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10090 Messaggio del Consiglio federale all'Assemblea federale concernente la revisione della legge sui rapporti fra i Consigli (Del 13 novembre 1968)

Onorevoli signori Presidente e Consiglieri, Abbiamo l'onore di sottoporvi, con il presente messaggio, il disegno di una revisione della legge sui rapporti fra i Consigli.

A DIRITTO D'INIZIATIVA PARLAMENTARE I. Introduzione Il 4 giugno 1964, il Consigliere nazionale Ackermann, fondandosi sul- · l'articolo 93, capoverso 1, della Costituzione federale, sottopose al Consiglio una proposta concernente l'affare «Mirages». Tale proposta non fu però considerata dall'ufficio del Consiglio nazionale un'iniziativa secondo la norma costituzionale suddetta. Riferendosi allo stesso articolo, il consigliere nazionale Georges Borei presentò, il 18 giugno 1964, un disegno di legge sull'organizzazione del servizio civile per gli obiettori di coscienza.

Durante lo stesso anno ancora, i Consiglieri nazionali König e Werner Schmid, presentarono altri due disegni, l'uno concernente l'ampliamento della giurisdizione amministrativa e l'altro riguardante delle disposizioni intese a completare l'articolo 41 della Costituzione federale.

Siffatti interventi indussero gli uffici dei due Consigli a chiedere al Consiglio federale d'invitare uno o due consulenti di diritto pubblico ad esaminare le questioni di diritto costituzionale o di procedura che potreb¬ bero insorgere per quanto concerne l'esercizio del diritto d'iniziativa parla¬ mentare. Il Consiglio federale accettò la richiesta ed incaricò pertanto il Dipartimento federale di giustizia e polizia di provvedervi.

Il 15 aprile 1965, il giudice federale dott. Harald Huber, di Losanna, e il prof. dott. Hans Nef, di Zurigo, i due specialisti chiamati ad assolvere tale mansione, presentarono una perizia giuridica in comune. Il 2 luglio 1965, il Dipartimento federale di giustizia e polizia, a richiesta degli uffici sud¬ detti, espresse il suo parere riguardo alla perizia ed elaborò parimente proFoglio Federale, 1968, Voi. 11

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1322 poste concrete quanto alla procedura da seguire net caso d'iniziative parla¬ mentari.

Nel frattempo, e più precisamente il 16 giugno 1965, il Consigliere na¬ zionale Ackermann aveva presentato una mozione, appoggiata da 92 parla¬ mentari, che invitava il Consiglio federale a riscontrare l'opportunità di completare la legge sui rapporti fra i Consigli, al fine di tutelare il diritto d'iniziativa parlamentare, garantito dalla Costituzione, e di assicurarne l'applicazione uniforme. La mozione invitava parimente l'Esecutivo a pre¬ sentare un pertinente rapporto alle Camere, corredato di proposte adeguate.

Prima ancora che i Consigli incominciassero l'esame della mozione, i loro rispettivi Uffici emanarono, il 16 luglio 1965, le direttive provvisorie per «l'elaborazione di iniziative in conformità dell'articolo 93 Cost.» e le sottoposero ai pertinenti Consigli affinché le riscontrassero. Nondimeno, il Consiglio degli Stati, cui spettava la priorità, le respinse il 5 ottobre 1965 con 30 voti contro 7.

Il 1° dicembre 1965, il Consigliere nazionale Ackermann ritirò la mozione presentandone però simultaneamente una nuova, formalmente diversa ma sostanzialmente intesa a perseguire il medesimo scopo. La nuova mozione fu approvata il 15 dicembre 1965 dal Consiglio nazionale e il 21 giugno 1966 dal Consiglio degli Stati.

Per non dover attendere l'adozione di nuove disposizioni legali al fine di trattare le cinque iniziative pendenti (nel frattempo, infatti, anche i Con¬ siglieri nazionali Waldner e Dafflon avevano fatto uso del diritto d'inizia¬ tiva) l'ufficio ampliato del Consiglio nazionale elaborò le nuove direttive provvisorie, che furono approvate dal Consiglio suddetto il 15 marzo 1966.

Tali direttive sono unicamente valide per il Consiglio nazionale e saranno applicabili soltanto fino all'entrata in vigore dell'ordinamento legale chiesto dalla mozione Ackermann.

Poiché i pareri espressi nei Consigli legislativi e dall'opinione pubblica, quanto all'esercizio del diritto d'iniziativa parlamentare, si scostavano con¬ siderevolmente, il Consiglio federale giudicò opportuno di sottoporre nuo¬ vamente tutti i problemi posti ad un esame approfondito. A tale scopo, il Dipartimento federale di giustizia e polizia incaricò dapprima il prof. dott.

Hans von Greyerz, in Berna, di studiare le basi storiche
del diritto d'inizia¬ tiva parlamentare e successivamente il prof. dott. Hans Huber, di Berna, di esaminarne gli aspetti giuridici. Come osservammo nella nostra risposta del 3 luglio 1968 alla corrispondente interrogazione del Consigliere nazionale Werner Schmid, la perizia giuridica conteneva essenzialmente le seguenti conclusioni: L'iniziativa parlamentare ha carattere autonomo ed è pertanto indipendente dalla mozione o dal postulato. Contrariamente a quest'ultimi, essa è uno strumento di diritto costituzionale immediatamente applicabile; l'esecuzione di siffatto diritto non esige quindi una forma legale più parti¬ colareggiata. Nondimeno, nulla si oppone all'istituzione di corrispondenti

1323 norme di diritto, attuabili tanto sul piano costituzionale, quanto sul piano legislativo, quest'ultimo essendo considerato più adeguato.

Per quanto concerne la questione, assai controversa, a sapere se della iniziativa parlamentare debbano occuparsi ambedue i Consigli oppure sol¬ tanto il Consiglio cui appartiene il promotore della medesima, il perito consultato ammette l'esistenza di una lacuna effettiva e dichiara che non gli è facile suggerirne la soluzione. Egli ritiene comunque che ambedue i sistemi siano validi e conformi alla Costituzione. Per il rimanente, il perito suddetto è del parere che il diritto d'iniziativa parlamentare debba essere esercitato soltanto in forma di disegno specifico elaborato e non parimente in forma di proposta generale; un'iniziativa promossa in quest'ultima forma va infatti trattata come una mozione.

II. Orìgine e natura giuridica del diritto d'iniziativa parlamentare Secondo l'articolo 93 della Costituzione federale del 1874, attualmente in vigore, ognuno dei due Consigli e ogni membro di ciascuno di essi ha il diritto d'iniziativa. I Cantoni possono esercitare il medesimo diritto per corrispondenza. L'origine di questa disposizione, recepita senza alcuna mo¬ dificazione dalla Costituzione del 1848, va ricercata nell'articolo 55 del disegno d'atto federale del 15 dicembre 1832, il quale definiva che l'inizia¬ tiva doveva essere esercitata, per gli affari della Dieta, a) dal Consiglio federale, b) dai Cantoni, e) dai membri della Dieta e che il regolamento doveva disciplinarne la procedura. Il diritto d'iniziativa del Consiglio fede¬ rale, menzionato nel disegno suindicato è stato recepito tanto nella Costi¬ tuzione del 1848, quanto nella Costituzione del 1874, in un articolo distinto (90, numero 4, e, rispettivamente, 102, numero 4).

Senza uno sguardo retrospettivo sulla situazione costituzionale sino al 1848 è quasi impossibile farsi un'idea precisa sul diritto d'iniziativa accor¬ dato al Parlamento e, segnatamente, a ciascun membro dei Consigli, al momento dell'istituzione dello Stato federale.

Conformemente al patto federale del 1815, il diritto d'iniziativa nella Dieta spettava, in modo affatto generale, unicamente ai Cantoni come Stati; erano quindi escluse le iniziative individuali dei membri della Dieta.1 Durante il periodo della Restaurazione,
i piccoli consigli esercitavano il sommo potere sui Cantoni. Tuttavia, in taluni di essi, come Zurigo, Lu¬ cerna, Soletta e Basilea, il diritto di proporre atti legislativi, oltre al Piccolo Consiglio, spettava parimente a ciascun membro del Gran Consiglio o ad un quorum di deputati del Gran Consiglio; era nondimeno necessario infor¬ marne previamente l'autorità suprema del Cantone o trasmettere successi¬ vamente il testo proposto al Piccolo Consiglio. In altri Cantoni, come Berna, 1

His, Geschichte des neuem schweizerischen Staatsrechts, volume II, p. 173.

