N° 41

FOGLIO

1849

FEDERALE

Anno XLVII Berna, 15 ottobre 1964 Volume I Si pubblica di regola una volta la settimana. Abbonamento anno fr. 12.--, con alle¬ gata la Raccolta delle leggi federali. _-- Rivolgersi alla Tipografia Grassi e Co. S.A., a · Bellinzona (Telefono 5 18 71) -- Conto corrente postale 65-690.

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MESSAGGIO del

Consiglio federale all'Assemblea federale concernente l'approvazione della convenzione di Vienna del 24 aprile 1963 sulle relazioni, consolari (Dell'8 settembre 1964)

Onorevoli signori Presidente e Consiglieri, Ci pregiamo di presentarvi per l'approvazione la convenzione' sulle re¬ lazioni consolari e il relativo protocollo di firma facoltativa concernente il regolamento obbligatorio delle controversie. I due testi sono il risultato della Conferenza delle Nazioni Unite, tenuta in Vienna dal 4 marzo al 22 aprile 1963.

^ I. Preparazione della Conferenza La convenzione di Vienna sulle relazioni consolari si fonda, come quella del 18 aprile 1961 sulle relazioni diplomatiche, in un disegno elaborato dalla Commissione delle Nazioni Unite del diritto delle genti, di cui era relatore particolare il professor Jaroslav Zourek (Cecoslovacchia). Conformemente a una raccomandazione di questa, l'Assemblea generale delle Nazioni Unité, con risoluzione 1685 (XVI) del 18 dicembre 1961, convocava una Conferenza internazionale per esaminare un disegno d'articoli concernenti le relazioni e immunità consolari e per conchiudere in questa materia lina o parecchie convenzioni. Questa Conferenza veniva aperta il 4 marzo 1963 a Vienna nella Neue Ilofburg.

Foglio federale, 1964.

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1850 II. Partecipazione della Svizzera alla Conferenza Il 22 febbraio 19G3 risolvemmo d'accettare l'invito del Segretario gene¬ rale delle Nazioni Unite alla Svizzera di partecipare alla Conferenza. Le ra¬ gioni clic c'indussero a questa risoluzione sono uguali a quelle per le quali avevamo partecipato alla Conferenza di Vienna del 1961 sulle relazioni diplo¬ matiche (cfr. nostro messaggio del 22 feb. 1963, FF 1963,1, ediz. ted. pag. 241, ediz. frane, pag. 245).

HI. Struttura e contenuto della convenzione di Vienna sullo relazioni consolari.

1. I principi del diritto consuetudinario in materia di relazioni con¬ solari sono molto meno sviluppati e sicuri di quello concernente le relazioni diplomatiche. Il numero delle sue regole, la cui applicazione sia .generale e in¬ contrastata, è molto ristretto. Esse concernono per lo più l'esenzione dei fun¬ zionari consolari dalla giurisdizione quanto ai negozi compiuti nell'esercizio delle loro funzioni e l'inviolabilità degli archivi consolari. Circa quest'ultima va anche ricordató l'obbligo dello Staio di residenza di proteggere le stanze consolari e le bandiere adoperate dai posti consolari.

Laddove là codificazione del diritto diplomatico era notevolmente facili¬ tata dall'esistenza di regole consuetudinarie generali, ormai consacrate da un uso più che centenario, la Commissione del diritto internazionale dovette, nel caso del diritto consolare, confrontare le fonti da considerarsi, valutarne l'importanza e assegnare a ciascuna un ufficio adeguato nell'ordinamento del diritto consolare. Considerato che la codificazione del diritto consuetu¬ dinario non avrebbe condotto che a un disegno incompleto, e quindi privo di ogni utilità pratica, la Commissione si vide costretta a fare capo alle dispo¬ sizioni degli accordi internazionali, specialmente degli accordi consolari bi¬ laterali, accogliendo quelle cui un'applicazione ripetuta dava carattere d'uso generale. Per i punti rimasti controversi od oscuri dopo lo spoglio delle fonti consuetudinarie e convenzionali, essa si valse della pratica dei singoli Stati, .

quale risulta dalle prescrizioni di diritto interno sull'ordinamento dei servizi consolari e sullo stato giuridico dei consoli stranieri.

Il disegno d'articoli elaborato dalla Commissione usciva dunque non meno dal concetto del progressivo sviluppo
del diritto internazionale, che da quello della codificazione' di tale diritto. Certo, il primo criterio non era assente neppure dal disegno della medesima Commissione sulle relazioni e immunità diplomatiche, tuttavia erano pochi i punti sui quali l'ordinamento previsto differiva da una mera codificazione del diritto consuetudinario.

Il compito'della Commissione fu particolarmente arduo nel campo dei privilegi e delle immunità, dato lo. sviluppo insufficiente del diritto interna¬ zionale generale. La determinazione d'uno staio di privilegio, che fosse idoneo a permettere il libero esercizio delle funzioni consolari non doveva, data la

1851 natura della stessa, condurre a una parificazione dei funzionari consolari ai funzionari diplomatici, la cui prima qualità è di rappresentante ufficiale dello Stato accreditante nello Stato accreditatario. D'altra parte, la Commis¬ sione non poteva semplicemente ignorare lo sviluppo della pratica interna¬ zionale, che tende, se non a uguagliare affatto lo stato consolare a quello diplomatico, almeno ad elevarlo e avvicinarlo a questo. Quest'evoluzione, riflessa in numerosi accordi bilaterali, tiene particolarmente conto del¬ l'ufficio importante che oggi s'assegna assai sovente al posto consolare, allor¬ ché'lo Stalo d'invio non possiede nello Stato di residenza, o non vi possiede ancora una missione diplomatica. La Commissione, pur mantenendo la diffe¬ renza fondamentale tra l'uno stato e l'altro, andava più in là di quanto ri¬ chiedesse una traslazione esatta delle regole consuetudinarie nella conven¬ zione.

Ma il compromesso tra queste esigenze opposte, attuato dalla Commis¬ sione, fu contestato dalla Conferenza. Le agevolezze, i privilegi e le immunità, che questa stabilì in fine nella convenzione, risultano più ristretti di quelli previsti nel disegno. La maggioranza delle delegazioni, pur non intendendo frenare l'evoluzione del diritto consolare moderno, era stata del parere che potcvasi convenientemente adeguare alle condizioni, nell'ambito di questa evoluzione, lo stato di privilegio proposto dalla commissione, dato che certi privilegi e immunità, da essa assegnati nel disegno al posto consolare e ai membri dello stesso, non erano assolutamente necessari all'esercizio delle funzioni consolari.

Le modificazioni apportate alle disposizioni del disegno concernenti le relazioni consolari in-generale (stabilimento, condotta e cessazione delle rela¬ zioni consolari) sono per lo più intese a consacrare in un accordo generale le diverse pratiche degli Slati in questa materia. Esse completano in taluni punti il testo della Commissione e chiariscono la portata di certe regole non contrastate nella loro sostanza.

In generale, la Conferenza s'è sforzata d'adottare per quanto possibile una terminologia che corrispondesse a quella della convenzione di Vienna del 18 aprile 1961 sulle relazioni diplomatiche. Quest'armonizzazione concerne in particolare il capo sui privilegi e sulle immunità. Essendo,
certi concetti del diritto diplomatico, comuni al diritto consolare, s'è cercato di formulare le regole che li consacrano in maniera uguale a quella adoperata in quella convenzione.

Nelle due Commissioni e nelle sedule plenarie furono presentate dalle diverse'delegazioni più. di quattrocentotrenta proposte di modificazioni. Gli autori le ritirarono in maggior parle a favore del testo della Commissione, tuttavia il dliscgno d'articoli risultò molto più modificato che non quello per la convenzióne sulle relazioni diplomatiche.

La convenzione di Vienna sulle relazioni consolari consta di settanta¬ nove articoli, ripartiti in cinque capi. I primi tre capi concernono le relazioni consolari in generale (art. 2 a 27), le agevolezze, i privilegi e le immunità

1852 relativi al posto consolare, i funzionari di carriera e gli altri membri del posto (art. 28 al 57) e l'ordinamento applicabile ai funzionari onorari e ai posti da essi diretti (art. 58 a 68). I due ultimi capi contengono le disposizioni generali (art. 69 a 73) e quelle finali (art. 74 a 79).

I titoli dei capi, delle sezioni e degli articoli, proposti dalla Commissione, furono mantenuti. Tenuto conto del numero considerevole degli articoli, essa s'era prefissa di procurare uno strumento chiaro e maneggevole.

Facciamo seguire un esame più minuto delle disposizioni particolar¬ mente importanti della convenzione.

2. L'ingresso, dovuto a una proposta comune di cinque paesi afro-asiatici (Ceylon, Ghana, India, Indonesia, Repubblica Araba Unita), riproduce quasi interamente il testo di quello della convenzione di Vienna sulle relazioni di¬ plomatiche. In particolare il capoverso sesto è identico al quinto di quest'ul¬ timo, che era stato stabilito in conformità d'una proposta svizzera. Sebbène in diritto consolare il riferimento al diritto consuetudinario è di gran lunga meno importante che in diritto diplomatico, non è inutile poiché pone un principio per la soluzione delle questioni non toccate nella convenzione.

D'altra parte, il capoverso quinto ricorda felicemente che i privilegi e le im¬ munità non tendono ad' avvantaggiare persone singole, .ma ad assicurare 1' adempimento efficace delle funzioni consolari. Trattasi, in altre parole, d'una prescrizione d'interpretazione restrittiva delle disposizioni concernenti i pri¬ vilegi e le immunità del posto consolare e i membri dello stesso.

L'articolo i contiene le definizioni. La locuzione «posto consolare», nel capoverso 1, lettera a, è stata sostituita alla parola «consolato» contenuta nel disegno della Commissione, per evitare confusione tra il significato ge¬ nerale e quello particolare che essa potrebbè avere; la parola «consolato» si¬ gnifica soltanto ancora ùn posto consolare di tale grado. In generale, le defi¬ nizioni contenute in questo articolo corrispondono, miitatis mutandis, a quelle dell'articolo 1 della convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche.

Differiscono tuttavia in maniera speciale su due punti.

Contrariamente che per la missione diplomatica, le stanze consolari non comprendono la residenza del capo del posto
consolare; devono, in oltre, essere adoperate esclusivamente ai fini di quest'ultimo (n. 1, iett. j). Una mo¬ dificazione proposta da tre Stati (Repubblica fed. di Germania, Giappone e Nigeria) per comprendere nel concetto di stanze consolari anche la residenza del capo non otteneva, alla fine d'un lungo dibattito, la maggioranza richiesta di due terzi, essendo stata sostenuta soltanto da 29 delegazioni contro un al¬ trettanto numero di voci.

D'altravparte, la Conferenza,.seguendo in questo punto il parere della Commissione, stimò conveniente inserire nella convenzione la definizione di «archivio consolare» (n. 1, lelt. li), che in vece non trovasi in quella sulle re¬ lazioni diplomatiche. Questa definizione molto completa conviene alle odier¬ ne condizioni poiché, con le carte, i documenti, la corrispondenza; i libri e i

1853 registri, comprende le pellicole cinematografiche e i nastri magnetici del po¬ sto consolare, come anche il mateiiale crittografico, gli schedari e la mobilia destinata a conservarli.

Come la convenzione sulle relazioni diplomatiche, questa non contiene una definizione della famiglia del membro del posto consolare. La Confe¬ renza, come quella del 1961, non potè giungere a un accordo sul significato della parola «famiglia», attese le differenze sostanziali di concetto in questa materia negli Stati dei cinque continenti. Mancando una definizione, i pi'oblémi clic sorgessero a questo riguardo dovranno essere risolti secondo il diritto comnsùetudinario e, in particolare, secondò gli usi locali.

L'articolo 2 conferma il principio che lo stabilimento di relazioni conso¬ lari tra due Stati avviene per mutuo consenso (n. 1). Questo consenso è per altro implicito nel consenso a stabilire delle relazioni diplomatiche, semprccliè gli Stati interessati non dispongano altrimenti (n. 2). Secondo il numero 3, la rottura delle relazioni diplomatiche non determina ipso facto quella delle relazioni consolari. Trattasi d'una regola ripetutamente confermata nella pratica internazionale.

Secondo l'articolo 4, per l'apertura d'un posto .consolare nello Stalo di residenza è necessario il .consenso di questo Stato (cpv. l)v Poiché la sede, la classe e la circoscrizione del posto consolare sono detcrminate d'intesa tra lo Stalo d'invio e lo Stato di residenza, non possono essere mutate senza il consenso di quest'ultimo (n. 2 e 3). Il suo consenso è anche necessario per l'apertura d'un viceconsolato o d'una agenzia consolare, da parte d'un consolato o d'un consolato generale, in un luogo diverso da quello in cui sia esso stesso stabilito, e per l'apertura d'un ufficio appartenente al posto con-' solare fuori della sede di questo (n. 3 e 4).

L'articolo 5 concerne le funzioni consolari. La Conferenza doveva sce¬ gliere tra un elenco non limitativo, suggerito dalla Commissione, e una for¬ mula generale, proposta da due Stati (Canada e Paesi Bassi). Questa preve¬ deva soltanto due funzioni (tutela dei diritti e degli interessi dello Stato d'in¬ vio e dei suoi cittadini e assistenza di questi ultimi) ; per il rimanente rinviava ai compiti previsti negli accordi consolari bilaterali o a quelli il cui esercizio è
compatibile con la legislazionc'dello Stato di residenza. Gli autori di questa proposta giudicavano che le funzioni assegnate ai posti consolari è così mol¬ teplice da non permettere un'enumerazione compiuta e sarebbe quindi pre¬ feribile una fòrmula generale. La Conferenza non condivise questa veduta e si determinò con grande maggioranza per la soluzione proposta nel disegno.

