pienamente, con facoltà di codecisione, alla definizione della politica di sicurezza europea. Come contropartita, sarebbe tenuta ad applicare le politiche comuni. Grazie all'astensione costruttiva, potrebbe fare in modo di non dover partecipare a misure che considera incompatibili con la sua politica. Se lo desiderasse, la Svizzera, in quanto non membro della NATO, otterrebbe lo statuto di osservatore in seno all'UEO. Globalmente, un'adesione all'Unione europea potrebbe portare a un aumento della sicurezza, segnatamente contro tentativi di pressioni economiche, migrazioni incontrollabili e crimine organizzato, nonché, mediante la partecipazione alla politica estera e di sicurezza, contribuire a una miglior salvaguardia dei nostri interessi in materia di politica di sicurezza.

La questione della compatibilità della neutralità con lo statuto di membro dell'Unione europea è già stata studiata nel rapporto del 18 maggio 1992 sull'eventuale adesione della Svizzera alla Comunità europea, nel rapporto del 29 novembre 1993 sulla politica estera della Svizzera negli anni novanta e nel rapporto sull'integrazione 1999. Questi rapporti giungono unanimemente alla medesima conclusione: uno Stato che intende aderire all'Unione europea deve intraprendere gli adeguamenti necessari della sua politica estera, ma lo statuto di neutralità non costituisce un ostacolo. Con l'adesione all'Unione europea, la Svizzera non andrebbe contro alcuno dei suoi obblighi in materia di diritto della neutralità, poiché lo statuto di membro dell'Unione europea non implica alcun impegno in campo militare. Il principio dell'unanimità per le decisioni in materia di politica estera e di sicurezza comune garantisce che nessuno Stato neutrale membro dell'Unione europea diventi, contro la sua volontà, parte di un conflitto rilevante in materia di neutralità. L'adesione all'Unione non implica inoltre alcun obbligo giuridico di aderire più tardi a una possibile futura comunità di difesa europea.
La Svezia, la Finlandia, l'Irlanda e l'Austria hanno mostrato che lo statuto di membro dell'Unione europea e la neutralità sono compatibili. Né gli altri Stati membri né le istituzioni dell'Unione europea chiedono a questi Stati di abbandonare la loro neutralità. La legislazione dell'Unione europea considera la situazione particolare degli Stati neutrali membri, in quanto l'articolo 17 capoverso 1 del Trattato sull'Unione europea stabilisce espressamente che: «La politica dell'Unione (...) non pregiudica il carattere specifico della politica di sicurezza e di difesa di taluni Stati membri».

Un'adesione all'Unione europea non cambierebbe nulla neppure per quanto concerne la credibilità e la prevedibilità della nostra politica di neutralità. La Svizzera potrebbe, in quanto membro dell'Unione, continuare essenzialmente la medesima politica di neutralità che pratica dalla fine del confronto est-ovest in Europa. Come avviene già oggi, per principio, la Svizzera applicherebbe quindi le sanzioni economiche dell'Unione europea quando le misure concrete sono utili alla pace internazionale oppure impediscono o puniscono violazioni gravi del diritto internazionale.

La partecipazione a queste misure riflette l'accordo dei nostri interessi in materia di politica estera e di sicurezza, così come la stretta interdipendenza economica della Svizzera e dell'Unione europea. Nel campo del controllo delle esportazioni di materiale bellico, segnatamente dei beni militari e dei beni a duplice uso, la Svizzera 6599

aspira già oggi a un'armonizzazione il più possibile estesa delle proprie prescrizioni con quelle dell'Unione europea. I controlli delle esportazioni, così come le misure economiche, sono efficaci soltanto se concordati e armonizzati a livello internazionale.

Un'adesione all'Unione europea significa però un impegno politico reciproco a sostenere tutti gli sforzi in vista di rafforzare la sicurezza dell'Unione e dei suoi membri. La lealtà e la solidarietà tra i membri dell'Unione europea sono regole di base valevoli anche per la ricerca di una maggior sicurezza. Se un dispositivo di sicurezza solido dovesse un giorno dare buone prove nell'ambito dell'Unione europea e offrire alla Svizzera un grado di sicurezza superiore rispetto alla neutralità, il nostro Paese potrebbe rinunciare alla sua neutralità a favore di tale sistema di sicurezza. La Svizzera potrebbe in ogni caso prendere questa decisione in maniera autonoma.

Su richiesta della Finlandia e della Svezia, membri neutrali dell'Unione europea, dopo l'ultima revisione del Trattato per tutti gli Stati membri dell'Unione europea sarà possibile decidere in merito ad azioni di sostegno alla pace (aiuto in caso di catastrofe, operazioni umanitarie, sostegno militare alla pace) nel quadro dell'Unione.

Per gli Stati dell'Unione europea che non sono membri dell'UEO, la partecipazione a queste operazioni è volontaria. La Svizzera potrebbe di conseguenza, in quanto membro dell'Unione europea, e anche come osservatore dell'UEO, decidere liberamente se desidera partecipare a simili operazioni di pace e come intende prendervi parte. Questi compiti sono anche al centro del Partenariato della pace della NATO, al quale la Svizzera partecipa dal 1996.

In quanto non membro dell'Unione europea, alla Svizzera rimarrebbe, da un lato, un margine di manovra un po' più ampio in materia di politica estera. Dall'altro, perderebbe il considerevole vantaggio nel settore della sicurezza risultante da un'adesione e perderebbe la possibilità di contribuire all'elaborazione della piattaforma di politica estera e di sicurezza che l'Unione sta allestendo in questo momento, nonché la possibilità di utilizzarla e impiegarla a favore dei propri interessi. Ciò costituirebbe uno svantaggio, nella misura in cui la Svizzera e l'Unione europea perseguono in numerosi settori gli stessi obiettivi di politica estera e di sicurezza. Le possibilità di cooperazione dovrebbero essere esaminate caso per caso.

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Conseguenze nei settori della giustizia e degli interni

Il fatto che la Svizzera sia un'isola al centro dell'Unione europea ha conseguenze negative non indifferenti nel campo della sicurezza interna, in quanto la esclude dalla cooperazione europea in materia di sicurezza nell'ambito di Schengen e dell'Unione. Allo scopo di evitare che il nostro Paese sia marginalizzato nel campo della cooperazione europea in materia di sicurezza, nel 1995 la Svizzera ha avviato negoziati bilaterali con tutti gli Stati vicini, in vista del rafforzamento della cooperazione transfrontaliera in materia di polizia e di giustizia e per stabilirla su nuove basi. Inoltre, gli accordi sulla riaccettazione degli immigrati illegali dovrebbero essere adeguati all'evoluzione attuale. Finora sono già stati ratificati i pertinenti accordi con la Francia e l'Italia, mentre quelli con la Germania e l'Austria sono stati firmati nell'aprile 1999.

Tutti questi sforzi non consentiranno però ancora alla Svizzera di essere integrata nel sistema di cooperazione vero e proprio degli Stati aderenti all'Accordo di Schengen o membri dell'Unione europea. In particolare, restano esclusi dalla coope6600

razione bilaterale i controlli alle frontiere, la politica dei visti, la politica d'asilo e l'accesso al sistema d'informazione di Schengen. Questi settori non possono essere oggetto di accordi bilaterali tra singoli Stati aderenti all'Accordo di Schengen o membri dell'Unione europea e la Svizzera. Importanti svantaggi sono connessi con questa situazione. Allo scopo di garantire la sicurezza interna, uno spazio di sicurezza transfrontaliero omogeneo avrebbe un'importanza essenziale.

Gli sforzi della Svizzera per una partecipazione almeno parziale alla cooperazione multilaterale europea nel settore della sicurezza, malgrado la loro intensità, non sono stati finora coronati da completo successo. Il nostro Paese ha ad esempio cercato di avviare negoziati per un accordo parallelo alla Convenzione di Dublino, di cooperare con Europol e ha pure sondato la possibilità di una collaborazione istituzionalizzata con il gruppo di Schengen, in particolare nei settori della politica dei visti, dei controlli alle frontiere, della cooperazione consolare e del sistema d'informazione di Schengen.

Un'adesione all'Unione significherebbe, per i settori della giustizia e degli interni, riprendere l'«acquis communautaire». In tal modo, potrebbero essere salvaguardati per esempio gli interessi in materia di politica di sicurezza e di politica migratoria.

La Svizzera potrebbe impiegare i suoi mezzi per lottare contro le cause dei movimenti migratori in stretta cooperazione con gli altri Stati dell'Unione. Avrebbe per esempio accesso ai pertinenti strumenti giuridici dell'Unione europea e sarebbe integrata nell'ordinamento delle competenze della Convenzione di Dublino sul Paese di primo asilo. Ciò significherebbe tuttavia che la Svizzera non effettuerebbe più il controllo delle persone ai valichi di frontiera con gli altri Stati dell'Unione europea (frontiere interne dell'UE). I controlli alle frontiere esterne resterebbero in vigore negli aeroporti internazionali, nella misura in cui si tratta di controllare le persone in provenienza da Stati non membri dell'Unione europea o dello SEE. Nulla si opporrebbe più a una partecipazione senza limitazioni a Europol.

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Conseguenze in materia di politica di sicurezza di un'adesione all'ONU

L'adesione della Svizzera all'ONU significherebbe che il nostro Paese diventerebbe membro a pieno titolo, con tutti i diritti e gli obblighi che ne derivano. La Svizzera potrebbe partecipare anche alle decisioni in materia di sicurezza. Il fatto di essere membro implica tuttavia l'accettazione dello Statuto delle Nazioni Unite e il rispetto delle decisioni del Consiglio di sicurezza. Le sanzioni economiche dovrebbero essere applicate automaticamente, come obbligo giuridico di uno Stato membro, e non più soltanto come atto d'applicazione autonomo. Per quanto concerne le operazioni militari a favore della pace, il semplice statuto di membro non obbliga in alcun modo uno Stato a mettere a disposizione truppe armate per operazioni di mantenimento della pace o per altre operazioni militari. Per contro, un'adesione della Svizzera all'ONU implicherebbe un impegno finanziario: il contributo obbligatorio al credito per le operazioni a favore della pace.

Come membro delle Nazioni Unite, la Svizzera avrebbe migliori possibilità in differenti settori. Potrebbe partecipare alle decisioni concernenti le missioni di pace ed ottenere la possibilità di impiegare più personale (membri di missioni dell'ONU, rappresentanti speciali del Segretario generale e altri emissari per i buoni uffici). Essa avrebbe migliore accesso alle pertinenti posizioni chiave dell'organizzazione. La 6601

Svizzera potrebbe anche diventare membro del Consiglio di sicurezza e eserciterebbe in tal modo un influsso diretto sulle decisioni concernenti le operazioni militari, le misure di mantenimento e di promovimento della pace e le sanzioni economiche.

Su un arco di 25 anni, Stati del gruppo occidentale comparabili alla Svizzera sono stati eletti in media una a due volte per un periodo amministrativo di due anni.

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Strumenti

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Politica estera

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Compiti in materia di politica di sicurezza

La politica estera è uno strumento fondamentale per salvaguardare attivamente i nostri interessi e per raggiungere i nostri obiettivi in materia di politica di sicurezza.

Essa contribuisce al promovimento e alla tutela duratura della pace, alla prevenzione dei conflitti e alla gestione delle crisi, rafforza il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali e si impegna a favore del rispetto delle disposizioni del diritto internazionale umanitario. Salvaguarda gli interessi del Paese nei negoziati per il controllo degli armamenti e il disarmo, promuove le misure per il miglioramento della trasparenza in campo militare, si impegna per impedire e controllare la proliferazione delle armi di distruzione di massa, dei sistemi balistici a lunga gittata e delle tecnologie critiche e partecipa alla verifica degli accordi conclusi. Inoltre, la politica estera sostiene gli sforzi dei Paesi in sviluppo e dei Paesi dell'Europa orientale per migliorare le condizioni di vita delle loro popolazioni e fornisce aiuto umanitario in occasione di catastrofi o di conflitti armati. Nell'ambito della politica estera è perseguita una politica di neutralità che consente alla Svizzera di partecipare attivamente alla realizzazione di strutture di sicurezza solide.

La fine della guerra fredda ha accresciuto l'importanza della politica estera come componente della nostra politica di sicurezza. Il contenuto del rapporto del Consiglio federale del 29 novembre 1993 sulla politica estera della Svizzera negli anni novanta e l'allegato rapporto sulla neutralità mantengono la loro validità.

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Promovimento della pace, diplomazia preventiva e gestione delle crisi

Le azioni in vista di un promovimento duraturo della pace sono di regola intraprese nell'ambito di organizzazioni internazionali, poiché in tal modo i contributi dei singoli Stati possono essere riuniti e coordinati. La Svizzera appoggia segnatamente le misure dell'OSCE e dell'ONU nel settore del promovimento della pace, della diplomazia preventiva e della gestione delle crisi. Essa concentra i propri sforzi su contributi concreti, mettendo a disposizione esperti e osservatori in occasione di elezioni, partecipando a progetti d'attuazione di strutture democratiche e fornendo un supporto materiale e logistico. Dal punto di vista tematico, pone l'accento sulla protezione delle minoranze, per esempio attraverso il promovimento della libertà dei mass media, il rafforzamento delle amministrazioni locali, della giustizia e della polizia, nonché attraverso la formazione.

Allo scopo di rafforzare l'efficacia delle misure coercitive non militari dell'ONU e di ridurre le conseguenze umanitarie negative, la Svizzera si impegna, in collabora6602

zione con le Nazioni Unite, a sviluppare ulteriormente tale strumento, in modo da poterlo impiegare in maniera mirata contro un'élite che agisce in modo irresponsabile, e consentirne un'applicazione più efficace da parte degli Stati membri (iniziativa «Smart Sanctions»).

I contributi al promovimento della pace nell'ambito di organizzazioni internazionali sono completati da sforzi bilaterali. La Svizzera partecipa agli sforzi in vista di risolvere pacificamente i conflitti e si concentra in questo ambito sul promovimento della fiducia e del dialogo tra le parti ostili, sulla mediazione, sulla riconciliazione e sulla realizzazione di strutture democratiche. A tale scopo opera in cooperazione con organizzazioni non governative come le opere assistenziali, le organizzazioni umanitarie e per i diritti umani, le istituzioni scientifiche.