1324 Friburgo o Sciaffusa, il Gran Consiglio poteva unicamente risolvere sui disegni di legge sottopostigli dal Piccolo Consiglio; il diritto d'iniziativa determinante per l'avvio della procedura legislativa non spettava dunque, in tali Cantoni al Gran Consiglio, né ai suoi membri.1 Il successivo periodo della Rigenerazione (1830-1848) recò profondi mutamenti nei rapporti tra il legislativo e l'esecutivo, promovendo nei Can¬ toni a rappresentanza democratica il principio secondo cui il potere esecu¬ tivo doveva essere subordinato a quello legislativo. Al Gran Consiglio o ai suoi membri fu infatti accordato il diritto d'esercitare integralmente l'ini¬ ziativa legislativa2; trattavasi, a tale riguardo, del diritto autonomo di presentare, nel Gran Consiglio, disegni di legge senza che all'esecutivo sia stato possibile esercitare un influsso determinante sulla loro elaborazione.

Il diritto d'iniziativa dei deputati fu quindi recepito, con le suddette caratteristiche giuridiche e 'tale portata, nella Costituzione del nuovo Stato federale.

Successivamente, il diritto d'iniziativa non è stato però definito nella Costituzione e neppure nella legge sui rapporti fra i Consigli o in altro atto legislativo. Anche i regolamenti dei due Consigli non contengono alcuna definizione del diritto d'iniziativa. Nondimeno, quelli in vigore dal 1962 stabiliscono almeno che gli oggetti delle deliberazioni pervengono ai Con¬ sigli, tra altro, per esercizio del diritto d'iniziativa conformemente all'arti¬ colo 93 della Costituzione federale (art. 34, n. 1, CN e art. 37, n. 1, CS). Essi non precisano tuttavia come debba essere inteso il termine «diritto d'inizia¬ tiva», né quale procedura debba essere introdotta. Per contro,'la vecchia legge del 1902 sui rapporti fra i Consigli contemplava, a tale riguardo, una norma di procedura; nel suo articolo 4, capoverso 4, era infatti stabilito che un disegno di legge o di decreto «presentato in forma di mozione» non doveva essere trasmesso all'altro Consiglio se il primo aveva risolto di non prenderlo in considerazione ò l'aveva respinto dopo discussione. Riesamine¬ remo successivamente questa disposizione, indubbiamente riferentesi al diritto d'iniziativa, non secondo la forma, bensì secondo il tenore.

I processi verbali delle deliberazioni rivelano che la commissione di revisione
della Dieta, incaricata di elaborare la nuova Costituzione, distin¬ gueva tra le proposte e le iniziative aventi per oggetto una legge intera e quelle intese a modificare o completare i disegni.3 Infatti, mentre ai mem¬ bri del Parlamento e al Consiglio federale come autorità era attribuito il diritto d'iniziativa nel senso più vasto del termine, a ciascun membro del Consiglio federale spettava unicamente il diritto di presentare proposte modificative o completive.

1 2 3

His, op. cit., p. 299, 300.

His, op. cit. p. 253.

Processo verbale della commissione di revisione, p. 136.

1325 I pareri espressi nei documenti riguardo alla natura giuridica del diritto d'iniziativa parlamentare sono assai concordi. In generale, esso è considerato un diritto autonomo (iniziativa) di presentare un disegno di legge o di de¬ creto, elaborato compiutamente. Per contro, le opinioni divergono ed impre¬ cisioni sussistono quanto alla terminologia tedesca, poiché le espressioni «Iniziative», «Vorschlag», «Antrag», «Anzug» e «Motion» sono sovente impiegate nello stesso senso, segnatamente nelle vecchie opere sul diritto pubblico. Le divergenze maggiori si manifestano quanto alla determinazione della forma dell'esercizio del diritto d'iniziativa individuale dei parlamen¬ tari e, inoltre, riguardo alla procedura da seguire per il trattamento dell'ini¬ ziativa.

III. Esame delle singole questioni Prima di commentare esaustivamente le nostre proposte per un disciplinamento legale del diritto d'iniziativa parlamentare, ci sembra opportuno di esaminare avantutto le questioni di diritto costituzionale e di procedura, che, nel caso specifico, rivestono un'importanza particolare.

I. Occorre precisare, in primo luogo, che all'articolo 93, capoverso 1, della Costituzione federale, si è finora ricorso soltanto assai raramente.

Diverse iniziative trattavano degli onorari e delle pensioni ai membri del Consiglio federale1. Un'iniziativa Häberlin del 1891 concerneva la revi¬ sione dell'articolo 39 2 e un'iniziativa Brunner del 1893 quella degli articoli 89 e 90 3 della Costituzione.

La commissione della gestione del Consiglio nazionale presentò, nel 1929, un disegno di revisione della legge sulle indennità di presenza e di viaggio dei membri del Consiglio 4; nel 1934 e nel 1968, la commissione delle finanze del Consiglio nazionale presentò ugualmente due disegni riguardanti detta legge 5. Nel 1958, una commissione del Consiglio degli Stati propose l'inserimento, nella Costituzione federale, di un articolo sulla protezione civile6; nel 1961, una Commissione del Consiglio nazionale propose di completare la legge federale del 1874 concernente le votazioni popolari su leggi e risoluzioni federali7 e nel 1963 un'altra commissione di detto Consiglio propose, a sua volta, di ordinare un'amnistia fiscale generale.

1 Burkhardt, Bundesrecht, n. 601 bis/1 e 633; boli. sten. CN 1912, p. 33/34; RU 58, 1219; boli. sten. CS
1946, p. 170; CN 1955, p. 38 e ss. e 42 ss.; CS 1959, 94 e 2ss.; RU 1963, 531.

Salis, Bundesrecht, n. 181.

' . 34 Salis, op. cit., n. 368 N. 2 Burckhardt, op. cit., n. 598/VI.

«Bol.

sten. CN 1934, p. 843-844; boli. uff. CN 1968, p. 361 ss.

6 Boll. sten. CS 1958, p. 202 ss.

7 Commenti sui disegni sottoposti a votazione, boli. sten. CN 1961, p. 408 ss.

ss.

1326 Sembra che nessun membro dei due consigli abbia fatto uso, sino al 1964, del diritto individuale conferitogli dall'articolo 93, capoverso 1, della Costituzione federale. (Le iniziative Häberlin e Brunner sono state infatti deposte come mozioni e firmate anche da altri membri del Consiglio).

2. Già nel 1872, era stata presentata, in forma di mozione, un'iniziativa intesa a migliorare la retribuzione dei membri del Consiglio federale. Casi analoghi, come già menzionammo, sono costituiti dall'iniziativa Häberlin, presentata nel 1891 e dall'iniziativa Brunner del 1893. In occasione della revisione, nel 1902, della prima legge federale sui rapporti fra i Consigli del 1849, i Consigli inserirono nella legge, su proposta della commissione del Consiglio degli Stati, incaricata dello studio pertinente, una disposizione che stabiliva l'impiego della mozione per le iniziative parlamentari presen¬ tate in forma di disegno elaborato (art. 4, cpv. 4). Si trattava di una mozione «sui generis», la quale con la mozione del vecchio e del nuovo regolamento aveva in comune soltanto il nome e la circostanza d'essere sottoposta a talune analoghe prescrizioni procedurali; per contro, sostanzialmente essa si riferiva manifestamente al diritto d'iniziativa. Il Consiglio federale aveva già evidenziato tale divergenza nel suo rapporto del 5 gennaio 1926 circa un postulato del Consiglio degli Stati concernente la legge sui rapporti tra i Consigli (FF 1926 I, 17 ss.). Anche il Parlamento non ignorava tali speci¬ fiche caratteristiche; infatti durante l'elaborazione di siffatte «mozioni», fu sempre fatto rilevare, ove occorreva, che si trattava effettivamente del diritto d'iniziativa, secondo l'articolo 93 della Costituzione 2.