Il concetto su cui poggia la proposta canado-olandese fu, per altro, accolto: secondo la lèttera m, i funzionari consolari possono, oltre i compiti menzio¬ nati nelle lettere da aal, esercitare ogni altra funzione prevista negli accordi vigenti tra lo Stato d'invio e quello di residenza e quelle che non sono vietate dalle leggi o altre prescrizioni giuridiche dello Stato di residenza o alle quali questo non s'opponga. . ·

1854 Il partito preso della Conferenza è effettivamente il migliore. Non po¬ tendo nominare tutti i compiti consolari a cagione della loro molteplicità, era nondimeno coveniente indicare nella convenzione i più importanti. Vero è clic, da questa, s'attende specialmente la determinazione delle regole con¬ cernenti le relazioni e le immunità;'ma sarebbe rimasta incompleta se non avesse contenuto un riferimento alle funzioni che ordinariamente sono affi¬ date ai posti consolari. L'articolo 5 fa riscontro all'articolo 3 della conven¬ zione di Vienna sulle relazioni diplomatiche, nel quale sono annoverati i compiti più importanti della missione diplomatica. L'elenco dell'articolò 5 può inoltre essere utile ai nuovi Stati, cui manca sovente l'esperienza nel campo delle relazioni consolari, perchè vi troverebbero un compendio della attività consolare.

D'altra parte, giova considerare che trattasi d'una convenzione quadro, la quale non tocca in questo campo gli altri accordi internazionali (cfr.

art. 73). Gli Stati rimangono liberi di disciplinare bilateralmente la natura e l'ampiezza delle funzioni consolari in conformità delle circostanze e degli interessi vicendevoli.

In fine, va osservato che certi compiti potranno essere esercitati solo se non contravvengono alla legislazione dello Stato di residenza. Questa re¬ strizione concerne le competenze di notariato e di stato civile (lett. /), la tu¬ tela degli interessi dei cittadini dello Stato d'invio negli affari di successione, tutela e curatela (lett. g e li),, la rappresentanza in giudizio dei.cittadini dello Stato d'invio impediti di far valere in tempo utile i, loro diritti e interessi1 (lett. i), la trasmissione di atti giudiziali e l'esecuzione delle commissioni ro¬ gatorie (lett. /). La riserva della compatibilità di queste funzioni con il di¬ ritto dello Stato di residenza è conforme al diritto consuetudinario. Il profes¬ sor Zourelc, che era stato invitato a spiegare innanzi alla prima Commissione le disposizioni dell'articolo 5, poneva in rilievo come qualche funzione con, solare poggi su una pratica molto antica e non potrebbe essere vietata dallo.

Stato di residenza; così, in particolare, la protezione degli interessi dello Stato d'invio e dei suoi cittadini, il promovimento delle relazioni, commerciali tra lo Stato d'invio e quello di
residenza e l'assistenza ai cittadini dello Stato di invio. Certe funzioni, in vece, sorte per lo più in tempi più recenti, possono essere esercitate soltanto se non sono contrarie alla legislazione dello Stato di residenza; tali, in particolare, quelle previste nelle lettere f, g, li, i e j. Oc¬ corre avvertire che la disciplina stabilita nell'articolo 5 è conforme alla legi¬ slazione e alla pratica svizzere, poiché le funzioni non ammesse sul territorio della Confederazione cadono anche sotto la riserva prevista nelle lettere sum¬ menzionate.

Secondo Varticolo 7, lo Stato d'invio può affidare a un posto consolare l'adempimento di compiti consolari su un altro Stato diverso da quello di residenza. Esso deve però notificarlo agli Stati interessati; se uno di essi non fosse consenziente* .dovrà opporsi espressamente.

1855 L'articolo 8 concerne il caso in cui un posto consolare sia incaricato di compiti consolari nella sua circoscrizione da uno Stato terzo; lo Stato di re¬ sidenza può per altro opporsi. Questa situazione differisce da quella prevista nell'articolo 18, secondo il quale un funzionario consolare ò nominato da due o più Stati, con'riserva del consenso dello Stato di residenza. Secondo l'arti¬ colo, il posto consolare, ancorché incaricato dell'adempimento di compiti consolari per uno Stato terzo, è esclusivamente un organo dello Stato d'invio.

In vece, il funzionario consolare nominato da due o più Stati, di cui al¬ l'articolo 18, è un organo di ciascuno di essi; quindi si avranno due o più Stati d'invio, anzi che uno. Una disposizione analoga all'articolo 18 è contenula nell'articolo 6 della convenzione di Vienna del 18 aprile 1961 sulle rela¬ zioni diplomatiche.

L'articolo 9 prevede quattro classi di posti consolari, ossia quelle di: console generale, console, viceconsole e agente consolare. Una proposta sviz¬ zera d'escludere gli agenti consolari (secondo la nostra pratica non sono capi di posti consolari in senso proprfo) non fu accolta. È stato invece in¬ serito nella convenzione (art. 69), per suggerimento della delegazione sviz¬ zera, una disposizione sullo stato degli agenti consolari che non sono capi di · posti consolari.

Secondo l'articolo 11, il capo d'un posto consolare dev'essere provveduto d'una lettera patente o d'un atto simile, che attesti la sua qualità e indichi, .di regola, i suoi nomi e cognome, la sua categoria e classe, la circoscrizione consolare e la sede del posto consolare (n. 1). A questo scritto può essere so¬ stituita una notificazione dello Stato d'invio allo Stato di residenza (n. 3).

L'articolo 12 concerne l'excquatur. Trattasi del permesso d'esercitare le funzioni di capo d'un posto consolare, accordato dallo Stato di residenza (n.

1). Lo Stato che neghi l'excquatur non è tenuto a comunicarne il motivo allo Stato d'invio (n. 2). Questa disposizione, proposta dall'Argentina e accolta a grande maggioranza, corrisponde all'articolo 4, numero 2, della convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche, secondo il quale lo Stalo accreditatario non è tenuto a comunicare a quello accreditante le ragioni del diniego d'un gradimento. S'aggiunga che il capo d'un posto
consolare non può entrare in ·funzione prima d'avere ricevuto l'excquatur (n. 3).

L'articolo 15 concerne l'esercizio temporaneo delle funzioni di capo di un posto consolare. Il gerente interinale, sostituito al capo del posto, qua¬ lora questo sia impedito d'esercitare le sue funzioni oppure il posto sia va¬ cante, è nominato secondo il libero apprezzamento'dello Stato d'invio. Lo.

Stato di residenza può tuttavia opporsi alla nomina d'una persona che non sia un agente diplomatico o un funzionario consolare dello Stato d'invio nello Stato di residenza (n. 2). Il gerente interinale è sottoposto alle disposizioni della convenzione come il capo del posto consolare (n. 3). Se è membro del personale diplomatico della missione dello Stato d'invio nello Stato di resi-

1856 denza, può pretendere di continuare a godere dei privilegi e delle immunità diplomatiche (n. 4).

Secondo l'articolo 17, il compimento d'atti diplomatici da parte di fun¬ zionari consolari è possibile solo a certe condizioni. Occorre che lo Stato di invio non abbia una missione diplomatica nello Stato di residenza, nò vi sia rappresentato da quella d'uno Slato terzo, e che lo Stato di residenza accon¬ senta. Per altro, il funzionario consolare considerato non avrà diritto ai privilegi e alle immunità diplomatiche (n. 1). È, infatti, da notarsi che qui si parla di compimento d'atti diplomatici e non d'esercizio di funzioni diplo¬ matiche. Questa locuzione restrittiva è stata adoperala a disegno, trattandosi., d'una situazione eccezionale, poiché generalmente i funzionari consolari non solo abilitati a funzioni diplomatiche.

Secondo il numero 2, i funzionari consolari possono rappresentare lo Stato d'invio anche in qualsiasi organizzazione intergovernativa. Come tali, hanno diritto ai privilegi e alle immunità generalmente spettanti ai rappre¬ sentanti in simili organizzazioni. A proposta della delegazione britannica, la Conferenza ha nondimeno ristretto la condizione privilegiata dei funzionari consolàri che operino in tale qualità, stabilendo che l'immunità di giurisdi¬ zione, di, cui godono nell'esercizio delle funzioni consolari, rimane determi-' nata dalla presente convenzione. La delegazione svizzera criticava questa norma, perchè prevede una duplice condizione di privilegio. Giova osservax*e a questo riguardo, che, secondo la legislazione e la pi'atica svizzera, i funzio¬ nari consolari, i quali rappresentino i lox-o Governi a organizzazioni ixxtex-governative in Svizzex-a, ^godono, in ogni caso, di privilegi e immunità molto ampi.

L'articolo 20 sull'effettivo del pex'sonale del posto consolare cox-risponde all'articolo 11, numero 1, della convenzioxxe di Vienna sulle relazioni diplo¬ matiche.

Secondo l'articolo 22, i funzionaxi consolali devono, di xcgola, essexe cittadini dello Stato d'inyio (n. 1). L'articolo ammette però subito due ecce¬ zioni: possono essere nominati funzionari consolali anche cittadini dello Stato di residenza, o cittadini d'uxxo Stato terzo che non siano anche cittadini dello Stato d'invio, riservato il consenso dello Slato di residenza, il quale può i-cvocaiio
in ogni tempo (n. 2 e 3).

Nonostante le eccezioni ammesse, la regola stabilita nel numero 1 è stata vivamente avversata da parecchi Stati, in particolare da quelli scandinavi, i cui funzionari consolari sono per lo più oxxorari e non possiedono la citta¬ dinanza dello Stato d'invio. L'articolo 8 della convenzione sulle relazioni di¬ plomatiche prevede del resto un ordinamento analogo.

L'articolo 23 introduce nel diritto coixsolare il tex-mine di persona non grata, desunto dal diritto diplomatico. Esso, tuttavia, è applicabile soltanto ai funzionari consolari; gli altri membxi del posto consolàx'e possono esclu¬ sivamente essere dichiarati non accettabili (n. 1). Lo Stato di residenza che

1857 consideri persona non grata un funzionario consolare, oppure non accettabile un altro.membro, del posto consolare, non-è tenuto a comunicare allo Stato d'invio le ragioni della sua risoluzione (n. 4). Quest'ultima disposizione ha avuto origine da una proposta comune delle delegazioni svizzera e austriaca, accettata senz'opposizione dalla Conferenza. Esse intendevano concedere allo Stato di residenza la più grande libertà d'azione ed evitare tra lo Stato d'invio e quello di residenza ogni domanda di spiegazioni e ogni discussione, clic potessero cagionare un conflitto. Una disposizione analoga è contenuta nell' articolo 9 della convenzione sulle relazioni diplomatiche.

. L'articolo 25 menziona i casi più importanti di cessazione delle funzioni di membro d'un posto consolare.

L'artìcolo 27 concerne la protezione delle stanze e dell'archivio consolari e degli interessi dello Stato d'invio nel caso di rottura delle relazioni consolari (n. 1) e nel caso di chiusura temporanòa o definitiva d'un posto consolare (n.2).

L'articolo 29 disciplina l'uso, da parte dello Stato d'invio, della bandiera e degli stemmi suoi. Essi possono essere collocati sull'edificio occupato dal posto consolare, sulla residenza del capo d'un posto consolare e sui suoi mezzi di trasporto quando sono adoperati per i bisogni del servizio (n. 2). .

Questi diritti accordati allo Stato d'invio non possono essere esercitati che nell'ambito delle leggi, dei regolamenti e degli usi dello Stalo di residenza (n. 3). Tale limitazione, la qiiale non ha riscontro nella convenzione sulle relazioni diplomatiche, era stata proposta in comune dalle delegazioni della Svizzera e di nove altri paesi e fu accolta a grande maggioranza.

La disciplina prevista nell'articolo 29 del testo presente corrisponde alla pratica vigente in Svizzera. La disposizione che vuole si tenga conto delle leg¬ gi, dei regolamenti e degli usi dello Stato di residenza nell'impiego delle ban¬ diera e dello stemma, permetterà alle autorità federali e cantonali di preve¬ nire ogni abuso. L'articolo 30 concernente l'abitazione fa riscontro all'articolo 21 della convenzione di Vienna del 1961. Il dovere dello Stalo di residenza di prestare soccorso a quéllo d'invio nella x'icerca di stanze consolari o d'abitazioixi è xina novità in diritto consolare. Tuttavia, l'acquisto
di stanze occorrexxti a un posto consolare sul territorio dello Stato di residenza da parte dello Stato d'invio pixò avvenire soltaixto nell'ambito della legislazione locale. Questo ar¬ ticolo, che non sembra possa cagionare difficoltà dal pi'ofilo svizzero, agevo¬ lerà allo Stato d'invio la ricei*ca di staxxze coxxsolari o d'abitazione per i mem¬ bri dei posti consolari, xxegli Stati dove le axxtorità possono intervenire effi¬ cacemente in questo campo.