Anche la politica culturale della Svizzera contribuisce a promuovere, mediante scambi reciproci, la comprensione tra i differenti gruppi culturali e quindi anche la pace.

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Politica dei diritti umani

La pace e la sicurezza possono essere garantiti in maniera duratura soltanto in una comunità di Stati che rispettano anche al loro interno i diritti umani e le libertà fondamentali, che riconoscono il primato del diritto sull'arbitrio politico e sottopongono il potere politico al controllo democratico. Il promovimento del rispetto dei diritti umani è quindi anche nel nostro interesse in materia di politica di sicurezza. Non si tratta di un'interferenza negli affari interni di altri Stati, poiché i diritti umani sono una componente del diritto internazionale e il loro rispetto è un interesse legittimo della comunità internazionale. La Svizzera impiega quindi mezzi politici, diplomatici, giuridici ed economici per rafforzare il rispetto dei diritti umani o lottare contro le violazioni. Questi mezzi comprendono anche gli strumenti della cooperazione allo sviluppo e della cooperazione con l'Europa orientale.

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Disarmo e controllo degli armamenti

Con la sua politica di disarmo e di controllo degli armamenti, la Svizzera appoggia gli sforzi miranti alla non proliferazione e alla distruzione completa delle armi di distruzione di massa nucleari, biologiche e chimiche. Nel campo delle armi convenzionali, promuove la trasparenza e si impegna a favore di rapporti di forza stabili ed equilibrati.

Nel quadro di questi sforzi, la Svizzera ha aderito a tutti i trattati multilaterali che le erano aperti. Essa promuove la conclusione e il rispetto di accordi universali verificabili, equilibrati e non discriminatori. Il nostro Paese partecipa attivamente ai negoziati nei differenti forum internazionali, come ad esempio la Conferenza sul disarmo, l'OSCE, l'Agenzia internazionale per l'energia atomica, l'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche, la Commissione preparatoria della futura organizzazione per la messa al bando degli esperimenti nucleari, il Gruppo speciale degli Stati membri della Convenzione sulle armi biologiche, nonché nell'ambito di iniziative ad hoc (per es. nell'ambito del Processo di Ottawa, che nel 1997 ha portato alla Convenzione sul divieto dell'impiego, del deposito, della fabbricazione e del trasfe-

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rimento delle mine antiuomo e sulla loro distruzione, o ancora nel campo delle armi di piccolo calibro).

La Svizzera appoggia, nell'ambito dell'ONU e dell'OSCE, anche gli sforzi per una migliore trasparenza, che mirano a ottenere maggiore chiarezza sulle intenzioni e sulle attività militari e in materia di politica di sicurezza degli Stati e quindi a diminuire i rischi di attività militari improvvise. La partecipazione svizzera a differenti regimi di controllo delle esportazioni (Gruppo dei fornitori nucleari, Regime di controllo delle tecnologie missilistiche, «Gruppo d'Australia», Accordo di Wassenaar) serve a favorire la trasparenza, a impedire la proliferazione delle armi e a controllare le tecnologie suscettibili di essere utilizzate tanto per fini civili quanto per fini militari.

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Diritto internazionale umanitario

Il diritto internazionale umanitario, vale a dire l'insieme delle regole miranti a garantire il rispetto e la protezione della persona umana in caso di conflitti armati, da lungo tempo ha un posto particolare nell'attività, governativa e privata, della Svizzera sul piano internazionale. Spesso esso è percepito, in Svizzera e all'estero, come parte integrante dell'«identità svizzera».

Al di là dell'interesse prioritario per la tutela di determinati valori morali fondamentali, l'impegno del nostro Paese in materia di diritto internazionale umanitario è strettamente legato al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale. È nell'interesse degli Stati che, in caso di un conflitto armato, il comportamento delle forze armate sia regolato nel senso di un rispetto minimo della persona umana. Se queste regole sono violate in maniera massiccia e sistematica, il rischio è grande che il conflitto in questione destabilizzi gli Stati vicini a causa dei flussi di profughi. In particolare, il fatto che i crimini di guerra commessi su vasta scala possano restare impuniti porta in sé il germe di nuovi conflitti e nuove violazioni del diritto internazionale umanitario. Per tale motivo, la Svizzera appoggia risolutamente la realizzazione di una Corte penale internazionale.

L'evoluzione attuale pone il diritto internazionale umanitario di fronte a nuove sfide, non soltanto con l'apparizione di nuove armi, ma anche di nuovi tipi di conflitto: conflitti identitari, conflitti legati alla disintegrazione delle strutture statali e di comando e, soprattutto, conflitti interni, per i quali il diritto internazionale umanitario, originariamente sviluppato per i conflitti tra Stati, non era previsto. La Svizzera dispone di una grande esperienza proprio nel rafforzamento specifico di queste regole.

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Cooperazione allo sviluppo, cooperazione con l'Europa dell'Est e aiuto umanitario

Con la cooperazione allo sviluppo, la cooperazione con i Paesi dell'Europa orientale e l'aiuto umanitario, la Svizzera dispone di strumenti importanti per promuovere la stabilità e uno sviluppo duraturo. Da un lato, questi strumenti contribuiscono alla stabilità con misure a lungo termine (cooperazione tecnica, aiuto finanziario, misure in materia di politica commerciale ed economica), in quanto combattono le cause strutturali dei conflitti, come la povertà, la disoccupazione, il degrado ambientale o la cattiva gestione governativa. Dall'altro, servono a ridurre i potenziali di conflitto 6604

acuti in occasione dell'escalation di conflitti o dopo scontri armati (aiuto umanitario d'urgenza, aiuto alla ricostruzione, cooperazione tecnica, aiuto finanziario).

La cooperazione allo sviluppo e la cooperazione con l'Europa dell'Est vertono sulla lotta contro le cause dei conflitti (prevenzione generale). Esse appoggiano la realizzazione di strutture e di condizioni quadro stabili nei Paesi partner grazie a contributi alla stabilità economica, sociale, politica e istituzionale nonché alla protezione dell'ambiente. Tra i principi operativi della cooperazione internazionale che hanno effetti di prevenzione dei conflitti a lungo termine figurano l'integrazione conseguente della popolazione interessata nell'organizzazione di tutti i progetti di sviluppo, il rafforzamento della capacità dei gruppi di popolazione sfavoriti di far valere le proprie richieste e la considerazione del ruolo particolare della donna nel processo di sviluppo.

La Svizzera è tuttavia cosciente che gli interventi in seno a una società o a uno Stato possono anche avere effetti negativi. Una grande sensibilità al riguardo, buone conoscenze del contesto locale e dei suoi attori nonché le relazioni di fiducia che si possono costruire sulla base di una lunga cooperazione con partner nazionali e locali diminuiscono questo rischio.

Tra le misure che la cooperazione internazionale della Svizzera può adottare in vista della riduzione di potenziali di conflitto acuti (prevenzione particolare) vi sono l'aiuto ai profughi e ai deportati, l'aiuto alla ricostruzione, il promovimento dei diritti umani, dello Stato di diritto e della democrazia, il sostegno alle riforme nel settore della sicurezza (p. es. smobilitazione e reintegrazione nella vita civile dei combattenti, riforme della polizia), la cooperazione in materia di polizia, importante segnatamente per quanto riguarda l'Europa dell'Est, e il promovimento delle forme localmente consolidate di regolamento dei conflitti. Tutte queste misure esigono un coordinamento efficace dei numerosi attori sul posto.

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Politica di neutralità

La politica di neutralità raggruppa tutte le misure che la Svizzera prende di propria iniziativa allo scopo di preservare la credibilità della sua neutralità. La neutralità assume una rilevanza maggiore o minore in funzione della situazione in materia di politica di sicurezza. La politica di neutralità è di conseguenza soggetta a una costante trasformazione in funzione del contesto della politica estera e di sicurezza: durante il periodo postbellico e fino alla fine della guerra fredda, la Svizzera ha applicato una politica di neutralità molto riservata. Le trasformazioni fondamentali legate alla fine del conflitto est-ovest hanno creato le premesse per una correzione della rotta. Ciò è risultato necessario non da ultimo per il fatto che la neutralità ha perso molta della sua importanza in quanto strumento di gestione dei pericoli e dei rischi.

Quale Paese neutrale al centro dell'Europa, la Svizzera ha tradizionalmente svolto una funzione stabilizzatrice e generatrice di pace. Il nostro impegno di Stato neutrale permanente di provvedere già in tempo di pace a non essere coinvolti in un conflitto internazionale, richiede oggi azioni preventive estese e comuni. La soluzione risiederà in una politica partecipativa che permetta alla Svizzera di contribuire attivamente e solidalmente alla realizzazione di strutture di sicurezza solide e di intensificare la cooperazione bilaterale con i Paesi amici. Il margine di manovra offerto dalla politica di neutralità dev'essere sfruttato in maniera coerente per questo scopo. La 6605

cooperazione della Svizzera in seno all'OSCE, al Partenariato per la pace e al Consiglio di Partenariato Euro-Atlantico può, dal punto di vista della politica di neutralità, essere estesa e consolidata senza difficoltà.

Un sostegno attivo o passivo a misure internazionali che facciano ricorso alla forza, in Europa o altrove, per la Svizzera entra in considerazione soltanto quando tali misure si fondano su una chiara base legale di diritto internazionale.

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Esercito

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Compiti in materia di politica di sicurezza

I compiti dell'esercito sono: i contributi per il sostegno internazionale alla pace e la gestione delle crisi, la sicurezza del territorio e la difesa nonché gli impieghi sussidiari per la prevenzione e la gestione di pericoli esistenziali1. Tutti i tre compiti hanno un'importanza fondamentale per la sicurezza della Svizzera.

Grazie a una partecipazione adeguata agli sforzi internazionali per il sostegno alla pace e la gestione delle crisi, l'esercito diventa uno strumento essenziale per la tutela degli interessi svizzeri e la solidarietà nel contesto strategico importante per la nostra sicurezza. I suoi contributi comprendono l'invio di personale militare e di contingenti di truppa allo scopo di promuovere la stabilità e gestire le crisi nell'ambito di mandati legittimati dal diritto internazionale nonché la preparazione per tali impieghi nel quadro di accordi bilaterali o multilaterali con altre forze armate. Il Consiglio federale, dopo aver consultato i comandi dell'esercito, decide caso per caso la partecipazione a tali impieghi, il loro genere e la loro durata nonché le regole d'impiego. Tali decisioni necessitano dell'approvazione successiva del Parlamento.

Il compito dell'esercito per quanto riguarda la sicurezza del territorio e la difesa consiste nel proteggere la popolazione e lo Stato dall'utilizzazione della violenza di portata strategica. Già al di sotto della soglia bellica, l'esercito protegge settori e installazioni strategicamente importanti e contribuisce in tal modo alla sicurezza e alla stabilità all'interno del Paese e nell'area circostante. Se la Svizzera è minacciata militarmente, l'esercito difende la popolazione, il territorio e lo spazio aereo e procura al Governo federale la massima libertà d'azione. Se necessario, sarà autorizzato dalle autorità federali ad assicurare la difesa anche nell'ambito di un'alleanza con altri Stati.

Il contributo dell'esercito per quanto riguarda la prevenzione e la gestione dei pericoli esistenziali consiste nel partecipare all'aiuto in caso di catastrofe, agli impieghi d'appoggio (p. es. assistenza) e di sicurezza (p. es. protezione di opere, aiuto alla polizia o al Corpo delle guardie di confine). In tutti questi casi, i mezzi idonei dell'esercito saranno impiegati sussidiariamente, sotto la responsabilità operativa delle autorità civili,
e in primo luogo quando i mezzi civili non sono più sufficienti o quando occorre svolgere un compito fondamentale. L'esercito diventa così una componente della cooperazione globale flessibile in materia di sicurezza.

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L'ordine di successione dei compiti dell'esercito diverge dall'ordine di successione dei compiti strategici, che si riferiscono all'insieme degli strumenti in materia di politica di sicurezza (n. 511). Il motivo risiede nel fatto che il compito «Contributo alla prevenzione e alla gestione dei pericoli esistenziali», è assunto dall'esercito ­ contrariamente agli altri due ­ in maniera sussidiaria.

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L'esercito effettua in tal modo il passaggio dalla strategia dell'effetto deterrente ottenuto grazie alle proprie capacità di difesa e di resistenza (dissuasione) a una strategia di cooperazione a più componenti, da un lato nell'ambito della gamma degli strumenti nazionali della politica di sicurezza e, dall'altro, mediante il rafforzamento reciproco dei dispositivi di sicurezza con gli Stati partner e con sforzi di stabilizzazione del contesto strategico comune. Inoltre, assume in permanenza tutti i compiti miranti alla sicurezza del nostro territorio e si tiene pronto a rafforzare le sue capacità di difesa quando si profila una minaccia militare acuta per il nostro Paese. Contemporaneamente, l'esercito si prepara a una cooperazione ancora più ampia con forze armate estere. Una simile cooperazione potrebbe diventare necessaria se i rapporti politico-militari cambiassero radicalmente.

Questa nuova concezione, fondata su elevate prestazioni proprie e sulla capacità di cooperazione, è la conseguenza della situazione europea attuale e prevedibile a medio termine in materia di sicurezza, la quale è sempre più caratterizzata da rischi e pericoli transfrontalieri che non possono più essere affrontati autonomamente.

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Realizzazione dei compiti

Principi e premesse L'esercito è il mezzo militare della Confederazione per garantire, conformemente alla Costituzione federale, l'autodeterminazione e la difesa del Paese. In quanto istituzione democraticamente legittimata e politicamente controllata, esso fornisce, con la sua presenza e le sue capacità, contributi determinanti per la pace, la sicurezza e la stabilità. Organizzato fondamentalmente secondo il principio di milizia, esso rafforza la coesione sociale.

L'adempimento del suo triplice compito richiede un solido addestramento di base per tutti i militari, un miglioramento della sua polivalenza, dell'interoperabilità nell'ambito della cooperazione internazionale nonché adattamenti strutturali e qualitativi importanti; tale adempimento dipende in definitiva dalle risorse messe a disposizione dell'esercito.