Già sotto l'egida della legge sui rapporti fra i Consigli del 1902 fu in¬ staurata la consuetudine di non più designare le iniziative come mozioni e di non più trattarle come tali, ma di richiamarsi direttamente all'articolo 93 della Costituzione come base giuridica3. Inoltre, nella suddetta legge non furono reinserite le disposizioni del vecchio articolo 4, capoverso 4, e ciò non certamente perché il legislatore intendeva sopprimere il diritto d'inizia¬ tiva dei parlamentari, ma piuttosto per il fatto che, nello spirito dei legisla¬ tori interessati, le particolarità della mozione secondo l'articolo
4, capoverso 4, sono state offuscate dalla consuetudine, per essi, di trattare col tipo di mozione tradizionale, radicato nei regolamenti dei Consigli.

Secondo la definizione concordante contenuta nei regolamenti dei due Consigli, le mozioni costituiscono delle proposte indipendenti intese ad obbligare il Consiglio federale alla presentazione di un disegno di legge o di decreto o a dargli istruzioni imperative circa un provvedimento da pren¬ dere o proposte da fare (art. 36, cpv. 1, R del CN; art. 40, cpv. 1, R del 1

Boll. sten. CN 1912, p. 33.

23 Boll. sten. CN 1911, p. 328 ss., 1912, p. 32 ss; 1918, p. 407.

Boll. sten. CCS 1958, p. 205; CN 1961, p. 417.

1327 CS). Da quanto precede risulta manifestamente che i concetti d'iniziativa e di mozione non sono identici e che il diritto d'iniziativa non può esaurirsi compiutamente nel diritto di mozione. Trattasi infatti di due istituti giuri¬ dici essenzialmente diversi: mentre l'iniziativa rappresenta un diritto costi¬ tuzionale immediatamente applicabile ed esplicabile senza un influsso determinante dell'Esecutivo, la mozione costituisce un semplice istrumento di diritto parlamentare su un piano puramente legislativo. Que¬ sto accertamento s'applica a più forte ragione al rapporto tra iniziativa e postulato1. Condividiamo la convinzione espressa nella perizia Huber se¬ condo cui il diritto d'iniziativa parlamentare, giusta l'articolo 93, capoverso 1, della Costituzione federale, ha un carattere autonomo ed indipendente dal diritto di presentare mozioni e postulati e non si esaurisce in questo ultimo. Ne consegue ovviamente che un disciplinamento legale del diritto d'iniziativa parlamentare deve tener conto di questa situazione, determinata dalla Costituzione.

3. L'articolo 93, capoverso 1, della Costituzione conferisce il diritto d'iniziativa, da una parte, a ciascuno dei due Consigli e, d'altra parte, a ciascuno dei loro membri.

Si potrebbe condividere l'opinione secondo cui i Consigli esercita¬ vano il loro diritto d'iniziativa approvando l'iniziativa di un loro membro e facendola propria 2. Se così fosse .stato, sarebbe tuttavia difficilmente com¬ prensibile come mai gli autori della Costituzione abbiano accordato il diritto d'iniziativa anche ai due Consigli. Nel suo parere giuridico, Huber tende per un'altra spiegazione, riferendosi agli ordinamenti cantonali all'epoca della Rigenerazione. Secondo tale spiegazione, in favore della quale stanno numerosi argomenti, i Consigli fanno uso del loro diritto d'iniziativa incari¬ cando una commissione di elaborare un disegno successivamente attribuito alla loro propria iniziativa. A titolo d'esempio, potrebbero essere menzio¬ nate le analoghe decisioni dei due Consigli del 1964, le quali incaricavano le commissioni di gestione di presentare un rapporto sull'estensione del con¬ trollo dell'Amministrazione e di sottoporre proposte.3 La cerchia delle persone beneficianti del diritto d'iniziativa non è stata definitivamente stabilita nell'articolo 93, capoverso
1, della Costituzione, nel senso che la prassi ha sempre ammesso ad esercitare il diritto d'inizia¬ tiva un determinato numero di consiglieri come anche di commissioni dei Consigli. Si argomentava in effetti che non si può negare a un gruppo di deputati un diritto riconosciuto a ciascun membro dei Consigli. Come già 1 Riguardo al concetto di postulato, vedi art. 37 del R del CN e art. 41 del R del2 CS.

Approssimativamente in tale senso s'esprime Burckhardt, Kommentar, p.

719. 3 Boll. uff. CN 1964, p. 409 e 492; CS 1964, p. 202 e 242-245.

1328 osservammo, sembra che sino al 1894 il diritto d'iniziativa non sia stato utilizzato che da parecchi parlamentari in comune o da commissioni parla¬ mentari.

.

4. Assai controversa è la questione a sapere se l'iniziativa presentata da un membro di un Consiglio debba essere trasmessa all'altro anche se il primo ha risolto di non prenderla in considerazione o l'ha respinta.

A tale riguardo, nulla è stabilito nella Costituzione federale.

Con una sola eccezione,1 tutti gli autori sono del parere che l'inizia¬ tiva parlamentare è presentata, non ai due Consigli, ma solo a quello cui appartiene il promotore della medesima; l'altro Consiglio se ne occuperà parimente, soltanto dopo che il primo abbia trattato l'iniziativa.2 Sotto l'egida della vecchia legge del 1902 sui rapporti fra i Consigli, abrogata nel 1962, la questione era disciplinata secondo il diritto positivo; giusta il suo articolo 4, capoverso 4, infatti, potevano essere trasmesse all'altro Consiglio soltanto le iniziative già approvate dal primo. Dopo l'en¬ trata in vigore della nuova legge del 1962, omettendo essa di disciplinare la questione, per la prima volta s'è offerta al Consiglio degli Stati, durante la sessione autunnale del 1967, di trattare un'iniziativa individuale presentata da un deputato al Consiglio nazionale che quest'ultimo non aveva preso in considerazione. Durante le deliberazioni, il Consiglio degli Stati giudicò, in armonia con la dottrina predominante, che l'iniziativa individuale di un membro delle Camere può unicamente avere i suoi pieni effetti giuridici nel Consiglio cui egli appartiene. Se quest'ultimo Consiglio non accetta l'inizia¬ tiva, non spetta pertanto all'altro di occuparsene; conseguentemente, il Con¬ siglio degli Stati rifiutò di trattare l'iniziativa.3 Il Consiglio federale chiese un parere giuridico su tale questione già nel 1902, durante la revisione della legge sui rapporti tra i Consigli del 1849, allorquando fu messa in dubbio la costituzionalità dell'articolo 4, capoverso 4, ripetutamente citato, proposto dalla commissione del Consiglio degli Stati, incaricata di studiare il disegno di legge. Nella sua perizia dell'8 marzo 1902, trasmessa al Presidente della Confederazione, il Cancelliere Ringier riconosceva la costituzionalità di questa nuova disposizione. Secondo tale parere giuridico, il fatto che l'altro Consiglio era chiamato a trattare anche l'iniziativa singola respinta dall'altro non significa altro che «il 1 2

Burckhardt, Kommentar, p. 721.

Cfr. Aubert, Trattato di diritto costituzionale svizzero, n. 1400 Die oberste Gewalt im Bunde, tesi Berna 1949, p. 59 N. 71; Fleiner/Giacometti, Bundes¬ staatsrecht, p. 547-548. Kamer, Das Zweikammersystem im schweizerischen Bun¬ desstaat, tesi Zurigo 1953, p. 100 e MO; Schollenberger Kommentar, p. 535; Seeger, Das Gesetzgebungsverfahren in der schweizerischen Bundesversammlung, tesi Berna 1915, p. 10-11. .

, 3 Boll. uff. CS 1967, p. 265.

1329 conferimento ad un membro del Consiglio nazionale del diritto di presen¬ tare parimente iniziative al Consiglio degli Stati e viceversa; in tali condi¬ zioni, nessuna ragione s'opporrebbe al successivo conferimento al promotore dell'iniziativa del diritto di motivarla nell'altro Consiglio e di partecipare alle discussioni. Ne conseguirebbe infine l'ammissibilità dell'appartenenza simultanea ai due Consigli. Nondimeno, un tale disciplinamento sarebbe contrario non solo alla natura del sistema bicamerale, bensì alla chiara disposizione degli articoli 77 e 81 della Costituzione federale».

