19.082 Messaggio concernente la proroga della partecipazione della Svizzera alla Forza multinazionale per il mantenimento della pace in Kosovo (KFOR) del 27 novembre 2019

Onorevoli presidenti e consiglieri, con il presente messaggio vi sottoponiamo, per approvazione, il disegno di decreto federale che proroga la partecipazione della Svizzera alla Forza multinazionale per il mantenimento della pace in Kosovo (KFOR).

Gradite, onorevoli presidenti e consiglieri, l'espressione della nostra alta considerazione.

27 novembre 2019

In nome del Consiglio federale svizzero: Il presidente della Confederazione, Ueli Maurer Il cancelliere della Confederazione, Walter Thurnherr

2019-2015

7041

Compendio L'impiego della Swisscoy in seno alla Forza multinazionale per il mantenimento della pace in Kosovo (KFOR), limitato sino al 31 dicembre 2020 conformemente al mandato dell'Assemblea federale, sarà prorogato fino al 31 dicembre 2023.

Conformemente al mandato in corso e al fine di adeguare le prestazioni della Swisscoy alle esigenze della KFOR, il Consiglio federale ha ridotto l'effettivo massimo del contingente a 190 militari nell'aprile del 2018 e a 165 militari nell'ottobre del 2019. Tale riduzione è stata effettuata nel quadro del ritiro dei mezzi pesanti per il genio e i trasporti di cui la KFOR non aveva più bisogno. Il peggioramento della situazione politica e in materia di sicurezza in Kosovo e nei Balcani occidentali negli ultimi anni ha spinto la NATO a rinunciare al suo progetto di dimezzare l'effettivo della KFOR. Per soddisfare le esigenze supplementari manifestate a più riprese dalla KFOR, il Consiglio federale propone di aumentare l'effettivo massimo della Swisscoy a 195 militari nell'aprile del 2021. Il Consiglio federale potrà rafforzare temporaneamente il contingente qualora ciò fosse necessario in seguito a esigenze supplementari o a un aggravamento della minaccia.

Situazione iniziale A vent'anni dall'inizio dell'intervento della KFOR e a più di un decennio dalla dichiarazione di indipendenza, oggi il Kosovo rimane uno Stato fragile e incompiuto. I postumi del conflitto continuano a pesare fortemente sul Paese sia a livello interno sia nelle relazioni con la Serbia, che non accetta la dichiarazione di indipendenza del Kosovo e continua a ostacolare il riconoscimento internazionale della sua ex provincia. Il nuovo deterioramento delle relazioni tra Belgrado e Pristina ha determinato una recrudescenza delle tensioni e degli incidenti provocati da entrambe le parti. Gli atti intimidatori nei confronti dei membri di istituzioni kosovare provenienti dalle minoranze si sono moltiplicati.

Sebbene l'uguaglianza tra le etnie e i diritti delle minoranze siano garantiti a livello costituzionale, l'applicazione di questi principi è difficile a causa della mancanza di volontà politica e delle limitate risorse messe a disposizione dallo Stato kosovaro. I reciproci pregiudizi negativi tra le comunità di lingua albanese e quelle di lingua serba aumentano con il passare del tempo,
mentre i membri del Governo concentrano i loro attacchi sui propri omologhi serbi, che li ripagano con la stessa moneta.

Dalla fine della guerra il Paese è governato principalmente da ex membri dell'Esercito di liberazione del Kosovo (UÇK), che fondano il loro potere su reti familiari, claniche e clientelari, talvolta vicine alla criminalità organizzata. Questo sistema e i legami tra politica, economia e criminalità organizzata favoriscono la corruzione e frenano lo sviluppo del Paese verso uno Stato di diritto e una prospera economia di mercato. In un contesto caratterizzato da una paralisi politica e da un Parlamento disfunzionale, quest'ultimo ha potuto adottare un numero molto esiguo di leggi e non è stato possibile intraprendere nessuna delle riforme indispensabili,

7042

in particolare quelle volte a migliorare il sistema sanitario, educativo e amministrativo.

In Kosovo il livello di sicurezza quotidiana può essere definito buono e a tale situazione contribuisce in modo significativo la polizia kosovara con il suo lavoro. Il tasso di microcriminalità è inferiore a quello registrato in altri Paesi europei, ma la grande criminalità e la criminalità organizzata, strettamente legate a strutture di tipo familiare, minano la certezza del diritto, presupposto necessario per qualsiasi investimento.

Nel Nord del Kosovo, dove la popolazione è in maggioranza serba, persiste un potenziale rischio di escalation. Alcuni gruppi mafiosi coperti da Belgrado controllano il partito di maggioranza «Lista Srpska», il quale prende chiaramente ordini dalla Serbia. La popolazione è ostaggio delle dispute tra Belgrado e Pristina. Nella regione di Mitrovica si verificano periodicamente incidenti rilevanti per la sicurezza dettati da motivi politici, interetnici o criminali.

Alla luce di tale situazione, per il momento le autorità kosovare non sono in grado di svolgere da sole il compito della KFOR, che è quello di garantire un contesto sicuro. La KFOR, che è riconosciuta in Kosovo e apprezzata da tutti, gode di grande credibilità. Può inoltre contare sull'interesse comune che le varie parti coinvolte nutrono nei confronti della sua presenza, anche se in Kosovo non si registra più una reale minaccia militare. La KFOR ha la reputazione di attore apolitico ed è in grado di imporsi in caso di peggioramento della situazione. Questa presenza militare internazionale ha anche un effetto deterrente sugli attori propensi alla violenza e rassicura le minoranze etniche, che si sentono minacciate in tutto il Paese.

La NATO aveva previsto di dimezzare l'effettivo della KFOR entro il 2020, ma il peggioramento della situazione politica e in materia di sicurezza l'ha spinta a rinunciare a tale progetto.

Dal 1999 la Swisscoy ha man mano adattato la propria organizzazione e i propri compiti alle esigenze della KFOR, a loro volta legate all'evoluzione della situazione in Kosovo. Durante il mandato in corso l'effettivo massimo è stato ridotto e attualmente ammonta a 165 militari. Tale riduzione dell'effettivo è dovuta al ritiro del personale addetto all'utilizzo dei veicoli speciali per il trasporto e la
costruzione, di cui la KFOR non aveva più bisogno. Sono invece state mantenute le capacità fornite negli ambiti del monitoraggio della situazione, della sorveglianza, dell'esplorazione e del trasporto aereo, ancora necessarie per la KFOR.

Contenuto del progetto Sin dall'inizio dell'impiego della Swisscoy, la Svizzera ha sempre adeguato il proprio contributo alle esigenze della KFOR, in funzione delle capacità dell'Esercito svizzero. Dal punto di vista del Consiglio federale è opportuno portare avanti questo approccio aumentando nuovamente il contributo della Svizzera in modo che la KFOR possa colmare le proprie lacune in termini di capacità. Per consentire all'esercito di fornire queste prestazioni supplementari, il Consiglio federale propone di aumentare l'effettivo massimo della Swisscoy da 165 a 195 militari nell'aprile del 2021.

7043

Il peggioramento del contesto in materia di sicurezza e politico ha fatto emergere nuove lacune in termini di capacità. Le esigenze supplementari della KFOR, segnalate in particolare nel quadro di un incontro bilaterale tra il capo dell'esercito e il comandante della KFOR nell'agosto del 2019, riguardano gli ambiti della libertà di movimento (freedom of movement), dell'acquisizione di informazioni e delle funzioni di ufficiale superiore presso il quartier generale della KFOR.

Si tratta di ambiti in cui l'Esercito svizzero dispone delle competenze e delle capacità richieste. Per quanto riguarda la libertà di movimento, la KFOR necessita di veicoli speciali per sgomberare le strade da eventuali blocchi stradali improvvisati e per consentire l'intervento delle forze di sicurezza. La KFOR ha inoltre bisogno di ufficiali superiori supplementari presso il suo quartier generale e di specialisti in materia di acquisizione di informazioni per il suo battaglione multinazionale di ricerca informativa (Intelligence, Surveillance and Reconnaissance, ISR). La Swisscoy ha già fornito simili prestazioni in passato.

Sebbene l'effettivo della Swisscoy rappresenti meno del 5 per cento di quello della KFOR, la Svizzera dimostra con la sua partecipazione di contribuire nei limiti delle proprie possibilità a tale sforzo congiunto e compie così un atto di solidarietà.

Inoltre, l'impegno profuso finora a favore della KFOR ha dimostrato che la Svizzera è un partner competente e apprezzato. L'attribuzione della funzione di vicecomandante della KFOR alla Svizzera può essere vista come un riflesso di tale considerazione. Portando avanti il proprio impegno, la Svizzera sottolinea pertanto la sua disponibilità a partecipare a questi sforzi internazionali svolgendo un ruolo nel mantenimento della stabilità e dello sviluppo di una regione con cui ha stretti legami. Oggi, infatti, in Svizzera vivono quasi 500 000 persone che hanno radici nel Sud-Est europeo, di cui oltre 200 000 di origine kosovara.

Le spese previste per il contingente Swisscoy con 195 militari ammontano a circa 40,9 milioni di franchi all'anno. Le spese supplementari legate all'aumento dell'effettivo massimo del contingente sono coperte dal preventivo della Difesa del Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport (DDPS),
come pure quelle derivanti da un eventuale rafforzamento temporaneo del contingente, che ammonterebbero a circa 10,3 milioni di franchi.

Il 31 dicembre di ogni anno il DDPS presenta alle Commissioni della politica estera e alle Commissioni della politica di sicurezza di entrambe le Camere un rapporto intermedio sull'impiego della Swisscoy.

7044

FF 2019

Messaggio 1

Situazione iniziale

Dall'ottobre del 1999 l'Esercito svizzero partecipa con un contingente (Swiss Company, Swisscoy) alla Kosovo Force multinazionale (KFOR), istituita sulla base della risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 10 giugno 19991.

Il 23 giugno 1999 il Consiglio federale ha deciso a favore di una partecipazione militare della Svizzera. Con il decreto federale del 12 dicembre 20012 l'Assemblea federale ha approvato la partecipazione della Svizzera alla KFOR, che è stata in seguito prorogata sino alla fine del 20203.

In seguito al miglioramento e alla stabilizzazione della situazione in materia di sicurezza negli ultimi 20 anni, si è proceduto a un adeguamento della concezione d'impiego della KFOR ­ il cui effettivo iniziale era di 50 000 militari ­ ed è stato possibile ridurne le truppe. Al momento 28 Stati mettono a disposizione della missione circa 3500 militari. Oggi la KFOR si concentra sul monitoraggio della situazione impiegando un numero inferiore di mezzi d'intervento e, di conseguenza, anche la Swisscoy fornisce il proprio contributo negli stessi ambiti. Nel quadro dell'ultima proroga l'effettivo massimo è stato ridotto in due fasi fino agli attuali 165 militari. Conformemente al decreto federale dell'8 giugno 20174, il Consiglio federale può aumentare temporaneamente il contingente svizzero di 70 militari per un periodo massimo di quattro mesi. Con il presente messaggio il nostro Collegio chiede di prorogare di tre anni l'impiego della Swisscoy. Inoltre, per poter adeguare il contingente di truppa agli sviluppi della situazione sul posto nonché alle nuove esigenze manifestate dalla KFOR, chiediamo di aumentare l'effettivo massimo della Swisscoy a 195 militari.