Polivalenza significa orientamento coerente alla gestione di compiti numerosi e differenziati. L'esercito è polivalente nel suo insieme. Per contro, a livello di reparto e di singolo militare, la polivalenza che consente di coprire l'intero ventaglio dei compiti non è possibile né necessaria.

Grazie allo sviluppo dell'interoperabilità l'esercito crea le premesse necessarie per la cooperazione multinazionale. Esso acquisisce e rafforza questa capacità mediante l'adeguamento delle sue strutture, del suo equipaggiamento e dell'istruzione degli stati maggiori, nel quadro di esercitazioni in comune del Partenariato per la pace e sulla base delle proprie esperienze tratte da impieghi reali.

La situazione della minaccia e gli sviluppi tecnologici consentono un'ulteriore riduzione degli effettivi dell'esercito. Nel contempo occorre però che una parte dell'esercito abbia un grado di prontezza più elevato rispetto ad ora, allo scopo di poter essere impiegata, dopo una breve preparazione, per il sostegno alla pace e la gestione delle crisi, per la sicurezza del territorio nonché la prevenzione e la gestione dei pericoli esistenziali. Le parti dell'esercito con un grado di prontezza più elevato sono costituite in maggioranza da militari che prestano servizio prolungato e da personale professionista. L'esercito raggiunge la capacità di essere impiegato rapidamente 6607

grazie a un apprezzamento permanente della situazione strategica, a una capacità di crescita graduale adeguata così come a decisioni politiche tempestive di intraprendere tale crescita.

L'esercito è costantemente modernizzato per quanto riguarda l'equipaggiamento e l'istruzione. Almeno per talune sue parti, dovranno essere acquistati sistemi d'arma e apparecchi interoperabili e conformi ai requisiti tecnologici più recenti a livello europeo.

Armamento L'acquisto di armamenti dev'essere orientato in modo tale da fornire all'esercito in tempo utile, nella quantità e nella qualità sufficienti, il materiale necessario per svolgere i suoi compiti in materia di politica di sicurezza. Gli acquisti di armamenti sono stabiliti a lungo termine e richiedono una pianificazione continuata e costante.

L'entità degli acquisti si fonda sui sistemi globali in servizio nell'esercito e sulle capacità di crescita definite.

Il nostro potenziale industriale consente di provvedere alla manutenzione di armi ed equipaggiamenti con un'elevata autonomia. In settori scelti, le conoscenze e le competenze industriali necessarie per la manutenzione, il mantenimento dell'efficienza bellica, il miglioramento e l'eliminazione sono assicurati. Nel settore delle munizioni è mantenuta una capacità di produzione adeguata.

In occasione della valutazione dei progetti d'acquisto, assumono un'importanza accresciuta le considerazioni relative al rapporto costi/benefici durante l'intero ciclo operativo. Gli acquisti devono consentire un'ampia concorrenza e mirare nel contempo a soluzioni collaudate e disponibili sul mercato. Le componenti tecniche devono corrispondere alle norme commerciali e internazionali.

La cooperazione internazionale a livello di imprese e un intenso scambio di esperienze nell'intero settore dell'armamento sono importanti per salvaguardare la credibilità dell'esercito, in quanto favoriscono il mantenimento delle nostre capacità industriali a un livello concorrenziale e una gestione efficace ed efficiente dell'armamento.

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Prestazioni dell'esercito

Contributi per il sostegno internazionale alla pace e la gestione delle crisi L'esercito è in grado di adempiere il compito «Sostegno alla pace e gestione delle crisi», in quanto, dopo una breve preparazione, può impiegare formazioni modulari per un lungo periodo in un'area di crisi, soprattutto in Europa, e ciò in cooperazione con altre forze armate.

Per tale scopo, nei prossimi anni l'esercito svilupperà in maniera coerente le proprie capacità di cooperazione internazionale nel campo della sicurezza, intensificando le sue attività nell'ambito del Partenariato per la pace con la partecipazione a esercitazioni di stati maggiori e di truppe nonché ad attività bilaterali analoghe. Esso partecipa, sulla base di una decisione del Consiglio federale che dev'essere successivamente approvata dal Parlamento, alle operazioni di sostegno alla pace della comunità internazionale (Peace support operations), in funzione dei nostri interessi in materia di sicurezza e del suo stato di prontezza in questo ambito. Le formazioni

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designate a tale scopo riceveranno, se necessario, un'istruzione supplementare e saranno armate ed equipaggiate adeguatamente per l'adempimento del loro compito.

Per salvaguardare gli interessi svizzeri, l'esercito contribuisce inoltre, nell'ambito dei negoziati sul controllo degli armamenti, il disarmo e la non proliferazione, al miglioramento della trasparenza, della prevedibilità e della verifica delle attività militari nonché dei potenziali militari. Esso appoggia gli sforzi miranti a controllare la proliferazione e incoraggia i progetti a favore di una migliore affermazione del diritto internazionale umanitario e del controllo democratico delle forze armate. Infine, mette a disposizione le capacità in materia d'istruzione, le conoscenze tecniche e il materiale per impieghi di verifica. Le offerte di formazione proposte finora dalla Svizzera nel quadro del PfP saranno ampliate.

Sicurezza del territorio e difesa L'esercito è in grado di adempiere il compito «Sicurezza del territorio e difesa», in quanto può, simultaneamente e dopo una breve preparazione, eseguire numerosi impieghi di sicurezza del territorio quali: controllo e protezione dello spazio aereo, sicurezza di lunghi settori di frontiera, protezione di settori chiave, mantenere aperte le trasversali (strada, ferrovia, vettori energetici, nodi delle comunicazioni) nonché protezione di installazioni per l'allarme, l'informazione e la condotta. L'esercito respinge gli attacchi militari con i propri mezzi o nel quadro di una coalizione autorizzata dalle autorità federali. Controlla in permanenza lo spazio aereo, garantisce la sovranità sullo spazio aereo e la difesa aerea e, già in tempo di pace, collabora con gli Stati partner per questi compiti, nella misura in cui ciò è necessario e possibile dal punto di vista del diritto della neutralità.

Contributi alla prevenzione e alla gestione dei pericoli esistenziali L'esercito è in grado di adempiere il compito «Prevenzione e gestione dei pericoli esistenziali», in quanto può, dopo una breve preparazione, eseguire numerosi impieghi contemporanei di lunga durata. La responsabilità per gli impieghi è assunta dalle autorità civili. All'interno del Paese, l'esercito effettua tali impieghi nell'ambito della cooperazione globale flessibile in materia di sicurezza. Esso appoggia le capacità
operative delle autorità politiche, assicura settori e località importanti nonché installazioni vitali, protegge la popolazione dalla violenza massiccia e fornisce aiuto in caso di catastrofi e di altre situazioni d'emergenza. La priorità è data agli impieghi sussidiari di sicurezza, destinati soprattutto a sgravare e appoggiare i corpi di polizia. Anche in futuro, in occasione di eventi di vasta portata che colpiscono gravemente la popolazione, l'aiuto militare in caso di catastrofe sarà ancora necessario.

Sul piano internazionale, l'esercito fornisce l'aiuto in caso di catastrofe nell'ambito della catena svizzera di salvataggio. Esso si tiene inoltre pronto a proteggere i cittadini e le installazioni svizzeri all'estero.

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Protezione della popolazione

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Compiti in materia di politica di sicurezza

La protezione della popolazione è una struttura civile per la condotta, la protezione e l'aiuto in situazioni particolari e straordinarie. Protegge la popolazione, le sue basi vitali e i beni culturali in occasione di catastrofi naturali o tecnologiche, in altre si-

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tuazioni d'emergenza nonché in caso di minacce politico-militari e affronta gli eventi soprattutto con i mezzi dei Cantoni, dei Comuni e di istituzioni private organizzati in maniera modulare. È una componente della cooperazione globale flessibile in materia di sicurezza. Nelle regioni limitrofe è possibile, sulla base di trattati bilaterali, fornire aiuto in caso di catastrofe con mezzi della protezione della popolazione. Sul piano internazionale, contribuisce alla gestione delle crisi anche nell'ambito del Partenariato per la pace.

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Organizzazione e operato

La protezione della popolazione copre, a livello di Cantoni e Comuni, i settori d'attività seguenti: salvataggio, lotta antincendio e ripristino, salvaguardia dell'infrastruttura tecnica, protezione e assistenza, sanità, servizio sanitario e logistica. Questi compiti sono assunti in primo luogo dai mezzi a disposizione in situazione normale, sotto la loro responsabilità: pompieri, aziende e servizi tecnici, servizi della sanità pubblica e servizi sanitari di salvataggio nonché elementi logistici. Vi si aggiungono i mezzi per la protezione e l'assistenza della popolazione nonché per la protezione dei beni culturali.

In occasione di sinistri di vasta portata, di catastrofi e di conflitti armati, a livello di Cantoni, regioni e Comuni entrano in azione organi di condotta legittimati politicamente e tecnicamente competenti. Essi si situano al di sopra dei singoli mezzi e assicurano il collegamento con le autorità superiori, le istanze vicine nonché l'amministrazione e coordinano l'impiego dei mezzi. Gli organi di condotta hanno a loro disposizione elementi dell'aiuto alla condotta, per esempio per l'informazione, l'allarme e la diffusione di istruzioni di comportamento alla popolazione, per l'esame della situazione, le trasmissioni e la protezione AC. In situazioni particolari e straordinarie, per garantire la sicurezza e l'ordine in questo ambito vengono impiegati anche mezzi della polizia.

La struttura della protezione della popolazione consente un'organizzazione modulare in caso d'impiego. Ciò vale tanto per gli organi di condotta e gli elementi di aiuto alla condotta quanto per i mezzi dei singoli settori d'attività e la cooperazione intersettoriale. I mezzi della protezione civile attuale saranno integrati nella protezione della popolazione. Saranno pure coinvolte istituzioni private, segnatamente nel settore della sanità e dei servizi sanitari. In occasione della realizzazione, occorre partire dalla situazione normale; in seguito devono essere considerati gli eventi di vasta portata e infine le catastrofi e i conflitti armati. L'accento per l'impiego e, di conseguenza, per l'istruzione è posto sulla gestione di catastrofi e di situazioni d'emergenza. Riguardo alle minacce politico-militari, per la prontezza dei mezzi occorre trarre le conseguenze dal tempo di preallarme fortemente aumentato.
La competenza per tutti i mezzi raggruppati nell'ambito della protezione della popolazione è per principio dei Cantoni. Essi sono responsabili per l'organizzazione di condotta e la prontezza dei mezzi. La Confederazione, nella sua legislazione, regola questioni fondamentali (p. es. l'obbligo di prestare servizio). Per determinati settori, essa emana norme uniformi o partecipa direttamente (p. es. nell'istruzione).

Il livello del coordinamento e della condotta della Confederazione entra in azione quando differenti Cantoni, l'intero Paese o regioni estere limitrofe sono interessate in misura tale che una condotta superiore è necessaria. In questo contesto, sono prio-

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ritari i terremoti, le situazioni di contaminazione radioattiva, i problemi migratori, le epidemie, le epizoozie e soprattutto i casi di conflitto armato.

Affinché la protezione della popolazione possa produrre un effetto ottimale, essa è rappresentata in seno all'Organo direttivo in materia di sicurezza (cfr. n. 81) e quindi informata correntemente sull'evoluzione delle minacce e dei pericoli. Ciò pone anche le premesse per avvertire tempestivamente gli organi di condotta, allarmare la popolazione in maniera adeguata alla situazione, assicurare la prontezza operativa differenziata dei mezzi necessari e per la cooperazione con altri settori.

In vista di minacce con armi di distruzione di massa e nel caso di conflitti armati, l'infrastruttura di protezione sarà per principio mantenuta. Ciò vale in particolare per quanto concerne i rifugi per la popolazione. Inoltre, la rete esistente per l'allarme e la diffusione delle istruzioni di comportamento nonché i sistemi di trasmissione saranno mantenuti a un livello tecnico adeguato.

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Politica economica

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Compiti in materia di politica di sicurezza

La politica economica rafforza le capacità internazionali di concorrenza dell'economia svizzera e contribuisce quindi in maniera essenziale al benessere e alla stabilità politica del Paese. In questo contesto occorre incoraggiare una crescita economica sostenibile che includa segnatamente la salvaguardia e la creazione di posti di lavoro, il rispetto dell'ambiente e la garanzia dell'equilibrio sociale e dunque della coesione della società.

La politica economica favorisce in maniera generale l'attrattiva della piazza economica svizzera per gli investimenti. A tale scopo è sostenuta dalla Banca Nazionale che promuove una politica finanziaria e monetaria orientate alla stabilità. In particolare, la politica economica esterna si occupa, grazie all'apertura dei mercati, della diversificazione delle aree di provenienza e di destinazione delle esportazioni e delle importazioni. Essa crea in tal modo premesse favorevoli all'approvvigionamento della Svizzera in situazioni straordinarie. Grazie ai vantaggi reciproci per gli Stati interessati indotti dal commercio, l'economia esterna riduce inoltre il divario economico in quanto fonte importante di problemi in materia di politica di sicurezza.

La politica economica, e in particolare la politica economica esterna, adempiono quindi anche compiti specifici della politica di sicurezza. Favoriscono la stabilità globale mediante il rafforzamento della cooperazione economica internazionale, la garanzia di un sistema economico mondiale aperto e il miglioramento delle possibilità di accesso ai mercati, segnatamente per i Paesi in sviluppo e i Paesi in fase di transizione, nonché sostenendo accordi contrattuali e tribunali arbitrali internazionali allo scopo di evitare o di comporre le vertenze di natura economica.

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Organizzazione e operato

Con il rafforzamento della divisione del lavoro su scala internazionale e delle reti mondiali di relazioni economiche, sono apparsi nuovi rischi e dipendenze, tali da poter mettere in pericolo la sicurezza del nostro Paese e la cui gestione richiede nuovi strumenti. Le crisi del 1998 in Messico e nell'Asia orientale hanno per esem6611

pio avuto come conseguenza un'intensificazione degli sforzi interstatali intesi a correggere le distorsioni degli equilibri o a fissare condizioni quadro prevedibili per l'economia mondiale. La Svizzera appoggia questi sforzi come membro di organizzazioni mondiali, quali ad esempio l'OMC, l'OCSE, il Fondo monetario internazionale o la Banca Mondiale.