Il parere giuridico Huber/Nef del 15 aprile 1965 reca altre conclusioni.

Infatti, fondandosi sulle argomentazioni Burckhardt e riferendosi alla posi¬ zione conferita all'articolo 93 nella Costituzione come anche alla prassi osservata riguardo all'iniziativa dei Cantoni, i suoi autori inferiscono che l'iniziativa di un membro dei Consigli, giusta l'articolo 93, è presentata al¬ l'Assemblea federale e quindi ai due Consigli.

Nel suo rapporto del 2 luglio 1965 riguardo a tale pareie, il nostro Dipartimento di giustizia e polizia, riferendosi avantutto all'ordinamento legale rimasto in vigore per 60 anni, conclude diversamente e si dichiara pertanto favorevole alla dottrina predominante.

Secondo la perizia Huber del 31 maggio 1968, la Costituzione rivela in questo campo una vera lacuna che, a buona ragione, potrebbe essere col¬ mata in un modo o l'altro. Ancorché ambedue le soluzioni siano conformi alla Costituzione, è estremamente arduo scegliere quella più adeguata.

È opportuno risolvere la questione controversa secondo il diritto posi¬ tivo. Il Consiglio federale dà pertanto la preferenza al disciplinamento trac¬ ciato nella, vecchia legge sui rapporti fra i Consigli, caldeggiato dalla grande maggioranza delle opere di diritto pubblico, e presenta un disegno corrispondente fondato sulle considerazioni seguenti: Gli autori del Patto federale, in cui, per la prima volta, era menzionato il diritto d'iniziativa di ciascun deputato, opinavano indubbiamente per il sistema unicamerale nel futuro Parlamento. Durante l'elaborazione della Costituzione del 1848, il diritto d'iniziativa fu recepito senza discussioni e rimase sostanzialmente intatto anche dopo tutte le modificazioni formali operate nel testo del
disegno. Quando, a fine marzo 1848, il sistema bica¬ merale fu adottato dopo intensi dibattiti, nessuno più pensò, né la commis¬ sione di revisione né la Dieta, al diritto d'iniziativa, cosicché l'istituto appositamente concepito per il sistema unicamerale si radicò nel sistema bicamerale del nuovo Stato federale, senza essere adeguato a condizioni fondamentalmente diverse. Nulla però si oppone -- e tanto meno la genesi dell'istituzione -- ad un adeguamento ulteriore dell'istituto in modo da renderlo possibilmente consono al sistema bicamerale.

I diritti che il singolo parlamentare esercita all'Assemblea federale gli spettano per la sua qualità di membro del Consiglio nazionale o del Con-

1330 siglio degli Stati. Conseguentemente, tali diritti possono produrre diretta¬ mente i loro effetti soltanto nel Consiglio cui appartiene il deputato che, a sua volta, non può esercitare i suoi diritti nell'altro Consiglio. Anche il diritto d'iniziativa è limitato da tale sistema. Infatti, se il Consiglio, cui appartiene il promotore dell'iniziativa, non approva la proposta, l'autore non può ignorare siffatta decisione e ricorrere all'altro Consiglio; egli è tenuto per contro ad osservarla. L'altro Consiglio può trattare infatti un'iniziativa solo qualora essa sia stata accettata dal Consiglio cui appartiene il promo¬ tore della medesima.

Contro le considerazioni esposte si potrebbe inferire che le proposte del Consiglio federale e le iniziative dei Cantoni sono presentate ai due Consi¬ gli; una discriminazione dell'iniziativa individuale dei deputati non sarebbe pertanto giustificata. Orbene, tale argomentazione non è pertinente. Indi¬ pendentemente dalla circostanza secondo cui i due Consigli, giusta l'articolo 102, numero 4, della Cost., devono trattare le proposte del Consiglio fede¬ rale, i presupposti divergono considerevolmente. Infatti, mentre l'iniziativa di un singolo deputato è proposta da un membro del legislativo, le proposte del Consiglio federale e dei Cantoni pervengono al Legislativo dall'esterno.

Rispetto a quest'ultimo potere, il Consiglio federale e i Cantoni, in una determinata misura, possono essere considerati terzi. L'affermazione, se¬ condo cui un solo Consiglio, ovvero quello bénéficiante della priorità, possa decidere del destino riservato ad un'iniziativa proveniente dall'esterno, si oppone al principio costituzionale della parità dei due Consigli sul quale è fondato il sistema bicamerale, il quale esige invece che il secondo Consiglio esamini parimente l'iniziativa.

La natura stessa delle cose impone talune distinzioni in questo campo.

Sarebbe pertanto inesatto scorgervi una discriminazione oppure l'intento di togliere all'iniziativa individuale dei parlamentari, il suo valore intrinseco.

Daltronde, a favore della soluzione preconizzata sta ugualmente la preoc¬ cupazione di mantenere in vigore una procedura razionale.

5. Occorre inoltre chiedersi se i membri dei Consigli dispongano, in virtù della Costituzione, del diritto di presentare un'iniziativa tanto
sotto ·forma di disegno elaborato quanto sotto forma di proposta generale.

L'articolo 93, capoverso 1, della Costituzione federale nulla stabilisce a tale riguardo, mentre l'articolo 4, capoverso 4, della vecchia legge sui rap¬ porti fra i Consigli contemplava unicamente la forma del disegno compiu¬ tamente elaborato. La genesi dell'articolo 93, capoverso 1, conferma la fon¬ datezza di questo ordinamento, poiché per diritto d'iniziativa s'intendeva il diritto di presentare un disegno elaborato. Da questo profilo, è arduo asserire che i membri dei Consigli possono, in virtù del diritto costituzio¬ nale, esercitare parimente il diritto d'iniziativa sotto forma di proposta generale.

1331 Non sussiste alcun bisogno di presentare un'iniziativa di carattere generale. Infatti, il deputato, che non intende presentare individualmente uri disegno elaborato, può chiederne l'elaborazione al Consiglio federale presen¬ tando una mozione. Successivamente, l'Esecutivo prowederà a formulare il desiderio espresso, tenuto conto delle esigenze giuridiche. Nulla si oppone quindi al fatto che tali proposte generali, presentate da un deputato, siano accettate come mozioni semplici e trattate come tali.

Per contro, i Consigli, qualora facciano uso del loro diritto d'iniziativa, devono poter disporre della facoltà d'incaricare una commissione speciale di elaborare il disegno auspicato (cfr. n. 3).

6. La Costituzione federale scevera il diritto d'iniziativa dal diritto di fare proposte. Per quest'ultimo, s'intende il diritto di presentare proposte concernenti un oggetto di discussione. La Costituzione non parla tuttavia del diritto di proporre del singolo deputato, poiché tale diritto è manifesto.

Non è però evidente il diritto di proporre dei membri dell'Esecutivo, per cui l'articolo 101 della Costituzione lo specifica espressamente.

L'iniziativa ha carattere autonomo e pertanto un'esistenza propria poi¬ ché essa consiste in un disegno indipendente di legge o di decreto. La pro¬ posta invece non vanta una natura indipendente poiché essa è regolarmente vincolata ad un oggetto in discussione, sul quale essa tende ad esercitare un qualsiasi influsso. Gli esempi più frequenti sono le proposte volte a modifi¬ care, ad abrogare o a completare una disposizione, a riesaminare una deci¬ sione o a presentare una mozione d'ordine.Nonostante il loro carattere autonomo, le iniziative possono parimente concernere affari pendenti. A tale riguardo, rinviamo il disegno del Consi¬ glio federale del 18 aprile 1958 inteso a stabilire, sul piano legale, un ordina¬ mento provvisorio della protezione civile. La commissione del Consiglio degli Stati incaricata di esaminarlo era del parere che occorreva avantutto istituire un fondamento costituzionale sicuro e sottopose pertanto al Con¬ siglio, in virtù dell'articolo 93, capoverso 1, Cost., il disegno di un nuovo articolo costituzionale sulla protezione civile. La commissione non avrebbe ovviamente raggiunto lo scopo mediante una semplice proposta; orbene, se avesse
rinunciato a valersi della mozione -- la quale avrebbe provocato un rinvio del problema al Consiglio federale --, non le restava altra procedura che l'iniziativa. Possono insorgere anche altri casi analoghi: ad esempio un deputato presenta un progetto elaborato di legge o di decreto, sostituibile ad una mozione concernente il medesimo oggetto, non ancora approvata dal Consiglio. In tale caso non sussiste alcun motivo valido per impedire al deputato d'esercitare il suo diritto d'iniziativa. Conseguentemente, è esage¬ rata la concezione secondo cui l'iniziativa individuale non deve mai riferirsi ad affari pendenti.