La NATO aveva previsto di dimezzare ulteriormente l'effettivo della KFOR entro il 2020, ma il nuovo peggioramento della situazione in materia di sicurezza l'ha spinta a rinunciare a tale progetto. In questo contesto alcuni Paesi hanno comunque ridotto i loro effettivi o addirittura ritirato tutte le loro truppe per reimpiegarle in altri teatri operativi prioritari (la Francia per spostarle nel Sahel e la Germania per costituire un corpo di pronto intervento). Altri Paesi che avevano lasciato la missione hanno invece deciso di rientrarvi, come ha fatto il Regno Unito, che è nuovamente

1

2 3

4

La risoluzione 1244 può essere consultata su Internet (nelle lingue ufficiali dell'ONU) al seguente indirizzo: www.un.org > Documents > Résolutions du Conseil de sécurité > 1999.

FF 2001 5814 Fino al 2001 la Swisscoy è stata impiegata con personale non armato e la competenza per l'adozione di una decisione definitiva in merito a questo tipo di impiego spettava al Consiglio federale. La revisione della legge militare (LM, RS 510.10) nel 2001 (FF 2000 327) ha reso possibile l'armamento del contingente, ma la competenza di decidere in merito a un simile impiego è stata conferita al Parlamento. Cfr. i decreti federali adottati dal 2001: FF 2001 5814, FF 2003 5995, FF 2005 3853, FF 2008 5089, FF 2011 4991, FF 2014 4695, FF 2017 3801.

FF 2017 3801

7045

FF 2019

impegnato nella KFOR e mette oltre 600 militari a disposizione di una delle riserve d'intervento di quest'ultima al di fuori del Kosovo.

Secondo la risoluzione 1244 la KFOR ha il compito di garantire un contesto sicuro.

Per il momento tale compito non può ancora essere svolto interamente da altri attori.

La responsabilità primaria spetta allo Stato kosovaro, il quale però non è ancora in grado di assumersi appieno tale compito. Il Kosovo non dispone ancora di un esercito proprio, ma solo di una truppa di protezione civile con armi leggere, la Kosovo Security Force (KSF). Nel dicembre del 2018, tuttavia, le autorità kosovare hanno deciso di trasformare la KSF in una forza armata regolare, un progetto la cui attuazione richiederà ­ secondo Pristina ­ circa dieci anni. Tale decisione ha suscitato forti reazioni da parte della Serbia, la quale ritiene che questa iniziativa sia potenzialmente in grado di destabilizzare la regione.

In Kosovo la KFOR opera d'intesa con le missioni civili dell'ONU (UN Mission in Kosovo, UNMIK), dell'OSCE (OSCE Mission in Kosovo, OMIK) e dell'Unione europea (EULEX), che hanno visto ridursi i rispettivi ruoli in seguito allo sviluppo dello Stato kosovaro. In prima linea vi è la polizia del Kosovo, che è responsabile del mantenimento della sicurezza pubblica e, pertanto, interviene per prima in caso di disordini. Nel Nord del Paese, dove la maggioranza della popolazione è costituita da Serbi kosovari, gli interventi delle forze speciali della polizia del Kosovo creano tuttavia problemi e determinano un potenziale rischio di escalation. Tali forze sono infatti composte esclusivamente di Albanesi kosovari, in quanto Belgrado cerca di evitare ­ se del caso anche con intimidazioni e violenze ­ il reclutamento di Serbi kosovari. La KFOR, che viene percepita come garante di sicurezza di seconda istanza, contribuisce con la sua presenza a rassicurare le popolazioni, in particolare nel Nord del Paese.

In tale contesto, dal punto di vista del nostro Collegio la Svizzera deve portare avanti il proprio impegno in seno alla KFOR, sia per ragioni legate alla politica migratoria, all'economia e alla politica di sicurezza sia per solidarietà nei confronti del resto della comunità internazionale. Infatti, mentre altri fornitori di truppe della KFOR stanno riducendo i loro mezzi robusti
in Kosovo per reimpiegarli in altri focolai di crisi più pericolosi, la Svizzera può mettere a disposizione elementi specializzati adatti a svolgere compiti informativi e di supporto logistico, ambiti nei quali le esigenze della KFOR sono importanti. Considerata la situazione in Kosovo e nei Balcani occidentali, l'impegno della KFOR continuerà senza ulteriori riduzioni, di concerto con quello dell'ONU, dell'OSCE e dell'Unione europea (UE), che mantengono le loro missioni civili nel Paese. Portando avanti il proprio impegno, la Svizzera sottolinea la sua disponibilità a partecipare a questi sforzi internazionali contribuendo a mantenere la stabilità e lo sviluppo della regione, ciò che è anche nel suo interesse diretto5. Le esperienze passate hanno infatti dimostrato che l'instabilità nei Balcani occidentali può avere effetti diretti sul nostro Paese, in particolare in termini di immigrazione (fino al termine del conflitto armato nel 1999, più di 50 000 persone sono arrivate in Svizzera in qualità di rifugiati)6. Oggi in Svizzera vivono qua-

5 6

Rapporto sulla politica estera 2018, pag. 1317, FF 2019 1293.

FF 2003 1279

7046

FF 2019

si 500 000 persone che hanno radici nel Sud-Est europeo, di cui oltre 200 000 di origine kosovara.

2

Situazione nei Balcani occidentali e in Kosovo

2.1

Situazione regionale

A vent'anni dalla fine dei conflitti armati che hanno infiammato i Balcani occidentali, la situazione è certamente migliorata nella regione. Quest'ultima non è infatti più dilaniata da conflitti armati e ha fatto registrare importanti passi avanti dal punto di vista della sicurezza, a cui sono seguiti anche altri progressi: per esempio con l'adesione alla NATO dell'Albania nel 2009 e del Montenegro nel 2017 e con la risoluzione della controversia tra la Grecia e la Macedonia del Nord, che, con questa nuova denominazione, ha visto aprirsi la strada per l'adesione alla NATO nonché una prospettiva europea. Tuttavia, nonostante una stabilizzazione ottenuta in gran parte grazie all'impegno della comunità internazionale, in altri settori chiave i progressi sono stati esigui.

Tutti i Paesi dei Balcani occidentali devono far fronte a problemi analoghi.

L'attuazione dello Stato di diritto è ostacolata dalla collusione tra le élite al potere e la criminalità organizzata, presente ai più alti livelli delle strutture statali, e ciò determina una mancanza di certezza del diritto che impedisce gli investimenti contribuendo a rendere debole l'economia. Una concezione di etnia che va al di là dei confini degli Stati è inoltre alla base di un nazionalismo che rimane una realtà importante nella regione. In questo contesto, le élite politiche, che tendono a definirsi con nozioni come clan ed etnia, strumentalizzano le divisioni etniche a fini elettorali, provocando considerevoli blocchi istituzionali. Mentre la corruzione è molto diffusa, la giustizia è spesso debole e non indipendente. L'elaborazione del passato procede a fatica, pertanto le relazioni tra alcuni Stati della regione sono minate da rivendicazioni territoriali irrisolte.

Di conseguenza, i Paesi della regione fanno registrare pochi miglioramenti nell'ambito della realizzazione di un ordinamento giuridico stabile. In Montenegro, dove i regolamenti di conti tra bande armate rivali avvengono in pubblico, gli operatori della stampa che parlano della collusione tra il partito al potere e la criminalità organizzata subiscono minacce e violenze fisiche. In Serbia intellettuali, giornalisti e politici denunciano le disuguaglianze strutturali, la disinformazione da parte dei media controllati dal Governo e, più in generale, l'erosione della democrazia a favore
di un crescente autoritarismo, mentre in Albania ­ dove le opposizioni politiche criticano la corruzione e il nepotismo ­ la lotta alla criminalità organizzata, particolarmente attiva nel settore della produzione di stupefacenti, rappresenta una sfida notevole. Inoltre, nonostante la risoluzione della controversia con la Grecia sul nome del loro Paese, i Macedoni continuano a essere divisi dall'accordo concluso con Atene, mentre in Bosnia e Erzegovina le élite politiche, invece di proporre nei loro programmi la creazione di legami tra le entità, sfruttano gli antagonismi strumentalizzando gli interessi etno-nazionalisti. Il futuro del Paese in quanto Stato viene sempre più rimesso in discussione nella Republika Srpska, dove numerose voci politiche reclamano l'indipendenza di questa entità.

7047

FF 2019

La mancanza di prospettive e la sensazione di essere sempre più ignorate dalle élite al potere e dalle istituzioni statali spingono le persone qualificate a emigrare in altre regioni tra cui l'Europa occidentale, che offre migliori prospettive economiche. Ciò riguarda in particolare i giovani, che sono interessati da un elevato tasso di disoccupazione e scelgono spesso di emigrare dopo aver concluso gli studi. Di conseguenza, i familiari rimasti in patria diventano dipendenti dal denaro inviato dai parenti emigrati all'estero, il che non contribuisce alla crescita economica del Paese.

Gli Stati della regione cercano quindi di avvicinarsi all'UE, il cui interesse politico nei confronti dei Balcani occidentali è riemerso di recente. In genere l'UE ha l'obiettivo di promuovere la pace, la stabilità e lo sviluppo economico nonché di aprire prospettive di integrazione nell'Unione, per questo offre ai candidati e potenziali candidati all'adesione aiuti finanziari, opportunità di scambi commerciali ed esenzione dall'obbligo del visto a condizione che vengano attuate determinate riforme. Tuttavia, questo rinnovato interesse per la regione non trova ancora riscontro nell'attuazione di nuove misure. Per il momento, infatti, l'avvio dei negoziati per l'adesione dell'Albania sembra poco probabile, mentre l'UE appare assorbita da vari problemi interni tra cui la Brexit. Alla luce di questa situazione, le prospettive di adesione per gli Stati dei Balcani occidentali si sono piuttosto ridotte.

Altri Stati cercano, dal canto loro, di esercitare la propria influenza intervenendo presso la loro clientela etnica o politica e investendo nella regione, che considerano interessante sotto diversi aspetti. Rivolgendosi alle popolazioni slave ortodosse, per esempio, la Russia sembra voler impedire l'avvicinamento dei Paesi dei Balcani occidentali all'UE e alla NATO e mira a creare una zona d'influenza slava ortodossa sul versante meridionale dell'Europa, mentre la Cina ha investito in modo massiccio nelle infrastrutture in Macedonia del Nord e in Serbia, due Paesi chiave in termini di accesso alle strutture portuali cinesi in Grecia. L'Arabia Saudita e gli Stati del Golfo investono invece nelle regioni con popolazione a maggioranza musulmana, come la Bosnia ed Erzegovina e il Kosovo, apparentemente per esercitare
un'influenza politica attraverso la religione. Infine, prestando attenzione a un'eventuale influenza europea in quest'area, la Turchia cerca di contenere l'espansione dei valori occidentali nelle regioni europee un tempo occupate dall'Impero ottomano, in particolare influenzando il sistema educativo a livello locale.