La rapida crescita dell'economia mondiale rende necessario uno sfruttamento sostenibile delle risorse disponibili e rafforza la pressione sugli Stati affinché preservino l'equilibrio ecologico con misure armonizzate su scala mondiale. La Svizzera appoggia tali sforzi, per esempio per la protezione dell'atmosfera, la preservazione della diversità biologica e il controllo dei trasferimenti di rifiuti pericolosi.

L'industria degli armamenti è pure interessata dalla globalizzazione dei mercati. La concentrazione sul mercato dell'armamento e la divisione del lavoro a livello internazionale sono fortemente aumentati negli ultimi anni. Parallelamente, la pressione internazionale a favore di un'armonizzazione e una maggiore trasparenza nel campo del controllo del commercio di armamenti si è intensificata. Tali controlli sono stati estesi al settore dei beni strategicamente sensibili. I controlli delle esportazioni di beni utilizzabili per scopi civili e militari armonizzati a livello internazionale sono oggi uno strumento importante nella lotta contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa. In generale, la Svizzera si impegna laddove il libero commercio è limitato da misure motivate dalla politica di sicurezza, affinché le misure prese siano della massima efficacia, non siano applicate in maniera discriminatoria e generino distorsioni della concorrenza.

Una politica economica che promuova la pace suggerisce in definitiva la continuazione dell'avvicinamento all'Unione europea. L'integrazione in seno all'Europa resta indispensabile per il nostro Paese allo scopo di assicurare la stabilità e le possibilità di sviluppo della nostra economia. In un'economia globalizzata, con pochi blocchi economici potenti, un isolamento della Svizzera può renderla vulnerabile di fronte ai tentativi di pressioni economiche di tutti i tipi. Ciò vale anche per il settore della politica monetaria e finanziaria, dove la crescente integrazione dell'Europa e l'introduzione
dell'euro porteranno nuove sfide per la Svizzera, segnatamente per quanto concerne una politica finanziaria e monetaria orientata alla stabilità. Tuttavia, la politica svizzera non è guidata soltanto da considerazioni relative a costi e benefici, ma anche da valori comuni e dalla solidarietà. Il nostro Paese deve collaborare allo sforzo fondamentale per preservare in modo duraturo la pace in Europa, per esempio continuando la cooperazione tecnica e finanziaria con gli Stati dell'Europa orientale.

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Approvvigionamento economico del Paese

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Compiti in materia di politica di sicurezza

L'approvvigionamento economico del Paese è una componente della politica economica. A causa della grande dipendenza della Svizzera dall'estero per quanto concerne le materie prime e le fonti energetiche, della produzione nazionale alimentare globalmente insufficiente e dell'assenza di uno sbocco marittimo, è suo compito assicurare l'approvvigionamento del Paese con merci e servizi vitali nel caso in cui l'economia non potesse più farlo essa stessa per circostanze estranee. In seguito all'intensificarsi della concorrenza internazionale, nel commercio, nell'industria e

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nell'agricoltura sono mantenute soltanto scorte minime. Nell'ambito del compito dell'approvvigionamento economico del Paese, lo sforzo principale verte dunque sull'eliminazione di perturbamenti dell'approvvigionamento di origine economica, politica, tecnologica oppure causati da atti di sabotaggio o terroristici oppure dovuti a catastrofi naturali. La garanzia dell'approvvigionamento nel caso in cui la Svizzera fosse direttamente toccata da una guerra o addirittura accerchiata è per contro passata in secondo piano.

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Organizzazione e operato

L'approvvigionamento del mercato incombe all'economia. Ciò non vale soltanto in tempi normali, ma anche nel caso di una crisi, poiché lo Stato non produce, di regola, alcun bene o servizio che copra le necessità quotidiane né ne assicura esso stesso la distribuzione. Esso interviene soltanto in maniera sussidiaria, quando le premesse per il funzionamento regolare delle strutture economiche private non sussistono più e quindi incombe il pericolo di una grave perturbazione dell'approvvigionamento.

Grazie a interventi mirati, crea condizioni quadro che consentono all'economia di assicurare un approvvigionamento il più possibile equilibrato a un livello ridotto, in modo da evitare squilibri economici e tensioni sociali.

Le responsabilità di ordine politico nel settore della garanzia dell'approvvigionamento esigono una cooperazione tra Stato e economia, che si riflette nel sistema di milizia peculiare all'approvvigionamento economico del Paese. A livello federale, questa organizzazione comprende, oltre a un piccolo stato maggiore permanente di funzionari, anche rappresentanti dell'economia. Quando si tratta di eseguire misure di vasta portata che interessano direttamente i consumatori, gli organi dei Cantoni e dei Comuni cooperano. Anch'essi sono organizzati in parte secondo il principio di milizia.

Lo sforzo principale delle attività dell'approvvigionamento economico del Paese verte, nei periodi in cui l'approvvigionamento non è perturbato, sull'analisi permanente della situazione in collaborazione con l'economia, sulla garanzia di scorte adeguate di beni vitali (scorte obbligatorie), sulla sicurezza dei mezzi e delle vie di trasporto sensibili, sulla salvaguardia delle possibilità di comunicazione, sull'esonero dall'obbligo di prestare servizio militare e di protezione per le forze lavorative indispensabili e sulla preparazione di misure per gestire le perturbazioni dell'approvvigionamento (gestione delle crisi). In caso di crisi, si tratta di ristabilire un rapporto equilibrato tra l'offerta e la domanda mediante interventi il più possibile differenziati. In occasione di perturbamento dell'approvvigionamento di beni, si ricorre in primo luogo alle scorte obbligatorie, allo scopo di compensare le lacune di approvvigionamento da parte dell'offerta. Nel contempo, sono incoraggiate le importazioni e,
infine, si provvede a un adattamento della produzione nazionale laddove le condizioni lo consentono. Le limitazioni del consumo entrano per contro in considerazione soltanto in caso di un sottoapprovvigionamento di una determinata entità. A causa della nuova situazione in materia di politica di sicurezza, lo scopo di questa politica d'approvvigionamento non è il raggiungimento di un'ampia autonomia di approvvigionamento, ma il superamento di penurie settoriali.

A causa della crescente globalizzazione dei mercati e della divisione del lavoro su scala planetaria, le crisi di approvvigionamento assumono sempre più una dimensione internazionale. L'integrazione dell'economia svizzera nei mercati globali esige 6613

quindi, laddove possibile, una lotta contro le crisi a livello internazionale. Tuttavia, attualmente la lotta contro le crisi è istituzionalizzata soltanto nel settore degli oli minerali, ambito nel quale l'Agenzia internazionale dell'energia (AIE), un'organizzazione autonoma dell'OCSE, rappresenta un forum adeguato.

I segni di sforzi comuni nel settore della garanzia dell'approvvigionamento civile sono visibili anche nel quadro della parte civile del Partenariato per la pace. L'approvvigionamento economico del Paese partecipa dal 1997 alle commissioni per i trasporti terrestri, la navigazione d'alto mare, l'aviazione civile, l'approvvigionamento di petrolio, l'alimentazione, l'industria e la comunicazione. In queste commissioni l'accento è posto sugli scambi di informazioni e sugli sforzi per coordinare le misure di gestione.

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Protezione dello Stato e polizia

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Compiti in materia di politica di sicurezza

La protezione dello Stato e la polizia sono gli strumenti che garantiscono la sicurezza interna. Sono parte integrante della nostra politica di sicurezza, nella misura in cui servono a lottare contro la violenza di portata strategica che nuoce a parti importanti del Paese e della popolazione. Le attività della polizia nella lotta contro la criminalità e per la tutela della legge e dell'ordine sono di estrema importanza e dovranno essere intensificate a tutti i livelli mediante l'attribuzione dei mezzi necessari, esaminando nel contempo anche eventuali modifiche della ripartizione. La lotta contro la violenza che non raggiunge una portata strategica fa parte della politica di sicurezza cantonale.

Un gruppo di lavoro istituito dal capo del DFGP e al quale partecipano anche i Cantoni, ha constatato, nel suo rapporto intermedio del quale il Consiglio federale ha preso conoscenza, che nel settore degli affari di polizia la struttura federalista del nostro Stato raggiunge i suoi limiti segnatamente nella lotta alla criminalità internazionale e nella gestione dei problemi migratori. Si sta perciò verificando l'intero sistema della sicurezza interna, segnatamente la ripartizione dei compiti tra Confederazione e Cantoni, per accertare se le strutture attuali sono ancora appropriate per quanto riguarda le minacce presenti e prevedibili. È in discussione anche il futuro ruolo del Corpo delle guardie di confine.

Una serie di eventi in relazione con conflitti all'estero ha indicato che, per quanto riguarda la gestione di più eventi contemporanei di vasta portata, i corpi di polizia svizzeri sono giunti ai limiti delle loro capacità quando vi è la necessità di un impiego di lunga durata. In occasione dell'attuale verifica del sistema svizzero di sicurezza interna, questa circostanza dev'essere considerata insieme con i Cantoni.

La protezione dello Stato comprende le misure per garantire la sicurezza interna, segnatamente la salvaguardia delle basi democratiche e dello Stato di diritto della Svizzera, così come la protezione dei diritti della popolazione in materia di libertà individuali. Essa raccoglie informazioni su possibili pericoli per la sicurezza o su attività criminali e prende o propone misure difensive adeguate. Essa è severamente disciplinata dalla legge ed è sottoposta a una direzione e a un
controllo politici stretti. Determinate competenze di polizia giudiziaria della Confederazione (reati contro la protezione dello Stato, reati in materia di esplosivi, spionaggio ecc.), legate ad

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attività di protezione dello Stato, sono esercitate in comune per ragioni organizzative.

I compiti della protezione dello Stato e della polizia in materia di politica di sicurezza sono i seguenti: ­

la protezione dello Stato prende misure preventive allo scopo di riconoscere tempestivamente le minacce da parte del terrorismo, dell'estremismo violento e dello spionaggio proibito, del commercio di armi e di materiale radioattivo proibiti nonché del trasferimento illegale di tecnologie. La protezione dello Stato appoggia anche le autorità di polizia e le autorità penali competenti grazie alle sue conoscenze sul crimine organizzato.

­

La polizia, subordinata principalmente alla sovranità dei Cantoni, garantisce la sicurezza pubblica, la tranquillità e l'ordine nonché la lotta contro la criminalità. La Confederazione coordina la lotta contro la violenza di portata strategica, in particolare gli interventi per gestire eventi che superano i mezzi e le possibilità dei Cantoni. Se la situazione lo esige, essa ne assume la direzione.

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Organizzazione e operato

La direzione delle attività svizzere in materia di protezione dello Stato incombe alle autorità federali, che assumono questo compito in stretta collaborazione con i Cantoni. In questo contesto, lo scambio di informazioni tra Confederazione e Cantoni ha un'importanza decisiva. Lo scambio di informazioni con l'estero è assicurato dalla Confederazione. In seno alla protezione dello Stato, la prevenzione e le attività di polizia giudiziaria sono strettamente legate. Con «prevenzione» s'intendono tutte le misure amministrative e di polizia utili a identificare, osservare e prevenire attività che possano mettere in pericolo la sicurezza interna o esterna della Svizzera. La polizia giudiziaria della Confederazione indaga sui reati sottoposti alla giurisdizione del Tribunale federale. I risultati della prevenzione costituiscono la base e la premessa per lottare contro i reati e perseguirli efficacemente.

Le forze di polizia dei Cantoni assicurano in primo luogo la sicurezza pubblica, la tranquillità e l'ordine e combattono la criminalità. La sussidiarietà dell'impiego di forze federali che scaturisce dalla competenza costituzionale riflette il principio di un lavoro di polizia vicino ai cittadini e ai problemi. La lotta alla criminalità incombe in primo luogo ai Cantoni. La Confederazione crea in questo ambito condizioni quadro favorevoli per i Cantoni a livello internazionale e legislativo e opera nel campo dell'esecuzione mediante il coordinamento, l'informazione e il supporto.

Nel caso di eventi particolari (p. es. catastrofi) che superano le possibilità di un Cantone oppure se i suoi mezzi non sono più sufficienti per mantenere o ristabilire la sicurezza pubblica, i Cantoni si appoggiano reciprocamente nel quadro dei concordati di polizia o di un impiego di polizia intercantonale organizzato e coordinato dalla Confederazione. In situazioni eccezionali, nell'ambito della cooperazione globale flessibile in materia di sicurezza, le autorità civili possono essere appoggiate, a loro richiesta, mediante impieghi sussidiari dell'esercito per garantire la sicurezza pubblica. Le esperienze recenti hanno tuttavia mostrato i limiti di tali impieghi militari. Vi è perciò il provato bisogno di uno strumento federale impiegabile in maniera polivalente.

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Le autorità specializzate di giustizia e polizia dei Cantoni sono principalmente incaricate della lotta operativa al crimine organizzato. In certi casi particolari, l'incarico è assunto da organi di polizia della Confederazione designati appositamente. Il crimine organizzato può essere combattuto efficacemente soltanto se tutte le istanze interessate, segnatamente la prevenzione, la polizia e il perseguimento penale agiscono congiuntamente. La Confederazione assume essenzialmente una funzione di coordinamento e di informazione.

La Confederazione e i Cantoni concordano sul fatto che spesso i mezzi dei singoli Cantoni non sono sufficienti per combattere efficacemente le reti internazionali del crimine organizzato. Il carattere transfrontaliero di questa forma di criminalità rende più difficili inchieste efficaci. In questo settore, la Confederazione dovrà perciò ricevere maggiori competenze per quanto riguarda il perseguimento penale. Inoltre, le funzioni di coordinamento e di informazione degli organi di polizia competenti della Confederazione saranno ampliate, come pure le prestazioni fornite ai Cantoni. Occorre inoltre esaminare, alla luce dei recenti sviluppi, l'allestimento a livello federale di un concetto per la prontezza nell'ambito della polizia.

Sempre di più, la sicurezza interna può essere garantita soltanto mediante una stretta cooperazione internazionale. Un isolamento del nostro Paese creerebbe seri rischi.

