09.086 Messaggio concernente la modifica della legge sulla protezione dei marchi e una legge federale sulla protezione dello stemma della Svizzera e di altri segni pubblici (Progetto «Swissness») del 18 novembre 2009

Onorevoli presidenti e consiglieri, con il presente messaggio vi sottoponiamo, per approvazione, i disegni di modifica della legge sulla protezione dei marchi e di revisione totale della legge federale sulla protezione degli stemmi.

Gradite, onorevoli presidenti e consiglieri, l'espressione della nostra alta considerazione.

18 novembre 2009

In nome del Consiglio federale svizzero: Il presidente della Confederazione, Hans-Rudolf Merz La cancelliera della Confederazione, Corina Casanova

2009-1654

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Compendio In considerazione della realtà economica e dell'uso odierno dell'indicazione di provenienza «Svizzera», il presente progetto si prefigge di creare le basi affinché il valore aggiunto costituito da tale indicazione nella pubblicità sia garantito a lungo termine. Tale obiettivo implica un miglioramento della protezione dell'indicazione di provenienza «Svizzera» e della croce svizzera sul piano nazionale e, in vista dell'applicazione del diritto, anche sul piano internazionale. Un uso credibile e applicabile nella prassi dell'indicazione di provenienza «Svizzera» è necessario per preservare il suo valore fondamentale e migliorare la lotta contro gli abusi.

Contesto In un mondo sempre più globalizzato il valore economico dell'origine svizzera di un prodotto o servizio è di notevole importanza. Numerosi prodotti e servizi svizzeri godono di un'ottima reputazione nazionale e internazionale, poiché veicolano valori quali l'esclusività, la tradizione e la qualità. Tale reputazione, molto apprezzata dai consumatori, permette di situare i prodotti e i servizi associati alla Svizzera in una fascia di prezzi più elevata. Secondo varie ricerche recenti, per i prodotti tipicamente svizzeri, i prodotti agricoli naturali e certi beni di consumo destinati all'esportazione, il valore della «svizzerità» può raggiungere il 20 per cento del prezzo di vendita. Oltre ai settori economici tipicamente svizzeri, quali quelli degli orologi, del formaggio e della cioccolata, anche altri settori come l'industria metalmeccanica ne traggono profitto, seppur in misura inferiore al 20 per cento. Il valore aggiunto complessivo per tutti i settori ammonta a circa 5,8 miliardi di franchi1, il che corrisponde all'un per cento del prodotto interno lordo.

Oggi le imprese sono ben coscienti di tale valore. Sono sempre più numerose quelle che in relazione ai loro prodotti o servizi usano non soltanto indicazioni quali «Svizzera», «qualità svizzera», «made in Switzerland», ma anche la croce svizzera. I vantaggi e il successo dell'uso pubblicitario della «svizzerità» hanno attirato l'attenzione, ma anche le bramosie di certe imprese. In seguito al crescente successo della «svizzerità», sono aumentate anche le utilizzazioni abusive, sia sul piano nazionale che su quello internazionale. Questi abusi sempre più frequenti nocciono
alla reputazione della «svizzerità» poiché deludono le attese giustificate dei consumatori. Le ripercussioni negative di questi abusi hanno condotto a lamentele da parte delle cerchie economiche svizzere, a una maggiore sensibilizzazione dell'opinione pubblica e a diversi interventi parlamentari.

Di fronte a quest'evoluzione e alla luce di un esame approfondito del diritto in vigore, svolta dal Consiglio federale nel 2006, la regolamentazione attuale è lacunosa e non tiene sufficientemente conto della realtà economica. Essa indica solo in modo generale le condizioni che regolano l'uso di un'indicazione di provenienza («Ginevra», «Zurigo», ecc.), e quindi anche della designazione «Svizzera», sui prodotti. Sinora solo il tribunale commerciale di San Gallo ha sviluppato criteri più 1

Cifra basata sull'attuale volume delle esportazioni della Svizzera.

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precisi. L'assenza di criteri applicabili a tutti i prodotti è sinonimo di poca trasparenza e d'incertezza giuridica per le imprese coinvolte. Anche la situazione attuale relativa all'uso della croce svizzera è insoddisfacente: mentre è di principio vietato apporre la croce svizzera sui prodotti, il suo uso è permesso per i servizi. Tale diversità di trattamento, d'altronde non rispettata nella prassi, non è giustificata in considerazione del fatto che la croce svizzera è, dal punto di vista pubblicitario, l'indicazione di provenienza svizzera più prestigiosa.

Attualmente gli abusi relativi all'uso della designazione «Svizzera» e della croce svizzera non sono combattuti con la necessaria fermezza né in Svizzera né all'estero ed è pertanto necessario migliorarne la protezione. A livello nazionale gli usi abusivi vengono raramente perseguiti penalmente, anche se i Cantoni dovrebbero intervenire d'ufficio. All'estero è difficile proteggere le indicazioni di provenienza in generale e la designazione «Svizzera» in particolare. In virtù del principio di territorialità, ogni Stato è libero di stabilire, nel rispetto dei trattati internazionali, le proprie regole sulla protezione delle indicazioni di provenienza e delle bandiere nazionali. Spesso il diritto straniero diverge notevolmente da quello svizzero.

L'interpretazione degli accordi internazionali applicabili e la giurisprudenza in materia sono di regola vaghe, il che rende costoso un processo dall'esito incerto.

Inoltre spesso si rinuncia ad azioni legali all'estero anche perché nei settori economici interessati non esiste un titolare della designazione «Svizzera» che potrebbe decidere come utilizzare e difendere tale indicazione e la croce svizzera e in quali casi portare gli abusi in tribunale.

Contenuto del progetto 1. Nell'intento di conservare il valore del «marchio Svizzera» e di garantirne il rango, il disegno di revisione della legge sulla protezione dei marchi e delle indicazioni di provenienza (legge sulla protezione dei marchi) prevede nuovi criteri che permettano di determinare con sufficiente chiarezza e precisione la provenienza geografica di un prodotto. In altre parole va stabilito quanta «Svizzera» deve contenere un prodotto affinché possa essere definito svizzero. La legge deve infatti definire chi può usare la designazione
«Svizzera», a quali condizioni e in quale maniera.

Tali criteri garantiscono una maggiore trasparenza e certezza giuridica in merito all'uso di indicazioni di provenienza da parte dei produttori e sono nell'interesse dei consumatori, che possono tenere conto in modo adeguato delle indicazioni di provenienza nelle loro decisioni d'acquisto. I prodotti sono suddivisi in tre categorie: i prodotti naturali, i prodotti naturali trasformati e gli altri prodotti, tra cui in particolare i prodotti industriali (quest'ultima categoria comprende tutti i prodotti che non rientrano nelle prime due). Un'indicazione di provenienza, come «Svizzera» o «San Gallo», può essere usata per un prodotto se sono soddisfatti i criteri previsti per la categoria in cui rientra il prodotto in questione.

Per i prodotti naturali (come le piante, l'acqua minerale o gli animali) la provenienza è definita mediante un solo criterio che varia in funzione della natura del prodotto. Si tratta ad esempio del luogo d'estrazione per i prodotti minerali o del luogo della raccolta per i prodotti vegetali.

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Per i prodotti naturali trasformati (come la maggior parte dei prodotti alimentari) e i prodotti industriali (come le macchine o i coltelli) che i produttori intendono designare come svizzeri, un sistema basato su criteri cumulativi intende garantire il legame effettivo del prodotto con il luogo di provenienza. I criteri tengono conto del fatto che in un'economia globalizzata determinate materie prime non sono disponibili sul mercato interno e certe fasi della produzione si svolgono all'estero, anche nel caso di prodotti considerati tradizionali. Nel contempo i criteri devono garantire che le esigenze richieste siano sufficientemente elevate affinché le cerchie economiche che decidono ­ volontariamente ­ di designare i loro prodotti con un'indicazione di provenienza svizzera di alto valore, usino un'indicazione pertinente che non tragga in inganno i consumatori.

Il primo criterio è un criterio di valore. Per i prodotti naturali trasformati almeno l'80 per cento del peso delle materie prime o degli ingredienti che compongono il prodotto deve provenire dalla Svizzera. Per i prodotti industriali almeno il 60 per cento dei costi di produzione deve essere realizzato in Svizzera. Nel calcolo si può tenere conto dei costi per la ricerca e lo sviluppo, ma non dei costi legati alla commercializzazione dei prodotti finiti, quali i costi per la pubblicità e il marketing, i costi legati all'imballaggio della merce e i costi per il servizio ai clienti dopo la vendita, poiché questi ultimi non contribuiscono alla produzione della merce.

In considerazione delle circostanze materiali, strutturali o occasionali che l'industria deve affrontare nell'acquisizione delle materie prime, il progetto di revisione prevede deroghe ai criteri summenzionati. I prodotti naturali che non esistono in Svizzera (p.es. il cacao o l'oro) o che, per motivi del tutto indipendenti dai produttori, vengono temporaneamente a mancare (p.es. raccolto insufficiente a causa di intemperie, epidemia del bestiame) possono essere esclusi dal calcolo. Sono inoltre escluse dal calcolo anche le materie prime che per motivi oggettivi non sono disponibili in Svizzera in quantità sufficiente. Tuttavia, motivi puramente economici, come ad esempio prezzi più vantaggiosi sul mercato estero o condizioni di consegna migliori, non costituiscono un motivo
sufficiente per una deroga. La seconda deroga menzionata può essere invocata soltanto a condizione che l'insufficienza della materia prima in questione (p.es. lo zucchero o la carne di manzo) sia oggetto di un'ordinanza del Consiglio federale specifica per il settore interessato.

Come secondo criterio cumulativo, l'attività che conferisce al prodotto le sue caratteristiche essenziali deve svolgersi nel luogo di provenienza. Tale attività può essere la produzione stessa (p.es. la trasformazione del latte in formaggio, l'assemblaggio di un orologio o la produzione di un tessuto a partire dalle fibre). Per i prodotti industriali possono essere compresi in tale attività anche la ricerca e lo sviluppo, ma in questo caso anche una fase significativa della produzione stessa deve svolgersi nel luogo di provenienza, in modo da garantire un legame fisico sufficiente con tale luogo.

Il progetto di revisione rafforza il criterio del legame anche per le indicazioni di provenienza dei servizi. In futuro un'impresa potrà designare i propri servizi come svizzeri se ha la sua sede in Svizzera. Per evitare che tale condizione formale sia soddisfatta con un semplice indirizzo postale, un centro amministrativo dell'impresa deve trovarsi effettivamente in Svizzera.

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Le indicazioni di provenienza estere devono soddisfare i criteri definiti nella legislazione del Paese d'origine. È fatto salvo un eventuale inganno dei consumatori svizzeri.

2. La nuova legge federale sulla protezione dello stemma della Svizzera e di altri segni pubblici definisce e distingue chiaramente da una parte lo stemma della Confederazione Svizzera (= croce svizzera su uno scudo), che può essere usato soltanto dalla Confederazione e dalle sue unità, e, dall'altra, la bandiera e la croce svizzere, che in futuro potranno essere usate da tutti coloro che soddisferanno le condizioni d'uso della designazione «Svizzera», non soltanto in riferimento a servizi, bensì anche in rapporto a prodotti. Le imprese che da decenni usano lo stemma svizzero per i loro prodotti o servizi di provenienza svizzera potranno ­ su richiesta inoltrata al Dipartimento federale di giustizia e polizia (DFGP) entro due anni dall'entrata in vigore della nuova legge ­ continuare a farlo, a condizione che l'uso sia giustificato da interessi legittimi. Questa nuova disciplina tiene conto della realtà economica e del notevole potenziale pubblicitario della croce svizzera. Il disegno di legge rafforza inoltre in modo coerente la protezione degli stemmi ufficiali, inasprendo soprattutto le sanzioni penali affinché quest'ultime corrispondano a quelle previste negli altri settori della proprietà intellettuale.

3. A livello nazionale sono previsti strumenti supplementari che permettono di aumentare la protezione delle indicazioni di provenienza in Svizzera e all'estero. Il disegno di legge conferisce all'Istituto federale della proprietà intellettuale (IPI) il diritto di intentare un'azione civile contro l'uso abusivo della designazione «Svizzera» e della croce svizzera. Sul piano penale queste violazioni saranno perseguite d'ufficio e l'IPI potrà partecipare al procedimento penale e farvi valere i diritti dell'accusatore privato. Per rafforzare la protezione delle indicazioni geografiche all'estero si prevede di creare un nuovo registro nazionale delle indicazioni geografiche per i prodotti non agricoli. Tale registro sarà tenuto dall'IPI. Oggi la possibilità di far iscrivere un'indicazione geografica in un registro esiste solo per i prodotti agricoli e i prodotti agricoli trasformati. Le corrispondenti denominazioni d'origine
(DOC) e indicazioni geografiche (IGP) possono infatti essere registrate presso l'Ufficio federale dell'agricoltura (UFAG). Le denominazioni d'origine viticole possono essere iscritte nei registri cantonali. La nuova possibilità di registrazione permette di riconoscere ufficialmente per tutti i prodotti la protezione delle indicazioni geografiche. Per molti Stati esteri la registrazione è un presupposto per la protezione di tali indicazioni nel proprio Paese.

Il progetto prevede inoltre la possibilità di registrare a titolo di marchio geografico (un nuovo tipo di marchio) le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche iscritte in un registro, nonché le denominazioni vinicole protette dai Cantoni. La stessa possibilità è prevista per le indicazioni di provenienza oggetto di un'ordinanza del Consiglio federale (p.es. l'attuale ordinanza «Swiss made» per gli orologi). Come l'estratto del registro delle indicazioni geografiche, anche il marchio geografico costituisce un titolo di protezione ufficiale. Queste due nuove possibilità di riconoscimento ufficiali rilasciate nel Paese di provenienza ­ nella fattispecie in Svizzera ­ permettono ai titolari, in futuro chiaramente identificabili, di tali diritti di ottenere più facilmente la protezione e la sua l'applicazione all'estero.

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4. Infine, nella legge sulla protezione dei marchi è introdotta una procedura semplificata di cancellazione per mancato uso del marchio. Essa prevede che chiunque potrà presentare all'IPI, dietro versamento di un emolumento, una domanda di cancellazione totale o parziale di un marchio non utilizzato ininterrottamente per cinque anni.

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Indice Compendio

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Elenco delle abbreviazioni

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1 Punti essenziali del progetto 1.1 Situazione iniziale 1.2 Interventi parlamentari e rapporto del Consiglio federale 1.3 Nuova normativa proposta 1.4 Motivazione e valutazione della soluzione proposta 1.4.1 Motivazione 1.4.2 Soluzioni esaminate 1.4.3 Risultati della procedura di consultazione 1.4.3.1 Svolgimento e risultati 1.4.3.2 Punti non contestati 1.4.3.3 Punti contestati 1.4.3.4 Richieste diverse 1.5 Relazione tra i compiti e le risorse finanziarie 1.6 Diritto comparato, in particolare diritto europeo

7439 7439 7442 7443 7447 7447 7453 7455 7455 7455 7457 7459 7460 7460

2 Commento ai singoli articoli 2.1 Revisione della legge sulla protezione dei marchi 2.1.1 Marchio geografico 2.1.2 Indicazioni di provenienza 2.1.2.1 Principi 7469 2.1.2.2 Indicazioni di provenienza dei prodotti 2.1.2.3 Indicazioni di provenienza dei servizi 2.1.2.4 Ordinanze del Consiglio federale 2.1.3 Registro delle indicazioni geografiche 2.1.4 Inversione dell'onere della prova 2.1.5 Legittimazione attiva delle autorità 2.1.6 Disposizioni penali 2.1.7 Altri punti della revisione 2.1.7.1 Documento di priorità 2.1.7.2 Adattamenti terminologici alla legge sulle dogane 2.1.7.3 Divisione della registrazione o della domanda di registrazione 2.1.7.4 Comunicazione di decisioni 2.1.7.5 Procedura semplificata di cancellazione per mancato uso 2.1.7.6 Intervento dell'Amministrazione delle dogane 2.1.7.7 Adattamenti formali 2.2 Altre leggi federali 2.2.1 Legge federale del 24 marzo 1995 sullo statuto e sui compiti dell'Istituto federale della proprietà intellettuale 2.2.2 Codice delle obbligazioni 2.2.3 Legge del 9 ottobre 1992 sul diritto d'autore 2.2.4 Legge del 9 ottobre 1992 sulle topografie 2.2.5 Legge del 5 ottobre 2001 sul design

7465 7465 7465 7469 7472 7485 7486 7488 7492 7492 7493 7495 7495 7495 7496 7496 7497 7500 7500 7501 7501 7502 7502 7502 7503 7431

2.2.6 Legge del 25 giugno 1954 sui brevetti 2.2.7 Legge del 29 aprile 1998 sull'agricoltura 2.2.8 Legge forestale del 4 ottobre 1991 2.3 Revisione della legge sulla protezione degli stemmi 2.3.1 Titolo 7505 2.3.2 Capitolo 1: Segni pubblici della Svizzera 2.3.2.1 Sezione 1: Definizioni 2.3.2.2 Sezione 2: Uso 2.3.2.3 Sezione 3: Divieto di registrazione 2.3.3 Capitolo 2: Segni pubblici dell'estero 2.3.3.1 Sezione 1: Uso e autorizzazione 2.3.3.2 Sezione 2: Divieto di registrazione 2.3.4 Capitolo 3 Elenco elettronico dei segni pubblici protetti 2.3.5 Capitolo 4: Protezione giuridica 2.3.5.1 Sezione 1: Diritto civile 2.3.5.2 Sezione 2: Diritto penale 2.3.6 Capitolo 5: Intervento dell'Amministrazione delle dogane 2.3.7 Capitolo 6: Disposizioni finali 3 Ripercussioni 3.1 Per la Confederazione 3.2 Per i Cantoni e i Comuni 3.3 Per l'economia 3.3.1 Necessità e possibilità d'intervento dello Stato 3.3.2 Panoramica dei provvedimenti e del loro effetto 3.3.3 Per singoli gruppi sociali 3.3.4 Per l'economia in generale 3.3.5 Regolamentazioni alternative 3.3.6 Aspetti pratici dell'esecuzione

7503 7504 7504 7505 7506 7506 7511 7519 7520 7520 7522 7522 7523 7523 7526 7528 7529 7535 7535 7535 7536 7536 7538 7540 7544 7548 7549

4 Rapporto con il programma di legislatura

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5 Aspetti giuridici 5.1 Costituzionalità e conformità alla legge 5.2 Compatibilità con gli obblighi internazionali della Svizzera 5.2.1 Trattati multilaterali 5.2.2 Compatibilità con il diritto comunitario 5.2.3 Accordo di libero scambio del 1972 tra la Confederazione Svizzera e la CEE (ALS) 5.2.4 Accordo orologiero del 1967 e accordo complementare del 1972 5.3 Forma dell'atto da adottare 5.4 Delega di competenze normative

7550 7550 7551 7551 7551 7552 7553 7555 7555

Legge federale sulla protezione dei marchi e delle indicazioni di provenienza (Legge sulla protezione dei marchi, LPM) (Disegno)

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Legge federale sulla protezione dello stemma della Svizzera e di altri segni pubblici (Legge sulla protezione degli stemmi, LPSP) (Disegno)

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Elenco delle abbreviazioni Accordo ALS/ALS Accordo complementare del 1972/Accordo complementare Accordo di Madrid/AM Accordo orologiero del 1967 ACCS ADPIC

Associazione DOC-IGP BIO-SUISSE BNS CC CCIS CFC CGCE CICR CO Codice comunitario delle dogane

Convenzione AELS/AELS

Accordo del 22 luglio 1972 tra la Confederazione Svizzera e la CEE (con All. e Scambio di lettere); RS 0.632.401 Accordo complementare del 20 luglio 1972 all'Accordo concernente i prodotti orologieri fra la Confederazione Svizzera e la Comunità Economica Europea nonché i suoi Stati membri; RS 0.632.290.131 Accordo di Madrid per la registrazione internazionale dei marchi, riveduto a Stoccolma il 14 luglio 1967; RS 0.232.112.3 Accordo del 30 giugno 1967 tra la Confederazione Svizzera e la CEE e i suoi Stati membri concernente i prodotti orologieri; RS 0.632.290.13 Associazione dei chimici cantonali svizzeri Accordo del 15 aprile 1994 sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (Allegato 1C all'Accordo che istituisce l'Organizzazione mondiale del commercio); RS 0.632.2 Associazione svizzera per la promozione delle DOC-IGP Associazione Svizzera delle aziende di agricoltura biologica Banca nazionale svizzera Codice civile svizzero del 10 dicembre 1907 (CC); RS 210 Camere di commercio e dell'industria della Svizzera Commissione federale del consumo Corte di giustizia delle Comunità europee Comitato Internazionale della Croce Rossa Legge federale del 30 marzo 1911 di complemento del Codice civile svizzero (Libro quinto: Diritto delle obbligazioni); RS 220 Regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario, GU L 302 del 19 ottobre 1992, pag. 1, abrogato dal Regolamento (CE) n. 450/2008. del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 che istituisce un codice doganale comunitario (codice doganale aggiornato), GU L 145 del 4 giugno 2008, pag. 1 Convenzione del 4 gennaio 1960 istitutiva dell'Associazione europea di libero scambio (AELS) (con allegati, Atto finale e Dichiarazioni); RS 0.632.31

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Convenzioni di Ginevra

Cost.

CP CPC CPP CPrI DDPS DFE DFGP DFI Direttiva 2005/29/CE

D-LAgr D-LPM D-LPSP DOC DOP DPA DTF economiesuisse ESB FEA fial 7434

Convenzione di Ginevra del 12 agosto 1949 per migliorare la sorte dei feriti e dei malati delle forze armate in campagna; RS 0.518.12 Convenzione di Ginevra del 12 agosto 1949 per migliorare la sorte dei feriti, dei malati e dei naufraghi delle forze armate di mare; RS 0.518.23 Costituzione federale della Confederazione Svizzera del 18 aprile 1999; RS 101 Codice penale svizzero del 21 dicembre 1937; RS 311.0 Codice di diritto processuale civile svizzero del 19 dicembre 2008; FF 2009 21 Codice di diritto processuale penale del 5 ottobre 2007; FF 2007 6327 Convenzione di Parigi del 20 marzo 1883 per la protezione della proprietà industriale, riveduta a Stoccolma il 14 luglio 1967; RS 0.232.04 Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport Dipartimento federale dell'economia Dipartimento federale di giustizia e polizia Dipartimento federale dell'interno Direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno, che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65 CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il Regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («Direttiva sulle pratiche commerciali sleali»), GU L 149 dell'11 giugno 2005, pag. 22) Disegno di revisione della legge sull'agricoltura Disegno di revisione della legge sulla protezione dei marchi Disegno di revisione della legge per la protezione degli stemmi pubblici Denominazione di origine controllata Denominazione di origine protetta Legge federale del 22 marzo 1974 sul diritto penale amministrativo; RS 313.0 Decisione del Tribunale federale Federazione delle imprese svizzere Encefalopatia spongiforme bovina Fachverband Elektroapparate für Haushalt und Gewerbe Schweiz / Associazione svizzera dei fabbricanti e fornitori di apparecchi elettrodomestici Federazione delle industrie alimentari svizzere

FPC GRUR GRUR Int.

HaBa IGP INSAI IPI kf LCSl LD Legge forestale/LFO Legge ONU

Legge sui brevetti/LBI Legge sul design/LDes Legge sul diritto d'autore/LDA Legge sull'agricoltura/LAgr Legge sulla Croce Rossa Legge sulla navigazione aerea/LNA Legge sulla navigazione marittima sotto bandiera svizzera/LNM Legge sulla protezione dei marchi/LPM Legge sulla protezione delle novità vegetali Legge sulle derrate alimentari/LDerr Legge sulle topografie/Lto

Fondazione per la protezione dei consumatori Gewerblicher Rechtsschutz und Urheberrecht/Associazione tedesca per la protezione della proprietà intellettuale Gewerblicher Rechtsschutz und Urheberrecht. Internationaler Teil / Associazione tedesca per la protezione della proprietà intellettuale. Parte internazionale Camera di commercio delle due Basilea Indicazione geografica protetta Istituto nazionale svizzero di assicurazione contro gli infortuni Istituto federale della proprietà intellettuale (IPI) Konsumentenforum Legge federale del 19 dicembre 1986 contro la concorrenza sleale; RS 241 Legge sulle dogane del 18 marzo 2005; RS 631.0 Legge federale del 4 ottobre 1991 sulle foreste; RS 921.0 Legge federale del 15 dicembre 1961 concernente la protezione dei nomi e degli emblemi dell'Organizzazione delle Nazioni Unite e d'altre organizzazioni intergovernative; RS 232.23 Legge federale del 25 giugno 1954 sui brevetti d'invenzione; RS 232.14 Legge federale del 5 ottobre 2001 sulla protezione del design; RS 232.12 Legge federale del 9 ottobre 1992 sul diritto d'autore e sui diritti di protezione affini; RS 231.1 Legge federale del 29 aprile 1998 sull'agricoltura; RS 910.1 Legge federale del 25 marzo 1954 concernente la protezione dell'emblema e del nome della Croce Rossa; RS 232.22 Legge federale del 21 dicembre 1948 sulla navigazione aerea; RS 748.0 Legge federale del 23 settembre 1953 sulla navigazione marittima sotto bandiera svizzera; RS 747.30 Legge federale del 28 agosto 1992 sulla protezione dei marchi e delle indicazioni di provenienza; RS 232.11 Legge federale del 20 marzo 1975 sulla protezione delle novità vegetali; RS 232.16 Legge federale del 9 ottobre 1992 sulle derrate alimentari e gli oggetti d'uso; RS 817.0 Legge federale del 9 ottobre 1992 sulla protezione delle topografie di prodotti a semiconduttori; RS 231.2

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LIPI LOGA LOTC LPSP LTAF LTF Messaggio 1991

Messaggio LBI

MGB NOGA OCDerr OCSE ODerr OMC OMPI OOMed OPM Ordinanza «swiss made» per gli orologi Ordinanza DOP/IGP

PA

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Legge federale del 24 marzo 1995 sullo statuto e sui compiti dell'Istituto federale della proprietà intellettuale (LIPI); RS 172.010.31 Legge del 21 marzo 1997 sull'organizzazione del Governo e dell'Amministrazione; RS 172.010 Legge federale del 6 ottobre 1995 sugli ostacoli tecnici al commercio; RS 946.51 Legge federale del 5 giugno 1931 per la protezione degli stemmi pubblici e di altri segni pubblici; RS 232.21 Legge del 17 giugno 2005 sul Tribunale amministrativo federale: RS 173.32 Legge del 17 giugno 2005 sul Tribunale federale; RS 173.110 Messaggio del 21 novembre 1990 concernente una legge federale sulla protezione dei marchi e delle indicazioni di provenienza (Legge sulla protezione dei marchi, LPM); FF 1991 I 1 Messaggio del 23 novembre 2005 relativo alla modifica della legge sui brevetti e al decreto federale concernente l'approvazione del Trattato sul diritto dei brevetti e del Regolamento di esecuzione Migros-Genossenschaft-Bund Nomenclatura generale delle attività economiche Ordinanza del DFI del 23 novembre 2005 sulla caratterizzazione e la pubblicità delle derrate alimentari; RS 817.022.21 Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici Ordinanza del 23 novembre 2005 sulle derrate alimentari e gli oggetti d'uso; RS 817.02 Organizzazione Mondiale del Commercio Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale Ordinanza dell'Istituto svizzero per gli agenti terapeutici del 9 novembre 2001 concernente i requisiti per l'omologazione di medicamenti; RS 812.212.22 Ordinanza del 23 dicembre 1992 sulla protezione dei marchi; RS 232.111 Ordinanza del 23 dicembre 1971 concernente l'utilizzazione della designazione «Svizzera» per gli orologi; RS 232.119 Ordinanza del 28 maggio 1997 sulla protezione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei prodotti agricoli e dei prodotti agricoli trasformati Ordinanza DOP/IGP; RS 910.12 Legge federale del 20 dicembre 1968 sulla procedura amministrativa; RS 172.021

PFZ Politecnico federale di Zurigo PM/Protocollo di Madrid Protocollo del 27 giugno 1989 relativo all'Accordo di Madrid per la registrazione internazionale dei marchi; RS 0.232.112.4 PMI Piccole e medie imprese Prima direttiva Prima direttiva 89/104/CEE del Consiglio del 21 dicem89/104/CEE bre 1988 sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa, GU L 40 dell'11 febbraio 1989, pag. 1, abrogata dalla direttiva 2008/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 ottobre 2008 sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa (versione codificata), GU L 299 dell'8 novembre 2008, pag. 25.

PROMARCA Promarca ­ Unione svizzera degli articoli di marca Prométerre Association vaudoise de promotion des métiers de la terre Proviande Proviande, die Branchenorganisation der Schweizer Fleischwirtschaft Regolamento (CE) n. 2868/95 della Commissione del Regolamento (CE) n. 2868/95 13 dicembre 95 recante modalità di esecuzione del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio sul marchio comunitario, GU L 303 del 15 dicembre 1995, pag. 1, modificato per l'ultima volta dal Regolamento (CE) n. 355/2009 della Commissione del 31 marzo 2009 che modifica il regolamento (CE) n. 2869/95 relativo alle tasse da pagare all'Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) e il regolamento (CE) n. 2868/95 recante modalità di esecuzione del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio sul marchio comunitario, GU L 109 del 30 aprile 2009, pag. 3 Regolamento (CE) Regolamento (CE) n. 510/2006 del Consiglio del n. 510/2006 20 marzo 2006 relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d'origine dei prodotti agricoli e alimentari, GU L 93 del 31 marzo 2006, pag. 12, modificato per l'ultima volta dal Regolamento (CE) n. 417/2008 della Commissione dell'8 maggio 2008, GU L 125 del 9 maggio 2008, pag. 27.

Regolamento (CE) Regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio 207/2009 del 26 febbraio 2009 sul marchio comunitario (versione codificata), GU L 78 del 24.3.2009, pag. 1.

Regolamento (CEE) Regolamento (CEE) n. 2081/92 del Consiglio, n. 2081/92 del 14 luglio 1992, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d'origine dei prodotti agricoli ed alimentari, GU L 208 del 24 luglio 1992, pag. 1

7437

Regolamento (CEE) n. 2454/93

Regolamento (CEE) n. 2454/93 della Commissione, del 2 luglio 1993, che fissa talune disposizioni d'applicazione del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio che istituisce il codice doganale comunitario, GU L 253 dell'11 ottobre 1993, pag. 1, modificato per l'ultima volta dal Regolamento (CE) n. 414/2009 della Commissione del 30 aprile 2009, GU L 125 del 25 maggio 2009, pag. 6 REsC Regolamento di esecuzione comune del 18 gennaio 1996 all'Accordo di Madrid per la registrazione internazionale dei marchi ed al Protocollo relativo a tale Accordo (con Tabella e Istruzioni); RS 0.232.112.21 Risoluzione federale 1889 Risoluzione federale del 12 dicembre 1889 sullo stemma della Confederazione; RS 111 SAA Swiss automative aftermarket SECO Segreteria di Stato dell'economia sic!

Revue du droit de la propriété intellectuelle, de l'information et de la concurrence Trattato CE Trattato che istituisce la Comunità europea (versione consolidata, GU C 321E del 29 dicembre 2006, pag. 37­186).

Trattato franco-svizzero Trattato del 14 maggio 1974 tra la Confederazione Svizzera e la Repubblica Francese sulla protezione delle indicazioni di provenienza, delle denominazioni d'origine e di altre denominazioni geografiche (con Protocollo, All. e Scambio di lett.); RS 0.232.111.193.49 UCFSM Ufficio centrale federale degli stampati e del materiale UFAG Ufficio federale dell'agricoltura UFS Ufficio federale di statistica UPSC Unione professionale svizzera della carne USAM Unione svizzera delle arti e dei mestieri USC Unione Svizzera dei Contadini USS Unione sindacale svizzera VBF Verband Bündner Fleischfabrikanten / Associazione dei produttori grigionesi di carne

7438

Messaggio 1

Punti essenziali del progetto

1.1

Situazione iniziale

La croce svizzera, le designazioni «Svizzera», «Swiss», «qualità svizzera», «made in Switzerland» e i segni figurativi che rimandano alla Svizzera, come ad esempio il Cervino o Guglielmo Tell, sono sempre più ambiti da produttori, fabbricanti e fornitori di servizi. Questi li usano per mettere in evidenza la provenienza geografica dei prodotti o dei servizi, ovvero la loro «svizzerità» (Swissness), che trasmette l'idea di qualità, l'attesa di un'utilità esclusiva e/o contenuti emotivi legati alla provenienza svizzera. La «svizzerità» è inoltre sinonimo d'innovazione e di servizi eccellenti. Si riferisce a un Paese multiculturale, cosmopolita e aperto al mondo2.

Riscoperta come strumento di marketing, la «svizzerità» induce un numero crescente di imprese ad apporre la croce svizzera o indicazioni quali «Svizzera» sui loro prodotti nonché a utilizzarle per designare i propri servizi e per fare pubblicità in Svizzera e all'estero. Tuttavia, gli usi ritenuti abusivi si moltiplicano e ciò ha suscitato la reazione delle cerchie economiche e una maggiore sensibilizzazione dell'opinione pubblica e della stampa nei confronti dell'uso della designazione «Svizzera» e della croce svizzera. Il caso che ha avuto maggior eco è stato quello delle pentole SIGG, vendute dalla Coop nel quadro di un'offerta promozionale. Le pentole e il loro imballaggio contenevano la designazione «Switzerland» e la croce svizzera nonostante fossero state fabbricate in Cina.

Pensando alla nozione di «svizzerità», il pubblico parla spesso del «marchio Svizzera» che dev'essere difeso a livello nazionale e internazionale. Tuttavia non esiste un «marchio svizzero» in quanto tale. Questa nozione che appartiene al linguaggio corrente deve essere ben distinta dal marchio in senso giuridico, che si riferisce alla provenienza commerciale e pertanto al prodotto o al servizio di una determinata impresa. Riassumendo, la «svizzerità» rappresenta il contenuto, il riferimento alla provenienza geografica e alle idee così trasmesse, e il marchio può essere lo strumento, il supporto usato da un'impresa o da un gruppo di imprese per difendere i propri prodotti o servizi di provenienza svizzera.