1332 D'altro canto è ovvio che l'uso illimitato del diritto d'iniziativa potrebbe pregiudicare o magari intralciare il buon andamento degli affari parlamen¬ tari; infatti, nel suo parere giuridico, Huber parla perfino, a tale riguardo, di pratiche dilatorie. Per prevenire abusi, s'impone pertanto una determinata limitazione. Siamo del parere che a un membro dei Consigli possa essere chiesto di rinunciare a tale diritto qualora e fintanto che gli sia possibile esporre la sua opinione, valendosi del diritto di proporre, in una seduta plenària del Consiglio e che soltanto ove tale possibilità venisse a mancare egli debba poter fruire del diritto d'iniziativa e presentare, durante l'ela¬ borazione di un affare pendente, un disegno di legge o di decreto, l'esame del quale dovrebbe svolgersi simultaneamente all'elaborazione del disegno in discussione.

7. Ovviamente, la Costituzione federale stabilisce che i Cantoni deb' bano essere consultati ove siano elaborate leggi esecutive concernenti la protezione civile (art. 22 bis), la cinematografia (art. 27 ter), le borse di studio (art. 27 quater); il diritto economico (art. 32), il diritto del lavoro (art: 34 ter) e le questioni inerenti gli Svizzeri dell'estero (art. 45 bis). Nel caso degli articoli 27 ter, 32 e 34 ter, devono parimente essere consultate le associazioni-interessate. Disposizioni analoghe sono ugualmente recepite in taluni testi di leggi federali.

Questo ordinamento dev'essere pure osservato qualora un disegno per¬ tinente non è presentato dal Consiglio federale, bensì da uno dei due Con¬ sigli oppure da uno o più membri del Legislativo o da una commissione dei due Consigli. Per motivi pratici, il Consiglio federale e l'Amministrazione dovrebbero essere incaricati di applicare la procedura di consultazione.

8. Il diritto d'iniziativa parlamentare dev'essere esercitato, per la sua stessa natura, indipendentemente dall'Esecutivo, ancorché ciò non significhi che debba essere esclusa qualsiasi collaborazione del Consiglio federale come autorità o che l'intervento" dell'Esecutivo sia limitato alla" facoltà di presentare proposte, accordata ai suoi membri in virtù dell'articolo 101 della Costituzione federale. Un siffatto modo di vedere s'opporrebbe pertanto alla concezione cui s'ispirano attualmente i legislatori, secondo la quale la legislazione
deve emanare da una procedura razionale e armonica durante cui il Consiglio federale deve ugualmente esercitare una funzione parziale.1 L'Esecutivo non potrebbe svolgere tale compito,.se il testo dell'iniziativa gli fosse trasmesso unicamente a titolo d'informazione, poiché esso deve tempestivamente poter esprimersi'sulla sostanza dell'oggetto e, ove occorra, presentare controproposte. Tale prassi non infirma affatto la libertà d'ini¬ ziativa e di decisione dei Consigli legislativi; d'altronde, le vigenti direttive provvisorie del Consiglio nazionale prevedono siffatta possibilità.

1

Bäumlin, RDS 1966, p. 259 ss.

1333 9. Ancorché l'iniziativa parlamentare si fondi sul diritto costituzionale direttamente applicabile, non sarebbe opportuno rinunciare a un ordina¬ mento di diritto positivo per poi affidare alla prassi la soluzione dei pro¬ blemi posti dall'esercizio del diritto d'iniziativa. Per quanto concerne le questioni essenziali, i pareri non sono conformi; d'altra parte, il timore, che le decisioni siano diverse secondo i casi e che la prassi osservata da un Consiglio diverga da quella seguita nell'altro, non è privo di fondamento.

S'impone pertanto la determinazione di norme precise, anche solo nell'in¬ teresse dell'uniformità e della sicurezza giuridica.

Evidentemente, ciò non significa affatto che ogni particolare problema debba essere disciplinato. I Consigli devono infatti poter mantenere una completa libertà d'adeguare il loro proprio regolamento ogniqualvolta non risulti necessario istituire un disciplinamento uniforme. Il nostro disegno si limita pertanto a quölle disposizioni che non potrebbero essere emanate mediante decisioni autonome dei Consigli legislativi.

Condividiamo il parere del professor Huber, secondo cui l'istituzione di nuove norme costituzionali non è necessaria e nemmeno opportuna, ba¬ stando unicamente provvedere ad una revisione parziale della legge sui rap¬ porti fra i Consigli.

»

IV. Chiarimenti concernenti il disegno Le disposizioni che vi proponiamo appartengono, riguardo alla classi¬ ficazione, al capitolo III «Deliberazioni nei due Consigli». Più particolar¬ mente, esse sono classificate sotto il titolo «2 bis, Procedura in caso di ini¬ ziativa parlamentare», tra i capitoli «2. Procedura in casi di divergenze» e «3. Procedura in caso di iniziativa popolare» e designate articoli 21 bis a 21 sexies.

L'articolo 21 bis definisce il diritto d'iniziativa secondo l'articolo 93, capoverso 1, della Costituzione come diritto di presentare un disegno ela¬ borato di legge o di decreto. Con tale definizione, s'intende simultaneamente precisare che le proposte in forma generale sono inammissibili; una perti¬ nente norma limitativa sarebbe pertanto superflua. II capoverso 2 stabilisce che il diritto d'iniziativa può essere esercitato non soltanto da ciascun Con¬ siglio o da ogni loro membro bensì anche da parecchi deputati insieme o da una commissione dei due Consigli.

L'articolo 21 ter definisce il rapporto tra iniziativa parlamentare e affari già sottoposti ai Consigli. Secondo il capoverso 1, non è consentito di ricorrere al diritto d'iniziativa qualora sia 'possibile esercitare un influsso sugli affari trattati mediante semplici proposte. Se l'iniziativa sembra ammis¬ sibile in un caso concreto, occorrerà trattarla simultaneamente all'oggetto cui essa si riferisce (cpv. 2).

1334 Giusta l'articolo 21 quater, al Consiglio federale spetta lo svolgimento della procedura di consultazione ove sia necessario chiedere il parere dei Cantoni o delle cerchie interessate. Il Consiglio federale deve provvedervi non appena sarà invitato ad esprimere il proprio parere sul merito del dise¬ gno (vedi art. 21 quinquies, cpv. 2, e art. 21 sexies, cpv. 2 e 3). Esso pre¬ senterà un rapporto al Consiglio sul risultato della consultazione corre¬ dandolo, ove occorra, del suo parere sull'iniziativa.

L'articolo 21 quinquies, tratta del diritto d'iniziativa d'un Consiglio. Il Consiglio, che risolve di ricorrere al suo diritto d'iniziativa, incarica preferi¬ bilmente una commissione speciale d'elaborare il disegno richiesto (cpv. 1).

Questa commissione comunica il suo disegno a tutti i membri del Consiglio e chiede all'Esecutivo d'esprimere il suo parere sul merito del disegno (cpv. 2); inoltre, ad essa incombe di difendere il disegno innanzi al Consi¬ glio. Se quest'ultimo l'approva, ovvero lo fa suo, trattasi di un'iniziativa che occorrerà trasmettere all'altro Consiglio. L'ulteriore procedura è disci¬ plinata secondo gli articoli 13 e 16 a 21 della legge sui rapporti fra i Con¬ sigli (cpv. 3).