Visto il loro crescente interesse per la regione, anche la NATO e l'UE continuano a essere presenti nei Balcani occidentali, in particolare nel quadro di due missioni militari (EUFOR ALTHEA in Bosnia e KFOR in Kosovo). A causa della presenza di tensioni politiche che possono degenerare rapidamente, è necessario che queste missioni, che dispongono anche di riserve d'intervento al di fuori del teatro operativo, possano potenziare in tempi rapidi la presenza internazionale sul posto senza dover avviare nuovi negoziati con gli Stati ospitanti. Questa capacità della KFOR esercita un influsso stabilizzatore sull'intera regione.

7048

FF 2019

2.2

Situazione in Kosovo

2.2.1

Situazione generale

Il Kosovo si è separato de facto dalla Serbia nel 1999 e nel 2008 ha dichiarato unilateralmente la propria indipendenza, che è stata riconosciuta da 114 Stati tra cui la Svizzera. Nonostante il parere consultivo della Corte internazionale di giustizia del 22 luglio 2010, secondo cui la dichiarazione di indipendenza non ha violato il diritto internazionale, la Serbia ritiene che la dichiarazione di indipendenza del Kosovo sia illegale, e quindi nulla e non avvenuta, e continua a ostacolare il riconoscimento internazionale della sua ex provincia. Cinque Paesi dell'UE (Spagna, Slovacchia, Romania, Grecia e Cipro) si rifiutano di riconoscere il nuovo Stato a causa delle tendenze secessioniste interne a cui devono far fronte e lo stesso atteggiamento è adottato anche da Russia e Cina, che sostengono la Serbia in seno agli organismi internazionali tra cui l'ONU e il Consiglio di sicurezza. Il Kosovo rimane tuttora uno Stato fragile e incompiuto e i postumi del conflitto continuano a pesare fortemente sul Paese sia a livello interno sia nelle relazioni con la Serbia.

Sebbene l'uguaglianza tra le etnie e i diritti delle minoranze siano garantiti a livello costituzionale, la realtà è più complessa: l'applicazione di questi principi risulta infatti difficile a causa della mancanza di volontà politica e delle limitate risorse messe a disposizione dallo Stato kosovaro.

Il sostegno di Belgrado a strutture politiche e amministrative parallele nelle comunità serbe del Kosovo consente alla Serbia di continuare a esercitare un'influenza molto importante su alcune parti del Paese. Mentre la stragrande maggioranza degli abitanti del Kosovo è etnicamente albanese, tre quarti della minoranza serba 7 sono distribuiti a sud del fiume Ibar. Il Nord, dove vivono quasi esclusivamente Serbi kosovari, ospita il restante quarto. Le autorità di Pristina esercitano invece soltanto un controllo limitato e piuttosto formale sulla parte settentrionale del Paese.

In passato i presidenti della Serbia e del Kosovo hanno condotto negoziati su uno scambio di territori e tali discussioni bilaterali hanno incontrato forti resistenze in seno ai Governi dei due Paesi. In concreto, i negoziati vertevano sulla possibilità di lasciare il Nord del Kosovo alla Serbia e di attribuire al Kosovo la valle di Presevo, a maggioranza albanese. La
soluzione ipotizzata lascerebbe in Kosovo i tre quarti della popolazione serba del Paese, come pure i più importanti beni culturali ortodossi. Pertanto, un simile scambio di territori non sarebbe in grado di risolvere i problemi etnici del Kosovo, anzi provocherebbe addirittura un aumento dei trasferimenti di popolazione.

2.2.2

Contesto politico interno

Dalla fine della guerra il Paese è governato principalmente da ex membri dell'Esercito di liberazione del Kosovo (UÇK), che fondano il loro potere su reti 7

Stimata al 6 % (ossia 100 000 persone) della popolazione totale in assenza di un censimento affidabile a causa del boicottaggio da parte dei Comuni del Nord del Kosovo a maggioranza serba.

7049

FF 2019

familiari, claniche e clientelari, talvolta vicine alla criminalità organizzata. Questo sistema e i legami tra politica, economia e criminalità organizzata favoriscono la corruzione e frenano lo sviluppo del Paese verso uno Stato di diritto e una prospera economia di mercato. I risarcimenti versati agli ex combattenti dell'UÇK sono un esempio emblematico del sistema clientelare creato con il consenso di tutti i Governi kosovari eletti finora. Con un importo totale di 70­80 milioni di euro all'anno, queste indennità rappresentano un onere significativo nonché un rischio per le finanze dello Stato kosovaro: dal 1999 a oggi il numero dei veterani che percepiscono una rendita è passato da circa 8 000 a 40 000, sebbene durante il conflitto l'UÇK fosse composto al massimo di 15 000 combattenti. Le rendite vengono corrisposte anche a persone che all'epoca della guerra non erano nemmeno in età scolare. Questa forma di economia clientelare ha reso necessari degli interventi da parte del Fondo monetario internazionale e suscitato proteste tra la popolazione civile. Nel settembre del 2018 la procura kosovara ha infine messo sotto accusa diversi alti funzionari, compreso il ministro della KSF.

Finora il Parlamento kosovaro è stato disfunzionale e ha potuto adottare solo un numero molto esiguo di leggi a causa della maggioranza risicata ed eterogenea della vecchia coalizione di governo. Alle elezioni parlamentari nazionali e locali del 2017 la popolazione, evidentemente stanca della grande influenza esercitata dagli ex combattenti e della conseguente mancanza di prospettive, ha punito i partiti di governo. Il Kosovo sta quindi attraversando da molti mesi una situazione di paralisi politica. In tale contesto non è stato possibile intraprendere nessuna delle riforme indispensabili, in particolare quelle per migliorare il settore della sanità pubblica, il sistema educativo e l'amministrazione.

Nonostante l'entità degli aiuti internazionali ricevuti a partire dal 1999 e il considerevole ruolo svolto dalle rimesse (versamenti diretti effettuati dalle persone emigrate alle loro famiglie rimaste nel Paese), al momento il Kosovo non dispone di un'economia di mercato efficiente ed è il terzo Paese più povero d'Europa. La crescita economica del 4 per cento registrata nel 2018 non basta a creare un numero sufficiente
di posti di lavoro per una popolazione essenzialmente giovane e in forte aumento. Il tasso di disoccupazione, pari a circa il 30 per cento, è il più elevato della regione e il problema riguarda soprattutto i giovani dai 15 ai 24 anni, fascia d'età in cui la disoccupazione raggiunge il 50­60 per cento. Si tratta di una situazione critica dovuta in larga misura a un'economia dominata da piccole imprese di servizi, agricoltura di sussistenza, economia sommersa e criminalità organizzata. Inoltre il Paese si trova ad affrontare importanti sfide legate allo Stato di diritto, alla mancanza di una concorrenza leale, alle infrastrutture carenti e alla scarsità di manodopera qualificata.

Infine per le élite politiche kosovare, i cui membri più influenti sono ex combattenti dell'UÇK, aumenta sempre più il rischio di incriminazione da parte delle Camere speciali per il Kosovo con sede all'Aia e incaricate di giudicare le accuse contenute nel rapporto dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa sui crimini com-

7050

FF 2019

messi dai membri dell'UÇK tra il 1999 e il 2000 («Rapporto Marty»8). Dall'ottobre del 2018 il relativo procuratore sta interrogando numerosi potenziali testimoni, il che potrebbe portare alla messa in stato di accusa di alcune personalità di alto profilo politico sospettate. Convocato dal procuratore del Tribunale speciale come sospettato, il primo ministro kosovaro si è dimesso nel mese di luglio del 2019. Successivamente, il Parlamento kosovaro ha votato a favore del proprio scioglimento, aprendo la strada alle elezioni legislative anticipate dell'ottobre 2019, in occasione delle quali gli elettori hanno sanzionato undici anni di cattiva gestione, optando per i due partiti che promuovono la salute, l'educazione, il buongoverno e la lotta alla corruzione. I nuovi eletti dovranno affrontare grandi sfide, tra cui acquisire il controllo di un'amministrazione praticamente disfunzionale, piena di funzionari spesso poco competenti e fedeli agli ex dirigenti che li hanno nominati, e smantellare i cartelli creati dagli ex dignitari a fini di estorsione dell'economia.

2.2.3

Situazione in materia di sicurezza

In Kosovo il livello di sicurezza quotidiana può essere definito buono e a tale situazione contribuisce in modo significativo la polizia kosovara con il suo lavoro. Lo sviluppo della polizia del Kosovo può quindi essere considerato un settore in cui l'impegno della comunità internazionale si è rivelato efficace.

In Kosovo il tasso di microcriminalità è inferiore a quello registrato in altri Paesi europei, ma la grande criminalità e la criminalità organizzata, strettamente legate a strutture claniche e familiari, si riscontrano in ambito economico, politico e giuridico e sono in gran parte all'origine della stagnazione del Paese: minano infatti la certezza del diritto, presupposto necessario per qualsiasi investimento.

Grazie all'OSCE, che in Kosovo ha la sua seconda più grande delegazione dopo quella in Ucraina, tutti gli incidenti in cui sono coinvolte persone di etnie diverse vengono accuratamente monitorati per determinare se sono esclusivamente di matrice criminale o se il movente è legato anche al contesto minoritario. Come accennato in precedenza, l'OSCE riferisce che i membri delle istituzioni dello Stato kosovaro provenienti dalle minoranze possono essere oggetto di intimidazioni, pressioni e altri tipi di minacce.

I reciproci pregiudizi negativi tra le comunità di lingua albanese e quelle di lingua serba sono in aumento: le nuove generazioni non imparano più la lingua dell'altra etnia, il che contribuisce a mantenere gli stereotipi esistenti o a crearne di nuovi. I membri del Governo concentrano i loro attacchi, sempre più virulenti, sui propri omologhi di Belgrado, che li ripagano con la stessa moneta. Ufficialmente, tuttavia, non vengono pronunciati discorsi di odio verso le minoranze.

8

«Le traitement inhumain de personnes et le trafic illicite d'organes humains au Kosovo» («Il trattamento inumano delle persone e il traffico illecito di organi umani nel Kosovo»), rapporto della Commissione degli affari giuridici e dei diritti dell'uomo, Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, Doc. 12462, 7 gennaio 2011 (disponibile in francese e inglese).

7051

FF 2019

Il Nord del Kosovo, dove la popolazione è in maggioranza serba, cela un potenziale rischio di escalation. Questa regione è infatti in balia di gruppi mafiosi ­ coperti da Belgrado ­ che controllano il partito di maggioranza «Lista Srpska», il quale prende chiaramente ordini dalla Serbia. La popolazione è ostaggio delle dispute tra Belgrado e Pristina.

Nella regione di Mitrovica, in particolare, a causa delle divisioni etniche e delle tensioni persistenti si verificano spesso incidenti rilevanti per la sicurezza dettati da motivi politici, interetnici o criminali.