2

Cfr. Feige, Stefan et al., Potentierungspotential «Swissness», ricerca dell'Università di San Gallo et al. 2006, e Stephan Feige; Benita Brockdorff; Karsten Sausen, Peter Fischer, Urs Jaermann, Sven Reinecke, Swissness Worldwide ­ Internationale Studie zur Wahrnehmung der Marke Schweiz, ricerca dell'Università di San Gallo et al. 2008. Per un riassunto attuale si veda Stefan Feige, Sven Reinecke, Felix Addor, Das Kreuz mit dem Kreuz. Marketing mit der Schweizer Herkunft, in: IO New Management 2009 n. 3, pag. 18­23. Si veda inoltre Marco Casanova, Die Marke Schweiz ­ Gefangen in der Mythosfalle zwischen Heidi und Willhelm Tell, Aktuelle Herausforderung im Zusammenhang mit der Verwendung der Marke Schweiz als Co-Branding-Partner, in: Arndt Florack, Martin Scarabis, Ernst Primosch, (a c. di.), Psychologie der Markenführung, Vahlen: Monaco di Baviera 2007 , pag. 541­550. Altre indicazioni sul valore economico della designazione «Svizzera» o della croce svizzera si trovano nel capitolo 3 del presente messaggio che illustra le conseguenze della nuova normativa.

7439

Condizioni attuali per l'uso delle indicazioni di provenienza, tra cui la designazione «Svizzera» La protezione conferita alle indicazioni di provenienza dalla legge federale del 28 agosto 1992 sulla protezione dei marchi e delle indicazioni di provenienza (Legge sulla protezione dei marchi, LPM) è indipendente da qualsiasi registrazione o da un titolo di protezione. A partire dal momento in cui un nome geografico è considerato dai settori economici interessati e dai consumatori come indicazione della provenienza geografica di determinati prodotti o servizi, tale nome è protetto in quanto indicazione di provenienza in virtù degli articoli 47 segg. LPM. Queste disposizioni proteggono tutte le indicazioni di provenienza, ovvero sia le indicazioni di provenienza semplici, considerate come puri riferimenti alla provenienza geografica dei prodotti o dei servizi, alle quali non è associata nessuna qualità particolare, sia le indicazioni di provenienza qualificate svizzere ed estere. Per quest'ultime si usa il termine di indicazioni geografiche. Esse servono a identificare un prodotto come originario di un territorio, oppure di una regione o località di tale territorio, nel caso in cui una determinata qualità, la reputazione o altre caratteristiche del prodotto siano essenzialmente attribuibili alla sua provenienza geografica3 (per esempio «Ginevra» per gli orologi). In caso di controversia in merito a un'indicazione di provenienza, è compito delle autorità giudiziarie concretizzare la protezione, ossia indicare se si tratta effettivamente di un'indicazione di provenienza e se quest'ultima è stata usata lecitamente o illecitamente. In tal caso si parla di protezione ex post.

L'uso è illecito se l'indicazione di provenienza è usata in modo non pertinente (art. 47 cpv. 3 lett. a LPM).

Attualmente la LPM definisce in termini molto (troppo) generali le condizioni che regolano l'uso di un'indicazione di provenienza («Ginevra», «Zurigo», ecc.), e quindi anche della designazione «Svizzera», per i prodotti. L'assenza di criteri più precisi è sinonimo di mancanza di trasparenza e d'incertezza giuridica. Secondo l'attuale articolo 48 LPM, la provenienza è determinata dal luogo di fabbricazione o dall'origine delle materie di base e delle componenti usate. Il nostro Collegio può precisare tali condizioni nell'interesse
dell'economia in generale o di uno specifico settore. Finora lo ha fatto in un'unica occasione, nell'ordinanza del 23 dicembre 1971 concernente l'utilizzazione della designazione «Svizzera» per gli orologi (ordinanza «Swiss made» per gli orologi), dopo aver condotto lunghe discussioni al fine di tenere conto degli interessi a volte molto divergenti del settore orologiero.

L'assemblea generale della Federazione dell'industria orologiera svizzera ha d'altronde recentemente approvato il progetto di revisione di tale ordinanza e l'ha sottoposto al nostro Consiglio4. L'unica fonte di diritto alternativa a tale ordinanza è rappresentata dalla scarsa giurisprudenza cantonale, in particolare quella del Tribunale commerciale di San Gallo5, secondo cui per poter utilizzare la designazione «Svizzera» i costi realizzati in Svizzera devono ammontare almeno al 50 per cento dei costi totali di produzione6 e il processo di fabbricazione deve avvenire principalmente in Svizzera. Secondo tale giurisprudenza la ricerca, lo sviluppo e il marke-

3 4 5 6

Art. 22 cpv. 1 ADPIC.

L'esame del progetto da parte del nostro Consiglio presuppone che le future regole legali siano prima chiaramente stabilite.

Decisione del 24 aprile 1968, Revue suisse de jurisprudence 1972, pag. 207, e decisione del 6 novembre 1992, St. Gallische Gerichts- und Verwaltungspraxis 1992, n. 39).

Comprendenti le materie prime e semilavorate, i singoli pezzi, i salari e i costi generali.

7440

ting non possono essere presi in considerazione per esaminare se le due condizioni siano soddisfatte.

Secondo l'articolo 49 LPM, la provenienza dei servizi è determinata dalla sede sociale di chi fornisce il servizio oppure dalla nazionalità o dal domicilio delle persone che esercitano il controllo effettivo sulla politica commerciale e sulla gestione. Una società con sede in Svizzera può quindi usare il nome «Swiss Consulting» in relazione con i suoi servizi. Anche una società con sede all'estero può legittimamente usare lo stesso nome, a condizione che la persona che esercita il controllo effettivo sulla società (p.es. il direttore) sia di nazionalità svizzera o domiciliata in Svizzera.

Condizioni attuali per l'uso della croce svizzera L'uso della croce svizzera è disciplinato dalla legge federale del 5 giugno 1931 per la protezione degli stemmi pubblici e di altri segni pubblici (LPSP). Essa stabilisce in particolare che la croce svizzera non può essere né registrata come marchio di un prodotto né apposta a scopo commerciale su un prodotto o sul suo imballaggio. Lo scopo è considerato commerciale se si appone la croce svizzera per indicare la provenienza (svizzera) di un prodotto. Non è pertanto conforme alla legge apportare la croce svizzera su un barattolo di yogurt o su una pasta combustibile con l'obiettivo di indicare ai consumatori che il prodotto proviene dalla Svizzera. È invece consentito l'uso a scopo non commerciale o decorativo. È quindi permesso apporre la croce svizzera su articoli da souvenir (p.es. una grande croce svizzera su una t-shirt o su un berretto). In questo caso la croce svizzera ha uno scopo puramente decorativo e i consumatori non sono indotti a credere che la t-shirt o il berretto siano stati prodotti in Svizzera. Anche una rappresentazione notevolmente stilizzata della croce svizzera può essere apposta su prodotti, a condizione che sia escluso qualsiasi rischio di confusione con l'emblema nazionale.

La croce svizzera può essere usata per i marchi di servizi, per la pubblicità e per i prospetti, qualora non crei confusione in merito alla provenienza dei prodotti e dei servizi. L'impresa SwissLife, che ha sede in Svizzera, può ad esempio usare la croce svizzera nel suo logo e la società Swatch è autorizzata a usarla nei suoi prospetti per gli orologi «Swiss made». Non
sarebbe invece lecito apporre la croce svizzera sul quadrante dell'orologio.

Se si considera che la croce svizzera è l'indicazione di provenienza svizzera più preziosa in termini di marketing, l'attuale distinzione tra l'uso della croce svizzera per i prodotti (l'uso è vietato anche se il prodotto è stato fabbricato in Svizzera) e per i servizi (l'uso è lecito in particolare se l'impresa ha sede in Svizzera) non è giustificata.

La nozione di marchio di servizi è stata introdotta soltanto in occasione della revisione della LPM nel 1992. Tale revisione prevedeva l'abrogazione della LPSP. Gli stemmi pubblici sarebbero stati equiparati alle indicazioni di provenienza (secondo gli articoli 47 segg. LPM), ossia il loro uso sarebbe stato di principio ammesso, a condizione che non fosse fuorviante. L'avamprogetto inviato in consultazione dall'allora Ufficio federale della proprietà intellettuale provocò tuttavia forti e contrastanti reazioni da parte dei Cantoni e delle cerchie interessate. Per non mettere a rischio il progetto di revisione l'Ufficio rinunciò infine all'abrogazione della LPSP7.

7

Messaggio 1991, FF 1991 I 1, pag. 14

7441

Il trattamento privilegiato dei segni nell'ambito dei servizi rispetto all'ambito dei prodotti (art. 75 n. 3 LPM) fu in definitiva una decisione politica a cui all'epoca si giunse soltanto nell'ambito del dibattito parlamentare.

Oggi non vi è più alcun motivo valido per mantenere la distinzione. Inoltre, nonostante il divieto, l'ampia diffusione della croce sui prodotti mostra che attualmente vi è un divario notevole tra la realtà e il diritto ed è quindi assolutamente necessario intervenire sul piano legislativo. Devono pure essere risolte le attuali difficoltà di delimitazione tra l'uso commerciale e l'uso decorativo della croce svizzera.

Applicazione del diritto in Svizzera e all'estero In Svizzera, per quanto riguarda la designazione «Svizzera», le parti lese (in particolare i produttori svizzeri che soddisfano le condizioni d'uso di tale designazione) e le associazioni di categoria o le organizzazioni di tutela dei consumatori possono intentare azioni giudiziarie civili o penali. L'uso abusivo per mestiere è un reato che deve essere perseguito d'ufficio dai Cantoni. Ciononostante, raramente sono intentate cause in quest'ambito. In ragione dell'esigua giurisprudenza (che d'altronde concerne solo prodotti come i foulard o le penne stilografiche, la cui produzione è relativamente semplice, e non prodotti complessi che presuppongono attività di ricerca e sviluppo più importanti, come ad esempio i prodotti cosmetici o chimici), non è chiaro se e in che misura i costi legati alla ricerca e al controllo della qualità possano ad esempio essere considerati come costi di fabbricazione e, in caso affermativo, presi in considerazione per definire la provenienza del prodotto. Quanto alle violazioni della LPSP, i Cantoni devono perseguirle d'ufficio e chiunque può denunciarle. Tuttavia gli abusi sono raramente perseguiti.

All'estero è difficile garantire la protezione delle indicazioni di provenienza in generale e della designazione «Svizzera» in particolare. In virtù del principio della territorialità, ogni Stato è libero di stabilire, nel rispetto dei trattati internazionali, le proprie regole per le indicazioni di provenienza e le bandiere nazionali. Spesso il diritto straniero diverge notevolmente da quello svizzero per quanto riguarda il livello di protezione e la legittimazione attiva. L'interpretazione
degli accordi internazionali applicabili e la giurisprudenza in materia sono di regola vaghe, il che, oltre a rendere costosa una procedura, ne rende incerto anche l'esito. Un'azione legale è inoltre raramente intentata all'estero soprattutto perché non esiste nei settori economici interessati un titolare della designazione «Svizzera» che potrebbe decidere come utilizzare e difendere la designazione «Svizzera» e la croce svizzera e portare dinnanzi al giudice i casi di uso abusivo.

1.2

Interventi parlamentari e rapporto del Consiglio federale

Il rafforzamento della protezione della «svizzerità» è stata oggetto di diversi interventi parlamentari8. Il postulato 06.3056 Hutter («Protezione del marchio Svizzera») del 16 marzo 2006 incarica il nostro Consiglio di illustrare al Parlamento le possibi8

Interpellanza 05.3211 Zuppiger («Uso abusivo della croce svizzera»), postulato 06.3056 Hutter («Protezione del marchio Svizzera»), postulato 06.3174 Fetz («Tutela del marchio Made in Switzerland»), interrogazione 07.1001 Reymond («L'importanza di un vero «Swiss made» per l'industria orologiera») e interpellanza 07.3666 Berberat («Rafforzamento dello «Swiss made» nel settore orologiaio».

7442

lità di migliorare la protezione del «marchio Svizzera» e, in particolare, di verificare in che misura vi sia necessità di procedere a revisioni di leggi e ordinanze in tal senso. Il postulato 06.3174 Fetz («Tutela del marchio Made in Switzerland») del 24 marzo 2006 incarica il nostro Consiglio di esaminare l'opportunità di adottare provvedimenti ­ soprattutto legislativi ­ volti a rafforzare la tutela dell'indicazione di provenienza «Svizzera». Il 17 maggio 2006 il nostro Collegio ha proposto di accettare i due postulati. Il postulato Fetz è stato approvato dal Consiglio degli Stati il 9 giugno 2006, il postulato Hutter dal Consiglio nazionale il 23 giugno 2006.

Nel suo rapporto del 15 novembre 2006 «Protezione della designazione «Svizzera» e della croce svizzera», il nostro Collegio ha risposto ai postulati, proponendo di adottare quattro misure che costituiscono una soluzione coerente per una protezione più efficace della designazione «Svizzera» e della croce svizzera. I due postulati sono pertanto stati tolti di ruolo nel 20079. Il presente progetto soddisfa la richiesta principale dei postulati, ossia quella di procedere a una revisione della regolamentazione legale al fine di migliorare la protezione della designazione «Svizzera».

La mozione 08.3247 Favre («Protezione DOP/IGP per i prodotti forestali») incarica il nostro Consiglio di proporre una base legale che permetta di proteggere in modo efficace le denominazioni relative ai prodotti tradizionali della selvicoltura svizzera attraverso la loro registrazione nel registro federale delle denominazioni di origine protetta (DOP) e delle indicazioni geografiche protette (IGP). Il 19 dicembre 2008 abbiamo proposto di accogliere la mozione, che è stata adottata dal Consiglio nazionale il 20 marzo 2009 e dal Consiglio degli Stati il 14 settembre 2009. In adempimento della mozione intendiamo integrare la legge forestale con il nuovo articolo 41a (Designazione) nell'ambito del presente progetto di revisione (cfr. n. 2.2.8).

Poiché tale modifica soddisfa la mozione Favre proponiamo di toglierla di ruolo.

1.3

Nuova normativa proposta

Criteri volti a determinare il luogo di provenienza Il disegno di revisione della LPM (D-LPM) contiene i criteri che permettono di determinare la provenienza di un prodotto. Tali criteri si applicano alle indicazioni di provenienza svizzere (designazioni quali «Svizzera», «Ginevra», «Zurigo», ecc.). I prodotti sono classificati in tre categorie: i prodotti naturali, i prodotti naturali trasformati e i prodotti industriali10. Concretamente, fatto salvo il diritto in vigore (cfr.

il riferimento alla legislazione in materia di medicamenti menzionato nel commento all'art. 48 D-LPM), un'indicazione di provenienza può essere apposta lecitamente su un prodotto se i criteri pertinenti per la categoria in questione sono soddisfatti.

9

10

Cfr. il rapporto del Consiglio federale del 9 marzo 2007 concernente le mozioni e i postulati dei Consigli legislativi 2006 e l'allegato 1 del rapporto del Consiglio federale del 7 marzo 2008 concernente le mozioni e i postulati dei Consigli legislativi 2007. I due rapporti sono pubblicati sul sito della Cancelleria federale all'indirizzo seguente: http://www.bk.admin.ch/dokumentation/publikationen/00290/04599/04601/index.html?

lang=it Quest'ultima categoria comprende tutti i prodotti che non fanno parte delle prime due categorie (prodotti naturali e prodotti naturali trasformati). Vi rientrano ad esempio anche i prodotti artigianali (cfr. il commento all'art. 48c D-LPM). Per questioni di semplificazione nel presente messaggio ci riferiamo unicamente ai prodotti industriali.

7443

Per i prodotti naturali (come le piante, l'acqua minerale, gli animali) la provenienza è definita in base a un solo criterio adattato in funzione del tipo di prodotto. Si tratta ad esempio del luogo dell'estrazione per i prodotti minerali e del luogo della raccolta per i prodotti vegetali.

Per i prodotti naturali trasformati (come il formaggio) e i prodotti industriali (come i coltelli) un sistema fondato su criteri cumulativi intende garantire il legame effettivo del prodotto con il luogo di provenienza (per la presentazione dettagliata della normativa e gli esempi si veda il commento agli articoli 48 segg. D-LPM; n. 2.1.2.2). I criteri sono: 1.

L'attività che conferisce al prodotto le sue caratteristiche essenziali (trasformazione, fabbricazione, assemblaggio, ricerca e sviluppo) deve svolgersi in Svizzera. Si tratta dell'attività che crea effettivamente il prodotto e sarebbe impensabile non tenerne conto per determinare la provenienza.

Ad esempio, per un prodotto naturale trasformato come il formaggio, la trasformazione del latte in formaggio deve avvenire in Svizzera e anche per un prodotto industriale come un orologio, l'assemblaggio deve avvenire nel nostro Paese.

2.

Deve esistere un legame fisico reale tra il prodotto e il territorio geografico svizzero. Tale condizione minima è indispensabile per garantire la coerenza del sistema delle indicazioni di provenienza. In caso contrario certi prodotti le cui caratteristiche essenziali risultano esclusivamente (o in gran parte) dalla ricerca e dallo sviluppo potrebbero essere considerati «Swiss made» anche se nessuna fase della produzione si è svolta in Svizzera. Almeno una fase significativa della produzione deve pertanto svolgersi nel nostro Paese. Se la produzione vera e propria ha conferito al prodotto in questione le sue caratteristiche essenziali, la seconda condizione (fase significativa della produzione) è soddisfatta contemporaneamente alla prima.

3.

Infine, una percentuale minima degli elementi che compongono il prodotto o delle attività che contribuiscono al suo valore deve essere realizzata nel nostro Paese. Tali elementi (p.es. i prodotti naturali che compongono il prodotto finale) o attività hanno spesso un'importanza determinante per le cerchie interessate. In mancanza di questo criterio sarebbe possibile produrre «formaggio svizzero» con latte al 100 per cento straniero. Un prodotto naturale trasformato come il formaggio deve consistere almeno all'80 per cento di materia prima svizzera. Per i prodotti industriali, il 60 per cento dei costi di produzione deve essere realizzato nel nostro Paese.

Per entrambe le categorie di prodotti la nuova normativa prevede eccezioni per le materie prime che non possono essere prodotte o non sono disponibili in quantità sufficiente in Svizzera (cfr. commenti agli art. 48b e 48c D-LPM).

Le indicazioni di provenienza estere sono definite nel Paese d'origine. Ad esse non si applicano pertanto i criteri degli articoli 48a­48c D-LPM. Sono tuttavia fatti salvi l'eventuale inganno dei consumatori svizzeri11 come pure l'applicazione delle disposizioni della legge federale del 19 dicembre 1986 contro la concorrenza sleale (LCSl).

11

Per i dettagli, cfr. il commento all'art. 48 cpv. 5 D-LPM.

7444

Il disegno di legge rafforza anche il criterio del legame per le indicazioni di provenienza dei servizi. Un'impresa fornisce servizi svizzeri se la sua sede sociale si trova in Svizzera e se è effettivamente gestita in Svizzera. I possibili criteri per il legame menzionati nella legge attualmente in vigore, ossia la nazionalità e il domicilio, sono stati abrogati. (cfr. il commento all'art. 49 D-LPM; n.2.1.2.2).

Croce svizzera e altri segni pubblici L'attuale legge sulla protezione degli stemmi non rispecchia più la realtà. Il nuovo disciplinamento intende rimediare a questa situazione insoddisfacente. Grazie a una definizione più chiara dello stemma, della croce e della bandiera si crea una base solida per la loro protezione. La competenza del nostro Collegio di definire gli altri segni pubblici della Confederazione consente maggiore trasparenza e certezza giuridica. Con lo stesso obiettivo s'intendono raccogliere in una lista pubblicamente accessibile anche gli emblemi cantonali. L'autorizzazione dell'uso commerciale della croce svizzera legalizza la situazione che de facto esiste già oggi, mettendo a disposizione dell'economia svizzera, a ben determinate condizioni, la croce svizzera come strumento di marketing. In futuro sarà ad esempio permesso apportare la croce svizzera su un barattolo di yogurt o su una bottiglia d'acqua minerale per indicare al consumatore che il prodotto proviene dalla Svizzera. Il divieto dell'uso fuorviante continuerà ad essere applicato, poiché la croce svizzera potrà essere usata soltanto per prodotti svizzeri. Contrariamente all'uso più liberalizzato della croce svizzera, l'impiego dello stemma svizzero sarà in futuro di norma riservato alla Confederazione. Solo in presenza di circostanze particolari, il DFGP potrà eccezionalmente autorizzare, su richiesta motivata, la prosecuzione dell'uso della croce svizzera. Ciò sarà il caso se un'impresa o un'associazione dimostra di aver usato, ininterrottamente e senza contestazioni, per almeno trent'anni lo stemma della Confederazione o un segno che rischia di essere confuso con esso per contrassegnare i propri prodotti o servizi e di avere un interesse degno di protezione a proseguirne l'uso. Questa deroga permette a imprese tradizionali svizzere di continuare a usare un contrassegno ormai affermato. Il livello di protezione
per i segni pubblici esteri continuerà a essere superiore alla protezione minima prevista a livello internazionale. Per quanto riguarda i trattati internazionali, l'articolo 6ter della Convenzione di Parigi del 20 marzo 1883 per la protezione della proprietà industriale (CPrI) vieta l'imitazione nonché la registrazione come marchi o l'uso come contrassegni degli emblemi nazionali (in particolare gli stemmi, le bandiere, i segni e i punzoni ufficiali di controllo e garanzia) degli Stati membri. La protezione di tali emblemi si limita tuttavia al rischio d'inganno in merito all'origine dei prodotti e contempla soltanto l'imitazione dal punto di vista araldico. Vi è un'imitazione dal punto di vista araldico se, nonostante la trasformazione dell'emblema, il marchio presenta le caratteristiche di uno stemma statale ed è percepito come tale dal pubblico. La disposizione della CPrI si riferisce inoltre solo ai marchi di prodotti e non ai marchi di servizi. Il disegno di legge sulla protezione degli stemmi (D-LPSP) vieta invece di usare i segni protetti anche per i marchi di servizi e per le ditte. Inoltre la protezione non si estende solo alle imitazioni araldiche, bensì, come per lo stemma svizzero, a tutte le imitazioni confondibili con gli emblemi nazionali.

Introduzione di strumenti supplementari su scala nazionale volti a rafforzare la protezione in Svizzera e all'estero Il progetto di revisione completa gli strumenti esistenti che permettono di applicare il diritto in caso di uso illecito delle indicazioni di provenienza e dei segni pubblici.

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Innanzitutto prevede che qualsiasi uso a titolo professionale, ma anche ­ come per i segni pubblici ­ qualsiasi uso intenzionale di indicazioni di provenienza non pertinenti sarà perseguito d'ufficio. Inoltre, l'IPI potrà denunciare alle autorità cantonali di perseguimento penale qualsiasi uso abusivo intenzionale delle indicazioni di provenienza o dei segni pubblici e nel procedimento potrà far valere i diritti dell'accusatore privato. Infine è previsto di dotare le autorità di una legittimazione attiva limitata per permettere loro d'intentare azioni civili. Tale legittimazione si limita, da una parte, alle azioni di cui agli articoli 52­55 capoverso 1 LPM e 20 D-LPSP e, dall'altra, ai casi in cui i segni usati rivestono un interesse particolare per gli enti pubblici interessati (cfr. n. 1.4.).

All'estero il diritto svizzero non è applicato a causa del principio della territorialità.

L'interpretazione delle convenzioni internazionali pertinenti e la giurisprudenza in materia sono in generale poco precise. Per migliorare la protezione delle indicazioni geografiche negli Stati esteri, il disegno di revisione della LPM prevede la creazione di un registro delle indicazioni geografiche per tutti i prodotti, ad eccezione dei prodotti agricoli, dei prodotti agricoli trasformati, dei vini, dei prodotti di silvicoltura e dei prodotti di silvicoltura trasformati. Le denominazioni d'origine e le indicazioni geografiche di questi ultimi prodotti possono già o potranno essere registrate presso l'Ufficio federale dell'agricoltura (UFAG) oppure beneficiare di una protezione secondo la legislazione cantonale in virtù della legge del 29 aprile 1998 sull'agricoltura (LAgr) (cfr. il commento all'art. 50a D-LPM; n. 2.1.3). Di conseguenza il registro da istituire sulla base dell'articolo 50a D-LPM completerà il registro attuale delle DOP e delle IGP agricole tenuto dall'UFAG. L'iscrizione in un registro consente di riconoscere ufficialmente per tutti i prodotti la protezione accordata alle indicazioni geografiche. In questo caso si parla di protezione ex ante. Il disegno di revisione prevede inoltre che le denominazioni d'origine e le indicazioni geografiche iscritte in un registro (nel registro attuale dell'UFAG o nel nuovo registro previsto dall'art. 50a) come pure le denominazioni vinicole protette dai Cantoni
potranno essere registrate come marchi geografici. Lo stesso dicasi per l'indicazione di provenienza (qualificata) oggetto di un'ordinanza del Consiglio federale ai sensi dell'articolo 50 LPM, come ad esempio l'attuale ordinanza «Swiss made» per gli orologi (cfr. il commento all'art. 27a, n. 2.1.1). Un titolo di protezione sarà quindi concesso ai titolari del marchio. All'estero sarà più facile ottenere e mettere in atto la protezione se esiste già un riconoscimento ufficiale nel Paese di provenienza e se il titolare è in grado di presentare un estratto del registro delle denominazioni d'origine o delle indicazioni geografiche o un altro titolo di protezione.

Attualmente le indicazioni di provenienza sono oggetto di vari trattati bilaterali conclusi dalla Svizzera, come ad esempio il Trattato franco-svizzero12. D'altronde, nel quadro di accordi bilaterali supplementari o di negoziati relativi ad accordi economici di libero scambio, il nostro Consiglio s'impegna già oggi a proteggere le indicazioni di provenienza in generale e la designazione «Svizzera» in particolare nel quadro di nuovi accordi bilaterali o di accordi economici di libero scambio. Si sforza in maniera sistematica affinché il tema della protezione delle indicazioni geografiche e in particolare della designazione «Svizzera» sia affrontato nel quadro dei negoziati per tali accordi, ad esempio per l'Accordo di libero scambio e di par12

Finora la Confederazione Svizzera ha concluso trattati bilaterali analoghi con la Germania (RS 0.232.111.191.36), la Spagna (RS 0.232.111.193.32), l'Ungheria (RS 0.232.111.194.18), il Portogallo (RS 0.232.111.196.54) e l'ex Cecoslovacchia (RS 0.232.111.197.41; oggi applicabile alla Repubblica Ceca e alla Slovacchia).

7446

tenariato economico tra la Confederazione Svizzera e il Giappone13, firmato il 19 febbraio 2009 ed entrato in vigore il 1° settembre 2009.

1.4

Motivazione e valutazione della soluzione proposta

1.4.1

Motivazione

Criteri volti a determinare la provenienza I nuovi criteri proposti, che definiscono in modo più preciso la provenienza dei prodotti e dei servizi, migliorano la protezione della designazione «Svizzera» e accrescono la certezza giuridica.

Una migliore protezione e maggiore trasparenza in merito ai criteri sono necessarie per preservare il valore economico della «svizzerità». Secondo una ricerca di recente pubblicazione14, l'immagine prestigiosa di cui beneficiano i prodotti e i servizi svizzeri permette a coloro che li forniscono di posizionarsi più facilmente sul mercato, ottenere un prezzo più elevato e migliorare la comunicazione pubblicitaria intorno ai loro prodotti e servizi se quest'ultima veicola i valori connessi alla provenienza svizzera15. Questo valore economico è ben noto alle imprese. Un sondaggio effettuato nel 2005 presso i membri dell'Unione svizzera degli articoli di marca (Promarca) ha evidenziato che più della metà delle imprese interpellate appone, insieme al proprio marchio, la designazione «Svizzera» (co-branding) e il 40 per cento indica di volerla usare più coerentemente in futuro16. Secondo una ricerca, circa 6400 marchi protetti in Svizzera contengono la designazione «Svizzera» ­ o designazioni simili, quali «Switzerland», «Swiss», ecc. ­ o la croce svizzera17.

13 14

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16

17

RS 0.946.294.632 Cfr. Stephan Feige, Benita Brockdorff, Karsten Sausen, Peter Fischer, Urs Jaermann, Sven Reinecke, Swissness Worldwide ­ Internationale Studie zur Wahrnehmung der Marke Schweiz, ricerca dell'Università di San Gallo et al. 2008. Due studi recenti del Politecnico federale di Zurigo illustrano come i consumatori svizzeri sono disposti a sborsare nettamente di più per acquistare prodotti di qualità provenienti dalla Svizzera; cfr. Conradin Bolliger, Produktherkunft Schweiz: Schweizer Inlandkonsumenten und ihre Assoziationen mit und Präferenzen für heimische Agrarerzeugnisse. Tagungsband der 18. Jahrestagung der Österreichischen Gesellschaft für Agrarökonomie, 2008, e il n. 3 del presente messaggio sulle conseguenze della nuova normativa.

Stephan Feige, Benita Brockdorf, Karsten Sausen, «Swiss made» ­ ein weltweites Gütesiegel, in: Persönlich, maggio 2008, pag. 54: «È confermato nuovamente che i servizi e i prodotti svizzeri godono di un'ottima reputazione. Il marchio «Svizzera» continua a veicolare valori quali solidità, esclusività ed eccellenza. Questi fattori d'immagine conferiscono ai servizi e ai prodotti identificabili come svizzeri vantaggi ancor prima che siano venduti, poiché l'indicazione di provenienza offre alle imprese la possibilità di avvalersi di un plusvalore giustificato dalla qualità. I prodotti svizzeri godono infatti di grande credibilità in termini d'esclusività e ciò permette di imporre più facilmente prezzi elevati. In maniera generale, l'accento sulla provenienza svizzera contribuisce a rafforzare la plausibilità del messaggio pubblicitario o del posizionamento, a condizione che questi rispecchino effettivamente i valori dei prodotti svizzeri.» (traduzione).

Cfr. Marco Casanova, Die Marke Schweiz ­ Gefangen in der Mythosfalle zwischen Heidi und Willhelm Tell: Aktuelle Herausforderung im Zusammehang mit der Verwendung der Marke Schweiz als Co-Branding-Partner, in: Arndt Florack/Martin Scarabis/Ernst Primosch (a c. di), Psychologie der Markenführung, Vahlen, Monaco di Baviera 2007, pag. 541­550.

Stato della ricerca: fine 2006 (per il riassunto della ricerca si veda: www.ipi.ch/I/jurinfo/j108.shtm).

7447

L'adozione di criteri più precisi permette di chiarire le condizioni d'uso per le indicazioni di provenienza. I consumatori devono essere in grado di comprenderle meglio affinché possano tenerne conto nelle loro decisioni d'acquisto. In virtù della nuova disciplina, fondata su criteri cumulativi, sarà possibile che alcuni prodotti non conterranno più un'indicazione di provenienza (ai sensi della LPM) poiché la loro produzione avviene in diversi Paesi e, nonostante siano disponibili in Svizzera, le materie prime necessarie alla produzione provengono dall'estero. La soppressione dell'indicazione di provenienza per questi prodotti permette tuttavia di impedire l'inganno dei consumatori. La dichiarazione obbligatoria del Paese di provenienza ai sensi degli articoli 20 e 21 della legge federale del 9 ottobre 1992 sulle derrate alimentari (LDerr) continua comunque ad essere applicata. A titolo di esempio, la nuova disciplina vieta chiaramente di apporre la designazione «Svizzera» sulla confezione di un formaggio trasformato in Svizzera, ma a base di latte al 100 per cento straniero (per spiegazioni dettagliate si veda il commento agli art. 48 segg.

D-LPM; n. 2.1.2.2). Il Paese di produzione (Svizzera) deve tuttavia essere sempre indicato, come pure la provenienza della materia prima straniera, conformemente agli articoli 15 e 16 dell'ordinanza del DFI del 23 novembre 2005 sulla caratterizzazione e la pubblicità delle derrate alimentari (OCDerr).

Per le imprese i nuovi criteri costituiscono un incentivo a investire in Svizzera.

Fungono da incentivo economico per una piazza economica svizzera forte e innovatrice. Per i prodotti industriali, ad esempio, il progetto prevede espressamente che i costi della ricerca e dello sviluppo potranno essere presi in considerazione nel calcolo del 60 per cento dei costi di produzione realizzati in Svizzera. Quest'inclusione è importante per la piazza economica svizzera, poiché le imprese che hanno investito notevolmente nella ricerca e nello sviluppo in Svizzera potranno usare la designazione «Svizzera» o la croce svizzera, a condizione che siano soddisfatti tutti i criteri previsti dalla legge.

Il rafforzamento del legame del prodotto o delle materie prime con il luogo di provenienza tiene infine conto degli aspetti ecologici della produzione. Per i prodotti
industriali la nuova disciplina impedisce a un'impresa che desidera fornire prodotti «Swiss made» di tenere conto delle spese di trasporto ­ che possono essere di rilievo se un elemento che compone il prodotto finale proviene dall'estero ­ nel calcolo del 60 per cento dei costi di produzione (art. 48c cpv. 3 lett. d D-LPM). Per i prodotti naturali trasformati un produttore che intende beneficiare del plusvalore della «svizzerità» non può di regola importare dall'estero più del 20 per cento delle materie prime necessarie.

Benché non faccia parte della problematica della «svizzerità» in senso stretto, una normativa generale per le indicazioni di provenienza che si riferiscono a luoghi specifici del territorio svizzero (p.es. «Ginevra») risponde alle stesse esigenze previste per la designazione «Svizzera» e quindi deve essere trattata in parallelo. Di conseguenza la normativa deve essere riveduta nella sua globalità.