Se uno o più deputati esercitano insieme il loro diritto d'iniziativa, il disegno dev'essere comunicato a tutti i membri del Consiglio e al Consiglio federale (art. 21 sexies, cpv. 1). Una commissione, che può comprendere anche il promotore dell'iniziativa, è incaricata di esaminarla. Ove l'autore non è membro della commissione, quest'ultima ha nondimeno l'obbligo di consultarlo. Terminate le deliberazioni, la commissione invita il Consiglio' federale a esprimere il proprio parere (cpv. 2). L'iniziativa d'una commis¬ sione di uno dei due Consigli verrà parimente sottoposta ai membri di detto Consiglio e sarà pure oggetto di un parere dell'Esecutivo. A tale riguardo, non occorrerà istituire una commissione speciale; inoltre, la commissione che ha presentato l'iniziativa la difenderà parimente innanzi il Consiglio (cpv. 3).

.

Il Consiglio, che accetta l'iniziativa di uno o più deputati o d'una com¬ missione del Consiglio, comunica la propria decisione all'altro Consiglio. In tale caso, l'ulteriore procedura sarà disciplinata secondo gli articoli 13 e da 16 e 21 della legge (cpv. 4). Se il Consiglio
non ne tiene conto o la respinge al momento del voto generale, l'iniziativa è stralciata dall'ordine del giorno, e la decisione non è comunicata all'altro Consiglio (cpv. 5).

» Siamo del parere che sarebbe opportuno mantenersi nell'ambito di queste norme. Come già osservammo nel capitolo III, ciascun Consiglio è libero di disciplinare le questioni particolari oppure di affidare alla prassi vigente la soluzione di siffatti problemi.

1335 B IL DIRITTO D INIZIATIVA DEI CANTONI In virtù dell'articolo 93, capoverso 2, della Costituzione federale, i Cantoni possono esercitare il diritto d'iniziativa per corrispondenza. I rego¬ lamenti dei due Consigli prescrivono che le proposte risultanti dal diritto d'iniziativa d'un Cantone devono essere trasmesse, per rapporto, al Consiglio federale e trattate soltanto dopo presentazione di tale rapporto (art. 34, n. 1, e 47 del Regolamento del CN; art. 37, n. 1, e 38 del Regolamento del CS). Altre norme di diritto federale sull'iniziativa dei Cantoni non esistono e finora non si sono neppure rivelate necessarie. I problemi sinora sorti a tale riguardo furono sempre risolti secondo la prassi in corso, senza incon¬ trare difficoltà particolari. Ci sembra pertanto superfluo disciplinare legal¬ mente il diritto d'iniziativa dei Cantoni, per cui rinunciamo a proporvi di completare, a tale riguardo, la legge sui rapporti fra i Consigli. Tuttavia, riteniamo opportuno, in questa occasione, evidenziare i problemi principali che possono sorgere trattando l'iniziativa presentata da un Cantone.

I Nella Costituzione federale, nessuna norma disciplina la situazione dei mezzi Cantoni. Gli autori dei pertinenti testi giuridici e la prassi vigente concordano nondimeno nel riconoscere che i mezzi Cantoni hanno pari¬ mente il diritto di presentare un'iniziativa secondo l'articolo 93, capoverso 2, della Costituzione.1 II Spetta al diritto cantonale di designare l'organo competente per l'eser¬ cizio del diritto d'iniziativa. In taluni Cantoni, tale competenza è affidata al Gran Consiglio, in parte con riserva di referendum; in altri, essa incombe al popolo o al Governo.2 III Similmente al diritto d'iniziativa delle Camere federali e dei loro mem¬ bri, quello dei Cantoni può riferirsi a tutto quanto può costituire oggetto di un disegno di legge o di decreto. Esso non si estende però al diritto di pre¬ sentare proposte concernenti gli affari iscritti all'ordine del giorno dei due Consigli. Tale diritto appartiene infatti unicamente ai membri delle Ca1 Burckhardt, Kommentar, p. 720; Fleiner/Giacometti, op. cit., p. 113; FF 19592II, ediz. franc., p. 1251 ; ediz. ted. p. 1296.

Fleiner/Giacometti, op. cit., p. 113.

1336 mere federali e a quelli del Consiglio federale.1 Per quanto concerne la delimitazione tra iniziativa e proposta, rinviamo alle spiegazioni date alla lettera A, numero III, del presente messaggio.

IV Le iniziative cantonali rivestono quasi sempre la forma di proposte generali,2 mentre raramente si dà il caso di disegni elaborati di leggi o di decreti.3 Va però osservato che la prassi ammette ambedue le forme sud¬ dette. 4 Tanto meno sussistono pertanto motivi per sopprimere o anche solo limitare l'esercizio di tale diritto nelle due forme suindicate, in quanto i Cantoni non hanno la possibilità d'invitare il Consiglio federale, scegliendo la via della mozione, ad elaborare disegni di legge o di decreto. Conseguen¬ temente, la facoltà cqncessa ai Cantoni di esercitare il diritto d'iniziativa anche nella forma di proposta generale non dev'essere considerata come un vantaggio materiale rispetto ai membri delle Camere federali.

V L'iniziativa dei Cantoni -- in quanto proveniente dall'esterno -- è pre¬ sentata all'Assemblea federale. I due Consigli legislativi sono quindi tenuti ad esaminarla e a decidere se intendono darle seguito; per contro, l'effetto giuridico dell'iniziativa cantonale s'arresta a questo punto. Qualora ambe¬ due i Consigli risolvano di non dar seguito all'iniziativa o di non entrare in materia, l'oggetto è considerato liquidato. Se invece le risoluzioni prese non sono concordanti, la divergenza dev'essere trattata conformemente agli arti¬ coli da 16 a 21 della legge sui rapporti fra i Consigli.

Nel caso in cui un'iniziativa cantonale fosse concisamente presentata solo ad uno dei due Consigli-- ciò che difficilmente potrebbe essere vietato ai Cantoni -- occorrerebbe osservare la stessa procedura dell'iniziativa par¬ lamentare individuale. Il secondo Consiglio potrebbe unicamente occupar¬ sene ove il primo avesse accettato l'iniziativa. 5 In casoNdi dubbio, sarebbe nondimeno opportuno tener conto che l'iniziativa cantonale è presentata ai due Consigli.

1 Burckhardt, Kommentar, p. 720 condivide tale parere mentre Seeger, op.

cit., p.2 8, conclude diversamente.

Esempio: Iniziativa del Cantone di Basilea Campagna concernente la revi¬ sione totale della Costituzione federale; FF 1959 II, edibz. frane., p. 1250; ediz.

ted., 3p. 1294.

Esempio: Iniziativa del Cantone di Zurigo
concernente il mantenimento dei giurati cantonali, FF 1956 I, ediz. frane., p. 810; ediz. ted., p. 805.

4 FF 1964 II, p. 2638...

5 In questo senso s'esprime Seeger, op. cit., p. 6 e 7. ,

1337 VI I regolamenti dei Consigli legislativi non stabiliscono termini per la presentazione d'un rapporto del Consiglio federale. Questa omissione non significa un misconoscimento del diritto di partecipazione dei Cantoni agli affari dello Stato federale e neppure una trasgressione di tale diritto.

Infatti, si è rinunciato a stabilire un termine per la presentazione di tale rapporto avantutto allo scopo di tener conto, oggettivamente e cronologica¬ mente, della diversità delle condizioni. Non sarebbe infatti giudizioso ob¬ bligare il Consiglio federale a presentare un rapporto entro una data deter¬ minata quando l'oggetto dell'iniziativa cantonale non può essere elaborato, esaustivamente e definitivamente, nel termine stabilito; essendo strettamente vincolato ad altre questioni pendenti. Già nell'interesse del problema stesso, occorre preferire una soluzione duttile ad un ordinamento rigido. Ovvia¬ mente, il Consiglio federale provvederà anche in avvenire affinché sia possi¬ bilmente evitato qualsiasi ritardo nella compilazione dei suoi rapporti.

C DIRITTI E OBBLIGHI DELLE COMMISSIONI. DEGLI ALCOLI I diritti e gli obblighi delle commissioni sono definiti negli articoli da 51 a 53 della legge sui rapporti fra i Consigli. In virtù dell'articolo 51, alle commissioni degli alcoli spetta di esaminare il rapporto di gestione, dei conti e del bilancio di previsione della regìa degli alcoli. Conformemente all'arti¬ colo 52, le commissioni degli alcoli eleggono, nel loro seno e per la durata di una legislatura, una delegazione (la delegazione degli alcoli) nella quale ciascuna commissione delega 3 membri e che si costituisce da sè. L'articolo 53 affida alla delegazione degli alcoli il compito di esaminare il bilancio di previsione e i conti della regìa degli alcoli e di vigilare sull'attività della stessa, eccettuato l'uso della decima dell'alcole.