Dato che la tradizione kosovara è priva di visioni religiose estremiste, il terrorismo in Kosovo non rappresenta un pericolo maggiore che nel resto del continente europeo. Le strutture sociali, dominate dalla famiglia, determinano un elevato grado di controllo sociale che impone forti restrizioni all'espansione delle ideologie jihadiste.

Inoltre, secondo i servizi informazioni svizzeri e la NATO, l'azione delle autorità kosovare è efficace. Per questo la probabilità di un atto terroristico contro le istituzioni nazionali o internazionali può essere considerata bassa. Benché anche il Kosovo debba far fronte al problema degli individui radicalizzati e del ritorno dei jihadisti partiti per l'area siro-irachena, per il momento nulla lascia supporre che tale minaccia possa concretizzarsi.

Da un punto di vista globale risulta che il personale delle organizzazioni internazionali impegnate in Kosovo non sia interessato direttamente dai problemi di sicurezza del Paese e che possa quindi adempiere i propri compiti senza essere esposto a particolari minacce.

2.2.4

Relazioni con la Serbia

La situazione delle relazioni tra il Kosovo e la Serbia influisce in maniera significativa sulla stabilità dei Balcani occidentali nel loro complesso. La Serbia non riconosce il Kosovo come Stato a pieno titolo e, del resto, non ne ha mai accettato la dichiarazione di indipendenza. Queste rivendicazioni territoriali impediscono qualsiasi riconciliazione tra la Serbia e il Kosovo e rappresentano un fattore di instabilità per tutta la regione. Anche diversi aspetti rimasti irrisolti dopo la guerra di indipendenza del Kosovo, come la questione dei criminali di guerra e delle persone scomparse (1653 secondo il Comitato internazionale della Croce Rossa, CICR), continuano ad avvelenare il processo di riconciliazione e i relativi traumi vengono addirittura alimentati deliberatamente dalle élite nazionaliste al potere in entrambi i Paesi.

Il dialogo tra Belgrado e Pristina istituito nel 2011 sotto l'egida dell'UE e su mandato dell'ONU per normalizzare le relazioni tra i due Stati è stato di fatto interrotto all'inizio del 2017. Di fronte allo stallo del dialogo e al peggioramento della situazione sul campo, la Germania e la Francia hanno convocato un vertice informale sui Balcani occidentali nell'aprile del 2019 a Berlino al fine di rilanciare il dialogo ufficiale. Per il Kosovo, il dialogo deve concludersi con il riconoscimento univoco della propria indipendenza da parte della Serbia, che spianerebbe la strada all'adesione di Belgrado all'UE e consentirebbe di sbloccare i suoi progressi verso l'integrazione europea. Tuttavia, per il Governo serbo un eventuale riconoscimento della sovranità della sua ex provincia dovrebbe essere il risultato di un compromesso 7052

FF 2019

associato a importanti misure di compensazione, tra cui in particolare concessioni territoriali e il diritto di avere voce in capitolo nell'amministrazione delle minoranze serbe.

Il deterioramento delle relazioni tra Belgrado e Pristina ha quindi determinato una recrudescenza delle tensioni e degli incidenti provocati da entrambe le parti. Gli atti intimidatori nei confronti dei membri di istituzioni kosovare provenienti dalle minoranze si sono moltiplicati, in particolare nella KSF. I Serbi kosovari membri di quest'ultima sono stati minacciati e messi sotto pressione sia da individui della stessa etnia sia dalle autorità serbe affinché rassegnassero le dimissioni. Solo nel 2018 tali intimidazioni hanno spinto più di una decina di Serbi kosovari a dimettersi.

Parallelamente alla sua opposizione di principio a ogni nuova adesione del Kosovo a organizzazioni internazionali, alla fine del 2017 la Serbia ha lanciato una campagna internazionale per il disconoscimento del nuovo Stato, cercando di convincere piccoli Stati come il Suriname a tornare sulla loro decisione di riconoscere l'indipendenza del Kosovo. A fine 2018, a causa dell'intensa attività lobbistica esercitata dalla Serbia, è fallito anche il terzo tentativo del Kosovo di aderire all'Interpol. Come rappresaglia, il Kosovo ha quindi deciso di tassare al 100 per cento le importazioni di beni provenienti dalla Serbia e dalla Bosnia ed Erzegovina 9, violando l'Accordo di libero scambio centro-europeo. L'UE e gli Stati Uniti hanno condannato tale misura di ritorsione adottata da Pristina e chiesto l'abolizione dei dazi. Tuttavia, nonostante le pressioni esercitate dalla comunità internazionale, le autorità kosovare si sono rifiutate di tornare su questa decisione, che tra l'altro gode di grande consenso in Kosovo.

2.2.5

Trasformazione della Kosovo Security Force (KSF)

Fino al dicembre del 2018 la KSF era ufficialmente un'organizzazione statale per la protezione civile con armi leggere, dotata di unità paramilitari.

Nel dicembre del 2018 il Governo kosovaro ha annunciato ufficialmente la sua intenzione di trasformare la KSF in una forza armata regolare, decisione formalizzata dall'adozione di un pacchetto legislativo da parte del Parlamento kosovaro.

L'attuazione del progetto è iniziata, ma dovrebbe richiedere molto più tempo di quanto previsto da Pristina (dieci anni per disporre di un esercito operativo). Questa trasformazione in esercito regolare non ha solo conseguenze a livello di politica interna, ma si ripercuote anche sulle relazioni tra il Kosovo e la Serbia, la quale ha espresso la sua preoccupazione in una lettera ufficiale indirizzata a 53 Paesi tra cui la Svizzera. Belgrado considera la trasformazione della KSF una minaccia per la pace e chiede in particolare ai governi di rinunciare a riconoscere l'indipendenza del Kosovo.

Nulla lascia pensare che le autorità kosovare possano desistere dalla loro intenzione, né che la Serbia possa accettare la prospettiva di una KSF trasformata o anche solo prenderla in considerazione.

9

Per quanto riguarda il Kosovo, Sarajevo allinea la propria politica a quella di Belgrado.

7053

FF 2019

La NATO ha espresso la sua disapprovazione per questo modo di procedere, mentre gli Stati Uniti, la Germania, il Regno Unito e la Francia sostengono in linea di principio la creazione di un esercito kosovaro.

Nel quadro di contatti ufficiali con il Governo kosovaro, la Svizzera ha reso nota la propria posizione: in quanto Stato indipendente, il Kosovo ha il diritto di disporre di un esercito regolare. Tuttavia, tenuto conto della situazione generale in Kosovo, la trasformazione della KSF contribuisce ad aggravare le tensioni con la Serbia. Piuttosto che alla creazione di un esercito, la priorità dovrebbe essere data alla risoluzione del conflitto. Per la Svizzera è quindi fondamentale che la KFOR rimanga la principale garante della sicurezza in Kosovo.

2.3

Questioni frontaliere

L'idea di procedere a scambi di territori per risolvere le tensioni etniche ritorna periodicamente nelle discussioni tra gli Stati dei Balcani occidentali, come pure in quelle tra il presidente serbo e il presidente kosovaro. Tuttavia, vista la presenza di diversi settori a maggioranza serba su tutto il territorio del Kosovo, un simile approccio non rappresenterebbe una soluzione adeguata per risolvere la questione delle relazioni tra la minoranza serba e il resto della popolazione kosovara a maggioranza albanese.

Dall'estate del 2018 i capi di Stato di entrambi i Paesi hanno di nuovo rilasciato dichiarazioni a favore di un eventuale scambio di territori o di una ripartizione etnica tra la Serbia e il Kosovo. Il presidente kosovaro, che sostiene questo approccio, è completamente isolato in termini di politica interna, visto che l'intera classe politica del Kosovo e tutta la popolazione kosovara respingono qualsiasi scambio di territori.

Nemmeno il presidente serbo può contare su un sostegno in tal senso, poiché la Chiesa ortodossa serba rifiuta con veemenza un simile scambio, che sfocerebbe nel riconoscimento dell'indipendenza del Kosovo, e tale posizione è condivisa ­ sebbene in modo più discreto ­ anche dalla maggior parte della popolazione di lingua serba, che verrebbe «abbandonata» in Kosovo. Tuttavia, nella speranza che un accordo di questo tipo possa risolvere il conflitto tra Belgrado e Pristina, gli Stati Uniti, la Francia e l'Italia adottano un atteggiamento piuttosto accomodante nei confronti di un eventuale scambio di territori. L'UE è piuttosto divisa sulla questione, mentre in precedenza i Paesi occidentali si erano sempre impegnati a favore della coesistenza pacifica di società multietniche nei Balcani, entro i confini delle ex repubbliche jugoslave.

Un eventuale scambio di territori tra il Kosovo e la Serbia costituirebbe per la regione un precedente molto rischioso che verrebbe sicuramente sfruttato anche da altri gruppi nazionalisti, in particolare in Bosnia ed Erzegovina, in Macedonia del Nord o in Montenegro, il che potrebbe compromettere la stabilità dei Balcani e di altre regioni interessate da conflitti frontalieri, come il Caucaso o l'Asia centrale. Questo punto di vista è sostenuto con fermezza dalla Germania e dalla Svizzera nonché, in modo più discreto, dalla maggior
parte degli Stati membri dell'UE e da tutti i Paesi della regione. Per il momento sembra che l'unico effetto concreto di tali discussioni sia stato quello di aumentare la preoccupazione delle popolazioni interessate da un 7054

FF 2019

simile scenario, ovvero la minoranza serba in Kosovo e la minoranza di lingua albanese nel Sud della Serbia, entrambe escluse dai negoziati dalle autorità dei due Paesi.

2.4

Presenza e influenza della comunità internazionale

La risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite è la base su cui si fonda la presenza della KFOR e di numerose organizzazioni internazionali in Kosovo. Nelle prime fasi dell'impegno internazionale la Missione delle Nazioni Unite per l'amministrazione provvisoria in Kosovo (UNMIK) era responsabile dell'amministrazione civile e della costruzione dello Stato kosovaro, in particolare del suo corpo di polizia, mentre la missione dell'OSCE (OMIK) era attiva essenzialmente nei settori della democratizzazione e dei diritti umani. All'epoca operavano nel Paese anche numerose organizzazioni non governative. In seguito, nel 2008, la missione dell'Unione europea sullo Stato di diritto in Kosovo (EULEX) ha gradualmente assunto i compiti del mandato esecutivo dell'UNMIK nei settori dell'applicazione della giustizia, della polizia, delle dogane e della protezione delle frontiere.