Altre forme di protezione Attualmente l'articolo 50 LPM offre già ai settori economici la possibilità di precisare le condizioni generali secondo cui può essere usata un'indicazione di provenienza (qualificata) svizzera. Abbiamo ricordato questa possibilità nel nostro rapporto del 15 novembre 2006 (cfr. n. 1.1), ma riteniamo che tale strumento non sia in sé sufficiente a migliorare la protezione delle indicazioni geografiche. Di conseguenza proponiamo due misure supplementari, ossia l'istituzione di un registro delle indica7448

zioni geografiche per tutti i prodotti, con l'eccezione dei prodotti agricoli, dei prodotti agricoli trasformati18, dei vini19 come pure dei prodotti di silvicoltura e dei prodotti di silvicoltura trasformati20, e la possibilità di registrare marchi geografici che si fondano su denominazioni d'origine o indicazioni geografiche registrate presso l'UFAG o l'IPI, su denominazioni viticole protette a livello cantonale o su indicazioni di provenienza basate su un'ordinanza del Consiglio federale ai sensi dell'articolo 50 LPM.

Registro delle indicazioni geografiche L'istituzione di un secondo registro delle indicazioni geografiche comporta diversi vantaggi. Permette di stabilire una protezione ex ante concedendo un titolo di protezione esplicito e ponendo così fine all'imprevedibilità e all'incertezza giuridica che regna in merito all'oggetto della protezione. Infatti la protezione ex post prevista dalla LPM si applica solo in caso di controversia. L'istituzione di un registro delle indicazioni geografiche è inoltre utile per i produttori, che disporranno così di un quadro giuridico che permette loro di federarsi dietro a un prodotto. La pubblicità legata alla registrazione dell'indicazione geografica permette anche di migliorare la protezione dell'indicazione. La protezione ex ante ha soprattutto il grande vantaggio di favorire l'ottenimento della protezione all'estero e l'applicazione efficace di quest'ultima. Essa permette inoltre alla Svizzera di rafforzare la propria posizione sul piano internazionale, in particolare nel quadro delle trattative in seno all'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) nell'ambito delle quali si considera l'opportunità di sviluppare un registro multilaterale delle indicazioni geografiche dei Paesi membri. L'esistenza di un secondo registro svizzero delle indicazioni geografiche consoliderà la credibilità della Svizzera nel quadro di tali trattative. In tal senso, la creazione di un registro risponde alle preoccupazioni espresse nelle interpellanze 04.3350 Epiney e 04.3257 Germanier («OMC. Protezione delle indicazioni geografiche»), rispettivamente del 16 giugno 2004 e del 7 maggio 2004, che chiedevano alla Svizzera d'impegnarsi, nel quadro delle trattative in seno all'OMC, per l'istituzione di un registro multilaterale, nell'interesse di coloro che usano le indicazioni
geografiche. L'istituzione di un registro delle indicazioni geografiche sarà anche un aiuto utile o, nel caso di certi Stati, necessario in vista di futuri negoziati relativi a trattati bilaterali o accordi di libero scambio che intendono rafforzare la protezione delle indicazioni geografiche. Essa permetterà di rendere più credibile l'elenco delle indicazioni geografiche che figura negli accordi oggetto dei negoziati.

D'altronde un numero sempre maggiore di Paesi, tra cui ad esempio l'India e il Messico, introduce sistemi di registrazione di tali indicazioni per tutti i prodotti. Il registro indiano contiene 33 indicazioni geografiche registrate per prodotti agroalimentari e 84 per prodotti artigianali e industriali. La protezione delle indicazioni d'origine mediante la registrazione (protezione ex ante) sta diventando uno standard riconosciuto su scala internazionale. È quindi opportuno che anche i produttori svizzeri possano beneficiare di questo strumento giuridico per tutti i tipi di prodotti e non solo per i prodotti agricoli e i prodotti agricoli trasformati, per i quali esiste già un registro federale tenuto dall'UFAG.

18 19 20

Un registro per questi prodotti è già previsto dall'art. 16 della legge federale del 29 aprile 1998 sull'agricoltura.

La protezione delle denominazioni d'origine dei vini è di competenza dei Cantoni.

Per la protezione delle indicazioni geografiche dei prodotti di silvicoltura e dei prodotti di silvicoltura trasformati, cfr. n. 2.2.8.

7449

Marchio geografico Secondo la regolamentazione attuale, una denominazione d'origine (p.es.

«Gruyère») o un'indicazione geografica (p.es. «Saucisson vaudois») non può essere registrata come marchio verbale. Le denominazioni d'origine e le indicazioni geografiche sono escluse dalla registrazione in virtù dell'articolo 2 lettera a LPM perché devono essere a libera disposizione di tutti. La registrazione a titolo di marchio è tuttavia possibile per un segno composto da un elemento che deve essere a libera disposizione di tutti (ai sensi dell'art. 2 lett. a LPM), nella fattispecie la denominazione d'origine o l'indicazione geografica, e da un elemento che conferisce al segno un carattere distintivo. Ciò è ad esempio il caso per un segno composto dalla parola «Gruyère» e da un segno figurativo.

In deroga all'articolo 2 lettera a LPM, il disegno offre ora a qualsiasi gruppo richiedente che ha ottenuto la registrazione di una denominazione d'origine o di un'indicazione geografica21 la possibilità di depositare un marchio geografico (cfr. art. 27a; n. 2.1.1), a condizione che siano soddisfatti le altre condizioni. Tale marchio consiste in una denominazione d'origine o in un'indicazione geografica iscritta nel registro tenuto dall'UFAG oppure in un'indicazione geografica iscritta nel nuovo registro previsto dall'articolo 50a D-LPM (cfr. n. 2.1.3). Il disegno offre la stessa possibilità ai Cantoni che proteggono le denominazioni d'origine viticole conformemente all'articolo 63 LAgr e alle organizzazioni di categoria del settore economico che beneficiano di un'ordinanza del Consiglio federale ai sensi dell'articolo 50 capoverso 2 LPM. In virtù dell'ADPIC e della CUP una siffatta registrazione dev'essere prevista anche per le indicazioni geografiche protette da una normativa estera equivalente (cfr. art. 27a; n. 2.1.1). Occorre osservare che il sistema del marchio geografico previsto dagli articoli 27 segg. è indissociabile dalla registrazione antecedente della denominazione d'origine o dell'indicazione geografica svizzera, dall'esistenza di una protezione cantonale della denominazione d'origine vinicola conforme al diritto federale o dall'esistenza di un'ordinanza del Consiglio federale ai sensi dell'articolo 50 capoverso 2 LPM. Il marchio geografico rinvia semplicemente alle condizioni d'uso previste
dall'elenco degli obblighi, dalla legislazione cantonale o dall'ordinanza del Consiglio federale.

Tale approccio rispecchia la posizione della Svizzera nei negoziati in seno all'OMC.

La Svizzera cerca di migliorare la protezione internazionale delle indicazioni geografiche in quanto diritto di proprietà intellettuale. Ciò permette di tenere maggiormente conto di tutte le specificità della protezione e di impedire gli usi abusivi all'estero. La doppia protezione è tuttavia utile anche da un punto di vista attivo, poiché in diversi Paesi gli standard di protezione delle indicazioni geografiche previste dall'ADPIC sono messi in atto per il tramite del diritto in materia di marchi e non mediante un sistema di protezione specifico delle indicazioni geografiche. La Svizzera ha quindi un interesse a garantire ai suoi prodotti d'esportazione i migliori strumenti di protezione possibili. Il marchio geografico rappresenta innanzitutto un mezzo per semplificare l'ottenimento della protezione dell'indicazione geografica all'estero. Sarà uno strumento supplementare nelle mani dei produttori per migliorare la protezione all'estero delle denominazioni d'origine e delle indicazioni geografiche registrate, delle denominazioni d'origine viticole (protette a livello cantonale conformemente al diritto federale) o delle indicazioni di provenienza (disciplinate in un'ordinanza del Consiglio federale). Esso consentirà al titolare di un marchio di 21

Ai sensi dell'art. 16 LAgr.

7450

beneficiare di certi vantaggi del sistema di Madrid (sistema di registrazione internazionale dei marchi), come quello di presentare una sola domanda di registrazione concernente la totalità o una parte dei Paesi membri. Al di fuori di questo sistema, occorre presentare una domanda di registrazione all'ufficio nazionale di ciascun Paese nel quale si richiede la protezione. Nel sistema di Madrid la protezione non è concessa automaticamente poiché ogni parte contraente designata esamina la domanda di registrazione conformemente alla propria legislazione interna. Se la domanda è accettata, il titolare del marchio usufruisce della stessa protezione come quella di cui avrebbe usufruito se il suo marchio fosse stato depositato separatamente presso ciascun ufficio nazionale estero.

Croce svizzera e altri segni pubblici La LPSP attualmente in vigore non rispecchia più la realtà economica. Non vi sono più motivi sufficienti per mantenere tale normativa. Nonostante oggi sia vietato per legge usare la croce svizzera sui prodotti, numerose imprese la apportano sui propri prodotti per designarne la provenienza. A titolo di esempio si possono menzionare la ditta Emmi SA, che appone la croce svizzera sui propri latticini e gelati, e la ditta Valser SA, che appone lo stemma svizzero sulla propria acqua minerale. Vista l'impellente esigenza di usare la croce svizzera come strumento di marketing, è necessario liberalizzarne l'uso per i prodotti di provenienza svizzera. Nonostante la situazione giuridica chiara, che dovrebbe essere applicata d'ufficio dalle autorità cantonali, oggi non vengono quasi mai avviati procedimenti. La sua nuova competenza, statuita espressamente nella legge, di sporgere denuncia per il tramite dell'IPI e di intentare un'azione civile in casi particolari, permetterà alla Confederazione di intervenire laddove lo ritenga necessario. Con questa competenza esplicita si consolida il ruolo dell'IPI in quanto autorità competente dell'esecuzione della legge sulla protezione degli stemmi e si contribuisce a raggiungere uno degli obiettivi principali della revisione di legge, ossia quello di migliorare e rafforzare la protezione della croce svizzera a livello nazionale. Oltre all'IPI, come sinora chiunque potrà denunciare una violazione della legge presso le competenti autorità cantonali.

Sempre più
spesso l'attuale distinzione tra uso commerciale e uso decorativo della croce svizzera crea incertezza. È ad esempio permesso apportare la croce svizzera su articoli da souvenir (p.es. una grande croce svizzera su una t-shirt o su un berretto).

In questo caso la croce svizzera ha uno scopo puramente decorativo e i consumatori non si aspettano che la t-shirt o il berretto siano stati prodotti in Svizzera. Per contro l'uso della croce svizzera su un barattolo di yogurt o su una bottiglia di acqua minerale con lo scopo di indicare ai consumatori che il prodotto proviene dalla Svizzera è ritenuto un uso commerciale ed è vietato dalla legislazione attuale. Per le merci prodotte in Svizzera tale criterio di distinzione sarà pertanto abolito.

Non è neppure giustificato il trattamento distinto dei prodotti e dei servizi. Secondo il diritto in vigore l'uso della croce svizzera è permesso per i servizi (a condizione che l'uso non tragga in inganno in merito alla provenienza del servizio), ma non è lecito apportarla a scopo commerciale sui prodotti. La distinzione, dovuta a ragioni storiche, è stata mantenuta per motivi politici in occasione dell'ultima revisione della LPM all'inizio degli anni Novanta. Questo trattamento privilegiato dei servizi non appare più giustificato ed è quindi abolito. In futuro i prodotti e i servizi svizzeri, oltre a poter essere designati come tali, potranno anche essere contrassegnati con il marchio svizzero più forte, ossia con la croce svizzera. In tal modo intendiamo

7451

tenere conto della realtà economica e del grande potenziale di marketing della croce svizzera.

Infine, la distinzione tra stemma svizzero e croce svizzera permette di preservare lo stemma come emblema dello Stato che di regola può essere usato soltanto da quest'ultimo. Solo in casi eccezionali e motivati lo stemma potrà essere usato come contrassegno da imprese e associazioni svizzere tradizionali. In tal modo si tiene conto delle esigenze giustificate della Confederazione e dell'economia svizzera e si permette alle imprese svizzere di continuare a usare i contrassegni tradizionali. La croce svizzera sarà invece a disposizione di tutta l'economia.

Strumenti per l'applicazione della legge L'applicazione del diritto in caso di uso illecito di indicazioni di provenienza si fonda attualmente soprattutto sull'iniziativa privata. Hanno diritto all'azione d'esecuzione di una prestazione coloro i cui diritti a un'indicazione di provenienza sono minacciati (art. 55 cpv. 1 LPM), ossia coloro che usano legittimamente un'indicazione di provenienza. Possono inoltre intentare un'azione le associazioni e le organizzazioni dei consumatori menzionate all'articolo 56 LPM. Anche per poter perseguire penalmente l'uso abusivo intenzionale di indicazioni di provenienza è necessaria la querela della parte lesa. Solo in caso di abuso per mestiere l'autore è perseguito d'ufficio (art. 64 LPM). L'uso illecito di segni pubblici è invece sempre perseguito d'ufficio (art. 13 LPSP); l'attuale legge per la protezione degli stemmi non prevede per contro l'azione civile, che sarebbe opportuna in particolare in caso di violazioni non intenzionali.

Nella prassi giuridica questi strumenti si sono rivelati insufficienti. Troppo spesso le violazioni della legge ­ a volte lampanti ­ restano senza conseguenze, perché nessun privato o nessuna organizzazione sporge querela oppure perché le autorità penali rinunciano al perseguimento penale o a pronunciare una pena. Ciò è dovuto a vari motivi riconducibili in parte alla natura stessa delle indicazioni di provenienza, il cui uso è sempre riservato a una collettività più o meno grande. Dal punto di vista di una singola impresa legittimata ad agire può quindi apparire sproporzionato assumersi gli oneri e i rischi di spese legati all'azione civile per ottenere, a favore dell'intera collettività,
un divieto d'uso o un altro ordine del giudice. Ciò vale in misura ancora maggiore per indicazioni quali «Svizzera», «svizzero» o simboli come la croce svizzera al cui uso è autorizzata ogni impresa in Svizzera, a condizione che rispetti le prescrizioni degli articoli 48­49 LPM. Di regola i soggetti di diritto privati non ritengono loro compito avviare una lite nell'interesse di tutti i soggetti autorizzati.

Per gli stessi motivi rinunciano a una denuncia anche nel caso in cui il perseguimento dovrebbe avvenire d'ufficio e nel migliore dei casi si limitano a comunicare la fattispecie all'IPI. Di conseguenza le autorità di perseguimento penale vengono raramente a conoscenza di casi di abuso e in questi rari casi l'istruzione penale spesso non è aperta o è successivamente sospesa perché la situazione giuridica è ritenuta poco chiara o difficile da chiarire.

Vista questa situazione e conformemente alla nostra volontà di rafforzare la protezione della designazione «Svizzera» e della croce svizzera, vanno adottati provvedimenti che migliorino l'applicazione del diritto in caso di uso abusivo di indicazioni di provenienza o di segni pubblici. Innanzitutto sarà perseguito penalmente d'ufficio non solo l'uso per mestiere di indicazioni di provenienza non pertinenti, bensì anche ­ in analogia a quanto previsto per i segni pubblici ­ l'uso intenzionale.

L'attuale versione dell'articolo 64 LPM si fonda sull'articolo 61 LPM concernente 7452

la violazione intenzionale del diritto al marchio e quindi sulla protezione di un diritto individuale. Mentre tuttavia dal diritto al marchio non si può dedurre alcuna pretesa dei consumatori alla protezione dagli inganni ­ oppure tale protezione esiste solo indirettamente nel caso in cui il titolare si difende dall'uso abusivo del suo marchio (in altre parole la protezione è indiretta e sussiste soltanto se il titolare stesso si difende contro l'uso abusivo del suo marchio; un'eccezione esiste solo per i marchi di garanzia e collettivi, cfr. art. 56 cpv. 2 LPM) ­, l'articolo 47 capoverso 3 LPM vieta l'uso di indicazioni di provenienza non pertinenti anche nell'interesse dei consumatori e quindi, a seconda dei prodotti o servizi contrassegnati, nell'interesse di un pubblico molto ampio. È quindi opportuno punire alla stessa maniera l'uso illecito intenzionale delle indicazioni di provenienza e quello dei segni pubblici (cfr.

anche l'equiparazione della pena in caso di commissione per mestiere nell'art. 28 cpv. 2 D-LPSP) e adattare l'articolo 64 LPM.

In secondo luogo, in caso di uso abusivo intenzionale di indicazioni di provenienza o segni pubblici, l'IPI, che già attualmente avverte chi non rispetta la legge, sarà esplicitamente autorizzato a sporgere denuncia presso la competente autorità cantonale di perseguimento penale e avviare così un procedimento penale. Allo stesso tempo, in virtù dell'articolo 104 capoverso 2 del Codice di diritto processuale penale (CPP)22, l'IPI usufruirà della possibilità di assumere nel procedimento penale i diritti dell'accusatore privato. In tal modo, oltre al procuratore pubblico, anche l'IPI potrà influire sull'andamento del processo e avvalersi in particolare dei rimedi giuridici (p.es. contro una decisione di non luogo a procedere). Queste novità sono introdotte negli articoli 64 capoverso 3 D-LPM e 31 capoverso 2 D-LPSP.

Gli strumenti per l'applicazione del diritto vanno infine completati con una limitata legittimazione attiva delle autorità. Mentre il perseguimento penale presuppone sempre un atto intenzionale, vi è un interesse a un divieto del giudice o a un altro provvedimento concernente l'uso abusivo di indicazioni di provenienza o segni pubblici anche nel caso in cui al convenuto non si può imputare nessuna colpa o soltanto negligenza. Una tale
possibilità di promuovere un'azione manca del tutto nell'attuale LPSP, mentre in relazione alle indicazioni di provenienza vi si ricorre raramente. Il progetto di revisione prevede inoltre di conferire all'IPI (che agisce per conto della Confederazione) e ai Cantoni la possibilità di intentare un'azione limitata ai casi di cui agli articoli 52 e 55 capoverso 1 LPM e all'articolo 20 D-LPSP e ai casi in cui vengono usati segni che per l'ente territoriale interessato rivestono un interesse particolare. Questa possibilità d'intentare un'azione è statuita negli articoli 56 capoverso 1 D-LPM e 22 D-LPSP (per maggiori dettagli cfr. n. 2.1.5).

1.4.2

Soluzioni esaminate

Criteri volti a determinare la provenienza Per quanto riguarda la definizione dei criteri per stabilire la provenienza dei prodotti non abbiamo ritenuto sufficiente riprendere semplicemente quelli di San Gallo (cfr. n. 1.1). Tale giurisprudenza si applica a prodotti tradizionali, ossia a prodotti per i quali la ricerca e lo sviluppo non svolgono un ruolo determinante. Oggigiorno queste attività possono essere all'origine delle caratteristiche di un prodotto e occorre quindi prenderle in considerazione.

22

RS 312.0 (non ancora in vigore); FF 2007 6327.

7453

Marchio geografico Proponiamo di fondare il sistema di marchio geografico su una denominazione di origine o un'indicazione geografica già registrata, su una denominazione d'origine viticola protetta su scala cantonale conformemente al diritto federale o su una preesistente ordinanza del Consiglio federale (cfr. n. 1.2). Una variante che abbiamo esaminato e presentato come tale nell'avamprogetto del 28 novembre 2007 posto in consultazione era simile alla soluzione prevista dal diritto comunitario e da quello tedesco: consentire la registrazione a titolo di marchio di garanzia o collettivo per tutte le indicazioni di provenienza, indipendentemente dalla loro precedente iscrizione in un registro ufficiale o da un loro disciplinamento legale. Tale variante presenta diversi inconvenienti. Innanzitutto non permette di garantire la rappresentatività del gruppo che deposita il marchio, poiché per essere legittimate a depositare un marchio sarebbe sufficiente che si unissero alcune imprese di uno stesso settore con interessi comuni. In questo modo otterrebbero la registrazione e potrebbero opporsi a qualsiasi futuro deposito dello stesso marchio. In secondo luogo il gruppo di imprese che deposita per primo il marchio collettivo o di garanzia potrebbe stabilire condizioni d'uso (p.es. criteri di qualità) più severe rispetto a quelle previste dai criteri legali per le indicazioni di provenienza. Infine, mediante il sistema di Madrid (cfr. le spiegazioni al n. 1.4.1), le imprese di uno stesso settore potrebbero ottenere in certi Paesi la registrazione del marchio ­ con il rispettivo regolamento ­ e imporvi in tal modo i propri criteri per tutti i produttori, ivi compresi gli altri produttori svizzeri. La maggioranza dei partecipanti alla procedura di consultazione ha ritenuto essenziale impedire una monopolizzazione indebita dell'indicazione geografica e ha respinto la variante sopraesposta. Si sono invece espressi a favore della possibilità di registrare un'indicazione geografica a titolo di marchio, il che è permesso con il marchio geografico previsto dal presente progetto.

Dopo aver osservato e analizzato le misure adottate nel Principato del Liechtenstein e in Italia, abbiamo esaminato la possibilità di creare un marchio di garanzia «Svizzera» di proprietà della Confederazione Svizzera. In Italia un
progetto di legge teso a creare un marchio «made in Italy» è stato approvato dalla Camera dei deputati il 30 maggio 2005, ma deve ancora essere discusso al Senato. Il titolare del marchio sarebbe lo Stato italiano e la condizione principale per l'uso prevede che il processo di produzione deve svolgersi interamente in Italia. Secondo il progetto di legge i ministeri competenti definiranno in modo più specifico le modalità d'uso del marchio. Nel Principato del Liechtenstein, la Fondazione «Image Liechtenstein» è titolare del «marchio Liechstenstein», composto dal segno verbale «Liechstenstein» in lettere maiuscole sovrastato da un elemento figurativo che rappresenta una corona costituita da cinque simboli23. L'uso del marchio sottostà all'autorizzazione della Fondazione, che esamina se l'impresa rispetta le condizioni previste dal regolamento del marchio. L'impresa che intende usare il marchio deve in particolare avere la sua sede nel Liechtenstein, indicare come intende usare il marchio e rendere conto alla Fondazione dell'uso effettivo che ne fa. Nel presente progetto tale soluzione non è stata presa ulteriormente in considerazione per i seguenti motivi: la soluzione con un marchio di garanzia «Svizzera» di proprietà della Confederazione non tiene conto della necessità di regolamentare la protezione delle indicazioni di provenienza geografica in maniera coerente e globale. La soluzione richiederebbe che un deter23

Il marchio «Liechtenstein» è descritto sul sito Internet del Principato del Liechtenstein al seguente indirizzo: www.liechtenstein.li/dt/portal_fuerstentum_liechtensteinfremdsprachig/fl-fremdsprachig-marke.htm.

7454

minato settore economico, che intende beneficiare del marchio «Svizzera», si metta d'accordo sui criteri comuni da inserire nel regolamento del marchio. Essa si sovrapporrebbe alla possibilità già prevista dall'articolo 50 LPM, che permette a un settore economico di mettersi d'accordo su criteri comuni e ottenere così dal nostro Consiglio l'elaborazione di un'ordinanza in virtù della quale l'organizzazione mantello di tale settore potrebbe ottenere un marchio geografico ai sensi dell'articolo 27a D-LPM. La gestione dei marchi di garanzia «Svizzera» da parte della Confederazione e la difesa coerente del marchio all'estero avrebbe inoltre ripercussioni finanziarie molto elevate per la Confederazione.

Registro delle indicazioni geografiche per i prodotti Anche una variante che prevedeva un registro delle indicazioni geografiche con la designazione «Svizzera» è stata scartata, poiché non tiene conto della necessità di regolamentare la protezione delle indicazioni geografiche in modo coerente e globale.

1.4.3

Risultati della procedura di consultazione

1.4.3.1

Svolgimento e risultati

La procedura di consultazione, svoltasi dal 28 novembre 2007 al 31 marzo 2008, riguardava l'avamprogetto accompagnato da un rapporto esplicativo. Il rapporto del 15 ottobre 2008 sui risultati della procedura di consultazione è consultabile sul sito dell'IPI24.

1.4.3.2

Punti non contestati

I partecipanti alla consultazione hanno accolto con favore l'indirizzo generale dell'avamprogetto per quanto riguarda il rafforzamento della protezione della «svizzerità» e, più specificamente, i criteri che definiscono la provenienza dei prodotti industriali. Non vi è invece consenso in riferimento alla definizione concreta dei criteri. La consultazione permette tuttavia di proporre soluzioni di compromesso nel presente progetto. La maggioranza dei partecipanti alla consultazione approva in particolare il criterio che prevede che almeno il 60 per cento dei costi di produzione sia realizzato in Svizzera. Tale soluzione rappresenta un compromesso situato tra un criterio meno esigente (in linea di massima il 50 %) ­ sostenuto da IG Swiss Made, USAM, UPSC, FEA, SAA, VBF, fial, camere di commercio (CCIS, HaBa), MGB e Ligo Electric ­ e uno più severo (in media 70 %) chiesto da altri partecipanti alla consultazione (Cantone JU, CFC, kf). È stata discussa anche l'inclusione della ricerca e dello sviluppo nel calcolo dei costi di produzione. Quest'ultima è sostenuta dalla grande maggioranza dei consultati, che ne sottolineano l'importanza per la piazza economica svizzera e in particolare per le imprese che hanno effettuato grossi investimenti nella ricerca e nello sviluppo sul territorio svizzero. La grande maggioranza dei partecipanti si è espressa a favore dell'esclusione dal calcolo dei costi di produzione delle spese d'imballaggio, di marketing e del servizio ai clienti.

24

http://www.ige.ch/i/jurinfo/j10801.shtm

7455

Il consolidamento dei criteri che definiscono la provenienza dei servizi è approvato da quasi tutti i Cantoni e partiti e dalla larga maggioranza degli altri partecipanti alla consultazione. Poiché tende a un consolidamento generale, il nostro progetto tiene conto segnatamente dei partecipanti alla consultazione particolarmente interessati a una definizione dell'indicazione di provenienza dei servizi (come in particolare le banche).

La creazione di un registro delle indicazioni geografiche per tutti i prodotti (eccetto i prodotti agricoli, i prodotti agricoli trasformati, i vini, i prodotti di silvicoltura e i prodotti di silvicoltura trasformati) e l'introduzione di nuovi marchi di garanzia e collettivi25 è accolta con favore da quasi tutti i Cantoni e partiti e dalla grande maggioranza dei consultati. Questi nuovi strumenti, che faciliteranno ai titolari del diritto al segno in questione l'ottenimento della protezione e la sua attuazione all'estero, sono ripresi nel progetto con alcuni adattamenti specifici discussi nell'ambito della procedura di consultazione.

La grande maggioranza dei consultati (tra cui 20 Cantoni, il PPD, il PLR, il PS, l'UDC, economiesuisse, l'USAM, l'USC e l'USS) è favorevole alla revisione totale della legge per la protezione degli stemmi pubblici. Questi partecipanti concordano che la legislazione attuale non rispecchia più la realtà e che non vi sono più ragioni sufficienti per mantenere la normativa in vigore. Anche le grandi linee del progetto che mirano soprattutto a creare chiarezza e certezza giuridica sono accolte all'unanimità. I partecipanti alla consultazione summenzionati ritengono giustificate le revisioni coordinate e simultanee della LPM e della LPSP. Ritengono inoltre opportuno riservare l'uso dello stemma pubblico all'ente pubblico interessato e mettere la bandiera a disposizione dell'economia e dei privati. La maggioranza è favorevole al fatto che la croce e la bandiera svizzere possono essere usate da tutti, sia per i prodotti che per i servizi, a condizione che i prodotti o i servizi provengano effettivamente dalla Svizzera. L'abolizione della distinzione tra uso lecito a fini decorativi e uso illecito a scopi commerciali è accolta con favore. Trova inoltre il consenso dei consultati anche il fatto che sarà possibile non solo designare i prodotti e
i servizi svizzeri come tali in maniera unitaria, ma anche promuoverne le qualità con l'uso di quello che si può definire il marchio più forte della Svizzera, ossia la croce svizzera.

È inoltre accolta con favore anche la possibilità di registrare la croce svizzera come elemento del marchio sia di un servizio che di un prodotto.

La grande maggioranza dei partecipanti alla consultazione accoglie favorevolmente la distinzione tra croce svizzera e stemma della Confederazione Svizzera. Il principio secondo cui lo stemma e i segni che possono essere confusi con esso devono essere riservati alla Confederazione è ritenuto opportuno e sensato. Alcuni partecipanti sono tuttavia del parere che la Confederazione non dovrebbe possedere un monopolio assoluto per l'uso dello stemma, poiché ritengono che in tal modo si rischierebbe di creare un'ingiustizia nel caso in cui un segno simile allo stemma si è già imposto come marchio sul mercato. Secondo loro sarebbe politicamente discutibile se la protezione dello stemma andasse a scapito di posti di lavoro e di imprese svizzere che hanno contribuito in maniera determinante alla buona reputazione della qualità svizzera e del nostro Paese. Per questo chiedono che le imprese e le associazioni che da decenni usano lo stemma o segni simili usufruiscano, a condizioni severe, del diritto di proseguirne l'uso. Abbiamo tenuto conto di queste preoccupa25

Nel presente messaggio i marchi di garanzia e quelli collettivi sono raggruppati sotto il termine «marchio geografico» (cfr. n. 2.1.1).

7456

zioni. L'inserimento nella legge del diritto di proseguire l'uso costituisce una soluzione che tiene conto in modo equilibrato degli interessi legittimi della Confederazione, da una parte, e di quelle delle imprese svizzere tradizionali dall'altra (cfr. il commento all'art. 35 D-LPSP).

Le associazioni di categoria e le organizzazioni dei consumatori sono per la maggior parte a favore dell'estensione delle misure sanzionatorie a disposizione dell'ente pubblico per applicare il diritto in caso di uso illecito delle indicazioni di provenienza o dei segni pubblici. Ritengono che la nuova normativa permetta di rafforzare la collaborazione tra l'economia e l'IPI nell'applicazione del diritto e tenga conto in maniera adeguata dell'interesse dell'ente pubblico di disporre di rimedi giuridici appropriati. Una parte dei partecipanti alla consultazione è tuttavia contraria all'estensione della legittimazione attiva dell'ente pubblico. Ne abbiamo tenuto conto precisando la legittimazione attiva dell'IPI (per conto della Confederazione) e dei Cantoni e limitandola da una parte alle azioni di cui agli articoli 52 e 55 capoverso 1 LPM e 20 D-LPSP, e, dall'altra, ai casi in cui i segni pubblici rivestono un interesse particolare per gli enti territoriali coinvolti. L'IPI deve poter intervenire per conto della Confederazione in particolare quando si usano designazioni o simboli che rinviano al territorio della Confederazione. Si tratta in primo luogo di designazioni quali «Svizzera», «svizzero» o «Swiss made» e della croce svizzera. Alcuni partecipanti hanno inoltre criticato l'attribuzione della qualità di parte all'IPI in un procedimento civile, poiché ritengono che tale diritto sia in contraddizione con i compiti che l'IPI svolge in qualità di autorità di registrazione. In risposta a tali critiche occorre osservare che il doppio ruolo dell'IPI è voluto e di natura tale da favorire l'omogeneità nell'applicazione e nella difesa del diritto. Abbiamo quindi mantenuto la legittimazione attiva dell'IPI con i diritti che ne derivano (per i motivi, cfr. n. 2.1.5).

1.4.3.3

Punti contestati

Due Cantoni (GR, VD), HaBa e Ligo Electric chiedono che il criterio del 60 per cento dei costi di produzione per i prodotti industriali venga adeguato al criterio del 50 per cento del valore, applicabile alle regole dell'origine non preferenziale (regolamentazione doganale). Più in generale, il CCIS e la VBF chiedono di armonizzare le due regolamentazioni per evitare ripercussioni negative per le imprese. Il nostro Collegio constata che le regole relative all'origine non preferenziale e le indicazioni di provenienza ai sensi della LPM presentano differenze essenziali e che quindi vanno distinte. Ciascuna regolamentazione persegue obiettivi diversi. Le regole sulle indicazioni di provenienza rientrano nel diritto in materia di contrassegni. Esse prescrivono che le indicazioni di provenienza devono essere usate in maniera pertinente e di conseguenza contribuiscono a una concorrenza leale e non falsificata. Le disposizioni sulla provenienza devono garantire che, ad esempio, solo i prodotti che corrispondono a un determinato territorio geografico e alla qualità e/o alla reputazione della piazza economica svizzera possano essere contrassegnati con designazioni quali «Svizzera», «Swiss» o con altre designazioni che rinviano alla Svizzera.

Le regole relative all'origine non preferenziale, in quanto strumento oggettivo di regolamentazione, servono all'esecuzione delle misure doganali e in materia di commercio con l'estero. Non attestano la provenienza effettiva del prodotto o la sua qualità, ma sono tese a certificare che nel caso in cui una «trasformazione sufficiente» di un prodotto ai sensi delle regole d'origine doganali è effettuata in un determi7457

nato territorio doganale («Paese» o «unione doganale»), il prodotto può essere considerato d'origine (doganale) «x» o «y». La strutturazione tecnica delle regole sull'origine non preferenziale (precedentemente chiamate regole d'origine «autonome») si fonda da anni sugli standard concordati nell'ambito dell'ONU, dell'Organizzazione mondiale delle dogane e dell'OMC. La Svizzera ha ripreso questi standard internazionali ed è quindi vincolata dal diritto internazionale pubblico (cfr.

n. 5.2). Non è pertanto possibile, e d'altronde neppure auspicabile, introdurre unilateralmente nuovi ostacoli all'ottenimento dell'origine doganale. Un rafforzamento della protezione delle indicazioni di provenienza è stato per contro richiesto esplicitamente dal Parlamento (postulati 06.3056 Hutter «Protezione del marchio Svizzera» e 06.3174 Fetz «Tutela del marchio Made in Switzerland») e può essere concretizzato sul piano legale.