La cooperazione in materia di sicurezza con l'Unione europea alla quale mira la Svizzera nei settori della giustizia e della polizia è in fase di realizzazione.

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Informazione e comunicazione

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Compiti in materia di politica di sicurezza

Un'informazione del pubblico veritiera, rapida e comprensibile è della massima importanza in tutte le situazioni. L'informazione e la comunicazione assumono un grande valore come mezzi preventivi di promovimento della pace. Gli organi di informazione statali provvedono affinché le decisioni e le misure delle autorità in materia di politica di sicurezza siano comprese nel Paese e all'estero, affinché il bisogno di informazioni della popolazione sui rischi e sulle opportunità sia soddisfatto e affinché un'eventuale disinformazione sia contrastata tempestivamente da un'informazione obiettiva e adeguata alla situazione. Segnatamente in situazioni particolari si tratta di impedire una dominanza dell'informazione straniera diretta contro i nostri interessi e di creare un adeguato clima d'attenzione per le preoccupazioni del nostro Paese. Tuttavia, anche in situazione normale gli interessi del Paese devono essere comunicati all'estero e l'immagine del nostro Paese all'estero dev'essere curata attivamente; la credibilità della Svizzera è un valore che è necessario promuovere in permanenza. In questo contesto risultano importanti anche lo sviluppo e la tutela di solide reti di relazioni che, in caso di crisi, per esempio in occasione di pressioni, possano essere attivate a favore del nostro Paese.

La rivoluzione dell'informazione e la globalizzazione hanno creato una nuova situazione della quale la comunicazione statale deve tener conto. In generale, per lo Stato sarà sempre più difficile diffondere riflessioni, direttive e informazioni delle autorità non filtrate. Le nuove tecnologie facilitano anche ad attori non statali l'immissione delle loro informazioni nelle reti. Se in tali circostanze vengono perseguiti interessi particolaristici, ciò può contribuire a uno straniamento tra Stato e società, tra politica

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ed economia. Le nuove tecnologie offrono inoltre maggiori possibilità per campagne mirate contro gli interessi del Paese.

I mezzi d'informazione moderni offrono però anche nuove possibilità. In certi Paesi, il controllo statale dell'informazione è stato utilizzato per mantenere l'informazione al livello più basso possibile e soffocare il pluralismo delle opinioni. Le nuove tecnologie rendono più difficili questi interventi politici.

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Organi d'informazione

In situazioni normali, l'informazione delle autorità in materia di politica di sicurezza è diffusa principalmente dai mass media civili. Essa si fonda sugli annunci del Consiglio federale, dei capi dei singoli dipartimenti e del vicecancelliere incaricato dell'informazione. In casi particolari, la Confederazione, i Cantoni e i Comuni informano anche direttamente. La Divisione stampa e radio, uno degli stati maggiori del Consiglio federale, può essere consultata dal Consiglio federale in materia di politica d'informazione. Questo stato maggiore è subordinato al Dipartimento federale di giustizia e polizia, ma riceve i propri mandati dal Consiglio federale.

In situazioni particolari e straordinarie, l'informazione diventa uno dei mezzi di condotta più importanti. Essa presuppone sia decisioni tempestive sia un'accurata valutazione del contesto politico e psicologico nazionale e internazionale nonché spiegazioni convincenti. Qualora vi sia un fabbisogno di informazioni particolarmente elevato, il Consiglio federale dispone, oltre ai mezzi per rivolgersi direttamente alla popolazione, della centrale d'informazione della Cancelleria federale e ­ nel settore dell'allarme e delle direttive tecniche ­ della Centrale nazionale d'allarme. Quando i mass media civili possono adempiere soltanto parzialmente il loro compito oppure vengono a mancare completamente, il Consiglio federale può chiamare in servizio la propria Divisione stampa e radio. La nomina di incaricati speciali per l'informazione (portavoce) del Consiglio federale e/o dell'esercito può imporsi a seconda della situazione.

Per le situazioni particolari e straordinarie, anche i Cantoni dispongono di mezzi d'informazione adeguati. Sono a loro disposizione segnatamente gli studi regionali e le emittenti della SSR. In varie occasioni ha già dato buone prove anche la stretta collaborazione con emittenti private.

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Sicurezza dell'infrastruttura informatica e di comunicazione

L'infrastruttura informatica e di comunicazione della Svizzera è esposta in ogni momento, e non soltanto in situazioni di crisi, a molteplici minacce e rischi. L'obiettivo supremo del Consiglio federale nel settore della sicurezza dell'infrastruttura informatica e di comunicazione è di mantenere le capacità decisionali e operative della Svizzera e di creare condizioni quadro per assicurare il funzionamento della società dell'informazione svizzera.

In ultima analisi, ogni utente della società dell'informazione svizzera assume lui stesso la responsabilità per la sicurezza della propria infrastruttura informatica e di comunicazione. A causa della densità delle reti e dell'interdipendenza dei sistemi nonché dell'utilizzazione parzialmente in comune di infrastrutture, una visione per

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sistemi isolati non è più sufficiente per raggiungere il livello di sicurezza necessario: occorre una visione del sistema globale. A causa dell'importanza strategica globale dell'infrastruttura informatica e di comunicazione per la Svizzera, al Consiglio federale incombe di prendere le misure necessarie in questo campo. Esso può tuttavia raggiungere il suo obiettivo soltanto mediante un approccio coordinato tra Stato, economia e ambienti scientifici. Si aggiunge il fatto che in numerosi settori, le frontiere del sistema globale non coincidono con le frontiere nazionali. Una protezione accresciuta in questi settori può essere quindi ottenuta soltanto mediante la cooperazione internazionale.

Un approccio coordinato per l'insieme della Svizzera richiede un'istanza centralizzata. Lo Stato, l'economia e gli ambienti scientifici devono dapprima creare le pertinenti strutture. Un'azione coordinata è indispensabile segnatamente per identificare le infrastrutture nazionali vitali, per sensibilizzare, formare esperti, rilevare e sorvegliare in permanenza la situazione per quanto riguarda i rischi, per l'individuazione tempestiva e l'allarme, per riunire rapidamente i responsabili nonché per realizzare infrastrutture di sicurezza comuni.

Contemporaneamente, occorre avviare attività e misure globali soltanto laddove un aumento effettivo della sicurezza pare raggiungibile e opportuno. Occorre favorire il miglioramento della sicurezza dell'infrastruttura informatica e di comunicazione da parte di singoli utenti o di gruppi di utenti della società dell'informazione (p. es. le associazioni economiche). Poiché una protezione integrale non può tuttavia essere raggiunta con oneri sostenibili, sulla base di solide analisi dei rischi, sono prese misure di sicurezza appropriate.

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Risorse

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Sistema dell'obbligo di prestare servizio

L'obbligo di prestare servizio ha lo scopo di assicurare, in situazioni particolari e straordinarie, che i bisogni vitali della comunità siano soddisfatti e di permettere l'adempimento di compiti dello Stato che non possono essere svolti in altro modo (contratti di lavoro, impieghi volontari).

A livello di Confederazione esistono l'obbligo di prestare servizio militare e l'obbligo di prestare servizio di protezione. Anche i Cantoni, tenuto conto del diritto federale, possono ordinare servizi obbligatori. Il più diffuso è l'obbligo di prestare servizio nei corpi pompieri, valevole in parte anche per le donne. Altri obblighi di prestare servizio sussistono in alcuni Cantoni per l'aiuto in caso di catastrofe e il servizio sanitario. Il sistema dell'obbligo di prestare servizio comprende anche l'obbligo di continuare ad esercitare le attività professionali abituali (p. es. nel settore della sanità). Infine, resta la possibilità di ordinare servizi obbligatori sulla base del diritto d'emergenza. Non sarà introdotto alcun obbligo generale globale di prestare servizio per tutti i settori della comunità, poiché non vi sono necessità che giustificherebbero un simile drastico passo.

La riforma dell'esercito e la creazione della protezione della popolazione porteranno a modifiche strutturali sostanziali nonché a riduzioni degli effettivi. Il limite d'età per prestare servizio sarà abbassato. Le pertinenti decisioni saranno tuttavia possibili soltanto sulla base dei concetti direttivi per questi due settori. In occasione della definizione del futuro sistema dell'obbligo di prestare servizio, oltre alle necessità 6618

dell'esercito e della protezione della popolazione, dovranno essere considerati anche gli aspetti politici, sociali, demografici, giuridici e finanziari. L'effettivo di personale necessario dev'essere assicurato; per quanto riguarda il servizio, occorrerà mirare alla massima equità possibile.

Elementi che saranno mantenuti Il principio di milizia sarà mantenuto per motivi di politica nazionale e sociale, ma anche per la sua adeguatezza. Esso assicura che la Svizzera possa disporre anche in avvenire di forze qualitativamente e quantitativamente sufficienti, in grado di essere finanziate con i propri mezzi, per garantire il raggiungimento dei propri obiettivi in materia di politica di sicurezza. Tuttavia, ciò presuppone che la società, l'economia e gli strumenti della politica di sicurezza restino compatibili con il sistema di milizia e che, applicando tale principio, possa essere garantito un numero sufficiente di quadri qualificati.

Il servizio militare obbligatorio è mantenuto. La sua organizzazione concreta sarà definita nell'ambito del progetto Esercito XXI. Chi non può conciliare il servizio militare con la propria coscienza compie un servizio civile sostitutivo.

Il servizio di protezione obbligatorio è pure mantenuto. La sua organizzazione concreta sarà definita nell'ambito del progetto «Protezione della popolazione».

La possibilità di esentare dall'obbligo di prestare servizio militare e di protezione a favore del compimento di attività d'interesse pubblico più importanti sarà mantenuta.

I Cantoni potranno continuare a ordinare servizi obbligatori.

Elementi della riforma Il mutamento delle condizioni quadro in materia di politica di sicurezza della Svizzera, non consente soltanto riforme, ma le richiede. Gli elementi della riforma delineati qui di seguito saranno elaborati nell'ambito dei progetti Esercito XXI e «Protezione della popolazione». Le decisioni concernenti l'organizzazione concreta del futuro sistema dell'obbligo di prestare servizio potranno essere prese soltanto quando i fattori essenziali di decisione (compiti, strutture, effettivi, reclutamento del personale, sistema dei servizi, concetto per l'istruzione) nei settori dell'esercito e della protezione civile saranno noti.

Nell'esercito, a causa della prontezza richiesta per determinate sue parti e delle conoscenze tecniche
necessarie per determinate funzioni, non tutti i compiti e le funzioni possono essere coperti efficacemente grazie al solo principio di milizia. È perciò raccomandato un adeguato ampliamento della componente professionale.

Oltre all'attuale sistema di servizi dell'esercito, con un'istruzione di base e corsi di ripetizione, sarà creata la possibilità di effettuare il servizio in un unico periodo e saranno introdotti i cosiddetti «militari a contratto temporaneo». Con l'espressione «militari a contratto temporaneo» s'intendono persone obbligate a prestare servizio militare le quali, dopo aver compiuto i loro servizi obbligatori, s'impegnano per contratto a compiere altri servizi di durata limitata.

Occorre fare in modo che l'obbligo di prestare servizio possa essere assolto o nell'esercito o in un settore della protezione della popolazione. È necessario garantire almeno che le persone obbligate a prestare servizio militare che hanno compiuto il totale obbligatorio di giorni di servizio non siano per principio più obbligate a prestare servizio di protezione. In relazione con l'elaborazione dei concetti direttivi 6619

Esercito XXI e «Protezione della popolazione» saranno esaminate le tre varianti menzionate qui di seguito; l'attuazione di ognuna di esse richiederebbe però una revisione della Costituzione federale: Variante A: Come finora, in occasione del reclutamento le persone obbligate a prestare servizio che per motivi di salute non possono prestare servizio militare, ma possono prestare servizio di protezione, sarebbero assegnate alla protezione della popolazione. Tutte le persone idonee a prestare servizio militare assolverebbero un'istruzione di base orientata alla missione dell'esercito (scuola reclute). In seguito, una parte di loro sarebbe assegnata alla protezione della popolazione. In caso di necessità, anche in seguito sarebbero possibili passaggi dall'esercito alla protezione della popolazione, sempre che l'obbligo di prestare servizio militare non sia ancora totalmente adempiuto.

Variante B: L'assegnazione all'esercito o alla protezione della popolazione avrebbe luogo al reclutamento, in occasione del quale le necessità dell'esercito avrebbero la priorità su quelle della protezione della popolazione. Le persone obbligate a prestare servizio non avrebbero la libera scelta per quanto riguarda la loro assegnazione all'esercito o alla protezione della popolazione; le loro inclinazioni e le loro attitudini sarebbero però adeguatamente considerate. L'istruzione per l'esercito e per la protezione della popolazione sarebbe svolta in seguito separatamente. Per quanto riguarda l'istruzione nell'ambito della protezione della popolazione, lo sforzo principale incomberebbe ai Cantoni e ai Comuni.

Variante C: L'assegnazione all'esercito o alla protezione della popolazione avrebbe luogo al reclutamento, in occasione del quale le persone obbligate a prestare servizio potrebbero scegliere liberamente, fatta salva tuttavia la necessità di coprire gli effettivi sia dell'esercito sia della protezione della popolazione. L'istruzione per l'esercito e per la protezione della popolazione sarebbe svolta in seguito separatamente. Per quanto riguarda l'istruzione nell'ambito della protezione della popolazione, lo sforzo principale incomberebbe ai Cantoni e ai Comuni.

Obbligo di prestare servizio per le donne Le donne svolgono un'attività importante a favore della comunità nell'educazione, nella cura delle persone anziane
e dei disabili nonché in altre attività sociali. Come finora, a livello federale non saranno soggette ad alcun obbligo di prestare servizio.

A livello cantonale, esse sono in parte soggette all'obbligo di prestare servizio nei corpi pompieri.

Le donne possono assumere volontariamente determinati obblighi di prestare servizio. Per tutte le organizzazioni con obbligo di prestare servizio, la partecipazione delle donne dev'essere incoraggiata, non per ragioni d'effettivo, ma perché le loro esperienze specifiche e le loro conoscenze professionali sono indispensabili all'adempimento dei compiti in materia di politica di sicurezza. Le donne che prestano servizio hanno per principio i medesimi diritti e obblighi degli uomini.