Sebbene queste missioni siano tuttora presenti nel Paese, il loro ruolo si è notevolmente ridotto con il progressivo sviluppo dello Stato kosovaro. L'UNMIK ha ormai solo un mandato limitato e un effettivo ridotto, mentre l'OMIK dispone di un effettivo troppo grande in quanto la Russia e la Serbia si rifiutano di ridurlo adducendo come motivazione la delicata situazione in Kosovo. L'OMIK porta avanti le sue attività in settori quali lo sviluppo della democrazia, i diritti delle minoranze etniche, la libertà dei media, l'uguaglianza di genere e il supporto elettorale. Emana bollettini quotidiani sugli incidenti tra membri di etnie diverse ed effettua il monitoraggio delle elezioni nazionali e municipali in Kosovo. Nel 2018 l'EULEX, che non è più incaricata di perseguire i crimini di guerra, la corruzione, la criminalità organizzata e il terrorismo, ha trasferito gran parte del suo mandato esecutivo in campo giudiziario alle autorità del Kosovo. Ormai le sue competenze esecutive si limitano alla protezione dei testimoni e agli arresti legati ai procedimenti delle Camere speciali per il Kosovo con sede all'Aia. Con un effettivo ridotto a un centinaio di agenti, l'EULEX dispone di capacità d'intervento molto limitate in caso di sovraccarico di lavoro per la polizia kosovara. Di fatto, questa funzione è stata assunta dalla KFOR.

Sul piano politico sembra tuttavia che gli attori internazionali, tra cui in particolare gli
Stati Uniti e l'UE, stiano perdendo influenza in Kosovo. Il rifiuto da parte del Kosovo di cedere alla pressione internazionale sulla questione dei dazi sulle merci serbe ne è una dimostrazione. Tale tendenza è inoltre confermata anche da altri sviluppi come la trasformazione della KSF in un esercito regolare: le autorità kosovare stanno acquisendo un'autonomia sempre maggiore e questi cambiamenti sono riconducibili in gran parte alla perdita di credibilità delle organizzazioni internazionali, in particolare dell'UE. L'incapacità di quest'ultima di far rispettare ai propri Stati membri la liberalizzazione dei visti Schengen nel 2018 ­ tanto che il Kosovo, pur adempiendo tutti i criteri formali, è l'ultimo Stato della regione a essere ancora sottoposto al regime dei visti ­ è vissuta come un'ingiustizia sia dalle autorità che 7055

FF 2019

dalla popolazione. Le missioni civili della comunità internazionale, e in particolare l'EULEX, non sono in genere ben accette e la loro ragion d'essere viene spesso rimessa in discussione.

Nel quadro di tale perdita di influenza da parte della comunità internazionale in Kosovo, la presenza della KFOR rimane indispensabile. Questa missione continua infatti a svolgere un ruolo fondamentale in quanto garante della sicurezza e della stabilità, soprattutto grazie all'elevato livello di accettazione di cui gode presso tutte le etnie che compongono la popolazione kosovara.

3

Il ruolo della KFOR

3.1

Il mandato della KFOR

Il mandato che prevede l'impiego della KFOR si fonda sulla risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza dell'ONU ed è stato accolto con grande favore dal Governo kosovaro dopo la dichiarazione di indipendenza del 2008. Ai sensi della risoluzione, la KFOR è tenuta ad adempiere tre compiti: ­

creazione e mantenimento di un contesto sicuro e stabile (compresa la garanzia di una libertà di movimento senza limitazioni);

­

applicazione e sorveglianza del rispetto dell'accordo che prevede il ritiro delle forze serbe dal Kosovo nonché il disarmo dell'Esercito di liberazione del Kosovo;

­

appoggio alla missione civile UNMIK dell'ONU e ad altri partner civili internazionali.

La KFOR opera in stretta collaborazione con l'UNMIK e l'EULEX.

3.2

Evoluzione e funzionamento della KFOR

Il miglioramento e la stabilizzazione della situazione in materia di sicurezza negli ultimi 20 anni hanno portato ad adeguare il ruolo della KFOR e a ridurre, in diverse fasi, l'effettivo delle sue truppe, che originariamente era di circa 50 000 militari. Al momento 28 Stati, tra cui otto Paesi non membri della NATO, mettono a disposizione della KFOR circa 3500 militari. A livello operativo, per quanto riguarda la composizione della missione si è quindi passati da una forza massiccia, onnipresente e formata essenzialmente da mezzi di fanteria, che interveniva con pattuglie e controlli, a una presenza più moderata il cui compito principale è monitorare la situazione, ossia acquisire notizie e informazioni. Per poter agire in caso di peggioramento della situazione, la KFOR ha mantenuto una certa capacità d'intervento con mezzi massicci. Oggi la KFOR adempie i propri compiti sulla base di tre componenti: monitoraggio della situazione, intervento e riserva d'intervento.

Una rete di 29 squadre di collegamento e di monitoraggio (Liaison and Monitoring Teams, LMT) costituisce l'elemento principale della capacità di monitoraggio della situazione da parte della KFOR. Consente di individuare rapidamente eventuali 7056

FF 2019

tendenze conflittuali che possono portare a un peggioramento della situazione in materia di sicurezza e, all'occorrenza, permette di attivare gli elementi d'intervento.

I LMT svolgono anche compiti di mediazione a livello locale. Ognuno di essi è composto di otto militari che vivono tra la popolazione, in una casa che serve anche come punto di partenza per le loro attività. I LMT fungono da organi informativi per il comandante della KFOR e garantiscono nel contempo una presenza militare capillare di quest'ultima nel Paese. La KFOR dispone anche di formazioni d'esplorazione per acquisire in modo discreto notizie destinate al comandante della KFOR.

In caso di peggioramento della situazione la KFOR dispone di battaglioni d'intervento in grado di intervenire nei settori del Paese che sono stati loro specificamente assegnati. Vi è anche un ulteriore battaglione che può svolgere un'ampia gamma di interventi in tutto il Kosovo e addirittura in Bosnia ed Erzegovina a favore della missione EUFOR ALTHEA. Gli elementi d'intervento vengono appoggiati da elementi di mobilità tattica come elicotteri da trasporto o gruppi incaricati della rimozione di ordigni esplosivi improvvisati (Improvised Explosive Devices).

Inoltre, se la situazione lo richiede, la KFOR può ricorrere a due forze di riserva che sono stazionate al di fuori del Kosovo e che possono essere impiegate in tutta l'area dei Balcani: la forza di riserva strategica (Strategic Reserve Force), che conta 734 militari ed è subordinata al Quartier generale supremo delle potenze alleate in Europa (Supreme Headquarters Allied Powers Europe, SHAPE) della NATO a Mons, e la forza di riserva operativa (Operational Reserve Force), che dispone di 1083 militari ed è subordinata al Comando alleato della forza congiunta (Allied Joint Force Command) della NATO a Napoli. Questo dispositivo permette di mantenere una presenza leggera nel Paese conservando nel contempo forze di riserva ad alta disponibilità sul posto (presenza ridotta) e al di fuori del teatro operativo (presenza rafforzata).

Parallelamente alla KFOR, dal 2008 la NATO fornisce appoggio al Kosovo per la costituzione di forze di sicurezza proprie e, sebbene ritenga che sia prematuro per Pristina trasformare la KSF in esercito regolare, continuerà a offrire il proprio sostegno al Paese affinché questo
processo di trasformazione porti alla creazione di una forza che operi nel rispetto dei principi dello Stato di diritto e del controllo democratico. La NATO deve inoltre assicurare che l'appoggio a tale trasformazione venga garantito a livello multilaterale piuttosto che tramite canali bilaterali che possono servire per attuare agende nazionali specifiche. L'Esercito svizzero non partecipa a questi sforzi.

Ogni sei mesi gli organi militari della NATO valutano, sulla base di analisi complete della situazione, l'entità delle truppe nonché i compiti e l'orientamento della KFOR al fine di garantire che siano adeguati alle esigenze in materia di sicurezza dettate dalle circostanze in Kosovo. In occasione delle cosiddette conferenze sulla costituzione della forza (Force Generation Conferences), gli Stati fornitori di truppe possono sottoporre offerte di contributi basate sulle esigenze della KFOR aggiornate in tal modo dalla NATO.

7057

FF 2019

3.3

Bilancio e prospettive per la KFOR

In Kosovo la KFOR rimane l'unico attore internazionale riconosciuto e apprezzato da tutti e gode di grande credibilità. Può inoltre contare sull'interesse comune che le varie parti coinvolte nutrono nei confronti della presenza di questa forza multinazionale sul loro territorio, anche se in Kosovo non vi è più una minaccia militare diretta.

La KFOR ha la reputazione di attore imparziale e con i suoi LMT garantisce una presenza capillare in tutto il Kosovo senza tuttavia dare l'impressione di militarizzare il Paese. È in grado di imporsi in caso di peggioramento della situazione e può intervenire rapidamente in ogni zona del Kosovo. Questa presenza militare internazionale in Kosovo ha anche un effetto deterrente sugli attori propensi alla violenza e rassicura le minoranze etniche, che continuano a sentirsi minacciate in tutto il Paese.

Da un punto di vista generale, la NATO ritiene che l'impegno della KFOR debba continuare finché Serbia e Kosovo si dimostreranno incapaci di instaurare relazioni pacifiche tra Stati sovrani. Per questo anche in futuro la KFOR sarà indispensabile per garantire militarmente un contesto sicuro che favorisca lo sviluppo del Kosovo e la stabilità di tutta la regione.

Per gli Stati che partecipano alla missione, l'applicazione della risoluzione 1244 rimane all'ordine del giorno. Gli Stati in questione ritengono infatti che la situazione nel Paese sia tuttora instabile dal punto di vista politico nonché, di conseguenza, sul piano della sicurezza. Per questo l'Italia e gli Stati Uniti, che sono i principali fornitori di truppe, portano avanti il loro impegno fornendo rispettivamente oltre 1000 e oltre 600 militari.

Gli Stati che hanno ritirato tutti i loro contingenti oppure hanno ridotto gli effettivi al fine di reimpiegare le truppe in altri teatri operativi considerati prioritari ritengono invece che il loro impegno in altre regioni contribuisca alla sicurezza e alla stabilità internazionale. Non rimettono comunque in discussione la validità della KFOR e del suo mandato. Si aspettano pertanto che i Paesi che non sono in grado di impegnarsi in queste regioni più difficili diano prova di solidarietà portando avanti la loro opera nei Balcani occidentali. È in particolare il caso della Francia, che ha ritirato tutte le truppe per impegnarsi nel Sahel e nella Repubblica
Centrafricana, e della Germania, che ha ridotto drasticamente il suo effettivo per costituire un corpo di pronto intervento. Berlino ha tuttavia mantenuto l'effettivo massimo autorizzato del suo contingente a 400 militari per poter procedere in tempi rapidi a un eventuale rafforzamento della KFOR in caso di peggioramento della situazione in materia di sicurezza.

Altri Paesi che avevano lasciato la missione hanno invece deciso di rientrarvi, come ha fatto il Regno Unito, che in seno alla KFOR impiega un contingente di una trentina di militari e mette oltre 600 militari a disposizione di una delle riserve d'intervento al di fuori del Kosovo. Come indicato in precedenza, questi contributi permettono alla missione di conservare la propria capacità d'intervento nonché un alto livello di credibilità pur mantenendo una presenza ridotta sul posto.