Dieci Cantoni (ZH, SZ, ZG, BL, SH, SG, AG, TG, TI, GE) e una parte delle associazioni di categoria (USAM, Proviande, economiesuisse, Promarca e fial, che tuttavia ammette che una coesistenza è possibile), l'ACCS, kf, la Coop e MGB propongono di escludere le derrate alimentari dal campo d'applicazione delle regole che definiscono la provenienza previste dalla LPM. Il loro argomento principale è che attualmente la dichiarazione di provenienza prevista dal diritto in materia di derrate alimentari è indipendente da qualsiasi criterio legato ai costi. L'avamprogetto ­ che ha introdotto un tale criterio ­ avrebbe quindi l'effetto di far dipendere la dichiarazione di provenienza dalla variazione dei prezzi della materia prima. Riteniamo che l'esclusione delle derrate alimentari dalla nuova definizione della provenienza costituisca una misura troppo radicale che creerebbe una lacuna. Le derrate alimentari non sarebbero più disciplinate dalla LPM e non potrebbero trarre profitto dal rafforzamento delle regole di tale legge, rafforzamento teso a preservare il valore della designazione «Svizzera». Un formaggio prodotto in Svizzera con latte interamente estero rispetterebbe le regole del diritto in materia di derrate alimentari e potrebbe essere venduto come «formaggio svizzero» (iscrizione a grandi caratteri sul prodotto). I nuovi criteri per la definizione della provenienza hanno per l'appunto lo
scopo di evitare questi casi. Per tenere conto dei pareri espressi nella consultazione e preservare nel contempo l'efficacia del progetto legislativo «Swissness», proponiamo i seguenti adeguamenti: ­

per i prodotti naturali trasformati, il criterio della materi prima (parte minima del peso totale) è più adeguato di quello basato sui costi. Il presente progetto prevede perciò che la provenienza di un prodotto naturale trasformato corrisponde al luogo da cui proviene al minimo l'80 per cento del peso delle materie prime. Tale criterio tiene conto della necessità di prevedere una percentuale sufficientemente esigente per essere credibile e di offrire nel contempo un margine di manovra sufficiente per tenere conto della realtà economica;

­

la coesistenza delle regole sulle indicazioni di provenienza (LPM) e di quelle previste dal diritto in materia di derrate alimentari (cfr. il commento all'art. 48b) è mantenuta.

Nell'ambito della procedura di consultazione, per i prodotti naturali trasformati e i prodotti industriali è stato fatto osservare il problema della materia prima non disponibile in Svizzera. Nella stesura del presente progetto abbiamo tenuto conto dei pareri espressi (cfr. commento agli art. 48b e 48c D-LPM).

7458

Per quanto riguarda i prodotti naturali, il requisito della «crescita integrale» è stato giudicato troppo severo dalla maggioranza dei partecipanti alla consultazione e il criterio generale della percentuale dei costi di produzione è stato considerato inadeguato. Nel presente progetto abbiamo pertanto previsto criteri più appropriati.

1.4.3.4

Richieste diverse

Prese in considerazione Varie imprese e associazioni professionali del Principato del Liechtenstein usano attualmente il marchio «Suisse Garantie» aggiungendo la menzione «Prodotto nel Principato del Liechtenstein con materie prime svizzere» (o una menzione simile).

Temendo che il progetto di revisione non permetta più tale uso, questi partecipanti alla consultazione chiedono di essere parificati ai produttori svizzeri per quanto riguarda i prodotti naturali e i prodotti naturali trasformati. Riteniamo che sia giustificato tenere conto di questa richiesta in relazione alle due categorie di prodotti, includendo nel territorio geografico svizzero anche le enclavi doganali estere (e quindi il territorio del Principato del Liechtenstein). È appropriato definire il territorio svizzero in maniera più estesa per i prodotti naturali e i prodotti naturali trasformati. L'inclusione del territorio del Liechtenstein corrisponde innanzitutto all'uso consolidatosi in materia agricola. In virtù del Trattato di unione doganale conchiuso il 29 marzo 1923 tra la Confederazione Svizzera e il Principato del Liechtenstein26 numerose disposizioni legali svizzere che disciplinano l'agricoltura e le derrate alimentari si applicano direttamente al Liechtenstein. Esiste un mercato d'approvvigionamento e di smercio comune ai due Paesi nel settore dell'agricoltura e delle derrate alimentari. Le imprese agroalimentari situate nel Principato del Liechtenstein e in Svizzera non distinguono tra materie prime provenienti dal Liechtenstein e materie prime provenienti dalla Svizzera. Queste usanze sono state a volte fissate anche nelle regolamentazioni legali. E siffatte usanze esistono anche lungo il territorio di confine poiché per i prodotti naturali e i prodotti naturali trasformati è impossibile tracciare esattamente la frontiera geografica. Questa definizione estesa del territorio svizzero non si applica invece ai prodotti industriali. In questo caso le enclavi doganali estere non fanno parte del territorio svizzero (cfr. commento all'art. 48 cpv. 4 D-LPM).

In sede di consultazione varie associazioni professionali del settore della proprietà intellettuale hanno chiesto di introdurre nella legge una procedura di cancellazione presso l'IPI del marchio non utilizzato o almeno di esaminarne la possibilità. Al termine della
consultazione anche l'associazione economiesuisse si è detta favorevole a una tale procedura. In considerazione di questi pareri proponiamo di introdurre nella legge una procedura di cancellazione (cfr. n. 2.1.7.5).

Non prese in considerazione Alcuni partecipanti alla consultazione hanno chiesto che la Confederazione intervenga a livello legislativo contro la proliferazione di offerte abusive di registri privati di marchi, poiché esse intaccano la reputazione della Svizzera all'estero e la certezza giuridica nel settore della protezione dei marchi. Il 2 settembre 2009 il nostro Consiglio, che per il tramite della SECO e dell'IPI lotta attivamente contro 26

RS 0.631.112.514

7459

questo tipo di offerte abusive, ha approvato il messaggio concernente la modifica della legge federale sulla concorrenza sleale (LCSl)27. La modifica ha lo scopo di rafforzare la protezione in questo settore e, in maniera più generale, in quello dei repertori di indirizzi e dei registri professionali. L'introduzione di una norma specifica nella LPM costituirebbe quindi un doppione ed è quindi opportuno rinunciarvi.

Altri partecipanti hanno chiesto alla Confederazione di creare una fondazione che lotti contro l'uso abusivo del «marchio Svizzera» all'estero. Non abbiamo preso in considerazione la proposta soprattutto per due ragioni: da una parte occorre evitare di incidere sul bilancio della Confederazione e quindi dei contribuenti; dall'altra, non spetta alla Confederazione finanziare l'applicazione del diritto all'estero, dato che sono i produttori e i fornitori di servizi a trarre profitto dal plusvalore dell'uso della designazione «Svizzera» e della croce svizzera in relazione ai loro prodotti e servizi all'estero.

1.5

Relazione tra i compiti e le risorse finanziarie

Il progetto di revisione crea nuovi compiti: l'istituzione di un registro sulle indicazioni geografiche per tutti i prodotti e la sua gestione (procedura di registrazione e d'opposizione), come pure la verifica dei marchi geografici. Questi nuovi compiti saranno assunti dall'IPI. Di conseguenza, il carico di lavoro e quello finanziario saranno assunti interamente dall'IPI, che è autonomo dal punto di vista finanziario.

Non vi saranno pertanto ripercussioni a livello di personale e di finanze per la Confederazione.

Il numero di marchi geografici depositati sarà relativamente basso rispetto al numero totale di marchi depositati annualmente. L'aumento della mole di lavoro dell'IPI sarà perciò dovuto in larghissima misura all'istituzione e alla gestione del registro delle indicazioni geografiche.

La mole di lavoro supplementare potrà essere finanziata per mezzo di tasse e rientra nel mandato conferito all'IPI dall'articolo 2 capoverso 1 lettera b della legge federale del 24 marzo 1995 sullo statuto e sui compiti dell'Istituto federale della proprietà intellettuale (LIPI). Considerata l'importanza di una protezione efficace delle indicazioni geografiche a livello nazionale e internazionale, la relazione tra l'obiettivo della regolamentazione e gli sforzi necessari per raggiungerlo è equilibrata.

1.6

Diritto comparato, in particolare diritto europeo

Questa parte del messaggio si basa sul parere giuridico del 27 febbraio 2007 sulla protezione dei segni nazionali redatto dall'Istituto svizzero di diritto comparato28.

Criteri volti a determinare il luogo di provenienza La Comunità europea non ha adottato disposizioni armonizzate o una prassi uniforme in relazione alle indicazioni di provenienza (o marchi d'origine), eccetto che per

27 28

FF 2009 5377 Disponibile sul sito dell'IPI all'indirizzo seguente: http://www.ige.ch/f/jurinfo/j108.shtm.

Il parere espresso in tale perizia è quello dell'autore e non vincola né l'IPI né il DFGP.

7460

determinati prodotti agricoli29. Vi sono invece direttive su punti specifici, in particolare sulle pratiche commerciali sleali (o fuorvianti). La direttiva 2005/29/CE è stata ad esempio adottata per proteggere i consumatori dalle pratiche commerciali sleali sul mercato della Comunità europea. Secondo l'articolo 6 paragrafo 1 lettera b della direttiva una pratica commerciale è considerata fuorviante o non veritiera se l'indicazione di provenienza non è corretta.

Per gli scambi tra la Comunità europea e gli Stati terzi, la provenienza è definita dal Regolamento (CE) 450/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 che istituisce un codice doganale comunitario: sono originarie di un Paese le merci interamente ottenute in tale Paese; se alla produzione di una merce hanno contribuito due o più Paesi, essa è originaria del Paese in cui è avvenuta l'ultima trasformazione o lavorazione sostanziale, economicamente giustificata ed effettuata in un'impresa attrezzata a tale scopo, che si sia conclusa con la fabbricazione di un prodotto nuovo o abbia rappresentato una fase importante del processo di fabbricazione. Il regolamento 2454/93 enumera le lavorazioni o le trasformazioni sufficienti a conferire il carattere originario.

Nelle legislazioni degli Stati membri vi sono differenze in merito al marchio d'origine. Il diritto tedesco non contiene regole precise per la definizione della provenienza. Nella prassi la definizione avviene soprattutto in base al criterio dell'«ultima trasformazione o lavorazione sostanziale» del codice doganale comunitario. Secondo la giurisprudenza tedesca, se alcune parti del prodotto sono state fabbricate all'estero, l'indicazione «made in Germany» può essere apposta su un prodotto qualora le prestazioni che sono determinanti per l'uso commerciale e le caratteristiche qualitative del prodotto siano state fornite in Germania30.

In Francia, un Paese che non conosce una regolamentazione specifica in materia, il «Tribunal d'instance de Metz» ha giudicato che un fabbricante che aveva usato l'indicazione «made in France» per scarpe assemblate in Portogallo non aveva violato il codice doganale comunitario, poiché soltanto dall'11 al 13 per cento dei costi di fabbricazione erano stati realizzati in Portogallo e l'operazione dell'assemblaggio non rappresentava un valore
sufficiente per assegnare un'altra indicazione d'origine31. Già da decenni l'Italia dispone di disposizioni volte a impedire direttamente l'uso di indicazioni geografiche o d'origine oppure di altri elementi che indichino o suggeriscano che il prodotto proviene da un luogo che non corrisponde al vero luogo d'origine. Sono contemplate sia l'indicazione «falsa» sia quella «fuorviante»: la prima consiste ad esempio nell'indicazione «made in Italy» su un prodotto la cui ultima trasformazione sostanziale non è stata effettuata in Italia; la seconda nell'uso di segni, figure, o quant'altro ­ compresa la bandiera italiana ­ che possa indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana32.

Il luogo di provenienza è stabilito in base ai criteri del codice doganale comunitario33. Se le materie prime e certe materie semilavorate provengono dall'estero e la

29

30 31 32 33

Regolamento (CE) n. 510/2006 del Consiglio del 20 marzo 2006 relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d'origine dei prodotti agricoli e alimentari; GU L 93 del 31 marzo 2006, pag. 12.

BGH GRUR 1966, 150 ­ Kim I TGI Metz, BRDA, 1996 / 1, pag. 13 Art. 4 cpv. 49 della legge finanziaria 2004 (350/2003), modificata recentemente dalla legge finanziaria 2007.

Cf. art. 4 della legge 350/2003

7461

trasformazione o la lavorazione sostanziale ha luogo in Italia, l'indicazione «made in Italy» può essere apposta sul prodotto.

Secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee (CGCE), la protezione dell'indicazione «made in ...» ha potenzialmente effetti restrittivi sulla libera circolazione delle merci tra gli Stati membri, il che è vietato dall'articolo 28 del Trattato che istituisce la Comunità europea (Trattato CE). Infatti, l'apposizione di una tale indicazione può indurre i consumatori ad acquistare prodotti muniti del marchio «made in ...» invece di altri prodotti importati34. Il carattere facoltativo dell'uso del marchio non neutralizza il suo effetto d'intralcio al commercio, perché la sua utilizzazione favorisce o potrebbe favorire la vendita di prodotti che ne sono muniti rispetto a quelli che non ne sono muniti35.

Secondo la giurisprudenza della CGCE, può essere giustificato restringere la circolazione delle merci, in particolare per proteggere la proprietà intellettuale e commerciale, che include la protezione delle indicazioni di provenienza e delle denominazioni di origine. Qualsiasi misura che contribuisca a preservare la reputazione legata alla provenienza di un prodotto deve essere considerata conforme al diritto comunitario, malgrado i suoi effetti restrittivi sugli scambi commerciali, sempre che tale misura sia necessaria e proporzionale36. Nella decisione «American Bud»37, la CGCE ha considerato le indicazioni geografiche come proprietà industriale e commerciale che giustifica una limitazione della libera circolazione delle merci conformemente all'articolo 30 del Trattato CE.

Il principio del «Cassis de Dijon» Il cosiddetto principio del «Cassis de Dijon» è uno strumento per eliminare gli ostacoli tecnici al commercio in modo da perfezionare il mercato europeo interno.

Deve il suo nome a una decisione della CGCE del 197938. In virtù di tale principio i prodotti importati da un altro Stato membro della CE che sono stati fabbricati e immessi in commercio secondo le prescrizioni di detto Stato possono generalmente essere immessi sul mercato in tutta la CE. Sono ammesse restrizioni a tale principio soltanto se si tratta di salvaguardare un interesse pubblico superiore.

Registro delle indicazioni geografiche per i prodotti I Paesi membri della CE
sottostanno al Regolamento 510/2006, che prevede la protezione mediante registrazione delle indicazioni geografiche per i prodotti agricoli e alimentari, e ai pertinenti regolamenti concernenti le bevande alcoliche. Il registro delle DOP e delle IGP è gestito dalla Commissione europea. Oltre alle disposi34

35

36

37 38

Cfr. decisione CGCE del 5 novembre 2002, causa C-325/00, Commissione/Germania, label CMA, Racc. 2002, pag. I-9977, punto 23; e decisione CGCE del 24 novembre 1982, causa 249/81, Commissione/Irlanda, Buy Irish, Racc. 1982, pag. 4005, punto 25 e decisione CGCE del 13 dicembre 1983, causa C-222/82, Apple and Pear Developement Council, Racc. 1983, pag. 4083, punto 18.

Cfr. decisione CGCE del 5 novembre 2002, causa C-325/00, Commissione/Germania, label CMA, citata, punto 24, che rinvia alla decisione del 12 ottobre 1978, causa 13/78, Eggers, Racc. 1978, pag. 1935, punto 26.

Decisione CGCE del 16 maggio 2000, causa C-388/95, Belgio/Spagna, Rioja, Racc., pag. I-3123, punti 58 e 59; decisione CGCE del 20 maggio 2003, causa C-108/01, Prosciutto di Parma, Racc. I-5121, punto 66.

Decisione CGCE del 18 novembre 2003, causa C-216/01, Budejovický Budvar («American Bud»), Racc. pag. I-13617: GRUR Int. 2004, 131; cfr. anche la nota seguente.

Decisione CGCE del 20 febbraio 1979, causa 120/78, Rewe Zentral («Cassis-de-Dijon»), Racc. pag. 649, punto 14.

7462

zioni dei regolamenti summenzionati, alcuni Stati membri prevedono nel proprio diritto nazionale un sistema specifico di protezione di tali indicazioni che si limita tuttavia ai settori non contemplati dal diritto comunitario, come quello dei prodotti di silvicoltura.

Con lo sviluppo del diritto in materia di indicazioni geografiche nel mondo, un numero sempre maggiore di Paesi introduce tuttavia sistemi di registrazione di tali indicazioni per tutti i prodotti (per esempio l'India o il Messico). La protezione delle indicazioni mediante registrazione (protezione ex ante) sta diventando un metodo riconosciuto a livello internazionale per proteggere efficacemente tali indicazioni (cfr. anche n. 1.4.1).

Marchio di garanzia e marchio collettivo L'articolo 66 paragrafo 2 del Regolamento (CE) 207/2009 permette la registrazione di marchi collettivi che si basano su segni o indicazioni atti a servire, nel commercio, a designare la provenienza geografica dei prodotti o dei servizi. Il marchio collettivo non autorizza il titolare a vietare a un terzo di utilizzare tali segni o indicazioni nel commercio, purché l'uso sia conforme alle consuetudini di lealtà in campo industriale e commerciale. L'articolo 15 paragrafo 2 della Prima direttiva 89/104/CEE prevede una regolamentazione analoga e offre agli Stati membri una base per introdurre tale strumento anche nei propri sistemi giuridici. Alcuni Stati hanno fatto uso di questa possibilità. Il paragrafo 99 della legge tedesca sui marchi39, ad esempio, prevede che un marchio collettivo possa fondarsi esclusivamente su segni o indicazioni atti a designare la provenienza geografica dei prodotti o dei servizi. Esso precisa tuttavia che il titolare del marchio non può vietare a un terzo l'uso lecito di tali segni o indicazioni. L'articolo 11 del Codice italiano della proprietà industriale40, che prevede una regolamentazione simile, introduce una condizione supplementare alla registrazione di un marchio collettivo basato su un'indicazione di provenienza. L'articolo precisa che l'ufficio nazionale italiano può rifiutare la registrazione nel caso in cui i marchi richiesti possono creare situazioni di ingiustificato privilegio del titolare o comunque recare pregiudizio allo sviluppo di altre analoghe iniziative nella regione geografica in questione.

Il disegno di
revisione della LPM tiene conto dei rischi potenziali che comporta un sistema che permette la registrazione di un'indicazione di provenienza a titolo di marchio, in particolare l'impossibilità di garantire che chi deposita un marchio rappresenti effettivamente i produttori che usano l'indicazione e l'impossibilità di verificare che i criteri del regolamento del marchio siano conformi ai criteri legali. Il disegno prevede pertanto un sistema che permetta di registrare un'indicazione di provenienza a titolo di marchio soltanto se l'indicazione di provenienza è una denominazione d'origine o un'indicazione geografica già registrata, una denominazione vinicola protetta sul piano cantonale o un'indicazione di provenienza basata su un atto legislativo esistente (ordinanza del Consiglio federale; per i motivi cfr. n. 1.4).

Pur distinguendosi dalla normativa comunitaria, il disegno di revisione ne riprende il principio fondamentale secondo cui il marchio collettivo che ha per oggetto 39

40

Gesetz über den Schutz von Marken und sonstigen Kennzeichen (Markengesetz) del 25 ottobre 1994 (BGBl. I S. 3082 (1995, 156); 1996, 682), modificata per l'ultima volta con l'articolo 4 della legge del 7 luglio 2008 (BGBl. I pag. 1191 Codice della Proprietà industriale (CPI) del 23 dicembre 2004, entrato in vigore il 19 marzo 2005 (il 19 settembre 2005), pubblicato il 4 marzo 2005 nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana n. 52).

7463

un'indicazione di provenienza non costituisce uno strumento giuridico che permette al titolare di monopolizzare tale indicazione nel commercio. Il marchio geografico (cfr. n. 2.1.1) permette unicamente al titolare di vietare a un terzo l'uso dell'indicazione di provenienza, se tale uso non è conforme ai criteri previsti dall'elenco degli obblighi della denominazione d'origine o dell'indicazione geografica registrata, dalla legislazione cantonale fondata sull'articolo 63 LAgr o da un atto legislativo esistente (ordinanza del Consiglio federale). Il titolare del marchio geografico non ha quindi nessuna possibilità di definire nuovi criteri nel corso della procedura di registrazione del marchio.

Bandiera svizzera La bandiera dell'Unione europea è protetta dalla CPrI. Non vi sono strumenti del diritto comunitario tesi a proteggere gli emblemi nazionali. In virtù del principio di territorialità, ogni Stato redige le proprie regole per le indicazioni di provenienza e i propri stemmi, nel rispetto dei trattati internazionali (cfr. n. 1.1). A livello internazionale l'articolo 6ter CPrI obbliga tutti gli Stati membri a rifiutare l'iscrizione e vietare l'uso di stemmi, bandiere o altri emblemi nazionali come marchi di prodotti, se manca un'autorizzazione. Spetta ai singoli Stati membri decidere come applicare tali obblighi. Molti Paesi (Belgio, Francia, Irlanda, Italia) prevedono soltanto regole generali nel diritto in materia di concorrenza o di tutela dei consumatori oppure nel diritto penale, tese a garantire una protezione minima. Altri hanno invece emanato leggi specifiche (Liechtenstein, Lussemburgo) o soltanto singole regole particolari (Germania). Secondo il diritto tedesco, ad esempio, l'uso illecito dello stemma svizzero è considerato un'infrazione ed è punito con la multa.

La protezione garantita dalla CPrI non contempla soltanto i segni identici, bensì anche le imitazioni. Non ogni rappresentazione che assomigli a un emblema o a un suo elemento è tuttavia considerata un'imitazione. Infatti, il divieto d'imitazione dell'articolo 6ter CPrI contempla soltanto le imitazioni dal punto di vista araldico.

Esigue modifiche delle dimensioni o delle forme di rappresentazione sono quindi sufficienti per eludere il divieto d'imitazione. In definitiva la protezione garantita dalla CPrI dipende dall'interpretazione
dell'espressione «imitazione dal punto di vista araldico» nei singoli Stati membri. Il diritto svizzero non vieta soltanto la registrazione di imitazioni dal punto di vista araldico, bensì anche la registrazione di «segni confondibili» (cfr. n. 1.3).

La CPrI e singoli Stati europei fanno una distinzione tra stemmi e bandiere. La legge sugli stemmi austriaca e quella del Liechtenstein distinguono gli stemmi dalle bandiere e ne riservano l'uso alle autorità e ai loro enti. Nel Liechtenstein i privati possono tuttavia usare lo stemma, a condizione che dispongano di una corrispondente autorizzazione. L'autorizzazione è rilasciata soltanto se vi sono motivi importanti nell'interesse del Paese e se è garantito che lo stemma nazionale è usato con rispetto.

Nel diritto svizzero manca la distinzione tra stemmi e bandiere, poiché la Svizzera è l'unico Paese ad usare lo stesso simbolo ­ una croce bianca su sfondo rosso ­ per gli stemmi e la bandiera. Il diritto vigente parla di «stemmi della Confederazione, dei Cantoni, distretti, circoli e Comuni o bandiere rappresentanti tali stemmi», senza tuttavia distinguere i due termini. Il D-LPSP distingue ora tra bandiera e stemma.

L'uso della bandiera svizzera è consentito ai privati a certe condizioni, mentre l'uso dello stemma è riservato esclusivamente alla Confederazione. Solo in presenza di circostanze particolari il DFGP può autorizzare, su richiesta motivata, a proseguire l'uso dello stemma svizzero (cfr. art. 35 D-LPSP).

7464

Occorre infine sottolineare che tutti gli Stati membri dell'Unione europea sono parti contraenti delle convenzioni di Ginevra e devono quindi attenersi al divieto, ivi statuito, di usare lo stemma della Confederazione Svizzera e tutti i segni che ne costituiscono un'imitazione (in particolare la croce svizzera). Inoltre le convenzioni di Ginevra vietano l'uso della croce svizzera se può essere confusa con l'emblema della Croce Rossa o l'uso «ad uno scopo contrario alla lealtà commerciale» o «in condizioni suscettibili di ferire il sentimento nazionale svizzero». Le convenzioni vietano quindi l'uso abusivo e lesivo della croce svizzera.

2

Commento ai singoli articoli

2.1

Revisione della legge sulla protezione dei marchi

Il commento degli articoli della legge sulla protezione dei marchi è strutturato in funzione degli argomenti trattati e non segue la numerazione degli articoli.

2.1.1

Marchio geografico

Art. 27a e 27b (nuovi)

Oggetto e depositanti

Le cerchie interessate interpretano una denominazione d'origine (p.es. «Gruyère») o un'indicazione geografica (p.es. «Saucisson vaudois») come riferimento a un territorio geografico e non come rinvio a una determinata impresa. Le denominazioni d'origine e le indicazioni geografiche sono quindi segni distintivi che rinviano a un territorio geografico preciso e non a una determinata impresa come nel caso dei marchi. Inoltre le denominazioni d'origine e le indicazioni geografiche sono di dominio pubblico e devono pertanto essere a libera disposizione di tutti. Per tale ragione sono escluse dalla registrazione a titolo di marchio (art. 2 lett. a LPM). Per questo motivo non è possibile ottenere un marchio ordinario ­ che costituisce un diritto esclusivo ­ costituito unicamente da una denominazione d'origine o da un'indicazione geografica (cfr. n. 1.4.1).

Il gruppo che ha ottenuto la registrazione di una denominazione d'origine41 (p.es.

«Gruyère») può depositarla come marchio geografico conformemente all'articolo 27a lettera a D-LPM, ovvero come segno che distingue i prodotti delle imprese legittimate a usare la denominazione d'origine o l'indicazione geografica dai prodotti di altre imprese. In deroga all'articolo 2 lettera a LPM la registrazione del marchio non può essere rifiutata per il fatto che il segno è di dominio pubblico. La deroga permette quindi di registrare come marchio un segno che deve rimanere a libera disposizione (bisogno assoluto di libera disposizione) di tutti gli attori del mercato che offrono prodotti contraddistinti in maniera lecita da tale segno. Ciò riguarda sia i produttori dei prodotti che adempiono le esigenze dell'elenco degli obblighi (p.es.

«Gruyère» per il formaggio) sia i produttori che offrono altri prodotti che provengono dalla stessa regione geografica ma che non sottostanno all'elenco degli obblighi (p.es. «Gruyère» per il latte, cfr. il commento all'art. 27d cpv. 2 D-LPM). La registrazione del marchio geografico non ha quindi come conseguenza quella di impedirne l'uso a terzi legittimati.

41

Ai sensi dell'art. 16 LAgr

7465

Questo nuovo tipo di marchio è tuttavia diverso in molti aspetti dal marchio ordinario e la sua regolamentazione contiene numerose particolarità. Innanzitutto, poiché autorizzato a deporre una domanda di registrazione è il gruppo titolare della denominazione d'origine o dell'indicazione geografica corrispondente, l'IPI rifiuta d'ufficio una domanda depositata da un terzo. Se la domanda è presentata dal gruppo autorizzato, l'esame dell'IPI si concentra soprattutto sul rispetto della corrispondenza tra il regolamento del marchio e l'elenco degli obblighi della denominazione d'origine o dell'indicazione geografica (art. 27c cpv. 2 D-LPM), poiché quest'ultimo è già stato oggetto di un esame approfondito nel corso della procedura di registrazione della denominazione o dell'indicazione. Le modalità dell'esame, ad esempio quelle dell'esame della corrispondenza tra il regolamento e l'elenco degli obblighi, saranno specificate in un'ordinanza del Consiglio federale. Infine, se una domanda è presentata prima dell'entrata in vigore della decisione relativa alla registrazione della denominazione d'origine o dell'indicazione geografica, la procedura d'esame del marchio è sospesa fino all'entrata in vigore di tale decisione.

La versione attuale dell'ordinanza del 28 maggio 1997 sulla protezione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei prodotti agricoli e dei prodotti agricoli trasformati permette la registrazione in Svizzera di denominazioni concernenti aree geografiche di Paesi stranieri conformemente all'ADPIC. Per scrupoli di coerenza legislativa proponiamo che questa possibilità sia esplicitamente inserita nella legge sull'agricoltura (art. 16 cpv. 2bis LAgr, cfr. n. 2.2.7). Di conseguenza il gruppo che ha ottenuto la registrazione in Svizzera di una denominazione estera in virtù dell'articolo 16 LAgr o dell'articolo 50a D-LPM può chiedere la registrazione del marchio corrispondente ai sensi dell'articolo 27a lettera a D-LPM.

Lo stesso vale per il gruppo la cui denominazione estera è riconosciuta in Svizzera, nell'ambito di un accordo bilaterale, come equivalente a una denominazione d'origine o a un'indicazione geografica.

L'articolo 27a lettera b offre ai Cantoni che proteggono una denominazione d'origine controllata conformemente all'articolo 63 LAgr la possibilità di chiedere
la registrazione di un marchio geografico corrispondente. In tal caso l'IPI esamina se il marchio corrisponde a una denominazione d'origine controllata protetta da un Cantone conformemente al quadro fissato dalla legislazione federale. Ciò è il caso se la denominazione figura nel repertorio svizzero delle denominazioni d'origine controllate42 tenuto e pubblicato dall'UFAG. Il regolamento del marchio deve essere identico alla regolamentazione cantonale applicabile. In virtù dell'ADPIC e della CPrI, anche gli enti pubblici esteri la cui protezione delle denominazioni viticole rispetta il quadro e le condizioni dell'articolo 63 LAgr devono avere la possibilità di chiedere la registrazione di un marchio. Prima di deporre un marchio ai sensi dell'articolo 27a lettera b D-LPM, l'ente pubblico estero o il gruppo richiedente deve rivolgersi all'UFAG, a cui compete verificare che le condizioni specifiche fissate dalla legislazione svizzera siano soddisfatte dalla denominazione viticola estera. Se l'UFAG constata che le condizioni sono soddisfatte, il deposito del marchio ai sensi dell'articolo 27a è possibile.

L'articolo 27a lettera c D-LPM permette all'organizzazione mantello del ramo economico che beneficia di un'ordinanza del Consiglio federale ai sensi dell'articolo 50 capoverso 2 D-LPM di ottenere la registrazione di un marchio geografico basato 42

Art. 25 dell'ordinanza del 14 novembre 2007 concernente la viticoltura e l'importazione di vino; RS 916.140.

7466

sull'indicazione di provenienza qualificata oggetto dell'ordinanza. L'esame dell'IPI si concentra soprattutto sul rispetto della corrispondenza tra il regolamento del marchio geografico e l'ordinanza, dato che quest'ultima è già stata oggetto di un esame approfondito nel corso della procedura d'approvazione del nostro Consiglio.

Le modalità dell'esame da parte dell'IPI saranno specificate in un'ordinanza. In virtù dell'ordinanza «Swiss made» per gli orologi la Federazione dell'industria orologiera svizzera potrebbe ottenere un marchio geografico «Svizzera» o «Swiss made» ai sensi dell'art. 27a lett. c D-LPM, e disporre così di un ulteriore strumento per proteggere in maniera coerente, in particolare all'estero, la designazione «Svizzera» o «Swiss made» per gli orologi. Conformemente all'ADPIC e alla CPrI, una siffatta registrazione deve essere possibile anche per i rami economici che beneficiano di una regolamentazione estera equivalente a un'ordinanza del Consiglio federale ai sensi dell'articolo 50 capoverso 2 D-LPM.

Un'ordinanza del Consiglio federale ai sensi dell'articolo 50 capoverso 1 D-LPM, che precisa le condizioni previste dalla legge, non permette di ottenere la registrazione del marchio corrispondente. Questa differenza è giustificata. Infatti, contrariamente all'ordinanza prevista dall'articolo 50 capoverso 2 D-LPM, che può disciplinare unicamente le condizioni applicabili a un'indicazione di provenienza svizzera per un prodotto o un servizio specifico, l'ordinanza prevista dall'articolo 50 capoverso 1 D-LPM può riguardare problemi più generali, quali le modalità di calcolo dei costi di produzione (art. 48c cpv. 1 D-LPM) o disciplinare in maniera dettagliata la presa in conto di una materia prima (art. 48b cpv. 1 D-LPM) per qualsiasi prodotto. In questo caso l'ordinanza non definisce tutte le condizioni d'uso di una determinata indicazione di provenienza per un prodotto specifico. È pertanto impossibile determinare l'indicazione di provenienza, i prodotti e il titolare, che sono elementi essenziali e necessari per il deposito di un marchio.

Gli articoli 27c­27e D-LPM sono applicabili mutatis mutandis a tutti i marchi geografici previsti dall'articolo 27a D-LPM. Per ragioni di semplicità redazionale facciamo riferimento unicamente al marchio dell'articolo 27a lettera a.

Art. 27c (nuovo)

Regolamento

Il titolare di un marchio geografico non deve poter approfittare del regolamento per introdurvi condizioni supplementari non previste dall'elenco degli obblighi o dalla regolamentazione applicabile. Il regolamento deve corrispondere all'elenco degli obblighi o alla regolamentazione. In altre parole, l'elenco degli obblighi o la regolamentazione costituisce il regolamento.

L'articolo 27c capoverso 3 D-LPM statuisce che il regolamento non può prevedere una remunerazione per l'uso del marchio geografico. Infatti, tutti coloro che soddisfano le condizioni del regolamento possono usare il marchio geografico dell'articolo 27a D-LPM senza remunerare il titolare e senza la sua autorizzazione. Come le denominazioni d'origine e le indicazioni geografiche corrispondenti, il marchio è una protezione accordata a tutti coloro che rispettano il pertinente regolamento.

Questa regola è giustificata dalla natura particolare del marchio geografico di cui all'articolo 27a D-LPM, che lascia la denominazione d'origine e l'indicazione geografica a libera disposizione di coloro che soddisfano le condizioni d'uso previste dall'elenco degli obblighi.