L'articolo 31 prevede l'inviolabilità, delle stanze consolari. Anche qui la regola è nuova in materia coixsolaxe, non prevedendo finora, il diritto consue¬ tudinario, che l'inviolabilità dell'archivio consolare. S'avverta, per altro, che,

1858 rispetto l'inviolabilità di cui godono le stanze delle missioni diplomatiche, questa immunità ha un'importanza limitala. Secondo il numero 2, essa con¬ cerne soltanto le stanze adoperate esclusivamente per l'attività del posto con¬ solare. Le autorità dello Stato di residenza non possono accedere a questa parte delle stanze, che con il consenso del capo del posto consolare, della persona da lui designata o del capo della missione diplomatica dello Stato d'invio. Simile consenso può presumersi in casi d'incendio o d'altro sinisti'O che richieda misure di protezione immediate.

Veramente non sarebbe stato necessario menzionare espressamente nella convenzione questa eccezione alla regola dell'inviolabilità, poiché essa corri¬ sponde al diritto internazionale comune. Parecchie delegazioni, compresa quella svizzera, avevano rilevato l'inopportunità di simile disposizione, in particolare perchè un'interpretazione letterale dell'articolo 31, numero 2, in correlazione con l'articolo 21 della convenzione sulle relazioni diplomati¬ che, la quale non prevede quest'eccezione, potrebbe far inferire che l'invio¬ labilità delle stanze della missione diplomatica è tale da dover essere rispet¬ tata anche nel caso d'incendio o d'altro grave sinistro. Ma la maggioranza delle delegazioni, temendo che, nel silenzio della convenzione, il capo d'un posto consolare possa opporsi all'accesso delle autorità dello S lato di resi¬ denza nelle, stanze consolari per spegnervi un incendio, hanno preferito sta¬ bilire esplicitamente un'eccezione, ancorché generalmente ammessa.

Il disegno della commissione prevedeva che la mobilia, i beni e i mezzi di trasporto dei posti consolari non potessero essere requisiti, sequestrati né assoggettati a misure d'eseciizione. La Conferenza giudicando eccessiva tale immunità, ne restringeva la portata e ammetteva esclusivamente l'esenzione dalla requisizione ai fini della difesa nazionale o dell'utilità pubblica. Per contro, ammetteva che queste stanze, mobilia, beni e mezzi di trasporto pos¬ sano essere espropriate per i medesimi fini, ma a una duplice condizione: lo Stato di residenza deve, dall'un lato, prendere tutte le disposizioni appro¬ priate per evitare che sia posto ostacolo alle funzioni consolari; dall'altro, deve pagare senz'indugio un'indennità adeguata ed effettiva allo
Stato di invio (n. 4). Questa disposizione ò importante poiché rende espressamente applicabili in diritto consolare una regola del diritto nelle genti, desunta dal campo della responsabilità internazionale.

L'artìcolo 32 stabilisce l'esenzione fiscale delle stanze consolari e della residenza del capo d'un posto consolare, clic sia funzionario consolare di carriera.

L'articolo 33 conferma la'rególa consuetudinaria dell'inviolabilità del¬ l'archivio e dei documenti consolari. Essa è quanto più ampia poiché li tutela in ogni momento e luogo. Come per l'archivio e i documenti d'una missione diplomatica (cfr. art. 24 della convenzione di Vienna'del 1961), lo Stato di residenza potrà effettivamente rispettare affatto l'inviolabilità, soltanto se l'archivio e i documenti portino un contrassegno visibile, il quale permetta d'identificarli subito.

1859 L'articolo 35 concernente la libertà di comunicazione dei posti consolari è stabilito sul modello dell'articolo 27 della convenzione sulle relazioni diplo¬ matiche. Tuttavia, sebbene il posto consolare, comunicando per ogni fine uf¬ ficiale con il Governo, le missioni diplomatiche e gli altri posti consolari dello Stato d'invio, ovunque si trovino, possa adoperare tutti i mezzi appropriati di comunicazione (corrieri, valigie, messaggi crittografici), le agevolezze, i pri¬ vilegi e le immunità, di cui godono in questa materia, sono, per certi riguardi, più ristretti di quelli riconosciuti alle missioni diplomatiche.

Numero 1: Per evitare gli abusi che potrebbero essere cagionati dall'im¬ piego di corrieri e di valigie da parte di posti consolari diretti da funzionari consolari onorari, la delegazione svizzera aveva proposto di restringere il diritto di farne uso alle comunicazioni del posto consolare con il Governò e le missioni diplomatiche dello Stato d'invio, escludendo gli altri posti con¬ solari. Più tardi, secondo un suggerimento dato dalla delegazione italiana, modificava la proposta, includendo i posti consolari situati nello Stato di residenza. L'emendamento svizzero era però respinto a una larga maggio¬ ranza dalla seconda commissione. La delegazione riprèndeva la questione in seduta plenaria, durante l'esame delle disposizioni concernenti l'ordinamento dei funzionala consolari onorari. Per sua iniziativa, veniva introdotta nella convenzione una norma, secondo la quale lo scambio delle valigie consolari tra due posti consolari situati in paesi differenti e diretti da funzionari conso¬ lari onorari è ammesso soltanto con riserva del consenso dei due Stali di resi¬ denza (art. 58, n. 4). Si noterà, in oltre, che il posto consolare, non può, senza il consenso dello Stato di residenza, impiantare e adoperare un posto radio¬ fonico emittente.

Il numero 2 prevede clic la corrispondenza ufficiale del posto consolare relativa a quest'ultimo e alle sue funzioni ò inviolabile.

I numeri 3 e 4 concernono' la valigia consolare. Il posto consolare ò au¬ torizzato.a valersi di valigie diplomatiche o consolari e di corrieri diploma¬ tici' o consolari. Queste nozioni, per altro, non sono definite nella conven¬ zione. È evidente che il corriere consolare è quegli che porta la valigia con¬ solare e
il corriere diplomatico è quegli ' che -porta la valigia diploma¬ tica; tuttavia, l'articolo 35, non più che l'articolo 1, non dà una distin¬ zione tra i due generi di valigia. Dispiace che gli Stati presenti alla Confe¬ renza non abbiano potuto accordarsi su una definizione generalmente accet¬ tabile, dato che la valigia consolare non soggiace allo stesso ordinamento della valigia diplomatica. Secondo il numero 4, essa può contenere soltanto la corrispondenza ufficiale e i documenti od oggetti destinati esclusivamente a un uso ufficiale; laddove, la valigia diplomatica ha un contenuto più largo, poiché accoglie i documenti diplomatici o gli oggetti destinati a un uso uf¬ ficiale. Inoltre, secondo il numero 3, le autorità dello Stato di residenza pos¬ sono, se abbiano seri motivi di credere che la valigia contenga oggetti diversi dalla corrispondenza/dei documenti e degli oggetti suddetti, domandare che la valigia sia aperta. La valigia diplòmatica, in vece, non può essere aperta nò trattenuta in alcun caso.

1860 Il numero 5 concerne il corriere consolare. Lo Stato di residenza può opporsi dell'impiego d'un suo cittadino come corriere consolare e fruisce del medesimo diritto riguardo a un residente permanente'clic non sia citta¬ dino dello Stato d'invio. Nell'esercizio delle sue funzioni, il corriere conso¬ lare gode dell'inviolabilità personale: egli non può essere arrestato, nò dete¬ nuto. Questa disposizione fu criticata dalla delegazione svizzera e da altre; in vero, il numero 5 accorda al corriere consolare uno stato privilegiato più ampio di quello di cui godono il capo d'un posto consolare e i funzionari con¬ solari; quest'ultimi, come vedremo, fruiscono d'una inviolabilità personale limitata. Ma la Conferenza ha stimato che l'ufficio di corriere consolare, co¬ me quello di corriere diplomatico, è di tale importanza, che i corrieri devono godere in tale, funzione, d'una inviolabilità personale totale.

Il numero 6 concerne il corriere consolare ad hoc.

Il numero 7 prevede che la. valigia consolare possa essere affidata al comandante d'un aeromobile commerciale o d'un naviglio. Egli però non gode d'alcuna immunità, non essendo considerato corriere consolare.

L'articolo 36 relativo alla comunicazione d'un posto consolare con i cit¬ tadini dello Stato d'invio è una delle disposizioni più importanti, se non la più importante, della convenzione. Essa sollevò' dei dibàttili molto lunghi in seno alla, seconda commissione e nella seduta plenaria. L'articolo approvato dalla commissione, ma respinto dalla Conferenza, fu reinti'odolto qualche giorno dopo da due gruppi di delegazioni e accettato alla vigilia della chiusura della Conferenza.

Il disegno d'articolo della Commissione del diritto internazionale, sul quale fondasi il presente articolo 36,.prevedeva tre diverse situazioni. In¬ nanzi tutto, prevedeva in maniera generale il diritto dei funzionari consolari di comunicare con i cittadini'dello Stato d'invio e di recarsi da loro, e una uguale libertà per questi ultimi (n. 1, lett. a). In oltre, esso impoùeva alle autorità dello Stato di residenza il dovere d'avvertire senza indugio il posto consolare allorché, nella circoscrizione di questo, un cittadino dello Stato d'invio fosse incarceralo o detenuto, e di trasmettere al posto consolare le co¬ municazioni di tale cittadino (n. 1, lett. b). In fine,
disponeva che i funzio¬ nari consolari avessero diritto di recarsi dal cittadino dello Stato d'inviò, al¬ lorché fosse carcerato o detenuto, d'intrattenersi con lui e di provvedere allu¬ sila rappresentanza in giudizio, rispettivamente il diritto di recarsi da un cit¬ tadino dello Stato d'invio, allorché fosse incarcerato o detenuto a cagione di un giudizio (n. 1, lett. c).

Tolte talune proposte intese a rimaneggiare questa disposizione in punti secondari, l'essenziale del dibattito portò sulla questione se potesse es¬ sere esercitato in ogni caso il diritto dei funzionari consolari di comunicare con i cittadini dello Stato d'invio, anche contro la volontà degli interessati, oppure soltanto allorché questi ne facciano domanda oppure non vi si ap¬ pongano. Alla seconda commissione, la delegazione svizzera aveva.presentato

1861 una proposta d'emendamento intesa a riservare, in xm nuovo numerò 2, la volontà liberamente espressa dei cittadini incarcerati o detenuti nei casi di cui ài numero 1, lettere bec; ma poi la ritirava, essendo stato accolto con debole maggioranza un emendamento, suggerito dalla Spagna, il quale prevede che i funzionari consolari devono astenersi dall'intervenire in favore d un citta¬ dino incarcerato oppure in stato di detenzione, qualora l'interessato s'oppon¬ ga espressamente. La seconda commissione modificò su due punti il disegno della commissione, aumentando i doveri dello Stato di residenza (obbligo d'indicare i motivi ,per i quali il cittadino è stato privato della libertà e di comunicare al posto consolare un elenco dei cittadini incarcerati o detenuti) ; anche queste risoluzioni furono prese a una maggioranza molto debole.

La Conferenza plenaria, fece a pezzi l'articolo deliberato dalla seconda commissione. Smantellato da una serie di voti separati sui numeri e le let¬ tere e, nell'interno di questo, su periodi e frasi, l'articolo era ridotto a uno scheletro allorché fu messo ai voti sull'intero. Ancorché in tale forma avesse perduto la maggior parte dell'efficacia, la delegazione svizzera votò per lo stesso, considerando che, in questa materia, sia preferibile un articolo tronco al silenzio. Esso fu nondimeno respinto per appello nominale, essendo man¬ cato un voto alla maggioranza di due terzi richiesta.

Avendo la Conferenza risolto all'unanimità di rivedere l'articolo 36, furono fatte due proposte. Una, presentata dalla Cecoslovacchia e dall'Ucrai¬ na, mirava a reintrodurre il testo compilato dalla commissione. L'altra, pre¬ sentata da diciassette paesi afro-asiatici, fondavasi parimente sul disegno di articolo della commissione, ma scartandosi in tre punti: riservava espressa¬ mente la facoltà del cittadino dello Stato d'invio d'opporsi, per un verso, a che le autorità dello Stato di residenza avvertano del suo arresto o della sua incarcerazione il posto consolare (n. 1, lett. b) e, per un altro, a che il fun¬ zionario consolare intervenga in favore del cittadino dello Stalo d invio, al¬ lorché sia arrestato o detenuto in esecuzione d'un giudizio (n. 1, lett. c); la proposta riprendeva, in oltre, per il numero 2 dell'articolo, la formula adot¬ tata dalla seconda commissione e
secondo la quale le leggi e i regolamenti dello Stato di residenza, che i funzionari consolari sono tenuti a osservare nell esercizio dei diritti di cui al numero 1, devono tuttavia permettere la piena attuazione degli scopi per i quali questi diritti sono accordati. , La stessa proposta comune dei diciassette paesi afro-asiatici era oggetto di due emendamenti. Uno suggerito dagli stessi e da tre altri paesi, era inteso a dai e alla manifestazione di volontà del cittadino dello Stato d'invio una forma positiva, anzi che negativa, sostituendo all'opposizione dell'interessato, una domanda formale di questo, riservata la lettera b. L'altro, proposto dalla Gran Bi etagna, mirava a imporre allo Stato di residenza l'obbligo di notifi¬ care al cittadino incalcerato o detenuto i diritti concessigli dalla lettera b.