7058

FF 2019

4

Impiego attuale della Swisscoy

4.1

Evoluzione, organizzazione e compiti

Dal 1999 la Swisscoy ha man mano adattato la propria organizzazione e i propri compiti alle esigenze della KFOR, a loro volta legate all'evoluzione della situazione in Kosovo. All'inizio dell'impiego in Kosovo la Swisscoy era una compagnia logistica con un effettivo massimo di 160 militari che, ad eccezione di un distaccamento di sicurezza armato, non erano armati. In questa configurazione, la Swisscoy faceva parte di un battaglione di fanteria austriaco che forniva prestazioni di sicurezza massicce sotto forma di pattuglie e posti di blocco. In seguito alla prima riorganizzazione della KFOR, le nuove esigenze hanno spinto la Svizzera a fornire mezzi di fanteria con un effettivo massimo di 220 militari armati. Successivamente, nel quadro di un nuovo adeguamento del dispositivo della KFOR, anche la Swisscoy ha adattato il proprio dispositivo e ha fornito alla KFOR diversi LMT e varie prestazioni nei settori del genio e dei trasporti, con un nuovo effettivo massimo di 235 militari. Durante il mandato in corso l'effettivo massimo è stato ridotto in due fasi e attualmente è di 165 militari. Tale riduzione è dovuta al ritiro del personale addetto all'utilizzo dei mezzi pesanti del genio destinati alla fornitura di prestazioni di trasporto e di costruzione che non erano più richieste dalla KFOR.

Per adempiere il suo compito a favore della KFOR, la Swisscoy è organizzata e stazionata in modo diverso rispetto alle unità convenzionali dell'Esercito svizzero.

La sua organizzazione si basa, da un lato, su due catene di comando ­ multinazionale e nazionale ­ e, dall'altro, sullo stazionamento dei propri mezzi in una decina di ubicazioni dislocate in tutto il territorio del Kosovo.

La Swisscoy è subordinata a un ufficiale superiore svizzero che svolge la funzione di comandante del contingente nazionale (National Contingent Commander, NCC) ed è il superiore di tutti i militari della Swisscoy in ambito amministrativo e disciplinare.

Gli elementi della Swisscoy che forniscono direttamente le loro prestazioni a favore della KFOR ricevono i relativi ordini d'impiego dall'ambito di comando della KFOR a cui sono attribuiti.

Quattro LMT svizzeri lavorano all'acquisizione di notizie e informazioni. Il distaccamento di trasporto aereo può essere chiamato in qualsiasi momento a trasportare materiali o persone con un
elicottero (ciò che implica che sul posto devono sempre essere disponibili due elicotteri). Inoltre, su richiesta del comandante della KFOR, può essere messo temporaneamente a disposizione della missione anche un ulteriore elicottero svizzero. Per garantire la libertà di movimento, la Swisscoy fornisce una squadra di esperti per l'eliminazione di munizioni inesplose e una sezione circolazione e trasporto, che esegue trasporti di merci e persone. La Swisscoy fornisce inoltre ufficiali superiori al Comando regionale Ovest (Regional Command West, RC-W), al Comando regionale Est (Regional Command East, RC-E) e al quartier generale della KFOR. Una squadra medica e un gruppo di agenti della polizia militare svolgono compiti per l'intera KFOR. La Swisscoy partecipa anche alla condotta e all'amministrazione del campo della KFOR a Novo Selo. Fino all'autunno del 2019 ha fornito un distaccamento del comando forze speciali al battaglione multinazionale di ricerca informativa (Intelligence, Surveillance and Reconnaissance, ISR) della KFOR.

7059

FF 2019

I diversi elementi della Swisscoy necessari per il funzionamento del contingente sono comandati direttamente dall'NCC. Affinché i vari elementi impiegati possano adempiere i loro compiti, la Swisscoy ha bisogno di un elemento nazionale che fornisca un servizio di assistenza tecnica. Tale elemento supporta il comando della Swisscoy e la cellula informativa svizzera e si occupa dell'approvvigionamento dalla Svizzera, dell'amministrazione e della manutenzione delle infrastrutture che vengono utilizzate esclusivamente dai membri del contingente.

I militari svizzeri hanno anche responsabilità di condotta in seno alla KFOR. Inoltre, dal settembre del 2019 un alto ufficiale superiore svizzero con il grado di brigadiere ricopre la funzione di vicecomandante della KFOR (Deputy Commander KFOR, DCOM KFOR) per un periodo di un anno. Per l'Esercito svizzero si tratta della prima esperienza di condotta a questo livello di responsabilità in una missione internazionale di mantenimento della pace. Fino all'autunno del 2019 la Svizzera ha anche detenuto il comando del Distaccamento regionale interforze Nord (Joint Regional Detachment North, JRD-N), che, nel quadro di una riorganizzazione strutturale della KFOR, è stato poi fuso con il suo omologo del Sud-Est per dare vita al Distaccamento regionale interforze Est (Joint Regional Detachment East, JRD-E), il cui comando è affidato a un altro Paese.

Come indicato in precedenza, gli elementi della Swisscoy sono stazionati in diverse località del Kosovo. Il comando del contingente e gli ufficiali superiori svizzeri operano dal quartier generale della KFOR a Pristina, come è il caso anche per la polizia militare, la squadra di specialisti per l'eliminazione di munizioni inesplose, la cellula informativa militare e una parte delle trasmissioni e della squadra medica, mentre la compagnia di supporto, l'elemento d'esplorazione, la sezione di trasporto e altri elementi delle trasmissioni e della squadra medica sono stazionati nel campo di Novo Selo, situato a sud di Mitrovica. Il distaccamento di trasporto aereo opera dall'aeroporto di Pristina. Infine, la Swisscoy gestisce le infrastrutture dei suoi LMT a Malishevo, Prizren, Mitrovica e Zubin Potok.

4.2

Utilità per l'esercito

Dal 1999 l'Esercito svizzero trae insegnamenti e conoscenze utili dall'impiego della Swisscoy in Kosovo.

L'esercito ha avuto modo di testare le proprie procedure nel corso degli impieghi, verificando per esempio l'idoneità all'impiego dei processi di rifornimento e restituzione su grandi distanze. Si è inoltre dovuto confrontare con nuovi processi nel settore della collaborazione fra organi civili e militari per l'istruzione dei LMT.

L'esercito ha anche potuto testare procedure di stato maggiore sul lungo termine in impieghi che si svolgono 24 ore su 24 e gli insegnamenti tratti sono stati fatti confluire direttamente nei relativi regolamenti. Le esperienze maturate in Kosovo hanno inoltre permesso all'esercito di aggiungere alla propria dottrina ulteriori procedimenti legati alle varie armi.

A livello individuale, l'utilità per i quadri è data dall'esperienza diretta della responsabilità di condotta di un impiego reale. Per sei mesi, 24 ore su 24, è infatti necessa7060

FF 2019

rio assumere la responsabilità della condotta e mantenere la disciplina. Queste conoscenze risultano particolarmente utili per i quadri di professione.

Grazie all'impiego di un alto ufficiale superiore nella funzione di DCOM KFOR, l'Esercito svizzero effettua per la prima volta un'esperienza ai livelli di condotta superiori di una missione militare internazionale di pace.

Infine, l'impiego permette anche di maturare esperienze su un arco di tempo prolungato in merito all'idoneità, alla capacità prestazionale o al fabbisogno di manutenzione del materiale impiegato, a vantaggio dell'intero esercito.

4.3

Personale

4.3.1

Disponibilità a prestare servizio volontario

Dopo 20 anni di impiego, l'esercito riesce ancora a reclutare un numero sufficiente di volontari qualificati per svolgere un servizio di promovimento della pace in seno alla Swisscoy. Infatti, secondo l'articolo 66 capoverso 3 della legge militare del 3 febbraio 199510 (LM), la partecipazione a un impiego di promovimento della pace è volontaria. Sebbene il reclutamento di determinate categorie di personale come gli agenti della polizia militare, i medici, i sanitari di salvataggio, i conducenti di mezzi pesanti e gli ufficiali donne sia più complicato e richieda sforzi supplementari, tra l'ottobre del 2018 e l'ottobre del 2019 circa 880 volontari ­ su un totale di circa 1850 persone interessate ­ hanno partecipato alla prima giornata di reclutamento e 720 sono state invitate alla seconda giornata di reclutamento presso il Centro di competenza SWISSINT a Stans. Alla fine 210 persone sono state reclutate in uno dei due contingenti impiegati durante il periodo in questione. Un contingente Swisscoy è composto in media per il 17,5 per cento di collaboratori civili e militari del DDPS (ufficiali superiori, equipaggi e meccanici di elicotteri, agenti della polizia militare e sminatori incaricati della rimozione di ordigni esplosivi improvvisati) e per l'82,5 per cento da personale di milizia. Inoltre i contingenti Swisscoy comprendono in media un 39 per cento di militari che prolungano l'impiego in corso o che hanno già svolto un impiego in seno alla Swisscoy.

Questa situazione favorevole per quanto riguarda il reclutamento può essere attribuita a un sistema di remunerazione nel contempo interessante e in linea con gli standard della Confederazione nonché alle misure adottate in termini di comunicazione.

In questo settore l'esercito si rivolge non solo alle persone già incorporate, ma a tutta la società per attirare un numero sufficiente di volontari svizzeri.

Anche il sistema di reclutamento organizzato in due fasi si è dimostrato efficace. La prima fase comprende il controllo dell'idoneità al servizio di promovimento della pace in uno dei centri di reclutamento dell'esercito, mentre la seconda fase, condotta dal Centro di competenza SWISSINT, mira a verificare la capacità di ogni volontario di svolgere la funzione prevista.

10

RS 510.10

7061

FF 2019

4.3.2

Le donne nella Swisscoy

In questi ultimi anni la partecipazione delle donne alle missioni internazionali di mantenimento della pace sta acquisendo un'importanza sempre maggiore: una tendenza che rispecchia l'evoluzione del ruolo delle donne nella vita professionale nonché l'importanza del loro particolare ruolo nel promovimento della pace. Sembra addirittura che, a seconda del contesto culturale o religioso in cui opera una determinata missione, il personale femminile sia in grado di svolgere compiti che risultano invece più complicati per il personale maschile. A titolo di esempio: l'ONU, che ha a sua volta riconosciuto l'importanza del ruolo delle donne, si è prefissa di raggiungere il 16 per cento di personale femminile tra gli specialisti ­ come gli osservatori militari ­ impiegati nelle sue missioni. Le donne svolgono inoltre un ruolo chiave nell'ambito degli sforzi volti a promuovere la pace in Kosovo. Infatti, a seconda della cultura delle etnie con cui la KFOR interagisce, i soldati maschi incontrano maggiori difficoltà nella comunicazione con le donne. Si tratta di un aspetto cruciale per i membri dei LMT, che devono mantenere contatti regolari con la popolazione in tutta la sua diversità.

L'esercito è riuscito a reclutare un maggior numero di donne disposte a svolgere simili impieghi, in particolare in seno ai LMT. Per questo oggi le donne rappresentano quasi il 20 per cento dell'effettivo della Swisscoy, una percentuale molto più alta di quella registrata in seno all'esercito (0,7 % dell'effettivo totale).

Questo progresso è il frutto di sforzi mirati compiuti dall'esercito a partire dal 2012 negli ambiti della comunicazione e del reclutamento. Prima, oltre a essere esigua, la presenza femminile si concentrava principalmente nell'ambito sanitario e in quello amministrativo. Oggi invece sono aumentate le donne che svolgono compiti operativi, in particolare nei LMT.