7467

Art. 27d (nuovo)

Diritti

Il titolare di un marchio può esercitare i propri diritti (diritti esclusivi del titolare del marchio) unicamente nei confronti di un utente che non rispetti l'elenco degli obblighi della denominazione d'origine o dell'indicazione geografica oggetto del marchio. La nozione di «prodotti identici o comparabili» si ritrova anche all'articolo 50a capoverso 6 D-LPM. Concretamente il titolare può intervenire contro l'uso della denominazione d'origine o dell'indicazione geografica per prodotti identici o comparabili che non provengono dal luogo indicato o che, pur provenendo da tale luogo, non presentano le caratteristiche o le qualità stabilite nell'elenco degli obblighi. Il titolare non può invece intervenire contro l'uso della denominazione d'origine o dell'indicazione geografica per altri prodotti ­ non comparabili ­ che provengono effettivamente dal luogo indicato (cfr. il commento all'art. 50a D-LPM; n. 2.1.3). In questo ambito limitato il titolare può avvalersi della protezione giuridica prevista agli articoli 52 segg. e 61 segg. LPM. Il titolare del marchio «Gruyère», corrispondente alla denominazione d'origine, può far valere i propri diritti dinnanzi al giudice civile se si serve dei mezzi messi a disposizione dal diritto in materia di marchi, oppure dinnanzi al chimico cantonale se si serve dei mezzi messi a disposizione del diritto in materia di denominazioni d'origine.

Il gruppo che ha ottenuto la registrazione di una denominazione d'origine o di un'indicazione geografica ai sensi dell'articolo 16 LAgr o dell'articolo 50a D-LPM può ottenere la registrazione di un marchio geografico ai sensi dell'articolo 27a D-LPM. Dato che tale gruppo è composto da coloro che usano la denominazione d'origine o l'indicazione geografica (produttori o fabbricanti della zona geografica indicata), l'articolo 27d capoverso 1 D-LPM deve prevedere un'eccezione affinché tutti gli utilizzatori che soddisfano le condizioni dell'elenco degli obblighi possano usare il marchio geografico. Il rispetto delle condizioni d'uso rimane tuttavia garantito, poiché la denominazione d'origine o l'indicazione geografica è già oggetto di un controllo a sé stante (cfr. il commento all'art. 50a D-LPM; n. 2.1.3).

Art. 27e (nuovo)

Disposizioni non applicabili

La natura particolare del marchio geografico di cui all'articolo 27a D-LPM (in particolare la sua funzione di mezzo per ottenere marchi equivalenti all'estero) comporta l'impossibilità per il gruppo titolare di trasferirne i diritti.

Il titolare di un marchio ai sensi dell'articolo 27a D-LPM ottiene un marchio dotato di uno statuto particolare, visto che il segno registrato è stato oggetto di una procedura precedente relativamente onerosa (iscrizione in un registro ai sensi dell'art. 16 LAgr o dell'art. 50a D-LPM), tesa a garantire la registrazione da parte di un gruppo rappresentativo e il rispetto delle condizioni d'uso stabilite nel luogo di provenienza.

Grazie a questo statuto, qualsiasi marchio depositato da terzi contenente una denominazione protetta (p.es. un marchio che combina la denominazione d'origine «Gruyère» con un logo) potrebbe essere registrato soltanto per prodotti che soddisfano l'elenco degli obblighi della denominazione d'origine o dell'indicazione geografica. Poiché tale restrizione è applicata d'ufficio dall'IPI in occasione della procedura di registrazione, un marchio posteriore contenente un marchio geografico ai sensi dell'articolo 27a D-LPM non violerebbe quest'ultimo. È quindi giustificato escludere la possibilità da parte del titolare del marchio geografico di presentare opposizione. Questi motivi sono d'altronde stati fatti osservare dalle cerchie inter7468

pellate in occasione della procedura di consultazione. Restano tuttavia a disposizione del titolare del marchio i rimedi giuridici ordinari (cfr. sopra il commento all'art. 27d D-LPM).

L'uso del marchio è in linea di massima un presupposto per mantenere la protezione accordata al marchio (art. 11 LPM). Ciò non è il caso per il marchio geografico.

Infatti la precedente registrazione come denominazione d'origine o indicazione geografica gli conferisce già una protezione indipendente da quella del marchio. Per scrupoli di chiarezza l'articolo 27e capoverso 3 D-LPM statuisce una deroga esplicita alle regole generali concernenti l'uso e le conseguenze del mancato uso, anche se nella prassi è difficilmente ipotizzabile che una denominazione d'origine o un'indicazione geografica registrata a titolo di marchio non venga usata per cinque anni.

Una deroga esplicita alle regole generali sull'usufrutto, sul pegno e sulle misure di esecuzione forzata (art. 19 LPM) non è necessaria, poiché la natura particolare del marchio geografico esclude l'applicazione delle disposizioni in materia.

Art. 31 cpv. 1bis (nuovo) Il titolare di un marchio anteriore composto da una denominazione d'origine o da un'indicazione geografica e da un altro elemento linguistico o figurativo (p.es. la designazione «Gruyère» combinata con un logo) non può opporsi validamente a un marchio geografico «Gruyère», poiché la protezione del marchio anteriore non si estende all'elemento di dominio pubblico («Gruyère»). L'articolo 31 cpv. 1bis esclude pertanto la possibilità del titolare di un marchio combinato di fare un'opposizione che rallenterebbe le pratiche del titolare del marchio geografico.

Art. 35 lett. d (nuovo) La condizione sine qua non della registrazione del marchio geografico ai sensi dell'articolo 27a D-LPM è la precedente registrazione della denominazione d'origine o dell'indicazione geografica ai sensi dell'articolo 16 LAgr o dell'articolo 50a D-LPM. Di conseguenza la cancellazione della denominazione d'origine o dell'indicazione geografica comporta la cancellazione della registrazione del marchio. Altrimenti il marchio geografico continuerebbe a esistere indipendentemente dalla denominazione d'origine o dall'indicazione geografica registrata, consentendo così al titolare di modificare a suo piacere il regolamento del marchio e imporre i propri criteri.

2.1.2

Indicazioni di provenienza

2.1.2.1

Principi

L'articolo 47 LPM stabilisce il principio che regola l'uso delle indicazioni di provenienza. Prevede in particolare che l'uso di un'indicazione di provenienza non pertinente è illecito (art. 47 cpv. 3 lett. a)43. La menzione «vere biciclette svizzere» su un manifesto pubblicitario è chiaramente un'indicazione di provenienza e deve pertanto 43

La Svizzera accorda a tutti i prodotti un livello di protezione simile a quello previsto dall'art. 23 ADPIC (divieto di usare un'indicazione di provenienza non pertinente). Tale livello di protezione è più elevato rispetto alla protezione dall'inganno.

7469

soddisfare le condizioni previste dagli articoli 47 segg. D-LPM. Per contro, le menzioni «cotoletta alla milanese» o «spezzatino alla zurighese» sulla confezione di prodotti precucinati non sono interpretate come riferimento alla provenienza dei prodotti, bensì come designazione di un piatto particolare e non sono quindi indicazioni di provenienza. L'uso della croce svizzera sullo sfondo di una pubblicità per una banca tedesca costituisce un'indicazione di provenienza. Tale uso è lecito a condizione che la sede della banca si trovi in Svizzera e che essa sia effettivamente gestita dalla Svizzera (art. 49 cpv. 1 D-LPM). Ogni uso va esaminato caso per caso.

Se per esempio un manifesto pubblicitario presenta un autoveicolo con una foto del Cervino sullo sfondo, il giudice dovrà tenere conto di tutte le circostanze del caso per decidere se la foto del Cervino è interpretata dal pubblico come indicazione di provenienza o se si tratta di un elemento puramente decorativo che evoca un paesaggio di montagna in generale.

Art. 47 cpv. 3 lett. c La disposizione disciplina eventuali collisioni tra le indicazioni di provenienza e altri segni distintivi. Anche se la lista della disposizione attualmente in vigore non è esaustiva, è opportuno, per ragioni di trasparenza e certezza giuridica, inserirvi esplicitamente la ditta, anch'essa contemplata dalla disposizione. Tale aggiunta rispetta la dottrina quasi unanime, codificata dalla giurisprudenza44. Il riferimento esplicito alla ditta indica senza equivoci che, anche se una ditta non è ingannevole ai sensi dell'articolo 944 capoverso 1 CO, non può essere usata per prodotti o servizi se vi è il rischio di un inganno (ai sensi della LPM) circa la loro provenienza.

La società ABC Suisse SA, iscritta nel registro di commercio e che ha l'obbligo, in applicazione dell'articolo 954a CO, di usare la sua ditta in modo completo e senza modifiche, deve indicare il nome «ABC Suisse SA» in tutta la corrispondenza o comunicazione della società, ad esempio sul proprio sito Internet, sulle carte da visita o sulla carta da lettere. L'articolo 47 capoverso 3 lett. c D-LPM vieta alla stessa società di usare l'indicazione «ABC Suisse SA» o «ABC Suisse» in relazione a un prodotto di provenienza estera, se tale indicazione potrebbe suggerire che il prodotto sia stato fabbricato in
Svizzera. Tale uso potrebbe rivelarsi fuorviante soprattutto se l'indicazione «ABC Suisse SA» o «ABC Suisse» fosse messa in evidenza sul prodotto o sull'imballaggio e di conseguenza il destinatario del prodotto non la interpretasse soltanto come riferimento alla società stessa.

Le imprese devono adottare le misure necessarie al fine di rispettare l'obbligo dell'articolo 954a CO senza violare l'articolo 47 capoverso 3 lettera c D-LPM. Esse possono farlo ad esempio evitando di apporre la ditta direttamente sui prodotti o sugli imballaggi o evitando di indicare la ditta su un catalogo in maniera tale da far credere ai consumatori che i prodotti esteri siano di origine svizzera. Nella scelta della propria ditta, l'impresa che desidera usarla in futuro per indicare i propri prodotti dovrà tenere conto della restrizione dell'articolo 47 capoverso 3 lettera c D-LPM.

44

DTF del 22 febbraio 2006 (4C.361/2005), consid. 3.4

7470

La disposizione non comporta alcun compito supplementare per le autorità del registro di commercio.

Essa non sopprime l'obbligo di indicare, per esempio, il produttore delle derrate alimentari (art. 2 lett. f OCDerr) o il titolare dell'autorizzazione per i medicamenti (art. 12 cpv. 1 OOMed con rinvio all'allegato 1, n. 1 cpv. 1 lett. c). I produttori in questione devono rispettare tale obbligo senza violare l'articolo 47 capoverso 3 lettera c D-LPM.

Art. 47 cpv. 3bis (nuovo) L'articolo 47 LPM non contempla soltanto le indicazioni di provenienza in senso stretto («Svizzera», «Ginevra», «Zurigo», ecc.), ma qualsiasi indicazione di provenienza accompagnata da espressioni quali «genere», «tipo», «stile», «imitazione» (per esempio «di tipo svizzero», «stile zurighese», «imitazioni di orologi ginevrini», ecc.) o da termini simili quali «qualità svizzera» o «ricetta ginevrina» (cpv. 3bis).

Infatti, tali aggiunte non eliminano le aspettative delle cerchie interessate in relazione alla provenienza geografica dei prodotti o servizi così contrassegnati. Non permettono quindi di rendere lecito l'uso di un'indicazione di provenienza non pertinente, e ciò indipendentemente da un eventuale rischio di trarre in inganno il consumatore. Se invece l'indicazione non è interpretata come riferimento alla provenienza, bensì come designazione del prodotto stesso, come nel caso di «cotoletta alla milanese» o «spezzatino alla zurighese» (cfr. n. 2.1.2.1), allora non si tratta di un'indicazione di provenienza e il suo uso non sottostà alle condizioni degli articoli 47 segg. LPM.

Art. 47 cpv. 3ter (nuovo) Oltre a quelle previste all'articolo 47 capoverso 3bis, anche altre indicazioni apposte su un prodotto, sul suo imballaggio o su materiale pubblicitario possono indicare, a seconda delle circostanze concrete (modo in cui le indicazioni sono apposte sul prodotto, tipografia utilizzata, altri elementi della presentazione del prodotto, ecc.), la provenienza del prodotto stesso o l'origine di determinate attività specifiche legate al prodotto. È il caso di indicazioni quali «Swiss research», «Swiss engeneering» (origine della ricerca che ha contribuito alla fabbricazione del prodotto), «imballato in Svizzera» (luogo dell'imballaggio), «controllato in Svizzera» (luogo ove è stato effettuato il controllo), «affumicato in
Svizzera» (per un prodotto alimentare) o «Swiss design» (luogo ove è stato ideato il design).

Nell'illustrazione seguente l'indicazione «Swiss» è messa in evidenza a grandi caratteri sull'imballaggio, mentre l'indicazione «research» è riportata in caratteri piccoli in basso a destra. Questa combinazione è interpretata come un'indicazione di provenienza del prodotto, ragion per cui devono essere rispettate le condizioni degli articoli 48 segg. D-LPM

7471

SWISS Research

In un'altra configurazione l'indicazione può invece essere interpretata come indicazione dell'origine di determinate attività di produzione specifiche (si veda l'illustrazione qui appresso).

Swiss research

In tal caso il capoverso 3ter prevede che, affinché l'indicazione sia conforme alla legge, l'intera attività specifica menzionata sul prodotto (nella fattispecie la ricerca) debba svolgersi nel luogo indicato (nella fattispecie in Svizzera). Dato che, mettendo l'accento su un'attività di produzione specifica, il produttore desta nel pubblico un'attesa particolare in merito al luogo ove si è svolta tale attività, è logico porre esigenze elevate al legame dell'attività in questione con il luogo indicato. Volendo preservare la coerenza con il criterio del 60 per cento dei costi previsto all'articolo 48c D-LPM per i prodotti industriali, è necessario che tutti i costi generati dall'attività specifica ­ nella fattispecie la ricerca ­ siano realizzati nel luogo indicato. Lo scopo è di garantire un legame oggettivo ­ e quindi verificabile ­ e serio dell'attività specifica con il luogo indicato. A titolo di esempio, un'impresa che produce prodotti chimici «controllati in Svizzera» non soddisfa la condizione del capoverso 3ter ottenendo certificati di controllo da una persona residente sul territorio svizzero, se tale persona non effettua un controllo ufficiale. Analogamente, l'indicazione «Swiss design» presuppone che l'intera attività creativa si sia svolta in Svizzera.

È possibile applicare contemporaneamente l'articolo 47 capoverso 3ter D-LPM e l'articolo 3 LCSl (metodi sleali di pubblicità e di vendita e altri comportamenti illeciti). Un prodotto su cui è apposta l'indicazione «Swiss design®» deve ad esempio soddisfare le condizioni dell'articolo 47 capoverso 3ter D-LPM (cfr. sopra) e nel contempo il design in questione deve essere stato registrato ufficialmente (altrimenti l'indicazione ®, che indica la registrazione di un diritto di proprietà intellettuale da parte dell'autorità competente, sarebbe contraria all'art. 3 lett. b LCSl).

2.1.2.2 Art. 48

Indicazioni di provenienza dei prodotti Indicazioni di provenienza dei prodotti

Secondo il capoverso 1 l'indicazione di provenienza di un prodotto è usata in modo lecito se sono soddisfatti i criteri definiti per la categoria di prodotti corrispondente: i

7472

prodotti naturali all'articolo 48a D-LPM, i prodotti naturali trasformati all'articolo 48b D-LPM e gli altri prodotti all'articolo 48c D-LPM.

Alcune disposizioni attualmente in vigore possono a volte vietare del tutto di apporre un'indicazione di provenienza, anche se ciò è lecito secondo gli articoli 48 segg.

D-LPM. La legislazione in materia di medicamenti, ad esempio, vieta di apporre elementi di natura pubblicitaria sui recipienti e sul materiale d'imballaggio dei medicinali. Poiché le indicazioni di provenienza sono considerate come elementi di natura pubblicitaria45, è vietato apporle sui medicamenti.

Se l'indicazione di provenienza desta determinate attese in merito alle caratteristiche o alla qualità del prodotto in questione, si tratta di un'indicazione di provenienza qualificata ai sensi del capoverso 2, che nella sostanza corrisponde all'articolo 48 capoverso 2 della legge in vigore. L'uso di un'indicazione di provenienza qualificata è lecita (ai sensi dell'articolo 47 capoverso 3 lettera a del diritto in vigore) se il prodotto soddisfa i principi di fabbricazione o di trasformazione oppure le esigenze di qualità usuali o prescritte nel luogo di produzione. A titolo d'esempio, varie specialità culinarie svizzere, quali i «Basler Läckerli» o la «doppia panna di Gruyère», devono soddisfare i principi di fabbricazione o di trasformazione oppure le esigenze di qualità usuali. Inoltre, diverse disposizioni cantonali sui vini obbligano a rispettare i principi di produzione o di trasformazione oppure le esigenze di qualità prescritti nel luogo di provenienza. Tali criteri supplementari e l'area geografica determinante devono essere definiti caso per caso, in funzione del prodotto e dell'indicazione di provenienza usata. Se tali caratteristiche o qualità sono ottenute mediante materie prime provenienti da un'area geografica specifica e/o processi di produzione realizzati in quest'area geografica, l'area geografica determinante per la materia prima e/o la produzione è più piccola del territorio svizzero, ovvero corrisponde al luogo geografico indicato. La «doppia panna di Gruyère» deve ad esempio verosimilmente soddisfare i principi di produzione o di trasformazione oppure le esigenze di qualità usuali, il che significa che il latte deve provenire dalla regione di Gruyère e che in tale luogo
deve esserne ricavata anche la panna.

Il capoverso 3 corrisponde in sostanza all'articolo 48 capoverso 3 LPM (prima parte). Il livello internazionale di protezione delle indicazioni geografiche poggia su diversi fattori tra cui la reputazione (art. 22 par. 1 ADPIC). In altre parole devono essere protette perlomeno le indicazioni che beneficiano di una reputazione particolare. La legislazione svizzera in materia di marchi e di indicazioni di provenienza modificata nel 1992 ha tuttavia esteso la protezione al di là dello standard minimo internazionale, accordando la protezione a tutti i nomi geografici che sono interpretati come indicazioni di provenienza (art. 47 segg. LPM), indipendentemente dalla loro eventuale reputazione. Nel diritto svizzero la reputazione è presa in considerazione per le indicazioni di provenienza qualificate. Le indicazioni di provenienza o le indicazioni geografiche disciplinate nelle ordinanze speciali del Consiglio federale (art. 50 LPM) e le indicazioni geografiche registrate in virtù dell'articolo 16 LAgr, nonché quelle che potranno essere registrate nel nuovo registro che sarà istituito dal Consiglio federale (art. 50a D-LPM) sono indicazioni di provenienza qualificate. Il capoverso 3 è teso a facilitare l'applicazione dei criteri (potrebbe ad esempio essere difficile individuare se occorre applicare i criteri dell'art. 48a D-LPM o 48b D-LPM

45

Ciò risulta dall'allegato 1, n. 1. cpv. 4 dell'OOMed; non si tratta di una situazione eccezionale, poiché risulta dal principio della lex specialis.

7473

ai prodotti a base di pesce), ma non intende derogare alle esigenze contenute negli articoli 48a­48c.

Il capoverso 4 definisce il territorio svizzero da prendere in considerazione per l'indicazione di provenienza «Svizzera» nel caso dei prodotti naturali (art. 48a D-LPM) e dei prodotti naturali trasformati (art. 48b D-LPM), rinviando innanzitutto al territorio svizzero, che comprende anche le enclavi doganali svizzere (valli di Samnaun e di Sampuoir), secondo la definizione dell'articolo 3 capoverso 1 della legge del 18 marzo 2005 sulle dogane (LD). Dato che le enclavi doganali estere (Principato del Liechtenstein46, Comuni di Büsingen47 e di Campione) non fanno parte del territorio svizzero, è necessario menzionarle esplicitamente. Le enclavi doganali estere sono assimilate al territorio svizzero perché nel settore agricolo, oltre a un'unione doganale, esiste anche un mercato d'approvvigionamento e smercio comune basato su accordi bilaterali. Per quanto concerne la definizione del territorio svizzero le disposizioni del progetto «Swissness» si basano sulla legislazione attuale in materia di dogana e di agricoltura. I prodotti naturali trasformati, a base di prodotti naturali svizzeri, che sono trasformati in un'enclave doganale estera sono considerati prodotti svizzeri. Infine, il nostro Consiglio avrà la possibilità di definire in un'ordinanza quali territori geografici esteri facenti parte della zona di confine possono essere presi in considerazione affinché le condizioni dell'indicazione di provenienza «Svizzera» per i prodotti naturali e i prodotti naturali trasformati siano rispettate. Il nostro Consiglio dovrà definire le condizioni necessarie affinché una presa in considerazione sia possibile, tenendo conto delle circostanze particolari del territorio in questione. Una siffatta ordinanza potrebbe per esempio riguardare la totalità o una parte della zona franca di Ginevra.

Nel territorio doganale svizzero esiste un mercato d'approvvigionamento e smercio comune nel settore dell'agricoltura e delle derrate alimentari, il che non è il caso per i prodotti industriali (art. 48c D-LPM). Lo conferma ad esempio il fatto che ai contadini vengono versati pagamenti diretti conformemente all'ordinanza del 7 dicembre 199848 concernente i pagamenti diretti all'agricoltura oppure contributi in virtù
dell'ordinanza del 7 dicembre 199849 concernente i contributi di superficie e di trasformazione nella campicoltura, per raccolti effettuati su superfici coltivate tradizionalmente nell'enclave di Büsingen. Ne è prova anche il marchio «Naturalmente svizzero»50, creato dal Dipartimento federale dell'economia per conferire un'identità visiva comune a tutte le misure di promovimento della vendita sostenute dalla Confederazione e uniformare così la comunicazione sulla provenienza svizzera dei prodotti51. Sono contemplati i prodotti provenienti dal territorio della Svizzera e dalle enclavi doganali estere, a condizione che la Svizzera abbia concluso un trattato

46 47 48 49 50 51

Secondo il Trattato di unione doganale del 1923 tra la Svizzera e il Principato del Liechtenstein.

Secondo il Trattato del 23 novembre 1964 sull'inclusione del Comune di Büsingen am Hochrhein nel territorio doganale svizzero.

RS 910.13 RS 910.17 Ordinanza del DFE del 23 agosto 2007 sull'identità visiva comune dei provvedimenti di comunicazione sostenuti dalla Confederazione per prodotti agricoli; RS 916.010.2.

Ordinanza del 9 giugno 2006 concernente il sostegno alla promozione dello smercio di prodotti agricoli (OPSAgr); RS 916.010.

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internazionale con lo Stato in questione, come nel caso del Principato del Liechtenstein52.

Per definire il territorio geografico svizzero pertinente per i prodotti naturali e i prodotti naturali trasformati, la nozione di «luogo di produzione» si riferisce alla produzione della materia prima (ai sensi degli art. 48a e 48b cpv. 1 D-LPM), mentre quella di «luogo di trasformazione» corrisponde al luogo definito nell'articolo 48b capoverso 4 D-LPM. Un prodotto che contiene carne del Cantone di San Gallo trasformato nel Principato del Liechtenstein è quindi un prodotto svizzero, così come un formaggio prodotto in Svizzera a base di latte di Büsingen o qualsiasi altro prodotto naturale trasformato nel Principato del Liechtenstein e prodotto con materie prime del Liechtenstein.

Per i prodotti industriali e gli altri prodotti (art. 48c D-LPM), in mancanza di obblighi corrispondenti risultanti dal diritto internazionale come per i prodotti naturali e i prodotti naturali trasformati, il territorio geografico determinante ai fini dell'indicazione di provenienza «Svizzera» corrisponde invece semplicemente alla nozione di «territorio svizzero». Di conseguenza sono escluse le enclavi doganali estere e incluse le enclavi doganali svizzere, dato che quest'ultime si trovano sul territorio svizzero. Un orologio fabbricato nel Liechtenstein non è quindi considerato un prodotto svizzero (per spiegazioni dettagliate in merito alle differenze tra l'art. 48 capoverso 4 D-LPM e l'art. 3 LD, si veda il n. 1.4.3.4 della parte generale del presente messaggio).

Il capoverso 5 disciplina l'uso delle indicazioni di provenienza estere («prosciutto di Parma», «porcellana di Limoges», ecc.). Nella prima parte statuisce che un'indicazione di provenienza estera è pertinente se soddisfa le condizioni del Paese in questione. Le condizioni degli articoli 48a­48c D-LPM non devono quindi essere soddisfatte. Nella seconda parte è tuttavia fatto salvo un'eventuale inganno dei consumatori svizzeri. Ciò è il caso se le condizioni della legislazione estera non corrispondono in alcun modo alle legittime aspettative dei consumatori svizzeri.

Tale criterio è già previsto nella legislazione in materia di derrate alimentari e oggetti d'uso (art. 18 LDerr, art. 10 OCDerr). In tal modo in caso di violazione dell'articolo 48 capoverso 5 D-LPM,
la parte lesa (p.es. i produttori esteri concorrenti o le organizzazioni svizzere dei consumatori) può ricorrere a un'azione giudiziaria. Anche i chimici cantonali intervengono d'ufficio per garantire il rispetto della legislazione in materia di derrate alimentari e oggetti d'uso fondandosi sul criterio generale dell'inganno. La nozione di inganno comprende sia l'uso che rischia di ingannare i consumatori sia l'uso che costituisce una concorrenza sleale. Per concorrenza sleale s'intende qualsiasi atto contrario alle norme della buona fede in ambito industriale o commerciale.

Per la definizione delle indicazioni geografiche anche l'articolo 22 capoverso 1 ADPIC contiene elementi extra-territoriali. La definizione del Paese d'origine deve quindi essere presa in considerazione, soprattutto per quanto riguarda gli elementi oggettivi della definizione (qualità e caratteristiche del prodotto).

Sono tuttavia fatti salvi i trattati internazionali. In caso di accordo bilaterale o multilaterale è pertinente soltanto la definizione del Paese d'origine e non sono affatto 52

Accordo sotto forma di uno scambio di note del 31 gennaio 2003 tra la Confederazione Svizzera, da una parte, e il Principato del Liechtenstein, dall'altra, relativo al disciplinamento della partecipazione del Liechtenstein alle misure di sostegno del mercato e dei prezzi della politica agricola svizzera (con appendice e allegato); RS 0.916.051.41.

7475

prese in considerazione le attese dei consumatori svizzeri. Le indicazioni di provenienza sono oggetto di vari trattati bilaterali conclusi dalla Svizzera, come ad esempio il trattato franco-svizzero. Tali trattati rinviano alle condizioni definite nel Paese d'origine (cfr. art. 2 (1) del Trattato franco-svizzero). D'altronde, attualmente la Svizzera e l'UE stanno negoziando un accordo che dovrebbe prevedere il riconoscimento reciproco delle DOC e delle IPG dei prodotti agricoli e dei prodotti agricoli trasformati delle due parti contraenti. Alle DOC e IGP dell'UE dovranno quindi essere applicate le disposizioni di tale accordo e non quelle della LPM.

Art. 48a

Prodotti naturali

La provenienza di un prodotto naturale (p.es. la frutta) è definita mediante un criterio adattato in funzione del tipo di prodotto (prodotto minerale, vegetale o animale). I criteri statuiti corrispondono a quelli in materia di derrate alimentari (art. 15 cpv. 2 OCDerr). La portata dell'articolo 48a D-LPM è tuttavia più ampia poiché alcuni prodotti naturali non sono prodotti alimentari (p.es. ghiaia, sabbia). Quindi, per essere svizzera, un'acqua minerale dev'essere estratta in Svizzera (lett. a), una mela dev'essere raccolta in Svizzera (lett. b), un pollo deve avervi passato la maggior parte della sua vita (lett. c), il latte deve provenire da mucche che vi sono state allevate (lett. d) e un pesce deve esservi stato pescato (lett. e).

Art. 48b

Prodotti naturali trasformati

Ai sensi della presente disposizione un prodotto è un prodotto naturale trasformato se attraverso la trasformazione ha acquisito nuove proprietà essenziali. Il prosciutto è ad esempio un prodotto naturale trasformato: attraverso la cottura e l'affumicatura la carne di maiale acquisisce nuove proprietà trasformandosi in prosciutto. Invece, il semplice taglio di un prodotto naturale non ne fa un prodotto naturale trasformato.

Una macedonia di frutta, esotica o meno, o grani di pepe in un macinino non sono prodotti naturali trasformati. Si tratta di prodotti naturali ai sensi dell'articolo 48a D-LPM. Un succo di frutta o olive snocciolate condite all'olio sono invece considerati prodotti naturali trasformati ai sensi dell'articolo 48b D-LPM.

I prodotti naturali trasformati contemplati dalla presente disposizione comprendono anche la maggior parte delle derrate alimentari, anche se non tutte. Infatti, dato che gli articoli 48a segg. D-LPM si applicano a tutti i prodotti e non soltanto alle derrate alimentari, la nozione di «prodotto naturale trasformato» va interpretata in maniera autonoma e non sulla base della nozione propria al diritto in materia di derrate alimentari. È quindi possibile che una derrata alimentare rientri nei prodotti di cui all'articolo 48a D-LPM o in quelli di cui all'articolo 48c D-LPM. Ciò potrebbe ad esempio essere il caso di un prodotto alimentare non composto o composto soltanto in piccola parte di prodotti naturali e prodotto in gran parte artificialmente. In tal caso può essere considerato come prodotto industriale, in ragione delle sostanze che lo compongono o del processo di fabbricazione. Possono rientrare in questa categoria una polvere per produrre una bevanda isotonica, le barre energetiche oppure il nutrimento liofilizzato in polvere usato dagli astronauti nello spazio.

Il produttore che sceglie di usare un'indicazione di provenienza (p.es. «prodotto svizzero») su una derrata alimentare deve pertanto soddisfare i criteri della LPM (art. 48a, 48b o 48c a seconda della disposizione applicabile al prodotto alimentare in questione). Egli deve comunque apporre le informazioni prescritte dalla legislazione in materia di derrate alimentari al fine di evitare qualsiasi rischio d'inganno 7476

dei consumatori (art. 18 LDerr e art. 10 ODerr). Le prescrizioni di polizia sanitaria del diritto in materia di derrate alimentari non sono infatti intaccate dalla presente revisione e continueranno ad essere applicate.

Occorre disciplinare la coesistenza tra il diritto in materia di indicazioni di provenienza e il diritto in materia di derrate alimentari, di modo che un prodotto trasformato in Svizzera esclusivamente a base di materie prime estere non possa essere presentato come prodotto svizzero. Come avviene attualmente, qualsiasi derrata alimentare dovrà soddisfare le condizioni del diritto in materia di derrate alimentari e quelle del diritto in materia di indicazioni di provenienza. Di conseguenza, se non sono soddisfatti i criteri previsti dalla legislazione in materie di indicazioni di provenienza, la dichiarazione obbligatoria del Paese di produzione ai sensi degli articoli 20 e 21 LDerr non può e non potrà essere apposta sul prodotto come argomento pubblicitario.

Su un formaggio prodotto in Svizzera con latte al 100 per cento estero deve ad esempio essere indicato il Paese di produzione (Svizzera) e la provenienza della materia prima estera, conformemente agli articoli 15 e 16 OCDerr. In applicazione della legislazione sulle indicazioni di provenienza è tuttavia vietato apporre la menzione «Formaggio svizzero» o la croce svizzera sull'imballaggio del prodotto. Il produttore non può infatti invocare le disposizioni degli articoli 15 e 16 OCDerr per eludere le condizioni dell'articolo 48b D-LPM. L'indicazione a grandi caratteri del termine «Svizzera» accanto alla menzione a piccoli caratteri di «Paese di produzione» lascerebbe supporre che la provenienza del prodotto trasformato (derrata alimentare) sia svizzera ai sensi dell'articolo 48b D-LPM, anche nel caso in cui la menzione Svizzera fosse tesa unicamente a rispettare l'obbligo di indicare il Paese di produzione conformemente alla legislazione sulle derrate alimentari. Per evitare qualsiasi rischio d'inganno, l'indicazione del Paese di produzione secondo l'articolo 15 OCDerr non dovrebbe essere apposta sul prodotto in maniera più vistosa ­ per quanto riguarda il colore, le dimensioni, la grafia ­ rispetto alle altre indicazioni obbligatorie secondo l'articolo 2 OCDerr. La coesistenza tra la legislazione sulle indicazioni geografiche
e quella sulle derrate alimentari permette di applicare a tutti i settori criteri uniformi e fondati su un approccio globale alla nozione di indicazione di provenienza per esaminare il rischio d'inganno. Tali criteri saranno pertanto applicabili anche al settore alimentare, che riveste grande importanza soprattutto per i consumatori. Per raggiungere tale obiettivo, i criteri della legislazione sulle indicazioni di provenienza saranno integrati nella legislazione sulle derrate alimentari o più precisamente nelle ordinanze (OCDerr) nell'ambito dell'elaborazione delle ordinanze consecutive al presente progetto. Inoltre l'OCDerr farà esplicitamente riferimento alla LPM. La ripresa dei criteri previsti dalla legislazione sulle indicazioni di provenienza e la menzione esplicita di quest'ultima garantiranno l'esecuzione coerente e uniforme di tali criteri sia attraverso gli strumenti della legge sulla protezione dei marchi e delle indicazioni di provenienza (tribunali) sia attraverso i chimici cantonali.

La provenienza di un prodotto naturale trasformato è definita in base a due criteri cumulativi: il peso della materia prima (cpv. 1) e il luogo di trasformazione del prodotto (cpv. 4).

Il capoverso 1 è teso a garantire il consolidamento dell'indicazione «Svizzera», al fine di soddisfare l'incarico trasmessoci con i postulati 06.3056 e 06.3174 (cfr.

7477

n. 1.2) per mantenere a lungo termine il valore della «svizzerità» per i prodotti naturali trasformati53, tenendo tuttavia conto della realtà economica concernente questa categoria di prodotti. Per tenere conto dei pareri espressi in occasione della procedura di consultazione (cfr. n. 1.4.3.3) ­ ove è stata criticata l'applicazione del criterio dei costi di produzione ai prodotti naturali trasformati ­ abbiamo previsto un criterio più appropriato alle caratteristiche di questa categoria di prodotti, ossia il criterio del peso della materia prima. Il controllo (applicazione della regolamentazione) sarà più facile da eseguire perché simile a un criterio già applicato alle derrate alimentari. Questo nuovo criterio, accolto in maniera estremamente positiva, ha riscontrato il consenso dei consumatori54 e dei produttori55.