Ancorché, secondo la legge sui rapporti fra i Consigli, l'esame dei conti e del bilancio di previsione siano affidati alla delegazione degli alcoli, quest'ultima non se ne è mai occupata, limitando la sua attività alla vigi¬ lanza permanente sulla gestione della regìa degli alcoli. L'esame del rap¬ porto di gestione, dei conti e del bilancio di previsione è stato sempre curato dalle commissioni degli alcoli. Secondo il regolamento del 10 luglio 1903, sostituito da quello del 14 marzo 1963, le commissioni degli alcoli designano annualmente, per la verificazione particolareggiata dei conti della regìa, un comitato speciale di revisione, composto di due membri di ciascuna com¬ missione (art. 7).

Ne consegue che tra legge e prassi esiste una contraddizione la quale dev'essere eliminata. Tale contraddizione si spiega nell'evoluzione storica.

Foglio Federale, 1968, Voi. Il

92

1338 I. Cenni storici L'istituzione della delegazione degli alcoli è da attribuire a un postulato dell'Assemblea federale del 23 dicembre 1891, mediante il quale il Consi¬ glio federale era invitato a riscontrare l'opportunità d'istituire e eventual¬ mente in quale forma, un'autorità permanente di vigilanza sulla regìa degli alcoli. Nel suo rapporto su la gestione e i conti della regìa per il 1892,1 il Consiglio federale esaminò la possibilità d'applicare alla regìa degli alcoli il sistema di gestione, in tre gradi, delle banche cantonali, che avrebbe sotto¬ posto la direzione della regìa a un consiglio generale degli alcoli e a un comitato di direzione scelto in seno a detto Consiglio. Il Consiglio federale giudicò tuttavia che l'istituzione, nel 1891, delle commissioni permanenti degli alcoli consentiva di raggiungere lo scopo prefisso. Nel loro rapporto del 10 ottobre 1893,2 le commissioni permanenti degli alcoli espressero il seguente parere: Le commissioni permanenti delle Camere provvederanno, del rima¬ nente, ad esaminare regolarmente l'andamento degli affari di detta ammi¬ nistrazione; già nel 1892, le delegazioni delle commissioni hanno svolto indagini esaustive; in futuro, le delegazioni si aduneranno almeno.una volta ogni tre mesi e procederanno, oltre, all'ispezione dei libri contabili e dei documenti, a un'indagine, fondandosi su un rapporto trimestrale della direzione, concernente gli acquisti e l'andamento generale degli affari.

Poiché l'Assemblea federale aveva condiviso la proposta delle due commissioni, intesa a sopprassedere al postulato concernente l'istituzione di un'autorità permanente di vigilanza, le commissioni degli alcoli emana¬ rono, il 26 febbraio 1894, un «Regolamento della delegazione permanente degli alcool», il cui articolo 2 definiva come segue il compito della delega¬ zione: La delegazione Ha il compito di vigilare sull'insieme della gestione della regìa e di presentare, a tale riguardo, un rapporto alle due commissioni degli alcoli.

Appare chiaramente che la delegazione era concepita come un vero organismo di vigilanza mentre alle commissioni era affidato l'esame dei conti e del bilancio di previsione della regìa nonché lo svolgimento dei controlli corrispondenti. Ovviamente, quest'ultime non erano tenute a svolgere la revisione in corpore, ma potevano affidare
ogni anno questo compito a taluni membri e più precisamente al comitato di revisione.

2. Le commissioni permanenti degli alcoli e la.loro delegazione riusci' rono ad adeguarsi in modo tale a siffatto sistema da poter servire come 1 2

FF 1893, IV, ediz. ted.,' p. 151 ; ediz. frane., p. 123 ss.

FF 1893, V, ediz. ted., p. 185 ss e 197; ediz. frane., p. 265 ss.

1339 modello al momento in cui occorse rivedere la legge federale del 1849 sui rapporti fra i Consigli, allo scopo di disciplinare la vigilanza sull'intera gestione finanziaria della Confederazione. Anche in questo campo, fu ori¬ ginariamente preconizzato, analogamente a quanto avvenne a suo tempo riguardo all'attribuzione di un «consiglio degli alcoli» alla regìa, un orga¬ nismo speciale di vigilanza in forma di una corte dei conti. Nondimeno, tale proposta fu abbandonata a favore dell'istituzione di commissioni perma¬ nenti delle finanze per i due Consigli e di una delegazione comune delle finanze.1 Conseguentemente, l'articolo 24 della legge federale del 1902 sui rapporti fra i Consigli stabiliva che ciascun Consiglio doveva sottoporre, per rapporto, all'esame della stessa commissione (commissione delle fi¬ nanze) il bilancio di previsione, le domande di crediti suppletivi e il conto di Stato d'un periodo amministrativo; la delegazione nominata dalle Com¬ missioni delle finanze per un periodo amministrativo era per contro inca¬ ricata, secondo l'articolo 26, dell'esame e del controllo dell'intera gestione finanziaria della Confederazione. Questa ripartizione dei compiti non è stata materialmente modificata dalla revisione del 23 marzo 1962, né da quella del 1° luglio 1966 della legge sui rapporti fra i Consigli.

3. Le commissioni degli alcoli e la delegazione degli alcoli si fondano sulla legge sui rapporti fra i Consigli del 9 ottobre 1902. L'articolo 27 sta¬ bilisce: Le commissioni del Consiglio nazionale e del Consiglio degli Stati in¬ caricate di esaminare il bilancio di previsione e i conti della regìa degli alcool nominano parimente una delegazione per esaminare il bilancio e i conti di detta regìa. Questa dovrà presentare alla delegazione dei rapporti trimestrali a stampa suit intera sua gestione.

Il testo approvato durante la revisione del 1962 si scosta dal tenore surriferito in quanto la revisione stabilì espressamente che, oltre all'esame del bilancio di previsione e dei conti, alla delegazione degli alcool spetta parimente la vigilanza sull'intera attività della regìa (art. 53, cpv. 1). D'altro canto, è stato abrogato il riferimento al disciplinamento delle commissioni delle finanze.

Il tenore delle leggi sui rapporti fra i Consigli del 1902 e 1962 indur¬ rebbe a concludere che,
contrariamente all'uso in corso, la delegazione degli alcoli sia stata incaricata del nuovo compito di esaminare, come le com¬ missioni dell'alcole, il bilancio di previsione e i conti annuali della regìa.

Tale non era tuttavia l'intenzione del legislatore. Egli aveva infatti risolto, nel 1902, di provvedere all'elezione delle commissioni delle finanze e della loro delegazione secondo la prassi che aveva fatto buona prova per le commissioni degli alcoli. Quando disciplinò esattamente i compiti delle 1

FF 1899, II, ediz. ted., p. 483/484; ediz. frane., p. 650.

1340 commissioni delle finanze e delle delegazioni delle finanze, egli giudicò che bastasse, quanto alla delegazione degli alcoli, utilizzare la locuzione «allo stesso modo» per riferirsi a tale ordinamento. Riguardo alla revisione del 1962, il Consiglio federale, nel suo messaggio,1 precisava quanto segue: Agli articoli 49 e 50, abbiano adottato, per le commissioni degli alcoli delle due Camere e per la delegazione comune degli alcoli, una forma ana¬ loga a quella prevista per la commissione delle finanze. Il vigente articolo 27 contiene un ordinamento identico.

Inoltre, il relatore di lingua tedesca al Consiglio nazionale dichiarava quanto segue 2: In questa legge, intendiamo trattare la delegazione degli alcoli come la delegazione delle finanze.

S'intendeva quindi istituire, per le commissioni degli alcoli e la loro delegazione, uno statuto analogo a quella delle commissioni delle finanze e della loro delegazione, ovvero lo statuto che praticamente era sempre stato applicato. Per questa ragione, le commissioni degli alcoli non giudica¬ rono necessario, tanto nel 1902, quanto nel 1962, di adeguare la loro prassi al tenore della legge sui rapporti tra i Consigli.