La proposta della Cecoslovacchia e dell'Ucraina doveva, secondo l'ordi¬ namento interno della conferenza, essere messa in votazione prima di quella

1862 dei diciassette paesi, essendo anteriore. Il capo della delegazione svizzera domandò, tuttavia, che l'ordine Tosse invertito, affinchè il'testo della com¬ missione, ripreso da quéi due paesi, potesse essere serbato come soluzione di compromesso, qualora la Conferenza respingesse la proposta dei dicias¬ sette paesi. Non avendo la Cecoslovacchia e l'Ucraina mosso obiezioni, la Conferenza votò da prima sui due emendaménti relativi alla proposta dei diciassette paesi,' i quali furono approvati a una netta maggioranza. Respinta una domanda di voto per divisione, presentata dalla Cecoslovacchia circa l'ultimo periodo della lettera c, la Conferenza, contrariamente a ogni aspet¬ tativa, approvava a larghissima maggioranza (64 voci contro 13 e 3 asten¬ sioni) il testo presentato-dai diciassette paesi afro-asiatici.

Dalla veduta svizzera, l'articolo 36 disciplina in maniera soddisfacente il problema difficile dei rapporti dei funzionari consolari con i cittadini dello Stato d'invio. Nella sua forma presente, esso attua un felice compromesso tra due esigenze opposte. Riconoscendo al funzionario consolare-il diritto di co¬ municare con i cittadini dello Stato d'invio, di visitarli, intrattenersi e corri¬ spondere con loro, allorché fossero incarcerati o detenuti, l'articolo fornisce al funzionario consolare il mezzo d'adempiere in ogni circostanza l'ufficio di protezione di questi cittadini. Questo diritto', nondimeno, non è assoluto; due limitazioni ne restringono l'esercizio.

In primo luogo, l'articolo 36 riserva espressamente in due casi la vo¬ lontà, liberamente manifestata dallo Stato d'invio. Secondo il numero 1, let¬ tera b, le autorità competenti dello Stato di residenza non avvertono il posto consolare nella cui circoscrizione sia stato arrestato, detenuto o messo in stato di detenzione un cittadino dello Stato d'invio, se l'interessato non lo desidera; esse devono però informarlo che può domandare che ne sia avvisato il posto consolare ed è in diritto di comunicare con il medesimo. Secondo il numero 1, lettera c, il funzionario, consolare nemmeno può intervenire a favore del cittadino incarcerato o detenuto, se esso s'opponga espressamente.

In secondo luogo, il numero 2 prevede per il funzionario consolare l'ob¬ bligo d'osservare le leggi e i regolamenti dello Stato di residenza. Questi testi
non devono certamente rendere inoperanti il diritto di comunicazione del quale vicendevolmente godono il funzionario consolare e il cittadino dello Stato d'invio. Ma la duttilità della fox-mola del numero 2 permette alle auto¬ rità dello Stato di residenza di disciplinare e perfino sospendere l'esercizio di questo diritto in determinati casi (p. es. allorché un'istruzione penale sia stata aperta oppure sia pendente un processo penale).

' ' Notiamo anche che l'articolo 36 avrebbe avùto luogo più conveniente nel capo I, dopo l'articolo 5 concernente le funzioni consolari. In vero, il di¬ ritto di comunicazione dei funzionari consolari con i cittadini dello Stato d'invio non è una agevolezza nò un privilegio o, ancor meno, un'immunità.

Esso fu mantenuto nel luogo che la commissione gli aveva assegnato nel capo II, solo per una spiacevole inavvertenza.

1863 L'articolo 37 prevede l'obbligo dello Stato di residenza di fornire al posto consolare le informazioni che possiede, in caso di morte, tutela o curatela concernente un cittadino dello Stato d'invio, oppure in caso di naufragio di un naviglio od un battello o in caso d'infortunio aereo. La disposizione della lettera b è stata completata a proposta della delegazione svizzera allo scopo di riservare testualmente l'applicazione della legislazione dello Stato di resi¬ denza in materia di tutela e di curatela.

Secondo l'articolo 38, i funzionari consolari, nell'esercizio delle loro funzioni, si rivolgono generalmente alle autorità locali competenti della loro circoscrizione consolare; possono tuttavia comunicare anche con le autorità centrali competenti dello Stato di residenza, qualora lo permettano le leggi, i regolamenti e gli usi dello stesso oppure sia previsto dalle convenzioni in¬ ternazionali.

L'articolo Al concernente l'inviolabilità personale dei funzionari con¬ solari inti'oducc nel diritto ' internazionale una regola nuova. I funzionari consolari, che, fuori dei loro atti ufficiali, sono soggetti per principio alla giurisdizione dello Stato di residenza, in generale non godono dell'immunità personale. Sovente, tuttavia, le convenzioni consolari-conchiuse tra singoli Stati, pur affermando la soggezione dei funzionari consolari alla giurisdi¬ zióne dello Stato di residenza, riconoscono l'inviolabilità della loro" persona, con esclusione per taluni casi, per esempio allorché commettano dei delitti gx*avi. La commissione, fondandosi sulla diffusione di questa tendenza, aveva giudicato di tenerne conto. La conferenza la seguì su questa via non senza qualche esitazione.

Laddove gli agenti diplomatici e i membri del personale amministrativo e tecnico delle missioni diplomatiche godono d'una piena immunità perso¬ nale, non potendo essere sottoposti ad alcuna forma d'arresto o di detenziohe, l'inviolabilità prevista nell'drticolo 41 della convenzione di Vienna del 1963 è ristretta per due riguardi. Essà è accordata solamente ai funzionari consolari, esclusi gl'impiegati consolari; gli stessi, inoltre, non possono va¬ lersi dell'inviolabilità della loro persona, qualora abbiano commesso un grave delitto (crime grave), e una decisione della competente autorità giudi¬ ziaria ordini d'arrestarli
o di porli in stato d'arresto preventivo (n. 1), oppure qualora una decisione giudiziale definitiva li condanni a una pena privativa della libertà personale (n. 2); Tuttavia, ancorché in questi due casi l'immu-' nità personale non tuteli più il funzionario consolare, lo Statosdi residenza è tenuto a procedere con i riguardi dovuti alla condizione ufficiale di questo funzionario e in maniera da non inti'alciare l'esei'cizio del sxxo ufficio; in olti'e, se il funzionario consolai^ é stato sottoposto ad arresto preventivo nelle cix-costanze, px-eviste nel numero 1, la px-ocedxxra dev'essere avviata .il più px'esto possibile (ix.. 3).

L'articolo 41 ha px*ovocato il deposito di numerose proposte d'emenda¬ mento. I loro auloxi non s'opponevano già al principio stesso dell'inviolabi¬ lità pei'sonale dei funzionari consolari, xxxa mix*avano, la maggior parte, a di-

1864 sciplinarne l'applicazione e a restringerne la portata secondo criteri tolti dalle legislazioni nazionali (p. es. parecchie delegazioni tentarono di sosti¬ tuire al concetto, di delitto grave, (crime grave), nel numero 1, la nozione fondata sulla durata della pena). Queste proposte erano per loro natura de¬ stinate a fallire. Quelle che furono ritirate dai loro autori, venivano respinte dalla seconda Commissione, ond'è che il testo sottoposto alla conferenza e approvato con larga maggioranza è identico, salvo in un.punto, all'articolo proposto dalla Commissione.

Giova rilevare che la delegazione svizzera ritirava l'emendamento, che aveva proposto, inteso a sostituire alla parola «delitto» (crime) quello più generale di «reato», adoperato nel Codice penale svizzero.

È chiaro che la nozione di «delitto grave» (crime grave) non va deter¬ minata letteralmente secondo le definizioni date nelle singole legislazioni nazionali, ma, come è indicato dal contesto, la locuzione dev'essere intesa in senso generico e concerne ogni atto presumibile previsto dalla legge del luogo in cui avviene. Non potendo la Conferenza dare per «delitto grave» una definizione accettabile alla maggioranza, ne ha lasciato l'apprezzamento allo Stato di residenza.

D'altra parte, l'articolo 42 impone allo Stato di residenza il dovere di informare il capo del posto consolare, oppure, se si tratta di quest'ultimo, lo Stato d'invio, qualora un membro del personale consolare venga arrestalo, detenuto o sia oggetto d'un perseguimento penale.

L'articolo 43 prevede l'immunità di giurisdizione dei funzionari e im¬ piegato consolari per gli atti compiuti nell'esercizio delle loro funzioni uffi¬ ciali. Esso conferma una regola già vigente in diritto consuetudinario. Lad¬ dove gli agenti diplomatici godono dell'immunità dalla giurisdizione penale, civile e amministrativa dello Stato di residenza per i loro atti ufficiali e quelli privati (escluse le azioni reali, le successorie e quelle concernenti un'attività lucrativa privata), i funzionari consolari non possono, secondo il diritto in¬ ternazionale generale, pretendere l'immunità di giurisdizione, che nei limiti della loro attività consolare.

La Conferenza non seguì interamente la commissione, il disegno della quale prevedeva l'immunità dalla giurisdizione ài membri del consolato,
osN sia ai funzionari consolari, agli impiegati consolari e ai membri del personale di servizio, ma l'ha concessa soltanto ai primi e ai secondi (n. 1). Poiché quest'immunità presuppone l'esercizio di funzioni consolari, la conferenza ha stimato che gli impiegati consolari, l'attività dei quali, allorché non sia propriamente consolare, attiene a quella esercitata dai funzionari con¬ solari, debbano godere dell'immunità dalla giurisdizione nell'ambito di tale attività. Per la medesima considerazione, ne escludeva il personale impiegato al servizio domestico d'un posto consolare.

A questo riguardo è da notarsi che l'immunità dalla giurisdizione di cui godono i membri del personale amministrativo e tecnico d'una missione di- plomatica è ristretta, in materia civile e amministrativa, agli atti ufficiali, lad-

1865 dove è totale in materia penale. Il loro stato è quindi più favorevole di quello degli impiegati consolari, il quale è uguale allo stato del personale di servizio della missione diplomatica.

La Conferenza ha escluso l'immunità dalla giurisdizione civile in due casi: ove trattasi d'azione risultante da un contratto che il funzionàrio o impiegato consolare non abbia concluso espressamente o implicitamente co¬ me mandatario dello Stato d'invio (n. 2, lett. a) oppure di azione di danno risultante da un infortunio cagionato nello Stato di residenza da un veicolo terrestre, acquatico o aereo (n. 2, lett. b). Ancorché la convenzione preveda anche l'obbligo dei membri dei posti consolari di stipulare le assicurazioni di responsabilità civile prevista dalle leggi e dai regolamenti dello Stato di residenza quanto all'impiego di simili veicoli, la maggioranza delle delega¬ zioni, incline agli argomenti presentati dalla rappresentanza del Regno-Unito, slimò clic lo sviluppo della circolazione e la frequenza degli infortuni giusti¬ fichino una derogazione espressa alle regole dell'immunità .

La questione regolata nell'arfico/o 44 non è senza analogia con il pro¬ blema dell'immunità dalla giurisdizione, attenendo al dovere di testimoniare nelle procedure giudiziali o amministrative. Diversamente dai membri d'una missione diplomatica, quelli d'un posto consolare non sono esentati in virtù . del diritto internazionale generale dall'obbligo di rispondere come testimoni.

Per ciò, devono prestare il loro concorso all'amministrazione della giustizia nello Stato di residenza, còme ogni persona privata. Tuttavia, se per principio possono essere citati come testimoni, non sono obbligati a deporre su fatti attenenti all'esercizio' delle loro funzioni, nè a produrre la corrispondenza e i documenti ufficiali che le concernono (n. 3). A prescindere da quest'ipotesi, gli impiegati consolari e i membri del personale di servizio sono tenuti a testimoniare. I funzionari consolari, in vece, possono astenersene, senz'in¬ correre in alcuna sanzione (n. 1). Ove un funzionario consolare consenta a deporre, l'autorità richiedente deve evitare d'impacciarlo nell'esercizio delle sue funzioni; in tutti i casi in cui non sia necessaria la comparizione perso¬ nale del funzionario consolare davanti al tribunale, questa autorità può
as¬ sumerne la testimonianza nella residenza dello stesso o nel posto consolare oppure accettarne una dichiarazione scritta (n. 2).

L'articolo 45 dispone che lo Stato d'invio può rinunciare rispetto a un membro del posto consolare all'inviolabilità personale, all'immunità dalla giurisdizione e all'esenzione dall'obbligo di testimoniare (n. 1). La rinuncia dev'essere sempre espressa e comunicata in scritto allo Stato di residenza (n. 2).

Gli articoli 46 e 47 concernono' l'esenzione dall'immatricolazione degli stranieri e dal permesso di dimora, rispettivamente l'esenzione dal permesso di lavoro. Hanno diritto alla prima i funzionari consolari, gli impiegati con¬ solari e i membri delle loro famiglie viventi con loro in comunione domestica.

Godono della seconda esenzione quanto alla loro attività ufficiale i funzionari Foglio federale, 1964.

119

1866 consolari, gli impiegati consolari, i membri del personale di servizio e i membri del personale privato dei funzionari consolari e degli impiegati con¬ solari. Nel disegno della commissione la materia di questi due articoli co¬ stituiva un'unica disposizione. La delegazione svizzera aveva depositato un emendamento inteso ad escludere dall esenzione prevista da questa disposi¬ zione i membri del personale privato; ma la proposta non fu messa ai voti poiché la secónda commissione aveva accolto un emendamento delia Gran Bretagna diretto al medesimo scopo quanto agli obblighi in materia d'imma¬ tricolazione degli stranieri e di permesso di dimora. Presentata nuovamente per sottoporre agli obblighi in materia di permesso di lavoro i membri del personale privato, la proposta svizzera fu respinta dalla commissione. Con¬ viene per altro avvertire che la reiezione dell'emendamento svizzero, il quale era stato mantenuto sopra tutto per un armonizzazione formale dei testi, non è tale da cagionare difficoltà pratiche circa lo' stato dei posti consolari stra¬ nieri in Svizzera, poiché da noi il permesso di dimora e quello di lavoro non sono oggetto di due atti distinti.