La quota prevista dell'80 per cento si fonda sul fatto che la materia prima rappresenta una parte dei costi di produzione, che comprendono anche tutto il lavoro effettuato sulla materia prima. Se si prende in considerazione solo la materia prima, è necessario aumentare la percentuale affinché il nuovo criterio sia equivalente a quello applicabile ai costi. Per tale ragione la percentuale dev'essere superiore al 60 per cento. Riteniamo pertanto appropriata una percentuale dell'80 per cento. Si tratta di una quota ragionevole vicina alle attese dei consumatori56 e costituisce un compromesso appropriato tra un criterio più severo (p.es. il 100 % proposto dall'Associazione DOC-IPG o il 90 % proposto da FPC, Prométerre, USS e BIO-SUISSE), che non tiene affatto conto della realtà economica svizzera, e un criterio meno severo, vicino alla quota del 60 per cento previsto per i prodotti industriali, che sarebbe troppo debole e non garantirebbe che il prodotto sia composto da una parte sufficiente di materie prime svizzere.

Per tenere conto della realtà economica, al capoverso 2 sono state introdotte eccezioni che permettono, a determinate condizioni, di non tenere conto di alcune materie prime nel calcolo della percentuale del peso. Queste eccezioni devono essere interpretate in modo restrittivo. Ciò significa che non devono in nessun caso essere applicate per motivi puramente economici o su sola responsabilità del produttore, tanto più che l'uso dell'indicazione di provenienza «Svizzera» è facoltativa. Il 53

54 55 56

I risultati delle due indagini del PFZ relative al comportamento dei consumatori dimostra ad esempio che per quanto riguarda la carne di pollo o le mele, a prezzi uguali circa l'85 % dei consumatori preferisce comprare prodotti svizzeri Cfr. Conradin Bolliger, Produktherkunft Schweiz: Schweizer Inlandkonsumenten und ihre Assoziationen mit und Präferenzen für heimische Agrarerzeugnisse, pubblicazione relativa al 18° incontro annuale della Österreichische Gesellschaft für Agrarökonomie, 2008.

Comunicato stampa del 25 marzo 2009 della Fondazione per la protezione dei consumatori (FPC).

Comunicato stampa del 25 marzo 2009 della Federazione delle industrie alimentari svizzere (fial).

Nel 2003 un sondaggio rappresentativo svolto su incarico dell'UFAG ha mostrato che la maggioranza degli interpellati esige che un prodotto con una designazione di provenienza svizzera debba provenire al 100 % dalla Svizzera, UFAG, Rapporto agricolo 2003, Berna 2003, pag. 146. In un sondaggio analogo del 2007 l'80 % degli interpellati esige che in Svizzera le prescrizioni per la produzione di prodotti alimentari siano più severe rispetto all'estero, UFAG, Herkunft von Landwirtschaftprodukten 2007, Berna 2007. Una ricerca effettuata nel 2008 dall'Università di San Gallo in 66 Paesi ha rivelato che la maggior parte delle persone interpellate pretende che la parte delle materie svizzere usate raggiunga una quota tra il 60 e il 70 % (valore medio). Stephan Feige; Benita Brockdorff; Karsten Sausen, Peter Fischer, Urs Jaermann, Sven Reinecke, Swissness Worldwide ­ Internationale Studie zur Wahrnehmung der Marke Schweiz, ricerca dell'Università di San Gallo et al. 2008. Tale quota, meno elevata rispetto al sondaggio dell'UFAG, si spiega col fatto che una parte delle persone interpellate ha tenuto conto del fatto che la Svizzera non dispone di tutte le materie prime necessarie.

7478

produttore (o trasformatore) che intende usare l'indicazione di provenienza «Svizzera» deve quindi assicurarsi l'approvvigionamento con materie prime svizzere, usando materie prime di una certa qualità disponibili in Svizzera e se necessario anche creando una produzione indigena in quantità sufficiente.

I motivi economici sono già presi in considerazione dalla disciplina proposta, poiché è previsto che soltanto l'80 per cento del peso della materia prima che compone il prodotto deve provenire dalla Svizzera. Per motivi economici, il produttore può quindi rifornirsi all'estero di materie prime equivalenti al 20 per cento del peso totale.

Le eccezioni del capoverso 2 lettere a e b sono giustificate per motivi completamente estranei all'influsso dell'uomo e dell'economia. È infatti previsto che i prodotti naturali (ai sensi dell'art. 48a D-LPM) possano essere esclusi dal calcolo dell'80 per cento del peso se non è possibile produrli in Svizzera a causa delle condizioni naturali (cpv. 2 lett. a). Per i prodotti vegetali e minerali l'eccezione si basa su ragioni agronomiche (condizioni del suolo e climatiche), per i prodotti animali su ragioni di acclimatamento alle condizioni geografiche. A titolo di esempio, un produttore di yogurt può escludere dal calcolo dell'80 per cento un prodotto naturale come l'ananas. Non può invece escludere il latte argomentando che quest'ultimo è più conveniente o di qualità migliore all'estero. Un produttore di surimi (prodotto alimentare a base di pesce tritato) può escludere la materia prima (pesce) se il pesce che serve da materia prima non esiste in Svizzera. Anche un olio minerale naturale che fa parte di un lubrificante per macchine può essere escluso dal calcolo dell'80 per cento se non può essere estratto dal suolo svizzero. La disposizione dell'ordinanza del DFI del 23 novembre 200557 sulle sorte di zuccheri, le derrate alimentari dolci e i prodotti di cacao, secondo cui il cioccolato a base di cacao estero prodotto in Svizzera e che rispetta gli altri criteri previsti è considerato svizzero (art. 53 cpv. 3), è pertanto compatibile con l'articolo 48b capoverso 2. La possibilità agronomica di produrre in Svizzera può essere definita sulla base delle statistiche delle organizzazioni mantello o di un parere dell'UFAG.

L'eccezione prevista alla lettera b è
giustificata dal fatto che, pur essendo ottenibile in Svizzera dal punto vista agronomico, un prodotto naturale può essere temporaneamente non disponibile o disponibile in quantità insufficiente (durante un periodo limitato, p.es. una stagione) per motivi di forza maggiore indipendenti dalla volontà dei produttori (cattive condizioni meteorologiche che danneggiano irrimediabilmente il raccolto o una parte del raccolto, malattie come l'ESB che decimano una parte importante del bestiame, ecc.). In questi casi, durante il periodo di non disponibilità, il prodotto naturale in questione può essere escluso dal calcolo dell'80 per cento del peso. La lettera b non contempla invece le semplice variazione stagionale delle quantità prodotta, poiché già prevista nel 20 per cento che non deve provenire dalla Svizzera. Non è necessaria un'ordinanza del Consiglio federale dato che la disposizione riguarda i casi imprevisti, irregolari e di breve durata di mancanza o insufficienza della materia prima. La situazione non è dunque comparabile ai casi d'insufficienza a medio o lungo termine, contemplati dall'articolo 48b capoverso 3 D-LPM.

Il capoverso 3 estende l'eccezione alle materie prime (inclusi i prodotti naturali) che non sono prodotte in quantità sufficiente in Svizzera. La nozione di materia prima deve essere interpretata in senso lato. La disposizione contempla, infatti, le materie 57

RS 817.022.101

7479

prime in senso stretto, ma anche gli ingredienti che compongono un prodotto naturale trasformato, come ad esempio l'olio d'oliva in un condimento per insalate o la pasta asciutta in una zuppa preconfezionata. L'eccezione può essere invocata soltanto se la materia prima non è oggettivamente disponibile in maniera sufficiente ­ o non è del tutto disponibile ­ a medio o lungo termine in Svizzera e se tale insufficienza è fissata in un'ordinanza specifica per un settore secondo l'articolo 50 capoverso 2 LPM (cfr. il commento a tale articolo). Una siffatta ordinanza per un settore specifico definisce in modo più preciso, nel rispetto del quadro fissato dalla legge, a quali condizioni si può ritenere che una materia prima è prodotta in quantità insufficiente in Svizzera e in che misura ciò può essere preso in considerazione nel calcolo dell'80 per cento del peso. L'ordinanza potrebbe in particolare basarsi sul fatto che la produzione indigena di una materia prima è insufficiente da vari anni e non è oggettivamente possibile aumentare la produzione in Svizzera a breve o medio termine. In occasione della procedura d'approvazione di una tale ordinanza, il nostro Consiglio deve sentire tutte le cerchie interessate, ossia le cerchie economiche e le associazioni dei consumatori (cfr. art. 50 cpv. 3 D-LPM, n. 2.1.2.4).

Un'ordinanza che constata la disponibilità insufficiente di una materia prima deve essere rivista periodicamente per tenere conto delle eventuali variazioni dell'offerta e della domanda sul mercato.

Una disciplina dettagliata e esaustiva di questa eccezione nell'ambito della legge non è invece possibile né auspicabile. Piuttosto che tentare di contemplare nei minimi dettagli tutti i casi particolare che possono verificarsi, la legge deve infatti limitarsi a fissare i principi. I criteri assai generali e flessibili della legge permettono di rispondere meglio a una problematica caratterizzata dall'esistenza di innumerevoli casi particolari.

Se l'ordinanza disciplina tale problema, il nostro Collegio dovrà anche decidere in quale misura la materia prima in questione è esclusa dal calcolo dell'80 per cento del peso. La disposizione potrebbe ad esempio essere invocata per lo zucchero, se la produzione totale indigena di zucchero copre meno della metà del fabbisogno dei produttori di prodotti naturali
trasformati e i settori economici interessati si accordano per regolare i dettagli dell'eccezione in un'ordinanza. Se sono soddisfatte le condizioni legali, potrebbe essere invocata anche per la carne di manzo che serve da materia prima per la «carne dei Grigioni».

L'eccezione prevista al capoverso 3 non può invece essere invocata se una materia prima è disponibile in Svizzera, ma all'estero è ottenibile a condizioni più favorevoli (p.es. prezzo più basso, termini di consegna più brevi). L'eccezione non può quindi essere fatta valere per ragioni puramente economiche e neppure se il produttore ritiene che la materia prima disponibile in Svizzera non sia di qualità soddisfacente.

Il produttore che si procura volontariamente all'estero una materia prima di qualità superiore non può pretendere che il suo prodotto sia considerato svizzero, poiché sarebbe contraddittorio. In tal caso il nostro Consiglio si rifiuterebbe di emanare un'ordinanza perché non conforme alla legge.

Il secondo criterio cumulativo che deve essere soddisfatto, previsto al capoverso 4, è quello del luogo di trasformazione. Se il processo di trasformazione avviene in più luoghi, per definire il luogo di provenienza è decisivo quello in cui si è svolta la trasformazione che ha conferito al prodotto le sue caratteristiche essenziali. Si tratta dell'attività che crea il prodotto e sarebbe impensabile non tenerne conto per definire la provenienza. Il criterio è già previsto dalla legislazione svizzera sulle derrate 7480

alimentari. La trasformazione del latte in formaggio deve ad esempio svolgersi in Svizzera. Il criterio si riferisce alla trasformazione del prodotto, escludendo pertanto che si possa tenere conto delle attività di ricerca e sviluppo.

Art. 48c

Altri prodotti, in particolare industriali

La disposizione si applica ai prodotti industriali e a tutti gli altri prodotti, quali ad esempio i prodotti artigianali, che non rientrano nelle due prime categorie di prodotti (art. 48a e 48b D-LPM). La provenienza di tali prodotti è definita in funzione di tre criteri cumulativi. Un prodotto può essere considerato svizzero se: 1) il 60 per cento dei costi di produzione del prodotto è realizzato in Svizzera; 2) l'attività che ha conferito al prodotto le sue caratteristiche essenziali si è svolta nel nostro Paese; 3) una tappa fondamentale della produzione si è svolta in Svizzera (questo terzo criterio è automaticamente soddisfatto se l'attività che ha conferito al prodotto le sue caratteristiche essenziali è per l'appunto una tappa fondamentale della produzione).

Secondo il capoverso 1 il 60 per cento dei costi di produzione deve essere realizzato nel luogo di provenienza. Per renderla compatibile con la presente disposizione, l'ordinanza «Swiss made» per gli orologi dovrà pertanto essere rivista inserendovi tale percentuale (cfr. n. 5.2.4).

Secondo il capoverso 2 sono presi in considerazione nel calcolo del 60 per cento i costi di produzione, d'assemblaggio, di ricerca e di sviluppo. I costi di produzione comprendono normalmente le materie prime e semilavorate, gli accessori, i salari e le spese generali. La nozione di ricerca e sviluppo deve essere intesa in senso lato e comprende tutti i costi che hanno contribuito alla «nascita» del prodotto. Si tratta del criterio centrale della disposizione e quindi i costi che non contribuiscono alla nascita del prodotto non possono essere presi in considerazione. Ciò è il caso ad esempio dei costi legati al controllo degli standard di qualità o i costi dovuti all'immissione in commercio o all'ottenimento di un'autorizzazione amministrativa.

La presa in considerazione dei costi di sviluppo e ricerca può rivelarsi una questione delicata, poiché non esistono regole precise per la loro ripartizione sui costi di produzione di un'impresa. È infatti difficile decidere su quali prodotti possano essere distribuiti i costi di ricerca e sviluppo e per quanto tempo, tanto più che di regola tali costi riguardano prodotti che non sono ancora sul mercato. In ogni singolo caso si tratterà di trovare una soluzione appropriata allo scopo dell'articolo 48c D-LPM. La
disposizione deve essere applicata in modo tale da evitare abusi (p.es. se la considerazione dei costi di ricerca e sviluppo legati a un solo prodotto di un'impresa permette di soddisfare le condizioni dell'articolo 48c D-LPM per tutti i prodotti dell'impresa, anche se gli altri prodotti sono stati sviluppati all'estero) e i casi di rigore (p.es. un prodotto sviluppato in Svizzera 20 anni fa deve essere considerato un prodotto svizzero se le altre condizioni dell'art 48c sono soddisfatte, anche se l'impresa non ha manifestamente più costi di ricerca e sviluppo che possono essere ammortizzati sul piano contabile).

Il capoverso 3 enumera in modo non esaustivo i costi che non possono essere presi in considerazione per il calcolo del 60 per cento. La disposizione esclude due categorie differenti di costi. La prima categoria rientra nella problematica delle materie prime (lett. a e b). La lettera a tiene conto del fatto che determinati prodotti naturali non sono disponibili in Svizzera, ad esempio materie prime naturali come l'oro, i metalli preziosi o gli oli minerali. In ambito orologiero, l'esclusione del valore della materia prima dal calcolo dei costi di produzione della cassa è già prevista 7481

dall'ordinanza «Swiss made» per gli orologi. La lettera b estende l'eccezione alle materie prime che potrebbero teoricamente essere prodotte in Svizzera, ma la cui produzione non è effettuata o non in modo sufficiente nel nostro Paese. La nozione di materia prima deve essere interpretata in senso lato. La disposizione si applica alle materie prime in senso stretto ma anche ai componenti di un prodotto, come ad esempio i microchip. L'eccezione può essere invocata soltanto se a medio o lungo termine la materia prima non è oggettivamente disponibile in quantità sufficiente in Svizzera e tale insufficienza è riconosciuta da un'ordinanza specifica per un settore ai sensi dell'articolo 50 capoverso 2 (cfr. il commento a tale articolo). Le spiegazioni in merito all'ordinanza riportate nel commento all'articolo 48b capoverso 3 valgono anche per l'articolo 48c capoverso 2 lettera b.

L'eccezione prevista all'articolo 48c capoverso 2 lettera b non può invece essere invocata se una materia prima è disponibile in Svizzera, ma all'estero è ottenibile a condizioni più favorevoli (p.es. prezzo più basso, termini di consegna più brevi). In tal caso il produttore che decide di rifornirsi all'estero non potrà escludere questi costi dal calcolo del 60 per cento. Come visto sopra, l'eccezione non può quindi essere evocata per ragioni puramente economiche.

La seconda categoria esclude i costi che non hanno contribuito direttamente alla «nascita» del prodotto (lett. c­e). Per contributo alla nascita del prodotto s'intendono tutte le operazioni intellettuali (p.es. progettazione) o materiali (p.es. assemblaggio) da cui risulta direttamente il prodotto finale. Tutte le operazioni svolte una volta che il prodotto finale è stato portato a termine (imballaggio, marketing, trasporto, ecc.)

non contribuiscono alla nascita del prodotto. I costi d'imballaggio (lett. c) devono essere intesi in senso lato. Vi rientra ad esempio l'apposizione di un'etichetta su un prodotto. Per quanto riguarda i costi di commercializzazione (lett. e), le spese promozionali comprendono ad esempio le spese pubblicitarie e di distribuzione. Questi costi sono sempre generati in loco. Infatti un prodotto commercializzato in Svizzera deve esservi imballato o promosso. Tuttavia, tali attività non contribuiscono in alcun modo alla «svizzerità» del prodotto.
I dettagli della regolamentazione, per esempio la considerazione o meno di determinati componenti per il calcolo del 60 per cento dei costi, potranno essere precisati dai settori economici interessati conformemente all'articolo 50 LPM.

Il criterio dell'attività cha ha conferito al prodotto le sue caratteristiche essenziali, previsto dal capoverso 4 primo periodo, si riferisce alla produzione vera e propria (costruzione, assemblaggio, ecc.) o alla ricerca e allo sviluppo. Per un orologio meccanico, ad esempio, il montaggio rappresenta l'attività essenziale. La ricerca e lo sviluppo sono in generale all'origine delle caratteristiche di un prodotto chimico. La scelta o la definizione degli standard di qualità o il loro controllo non possono essere presi in considerazione perché tali attività non conferiscono al prodotto le sue caratteristiche essenziali, bensì indicano semplicemente la qualità che deve essere garantita in relazione a un determinato prodotto. Allo stesso modo anche le attività legate alla commercializzazione (marketing), alla pubblicità e alla distribuzione del prodotto o al servizio ai clienti non possono essere prese in considerazione, poiché non conferiscono al prodotto le sue caratteristiche essenziali. È d'altronde per questa ragione che tali attività sono escluse dal calcolo dei costi che determinano la provenienza del prodotto (cpv. 3).

Il secondo periodo del capoverso 4 riguarda i prodotti per i quali l'attività che ha conferito al prodotto le sue caratteristiche essenziali non costituisce una tappa della 7482

fabbricazione in senso stretto. In questi casi deve essere sempre soddisfatto un criterio minimo: una tappa significativa della fabbricazione deve essersi svolta nel luogo di provenienza. Se ad esempio lo sviluppo e la ricerca costituiscono le attività che conferiscono al prodotto le sue caratteristiche essenziali, una tappa significativa della fabbricazione deve svolgersi nel luogo di provenienza. L'imballaggio o il controllo finale del prodotto o qualsiasi altra attività esclusa dal calcolo dei costi determinanti per la provenienza del prodotto (cpv. 3 lett. c­e) non fa parte della fabbricazione del prodotto stesso e non permette quindi di soddisfare il criterio del capoverso 4. La nozione di tappa significativa deve garantire un legame fisico reale tra il prodotto e il luogo di provenienza ed evitare che il criterio venga soddisfatto per mezzo di una fase di fabbricazione d'importanza secondaria. Per una pentola, ad esempio, il montaggio del manico non costituisce una tappa significativa della fabbricazione. Lo stesso vale per il montaggio di una semplice guarnizione in un sistema di rubinetti. Per contro, l'assemblaggio completo di un apparecchio elettronico di misurazione costituisce una tappa significativa della fabbricazione.

Concretamente le tre condizioni cumulative dell'articolo 48c saranno applicate in modo diverso a seconda del prodotto in questione. Per un prodotto industriale come un coltello svizzero devono essere presi in considerazione due criteri: 1) il 60 per cento dei costi di produzione deve essere realizzato in Svizzera; 2) la fabbricazione (che conferisce al prodotto le sue caratteristiche essenziali) deve svolgersi in Svizzera. Se soddisfa questo secondo criterio, il produttore adempie anche la condizione minimale della tappa significativa della fabbricazione. Un prodotto industriale le cui caratteristiche essenziali risultano innanzitutto dalla ricerca e dallo sviluppo deve soddisfare i criteri seguenti: 1) il 60 per cento dei costi di produzione deve essere realizzato in Svizzera; 2) l'attività di ricerca e di sviluppo deve svolgersi in Svizzera; 3) una tappa significativa della produzione deve svolgersi nel nostro Paese.

Art. 48d

Eccezioni

Un'indicazione di provenienza che non rispetta i criteri fissati agli articoli 48a­48c D-LPM è ciononostante pertinente nei casi previsti all'articolo 48d D-LPM.

Secondo la lettera a un'indicazione geografica protetta (IGP) ai sensi dell'articolo 16 LAgr oggetto di una registrazione non deve rispettare i criteri di cui agli articoli 48a­48c D-LPM. Un'IGP è infatti oggetto di una procedura di registrazione dinnanzi all'UFAG e le sue condizioni d'utilizzazione sono iscritte nell'elenco degli obblighi. Sono queste le condizioni che devono essere rispettate. È necessario prevedere un'eccezione nella legge per il motivo seguente: esiste attualmente un'IGP registrata («Carne dei Grigioni») non conforme ai criteri legali più severi della nuova LPM. L'eccezione prevista all'articolo 48d lettera a D-LPM si applicherà quindi all'IGP «Carne dei Grigioni» e a tutte le IGP che saranno registrate prima dell'entrata in vigore delle modifiche proposte e che non saranno compatibili con tali modifiche. Dopo l'entrata in vigore delle modifiche della LPM non sarà più possibile registrare un'IGP che non soddisfi i criteri fissati agli articoli 48a­48c D-LPM (salvo che soddisfino la condizione dell'art. 48d lett. b concernente la percezione delle cerchie interessate): l'articolo 48d lettera a non si applicherà quindi alle IGP registrate dopo l'entrata in vigore delle modifiche della LPM.

L'indicazione «Carne dei Grigioni» usata rispettando le condizioni dell'elenco degli obblighi della corrispondente IGP è pertinente anche se le condizioni previste all'articolo 48b non sono rispettate, non essendo soddisfatto il criterio dell'80 per 7483

cento del peso della materia prima per l'intera produzione (come ammesso dall'elenco degli obblighi, una parte significativa della produzione si svolge a base di carne estera). L'eccezione prevista all'articolo 48d lettera a D-LPM comporta che l'indicazione registrata dall'UFAG (p.es. «Carne dei Grigioni») può essere usata anche se le condizioni degli articoli 48a­48c D-LPM non sono soddisfatti. Essa non rende tuttavia lecito qualsiasi altro riferimento più esteso alla provenienza geografica. Ciò significa che per poter essere designato da indicazioni quali «prodotto svizzero», «carne svizzera», «made in Switzerland» o per apporvi la croce svizzera58, il prodotto «Carne dei Grigioni» deve rispettare i criteri di cui agli articoli 48a­48c, come qualsiasi altro prodotto equivalente (prodotto di carne prodotto in Svizzera a base di carne estera).

Come ogni altro prodotto, anche la «Carne dei Grigioni» può adempiere le condizioni di cui all'articolo 48b capoverso 3 (cfr. sopra) o beneficiare della possibilità prevista all'articolo 48d lettera b (cfr. sopra). Non è necessario prevedere un'eccezione per le DOC di cui all'articolo 16 LAgr, dato che i criteri fissati nei loro elenchi degli obblighi devono rispettare in ogni caso quelli degli articoli 48 segg. D-LPM.

La lettera b offre a un produttore la possibilità di provare che, pur non adempiendo le condizioni degli articoli 48a­48c, l'indicazione di provenienza utilizzate è pertinente dal punto di vista delle cerchie interessate. La nozione di «cerchie interessate» fa riferimento alla percezione dei consumatori da una parte e a quella dei settori economici dall'altra. L'eccezione prevista alla lettera b va concessa con gran riserbo.

Il produttore deve dimostrare che i consumatori considerano pertinente l'indicazione di provenienza anche se non adempie le condizioni legali. Per provare che l'indicazione di provenienza corrisponde alla percezione delle cerchie interessate, il produttore deve innanzitutto presentare documenti particolarmente eloquenti che attestino tale fatto (articoli di giornale, comunicati delle associazioni di protezione dei consumatori, ecc.). Se questi documenti mancano o non sono convincenti, il produttore deve provarlo con un sondaggio. Per essere attendibile il sondaggio dovrà vertere su una scelta rappresentativa di consumatori
svizzeri ed essere formulato in modo da permettere di rilevare chiaramente e senza equivoci la percezione dei consumatori.

In secondo luogo il produttore deve provare che l'indicazione di provenienza utilizzata è pertinente anche per il settore economico di cui fa parte (p.es. conferma dell'uso per mezzo di documenti rappresentativi del settore in questione, quali regolamenti interni, standard di produzione comuni, cataloghi, etichette, fotografie, materiale pubblicitario, ecc.).

Il produttore può dunque avvalersi dell'eccezione di cui alla lettera b se appare evidente che l'indicazione di provenienza è usata lecitamente secondo la percezione del settore economico interessato e dei consumatori. Ciò potrebbe essere soprattutto il caso per certe indicazioni geografiche che corrispondono alla definizione dell'articolo 22 capoverso 1 ADPIC. In tale ipotesi il produttore non è tenuto a rispettare i criteri previsti agli articoli 48a­48c D-LPM. Si pensi all'indicazione «Ginevra» per gli orologi (per il diritto attuale, cfr. anche n. 1.1), per la quale è generalmente ammesso un legame più debole con il Cantone di Ginevra, per esempio se l'orologio è svizzero conformemente all'ordinanza «Swiss made» per gli orologi, ma non viene prodotto nel Cantone di Ginevra. Per le cerchie interessate l'indicazione «Ginevra» è pertinente, perché l'impresa che produce gli orologi è

58

Ciò è il caso per la parte prodotta a base di carne svizzera.

7484

iscritta nel registro di commercio di Ginevra e svolge le sue attività commerciali in questo stesso Cantone.

2.1.2.3 Art. 49

Indicazioni di provenienza dei servizi Indicazioni di provenienza dei servizi

L'articolo 49 D-LPM statuisce i criteri per la definizione della provenienza di un servizio.

Secondo il capoverso 1 per la definizione della provenienza sono determinanti la sede sociale e un centro amministrativo effettivo di chi fornisce il servizio. I criteri finora previsti della cittadinanza e del domicilio del fornitore sono irrilevanti per chi acquista il servizio (consumatori), tanto più che non si tratta di criteri immutabili.

Per i consumatori è determinante soltanto il legame effettivo di chi fornisce il servizio con il luogo di provenienza. La scelta della sede comporta numerose conseguenze materiali e giuridiche. La sede deve pertanto essere strettamente legata al luogo geografico che funge da indicazione di provenienza. Affinché un'indicazione di provenienza svizzera sia pertinente, un centro amministrativo effettivo di chi fornisce il servizio deve inoltre trovarsi in Svizzera. Così si evita che la sede venga scelta esclusivamente per poter usare una determinata indicazione di provenienza e adottare una strategia pubblicitaria migliore, anche se in Svizzera non è esercitata alcuna attività imprenditoriale. Questo criterio supplementare è abbastanza flessibile da tenere conto delle diverse strutture organizzative dei fornitori di servizi e inoltre soddisfa l'esigenza di una regola severa che impedisca gli abusi costatati nella prassi. La formulazione consente una maggiore certezza giuridica, perché tiene conto anche dei fornitori che hanno più sedi principali in diversi luoghi e per i quali è difficile individuare una sede amministrativa centrale. I due criteri del capoverso 1 devono essere entrambi soddisfatti. A titolo di esempio, la compagnia aerea «Swiss International Air Lines SA», una filiale della «Lufthansa» con sede in Germania, può usare la designazione «Swiss» in relazione ai propri servizi, a condizione che la sua sede sociale e uno dei suoi centri amministrativi effettivi si trovino in Svizzera.

Non sarebbe invece lecito usare la designazione «IT-Swiss-Consulting» per i servizi di un'impresa che pur avendo una sede in Svizzera, vi possiede solo una cassetta delle lettere o vi esercita soltanto un'attività insignificante, mentre la gestione dell'impresa è esercitata in un altro Paese. Le esigenze richieste per il secondo criterio devono essere elevate. In caso di
controversia, sarà il giudice a decidere se la gestione è effettivamente esercitata in Svizzera. Nella sua decisione dovrà tenere conto di tutte le circostanze del caso concreto e della finalità del criterio delimitativo.

Secondo il capoverso 4 una filiale che ha la sua sede al di fuori del Paese della società madre può offrire i suoi servizi in Svizzera anche indicando la sua relazione con il Paese d'origine, ad esempio con la designazione «Deutsche-Investment AG Schweiz», a condizione che la sua sede sociale e un centro amministrativo effettivo si trovino in Svizzera. Ovviamente anche una filiale svizzera di una società madre svizzera può designare i suoi prodotti con un'indicazione di provenienza svizzera, a condizione che adempia i criteri del capoverso 1. È invece il diritto estero pertinente a decidere se la stessa filiale possa offrire i suoi servizi all'estero indicando la sua

7485

relazione con la Svizzera (p.es. con l'indicazione «Swiss-Investment AG»). Il diritto svizzero non si oppone affatto a questa soluzione.

Il capoverso 2 statuisce che se un'indicazione di provenienza desta attese in relazione alle caratteristiche o alle qualità di un servizio, tali criteri supplementari devono essere presi in considerazione per giudicare la liceità dell'indicazioni di provenienza.

Vi rientrano anche i criteri che contraddistinguono le indicazioni di provenienza qualificate dei servizi. La disposizione è analoga a quella dell'articolo 48 capoverso 2 D-LPM applicabile ai prodotti.

Analogamente all'articolo 48d lettera b per i prodotti, il capoverso 3 disciplina il caso in cui, pur non essendo soddisfatti i criteri di cui ai capoversi 1 e 2, il fornitore dimostra che secondo la percezione delle cerchie interessate l'indicazione di provenienza è usata lecitamente (cfr. il commento all'art. 48d lett. b).

Il capoverso 4 disciplina il riconoscimento delle indicazioni di provenienza estere dei servizi in analogia a quanto previsto per i prodotti (cfr. il commento all'art. 48 cpv. 5).

2.1.2.4

Ordinanze del Consiglio federale

Art. 50 cpv. 1 (nuovo) Dopo l'entrata in vigore del presente disegno il nostro Consiglio potrà, se lo ritiene necessario, redigere un'ordinanza generale che si applichi a tutti i settori dell'economia che non hanno presentato criteri o idee comuni oppure a una parte di essi (art. 50 cpv. 1). Contrariamente all'ordinanza prevista dall'articolo 50 capoverso 2 D-LPM, che può disciplinare soltanto le condizioni applicabili a un'indicazione di provenienza svizzera per un prodotto o un servizio specifico, l'ordinanza prevista all'articolo 50 capoverso 1 può riguardare problemi più generali, quali le modalità di calcolo dei costi di produzione (art. 48c cpv. 1), o disciplinare la presa in considerazione di una materia prima (art. 48b cpv. 1) per tutti i prodotti.

Poiché in questo tipo di ordinanza non sono stabilite tutte le condizioni per l'uso di una determinata indicazione di provenienza di un prodotto specifico, non è possibile definire con precisione l'indicazione di provenienza, i prodotti e il titolare. Tali elementi sono tuttavia d'importanza centrale per il deposito di un marchio. Per tale motivo l'ordinanza di cui all'articolo 50 capoverso 1 non permette di registrare un marchio geografico ai sensi dell'articolo 27a D-LPM.

Art. 50 cpv. 2 (nuovo) Le indicazioni di provenienza sono definite per mezzo di criteri generali per i prodotti naturali, i prodotti naturali trasformati e gli altri prodotti, in particolare quelli industriali. L'articolo 50 capoverso 2 specifica che spetta ai settori economici chiedere al nostro Consiglio di precisare i criteri, sottoponendogli un progetto concreto e particolareggiato approvato da una parte rappresentativa delle sue imprese. I settori economici possono prendere l'iniziativa e arrivare a un accordo sui criteri comuni o perlomeno definire una direzione comune chiara per quanto riguarda il contenuto dei criteri. I criteri presentati al nostro Consiglio dai settori economici dovranno precisare la regolamentazione della legge, ma non vi potranno derogare (le eccezioni sono menzionate in maniera esaustiva all'art. 48d D-LPM). Il nostro Consiglio potrà ad 7486

esempio accettare di precisare in un'ordinanza che una materia prima può essere esclusa dal calcolo dell'80 per cento del peso ai sensi dell'articolo 48b D-LPM se il settore economico prova che la materia prima non è ottenibile in Svizzera per ragioni agronomiche (p.es. pianta del Bangladesh che serve per la produzione di cosmetici). Potrebbe anche accettare un'ordinanza che precisa che una determinata materia prima (p.es. lo zucchero) deve essere proporzionalmente esclusa dal calcolo perché non è disponibile in quantità sufficiente sul mercato svizzero e questo a lungo termine. Una tale precisazione metterebbe in evidenza che è opportuno procurarsi la materia prima svizzera in proporzione alla sua disponibilità, prima di ricorrere, per la quantità mancante, a materia prima estera.

La costatazione della non disponibilità in quantità sufficiente delle materie prime svizzere deve tenere conto del potenziale svizzero di produzione a medio termine, ovvero della capacità dei produttori di soddisfare la domanda di materie prime svizzere. L'insufficienza deve quindi essere constata a medio termine. In altre parole, i produttori non devono essere oggettivamente in grado di aumentare in maniera sufficiente la produzione di materie prime. Ciò potrebbe essere il caso per lo zucchero, se l'insufficienza sul mercato svizzero fosse verificata su un determinato arco di tempo, ad esempio per mezzo di statistiche concernenti gli anni precedenti, e se questa insufficienza fosse considerevole (p.es. se l'offerta indigena soddisfacesse soltanto il 35 % della domanda globale, ma non se soddisfacesse il 75 %). Per contro il nostro Consiglio non potrebbe invece accettare un'ordinanza che escludesse dal calcolo una materia prima disponibile in Svizzera che però potrebbe essere ottenuta a miglior prezzo all'estero (p.es. il latte, cfr. il commento agli art. 48b­48c D-LPM), poiché una siffatta ordinanza non sarebbe conforme alla legge.