H. Nuovo ordinamento Due sono le soluzioni suscettive di eliminare la contraddizione esistente tra il tenore della legge e la prassi: -- adeguare la prassi alla legge e affidare l'esame dei conti e del bilancio di previsione alla delegazione degli alcoli; -- mantenere la prassi delle commissioni degli alcoli e adeguare la legge sui rappòrti fra i Consigli, cancellando dai compiti della delegazione degli alcoli l'esame dei conti e del bilancio di previsione.

L'adattamento della prassi al tenore della legge sui rapporti fra i Consigli renderebbe superfluo il comitato di revisione istituito dal regola¬ mento. La delegazione degli alcoli verrebbe pertanto a sostituire il Comi¬ tato. Qualora non soltanto s'intedesse affidarle il controllo dei conti, nel senso di una revisione contabile mediante prove saltuarie, bensì incaricarla, di un esame completo, giusta il testo legislativo, la delegazione dovrebbe parimente occuparsi del rapporto di gestione, il quale è strettamente vinco¬ lato ai conti e rappresenta un commento sull'esercizio annuale. I conti e il rapporto di gestione dovrebbero quindi essere riscontrati due volte: prima dalla delegazione, poi dalle commissioni degli alcoli. Lo stesso vale per il 1

FF I960 I, ediz. ted., p. 1449 e 1484; ediz. frane., p. 1507.

2 Boll. sten. CN 1961, p. 290.

1341 bilancio di previsione, del quale, finora, si sono occupate soltanto le com¬ missioni degli alcoli. Quest'ultime essendo parimente tenute legalmente ad esaminare il bilancio di previsione e i conti annui, non sarebbero affatto alleggerite, nell'esercizio dei loro compiti, dall'attività della delegazione.

Inoltre, la delegazione degli alcoli, a cagione dei suoi contatti permanenti con la regìa, assume una posizione giustamente comparabile a quella di un consiglio d'amministrazione di un'azienda commerciale. Tuttavia, contra¬ riamente ai consigli d'amministrazione di società private, essa esercita una mera funzione consultiva. Data però la sua importanza politica e l'influenza esercitata dai suoi membri, le sue proposte sono ampiamente considerate.

Nondimeno, considerato lo stretto rapporto praticamente esistente tra dele¬ gazione degli alcoli e amministrazione, è senz'altro giustificato che un altro ente -- il comitato di revisione --· abbia ad occuparsi dell'esame dei conti, allo stesso modo dell'organismo di controllo di una corporazione privata.

Tale sistema assicura un triplice controllo dell'attività della regìa degli al¬ coli, ovvero: -- il controllo interno dell'amministrazione spettante al controllo federale delle finanze, il quale, tanto per il Parlamento, quanto per il Consiglio federale, costituisce l'organo supremo di vigilanza sulle finanze; --- la vigilanza permanente sulla gestione, esercitata dalla delegazione degli alcoli; --· il controllo esterno dell'amministrazione da parte del comitato di revi¬ sione e delle commissioni degli alcoli.

La ripartizione attuale dei compiti tra le commissioni degli alcoli e la delegazione degli alcoli ha fatto buona prova durante 75 anni, è conforme all'ordinamento applicabile alle commissioni delle finanze e alla delega¬ zione delle finanze e Corrisponde alla volontà del legislatore manifestamente meglio del testo di legge adottato. Per queste ragioni, vi proponiamo di eli¬ minare la contraddizione esistente tra la prassi e il tenore della legge sui rapporti fra i Consigli e di provvedere alla revisione di quest'ultima.

III. Commento agli artìcoli del disegno L'articolo 51 disciplina l'istituzione e i compiti delle commissioni degli alcoli. Esso corrisponde all'articolo vigente ma completa le mansioni delle commissioni incaricandole di
prendere atto del rapporto del Consiglio fe¬ derale sull'impiego della decima dell'alcole. Questo complemento era ne¬ cessario poiché già ora tali rapporti sono esaminati dalle commissioni degli alcoli.

L'articolo 51 bis è nuovo. Esso conferisce uno statuto legale al comitato di revisione, finora menzionato unicamente all'articolo 7 del regolamento delle commissioni degli alcoli del 14 marzo 1963.

1342 L'articolo 52 istituisce la delegazione degli alcoli e corrisponde al perti¬ nente articolo dell'ordinamento vigente.

L'articolo 52 bis definisce i compiti della delegazione degli alcoli. Nel primo capoverso non è più menzionato, come compito della delegazione, l'esame del bilancio di previsione e dei conti annui della regìa. D'ora in poi, tale compito spetterà esclusivamente alle commissioni degli alcoli, le quali incaricheranno il comitato di revisione di svolgere un esame particolareg¬ giato dei conti. Conseguentemente, l'attività della delegazione degli alcoli si restringe alla vigilanza sull'intera gestione della regìa.

I capoversi 2 e 3 sono stati recepiti dal diritto attuale senza alcuna modificazione (art. 53).

L'articolo 52 ter contiene le disposizioni del vigente articolo 53, capo¬ versi 4 e 7, concernenti le competenze in materia di controllo. Si è giudicato necessario dedicare a tali norme un articolo particolare poiché siffatte com¬ petenze, d'ora in poi, dovrebbero essere conferite non soltanto alla delega¬ zione degli alcoli, ma anche al comitato di revisione. , II diritto vigente prescrive, all'articolo 53, capoverso 5, ché il controllo delle finanze fornisce alla delegazione, oltre ai documenti concernenti i conti della regìa degli alcoli, anche quelli inerenti alla vigilanza sui crediti iscritti in bilancio. Tale disposizione mancava nel disegno del Consiglio federale del 25 aprile 1960 ed è stata inserita nella legge sui rapporti fra i Consigli solo durante le deliberazioni del Consiglio nazionale, per analogia con l'ordinamento applicabile in questo campo alle commissioni delle fi¬ nanze. Tale norma però non s'adatta alle condizioni della regìa poiché le spese iscritte nel suo bilancio non rivestono carattere obbligatorio.

Infatti, il conto della regìa è decisivamente influenzato da una serie di fattori (come le possibilità di acquistare e di vendere l'alcole, il rendimento del raccolto e le condizioni di smercio delle patate e della frutta), i quali non potendo essere predeterminati, non consentono l'allestimento di un bilancio di previsione esatto e definitivo. All'articolo 52 ter, capoverso 2, è stata dunque soppressa la norma inerente alla presentazione dei documenti riguardo alla vigilanza dei crediti iscritti in bilancio, rivelatasi inadatta.

L'articolo 53 è
nuovo. L'istituzione di una segreteria permanente' per le commissioni degli alcoli, la delegazione degli alcoli e il comitato di revi¬ sione, analogamente a quella prevista per le commissioni della gestione e delle finanze, non è giustificata. I lavori di segreteria delle commisisoni degli alcoli sono stati finora eseguiti dalla regìa degli alcoli e poiché.tale prassi ha fatto buona prova, occorre conferirle una base legale.

1343 D COSTITUZIONALITÀ DEL DISEGNO Le nuove disposizioni sul diritto d'iniziativa parlamentare si fondano sull'articolo 93, capoverso 1, della Costituzione federale. Il preambolo della legge federale sui rapporti fra i Consigli deve pertanto essere completato.

Gli articoli da 51 a 53 inerenti ai diritti e agli obblighi delle commis¬ sioni degli alcoli si fondano invece sull'articolo 85, numeri 1, 10 e 11 della Costituzione federale. Poiché il numero 10 non è menzionato nel preambolo della legge attuale, vi preghiamo d'inserirlo nel nuovo testo.

Infine, vi proponiamo di cancellare la mozione Ackermann n. 9377.

Vi raccomandiamo pertanto di approvare l'allegato disegno di legge federale e vi preghiamo di gradire, onorevoli signori Presidente e Consi¬ glieri, l'assicurazione della nostra massima considerazione.

Berna, 13 novembre 1968.

In nome del Consiglio federale svizzero, Il Presidente della Confederazione: Spiihler Il Cancelliere della Confederazione: Huber

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Messaggio del Consiglio federale all'Assemblea federale concernente la revisione della legge sui rapporti fra i Consigli (Del 13 novembre 1968)

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1968

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1321-1343

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