L'articolo 48 riguarda l'esenzione dei membri d'un posto consolare dal¬ l'ordinamento della sicurezza sociale in vigore nello Stato di .residenza. La norma è analoga a quella prevista nella convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche, stabilita a sua volta sul modello dell'articolo 44 del primo disegno della Commissione concernente le relazioni e le immunità consolari.

L'articolo 49 attiene all'esenzione fiscale dei membri del posto consolare.

A prescindere da talune differenze di poco momento, lo stato previsto in questa materia corrisponde a quello di cui godono i membri d'una missione diplomatica. Le eccezioni al'principio dell esenzione, previsto nel numero 1, lettere da a a / sono state specificate e, in qualche punto, ampliate rispetto a quelle -menzionate nella convenzione sulle relazioni diplomatiche. La prin¬ cipale differenza consiste nella non esenzione dei membri del personale pri¬ vato (n. 3). La delegazione svizzera, come aveva fatto alla conferenza del 1961, presentava invano una proposta d'emendamento affinchè la stesura dell'eccezione concernente le imposte indirette risultasse più conforme alla pratica
svizzera. Notiamo in oltre che 1 articolo 49 e pili'restrittivo del corri¬ spondente articolo del progetto, il quale esentava in particolare i membri del personale privato dal pagamento delle imposte e tasse sul salario ricevuto per le loro prestazioni di servizio. x _ L'esenzione fiscale dei membri dei posti consolari non è certamente contemplata nel diritto internazionale consuetudinario. L però prevista in numerose convenzioni consolari bilaterali e accordata sovente, con condi¬ zione di reciprocità, in virtù della pratica interna degli Stati. Quanto alla Svizzera, la regola istituita dalla commissione coi risponde in ogni punto alla pratica vigente nel paese. · .

_ L'articolo 49 non tocca il principio secondo il quale le persone che go¬ dono dei privilegi e delle immunita consolali non han diritto a un esenzione fiscale dalle imposte indirette.

1867 Ratificata che sia la convenzione, i Cantoni interessati saranno infor¬ mati nei particolari circa il trattamento fiscale (imposte sul reddito e sulla sostanza) delle persone che godono dei privilegi e delle immunità consolari previsti nella convenzione e sui cambiamenti che verranno apportati alla pratica presente. · L'artìcolo 50 concerne i privilegi , doganali. Anche in questa parte, le disposizioni stabilite dalla Conferenza corrispondono ampiamente a quelle della convenzione sulle relazioni diplomatiche. Differiscono nondimeno in un punto. Ancorché i funzionari consolari e i membri delle loro famiglie viventi nella loro comunione domestica siano esentati dai diritti doganali per gli og¬ getti destinati a loro uso personale, le merci di consumo (come le bevande e le sigarette) non devono superare le quantità necessarie all'uso diretto da parte degli interessati (n. 1, lett. b). Rileviamo che il numero 3, concernente l'esenzione dalla visita doganale dei bagagli personali dei funzionari consolari e dei membri della loro famiglia viventi nella loro economia domestica fu introdotto dalla Conferenza. Questi bagagli possono però essere aperti alla presenza del funzionario consolare o del membro della sua famiglia interes¬ sato, qualora ci siano serie ragioni di supporre che contengano oggetti non fruenti'dell'esenzione doganale, oppure oggetti la cui importazione o esporta¬ zione sia vietata dalle léggi e dai regolamenti dello Stato di residenza o sotto¬ posta alle sue leggi e ai suoi regolamenti di quarantena.

Ancorché nemmeno l'esenzione doganale sia prevista dal diritto interna¬ zionale generale, i trattati bilaterali hanno concesso sempre più largamente questo vantaggio ai membri dei posti consolari. Molti Stati l'accordano anche in pratica, con riserva della vicendevolezza. I privilegi doganali previsti nel¬ l'articolo 50 non sono maggiori di quelli accordati in Svizzera ai funzionari e impiegati consolari stranieri.

Secóndo l'articolo 52, i membri del posto consolare e i membri della loro famiglia viventi nella loro comunione domestica sono esenti, nello Stato di residenza, da ogni prestazione personale, da ogni servizio d'interesse pub¬ blico é dagli oneri militari.

L'articolo 53 concernente il principio e la fine dei privilegi e delle immu¬ nità consolari segue da vicino la soluzione
presa dalla Conferenza di Vienna del 1961 per le persone aventi diritto ai privilegi e alle immunità diplomati¬ che. Secondo il numero 1, i membri d'un posto consolare godono dei privilegi e delle immunità a contare dalla loro entrata sul territorio dello Stato di resi¬ denza per iniziare la loro attività ó, se già vi si trovano, dall'entrata in fun¬ zioni nel posto consolare. In quest'ultimo punto, il testo dell'articolo differi¬ sce da quello, del disegno della Commissione, rispecchiante a sua volta il modello dell'articolo 39, numero 1, della convenzione sulle relazioni diplo¬ matiche. La sostituzione, per il dies a quo, della data dell'entrata in funzioni nel posto consolare a quella della notificazione di nomina al Ministero degli affari esteri è stata operata su proposta del Regno Unito per i seguenti ino-

1868 tivi. Secondo l'articolo 23, numero 3, una persona nominata membro d'un posto consolare può essere dichiarata non accettabile prima che arrivi sul territorio dello Stato di residenza o, se già vi si trovi, prima dell'entrata in funzioni. Questa disposizione dev'essere messa in relazione con l'articolo 19, numero 2, secondo il quale lo Stato d'invio deve notificare la nomina dei fun¬ zionari consolari diversi dal capo d'un posto consolare abbastanza per tempo, affinchè questo Stato possa, se lo desidera, esercitare i diritti conferitigli dal¬ l'articolo 23, numero 3. La Conferenza stimò, quindi, che la data determinan¬ te per la nascita dei privilegi e delle immunità era quella dell'entrata in fun¬ zione nel posto consolai'e, non la data della notificazione della nomina. Se, per dies a quo, fosse stata considerata quest'ultima data, le persone che si trovassero già nel territorio dello Stato di residenza godrebbero dei privilegi e delle immunità consolari prima d'essere accettali da questo Stato.

· La cessazione dei privilegi e delle immunità non coincide esattamente con quella delle funzioni esercitate dai membri d'un posto consolare. Come in diritto diplomatico, i privilegi e le immunità cessano ordinariamente al momento in cui gli aventi diritto lasciano lo Stato di residenza oppure al de¬ corso del termine che fosse loro concesso a tale scopo, laddove è determi¬ nante la prima di queste date (n. 3). Tuttavia, al cessare delle funzioni per quanto concerne gli atti ufficiali, l'immunità dalla giurisdizione di cui go¬ dono, i funzionari consolari e gli impiegati consolari sussiste.

Il principio e la fine dei privilegi e delle immunità dei membri della fa¬ miglia e del personale privato dei membri d'un posto consolare sono regolati nel numero 2, rispettivamente alla fine del numero 3.

Morendo un membro d'un posto consolare, lo' stato di privilegio dei membri della sua famiglia non cessa automaticamente con la sua morte, bensì il giorno in cui lasciano il territorio dello Stato di residenza o in quello del decorso del termine che.sia loro concesso per preparare la partenza, giorni di cui è determinante quello anteriore (n. 5).

L'artìcolo 54 disciplina gli obblighi degli Stati terzi per quanto concerne il transito sui loro territori dei membri d'un posto consolare, della corrispon¬ denza
ufficiale e delle altre comunicazioni ufficiali (numero 1, 2 e 3). Questi obblighi hanno parimente luogo allorché i membri del posto consolare, i corrieri consolari, le valigie consolari e le comunicazioni ufficiali si trovano sullo Stato terzo a cagione di forza maggiore (n. 4). L'articolo 54, è sostan¬ zialmente conforme alla soluzione adottata in questa materia nella conven¬ zione sulle relazioni diplomatiche. .

L'articolo 55 stabilisce in diritto consolare una regola equivalente a quella della convenzione di Vienna del 1961 quanto al diritto diplomatico.

Dispone, in fatti, che le persone le quali godono dei privilegi e delle immu¬ nità consolari sono sottoposte all'ordinamento giuridico dello Slato di resi¬ denza e ne devono osservare le leggi e i regolamenti in quanto siano compa¬ tibili con tali privilegi e immunità. Esse sono anche tenute a non immischiarsi negli affari interni di tale Stato (n. 1).

,

1869 Le disposizioni dei numeri 2 e 3 completano la definizione concernente le stanze consolari contenuta nell'articolo 1. Secondo quest'ultimo, esse sono gli edifici o le parti di edifici, compreso il terreno annesso, che sono adoperati esclusivamente ai fini del posto consolare. Il numero 2 dell'articolo 55 spe¬ cifica che queste stanze non devono essere adoperate in maniera incompa¬ tibile con l'esercizio delle funzioni consolari. Questo divieto non impedisce che nel medesimo edificio abbiano luogo altri uffici non attenenti al posto consolare (stanze d'un ufficio di turismo, d'una agenzia di viaggi, d'una com¬ pagnia aerea); ma tali stanze devono essere separate da quelle del posto consolare (n. 3).

' * Secondo l'articolo 57, i funzionari consolari di carriera non devono, sul territorio dello Stato di residenza, esercitare oltre alle loro funzioni ufficiali un'attività privata a scopo lucrativo (n. 1)'. L'infrazione di questo divieto im-, plica la decadenza automatica del diritto ai privilegi e alle immunità previsti nella convenzione. In questo punto la Conferenza non seguì il disegno della commissione, che assimilava ai funzionari onorari, quelli di carriera eserci¬ tanti un'attività privata lucrativa. La medesima sanzione colpisce gli impie¬ gati consolari e i membri del personale di servizio che esercitino una tale at¬ tività, i membri delle loro famiglie e i membri del loro personale privato, come pure i membri della famiglia d'un membro del posto consolare, che esercitino essi stessi un'attività di questo genere (n. 2).

Gli articoli da 56 a 68 stabiliscono l'ordinamento applicabile ai funzio¬ nari consolavi onorari e ai posti consolari da essi diretti. La convenzione non dà la definizione di funzionario consolare onorario. Essa prevede solamente nell'articolo 1, numero 2, che ci sono due categorie di funzionari consolari: i funzionari consolari di carriera e i funzionari consolari onorari, cui-sono rispettivamente applicabili le disposizioni del capo II e quelle del capo III della convenzione.

È interessante notare che la commissione nell'undiccsima sessione (1959) aveva datò provvisoriamente una definizione dei consoli di carriera e dei consoli onorari. Erano compresi nella definizione di consoli di carriera le persone che sono funzionari dello Stato'd'invio, che ricevono uno stipendio
da questo Stato e che non esercitano nello Stato di residenza alcuna attività professionale diversa dalle loro funzioni consolari; d'altra parte, erano consi¬ derati consoli onorari.le persone che non ricevono uno stipendio ordinario dallo Stato d'invio, che sono autorizzati a dedicarsi al commercio o che eser¬ citano una professione lucrativa nello Slato di residenza. Nondimeno, consi¬ derate le differenze risultanti dalla legislazione e dalla pratica degli Stati ri¬ guardo alla definizione di console onoi'ario, la commissione rinunciò a pro¬ porne una. La Conferenza la seguiva, ma scostandosi dal disegno su un punto importante: prescrivendo che i funzionari consolari di carriera non devono esercitare nello Stato di residenza un'attività professionale o commerciale per loro profitto personale (art. 57 della convenzione), negava di riconoscere una pratica di cui aveva tenuto conto la Commissióne e ha reso possibile un cri¬ terio di distinzione tra i funzionari di carriera e i funzionari onorari.

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1870 L'ordinamento privilegiato stabilito dalla convenzione sui funzionari onorari è per parecchi riguardi meno liberale di quello che era stato previsto, dalla Commissione. Un certo numero di agevolezze, privilegi e immunità pre¬ visti nel capò II s'applicano senza restrizioni ài funzionari consolari onorari e ai posti da essi diretti; le disposizioni a'questo rispetto sono contenute nell'articolo 58, numeri 1 e 2. Altre agevolezze, privilegi e immunità sono stabilite in senso restrittivo e contenute negli articoli dal 59 al 67.

Le disposizioni cui rinvia l'articolo 58, si riferiscono, per quanto con¬ cernono i pósti consolari diretti da funzionari consolari onorari, alle agevo¬ lezze necessarie all'attività del posto consolare (art. 28), all'uso delle bandiere e degli stemmi nazionali (art. 29), alle agevolezze che lo Stato d'invio deve concedere in materia d'abitazione, (art. 30), alla libertà di movimento (art.

34), alla libertà di comunicazione (art. 35), al diritto di comunicare con i cittadini dello Stato d'invio (art. 36), al dovere di questo Stato di fornire informazioni in caso di morte, tutela o curatela, naufragio o infortunio aereo (art. 37), ai modi delle comunicazioni dei posti consolari con le auto¬ rità dello Stato di residenza (art. 38), alla riscossione, da parte del posto, di diritti e tasse (art. 39), al dovere degli Stati terzi di concedere il transito ai corrieri consolari, alla corrispondenza ufficiale e alle altre comunicazioni ufficiali in transito (art. 54, n. 3) e al divieto d'adoperare le stanze consolari in maniera incompatibile con l'esercizio delle funzioni consolari (art. 55, n. 2 e 3).