Quando un'ordinanza è approvata dal Consiglio federale, i criteri in essa stabiliti devono essere rispettati. Se un'ordinanza statuisce che una materia prima non è disponibile in quantità sufficiente e se stabilisce in che misura tale situazione possa essere presa in considerazione nel calcolo dell'80 per cento, il produttore può farvi riferimento. Occorre ancora osservare che le ordinanze
applicabili ai settori economici devono poter essere modificate periodicamente, soprattutto se mutano le condizioni determinanti del mercato. Se una materia prima diventa disponibile in quantità del tutto sufficiente, l'eccezione non è più soddisfatta e l'ordinanza non ha più ragione di essere. Le ordinanza conterranno pertanto una clausola di revisione periodica.

Art. 50 cpv. 3 (nuovo) Le organizzazioni dei consumatori sono esplicitamente menzionate nella legge. In occasione dell'esame di un'ordinanza che precisa le condizioni d'uso di un'indicazione di provenienza svizzera, il nostro Consiglio deve sentire le organizzazioni d'importanza nazionale o regionale che secondo il proprio statuto si dedicano alla protezione dei consumatori. Un'indicazione di provenienza deve essere infatti utilizzata conformemente alla percezione delle cerchie interessate, di cui fanno parte i consumatori da un lato e i settori economici dall'altro.

7487

2.1.3 Art. 50a (nuovo)

Registro delle indicazioni geografiche Registro delle indicazioni geografiche

Le indicazioni geografiche servono a identificare un prodotto come originario di un territorio, oppure di una regione o di una località di tale territorio, quando una determinata qualità, la reputazione o altre caratteristiche del prodotto siano essenzialmente attribuibili alla sua origine geografica (art. 22 cpv. 1 ADPIC). Il registro previsto all'articolo 50a ha pertanto come oggetto soltanto le indicazioni di provenienza qualificate e non tutte le indicazioni di provenienza ai sensi dell'articolo 47 LPM. Esso contempla non solo le indicazioni geografiche svizzere, bensì anche quelle estere (art. 3 ADPIC e art. 2 CPrI sul trattamento nazionale). Le indicazioni geografiche registrate devono rispettare i criteri fissati agli articoli 48­48c D-LPM, fatta salva l'eccezione prevista all'articolo 48d lettera b.

L'articolo 50a, che prevede l'istituzione di un registro delle indicazioni geografiche, è stato formulato tenendo conto degli insegnamenti tratti dall'applicazione dell'articolo 16 LAgr. Di conseguenza esso riprende in gran parte il contenuto di tale articolo, sulla base del quale è stato creato un registro delle denominazioni d'origine e delle indicazioni geografiche per i prodotti agricoli e i prodotti agricoli trasformati.

Il registro delle indicazioni geografiche riguarda tutti i prodotti tranne i prodotti agricoli, i prodotti agricoli trasformati, i vini, i prodotti di silvicoltura e i prodotti di silvicoltura trasformati. In Svizzera i prodotti appena citati beneficiano o beneficeranno di strumenti di protezione simili. Un registro per le denominazioni d'origine e le indicazioni geografiche agricole è stato istituito nel 1997 sulla base degli articoli 14 e 16 LAgr. Da allora sono state registrate una ventina di DOC e di IGP, come ad esempio il Gruyère (DOC) o la carne dei Grigioni (IGP). Questa regolamentazione settoriale è stata elaborata in funzione degli obiettivi di politica agraria e badando alla compatibilità con la legislazione comunitaria59, poiché il nostro obiettivo è il riconoscimento reciproco delle DOC e delle IGP tra l'UE e la Svizzera nel settore agroalimentare, analogamente a quanto già applicato nel settore dei vini e degli alcolici. Per quanto riguarda i vini, la protezione poggia sulle regolamentazioni cantonali conformi al diritto federale, poiché la competenza è
stata delegata ai Cantoni nel quadro fissato dall'articolo 63 LAgr. Infine, per i prodotti di silvicoltura e i prodotti di silvicoltura trasformati, la mozione 08.3247 del 27 maggio 2008 del consigliere nazionale Favre incarica il nostro Consiglio di creare una base legale che permetta di proteggere efficacemente le denominazioni dei prodotti tradizionali della silvicoltura svizzera mediante la loro iscrizione in un registro federale delle DOP e delle IGP. La mozione riprende il disegno di modifica della legge sulle foreste60, che nel nuovo articolo 41a (Designazione) precisa le condizioni d'uso di un'indicazione di provenienza protetta, come una DOP, per i prodotti di selvicoltura e i prodotti di selvicoltura trasformati (legno e prodotti in legno). Tale modifica sarà messa in atto nell'ambito del presente progetto di revisione (cfr. le spiegazioni al n. 2.2.8).

L'articolo 50 capoverso 2 indica per grandi linee il contenuto dell'ordinanza d'esecuzione che il nostro Consiglio dovrà elaborare. Tale ordinanza dovrà fissare chi è legittimato a chiedere la registrazione (lett. a). In particolare, la domanda di registrazione deve essere presentata da un gruppo la cui rappresentatività deve essere 59 60

Regolamento (CEE) 2081/92, sostituito dal regolamento (CE) 510/2006.

FF 2007 3541

7488

dimostrata. Il gruppo deve consegnare un elenco degli obblighi (lett. b) che contenga in particolare il nome del prodotto e dell'indicazione geografica, la descrizione del prodotto e del processo di fabbricazione, la delimitazione geografica e le misure di controllo. La domanda deve infine contenere informazioni specifiche sul legame esistente tra la qualità, le caratteristiche e la reputazione da una parte, e la provenienza geografica dall'altra, tenendo conto del fatto che i criteri devono essere conformi agli articoli 48­48c D-LPM, fatta salva l'eccezione prevista all'articolo 48d lettera b D-LPM. L'ordinanza dovrà contenere disposizioni sulla procedura di registrazione e d'opposizione (lett. c). Il nostro Consiglio dovrà inoltre valutare l'opportunità di creare una commissione per le indicazioni geografiche (perizia esterna). La domanda sarà pubblicata nel Foglio ufficiale svizzero di commercio o in un altro organo di pubblicazione designato dall'IPI. La data di pubblicazione della domanda costituirà la data in cui comincia a decorrere il termine per opporsi alla registrazione. L'opposizione potrà essere accettata se la designazione non corrisponde alla definizione dell'indicazione geografica, se il gruppo non è rappresentativo, se il nome depositato è una designazione di categoria e se la registrazione prevista rischia di pregiudicare a) una denominazione integralmente o parzialmente omonima o b) un marchio, se esiste un rischio di confusione con l'indicazione geografica (tale rischio è ammesso in maniera restrittiva: è in particolare necessario che il marchio anteriore sia rinomato e usato da molto tempo). Dovrà essere inoltre considerato l'interesse pubblico. L'ordinanza dovrà infine prevedere un meccanismo di controllo che garantisca che i prodotti sui quali è apposta l'indicazione geografica soddisfino i requisiti dell'elenco degli obblighi (lett. d).

La registrazione di un'indicazione geografica secondo l'articolo 50a D-LPM non impedisce al gruppo richiedente di presentare al nostro Consiglio una domanda d'adozione di un'ordinanza secondo l'articolo 50 capoverso 2 LPM e quest'ultima non impedisce una domanda di registrazione dell'indicazione geografica. In caso di domanda di protezione all'estero, tale accumulo può rivelarsi molto utile perché permette al produttore interessato di
avvalersi dello strumento più vicino alla legislazione nazionale del Paese estero e aumentare quindi le possibilità di ottenere in tale Paese una protezione equivalente. Le condizioni d'uso dell'indicazione geografica dovranno pertanto essere identiche nell'elenco degli obblighi e nell'ordinanza del Consiglio federale. Se l'organizzazione mantello di un settore economico che beneficia di un'ordinanza del Consiglio federale ai sensi dell'articolo 50 capoverso 2 D-LPM domanda l'iscrizione nel registro delle indicazioni geografiche oggetto dell'ordinanza, la procedura di registrazione sarà più rapida, poiché i criteri saranno già stati esaminati scrupolosamente in occasione della procedura d'adozione dell'ordinanza.

L'articolo 50a capoverso 3 costituisce la base legale che permette all'IPI di riscuotere emolumenti. In quanto ente indipendente di diritto pubblico, l'IPI gestisce i suoi affari indipendentemente dal bilancio della Confederazione. È quindi indispensabile che possa riscuotere emolumenti per la procedura di registrazione di un'indicazione geografica e per la gestione del registro (cfr. anche la base legale generale dell'art. 13 cpv. 1 LIPI). A titolo comparativo, numerosi Paesi che applicano il modello di legislazione stabilito dall'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI) prelevano emolumenti per la registrazione delle indicazioni geografiche.

L'articolo 50a capoverso 4 riprende l'articolo 16 capoverso 3 LAgr.

7489

Anche se formulato in modo lievemente diverso, l'articolo 50a capoverso 5 è simile all'articolo 16 capoverso 6 LAgr. Come quest'ultimo, esso riprende il contenuto dell'articolo 24 numero 5 ADPIC. Il principio è il seguente: chi usa un'indicazione geografica registrata per prodotti identici o comparabili deve adempiere l'elenco degli obblighi previsto dall'articolo 50a capoverso 2 D-LPM. La disposizione si riferisce a prodotti identici e comparabili, ossia a prodotti che per il loro nome, per il loro genere, per la loro forma e la loro presentazione possono essere confusi con i prodotti originali e di cui il consumatore medio può credere che provengano da un determinato luogo e che possiedano, se del caso, le qualità o caratteristiche stabilite nell'elenco degli obblighi. La nozione di «prodotto comparabile» deve essere pertanto interpretata in senso molto stretto. Tale nozione ha lo stesso significato di quella di «prodotto dello stesso genere» che figura all'articolo 16 capoverso 6 LAgr, il che permette di evitare qualsiasi confusione con la nozione di «prodotto simile» dell'articolo 3 LPM, il cui significato è più ampio61. L'applicazione dell'articolo 16 capoverso 6 LAgr permette di fare un esempio attuale concreto: il titolare di un marchio che contiene la parola «Gruyère» per il latte non deve rispettare l'elenco degli obblighi, poiché «Gruyère» è una denominazione d'origine registrata per un tipo di formaggio e il latte non è un prodotto comparabile al formaggio. Una nozione più estesa di quella di «prodotto comparabile» pregiudicherebbe i produttori o fabbricanti di altri prodotti insediati nella regione, in quanto non potrebbero usare un'indicazione di provenienza pertinente.

Per questioni di conformità all'articolo 24 numero 5 ADPIC è prevista una deroga al principio dell'articolo 50a capoverso 5 se sono soddisfatte le condizioni seguenti:

61 62 63

64

­

un marchio identico o comparabile a un'indicazione geografica deve essere stato registrato o acquisito in buona fede. La disposizione contempla pertanto i marchi identici o i marchi per i quali esiste un rischio di confusione62 con l'indicazione geografica registrata. Il criterio della buona fede si riferisce alla conoscenza dell'indicazione geografica63. Dal momento in cui è a conoscenza dell'esistenza dell'indicazione geografica, chi depone il marchio non è più in buona fede. Ciò sarebbe ad esempio il caso se chi depone il marchio è a conoscenza dell'uso dell'indicazione geografica da parte dei produttori oppure dei distributori o commercianti del luogo in questione per identificare un prodotto con la provenienza geografica corrispondente. Vi è assenza di buona fede anche quando chi depone il marchio sa che l'indicazione geografica è stata depositata nel Paese d'origine. L'indicazione relativa ai marchi acquisiti mediante l'uso in buona fede si riferisce ai marchi noti, protetti indipendentemente da una registrazione (cfr. art. 3 LPM) 64;

­

la registrazione o l'acquisizione in buona fede del marchio deve essere avvenuta prima del 1° gennaio 1996 o prima che il nome dell'indicazione La nozione di «prodotto comparabile» è usata anche nel diritto comunitario. Cfr. l'art. 14 del regolamento (CE) 510/2006, che rinvia all'art. 13 dello stesso regolamento.

Cf. art. 3 LPM e la giurisprudenza in merito.

Cfr. n. 1.1 ove si rammenta che la protezione delle indicazioni di provenienza, e quindi anche delle indicazioni geografiche, è indipendente da qualsiasi registrazione o da un titolo di protezione.

Occorre osservare che la denominazione d'origine o l'indicazione geografica non può essere registrata se la registrazione è di natura tale da trarre in errore i consumatori in merito alla vera identità del prodotto, a causa della reputazione, della notorietà e del periodo d'uso di un marchio anteriore. (panel OMC USA-Comunità europee del 15 marzo 2005, WT/DS174/R).

7490

geografica registrata fosse protetto nel Paese d'origine. L'inizio della protezione dell'indicazione geografica non dipende da un atto ben determinato.

In caso di controversia circa l'uso di un'indicazione geografica, spetta al gruppo citante dimostrare da quando essa è protetta dagli articoli 47 segg.

LPM. Può farlo per mezzo di diversi documenti (pubblicità, fatture, ecc.) che dimostrino l'esistenza dell'indicazione da un periodo determinato. Può anche evidenziare determinati fatti (comunicazioni nei mass media, pubblicità, ecc.) che indicano che il titolare del marchio avrebbe dovuto essere a conoscenza dell'uso dell'indicazione geografica; ­

il marchio non deve essere colpito da motivi di nullità o di estinzione.

Le condizioni fissate all'articolo 50a capoverso 5 si applicano anche al marchio geografico ottenuto sulla base dell'indicazione geografica iscritta nel registro conformemente all'articolo 50a D-LPM. In altre parole, il titolare del marchio geografico, come anche il beneficiario dell'indicazione geografica corrispondente iscritta nel registro di cui all'articolo 50a D-LPM, non può impedire al titolare di un marchio anteriore di usare tale marchio se quest'ultimo adempie le condizioni dell'eccezione.

Secondo l'articolo 50a capoverso 5 chi usa un'indicazione geografica registrata per un prodotto identico o comparabile deve adempiere l'elenco degli obblighi di cui all'articolo 50a capoverso 2 lettera b D-LPM. Per questo motivo l'articolo 50a capoverso 6 prevede che la procedura d'esame di un marchio che contiene un'indicazione geografica identica o simile65 a quella oggetto di una domanda di registrazione deve essere sospesa fino al passaggio in giudicato della decisione relativa alla domanda di registrazione dell'indicazione geografica. Il marchio in questione deve contenere un'indicazione geografica identica o simile a quella depositata e riferirsi a prodotti identici o comparabili (cfr. il commento all'art. 50a cpv. 5 D-LPM). Una volta passata in giudicato la decisione relativa alla domanda di registrazione dell'indicazione geografica, la sospensione è revocata e il marchio può essere registrato, con una limitazione adeguata nel caso in cui l'indicazione geografica sia stata registrata (vedi qui di seguito). Una disposizione analoga all'articolo 50a capoverso 6 è inserita nell'articolo 16 capoverso 5bis LAgr.

In virtù dell'articolo 50a capoverso 7 D-LPM, quando un'indicazione geografica è registrata, il marchio contenente tale indicazione può essere registrato per un prodotto identico o comparabile se la provenienza è circoscritta all'indicazione geografica definita nell'elenco degli obblighi. Si può fornire un esempio concreto fondato sulla disposizione analoga dell'articolo 16 LAgr: un marchio che contiene la designazione «Gruyère» può essere registrato soltanto se il titolare accetta che nel registro sia menzionato che il suo marchio è registrato per il formaggio che beneficia della DOC «Gruyère». La prassi delle limitazioni non riguarda soltanto i marchi contenenti indicazioni geografiche
registrate, bensì tutte le indicazioni di provenienza (art. 47 LPM). Tale prassi è stata ricordata e confermata l'ultima volta dalla giurisprudenza del Tribunale federale in relazione al marchio «Colorado»66.

L'articolo 50a capoverso 8 riprende l'attuale articolo 16 capoverso 7 LAgr. Se un luogo è rinomato per la fabbricazione di determinati prodotti, la protezione delle indicazioni geografiche deve permettere di lottare contro l'uso del nome del luogo 65 66

Cfr. art. 3 LPM e la giurisprudenza in merito.

DTF 132 III 770 segg.; vedi anche TF, sic! 2006, pag. 677 «Fischmanufaktur Deutsche See».

7491

per prodotti identici o comparabili che non sono originari di tale luogo o che, pur essendone originari, non presentano le caratteristiche e le qualità previste dall'elenco degli obblighi. La protezione non riguarda invece l'uso del nome del luogo per altri prodotti, non comparabili, che ne sono originari.

2.1.4

Inversione dell'onere della prova

Art. 51a (nuovo)

Inversione dell'onere della prova

Il presente disegno permette di determinare con maggiore chiarezza quando un'indicazione di provenienza non è pertinente (art. 47 cpv. 3 lett. a LPM), rendendone illecito l'uso. In caso di controversia civile, spetta all'attore provare che l'uso da parte del convenuto è illecito (regola generale dell'art. 8 CC). Per l'attore è tuttavia quasi sempre difficile, se non impossibile, provare che il convenuto ­ che è l'unico a conoscere i dettagli della produzione del prodotto ­ non soddisfa i criteri degli articoli 48 segg. L'articolo 51a tiene conto di questa difficoltà ed esige dal convenuto che egli fornisca gli elementi che permettono di determinare se l'indicazione di provenienza è pertinente, ossia di provare che rispetta le condizioni degli articoli 48 segg. o quelli fissati in un'eventuale ordinanza applicabile a un settore economico. Se il convenuto non fornisce tali elementi, il giudice deve ritenere illecito l'uso dell'indicazione di provenienza. L'inserimento di questa disposizione nella LPM è necessaria perché la disposizione analoga della LCSl (art. 13a) si applica soltanto alla pubblicità e non contempla quindi le controversie in merito a un'indicazione di provenienza al di fuori della pubblicità. Tale disposizione prevede inoltre l'inversione dell'onere di prova facoltativa e non sistematica.

Il rispetto del segreto di fabbricazione o del segreto d'affari deve essere garantito anche in caso d'applicazione dell'articolo 51a D-LPM. Questo punto è già disciplinato dal Codice di procedura civile67 (art. 156) e dal Codice di procedura penale68 (art. 102 cpv. 1). È quindi superfluo introdurre una disposizione analoga nella LPM.

2.1.5 Art. 56

Legittimazione attiva delle autorità Legittimazione attiva delle associazioni, delle organizzazioni di consumatori e delle autorità

Per i motivi menzionati sopra (cfr. n. 1.4.1) intendiamo introdurre una legittimazione attiva limitata delle autorità in caso di uso non pertinente di un'indicazione di provenienza. Il capoverso 1 precisa che le autorità non dispongono di una legittimazione attiva illimitata. Il loro diritto si limita alla pretesa di costatare un diritto o un rapporto giuridico indipendentemente da una colpa (art. 52 LPM) e alla pretesa di proibire e far cessare una violazione un'informazione illecita sulla provenienza dei prodotti (art. 55 cpv. 1 LPM). Inoltre la legittimazione attiva è limitata ai segni di particolare interesse per la Confederazione o i Cantoni. Secondo la lettera c la Confederazione può intervenire laddove sono usati simboli o denominazioni che rinviano al territorio 67 68

FF 2009 21 FF 2007 6327

7492

della Confederazione Svizzera. Si tratta soprattutto di denominazioni quali «Svizzera», «svizzero» o «Swiss Made» nonché della croce svizzera e della bandiera svizzera, nella misura in cui siano usate come indicazioni di provenienza; sono tuttavia contemplate anche denominazioni quali «Helvetia» o raffigurazioni di Guglielmo Tell.

La legittimazione attiva della Confederazione sarà esercitata dall'IPI, a cui, secondo l'articolo 2 capoverso 1 lettera b LIPI, compete l'esecuzione della LPM. Nell'esercizio di tale funzione l'IPI stesso si assumerà i rischi (usuali) dell'attore civile. La nuova competenza non è in contraddizione con i compiti attuali dell'IPI in qualità di autorità decisionale per la registrazione dei marchi. Anche se in virtù di tali compiti l'IPI esamina nell'ambito dei motivi assoluti di esclusione dell'articolo 2 lettera c LPM un'eventuale rischio di inganno mediante indicazioni di provenienza non pertinenti, l'esame è effettuato esclusivamente in base alla domanda di registrazione (e non in base all'uso effettivo) e alla questione se il marchio oggetto della domanda sia degno di essere protetto rispetto ad altri segni. Se l'IPI iscrive nel registro un marchio che contiene un'indicazione di provenienza geografica, limitando o meno l'elenco dei prodotti e dei servizi a prodotti di una determinata provenienza, ciò significa che ritiene lecito l'uso del marchio conforme alla registrazione. In un eventuale processo civile il titolare del marchio potrebbe opporgli questa decisione.

In caso di uso non conforme del marchio (in particolare per prodotti di altra provenienza) l'IPI potrà invece ricorrere al giudice. In entrambi i casi l'IPI non sarebbe più l'autorità decisionale, bensì parte del procedimento civile. Il fatto che l'IPI applichi sempre ­ vale a dire sia in quanto autorità competente per la registrazione sia in quanto attore nel procedimento civile ­ le stesse norme e gli stessi principi nella valutazione del rischio di inganno causato dalle indicazioni di provenienza è voluto e intende agevolare l'applicazione uniforme del diritto. Nel singolo caso il comportamento dell'IPI nell'ambito dell'azione civile non pregiudica tuttavia la sua prassi in materia di registrazione dei marchi. La sola legittimazione all'azione (e non l'obbligo) permette all'IPI di far dipendere l'azione
da una ponderazione degli interessi. Da un'eventuale rinuncia all'azione in un caso concreto non si può dedurre alcunché per la prassi di registrazione.

La lettera d disciplina in maniera analoga la legittimazione all'azione dei Cantoni.

Secondo il capoverso 3 il diritto cantonale designa l'autorità competente per l'azione civile.

2.1.6

Disposizioni penali

Art. 61 cpv. 1 lett. b Il capoverso 1 lettera b è completato con la fattispecie dell'immagazzinamento al fine di immettere i prodotti sul mercato. In tal modo il tenore della disposizione rende evidente la coerenza tra le fattispecie penali e la violazione dei diritti esclusivi di cui all'articolo 13 capoverso 2 LPM69. Non vi è un motivo oggettivo per trattare l'immagazzinamento in modo meno severo ad esempio del transito. La soluzione 69

FF 2006 1, pag. 127

7493

prevista corrisponde anche ai disciplinamenti inseriti nella LBI e nella LDes, che comminano una pena per l'immagazzinamento illecito a scopi commerciali (cfr.

art. 81 in combinato disposto con l'art. 66 e art. 8 cpv. 2 LBI; art. 41 in combinato disposto con l'art. 9 cpv. 1 LDes). In tal modo si garantisce una coerenza maggiore anche con le suddette leggi, contribuendo così all'uniformazione globale della protezione giuridica dei beni immateriali.

Oltre a questa modifica sono previsti alcuni adattamenti puramente terminologici alla nuova legge sulle dogane che non hanno ripercussioni sostanziali (per ulteriori dettagli, cfr. n. 2.1.7.2).

Art. 62 cpv. 3 Proponiamo di abrogare il capoverso 3. Prima della revisione della LBI del 2007 l'importazione, l'esportazione, il transito e il deposito di prodotti che violano il diritto al marchio non erano di per sé punibili, ma soltanto se servivano all'uso fraudolento del marchio. Non essendo considerati reati autonomi, gli atti elencati al capoverso 3 erano ritenuti atti di complicità, il che agevolava il perseguimento penale nei casi in cui gli autori principali si trovavano all'estero. Con la revisione della LBI nel 2007 le fattispecie dell'importazione, dell'esportazione e del transito sono state valutate in modo nuovo e qualificate come reati indipendenti, e inserite nell'articolo 61 capoverso 1 lettera b LPM. Con l'integrazione in questa norma penale della fattispecie dell'immagazzinamento (cfr. art. 61 D-LPM), non sono più ipotizzabili atti di complicità che non costituiscano nel contempo anche una violazione indipendente del diritto al marchio. Per tale violazione è tuttavia comminata una pena nettamente maggiore rispetto a quella per complicità nell'uso fraudolento del marchio. Di conseguenza i reati dell'articolo 62 capoverso 3 non possono essere intesi come forma qualificata di violazione del marchio. La disposizione può pertanto essere abrogata.

Art. 64

Uso di indicazioni di provenienza non pertinenti

Per i motivi menzionati in precedenza (cfr. n. 1.4.1) sarà perseguito penalmente d'ufficio non soltanto l'uso per mestiere di indicazioni di provenienza non pertinenti, bensì qualsiasi uso intenzionale. Di conseguenza nel capoverso 1 abbiamo rinunciato alla condizione della querela di parte trasformando l'atto in un reato perseguibile d'ufficio. Non ne consegue un aumento della pena, perché nel caso in esame non abbiamo proceduto a una rivalutazione dell'illecito, intendendo unicamente facilitare, per motivi di interesse pubblico, il perseguimento penale. La pena corrisponde a quella prevista per l'uso abusivo di segni pubblici, che sono perseguiti d'ufficio (cfr. il commento all'art. 28 cpv. 1 D-LPSP).

In ragione della modifica dell'articolo 47 capoverso 3 lettera c D-LPM, la lettera c prevede che l'uso di una ditta può creare un rischio d'inganno.

Il capoverso 2 è adattato in conformità alla modifica del capoverso 1.

Il capoverso 3 autorizza esplicitamente l'IPI a sporgere denuncia presso la competente autorità cantonale di perseguimento penale. L'inserimento nella LPM del diritto generale di sporgere denuncia previsto dall'articolo 301 capoverso 1 CPP risulta dal principio della legalità nel diritto amministrativo. Secondo l'articolo 104 capoverso 2 CPP la Confederazione può d'altronde conferire pieni o limitati diritti di parte ad altre autorità cui spetta la tutela di interessi pubblici. Per l'uso di indicazioni 7494

di provenienza non pertinenti tali diritti sono conferiti all'IPI in quanto autorità cui compete l'esecuzione della LPM (cfr. art. 2 cpv. 2 lett. b LIPI). Dato che il CPP non definisce in modo più preciso la nozione di «pieni o limitati diritti di parte» occorre fissare nella LPM i diritti di parte concretamente conferiti all'IPI. Si tratta degli stessi diritti che il CPP conferisce agli accusatori privati e quindi i diritti più estesi di una parte terza nel procedimento penale, oltre a quelli conferiti al convenuto. Si tratta innanzitutto dei diritti di partecipazione che risultano dal diritto di essere sentiti secondo l'articolo 107 CPP e della possibilità di impugnare un decreto di abbandono (art. 322 cpv. 2 CPP) e le decisioni (art. 382 cpv. 1 CPP).

2.1.7

Altri punti della revisione

2.1.7.1

Documento di priorità

Art. 9 cpv. 1 Occorre abolire l'obbligo del titolare di produrre un documento di priorità. Tale obbligo è poco soddisfacente poiché non garantisce che il titolare deduca il suo diritto di priorità dal primo deposito effettuato all'estero e non da un deposito posteriore anch'esso effettuato all'estero. Inoltre, per il depositario tale obbligo rappresenta un ulteriore ostacolo amministrativo nella procedura di registrazione del marchio. Infine esso impone un onere di lavoro supplementare all'IPI, che deve controllare che il documento di priorità gli sia stato presentato.

Anche se la presentazione di un documento di priorità non è più obbligatoria, l'IPI ha tuttavia la possibilità di esigere tale documento per trattare i casi poco chiari.

2.1.7.2

Adattamenti terminologici alla legge sulle dogane

Art. 13 cpv. 2 lett. d e 2bis; art. 61 cpv. 1 lett. b; art. 62 cpv. 3; art. 70 cpv. 1; art. 71 cpv. 1; art. 72 cpv. 1 Le disposizioni della LPM che fanno riferimento all'importazione, all'esportazione e al transito devono essere modificate a causa dell'entrata in vigore della nuova LD (art. 6). Questa modifica di natura puramente formale, che consiste nell'adottare la terminologia della LD, è tesa a uniformare le definizioni delle nozioni di importazione, esportazione e transito usate nel diritto in materia di proprietà intellettuale con quelle del diritto doganale e a evitare che divergenze terminologiche tra le due legislazioni creino incertezza giuridica inducendo a credere che termini diversi esprimano anche concetti diversi.

L'articolo 61 capoverso 1 lettera b è leggermente modificato al fine di includervi l'immagazzinamento che figura attualmente all'articolo 62 capoverso 3 che intendiamo abrogare. Tale modifica consente di sopprimere una sovrapposizione che può creare incertezza in merito alla portata delle due disposizioni.

7495

2.1.7.3

Divisione della registrazione o della domanda di registrazione

Art. 17a cpv. 1 L'esigenza della forma scritta per chiedere la divisione della registrazione o del marchio restringe in modo eccessivo il margine di manovra dell'IPI, poiché gli impedisce in particolare di accettare una richiesta trasmessa per via elettronica. Tale esigenza deve pertanto essere soppressa. L'articolo 6 capoverso 3 dell'ordinanza del 23 dicembre 1992 sulla protezione dei marchi (OPM) contiene già una disposizione che permette all'IPI di abolire l'esigenza della firma ­ e quindi della forma scritta ­ se lo ritiene necessario.

2.1.7.4 Art. 54

Comunicazione di decisioni Comunicazione di decisioni

Secondo l'articolo 63 ADPIC tutti gli Stati membri dell'OMC, e quindi anche la Svizzera, devono essere in grado di fornire al segretariato dell'OMC i dati statistici in merito alle decisioni rese esecutive sul loro territorio nel settore del diritto in materia di beni immateriali. Inoltre, secondo il presente disegno, l'IPI dispone di una limitata legittimazione ad agire sul piano civile, se l'uso non pertinente di indicazioni di provenienza o l'uso illecito di segni pubblici concerne la Confederazione. (cfr.

il commento all'art. 56 D-LPM e all'art. 27 D-LPSP).

Per tali motivi tutte le decisioni emanate nel settore dei marchi, delle indicazioni di provenienza e dei segni pubblici devono essere comunicate immediatamente all'IPI.

«Senza indugio» significa che le decisioni devono essere trasmesse subito dopo l'emanazione (senza attendere che passino in giudicato).

L'articolo 54 statuisce pertanto un obbligo di comunicazione nel settore del diritto civile (per la terminologia cfr. art. 236 seg. e 241 segg. CPC). L'ordinanza del 10 novembre 200470 concernente la comunicazione di decisioni penali cantonali (ordinanza sulla comunicazione) disciplina la comunicazione di decisioni penali.

Secondo l'articolo 3 numeri 5 e 7 di tale ordinanza le autorità cantonali devono trasmettere senza indugio all'IPI tutte le sentenze emanate in applicazione della LPM e della LPSP. Con questa disposizione e con l'articolo 54 D-LPM si garantisce che l'IPI sia informato su tutti i procedimenti civili e penali che riguardano il settore summenzionato (in particolare anche su decisioni di non entrata nel merito, decisioni incidentali e in merito a provvedimenti cautelari secondo il CPC; decisioni di non entrata nel merito e di non luogo a procedere secondo il CPP; non sono invece contemplate dall'obbligo di comunicazione le decisioni ordinatorie e altre decisioni incidentali). In tal modo l'IPI ha la possibilità di valutare entro i termini previsti dalla legge se impugnare una determinata decisione (per il tramite del Ministero pubblico della Confederazione in caso di decisioni penali cantonali).

70

RS 312.3

7496

2.1.7.5

Procedura semplificata di cancellazione per mancato uso

Vari partecipanti alla consultazione hanno auspicato che la LPM preveda una procedura semplificata di cancellazione per mancato uso dinnanzi all'IPI.

Principio L'articolo 12 LPM costituisce il punto di partenza, poiché stabilisce che il titolare che, per un periodo ininterrotto di cinque anni, non ha usato il marchio per i prodotti e i servizi registrati non può più far valere il diritto al marchio, salvo che gravi motivi giustifichino il mancato uso. Anche se rimane iscritto nel registro, un marchio non usato non ha più alcun contenuto materiale e quindi non conferisce più alcun diritto. Un marchio non usato nel commercio non merita di essere protetto e dovrebbe essere messo a disposizione degli attori economici. Per avere la certezza dell'inesistenza del titolo di protezione, i terzi che usano un segno simile o che desiderano farlo registrare come marchio devono tuttavia attendere la cancellazione del marchio inutilizzato.

Secondo il diritto in vigore, la cancellazione di un marchio non utilizzato deve essere pronunciata dal giudice civile, che decide in merito a una corrispondente domanda. Anche se la legge non prevede esplicitamente la cancellazione, questa vi figura implicitamente (DTF 130 III 267, consid. 2.2). La legge attualmente in vigore non prevede neppure una procedura di cancellazione dinnanzi all'IPI. In altre parole, per ottenere la cancellazione di un marchio dal registro e far sì che quest'ultimo rispecchi di nuovo la realtà giuridica, è necessario intraprendere la lunga e costosa via giudiziaria anche nei casi manifesti di mancato uso. Nella causa trattata nella DTF 115 II 276, ad esempio, l'IPI non era stato autorizzato a cancellare il marchio ed è stato quindi necessario registrare nuovamente la società titolare del marchio ­ nel frattempo liquidata ­ nel registro di commercio al fine di ottenere per via giudiziaria la cancellazione del marchio. L'inserimento nella LPM di una cancellazione semplificata mira appunto a evitare queste situazioni.