Per ovviare al fatto che le cittadine svizzere non sono soggette all'obbligo di prestare servizio militare e, nella maggior parte dei casi, non hanno alle spalle un'istruzione militare, la formazione impartita al personale femminile del contingente prima dell'impiego nella Swisscoy comprende una fase incentrata sull'istruzione militare di base.

Questi sviluppi incoraggianti non solo favoriscono l'impiego nell'ambito del promovimento militare della
pace, ma, per l'esercito, rappresentano anche un ritorno sugli investimenti. In alcuni casi, infatti, dopo essere state impiegate nel quadro del promovimento militare della pace le donne decidono di entrare nell'esercito, assolvendo una scuola reclute o assumendo una funzione di ufficiale specialista. In determinati settori dell'Amministrazione federale, un'esperienza pregressa nella KFOR può persino offrire maggiori possibilità di trovare un posto di lavoro al ritorno dall'impiego.

Gli sforzi compiuti per accrescere la partecipazione delle donne alla Swisscoy e al promovimento militare della pace saranno portati avanti per dare continuità ai suddetti sviluppi sulla base dei progressi già fatti.

7062

FF 2019

5

Impiego futuro della Swisscoy

5.1

Interesse a portare avanti l'impegno dal punto di vista della politica di sicurezza e della politica estera

Sebbene le possibilità che scoppi un nuovo conflitto armato nel Paese siano scarse, la situazione politica e in materia di sicurezza in Kosovo è tale da rendere ancora necessaria la presenza della KFOR per garantire stabilità e sicurezza. La KFOR è il frutto di un impegno congiunto che rispecchia l'importanza che gli Stati europei attribuiscono alle sfide in materia di sicurezza ancora presenti nella regione. Questa attenzione riflette un interesse condiviso dagli Stati fornitori di truppe. Dati gli stretti legami tra la Svizzera e il Kosovo, in particolare in termini demografici, anche la stabilità nella regione riveste un interesse per la Svizzera, che trae beneficio dalla presenza della KFOR in Kosovo. Pertanto, nonostante l'effettivo della Swisscoy rappresenti meno del 5 per cento di quello della KFOR, la Svizzera dimostra con la sua partecipazione di contribuire nei limiti delle proprie possibilità a tale sforzo congiunto e compie così un atto di solidarietà.

L'impegno profuso finora a favore della KFOR ha inoltre dimostrato che la Svizzera è un partner competente e apprezzato. In occasione delle riunioni ad alto livello con i rappresentanti della NATO e della KFOR emerge infatti sistematicamente che il lavoro della Swisscoy è apprezzato per la sua qualità e la sua affidabilità.

L'attribuzione della funzione di DCOM KFOR alla Svizzera può essere vista come un riflesso di tale considerazione.

Pertanto, allo stato attuale, un ritiro della Swisscoy avrebbe conseguenze importanti per la Svizzera in termini di politica estera e di politica di sicurezza. Tenuto conto della rappresentanza demografica, del potenziale di escalation tuttora presente e delle influenze extraeuropee nella regione, per la Svizzera sarebbe difficile spiegare i motivi di un'eventuale decisione di porre fine alla propria partecipazione. Molto probabilmente gli Stati con cui la Svizzera condivide interessi in materia di politica di sicurezza interpreterebbero una simile decisione come una rottura della solidarietà. Un ritiro sarebbe inoltre difficile da comprendere per i Governi di Serbia e Kosovo e rischierebbe di indebolire la fiducia dimostrata dalla NATO e dai suoi partner della KFOR nei confronti della Svizzera. Con molta probabilità verrebbe inteso come un segnale del fatto che, secondo il nostro Collegio, l'impiego
militare della comunità internazionale non è più necessario e il Kosovo è ormai in grado di gestire la propria sicurezza in maniera autonoma. Infine, un ritiro del contingente svizzero risulterebbe particolarmente equivoco in quanto dal mese di settembre del 2019 la funzione di DCOM KFOR è ricoperta dalla Svizzera per un periodo di un anno. Alla luce di queste considerazioni, un'eventuale decisione di ritirarsi dal Kosovo danneggerebbe, nel complesso, l'immagine della Svizzera.

5.2

Effettivo

Come indicato in precedenza, le prestazioni e l'entità della Swisscoy vengono adeguate in funzione delle esigenze della KFOR, individuate sulla base di una valutazione minuziosa della situazione che comprende sia il Kosovo che l'intera regione.

7063

FF 2019

Per il mandato in corso, l'effettivo della Swisscoy è stato ridotto in due fasi successive11. Nella primavera del 2018 l'effettivo massimo è passato da 235 a 190 militari e nell'autunno del 2019 da 190 a 165 militari. Questa riduzione dell'effettivo ha riguardato essenzialmente i veicoli speciali destinati ai trasporti e alla costruzione.

Poiché tali prestazioni non erano più richieste dalla KFOR, i relativi mezzi sono stati riportati in Svizzera. Sono invece state mantenute le capacità fornite negli ambiti del monitoraggio della situazione (LMT), della sorveglianza, dell'esplorazione e del trasporto aereo, ancora richieste dalla KFOR.

Il summenzionato peggioramento del contesto in materia di sicurezza e politico ha comportato nuove lacune in termini di capacità. La KFOR le ha segnalate sia in occasione della conferenza sulla costituzione della forza del giugno 2019, sia nel quadro di un incontro bilaterale tra il capo dell'esercito e il comandante della KFOR (Commander KFOR, COM KFOR) nell'agosto dello stesso anno. Le esigenze supplementari della KFOR riguardano gli ambiti della libertà di movimento, l'acquisizione di informazioni e le funzioni di ufficiale superiore presso il quartier generale della KFOR.

Si tratta di compiti per i quali l'Esercito svizzero dispone delle competenze e delle capacità richieste. Per garantire la libertà di movimento, la KFOR necessita di un distaccamento addetto all'utilizzo di veicoli speciali in grado di sgomberare le strade da eventuali blocchi stradali improvvisati e di intervenire rapidamente quando la polizia del Kosovo ha bisogno di appoggio. La Swisscoy ha già contribuito all'adempimento di questo compito della KFOR in passato, segnatamente durante i disordini che si sono verificati nel 2011 nel Nord del Kosovo, fornendo macchine da cantiere pesanti in appoggio a uno degli elementi d'intervento della KFOR 12. Per questo il nostro Collegio ha deciso di impiegare nuovamente tali mezzi speciali. Per quanto riguarda le esigenze presso il quartier generale e nell'ambito dell'acquisizione di informazioni, la Swisscoy dovrebbe impiegare ufficiali superiori supplementari e un distaccamento di specialisti destinato al battaglione multinazionale di ricerca informativa della KFOR (Intelligence, Surveillance and Reconnaissance, ISR).

Sin dall'inizio dell'impiego
della Swisscoy, la Svizzera ha sempre adeguato il proprio contributo in funzione delle esigenze della KFOR e delle capacità dell'Esercito svizzero. Dal nostro punto di vista è opportuno portare avanti questo approccio adattando nuovamente il contributo della Svizzera affinché la KFOR possa colmare le proprie lacune in termini di capacità. Per consentire all'esercito di fornire queste prestazioni supplementari, il nostro Collegio ha deciso di aumentare l'effettivo massimo della Swisscoy da 165 a 195 militari. Tale aumento sarà attuato nel quadro della rotazione dei contingenti nella primavera del 2021.

11 12

FF 2016 7701 Rapport 2011 sur l'engagement de la compagnie suisse (Swisscoy) dans le cadre de la Kosovo Force multinationale (KFOR) à l'attention des Commissions de politique extérieure et de politique de sécurité du Conseil national et du Conseil des Etats (rapporto 2011 sull'impiego della compagnia svizzera [Swisscoy] nella Forza multinazionale per il mantenimento della pace in Kosovo [KFOR] all'attenzione delle Commissioni della politica estera e della politica di sicurezza del Consiglio nazionale e del Consiglio degli Stati, non disponibile in italiano), pag. 9.

7064

FF 2019

5.3

Durata dell'impiego ed eventuale cessazione anticipata

Secondo la risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza dell'ONU, l'impiego della KFOR sarà prorogato «salvo che il Consiglio di sicurezza non decida altrimenti».

Nel novembre del 2018, nella sua valutazione globale della sicurezza del contesto in Kosovo (Comprehensive Security Assessment of the Kosovo Environment), la NATO, che è incaricata dell'attuazione della parte del mandato dell'ONU relativa alla sicurezza, ha riferito che le condizioni per ridurre l'impegno della KFOR non erano soddisfatte e che la presenza di quest'ultima in Kosovo continuava a essere necessaria. Inoltre anche alcuni Paesi confinanti con la Svizzera sono preoccupati per la situazione nei Balcani e ritengono che, allo stato attuale, la presenza militare internazionale in Kosovo debba essere mantenuta. Questa posizione è stata confermata dalla Germania e dall'Austria nel gennaio del 2019 in occasione di una riunione trilaterale dei ministri della difesa e dalla Francia in occasione di consultazioni bilaterali svoltesi nell'aprile del 2019.

Da tale contesto emerge che la KFOR ha ancora bisogno dell'impiego della Swisscoy. Il mandato della Swisscoy sarà quindi prorogato per altri tre anni, fino al 31 dicembre 2023. Il Consiglio federale può decidere in ogni momento di concludere anticipatamente l'impiego. In tal caso informa le Commissioni della politica estera e le Commissioni della politica di sicurezza di entrambe le Camere secondo l'articolo 152 capoverso 2 della legge del 13 dicembre 200213 sul Parlamento (LParl).

5.4

Possibilità di un rafforzamento temporaneo

Ci sono situazioni in cui l'effettivo impiegato non permette più alla Swisscoy di adempiere i propri compiti. Per far fronte a tali circostanze, le Camere federali hanno autorizzato il Consiglio federale ad aumentare a breve termine, e per un periodo limitato, l'effettivo della Swisscoy conformemente al decreto federale dell'8 giugno 201714 relativo al mandato in corso. In pratica un simile rafforzamento temporaneo può servire ad attuare misure di autoprotezione in caso di aggravamento della minaccia o a garantire i lavori di manutenzione.

Negli ultimi tre anni non è stato necessario alcun rafforzamento per motivi legati alla sicurezza. Tutti gli eventi rilevanti dal punto di vista della sicurezza sono stati gestiti con i mezzi della KFOR in loco. Dal nostro punto di vista, tuttavia, qualora il livello di minaccia sul posto aumentasse drasticamente, la Swisscoy avrebbe bisogno di un maggior numero di mezzi di autoprotezione per poter continuare ad adempiere il proprio compito. Per questo riteniamo di dover mantenere la competenza necessaria per aumentare il contingente di 20 persone per un periodo massimo di quattro mesi, come già previsto dal mandato attuale. Questo dispiegamento supplementare riguarderebbe in primo luogo militari del comando forze speciali.