Abbiamo già esaminato, nel commentare l'articolo 35, la restrizione ap¬ portata dall'articolo 58, numero 4, alla libertà di comunicazione tra due posti consolari situati in paesi diversi e diretti da funzionari onorari.

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Le disposizioni applicabili ai funzionàri consolari onorari stessi, concer¬ nono, secondo l'articolo 58, numero 2, la notificazione, da parte dello Stato di residenza, dei casi d'arresto, detenzione ed esecuzione forzata (art. 42), l'immunità dalla giurisdizione (art. 43), la-dispensa dal testimoniare circa gli atti relativi all'esercizio delle funzioni (art. 44, n. 3), la rinuncia alle im¬ munità (art.'45), il principio e la fine dei privilegi e delle immunità
(art. 53) e l'obbligo d'osservare le leggi e i regolamenti dello Stato di residenza (art.

55, n. 1). ~ . · Secondo l'articolo 58, n. 3, i privilegi e le immunità non sono concessi ai membri della famiglia d'un funzionario consolare onorario o d'un impiegato consolare occupato in un posto consolare diretto da un funzionario consolare onorario. La delegazione svizzera, giudicando che i membri della famiglia degli impiegati consolari non dovrebbero essere trattati in maniera diversa secondo che siano impiegati in un posto diretto da un funzionario di carriera oppure in un posto diretto da un funzionario onorario, aveva proposto di to¬ gliere la menzione degli impiegati consolari, ma l'emendamento non ebbe là maggioranza dei due terzi richiesta, '

1871 Giova rilevare che gli impiegati consolari in servizio a un posto conso¬ lare diretto da un funzionario onorario godono dei privilegi e delle immunità previsti in loro favore nel capo II della convenzione. La conferenza non ha infatti considerato la nozione d'impiegato consolare onorario. In altre parole, lo stato privilegiato degli impiegati consolari è indipendente dalla natura del posto consolare cui sono addetti.

L'articolo 59 riguarda la protezione delle stanze consolari d'un posto diretto da un funzionario onorario. In questo, la Conferenza s'è scostata dal disegno della commissione,' che prevedeva l'inviolabilità delle stanze conso¬ lari d'un tale posto quando fossero adoperate esclusivamente per l'esercizio delle funzioni consolari. Secondo l'articolo 59,, queste stanze non sono invio¬ labili. Lo Stato di residenza è tenuto soltanto a prendere le misure necessarie per proteggerle e impedire che non siano invase o danneggiate, e anche a vegliare affinchè non sia menomata la dignità del posto consolare.

Sono, in vece, inviolabili gli archivi e i documenti consolari d'un posto consolare diretto da un funzionario consolare onorario, a condizione che siano separati dalle altre carte e documenti e, in particolare, dalla corrispon¬ denza privata del capo del posto e delle altre persone lavoranti' con lui (art.

61). Questa condizione è necessaria, attesa l'attività privata che molto sovente esercitano i funzionari onorari. Secondo questa disposizione, i documenti con¬ solari che si trovassero con altri d'altra natura non sarebbero protetti, qua¬ lunque ne sia l'importanza, dall'inviolabilità.

L'articolo 60 concerne l'esenzione fiscale delle stanze consolari d'un po¬ sto diretto da un funzionario onorario, delle quali sia proprietario o con¬ duttore lo Stato d'invio. Contrariamente a quanto prevede l'articolo 32 per i posti diretti da funzionari di carriera, l'esenzione non s'allarga alla resi¬ denza del capo del posto; L'articolo 62 regola la questione dei privilegi doganali. Questi non sono concessi che al posto consolare; in oltre, la loro portata è ristretta agli og¬ getti menzionati nella convenzione, ossia a stemmi, bandiere, inségne, sigilli e timbri, libri, stampati ufficiali, mobilia, materiale e forniture d'ufficio, semprechè siano destinati esclusivamente all'uso ufficiale del
posto consolare.

I funzionari consolari onorari godono bensì dell'immunità dalla giurisdi¬ zione per gli atti compiuti nell'esercizio delle funzioni consolari (art. 58, n. 2), ma non dell'inviolabilità personale. Tuttavia, l'articolo 63 prevede che lo Stato di residenza è tenuto a usare loro certi riguardi allorché siano og¬ getto d'un perseguimento penale oppure debbano essere messi in stato di detenzione. Questa disposizione corrisponde mutatis mutandis, a quella del¬ l'articolo 41, numero 3. In oltre, lo Stato di residenza è tenuto ad accordare loro la protezione che può essere necessaria a cagione del loro stato ufficiale (art. 64). Si noterà che la protezione dovuta ai funzionari onorari è spiccata¬ mente meno ampia di quella concessa ai funzionari di carriera per i quali lo

1872 Stato di residenza deve prendere tutte le misure appropriate a impedire ogni offesa alla loro persona, libertà e dignità (art..40). A questo rispetto, l'arti¬ colo 64 è più restrittivo del disegno della commissione, il quale imponeva allo Stato di residenza il dovere di concedere al funzionario onorario una «protezione speciale a cagione del suo stato ufficiale»..

Secondo l'articolo 65, i funzionari consolari onorari clic esercitano nello Stato di residenza un'attività professionale o commerciale per loro profitto personale non sono esenti dagli obblighi vigenti in quello Stato in materia di immatricolazione degli stranieri e di pèrmcsso di dimora.

L'esenzione fiscale prevista nell'arf/co/o 66 concerne soltanto le inden¬ nità e gli emolumenti che i funzionari onorari ricevano dallo Stato d'invio a cagione dell'esercizio delle funzioni consolari.

L'articolo 67 concerne l'esenzione dei funzionari onorari dalle presta¬ zioni personali o dai servizi d'utilità pubblica. > L'affermazione della natura facoltativa dell'istituzione dei funzionari onorari, contenuta nell'ar/ico/o 64, è in fondo superflua. Nessuna disposizione della convenzione impone allo Stato d'invio l'obbligo di nominare, nò allo Stato di residenza di ricevere, funzionari consolari d'una certa natura o clas¬ se. La* Conferenza lia pferò giudicato conveniente conservare espressamente, come lo prevedeva il disegno della commissione, la regola fondamentale della libertà di scelta degli Stati in questo campo.

Gli articoli da 69 a 73 contengono le disposizioni generali. L'articolo 69 sugli agenti consolari non capi d'un posto risulta da una proposta d'emenda¬ mento presentata dalla delegazione svizzera. Abbiamo visto più sopra com¬ mentando l'articolo 9, che la delegazione non era riuscita a far escludere gli agenti consolari dalle classi di capi d'un posto consolare. Secondo la pratica svizzera, essi non sono propriamente capi di posti consolari, non hanno una giurisdizione indipendente, il campo della loro attività non s'estende che a una parie delle circoscrizioni del posto consolare da cui dipendono, esercitano solo funzioni limitate e non godono in principio d'alcun privilegio o immu¬ nità. Desiderando far luogo nella convenzione a un'istituzione assaiUtile, di cui del resto si valgono numerosi paesi (in particolare, la Francia
conosce, con il nome di «chancellerie séparée», un'istituzione analoga), la delegazione svizzera proponeva un articolo nuovo, il quale permettesse agli Stati di regoiare liberamente la questione dello stabilimento e dell'ammissione d'agenzie consolari amministrate da agenti consolari non capi di posto e quella della definizione del loro stato giuridico. Questa proposta, accettata dalla prima commissione con trentadue voti contro dodici e diciassette astensioni, non provocò alcuna opposizione allorché l'articolo fu esaminato in seduta ple¬ naria.

Sebbene le funzioni consolari sono generalmente esercitale dai posti consolari, possono nondimeno essere esercitati anche, e sovente così avviene in effetti, dalle missioni diplomatiche. Posto questo principio (art. 3 della

1873 convenzione) si domanda quali siano le disposizioni che regolano in tale caso l'esercizio delle funzioni consolari. L'articolo 70, che regola i modi di questo esercizio, risponde: l'esercizio delle funzioni consolari da parte d'una mis¬ sione diplomatica è sottoposto, di regola, alle disposizioni della convenzione sulle relazioni consolari (n. 1); per contro, lo stato privilegiato dei membri della missione addetto alla sezione consolare o altrimenti incaricato dell'eser¬ cizio delle funzioni consolari è determinato dalla convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche (n. 4). I nomi dei membri della missione diplomatica incaricata di compiere funzioni consolari sono notificati al Ministero degli affari esteri o all'autorità designata da quel Ministero (n. 2).

Quando, nell'esercizio delle funzioni diplomatiche, la missione deve ri¬ volgersi al Ministero degli affari esteri o ad altri Ministeri determinati di co¬ mune accordo, di regola comunica, nell'esercizio delle funzioni consolari, con le autorità locali della circoscrizione consolare assegnati alla sezione con¬ solare. Essa può anche rivolgersi alle autorità centrali dello §tato di resi¬ denza, se le leggi, i regolamenti e gli usi di questo Stato lo permettano o gli accordi in vigore lo prevedano (n. 3).

L'articolo 71 disciplina il caso particolare dei funzionari consolari che sono cittadini o residenti permanenti dello Stato di residenza. Esso fa riscon¬ tro all'articolo 38 della convenzione sulle relazioni diplomatiche. Lo stato privilegiato di questi funzionari è più ristretto di quello degli altri funzionari consolari. Di regola, essi godono solo dell'immunità dalla giurisdizione, del¬ l'inviolabilità personale per gli atti ufficiali compiliti nell'esercizio delle loro funzioni e della dispensa dal testimoniare su fatti attenenti all'esercizio del¬ le stesse (n. 1). Per altro, lo Stato di residenza può concedere loro ogni altra immunità, come anche tutti o parte delle agevolezze e dei privilegi previsti nella convenzione. Gli impiegali consolari e i membri del personale di servi¬ zio che sono cittadini o residenti permanenti dello Stato di residenza e i membri della loro famiglia non godono, come del resto i membri della fami¬ glia dei funzionari menzionati nel numero 1, delle agevolezze, dei privilegi e delle immunità, che nella
misura in cui siano loro accordati dallo Stato di residenza. La stessa norma si applica ai membri della famiglia d'un mem¬ bro d'un posto consolare e ai membri del personale privato aventi la citta¬ dinanza dello Stato di residenza oppure la residenza permanente in quest'ul¬ timo.

L'articolo 72 pi*cvcde l'obbligo dello Stato di residenza di non fare discri¬ minazione tra gli Stati nell'applicazione della convenzione. Lo Stato di resi¬ denza può nondimeno applicare restrittivamente una disposizione della con¬ venzione, qualora lo Stato d'invio l'applichi in maniera analoga (n. 2, lett. a) ; del pari, non è considerata discriminatoria la concessione d'un trattamento più favorevole di quello previsto dalla convenzione, che gli Stati s'accordino in virtù dell'uso o d'una convenzione ( n. 2, lett. b). Giova rilevare che il dise¬ gno della commissione considerava non discriminatorio soltanto il tratta-

1874 mento liberale previsto nel numero 2, lettera b, senza fare menzione di quello restrittivo previsto nella lettera a di quel numero. Stimando che la possibilità per gli Stati d'applicare restrittivamente le regole della convenzione equivar¬ rebbe a un regresso nella via della codificazione e dello sviluppo del diritto Internazionale, essa aveva tralasciato a disegno questa disposizione, che tut¬ tavia era prevista nel disegno d'articoli sulle relazioni e immunità diploma¬ tiche e oggi è consacrata nella convenzione di Vienna del 1961. La Conferenza non volle seguire in questo punto la commissione e modificava l'articolo, del disegno in conformità d'una proposta della Repubblica federale di Germania.

Ancorché la tesi della commissione sia ben fondata dal profilo teorico, in ' pratica accade sovente che gli Stati non concedono taluni privilegi e agevo¬ lezze oppure li concedono con limitazioni. È quindi normale che lo Stato, i cui posti consolari abbiano ,in un altro Stato un trattaménto restrittivo, possa applicare ai posti di questo un analogo trattamento. Questa possibilità è voluta dal giuoco del principio della vicendevolezza, il quale ha una grande portata non meno in diritto consolare che in diritto diplomatico. La lettera a del numero 2 dell'articolo 72 è un aspetto, in qualche modo «negativo», del principio di cui la lettera b è.il «positivo». Conviene notare, del resto, che la disposizione prevista nella lettera a non dev'essere considerata un permesso per gli Stati di misconoscere le regole della convenzione: essa permette sol¬ tanto un'applicazione restrittiva della stessa nell'ambito proprio di ciascuna e nell'ampiezza da essa ammessa.

L'articolo 73 disciplina il rapporto tra la convenzione di Vienna e le .-altre convenzioni consolari. Secondo il numero 1, la convenzione non tocca £li altri accordi internazionali in vigore tra lé Parti contraenti nell'ambito delle relazioni e immunità consolari. È chiaro che essa s'applicherà quindi solamente alle questioni le quali non siano regolate da quegli accordi. Que¬ sta norma riproduce il testo dell'articolo proposto dalla commissione.

Il numero 2, che fu introdotto dalla Conferenza, risulta da una proposta -d'emendamento presentata dall'India, modificata oralmente e sostenuta nella nuova forma da cinque paesi afro-asiatici. Esso prevede
che la convenzione non impedisce agli Stati di conchiudere accordi internazionali che la confer¬ mino, completino o sviluppino oppure ne allarghino il campo d'applicazione.

L'accettazione di quest'emendamento rese senza oggetto una proposta fatta dall'Austria, dal Canada e dai Paesi Bassi, la quale avrebbe permesso agli Stati di conchiudere accordi deroganti alle disposizioni della convenzione.