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Servizio civile L'ammissione al servizio civile delle persone obbligate a prestare servizio militare ha luogo sulla base di una domanda, nella quale devono essere esposti i motivi di coscienza che si oppongono al servizio militare. Il servizio civile è uno strumento della Confederazione; esso è diretto in maniera centralizzata da un organo federale, ma la sua esecuzione è privatizzata nella misura del possibile. Gli impieghi isolati hanno la priorità sugli impieghi di gruppi.

In situazione normale, il servizio civile contribuisce a migliorare le capacità di prestazione delle istituzioni e ad aiutare persone che operano nel pubblico interesse. In situazioni particolari e straordinarie, appoggia le autorità civili nella fornitura di servizi vitali e nel ripristino di condizioni normali. Anche in futuro, esso disporrà soltanto di una prontezza operativa immediata limitata. Le persone obbligate a prestare servizio civile saranno sempre convocate con un preavviso di alcune settimane e non di qualche ora. In caso di catastrofe, il servizio civile partecipa ai lavori di ripristino soltanto dopo i servizi di salvataggio e, talvolta, soltanto dopo i mezzi della protezione della popolazione e dell'esercito. Esso è richiesto dalle autorità civili e può compiere impieghi di lunga durata sotto la direzione delle autorità civili competenti.

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Finanze

L'assegnazione di mezzi finanziari sufficienti alla politica di sicurezza e ai suoi strumenti è una premessa essenziale per il loro successo. Ciò significa che occorre dapprima esaminare i bisogni dei differenti strumenti nell'ambito dei loro compiti adattati. La disponibilità dei mezzi finanziari, i costi per l'economia e le preoccupazioni in materia di politica occupazionale e regionale non devono a priori portare pregiudizio all'identificazione dei bisogni effettivi e impedire un'analisi sistematica della politica di sicurezza, anche se costituiscono parametri essenziali in occasione dell'attuazione della nostra strategia.

Inoltre, la realizzazione della politica di sicurezza delineata nel presente rapporto dipenderà da un'adeguata ripartizione delle risorse in seno al settore della sicurezza, inglobando la sicurezza interna. Una parziale modificazione della ripartizione è inevitabile per attuare con successo la strategia della «Sicurezza attraverso la cooperazione», sia la cooperazione globale flessibile in Svizzera sia la cooperazione in materia di sicurezza con l'estero. La ripartizione delle risorse dev'essere realisticamente conforme alle minacce, ai rischi e ai pericoli, da un lato per godere dell'appoggio della maggioranza e, dall'altro, per garantire la sicurezza desiderata.

Nell'ambito della nuova perequazione finanziaria, il finanziamento degli strumenti della politica di sicurezza dovrà essere ridefinito. L'attribuzione delle responsabilità e le competenze di finanziamento dovrebbero per principio concordare. Nella pratica, ciò non è tuttavia sempre realizzabile. In ogni caso, l'attribuzione dei compiti e il concetto di finanziamento devono consentire di svolgere efficacemente il compito.

Infine, questioni particolari si pongono nel settore della sicurezza interna e anche della protezione della popolazione, dove la soluzione prevista richiede una nuova ripartizione degli oneri tra Confederazione, Cantoni e Comuni.

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Condotta strategica

La tutela della nostra sicurezza all'interno del Paese e all'estero esige l'impegno e la collaborazione di numerosi strumenti, insediati in vari dipartimenti e a differenti livelli. È perciò necessario coordinare le nostre misure e i nostri mezzi, ma anche la cooperazione transfrontaliera.

Si tratta di riconoscere tempestivamente le modificazioni della situazione in materia di politica di sicurezza, di stabilire, partendo da una visione globale, le priorità per i preparativi e, nel caso in cui un evento si produca, prendere provvedimenti particolari per la gestione della crisi o della situazione straordinaria, affinché i mezzi a disposizione siano impiegati in maniera adeguata, tempestiva e conforme ai bisogni.

Gli strumenti del Paese idonei per la prevenzione e la lotta contro la violenza di portata strategica saranno perciò coordinati da una condotta strategica uniforme, che li verifica costantemente nella loro cooperazione, predispone gli adattamenti necessari e, in caso di bisogno, li impiega conformemente alla situazione. Questa condotta strategica è assicurata a livello nazionale dal Consiglio federale e a livello dei Cantoni dai Governi cantonali. Qualora la situazione esiga, conformemente alla Costituzione federale, la nomina di un comandante in capo dell'esercito da parte del Parlamento, anch'esso, in quanto istanza strategica, entra in funzione conformemente al suo statuto particolare, sotto la condotta del Consiglio federale.

Oggi non sono ancora prevedibili con precisione gli adattamenti necessari al nostro sistema di condotta strategica rispetto all'UE in seguito a ulteriori passi verso l'integrazione. L'invio di rappresentanti presso i pertinenti organi di Bruxelles e la partecipazione integrale all'UE (PESC, giustizia e interni) renderebbero necessarie ulteriori riforme. Le modificazioni delineate nel presente rapporto faciliteranno la loro eventuale attuazione.

Il successo della gestione delle crisi dipende essenzialmente dalla preparazione mentale e tecnica dei Governi e degli organi interessati alle situazioni particolari e straordinarie. È perciò necessario, nell'ambito dell'istruzione strategica, svolgere regolarmente esercitazioni di condotta strategica di dimensioni limitate e con struttura modulare, in occasione delle quali saranno addestrati i capi incaricati della
gestione delle crisi in caso effettivo. In vista di una gestione di crisi al di sotto della soglia bellica e di catastrofi naturali o tecnologiche, è indispensabile un addestramento realistico del coinvolgimento dei Governi cantonali e delle autorità comunali interessati nella preparazione e nell'esecuzione.

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Creazione di un Organo direttivo in materia di sicurezza

Numerosi sono i motivi a favore di un miglioramento degli strumenti di condotta del Consiglio federale in materia di sicurezza. Le sfide nei settori della politica di sicurezza, ma anche della polizia e della giustizia, che interessano la sicurezza dell'individuo sono diventate molteplici e complesse. L'importanza di un'identificazione tempestiva delle minacce, dei pericoli e dei rischi potenziali è aumentata, ciò che pone esigenze più elevate per quanto riguarda l'efficacia, ma anche l'efficienza dei servizi d'informazione e di altri organi che hanno accesso a informazioni rilevanti in materia di sicurezza. La sostituzione dell'attuale difesa integrata con una cooperazione globale flessibile in materia di sicurezza esige uno stretto coordinamento ad

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alto livello, affinché la soppressione di istanze di coordinamento ai livelli subordinati non pregiudichi l'efficienza.

Poiché il Consiglio federale deve essere rafforzato in permanenza nel suo compito di condotta strategica, non sarebbe opportuno fondarsi su un organo esterno all'amministrazione. In occasione degli adeguamenti interni all'amministrazione, occorre fare in modo che la condotta politica resti nelle mani del Consiglio federale e che la responsabilità e le competenze gerarchiche dei dipartimenti siano rispettate.

Per questo motivo, come organo preparatorio di stato maggiore del Consiglio federale, sarà creato un Organo direttivo in materia di sicurezza. Esso sarà subordinato alla Giunta del Consiglio federale in materia di sicurezza e, come membri permanenti, comprenderà oltre ai massimi responsabili gerarchici dei dipartimenti importanti per le questioni in materia di sicurezza, un coordinatore per la cooperazione all'interno dell'amministrazione federale nell'ambito dei servizi d'informazione.

Tale coordinatore disporrà di un ufficio per l'analisi della situazione e l'identificazione tempestiva delle minacce e dei pericoli; egli garantirà che l'Organo direttivo in materia di sicurezza disponga per tempo delle informazioni importanti.

Se necessario, saranno invitati alle sedute dell'Organo direttivo in materia di sicurezza anche membri non permanenti, segnatamente i funzionari superiori dei dipartimenti non rappresentati in permanenza in tale organo nonché gli interlocutori dei Cantoni nei settori della sicurezza interna e della protezione della popolazione.

Inoltre, potranno aggiungersi esperti della Confederazione, dei Cantoni, dell'economia e degli ambiti scientifici.

La presidenza dell'Organo direttivo in materia di sicurezza sarà assunta, secondo un turno annuale, dai massimi rappresentanti permanenti del DFAE, DFGP e DDPS. Il presidente potrà chiedere di essere ascoltato direttamente dal Consiglio federale.

L'Organo direttivo in materia di sicurezza assume i compiti seguenti: ­

provvede a seguire continuamente l'evoluzione della situazione in tutti i settori importanti in materia di sicurezza, analizza e valuta la gamma della violenza nonché le possibili evoluzioni all'interno e nel contesto strategico della Svizzera;

­

riconosce tempestivamente le opportunità e avverte tempestivamente in merito a nuove forme di minaccia, a nuovi rischi e pericoli;

­

elabora scenari, strategie e opzioni destinati al presidente dell'organo direttivo, utilizzando tutte le possibilità per sfruttare le sinergie all'interno e all'esterno dell'amministrazione.

Le proposte al Consiglio federale concernenti misure concrete saranno anche in futuro presentate per il tramite dei dipartimenti, allo scopo di assicurare lo svolgimento normale degli affari. L'attività dell'Organo direttivo in materia di sicurezza non sarà per questo pregiudicata, poiché in esso sono rappresentati i massimi responsabili gerarchici dei dipartimenti.

In seguito alla creazione dell'Organo direttivo in materia di sicurezza, sarà possibile sopprimere lo stato maggiore della difesa, il consiglio della difesa, l'attuale organo direttivo della Giunta del Consiglio federale in materia di sicurezza e la conferenza di situazione.

Mediante la creazione dell'Organo direttivo in materia di sicurezza, il Consiglio federale migliora la supervisione strategica e le capacità operative. Ciò vale in primo 6623

luogo per l'identificazione e l'allarme tempestivi, che saranno rafforzati grazie a un coordinatore dei servizi d'informazione con accesso all'insieme delle informazioni dell'intera Amministrazione federale. La situazione globale elaborata sarà rapidamente comunicata ai massimi responsabili gerarchici e sarà assicurata la sensibilizzazione tempestiva del Governo federale per gli sviluppi importanti in materia di sicurezza. Contemporaneamente, la visione d'insieme ottenuta nell'ambito dell'Organo direttivo in materia di sicurezza terrà conto della distinzione sempre più artificiale tra sicurezza esterna e interna, risultante dal carattere transfrontaliero della maggior parte delle minacce odierne.

Consiglio federale

Giunta del Consiglio federale in materia di sicurezza Presidenza: capo del DFAE, DFGP, DDPS, secondo un turno annuale

Presidenza Massimi responsabili gerarchici del DFAE, DFGP, DDPS, secondo un turno annuale

Organo direttivo in materia di sicurezza Membri

Membri non permanenti ed esperti

Membri

Coordinatore SI

Ufficio per l'analisi della situazione e l'identificazione tempestiva Servizi d'informazione e altre fonti d'informazioni dei dipartimenti

Anche la capacità e la velocità di reazione della condotta strategica dal punto di vista organizzativo e materiale sarà rafforzata. La composizione dell'Organo direttivo in materia di sicurezza garantisce che le opzioni operative elaborate per il Consiglio federale in seno all'organo siano solidamente fondate e attuabili senza indugi.

In questo contesto, si tratta segnatamente di concentrare le forze e di porre accenti mediante strutture ad hoc riferite al caso specifico. Il Consiglio federale evita così di vincolare in permanenza mezzi e la cristallizzazione delle strutture, ciò che è indispensabile a causa della crescente variabilità del profilo delle minacce e dei pericoli.

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Situazione normale, particolare e straordinaria

Per poter reagire in maniera adeguata alle minacce e ai pericoli, è opportuno classificarli in funzione del tempo, della probabilità della loro apparizione e degli sforzi necessari per affrontarli.

Finora ciò era avvenuto con l'ausilio dei concetti di situazione normale (normalità), crisi (evento perturbatore con un potenziale strategico considerevole di pericoli o di danni, che non può essere gestito con le tecniche usuali di risoluzione dei problemi) e situazione straordinaria (situazione considerata minacciosa per gran parte degli abitanti di una regione, che perturba massicciamente o impedisce una vita normale e che può perciò legittimare l'applicazione del diritto d'emergenza).

Una simile scala di concetti sarà necessaria anche in futuro per l'elaborazione della strategia in materia di politica di sicurezza nonché per la pianificazione e l'esecuzione delle misure. Tuttavia, le sue basi si sono radicalmente modificate dalla fine della guerra fredda. Con la scomparsa di una minaccia militare di vasta portata in Europa e l'acuirsi di minacce e pericoli puntuali, spesso non militari, la probabilità dell'apparizione di una situazione straordinaria è talmente diminuita che non può più essere determinante per le strutture, la condotta e le attività normative nell'ambito della politica di sicurezza. In luogo della situazione straordinaria, ha acquistato importanza la cosiddetta situazione particolare. Si tratta di una situazione nella quale certi compiti dello Stato non possono più essere gestiti con le procedure amministrative normali. A differenza della «situazione straordinaria», le attività del Governo sono però interessate soltanto in maniera settoriale. La situazione particolare è caratterizzata dalla necessità di razionalizzare le procedure e di concentrare rapidamente i mezzi.

In avvenire, per la classificazione delle minacce e dei pericoli nonché dei mezzi (o delle combinazioni di mezzi) e delle procedure per gestirli saranno utilizzati i concetti di situazione normale, situazione particolare e situazione straordinaria. Le strutture esistenti per la situazione normale saranno mantenute fintanto che ciò è possibile.

L'elaborazione delle proposte concernenti i preparativi e le strutture per le situazioni particolari e straordinarie incombe all'Organo direttivo in materia di sicurezza.

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Ruolo e importanza dei Cantoni e dei Comuni

Il nostro sistema federalista esige una cooperazione partenariale tra Confederazione, Cantoni e Comuni. La Costituzione federale regola le competenze della Confederazione e dei Cantoni. I Cantoni sono sovrani nella misura in cui la loro sovranità non è limitata dalla Costituzione federale. I Cantoni decidono l'organizzazione dei Comuni e la loro autonomia.