13 14

RS 171.10 FF 2017 3801

7065

FF 2019

La possibilità di aumentare l'effettivo di 50 persone per un periodo massimo di otto mesi per svolgere lavori di manutenzione è invece stata utilizzata dal nostro Collegio nel 2018 nel quadro del trasferimento del contingente. Poiché un cambiamento del dispositivo della KFOR potrebbe comportare delle esigenze a breve termine nel campo della logistica, il Consiglio federale deve continuare a essere in grado di procedere a tale rafforzamento.

6

Ripercussioni

6.1

Ripercussioni finanziarie

6.1.1

Spese per l'impiego attuale e futuro

Viste le diverse possibilità di sviluppo della Swisscoy, i costi possono variare nel corso dell'intero mandato. Qui di seguito vengono indicate le spese annue per le prestazioni descritte nel numero 4.1.

Nel 2017 l'impiego della Swisscoy è costato circa 46,3 milioni di franchi per un effettivo massimo di 235 militari. Nel 2018 tale impiego è costato circa 39,7 milioni di franchi per un effettivo massimo di 235 militari che è stato riportato a 190 militari nell'aprile del 2018 nel quadro della prima fase di riduzione.

Questa riduzione delle spese non è tuttavia stata proporzionale a quella del contingente, e ciò per i seguenti motivi: ­

il fabbisogno di prestazioni di volo è rimasto invariato in quanto è stato necessario continuare a garantire lo stesso livello di approvvigionamento precedente;

­

poiché la gamma di compiti della Swisscoy è molto diversificata, ne risulta un elevato livello di istruzione, motivo per cui gli importi destinati al reclutamento del personale dovrebbero rimanere simili a quelli attuali;

­

la complessità del materiale impiegato sul posto rende necessario un numero sempre maggiore di prestazioni di appoggio, tra cui la manutenzione dei veicoli del contingente o dell'infrastruttura;

­

la quantità di materiale sul posto è diminuita, ma il materiale rimasto è tuttavia utilizzato e sottoposto a manutenzione in modo più intensivo, il che comporta risparmi inferiori a quelli che si potrebbero ipotizzare in seguito alla riduzione dell'effettivo.

Tenuto conto della riduzione dell'effettivo da 190 a 165 militari completata nell'ottobre del 2019, per gli anni 2019 e 2020 sono previste spese inferiori.

L'aumento dell'effettivo per rispondere alle nuove esigenze manifestate dalla KFOR determina la seguente evoluzione delle spese previste per l'impiego della Swisscoy:

7066

FF 2019

Rubrica

Effettivo max. 165

Effettivo max. 195

Acquisizione di prestazioni di volo (in particolare voli di approvvigionamento)

3 525 000

3 525 000

Spese di base, materiale, rifornimento e restituzione, manutenzione, reclutamento

1 100 000

1 200 000

Spese d'esercizio, sussistenza, carburante, comunicazioni

3 600 000

3 900 000

Personale

27 225 000

32 300 000

Spese annue complessive

35 450 000

40 925 000

Le spese supplementari legate all'aumento dell'effettivo massimo del contingente sono coperte dal preventivo del DDPS (Difesa).

6.1.2

Spese supplementari in caso di rafforzamento temporaneo

In caso di invio di elementi supplementari a contratto temporaneo per la manutenzione e le infrastrutture (come avvenuto, in particolare, nel caso del trasferimento a Novo Selo) o per aumentare all'occorrenza il livello di protezione si registrerebbero le seguenti ripercussioni finanziarie: Rubrica

Rafforzamento per garantire Rafforzamento per compiti di manutenzione e di l'aumento del livello di gestione delle infrastrutture protezione

Durata d'impiego sul posto prevista

8 mesi al massimo

4 mesi al massimo

Entità prevista del distaccamento

50 persone al massimo

20 persone al massimo

Spese d'esercizio, sussistenza, carburante, 700 000 comunicazioni

150 000

Spese di base, materiale, rifornimento e 3 700 000 restituzione, manutenzione, reclutamento, infrastruttura

50 000

Personale

4 750 000

950 000

Spese supplementari per ogni impiego di un distaccamento

9 150 000

1 150 000

Diversamente dalle cifre indicate nel numero 6.1.1, le spese sopra citate diventano effettive soltanto se il Consiglio federale autorizza un rafforzamento con l'invio di 7067

FF 2019

un distaccamento corrispondente. Anche queste spese supplementari sarebbero coperte dal preventivo della Difesa.

6.2

Ripercussioni sull'effettivo del personale

Dall'inizio dell'impiego della Swisscoy l'effettivo del Centro di competenza SWISSINT è stato rinforzato con collaboratori addetti al progetto. Si tratta di impiegati civili i cui contratti di lavoro sono basati sulla durata del mandato della Swisscoy. I relativi posti sono pertanto legati all'impiego della Swisscoy e vengono meno con la conclusione di quest'ultimo. Gli impiegati addetti al progetto operano soprattutto nei settori del reclutamento, dell'amministrazione delle finanze, della pianificazione, dell'aiuto alla condotta, del rifornimento, della manutenzione e dell'istruzione. Attualmente il loro effettivo corrisponde a 32 equivalenti a tempo pieno.

A Stans sei militari a contratto temporaneo sono inoltre impiegati per fornire assistenza durante l'istruzione. Tale impiego è necessario in quanto ciascun contingente deve innanzitutto essere portato allo stesso livello di istruzione dell'unità e, successivamente, ricevere un'istruzione mirata per la funzione specifica nonché acquisire dimestichezza con le particolarità del settore d'impiego. La preparazione dei contingenti è dispendiosa in quanto i contenuti devono essere costantemente adeguati ai cambiamenti della situazione sul posto e al compito da svolgere. La riduzione dell'effettivo massimo della Swisscoy da 235 a 165 militari effettuata durante il mandato in corso ha comportato la soppressione di cinque equivalenti a tempo pieno legati al progetto. Attualmente, quindi, il personale basato a Stans addetto al progetto Swisscoy corrisponde complessivamente a 32 equivalenti a tempo pieno. Il previsto aumento dell'effettivo del contingente richiederà tre equivalenti a tempo pieno supplementari, il cui finanziamento è incluso nel preventivo ordinario dell'esercito.

6.3

Ripercussioni per i Cantoni e i Comuni, per le città, gli agglomerati e le regioni di montagna

Per il Cantone di Nidvaldo, ovvero il Cantone di ubicazione del Centro di competenza SWISSINT, la proroga dell'impiego della Swisscoy non implica alcun cambiamento.

7

Rapporto con il programma di legislatura

Il progetto non è stato annunciato né nel messaggio del 27 gennaio 201615 sul programma di legislatura 2015­2019 né nel decreto federale del 14 giugno 201616 sul programma di legislatura 2015­2019. Il presente decreto corrisponde tuttavia all'obiettivo 16 del messaggio sul programma di legislatura 2015­2019 («la Svizze15 16

FF 2016 909 FF 2016 4605

7068

FF 2019

ra si impegna attivamente a favore della stabilità internazionale»), in cui si afferma quanto segue: «La Svizzera continua a impegnarsi a favore del promovimento militare della pace all'estero»17. Con il presente decreto federale l'impiego della Swisscoy in seno alla KFOR sarà prolungato fino al 31 dicembre 2023. La Svizzera può concludere l'impiego in qualsiasi momento.

8

Procedura di consultazione

Il progetto non è stato oggetto di una procedura di consultazione poiché non è di ampia portata politica e finanziaria e non riguarda in misura considerevole i Cantoni ai sensi dell'articolo 3 capoverso 1 lettere d ed e della legge del 18 marzo 200518 sulla consultazione (LCo).

9

Aspetti giuridici

9.1

Costituzionalità e legalità

L'articolo 58 capoverso 2 della Costituzione federale (Cost.)19 conferisce all'esercito la missione seguente: «L'esercito serve a prevenire la guerra e contribuisce a preservare la pace; difende il Paese e protegge la popolazione. Sostiene le autorità civili nel far fronte a gravi minacce per la sicurezza interna e ad altre situazioni straordinarie. La legge può prevedere altri compiti». L'articolo 1 capoverso 4 LM20 precisa inoltre che, nell'ambito della sua missione, l'esercito deve fornire contributi per il promovimento della pace in ambito internazionale.

La costituzionalità del servizio di promovimento della pace è già stata esaminata e accertata a più riprese, nella misura in cui gli impieghi siano volontari21. Le misure adottate per garantire lo svolgimento della missione e la protezione del personale, tra cui in particolare la questione dell'armamento, non hanno alcuna rilevanza ai fini della valutazione della costituzionalità. Il Consiglio federale è tuttavia tenuto a verificare caso per caso la compatibilità degli impieghi con i principi in materia di politica estera e di sicurezza, con il diritto della neutralità e con la politica di neutralità del nostro Paese.

Le premesse per un impiego a favore del promovimento della pace sono dettate dall'articolo 66 LM: un simile impiego può essere ordinato sulla base di un mandato dell'ONU o dell'OSCE e deve essere conforme ai principi della politica estera e della politica di sicurezza della Svizzera; inoltre deve essere prestato da persone appositamente istruite al riguardo; infine, la partecipazione è volontaria. Nel caso 17 18 19 20 21

FF 2016 909, in particolare pag. 993 segg.

RS 172.061 RS 101 RS 510.10 Cfr. segnatamente il messaggio dell'8 settembre 1993 a sostegno della legge federale sull'esercito e l'amministrazione militare e del decreto federale sull'organizzazione dell'esercito, FF 1993 IV 1, n. 61; H. Meyer, St. Galler Kommentar ad art. 58 Cost., n. marg. 37 (in tedesco).

7069

FF 2019

della Swisscoy tali premesse sono soddisfatte: la KFOR opera in applicazione della risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza dell'ONU e il suo personale, che assolve previamente un'istruzione specifica condotta dal Centro di competenza SWISSINT, è composto esclusivamente di volontari.

9.2

Competenza

Il Consiglio federale, competente per dirigere la politica estera e la politica di sicurezza, può ordinare impieghi volti al promovimento della pace e stabilire l'equipaggiamento e l'armamento necessari nonché predisporre ulteriori misure. Poiché l'impiego della Swisscoy è armato e visto che sono impegnati oltre 100 militari e la durata dell'impiego è superiore a tre settimane, la proroga dell'impiego così come proposto nel presente messaggio è sottoposta all'approvazione dell'Assemblea federale (art. 66b cpv. 4 LM).

9.3

Forma dell'atto

Il presente decreto federale costituisce un singolo atto dell'Assemblea federale previsto espressamente in una legge federale (art. 173 cpv. 1 lett. h Cost.). L'articolo 66b capoverso 4 LM stabilisce che un impiego armato dev'essere approvato dall'Assemblea federale qualora siano impegnati oltre 100 militari oppure la sua durata sia superiore a tre settimane. I decreti federali sottostanno a referendum facoltativo, per quanto previsto dalla Costituzione e dalla legge (art. 141 cpv. 1 lett. c Cost.). Poiché nella fattispecie né la Costituzione né la legge prevedono un referendum facoltativo, l'atto assume la forma di un decreto federale semplice (art. 163 cpv. 2 Cost.).

7070