Ma se, secondo il numero 2, le convenzioni consolari che saranno per essere ·conchiuse sul piano bilaterale o multilaterale devono per principio rispettare le disposizioni fondamentali dèlia convenzione, consegue che questo numero non annuncia una regola imperativa, ma un obbligo morale, una linea di condotta alle quali gli Stati dovrebbero tenersi nei loro futuri negoziati. Nulla Impedisce in fatti a questi Stati di conchiudere degli accordi bilaterali o re¬ gionali per disciplinare le loro relazioni consolari in maniera diversa da

1875 ' quella prevista dalla convezione. Per tenere conto dei problemi particolari che si pongono in un quadro più ristretto, essi possono specificale, svilup¬ pare o allargare le disposizioni della convenzione, ma possono del pari re¬ stringere la portata, persino scartarne l'applicazione. Nonostante i termini . dell'articolo 73, numero 2, in questo campo la libertà degli Stati rimane in¬ tera. Perciò, in ultima analisi, quello che l'Austria, il Canada e i Paesi Bassi volevano veder contemplato espressamente nella convenzione, non è pre¬ cluso da alcuna delle sue clausole.

Le disposizioni finali, contenute negli articoli da 74 a 79 riproducono testualmente quelle della convenzione del 1961 sulle relazioni diplomatiche.

Gli articoli 74 e 76 determinano le categorie di Stati autorizzati rispettiva¬ mente a firmare la convenzione e ad aderirvi; trattasi degli Stati membri del¬ le Nazioni Unite e d'una istituzione specializzata, degli Stati parti allo Statuto della Corte Internazionale di Giustizia o degli Stati che fossero invitati dal¬ l'Assemblea generale dell'ONU a divenire parti alla convenzione. Questa è stata aperta alla firma al Ministero austriaco degli affari esteri sino al 31 ot-' tobre 1963, poi alla sede delle Nazioni Unite a Nuova York fino al 31 marzo 1964.

Il Segretario generale delle Nazioni Unite è depositario della conven¬ zione; presso di luì devono essere depositati gli strumenti di ratificazione o d'adesione (art. 75, 76 e 78). L'entrata in vigore della convenzione ò fissata al trentesimo giorno seguente quella del depositò del ventiduesimo strumento di ratificazione o d'adesione. Per ciascuno Stato che ratificherà la conven¬ zione o ad essa aderirà dopo il ventiduesimo strumento di ratificazione o di adesione, essa sarà obbligatoria a contare dal trentesimo giorno successivo a quello del deposito del suo strumento di ratificazione o d'adesione (art. 77).

Le clausole finali risultano da una proposta presentata dagli Stati Uniti.

La Conferenza respingeva a una netta maggioranza iin emendamento a questa proposta, suggerito dall'URSS e inteso a permettere a tutti gli Stati, senza restrizione, di firmare la convenzione o d'aderirvi. Essa respinse anche .un emendamento alla proposta americana presentato dalla Repubblica Araba Unita e dalla Jugoslavia, inteso a sostituire alla
categoria degli Stati invitati dell'Assemblea generale a divenire parti della convenzione, una categoria nuova: quella degli Stati le cui convenzioni consolari siano state registrate al Segretariato delle Nazioni Unite. Questo emendamento, come quello sovie¬ tico, avrebbe avuto per effetto, di permettere agli Stati comunisti, che non so¬ no membri dell'ONU, di firmare la convenzione, oppure d'aderirvi. Il voto se¬ parato di ciascun articolo, reso in commissione e nella seduta plenaria a do¬ manda dei paesi orientali, non fu che.un combattimento in ritirata», poiché la maggioranza delle delegazioni si dichiararono nettamente in favore della proposta degli Stati Uniti. Più serie, in vece, furono le riserve orali dei rap- .

presentanti degli Stati comunisti circa l'articolo 74, essendo loro inaccettabile la restrizione apportata da questa disposizione quanto agli Stati autorizzati ad accedere hlla convenzione.

1876 La convenzione non contiene una clausola di disdetta. Tale è parimente ' il caso della convenzione di Vienna del 1961 e delle convenzioni sul diritto marittimo'conchiuse a Ginevra nel 1958. Tutte queste convenzioni sono stru¬ menti di codificazione del diritto internazionale. Le norme da esse stabilite accertano lo stato presente del diritto delle genti nelle materie che discipli¬ nano. Una clausola di disdetta sarebbe estranea alla natura stessa di queste convenzioni.

· IV. Altri strumenti stabiliti dalla Conferenza Oltre la convenzione sulle relazioni consolari, la Conferenza ha stabilito ' due protocolli di firma facoltativa concernenti l'acquisto della cittadinanza, rispettivamente il regolamento obbligatorio delle controversie. Questi due strumenti sono identici, mutatis mutandis, ai protocolli di firma facoltativa ·stabiliti nelle medesime materie dalla Conferenza sulle relazioni diploma¬ tiche.

1. Il primo protocollo-di firma facoltativa è sostituito all'articolo che la commissione aveva inserito nel suo disegno per impedire che i membri d'un posto consolare e quelli della loro famiglia viventi con loro in comu¬ nione domestica non acquistino automaticamente, in certi casi, la cittadi¬ nanza dello Stato di residenza. Come a Vienna nel 1961, l'incompatibilità di simile clausola con la legislazione di numerosi Stati conduceva la-Conferenza à preferire il partito duttile d'un protocollo aperto alla firma degli Stali la cui legge tollera o ammette una regola di questo genere.

2. Tii'ando le conseguenze della reiezione, da parte della Conferenza del 1961, d'un articolo sul regolamento delle controversie, le commissione non aveva previsto a questo riguardo alcuna disposizione nel suo disegno concer¬ nente le relazioni e immunità consolari. La prima commissione fu tuttavia investila di tre proposte diverse. La prima, in ordine di tempo, era stata pre¬ sentata dagli Stati Uniti e prevedeva l'assoggettamento alla Corte Interna¬ zionale di giustizia, a domanda dell'una o dell'altra parte, delle controversie circa l'interpi'etazionc o l'esecxxzione della convenzione, con x-iserva degli altri modi di regolamento che venissero convenxxti. La delegazione svizzera, con¬ scia che una disposizione intesa a stabilire il principio del regolamento giudiziax'io obbligatorio delle controversie non avrebbe
avuto la sorte di racco¬ gliere la maggioi'anza dei dxxc terzi, px'csentava una pi'oposta sussidiaria a quella degli Slati Uniti, tendente a permettere agli Stati di diclxiax-are, al mo¬ mento della firma o della ratificazioxxe della convenzione, oppure al momento dell|adesione, clxe non si considex-avano vincolate al principio della gixxrisdizione obbligatoria. La delegazione svizzera stimava, infatti, che un articolo combinato con una riserva di questo genere sarebbe stato accolto più facil¬ mente1 d'una disposizione clic prevedesse una regola assoluta; stimava, in

1877 oltre, che un siffatto articolo fosse tale da allargare la cerchia degli Stati sottoposti alla giurisdizione obbligatoria, poiché in generale, gli Stati esi¬ tano a stabilire riserve a una convenzione. Questa considerazione aveva tanto più peso, in quanto la terza proposta, sottoposta alla commissione dal Belgio, dal Ghana e dall'India, tendeva alla statuizione d'un protocollo di fir¬ ma facoltativa analogo a quello stabilito dalla Conferenza di Vienna del 1961.

In vero, l'articolo suggerito dalla delegazione svizzera sarebbe stato inserito nella convenzione stessa e gli Stati contrari al regolamento "obbligatorio delle controversie avrebbero dovuto fare una riserva per sottrarsene; in vece, lo stabilimento d'un protocollo avrebbe consacrato il principio in uno stru¬ mento allegato, che gli Stati non sarebbero slati tenuti a firmare.

Il delegato dell'India aveva domhndato con una mozione d'ordine, che la proposta concernente il protocollo di firma facoltativa fosse messa-ai voti prima di quella degli Stati Uniti. La mozione fu respinta; la proposta ame¬ ricana, 'messa ai voti per appello nominale, fu approvata a una debolissima maggioranza (trentadue voli contro ventotto e tredici astensioni). Sebbene la delegazione svizzera avesse ritirato la sua proposta, che come abbiamo detto aveva carattere sussidiario, la Jugoslavia ne reintroduccva dal canto suo la seconda parte, la quale autorizzava a stabilire una riserva. Questa pro¬ posta fu accolta da ventisette voti contro ventiquattro e diciotto astensioni.

L'articolo uscito da queste deliberazioni, della commissione non subì la prova del voto in seduta plenaria. Venticinque paesi, per lo più africani e asiatici, proposero in comune l'adozione d'un protocollo di firma facoltativa.

Tenendo conto della debole maggioranza acquisita in commissione, la dele¬ gazione americana e le delegazioni clie avevano appoggiato il principio della giurisdizione obbligatoria non s'opposero alla domanda di vpto prioritario .della proposta comune. Il protocollo di firma facoltativa concernente il rego¬ lamento obbligatorio delle controversie fu allora approvato senz'opposizione.

È rincrescevole che la convenzione di Vienna sulle relazioni consolari sia, come quella sulle relazioni diplomatiche, sprovveduta d'una clausola ge¬ nerale di"giurisdizione obbligatoria. Le
due convenzioni, in fatti, si differen¬ ziano da quelle sul diritto marittimo del 1958 per il loro carattere prevalen¬ temente tecnico. Il diniego della grande maggioranza degli Stati o la loro esitazione ad annettere a strumenti internazionali di questa natura un si¬ stema di vigilanza arbitrale o giudiziale, mostra evidentemente il poco pro¬ gresso fatto dall'idea della giurisdizione obbligatoria. Certo, il voto reso nella prima commissione sul principio della giurisdizione obbligatoria non era stato possibile alla Conferenza di Vienna del 1961, poiché la maggioranza del- , le delegazioni s'era alla prima dichiarata in favore del protocollo di firma facoltativa. Ma il progresso fatto nel 1963 rispetto alle precedenti conferenze di codificazione, per rallegrante che sia, è largamente compensato, se non an¬ nullato, dal maggior numero di Stati contrari all'idea della giurisdizione ob¬ bligatoria. Non hanno, in particolare, nascosto la loro ostilità, i nuovi Stati

1878 africani e asiatici. Le critiche mosse dal delegato dell'India riguardo alla Corte Internazionale di Giustizia, dove, al tempo della Conferenza, i paesi africani e asiatici non erano rappresentati che da tre giudici, e le riserve fatte circa l'imparzialità dei giudizi resi da quella Corte, denotavano visibil¬ mente i sentimenti della maggior parte dei giovani Stati verso l'organo giudi¬ ziale più elevato nell'ordine internazionale, di cui oggi dispone la comunità delle nazioni. D'altra* parte, devesi riscontrare che le delegazioni dei paesi occidentali non lianno difeso con la coesione che poteva legittimamente at¬ tendere un principio, dal quale nessuno degli ai'gomenti. adotti dai nuovi Stati per giustificare la loro condotta comandava che se ne scostassero.

3. La Conferenza ha preso in oltre tre risoluzioni. La prima concerne i rifugiati'; le altre esprimono i ringraziamenti della Conferenza alla commis¬ sione del diritto internazionale per l'opera compiuta e al Governo federale e al popolo della Repubblica d'Austria per l'ospitalità accordatale. La riso¬ luzione concernente i rifugiati merita qualche attenzione. Essa reca: «La Conferenza delle Nazioni Unite suUe relazioni consolari, preso nota ideila memoria presentata dall'Alto Commissario delle Nazioni CJnite per i rifugiati (documento A/CQNF. 25/L.6) e ideile dichiarazioni fatte dalle delegazioni durante, la discussione, prega il Segretario generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite di Sot¬ toporre all' esame degli organi competenti dell'Organizzazione delle Nazioni Unite tutti i documenti e resoconti concernenti la discussione della! questione dei rifu¬ giati menzionata in quella memoria e dichiara, nel frattempo, di non prendere alcuna decisione in tale .materia». Nonostante il voto in commissione, che aveva affermato la competenza della Conferenza, il rinvio della questione agli organi delle Nazioni Unite e, in particolare, all'alto commissario per i rifugiati, costituisce in realtà un accertamento di carenza. Davanti al contegno risolutamente ostile delle dele¬ gazioni-degli Stati comunisti e dei paesi africani e asiatici, la Conferenza non è stata in grado di dare alla risoluzione, ancorché priva di forza obbligatoria, un contenuto positivo. Non potendo la loro opposizione essere disarmata che da una decisione che negasse
la competenza della Conferenza in tale, materia, la delegazione svizzera non tentò di proporre il disegno d'articolo, che teneva in riserva per il caso in cui la disposizione suggerita dall'Argentina, dall'Au¬ stria, dal Belgio, dalla Colombia, dalla Danimarca, dall'Iran, dalla Nigeria, dalla Gran Bretagna e dalla Svezia e intesa ad assicurare ai rifugiati una protezione massima, non ottenesse la maggioranza necessaria. Quel disegno d'articolo, contrariamente a quello compilato da questi nove Stati, era cer¬ tamente privo d'ogni elemento clic potesse farlo apparire provocatorio agli Stati contrari al principio stesso d'un articolo sui rifugiati; esso preve¬ deva solamente che nessuna disposizione della convenzione non doveva toc¬ care lo statuto dei rifugiati nè la protezione internazionale che loro è accor¬ data jn virtù degli accordi internazionali vigenti. Ma i contegni s'erano tal-

1879mente fossilizzati che uria proposta di questo genere non sarebbe punto riu¬ scita.