I Cantoni hanno una funzione importante nella politica di sicurezza perché costituiscono, con i Comuni, il legame tra la Confederazione e la popolazione. Un impegno efficace da parte loro è indispensabile per il successo delle misure in materia di politica di sicurezza. La politica di sicurezza cantonale è strettamente connessa alla politica di sicurezza della Confederazione, ma esse non coincidono totalmente. Per i Cantoni sono prioritarie minacce quali le catastrofi e la messa in pericolo della sicurezza pubblica. L'impiego dei mezzi cantonali e le organizzazioni cantonali di condotta sono orientati a tali minacce e pericoli.

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La scarsa probabilità di un conflitto di vasta portata in Europa ha relativizzato il ruolo della condotta nazionale centralizzata per gli impieghi all'interno del Paese. I pericoli e i rischi di natura non politico-militare, con conseguenze prevalentemente locali e regionali, sono passati in primo piano. Gli impieghi di natura militare o civile condotti in maniera centralizzata per la difesa contro minacce strategiche sono diventati meno probabili rispetto agli impieghi sussidiari a favore di autorità cantonali, regionali o comunali. Di conseguenza vi è un margine di manovra per una maggior delega di compiti ai Cantoni e ai Comuni.

Nel contempo, a livello nazionale e internazionale vi è però la necessità inversa di una maggiore uniformità nella presenza e di una coerenza e una centralizzazione accresciute della condotta strategica. Le esigenze concernenti le capacità operative del Consiglio federale nei confronti dell'esterno sono aumentate. Il ritmo e l'intensità dei processi decisionali aumentano rapidamente, con o senza nuovi legami istituzionali della Svizzera.

Affinché la libertà d'azione delle autorità politiche resti assicurata in situazioni particolari e straordinarie, occorre una chiara ripartizione dei compiti tra Confederazione, Cantoni e Comuni. Il genere e la dimensione della minaccia in materia di politica di sicurezza sono determinanti per l'attribuzione dei compiti e quindi per la sovranità delle competenze. Se una situazione straordinaria lo richiede, le sovranità delle competenze devono tuttavia poter essere anche adeguate in funzione delle circostanze. Il diritto d'urgenza e il diritto d'emergenza lo consentono. Per gli strumenti principali della politica di sicurezza è applicata la seguente attribuzione dei compiti: Sovranità delle competenze

Settore

Confederazione

Condotta strategica a livello nazionale Politica estera e politica economica esterna Esercito

Cantoni

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Approvvigionamento economico del Paese Protezione dello Stato (sicurezza interna a livello di Confederazione) Protezione della popolazione

Osservazioni

Partecipazione dei Cantoni se le loro competenze o i loro interessi sono coinvolti.

A causa del principio di milizia, una sovranità cantonale in materia militare dev'essere mantenuta per considerazioni di politica nazionale e di difesa psicologica. La sua organizzazione dipende dalla riforma dell'esercito.

I Cantoni e i Comuni hanno compiti d'esecuzione.

Supporto con mezzi di polizia da parte dei Cantoni.

Alla Confederazione incombe la legislazione superiore. Essa stabilisce norme uniformi in determinati settori e partecipa direttamente in certi ambiti. Per determinati eventi, le fun-

Sovranità delle competenze

Settore

Polizia (sicurezza interna a livello di Cantone) Entrambi, nei loro rispettivi settori

Politica economica

Politica d'informazione Sistemi di comunicazione

Osservazioni

zioni di coordinamento o di condotta sono mantenute a livello federale.

Coordinamento da parte della Confederazione nella misura in cui concerne la difesa e la lotta contro la violenza di portata strategica.

La politica economica cantonale deve rispettare le opzioni della Confederazione.

I concetti di base sono elaborati dalla Confederazione.

Lo scambio di informazioni è una premessa essenziale per una gestione in comune delle situazioni straordinarie.

Per l'organizzazione di condotta sono responsabili, per principio, i settori che dispongono della competenza per l'impiego.

Riassumendo, occorre constatare che le misure in materia di politica di sicurezza sono di regola realizzate in maniera integrata, sotto la responsabilità del partner più competente e idoneo, e che esiste un margine di manovra per una maggiore delega di compiti a Cantoni e Comuni; la condotta sarà tuttavia assicurata dalla Confederazione per tutti gli eventi e tutte le situazioni di importanza nazionale o internazionale.

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Prospettive

L'ultimo rapporto del Consiglio federale sulla politica di sicurezza della Svizzera, pubblicato nel 1990, portava il titolo «La politica di sicurezza della Svizzera in un mondo in trasformazione». Esso rappresentava una reazione a quella che allora, per l'Europa, era ancora una svolta strategica molto recente. La situazione e la sua probabile evoluzione sono state riassunte in quattro scenari di base in materia di politica di sicurezza. Lo scenario «Sicurezza grazie all'intesa e alla cooperazione», all'epoca non era molto di più di una speranza. Lo scenario «Ritorno al confronto e apparizione di nuovi pericoli» appariva leggermente più realistico ed esigeva il mantenimento di un'adeguata prontezza difensiva. Tuttavia, la Svizzera ha avviato immediatamente dei passi per abbandonare l'atteggiamento difensivo, ragionevole e necessario fino al 1989, e quindi uscire dall'isolamento della guerra fredda. Abbiamo partecipato a iniziative di pace della comunità internazionale per la gestione delle crisi e la stabilizzazione di regioni agitate. Senza ignorare la possibilità di un ritorno al confronto, con Esercito 95 è stata avviata una massiccia riduzione del nostro potenziale militare.

Oggi facciamo un ulteriore passo significativo. Esso è determinato dall'evoluzione della minaccia e dalla gestione parsimoniosa delle risorse, ma anche dalle opportunità che ci sono offerte dal nuovo contesto strategico. Ci impegniamo con convinzione per un ampliamento della cooperazione in materia di politica di sicurezza con 6627

le organizzazioni internazionali e gli Stati esteri, nella misura in cui ciò è consentito dalla neutralità, alla quale restiamo fedeli. Il motivo principale di questo orientamento risiede nel fatto che i rischi sono in primo luogo originati dalla violenza transfrontaliera, che i singoli Stati, malgrado sforzi importanti, sono in grado di prevenire soltanto parzialmente o addirittura non sono in grado di prevenire affatto.

Le possibilità che si offrono oggi in questo contesto e i nostri sforzi in tale direzione non devono però indurre a trascurare i compiti importanti che si presentano a livello nazionale e che possiamo adempiere autonomamente. Anzi, essi devono essere svolti mediante una cooperazione globale flessibile di tutti i mezzi civili e militari idonei. La difesa integrata, emanazione della guerra fredda, può e deve oggi lasciare il posto a un sistema orientato ai pericoli attuali e che impiega di volta in volta i mezzi più adeguati.

Entrambe le componenti della futura politica di sicurezza, la cooperazione all'interno e quella con l'estero, esigono una nuova ponderazione e, in parte, anche una riorganizzazione di parte degli strumenti in materia di politica di sicurezza. Nel quadro definito con il presente rapporto e sulla base dei compiti assegnati, è necessario verificare le riforme avviate finora, sviluppare nuovi concetti direttivi e raggiungere la prontezza operativa richiesta con la massima rapidità consentita dalle basi legali e dalle circostanze. Non dobbiamo nemmeno esimerci dall'affrontare con nuovi metodi di condotta, nuove tecniche e uno spostamento degli accenti per quanto riguarda l'impiego delle risorse, le minacce e i rischi identificati mediante un sistema migliorato di identificazione tempestiva e di preallarme.

Il Consiglio federale è consapevole del fatto che il processo psicologico e materiale avviato con il presente rapporto richiederà tempo ed esigerà segnatamente dai Cantoni, che dovranno assumere una maggiore corresponsabilità in materia di politica di sicurezza, la soluzione di singoli gravi problemi. È pure consapevole del fatto che le rapide trasformazioni odierne rendono più difficile l'elaborazione di soluzioni e strutture durature. Apparenti certezze in materia di politica di sicurezza devono essere costantemente verificate. Il Consiglio federale conta
perciò sul fatto che il passaggio a una nuova e moderna politica di sicurezza per il nostro Paese sarà appoggiato da tutta la popolazione, uomini e donne, e che essa continuerà ad accettare le grandi sfide e contribuirà a gestirle in funzione della propria parte di responsabilità. La salvaguardia della sicurezza del Paese e della popolazione nei confronti di una gamma molteplice e instabile di rischi e di pericoli, ma anche lo sfruttamento delle opportunità che si presentano, giustificano il nostro massimo impegno.

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Elenco delle abbreviazioni AC: AELS: AIE: AIEA: BERD: CEE/ONU: CENCOOP: CFE: CJTF: CSI: DDPS: DFAE: DFGP: EAPC: AELS: FMI: IFOR: INF: ISN: NATO: OCSE: OIL: OMC: OMS: ONU: OPWC OSCE: PARP: PESC: PfP: PNUS: SALT: SEE: SFOR: SI: START: UE: UEO: UNSCOM: USA:

atomico-chimico Associazione europea di libero scambio Agenzia internazionale dell'energia Agenzia internazionale dell'energia atomica Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo Commissione economica (dell'ONU) per l'Europa Central European Peacekeeping Initiative Trattato sulle forze armate convenzionali in Europa Combined Joint Task Force (Gruppi operativi interforze multinazionali) Comunità di Stati Indipendenti (ex URSS) Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport Dipartimento federale degli affari esteri Dipartimento federale di giustizia e polizia Consiglio di Partenariato Euro-Atlantico Associazione europea di libero scambio Fondo monetario internazionale Implementation Force (Bosnia-Erzegovina) Intermediate Nuclear Forces International Relations and Security Network Organizzazione del Trattato dell'Atlantico del Nord Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico Organizzazione internazionale del lavoro Organizzazione mondiale del commercio Organizzazione mondiale della sanità Organizzazione delle Nazioni Unite Organizzazione internazionale per la proibizione delle armi chimiche Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa Processo di pianificazione e di revisione Politica estera e di sicurezza comune (dell'UE) Partenariato per la pace Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo Strategic Arms Limitation Talks Spazio economico europeo Stabilisation Force (Bosnia-Erzegovina) Servizi d'informazione Strategic Arms Reduction Talks Unione europea Unione dell'Europa Occidentale United Nations Special Commission (for Irak) Stati Uniti d'America

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Definizione dei concetti fondamentali Capacità di crescita

Capacità di aumentare in maniera flessibile e tempestiva la presenza, la prontezza d'impiego, la disponibilità e la resistenza dei mezzi operativi, segnatamente dell'esercito, quando la situazione lo richiede. La crescita può essere selettiva, scaglionata oppure avvenire in una sola volta.

Combined Joint Task Forces (Gruppi operativi interforze multinazionali)

Gruppi di forze costituiti per determinati impieghi e comprendenti elementi provenienti da parecchi Stati ed Armi (esercito, aeronautica, marina). Nell'ambito delle Combined Joint Task Forces, anche gli Stati che non aderiscono all'Alleanza Atlantica o all'Unione dell'Europa Occidentale hanno la possibilità di partecipare a operazioni guidate dalla NATO o dall'UEO.

Continuum in materia di politica di pace

Gamma di misure reciprocamente complementari che possono essere prese dagli Stati o dalla comunità internazionale per prevenire i conflitti armati, gestire le crisi, far cessare i conflitti armati e impedire la loro estensione. Comprende segnatamente la diplomazia preventiva, i buoni uffici, la mediazione, l'impiego di osservatori militari, di osservatori civili di polizia e di osservatori in occasione di elezioni, le operazioni militari di sostegno alla pace, il sostegno alla democratizzazione e alla ricostruzione di società danneggiate dalla guerra.

Cooperazione globale flessibile in materia di sicurezza

Una delle componenti principali della strategia svizzera in materia di politica di sicurezza. Essa definisce, caso per caso, la collaborazione e il coordinamento dei nostri mezzi in materia di politica di sicurezza, conformemente alle esigenze della situazione concreta di minaccia. Per combattere la violenza di portata strategica, nell'ambito della cooperazione globale flessibile in materia di sicurezza sarà concordato un impiego dosato, preventivo o reattivo e adeguato alla situazione, di tutti i mezzi idonei della Svizzera in collaborazione tra Confederazione, Cantoni e Comuni, laddove ciò è indicato anche unitamente a misure dell'economia.

Diplomazia preventiva

Misure diplomatiche aventi lo scopo di prevenire il sorgere di controversie tra le singole parti, di impedire che le divergenze esistenti sfocino in conflitti aperti e, qualora si dovesse giungere a tali conflitti, di limitarli.

Diritti umani

I diritti umani sono diritti propri a ogni persona. I diritti umani sono il riconoscimento della dignità e della libertà di decisione della persona. Tradizionalmente si distingue tra diritti civili, politici, economici, sociali e culturali. Tali diritti sono tuttavia riconosciuti come universali, inscindibili e correlati.

Dissuasione

Strategia dell'effetto deterrente fondato sulle capacità di difesa e di resistenza. In tal modo, si intende rendere evidente per ogni avversario potenziale che, nel caso di un 6630

attacco contro la Svizzera, il rapporto tra il profitto al quale mira e il rischio da correre sarebbe estremamente sfavorevole. La Svizzera ha perseguito questa strategia durante il XX secolo, prima della guerra fredda in maniera inespressa, in seguito esplicitamente.

Esercito di milizia

Esercito costituito in prevalenza di militari che prestano servizio sulla base dell'obbligo generale di prestare servizio militare e non come militari di professione; di regola il servizio è scaglionato su un certo periodo di tempo.

Gamma delle missioni di Petersberg

Gamma delle missioni in materia di politica di sicurezza dell'Unione Europea, che comprende missioni umanitarie e impieghi di salvataggio, missioni di mantenimento della pace e impieghi di combattimento in occasione della gestione delle crisi, incluse le misure per rafforzare la pace. La gamma delle missioni di Petersberg corrispondono alle questioni che interessano la sicurezza dell'Unione europea designate nel Trattato di Amsterdam del 2 ottobre 1997, articolo J. 7 capoverso 2, secondo il quale l'Unione può ricorrere, per l'adempimento delle missioni in questione, ai servizi dell'UEO. La denominazione trae la sua origine dalla Riunione ministeriale dell'UEO avvenuta il 19 giugno 1992 a Petersberg presso Bonn.

Gestione delle crisi

Somma di tutte le misure politiche, economiche e militari prese per gestire una situazione critica o serie tensioni tra Stati.

Sforzi politici per sottoporre crisi acute a una gestione delle crisi a lunga scadenza.

Globalizzazione

In origine, concetto economico che designava la crescente integrazione a livello internazionale dei mercati dei beni, dei capitali e del lavoro. Il concetto è però sempre più applicato anche alla crescente interconnessione e interdipendenza in altri settori.

Nella politica di sicurezza, la globalizzazione si esprime tra l'altro nel fatto che pure i conflitti armati in aree geograficamente lontane possono avere conseguenze dirette sulla Svizzera (p. es. un aumento del numero dei richiedenti d'asilo o disturbi all'approvvigionamento).

Interoperabilità

Capacità delle forze armate di cooperare con forze armate di altri Stati. Tale capacità è particolarmente importante in vista di impieghi in comune. L'interoperabilità si riferisce segnatamente alla condotta, all'istruzione, all'equipaggiamento, alla struttura e alle procedure.

Minaccia

Messa in pericolo dei nostri interessi e dei nostri obiettivi in materia di politica di sicurezza che ha la sua origine in intenti o attività di persone, gruppi di persone, Stati o gruppi di Stati. Tali intenti o attività possono avere uno scopo ostile (p. es.

attacco militare) oppure lo scopo di utilizzare la nostra infrastruttura, senza alcun riguardo per le conseguenze nocive (p. es. crimine organizzato).

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Neutralità

Non partecipazione di uno Stato a conflitti armati tra Stati. La neutralità permanente di uno Stato è il suo principio in materia di politica estera, vincolante già in tempo di pace, di non partecipare a scontri bellici, consolidato in un particolare statuto giuridico secondo il diritto internazionale pubblico. Essa è incompatibile con la partecipazione ad alleanze che, a determinate condizioni, obbligano a fornire assistenza militare e ad autorizzare basi militari straniere.

Organo direttivo in materia di sicurezza

Organo preparatorio del Consiglio federale nell'ambito della sicurezza avente i compiti seguenti: seguire in permanenza la situazione nei settori rilevanti in materia di sicurezza, valutare la gamma delle minacce e i possibili sviluppi nel contesto strategico; individuare e allarmare tempestivamente per quanto riguarda le nuove forme di minaccia e i pericoli potenziali per la Svizzera, per il nostro contesto strategico e i nostri interessi; elaborare opzioni operative nel settore della sicurezza all'attenzione del Consiglio federale; coordinare gli affari in materia di politica di sicurezza all'interno e all'esterno dell'amministrazione federale (segnatamente con i Cantoni), specie in situazioni particolari; verificare il fabbisogno, l'entità, l'efficacia e il successo dei preparativi, delle misure e delle attività nel settore della sicurezza.

Pericoli esistenziali

Gravi minacce dell'identità, degli interessi e dell'esistenza dello Stato, della popolazione e delle sue basi vitali.

Pericolo

Minaccia dei nostri interessi e dei nostri obiettivi in materia di politica di sicurezza che ha la sua origine in sviluppi o eventi naturali, tecnologici, sociali o politicomilitari e può danneggiare gli Stati, le persone e le loro basi vitali. I pericoli possono esistere indipendentemente dal fatto che dietro di essi si celino intenzioni ostili.

Politica di sicurezza

Insieme di tutte le misure statali per la prevenzione e la gestione dirette e indirette della minaccia o dell'uso della violenza di portata strategica contro la Svizzera, la sua popolazione e le sue basi vitali.

Politica estera e di sicurezza comune

Elemento dei Trattati di Maastricht (1993) e di Amsterdam (1997) sull'Unione Europea, che ha lo scopo di armonizzare e integrare la politica estera e di sicurezza dei singoli Stati dell'Unione. A lunga scadenza, nell'ambito della politica estera e di sicurezza comune è previsto lo sviluppo di una politica di difesa comune, atta a portare a una difesa comune.

Polivalenza

Capacità di uno strumento di gestire numerosi compiti differenti.

Prevenzione generale

Di regola, sforzi a lunga scadenza intesi a impedire già l'insorgere di cause di conflitto. Comprende segnatamente la cooperazione allo sviluppo.

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Prevenzione particolare

Misure per la riduzione di potenziali acuti di conflitto. I mezzi comprendono, tra l'altro, l'aiuto ai profughi e ai deportati, l'aiuto alla ricostruzione, il promovimento dei diritti umani, dello Stato di diritto e della democrazia, la smobilitazione e la reintegrazione dei combattenti, le riforme della polizia.

Protezione della popolazione

Struttura civile per la condotta, la protezione e l'aiuto, che tutela la popolazione, le sue basi vitali e i beni culturali in occasione di catastrofi naturali e tecnologiche, in altre situazioni d'emergenza e in caso di minacce politico-militari. La protezione della popolazione rientra in primo luogo nelle competenze dei Cantoni e dei Comuni e copre i seguenti settori: il salvataggio, la lotta antincendio e il ripristino, la salvaguardia dell'infrastruttura tecnica, la protezione e l'assistenza, la sanità e il servizio sanitario nonché la logistica.

Rischio

Il rischio è il prodotto di un possibile danno (causato da un pericolo o da una minaccia) e della probabilità che esso si verifichi.

Schengen (Accordi di)

Accordi firmati nel 1985 nella località viticola di Schengen (Lussemburgo) da Belgio, Germania, Francia, Lussemburgo e Paesi Bassi. L'accordo e l'accordo esecutivo di Schengen riguardano l'abolizione graduale dei controlli alle frontiere comuni e l'introduzione della libera circolazione dei cittadini appartenenti agli Stati firmatari, a tutti gli altri Stati dell'Unione nonché a Paesi terzi. All'Accordo di Schengen hanno aderito in seguito l'Italia (1990), la Spagna e il Portogallo (1991), la Grecia (1992), l'Austria (1995), la Svezia, la Finlandia e la Danimarca (1996). Con il Trattato di Amsterdam, questi Accordi sono diventati di competenza dell'UE, vale a dire che sono stati «comunitarizzati».

Sicurezza

La sicurezza può essere considerata ricorrendo all'abituale distinzione tra sicurezza interna e sicurezza esterna. La sicurezza interna è coinvolta quando sono minacciate la solidità e l'affidabilità delle istituzioni politiche costituzionali dello Stato, l'ordinamento fondamentale democratico e liberale dello Stato, il funzionamento regolare di tali istituzioni, nonché la sicurezza degli abitanti della Svizzera. La sicurezza esterna è coinvolta quando sono minacciate la solidità e l'affidabilità dell'indipendenza di uno Stato, la sua capacità di difendere le proprie frontiere e il proprio ordinamento costituzionale nei confronti dell'esterno nonché la sua buona intesa con altri Stati. Tuttavia, le questioni riguardanti la sicurezza interna ed esterna sono sempre più connesse. Ne risulta una complessità crescente delle questioni in materia di sicurezza e la necessità di un coordinamento efficace.

Sicurezza del territorio e difesa

Parte della missione dell'esercito in materia di politica di sicurezza. Già al di sotto della soglia bellica, l'esercito sorveglia lo spazio aereo svizzero, protegge i settori di frontiera minacciati, i settori strategicamente importanti nonché le trasversali e le installazioni vitali. Esso contribuisce in tal modo alla sicurezza e alla stabilità in Svizzera e nelle aree circostanti. Se il nostro Paese è minacciato militarmente, l'eser6633

cito difende la popolazione, il territorio e lo spazio aereo e procura al Governo la massima libertà di manovra. Se necessario, esso è autorizzato dalle autorità federali ad assicurare la difesa anche alleandosi con altri Stati.

Situazioni Situazione normale: situazione nella quale le procedure amministrative normali sono sufficienti per gestire i problemi e le sfide emergenti.

Situazione particolare: situazione nella quale determinati compiti dello Stato non possono più essere gestiti con le procedure amministrative normali. A differenza della «situazione straordinaria», l'attività governativa è tuttavia interessata soltanto in maniera settoriale. È tipica la necessità di concentrare rapidamente i mezzi e di razionalizzare le procedure.

Situazione straordinaria: situazione nella quale le procedure amministrative normali non sono più sufficienti per gestire i problemi e le sfide in numerosi ambiti e settori, per esempio in caso di catastrofi naturali che colpiscono gravemente tutto il Paese oppure in caso di eventi bellici.

Sostegno alla pace

Corrisponde all'espressione inglese «peace support operations» e comprende un'ampia gamma di misure civili e/o militari idonee a consolidare la pace, a far cessare i conflitti armati e a impedire che riesplodano.

Strategia

Riflessioni, azioni e comportamenti di carattere fondamentale concernenti questioni in materia di politica di sicurezza. Le opzioni per la nuova strategia della cooperazione globale flessibile in materia di sicurezza in Svizzera e della cooperazione internazionale in materia di sicurezza sono i nostri principi politici nazionali nonché i nostri obiettivi e i nostri interessi in materia di politica di sicurezza.

Sussidiarietà

Il principio della sussidiarietà significa che l'impiego in Svizzera degli strumenti della politica di sicurezza avrà luogo a un livello il più basso possibile e, per quanto riguarda l'esercito, a livello possibilmente civile. Si esamina sempre in particolare la questione a sapere se, sulla base delle altre possibilità operative nazionali, cantonali o comunali, un impiego dell'esercito è effettivamente giustificato. Alla sussidiarietà sono strettamente legati i principi della proporzionalità e della necessità. In tal senso, le formazioni militari, su richiesta delle autorità civili, possono essere impiegate quando i mezzi civili disponibili di tutti i livelli non sono in grado, dal punto di vista del personale, del materiale e del tempo, di gestire la situazione di minaccia.

Violenza di portata strategica

Elemento della politica di sicurezza svizzera. È considerata tale la violenza che interessa in misura considerevole lo Stato e la società. Comprende segnatamente le operazioni militari contro la Svizzera, le pressioni economiche e politiche, il crimine organizzato su vasta scala, il terrorismo e l'estremismo violento, ma anche le catastrofi naturali o tecnologiche. Gli atti di violenza che colpiscono singole persone (p.

es. l'omicidio, l'effrazione, il furto), fatta salva la seconda frase della presente definizione, non sono considerate come violenza di portata strategica e fanno parte dell'ambito autonomo della politica in materia di polizia.

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Indice Compendio

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1 Introduzione

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2 Necessità e scopo di un nuovo rapporto 21 Che cosa è cambiato dal 1990?

211 Mutamenti del nostro contesto 212 Evoluzione della politica di sicurezza della Svizzera 22 Conseguenze fondamentali

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3 Rischi e opportunità 6569 31 Gamma delle minacce e dei pericoli 6569 311 Diminuzione dei fattori di minaccia militare tradizionali 6569 312 Aumento dei conflitti interni 6570 313 Proliferazione delle armi di distruzione di massa e dei sistemi d'arma a lunga gittata 6570 314 Limitazioni della libertà di commercio e pressioni economiche 6571 315 Sviluppi economici, sociali ed ecologici 6571 316 Sviluppi tecnologici importanti in materia di politica di sicurezza 6573 317 Minaccia nei confronti dell'infrastruttura informatica e di comunicazione 6574 318 Terrorismo, estremismo violento, spionaggio, criminalità e crimine organizzato 6575 319 Evoluzione demografica, migrazioni 6577 32 Strutture internazionali di sicurezza 6578 321 Nazioni Unite 6578 322 Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa 6579 323 Unione europea e Unione dell'Europa Occidentale 6580 324 NATO, Partenariato per la pace e Consiglio di Partenariato Euro-Atlantico 6582 325 Consiglio d'Europa 6583 326 La posizione degli altri Stati neutrali europei nella struttura di sicurezza europea 6584 327 Trattati sul disarmo e misure internazionali di controllo 6585 328 Altre strutture rilevanti in materia di politica di sicurezza 6586 33 Rischi e opportunità per la sicurezza della Svizzera 6587 4 Interessi e obiettivi

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5 Strategia 51 Principi e linee direttrici in materia di strategia 511 Compiti strategici 512 Mantenimento della neutralità e utilizzazione coerente del margine di manovra offerto dal diritto della neutralità 52 Componenti principali della nostra strategia 521 Cooperazione globale flessibile in materia di sicurezza all'interno del Paese

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522 Cooperazione in materia di sicurezza con l'estero 53 Giustificazione della nostra strategia nei confronti di altre alternative 54 Conseguenze di un'adesione all'Unione europea 541 Conseguenze in materia di politica di sicurezza 542 Conseguenze nei settori della giustizia e degli interni 55 Conseguenze in materia di politica di sicurezza di un'adesione all'ONU

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6 Strumenti 61 Politica estera 611 Compiti in materia di politica di sicurezza 612 Promovimento della pace, diplomazia preventiva e gestione delle crisi 613 Politica dei diritti umani 614 Disarmo e controllo degli armamenti 615 Diritto internazionale umanitario 616 Cooperazione allo sviluppo, cooperazione con l'Europa dell'Est e aiuto umanitario 617 Politica di neutralità 62 Esercito 621 Compiti in materia di politica di sicurezza 622 Realizzazione dei compiti 623 Prestazioni dell'esercito 63 Protezione della popolazione 631 Compiti in materia di politica di sicurezza 632 Organizzazione e operato 64 Politica economica 641 Compiti in materia di politica di sicurezza 642 Organizzazione e operato 65 Approvvigionamento economico del Paese 651 Compiti in materia di politica di sicurezza 652 Organizzazione e operato 66 Protezione dello Stato e polizia 661 Compiti in materia di politica di sicurezza 662 Organizzazione e operato 67 Informazione e comunicazione 671 Compiti in materia di politica di sicurezza 672 Organi d'informazione 673 Sicurezza dell'infrastruttura informatica e di comunicazione

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7 Risorse 71 Sistema dell'obbligo di prestare servizio 72 Finanze

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8 Condotta strategica 81 Creazione di un Organo direttivo in materia di sicurezza 82 Situazione normale, particolare e straordinaria 83 Ruolo e importanza dei Cantoni e dei Comuni

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Elenco delle abbreviazioni

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Definizione dei concetti fondamentali

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