Allorché, in seduta plenaria, si votò la risoluzione sui rifugiati, la dele¬ gazione svizzera s'asteneva. Il suo capo, per altro, diede importanza a far. co¬ noscere la condizione della Svizzera in questa materia. Egli ha rilevato che .

il rinvio della questione agli organi competenti delle Nazioni Unite era su¬ perfluo e, in quanto potesse suggerire che un problema fosse ormai posto, inopportuno, poiché nulla nella convenzione di Vienna sulle relazioni conso¬ lari può toccare le disposizioni previste negli accordi internazionali concer¬ nenti i rifugiati, i quali costituiscono rispetto alla convenzione una lex specìalis. Poiché la situazione giuridica rion dà appiglio ad alcun dubbio, una regola consuetudinaria così ben ancorata come quella relativa al diritto d'asiI lo, che è un diritto sovrano dello Stato, non potrebbe essere invalidata da una convenzione di carattere tecnico, come quella sulle relazioni consolari.

Y. Conclusioni 1. La Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari, firmata al ter¬ mine della Conferenza da trentadue Stati, è stata firmata fino al 31 marzo 1964, ultimo giorno fissato per la firma, da diciannove Stati. Gli Stati firma¬ tari sono per tanto cinquantuno: l'Alto Volta, l'Argentina, l'Australia, l'Au¬ stria, il Belgio, la' Bolivia, il Brasile, il Camerun, la Cecoslovacchia, il Cile, la Cina, la Colombia, il Congo (Brazzaville), il Congo (Leopoldville), la Co¬ starica, la Costa d'Avorio, Cuba, il Dahomey, la Danimarca, l'Equatore, le Filippine, la Finlandia,- la Francia, il Gabon, il Ghana, l'Iran, l'Irlanda, Israele, l'Italia, la Jugoslavia, il Koweït, il Libano, la Liberia, il Liechtenstein, il Lussemburgo, il Messico, il Niger, la Norvegia, il Panama, il Perii, la Polonia, la Repubblica Centroafricana, la Repubblica Dominicana, la Repub¬ blica federale di Germania, il Regno Unito, la Santa Sede, gli Stati Uniti, la Svezia, la Svizzera, l'Uruguay e il Venezuela.

Il protocollo di firma facoltativa concernente il regolamento obbligatorio delle controversie; firmato il 24 aprile 1963 dà venlisei Stati, reca oggi la fir¬ ma di altri dodici Stati. L'hanno dunque firmato trentotto Stati, i quali sono: l'Alto Volta, l'Argentina, l'Australia, il Belgio, il Camerun, il Cile, la Cina,
la Colombia, il Congo (Brazzaville), il Congo (Leopoldville), la Costa d'Avorio, il Dahomey, la Danimarca, le Filippine, la Finlandia, la Francia, il Gabon, il Ghana, l'Irlanda, l'India, la Jugoslavia, il Koweït, il Libano, la Liberia, il Liechtenstein, il Lussemburgo, il Niger, la Norvegia, il Panama, il Peru, la Repubblica Centroafricana, la Repubblica dominicana, la Repubblica fede¬ rale di Germania, il Regno Unito, gli Stali Uniti, la Svezia, la Svizzera e l'Uruguay.

Il protocollo di firma-facoltativa concernente l'acquisto'della cittadi¬ nanza è stato firmato fino al 31 marzo. 1964 da diciotto Stati.

1880 2. La Svizzera ha firmato con ottantatre altri Stati l'Atto finale della Conferenza. Ancorché il capo della delegazione svizzera e il suo supplente avessero ricevuto dal Consiglio federale i poteri necessari per firmare la con¬ venzione e gli altri strumenti che fossero stabiliti al termine della* Conferenza, stimarono utile differire la firma della convenzione e del protocollo di firma facoltativa concernente il regolamento obbligatorio delle controversie. Le de¬ legazione s'è adunata due volte a Berna nel maggio del 1963 per studiare la convenzione nel suo assieme. Essa ha esaminato la portata delle disposizioni . che stabiliscono nuove regole in diritto consolare e le ha confrontate con la pratica vigente in Svizzera. Fatti questi riscontri, essa ha concluso che i risul¬ tati della Conferenza potevano esscré^considerati in generale soddisfacenti e che nulla ostava alla firma della convenzione e del protocollo concernente il regolamento obbligatorio delle controversie. Il capo della delegazione e il suo supplente si recarono a Vienna il 23 ottobre 1963 e firmarono questi due strumenti, con riserva della ratificazione.

Nel suo apprezzamento positivo dei risultati della Conferenza, la dele¬ gazione è stata guidata da considerazioni di varia natura.

La Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari contiene un certo numero di disposizioni fondamentali senza le quali sarebbe stata uno stru¬ mento incompleto e d'utilità pratica limitata. Tali, in particolare, gli'articoli 2 e 4 concernenti lo stabilimento delle relazioni consolari e dei posti conso¬ lari, l'articolo 5 annoverante le principali funzioni consolari, l'articolo 36 sul diritto di comunicazione dei posti consolari con i cittadini dello Stato d'invio, l'articolo 53 prescrivente il rispetto delle leggi e dei regolamenti dello Slato di residenza e l'articolo 72 consacrante il principio della reciprocità in materia consolare. Trattasi di disposizioni chiave, intorno alle quali s'articola tutto il sistema delle relazioni e delle immunità consolari definito dalla convenzione.

Considerate dal doppio profilo del diritto consuetudinario e della pratica sviz¬ zera, le soluzioni che essa apporta ai problemi cui tende non suggeriscono alcuna riserva. In particolare, la questione importantissima dei rapporti tra cittadini dello Stato d'invio
e posti consolari, dai quali dipendeva in larga misura l'esito della convenzione, è'regolata con un ordinamento che non po¬ trebbe dare alcun appiglio alla critica: tuttavia, il diritto di funzionari con¬ solari di comunicare con i cittadini dello Stato d'invio, riconosciuto e garan- , tito dalla convenzione, non può essere esercitato contro la volontà libera¬ mente manifestata dagli interessati. Le disposizioni dell'articolo 36 danno ai funzionari consolari svizzeri il mezzo di proteggere gli intex*essi dei loro con¬ cittadini all'estero, ma permettono altresì alle autorità svizzere di tutelare gli interessi dei cittadini stranieri in Svizzera, i quali non desiderino, per qual¬ siasi ragione, comunicare con i funzionari consolari del loro paese d'origine.

Come abbiamo rilevato più volle, su più d'un punto la Conferenza è andata più in là di.quanto esigesse un'esatta codificazione delle regole desun¬ te dal diritto internazionale generale. L'opera della Conferenza-quanto allo

1881 sviluppo del diritto delle genti è stala sopra tutto incisiva nel capitolo concer¬ nente le agevolezze, i privilegi e le immunità dei posti consolari e dei loro membri. Devesi quindi domandare se le norme consacranti delle immunità o dei privilegi nuovi in diritto internazionale siano accettabili o se, al contrario, l'allargamento della cerchia delle persone che godono d'un ordinamento che esorbita dal diritto comune debba essere respinto da uno Stato. Conviene qui ricordare quello che già abbiamo rilevato nel messaggio. La statuizione da parte della Conferenza di certe immunità e di certi privilegi propri alle missioni diplomatiche e ai loro membri, proposti già dalla commissione, cor¬ risponde a un'evoluzione caratteristica del diritto internazionale moderno.

Il movimento tendente ad avvicinare lo stato consolare allo stato diploma¬ tico, ancorché sia d'origine recente, appare come un fenomeno irriversibile.

La sua realtà è confermata da numerosissime convenzioni bilaterali. Certo non le è estraneo il fatto che nell'ordinamento interno di parecchi Stati i servizi diplomatici e consolari, sono sempre più confusi. Ma siamo sopra tutto in presenza d'una concezione nuova, più dinamica, del posto consolare e delle sue funzioni, fondata sullo sviluppo e l'accrescimento delle relazioni internazionali.

Per quanto concerne la Svizzera, l'allargamento dello stato privilegiato dei posti consolari e' dei loro membri non cagiona difficoltà che ostino alla firma della convenzione. I privilegi e le immunità desunto dal diritto diplo¬ matico-non sono riprodotti tali e quali nella convenzione. In parecchi casi la loro portata è, ristretta, come sono le categorie di persone autorizzate a rivendicarne l'uso; in oltre, la loro-applicazione dipende il più sovente da condizioni o è vincolata a restrizioni che tengono conto della natura par¬ ticolare delle relazioni diplomatiche; in fine, per certe questioni, le leggi e i regolamenti e l'uso in vigore nello Stato di residenza sono espressamente riservati. Così circoscritti nella loro portata e nei loro effetti, i privilegi e le immunità previsti dalla convenzione corrispondono nell'essenziale alla pra¬ tica, molto liberale, osservata in Svizzera.

Nemméno devesi dimenticare che la questione delle agevolezze, dei pri¬ vilegi e delle immunità consolari ha un
duplice aspetto secondo si considerino gli obblighi che ne derivano allo Stalo, in quanto Stato di residenza, o i van¬ taggi che gli procurano, in quanto Stato d'invio, nella persona dei suoi rap- .

presentanti consolari. Poi che in questo campo gli obblighi, che la conven¬ zione implica per la Svizzera, rimangono entro limiti ragionevoli, la misura dei Vantaggi offerti ai membri dei posti consolari svizzeri può essere apprez¬ zata tanto più liberamente e diviene tanto più importante. A questo riguardo è evidente che la convenzione assicura ai funzionari e impiegati consolari svizzeri una protezione maggiore di quella che finora avrebbero potuto pre¬ tendere.

In fine, la delegazione ha considerato anche un'altra circostanza pro¬ priamente estranea alla convenzione.

Foglio federale, 1964.

120

1882 Gli Stati giunti di recente all'indipendenza hanno preso parte attiva alla Conferenza, come già a quella del 1961. È nota la riserva che nutrono verso il diritto internazionale classico, d'origine occidentale, se non europeo, e l'obie¬ zione che muovono allc> stesso, di cui negano che possa vincolarli, non avendo partecipato alla sua elaborazione. Nonostante la loro inesperienza e le incer¬ tezze che sovente contrassegnano la loro azione, i giovani Stati vedono nella codificazione del diritto delle genti intrapresa dalle Nazioni Unite e, più par¬ ticolarmente, nelle conferenze adunate a tale scopo l'occasione di fare in¬ tendere la loro voce. L'esperienza dimostra che la maggior parte di essi si fa premura di collaborare agli sforzi compiuti in questo campo ed è cosciente dell'importanza della parte che sonò chiamati a sostenere. Il fatto che i primi dieci Stati che hanno ratificato la convenzione di Vienna sulle rela¬ zioni diplomatiche, o vi hanno aderito, sono africani e asiatici prova la loro sollecitudine a sottomettersi a un ordine giuridico che hanno contribuito a stabilire.

Ora, l'assistenza prestata dagli Stati occidentali ai paesi del terzo mondo non dev'essere considerata soltanto da una veduta economica o tecnica. An¬ che nel campo del diritto e più specialmente in quello del diritto internazio¬ nale, i giovani Stati meritano d'essere sostenuti negli sforzi che adoperano per integrarsi alla comunità interstatale. Allorché una convenzione multila¬ terale raccoglie un'approvazione così , larga da parte di tali Stati, i paesi di vecchia civiltà giuridica non potrebbero puramente e semplicemente ignorare quest'adesione, nè negarne il significato. La delegazione ha giudicato che il nostro paese non poteva stare lontano dalla comunità convenzionale sorta da questo nuovo strumento di codifica¬ zione e che doveva, firmando la convenzione e il protocollo di firma facolta¬ tiva concernente il regolamento obbligatorio delle controversie, dimostrare con il fatto l'affezione che porta,tradizionalmente al rispetto e allo sviluppo del diritto internazionale. .

3. Fondandoci sulle considerazioni che precedono, vi proponiamo di' approvare la convenzione di Vienna del 24 aprile 1963 sulle relazioni conso-, lari, e il protocollo di firma facoltativa concernente il,regolamento obbliga¬ torio'delle
controversie, pure di quella data. ' * La costituzionalità del disegno di decreto federale deriva dall'articolo 8 della Costituzione federale, secondo cui la Confederazione ha il diritto di stabilire trattati con gli Stati esteri. La competenza dell'Assemblea federale : si fonda sull'articolo 85, numero 5, della medesima Costituzione./Poiché la convenzione e il protocollo sono conchiusi per una durata indeterminata, né contengono una clausola di disdetta, il decreto federale che vi chiediamo di approvare è sottoposto all'articolo 89, capoverso 3, concernente il referen¬ dum in materia di trattati internazionali, della Costituzione, federale.

1883 Vogliate gradire, onorevoli signori Presidente e Consiglieri, l'espressione della nostra alta considerazione.

Berna, 8 settembre 1964.

In nome del Consiglio federale svizzero, Il Presidente della Confederazione: L. von Moos.

Il Cancelliere della Confederazione: Ch. Oser.

I

Schweizerisches Bundesarchiv, Digitale Amtsdruckschriften Archives fédérales suisses, Publications officielles numérisées Archivio federale svizzero, Pubblicazioni ufficiali digitali

Messaggio del Consiglio Federale all`Assemblea federale concernente l`approvazione della convenzione di Vienna del 24 aprile 1963 sulle relazioni consolari (dell`8 settembre 1964)

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