Una procedura di cancellazione dei marchi non utilizzati dinnanzi all'autorità preposta alla registrazione esiste ad esempio in Germania e presso l'Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno (UAMI), l'agenzia dell'UE incaricata della registrazione dei marchi comunitari. Dinnanzi all'ufficio tedesco dei marchi e dei brevetti la
procedura si arresta se il titolare del marchio si oppone entro due mesi alla domanda di cancellazione. In tal caso colui che ha presentato la domanda deve ricorrere alla giustizia (par. 53 della legge tedesca sui marchi)71. A livello europeo il Regolamento (CE) n. 207/2009 prevede una procedura a due parti con diversi scambi di scritti (art. 56 e 57) nell'ambito della quale il titolare del marchio deve fornire la prova dell'utilizzazione seria del marchio (regola 40 del regolamento (CE) n. 2868/95).

La procedura di cancellazione proposta nel presente disegno si situa a metà strada tra questi due modelli. A differenza di quanto previsto dal diritto tedesco, non basta chiedere la cancellazione dinnanzi all'autorità preposta alla registrazione, poiché occorre anche rendere verosimile il mancato uso (cfr. anche l'art. 12 cpv. 3 LPM).

Tale obbligo consente di garantire un esame materiale della situazione giuridica 71

Gesetz über den Schutz von Marken und sonstigen Kennzeichen (legge tedesca sui marchi) del 25 ottobre 1994 (BGBl. I pag. 3082 (1995, 156); 1996, 682); ultima modifica datata 7 luglio 2008 concernente l'art. 4 della legge (BGBl. I pag. 1191).

7497

anche nei casi in cui il titolare del marchio non si pronuncia nell'ambito della procedura. L'obbligo di motivare la domanda contribuisce a prevenire le domande abusive. Da parte sua, il titolare del marchio non può limitarsi a opporsi alla cancellazione affinché l'autorità preposta alla registrazione rifiuti una domanda di cancellazione adeguatamente motivata. È invece tenuto a provare l'utilizzazione seria del marchio o l'esistenza di gravi motivi che giustifichino il mancato uso. A differenza di quanto previsto dalla procedura europea, non deve fornire la prova di ciò che asserisce, ma, al fine di evitare la cancellazione del marchio da parte dell'IPI, è sufficiente che, conformemente alla natura sommaria della procedura, renda le proprie allegazioni verosimili. L'alleviamento dell'onere della prova rispetto a quanto previsto dall'articolo 12 capoverso 3 seconda parte del periodo LPM è giustificata dal fatto che il richiedente che soccombe può sempre portare la causa dinnanzi a un tribunale civile.

Art. 35 lett. e L'articolo 35 LPM contiene una lista esaustiva dei motivi per i quali l'IPI può cancellare un marchio registrato. Occorre aggiungervi anche la lettera e che prevede la cancellazione in seguito all'approvazione di una domanda ai sensi dell'articolo 35a D-LPM.

Art. 35a (nuovo)

Domanda

Secondo l'articolo 12 capoverso 1 LPM il titolare che non ha usato il marchio per un periodo ininterrotto di cinque anni dalla scadenza inutilizzata del termine di opposizione o dalla fine della procedura di opposizione non può più far valere il diritto al marchio. Prima della scadenza di tale termine non è possibile motivare in modo valido una domanda di cancellazione per mancato uso. Il capoverso 2 prevede quindi che la domanda non può essere presentata all'IPI prima della scadenza di tale termine.

Per le registrazioni internazionali (art. 44 segg. LPM), il termine comincia a decorrere dalla data in cui l'Ufficio internazionale dell'OMPI ha comunicato la registrazione all'IPI, se si tratta di una registrazione secondo l'Accordo di Madrid (cfr. art. 5 paragrafo 2 AM e regola 18 par. 1 lett. a)iii) REsC); per le registrazioni internazionali secondo il Protocollo di Madrid, il termine comincia a decorrere non prima di 18 mesi dalla data della comunicazione (cfr. art. 5 par. 2 lett. b PM). Se l'IPI notifica un rifiuto provvisorio della protezione durante questi 12 o 18 mesi, invocando motivi assoluti d'esclusione o in ragione di un'opposizione, il termine comincia a decorrere soltanto alla fine delle corrispondenti procedure. Il nostro Consiglio disciplinerà le modalità esecutive precisando la data a partire dalla quale potrà essere presentata una domanda di cancellazione di una registrazione internazionale (come già fatto per il termine d'opposizione, cfr. art. 50 cpv. 1 OPM).

Chiunque può presentare una domanda di cancellazione. Benché dal tenore dell'articolo 52 LPM risulti che chi intenta un'azione per l'accertamento di un diritto deve dimostrare un interesse giuridico all'accertamento, secondo la prassi giudiziaria le esigenze in materia non sono troppo severe. Secondo la DTF 125 III 193 considerando 2 a), chiunque è autorizzato a invocare il mancato uso; non è necessario constatare un interesse particolare, dato che l'interesse generale a non essere ostacolato nel formare liberamente segni in seguito al mancato uso di marchi annullati è di regola sufficiente; l'interesse giuridico all'accertamento di un diritto viene a mancare soltanto in circostanze particolari. Per tale ragione e vista la natura somma7498

ria della procedura di cancellazione dinnanzi all'IPI e dato il fatto che il titolare del marchio può impedire la cancellazione del suo marchio rendendo semplicemente verosimile l'uso o gravi motivi che giustificano il mancato uso, non è necessario dimostrare un interesse particolare.

Secondo il capoverso 3 una domanda di cancellazione è considerata presentata al momento del pagamento dell'emolumento per la domanda. Nel fissare l'ammontare dell'emolumento, l'IPI dovrà badare a proporre una procedura vantaggiosa (nel quadro dei principi costituzionali generali); tuttavia l'emolumento dovrà essere abbastanza elevato da evitare domande abusive.

Art. 35b (nuovo)

Decisione

Prima di decidere in merito a una domanda di cancellazione l'IPI sente entrambe le parti sulle allegazioni della controparte (art. 31 PA). Se il titolare del marchio non presenta le sue allegazioni in tempo utile, in particolare perché non esiste più (p.es. a causa di una liquidazione), l'IPI decide basandosi sulle allegazioni della parte richiedente (art. 32 PA).

Secondo il capoverso 1 lettera a il richiedente deve rendere verosimile il mancato uso del marchio. Questa condizione corrisponde alla prima parte del periodo dell'articolo 12 capoverso 3 LPM. Il richiedente deve presentare mezzi di prova appropriati (p.es. ricerche sull'uso del marchio) che permettano all'IPI di concludere che il mancato uso è verosimile. Il fatto che il titolare del marchio iscritto nel registro non esista più, costituisce senza dubbio un indizio per il mancato uso. Se il richiedente non riesce a dimostrare il mancato uso dovrà assumersene le conseguenze. Se non è in grado di rendere verosimile il mancato uso del marchio, l'IPI rifiuta la sua domanda di cancellazione.

Il titolare del marchio ha la possibilità di mettere in questione la verosimiglianza del mancato uso, contestando le prove prodotte dal richiedente. Secondo la lettera b può altresì rendere verosimili l'uso del marchio o gravi motivi per il mancato uso. L'IPI rifiuta la domanda di cancellazione se ritiene che il marchio sia stato usato per il periodo previsto dalla legge ­ in tal caso il tentativo di rendere verosimile il mancato uso è semplicemente fallito ­ o che esistano gravi motivi per il mancato uso.

È sufficiente che il richiedente renda verosimile il mancato uso del marchio in Svizzera. Benché, conformemente all'articolo 5 capoverso 1 della Convenzione del 13 aprile 1892 fra la Svizzera e la Germania riguardante la reciproca protezione dei brevetti, disegni, modelli e marchi72, sia possibile far valere in Svizzera l'uso di un marchio in Germania, per il richiedente questa deroga al principio della territorialità non può avere la conseguenza di rendere verosimile il mancato uso in Germania. La Convenzione può invece eventualmente essere invocata dal titolare del marchio per dimostrarne l'uso.

Se il mancato uso è reso verosimile soltanto per una parte dei prodotti e servizi designati (cpv. 2), l'IPI approva la domanda di cancellazione soltanto
per tali prodotti e servizi.

Secondo il capoverso 3, quando decide in merito alla domanda di cancellazione, l'IPI deve decidere anche se e in quale misura la parte soccombente deve assumersi le spese della parte vincente. L'IPI potrà avvalersi della prassi sviluppata nel72

RS 0.232.149.136

7499

l'ambito della procedura d'opposizione, per la quale la LPM prevede, all'articolo 34, una disposizione identica.

La decisione dell'IPI può essere impugnata dinnanzi al Tribunale amministrativo federale (art. 33 lett. e, LTAF); le decisioni di quest'ultimo soggiacciono al ricorso in materia civile dinnanzi al Tribunale federale (art. 72 cpv. 2 lett. b n. 2 LTF).

Art. 35c (nuovo)

Procedura

Analogamente a quanto previsto per la procedura d'opposizione, il Consiglio federale disciplinerà le modalità nelle disposizioni esecutive. Dovrà in particolare decidere in quale momento le parti devono presentare le allegazioni e fornire le prove, nonché definirne la natura e i termini che l'IPI dovrà impartire. Dovrà inoltre disciplinare il rapporto tra procedura d'opposizione e procedura di cancellazione per il caso in cui il resistente non invochi solo a titolo d'opposizione il mancato uso del marchio anteriore (cfr. art. 32 LPM), bensì richieda nel contempo la cancellazione del marchio nel quadro della procedura di cancellazione.

Art. 41 cpv. 4 lett. e (nuova) Secondo l'articolo 41 capoverso 4 lettera e, il proseguimento della procedura è escluso in caso d'inosservanza dei termini per presentare opposizione. Nella sua prassi l'IPI ritiene che si tratti di un motivo assoluto ed esclude pertanto qualsiasi proseguimento della procedura d'opposizione in caso d'inosservanza di tali termini.

A differenza della procedura di registrazione di un marchio, alla quale questo mezzo giuridico è adattato, la procedura di cancellazione è una procedura con due parti nella quale la certezza giuridica riveste maggiore importanza. Visto che i termini impartiti dall'IPI nella procedura d'opposizione e nella futura procedura di cancellazione possono essere prorogati (art. 22 cpv. 2 PA), che l'IPI può tenere conto delle allegazioni tardive che sembrano decisive (art. 32 cpv. 2 PA) e che le parti possono chiedere la restituzione del termine se sono state impedite di agire nel termine stabilito senza loro colpa, non è necessario inserire nella legge un diritto supplementare che permetta, indipendentemente da qualsiasi errore, di chiedere il proseguimento della procedura. Per questo motivo tale possibilità non è stata prevista per la procedura di cancellazione.

2.1.7.6

Intervento dell'Amministrazione delle dogane

Art. 70 cpv. 1 e 71 cpv. 1 Affinché le parti legittimate a intentare un'azione in virtù dell'articolo 56 possano effettivamente farlo, devono poter richiedere l'intervento dell'Amministrazione delle dogane e far bloccare alla dogana i prodotti muniti illecitamente di un'indicazione di provenienza.

2.1.7.7

Adattamenti formali

La presente revisione parziale offre la possibilità di sostituire in tutto il testo di legge l'espressione «Istituto» con «IPI».

7500

L'ingresso attuale si riferisce ancora alle disposizioni della vecchia Costituzione.

Occorre quindi adattarlo per inserirvi il riferimento alle disposizioni della Costituzione federale del 18 aprile 1999.

2.2

Altre leggi federali

2.2.1

Legge federale del 24 marzo 1995 sullo statuto e sui compiti dell'Istituto federale della proprietà intellettuale

La presente revisione parziale offre la possibilità di sostituire in tutto il testo di legge l'espressione «Istituto» con «IPI».

L'ingresso attuale si riferisce ancora alle disposizioni della vecchia Costituzione.

Occorre quindi adattarlo per inserirvi il riferimento alle disposizioni della Costituzione federale del 18 aprile 1999.

L'articolo 2 capoverso 1 lettera f LIPI prevede che l'IPI partecipi alla cooperazione tecnica nell'ambito della proprietà intellettuale. Secondo il messaggio concernente la LIPI, l'IPI può realizzare autonomamente progetti di cooperazione tecnica73. Soltanto nel 2007 l'IPI ha cominciato ad avviare un piccolo numero di progetti che si inseriscono nel suo ambito di competenza. La prassi ha mostrato che, per ragioni di efficienza, nell'adempimento di tale compito l'IPI deve essere autorizzato, come altri servizi federali che operano nella cooperazione allo sviluppo, a negoziare e concludere trattati internazionali di portata temporale e materiale limitata che permettano di regolare con lo Stato partner le modalità di questi progetti. Poiché attualmente l'IPI non dispone di tale facoltà, la modifica dell'articolo 2 capoverso 3bis LIPI è tesa a inserire la suddetta delega di competenza nella legge.

Per quanto riguarda il campo d'applicazione materiale, la competenza si limita a progetti nell'ambito della proprietà intellettuale che possono essere autofinanziati dall'IPI. Pertanto non vi saranno di regola sovrapposizioni con competenze analoghe di altri servizi federali, come la Direzione dello sviluppo e della cooperazione, il Dipartimento federale degli affari esteri e la Segreteria di Stato dell'economia del Dipartimento federale dell'economia. La disposizione prevede inoltre l'obbligo per l'IPI di coordinare i trattati internazionali con le altre attività dell'Amministrazione federale nel settore della cooperazione internazionale. Essa non si applica ai progetti di coordinamento che l'IPI realizza su mandato e sotto la guida di un altro servizio federale, poiché in tal caso la conclusione del trattato internazionale non rientra nel suo settore di competenza. La delega di competenza non ha ripercussioni finanziarie per la Confederazione, poiché l'IPI finanzia tutti i suddetti progetti con le entrate provenienti da emolumenti riscossi per la concessione e il mantenimento
di titoli di protezione.

I trattati in questione sono trattati di portata minore ai sensi dell'articolo 7a capoverso 2 della legge del 21 marzo 2007 sull'organizzazione del Governo e dell'Amministrazione (LOGA) e quindi trattati che, indipendentemente dalla disposizione proposta, sono in ogni caso di competenza del nostro Collegio, conformemente alla delimitazioni delle prerogative tra quest'ultimo e l'Assemblea federale. Il nostro 73

«Esso può, autonomamente o in collaborazione con altre organizzazioni nazionali e internazionali, fungere da intermediario o consulente; ...», cfr FF 1994 III 873, pag. 902.

7501

Consiglio potrebbe delegare all'IPI la competenza di concludere trattati internazionali in virtù dell'articolo 48a capoverso 1 LOGA. Per ragioni di trasparenza in seno alla Confederazione e in particolare nei confronti dei partner internazionali, è tuttavia preferibile disciplinare la delega di competenza nell'articolo della LIPI che descrive i compiti dell'IPI. D'altronde non esiste alcun altro atto legislativo, ad esempio un'ordinanza, che permetterebbe di disciplinare la questione in seno all'Amministrazione e di garantire la trasparenza desiderata.

2.2.2 Art. 955a (nuovo)

Codice delle obbligazioni74 D. Riserva di altre disposizioni federali

La disposizione ribadisce che l'iscrizione di una ditta nel registro di commercio non esenta l'avente diritto dall'obbligo di rispettare le altre disposizioni legali, in particolare quelle che prevedono la protezione contro gli inganni nelle relazioni commerciali. Di conseguenza, anche se una ditta è stata iscritta, essa non può essere usata in rapporto a prodotti o servizi se ne risulta un rischio d'inganno ai sensi dell'articolo 47 LPM (per i dettagli cfr. n. 2.1.2.1). L'articolo 955a CO fissa il quadro per l'uso della ditta da parte del titolare. Essa non è destinata alle autorità del registro di commercio (cfr. anche il commento all'art. 47 cpv. 3 lett. c D-LPM).

2.2.3

Legge del 9 ottobre 199275 sul diritto d'autore

La presente revisione parziale offre la possibilità di sostituire in tutto il testo di legge l'espressione «Istituto» con «IPI».

L'ingresso attuale si riferisce ancora alle disposizioni della vecchia Costituzione.

Occorre quindi adattarlo per inserirvi il riferimento alle disposizioni della Costituzione federale del 18 aprile 1999.

Art. 75 cpv. 1, 76 cpv. 1 e 77 cpv. 1 L'adeguamento terminologico proposto in queste disposizioni corrisponde a quello effettuato per diverse disposizioni del D-LPM (cfr. il commento al n. 2.1.7.2).

2.2.4

Legge del 9 ottobre 199276 sulle topografie

La presente revisione parziale offre la possibilità di sostituire in tutto il testo di legge l'espressione «Istituto» con «IPI».

L'ingresso attuale si riferisce ancora alle disposizioni della vecchia Costituzione.

Occorre quindi adattarlo per inserirvi il riferimento alle disposizioni della Costituzione federale del 18 aprile 1999.

74 75 76

RS 220 RS 231.1 RS 231.2

7502

Art. 5 lett. b L'adeguamento terminologico proposto in questa disposizione corrisponde a quello effettuato per diverse disposizioni del D-LPM (cfr. il commento al n. 2.1.7.2).

2.2.5

Legge del 5 ottobre 200177 sul design

La presente revisione parziale offre la possibilità di sostituire in tutto il testo di legge l'espressione «Istituto» con «IPI».

Art. 9 cpv. 1 e 1bis, 46 cpv. 1, 47 cpv. 1 e 48 cpv. 1 L'adeguamento terminologico proposto in queste disposizioni corrisponde a quello effettuato per diverse disposizioni del D-LPM (cfr. il commento al n. 2.1.7.2).

2.2.6

Legge del 25 giugno 195478 sui brevetti

La presente revisione parziale offre la possibilità di sostituire in tutto il testo di legge l'espressione «Istituto» con «IPI».

L'ingresso attuale si riferisce ancora alle disposizioni della vecchia Costituzione.

Occorre quindi adattarlo per inserirvi il riferimento alle disposizioni della Costituzione federale del 18 aprile 1999.

Art. 8 cpv. 2, 86a cpv. 1, 86b cpv. 1 e 86c cpv. 1 L'adeguamento terminologico proposto in queste disposizioni corrisponde a quello effettuato per diverse disposizioni del D-LPM (cfr. il commento al n. 2.1.7.2).

L'articolo 8 capoverso 3 LBI non è invece modificato. Tale disposizione limita il diritto di vietare il transito, ossia il passaggio della merce attraverso il territorio doganale, che comprende anche l'immagazzinamento in un deposito franco. Il brevetto nazionale conferisce al titolare un tale diritto di divieto soltanto se quest'ultimo è legittimato a opporsi all'importazione anche nel Paese di destinazione. Di conseguenza se l'importazione nel Paese di destinazione costituisce un uso lecito della sua invenzione, il titolare non è leso nei suoi diritti. L'articolo 8 capoverso 3 LBI impedisce quindi che il diritto di vietare il transito, teso a lottare contro le contraffazioni, possa essere usato abusivamente per vietare la circolazione legale di merci tra Stati terzi79.

Le modifiche redazionali degli articoli 86a segg. non hanno alcuna incidenza sulla portata dell'articolo 8 capoverso 3 LBI. Devono quindi esservi non solo indizi concreti di violazione dei diritti risultanti da un brevetto in Svizzera, ma anche indizi di violazione dei diritti nel Paese di destinazione. Se chiede l'intervento dell'Amministrazione delle dogane in caso di transito di merci di cui sospetta che violino i suoi diritti, il titolare del brevetto è pertanto tenuto a dimostrare che tali

77 78 79

RS 232.12 RS 232.14 Messaggio LBI, FF 2006 1, pag. 112.

7503

merci violano un brevetto anche nel Paese di destinazione, altrimenti l'intervento delle autorità doganali non è giustificato.

Art. 83a (nuovo)

Infrazioni commesse nell'azienda

Per le infrazioni commesse in un'azienda da subordinati, mandatari o rappresentanti, l'articolo 83a rinvia agli articoli 6 e 7 della legge federale del 22 marzo 1974 sul diritto penale amministrativo (DPA). La disposizione permette di armonizzare le disposizioni sulle infrazioni negli stabilimenti commerciali, dato che diverse leggi sulla proprietà intellettuale (art. 71 LDA, art. 67 LPM e art. 26 LCSl) contengono una disposizione simile.

2.2.7

Legge del 29 aprile 199880 sull'agricoltura

L'ingresso attuale si riferisce ancora alle disposizioni della vecchia Costituzione.

Occorre quindi adattarlo per inserirvi il riferimento alle disposizioni della Costituzione federale del 18 aprile 1999.

Art. 16 cpv. 2bis (nuovo) L'ordinanza sulle DOP e le IGP permette già la registrazione delle denominazioni concernenti aree geografiche di Paesi terzi. L'UFAG, competente per la registrazione delle denominazioni in virtù dell'articolo 16 LAgr, entra quindi nel merito delle domande di registrazione estere. Poiché l'accesso al registro dell'UFAG per le denominazioni estere è stato confermato nell'ambito dell'OMC, occorre precisare esplicitamente tale possibilità nel testo legale (art. 16 cpv. 2bis D-LAgr), al fine di evitare qualsiasi ambiguità in merito.

Art. 16 cpv. 5bis (nuovo) Chiunque utilizzi una denominazione d'origine o un'indicazione geografica per un prodotto identico o comparabile deve soddisfare le condizioni dell'elenco degli obblighi. Per tale ragione l'articolo 16 capoverso 5bis LAgr prevede che la procedura d'esame di un marchio che contiene un'indicazione geografica identica o simile81 a quella oggetto di una domanda di registrazione deve essere sospesa fino al passaggio in giudicato della decisione relativa alla domanda di registrazione della denominazione d'origine o dell'indicazione di provenienza. Una volta che tale decisione è passata in giudicato, la sospensione è tolta e il marchio può essere registrato, con la limitazione adeguata se l'indicazione geografica è stata registrata.

2.2.8

Legge forestale del 4 ottobre 199182

L'ingresso attuale si riferisce ancora alle disposizioni della vecchia Costituzione.

Occorre quindi adattarlo per inserirvi il riferimento alle disposizioni della Costituzione federale del 18 aprile 1999.

80 81 82

RS 910.1 Cfr. l'art. 3 LPM e la giurisprudenza in merito.

RS 921.0

7504

Art. 41a (nuovo)

Designazione

Questo nuovo articolo crea i presupposti per introdurre denominazioni di origine protette anche per i prodotti di silvicoltura e i relativi prodotti trasformati. La designazione DOC, finora riservata ai prodotti agricoli, potrà pertanto essere usata anche per i prodotti forestali e i relativi prodotti trasformati (legno e prodotti in legno) provenienti da regioni ancora da definire e offrirà quindi nuove opportunità commerciali. Tale modifica della legge forestale crea le basi legali per la protezione efficace delle designazioni di prodotti tradizionali della silvicoltura svizzera. La presente integrazione della legge forestale adempie l'incarico della mozione 08.3247 «Protezione DOP/IGP per i prodotti forestali» (cfr. n. 1.2).

Secondo il capoverso 2 la registrazione e la protezione delle designazioni sono rette dalla legislazione sull'agricoltura. In particolare sono importanti l'articolo 16 LAgr, l'ordinanza DOP/IGP e le disposizioni amministrative, penali ed esecutive della legge sull'agricoltura. Secondo l'articolo 8 capoverso 2 dell'ordinanza DOP/IGP, nell'ambito della procedura di registrazione l'Ufficio federale dell'agricoltura chiede il parere dell'Ufficio federale dell'ambiente quale autorità federale interessata.

2.3

Revisione della legge sulla protezione degli stemmi

Si tratta di una revisione totale che abroga la legge federale del 5 giugno 1931 per la protezione degli stemmi pubblici e di altri segni pubblici (LPSP). In Svizzera per segni pubblici s'intendono gli stemmi, le bandiere, i contrassegni di garanzia della Confederazione e degli enti territoriali (i Cantoni e i Comuni, ma anche altri enti territoriali quali le comunità di valle o i comuni parrocchiali). La protezione riguarda anche i segni pubblici di Stati esteri e dei loro enti territoriali. In ragione del principio di territorialità la LPSP sarà applicabile a questi segni, se usati sul territorio svizzero (per quanto riguarda la protezione all'estero, cfr. n. 1.3). Oltre a questi segni pubblici sono protette anche designazioni ufficiali quali «Confederazione», «Cantone» e altre designazioni che rinviano a un'autorità. La legge definisce in particolare la cerchia delle persone e delle autorità autorizzate a usare i segni pubblici. Protegge non soltanto l'ente pubblico nell'uso dei propri emblemi, bensì anche gli agenti sul mercato e i consumatori dall'uso fuorviante dei segni pubblici. I concorrenti sul mercato devono ad esempio potersi difendere se prodotti fabbricati all'estero vengono contrassegnati con la croce svizzera. A differenza di quanto previsto per i segni pubblici degli enti territoriali, i loro nomi (Svizzera, Berna, San Moritz) non sono protetti dalla LPSP (in merito ai nomi degli enti territoriali cfr. il commento all'art. 4 D-LPSP). Non sono protetti neppure gli stemmi di famiglia.

Riassumendo, l'obiettivo perseguito con la revisione totale della legge è di proteggere il pubblico dall'inganno derivante dall'uso abusivo dei segni pubblici e di consolidare il forte valore economico e d'identificazione di tali segni.

2.3.1

Titolo

Il titolo tiene conto del fatto che il disegno di legge non serve soltanto alla protezione dello stemma della Confederazione, bensì anche a quella dei segni pubblici in generale.

7505

2.3.2

Capitolo 1: Segni pubblici della Svizzera

2.3.2.1

Sezione 1: Definizioni

Art. 1

Croce svizzera

La croce svizzera è una croce bianca in campo rosso. È libera, in posizione verticale e i suoi bracci, uguali tra loro, sono di un sesto più lunghi che larghi. Tale definizione corrisponde a quella contenuta nella risoluzione federale del 12 dicembre 1889 sullo stemma della Confederazione Svizzera (Risoluzione federale 1889). Non sussiste tuttavia alcun obbligo di usare la croce svizzera soltanto in questa forma. Se soddisfano le pertinenti condizioni, i soggetti legittimati sono liberi, come finora, di usare la croce svizzera anche in forma modificata, ad esempio con dimensioni diverse o insieme ad altri elementi grafici. Svizzera Turismo può ad esempio continuare ad usare la croce svizzera in forma di stella alpina83.

La croce bianca continua, originariamente un simbolo cristiano, apparve per la prima volta nella battaglia di Laupen (1339), come segno di riconoscimento sui vestiti dei Bernesi, in forma di due strisce di stoffa cucite perpendicolarmente. Dal XIV secolo la croce bianca venne applicata sui vessilli militari bernesi, dal XV secolo anche sugli altri vessilli confederali. Il Patto federale del 1815 stabilì che la croce bianca, libera, isoscele in campo rosso divenisse stemma ufficiale della Svizzera. Essa fu dapprima apposto sul Sigillo federale, che figura nel mezzo di tutti gli stemmi cantonali. La creazione della prima bandiera militare unitaria, caratterizzata da una croce bianca in campo rosso, fu realizzata per iniziativa di Guillaume-Henri Dufour nel 184084.

La risoluzione federale del 1889 precisa (cfr. commento all'art. 2 D-LPSP) che i bracci della croce verticale e libera, uguali fra loro, devono essere di un sesto più lunghi che larghi.

Art. 2

Stemma della Confederazione Svizzera

L'articolo 2 capoverso 1 definisce lo stemma della Confederazione riprendendo la definizione della croce svizzera statuita nella risoluzione federale del 1889, che può pertanto essere abrogata. L'oggetto protetto dall'articolo 2 è lo stemma della Confederazione Svizzera come definito nella suddetta risoluzione federale. La definizione è completata con la descrizione della forma dello stemma (scudo triangolare). Dal punto di vista materiale l'articolo 2 non comporta modifiche in merito alla definizione e all'uso dello stemma della Confederazione. Come finora, anche in futuro gli enti pubblici autorizzati come pure le organizzazioni e le imprese che adempiono compiti pubblici in quanto unità rese autonome85 potranno usare lo stemma svizzero in una forma modificata ­ ad esempio insieme ad altri elementi grafici o con altre dimensioni (cfr. art. 8 D-LPSP). Le FFS possono ad esempio apportare su una locomotiva uno stemma svizzero che nelle sue dimensioni differisce dalla forma definita nell'articolo 2.

83 84 85

In questa forma la croce è registrata come marchio di un servizio (marchio n. P 461 959) Indicazioni tratte dal Dizionario storico della Svizzera: http://www.hls-dhsdss.ch/textes/i/I10104.php.

Per il termine di «unità rese autonome» cfr. Rapporto del Consiglio federale del 13 settembre 2006 sul governo d'impresa, FF 2006 7545.

7506

Alcuni partecipanti alla procedura di consultazione hanno ritenuto troppo stretta la definizione dello stemma svizzero come croce svizzera in uno scudo triangolare, in quanto lo stemma non è riprodotto unicamente in uno scudo triangolare, ma spesso anche nella cosiddetta forma spagnola col bordo inferiore arrotondato (p.es. sulle targhe automobilistiche). L'articolo 8 D-LPSP, che disciplina l'impiego dello stemma della Confederazione e dei segni che possono essere confusi con esso, tiene conto di questa preoccupazione. La nozione di «segni confondibili» include anche i segni che hanno una forma dello scudo diversa da quella triangolare (forma spagnola: scudo arrotondato verso il basso, a forma semicircolare; forma inglese: scudo normalmente angolare, con una punta in basso; a forma di rombo: scudo a forma di rombo verticale; scudo rotondo; scudo con intagli da ambo i lati; scudo normanno: scudo a mandorla, ecc.). Per decidere se un segno può essere confuso è determinante che i concorrenti sul mercato e/o i consumatori possano ancora percepirlo come stemma (cfr. il commento all'art. 8 D-LPSP). L'articolo 2 si limita a definire lo stemma della Confederazione.

Il capoverso 2 rinvia all'allegato 1 della legge in cui è raffigurato lo stemma svizzero definito nel capoverso 1. Per motivi di chiarezza lo stemma ufficiale della Confederazione Svizzera è riprodotto, come finora, con un'immagine. Sono inoltre stabilite le dimensioni della croce bianca in campo rosso, mentre non è disciplinato il rapporto tra le dimensioni della croce e dello scudo. Anche in questo caso non vi è alcuna modifica rispetto alla legge attualmente in vigore. La definizione del colore rosso dello stemma costituisce invece una novità e serve a determinare se un segno rischia di essere confuso con lo stemma svizzero (cfr. il commento all'art. 8 D-LPSP concernente il rischio di confusione). Come finora, lo stemma potrà essere usato anche con altre tonalità di rosso. La definizione soddisfa tuttavia un'esigenza generale e stabilisce nel contempo maggiore chiarezza: in passato, soprattutto nel settore grafico, la mancanza di una definizione precisa della tonalità di rosso ha condotto a incertezze nella riproduzione e a relative richieste. Come soluzione d'emergenza l'ex Ufficio centrale federale degli stampati e del materiale (UCFSM)
aveva emanato una raccomandazione in merito al colore da usare per le pubblicazioni. La definizione della tonalità di rosso si fonda sulle indicazioni del manuale «Corporate Design dell'Amministrazione della Confederazione Svizzera», edito nel 2005 dal Servizio CD della Confederazione86, ed è stata completata da indicazioni di colore moderne e spesso impiegate.

Art. 3

Bandiera svizzera

L'articolo 3 capoverso 1 fornisce una definizione della bandiera svizzera, che attualmente non esiste. Poiché si rifà a un'insegna militare (cfr. le spiegazioni in merito alla croce svizzera nell'art. 1 D-LPSP), la bandiera svizzera è di forma quadrata. La forma quadrata, che diverge dalla forma rettangolare della maggior parte delle bandiere degli altri Stati, è ben radicata nel popolo: il cittadino svizzero s'identifica con tale forma. Inoltre, la forma della bandiera svizzera è in generale accettata anche all'estero ed è facilmente riconoscibile. Proprio grazie alla forma quadrata e ben proporzionata essa figura, accanto alla bandiera statunitense delle «Stars & Stripes» e a quella britannica dell'«Union Jack», tra le bandiere più famose in tutto il mondo. La definizione proposta non comporta modifiche sostanziali.

86

Il manuale può essere consultato sul sito del Servizio CD della Confederazione: http://www.bk.admin.ch/themen/02268/index.html?lang=it.

7507

Infatti, come finora la bandiera può essere modificata, ad esempio in ambito pubblicitario (p.es. la sua forma quadrata può essere trasformata in una forma ondulata o assumere altre proporzioni). Per l'uso della bandiera devono tuttavia essere in ogni caso soddisfatte le condizioni per l'indicazione di provenienza svizzera (cfr. in merito il commento all'art. 13 D-LPSP). Con la definizione della bandiera svizzera nella legge s'intendono completare le informazioni relative alla croce svizzera e allo stemma della Confederazione degli articoli 1 e 2 D-LPSP. Tale integrazione è necessaria poiché la bandiera svizzera diverge, come detto, dall'usuale forma rettangolare delle altre bandiere.

Come per lo stemma svizzero, le dimensioni esatte della bandiera svizzera sono disciplinate nell'allegato 2 della legge (cpv. 2). Ciò implica la definizione del rapporto tra le dimensioni della croce svizzera e della bandiera.

Secondo il capoverso 3 continuano ad applicarsi le disposizioni sull'emblema della Svizzera contenute nella legge federale del 23 settembre 1953 sulla navigazione marittima sotto bandiera svizzera (LNM) e della legge federale del 21 dicembre 1948 sulla navigazione aerea (LNA). Questi atti legislativi contengono disposizioni specifiche sull'uso della bandiera svizzera sulle navi e del contrassegno nazionale sugli aerei. L'uso del contrassegno nazionale sullo stabilizzatore verticale degli aerei della compagnia aerea «Swiss» sarà disciplinato come sinora dalla legislazione specifica, ossia dall'ordinanza del 6 settembre 198487 sui contrassegni degli aeromobili. Questi atti specifici tengono conto delle caratteristiche tecniche particolari e, per quanto riguarda l'uso dello stemma o della bandiera svizzeri nei rispettivi ambiti, prevalgono come finora sulla LPSP. Tale scelta è coerente poiché in altri casi non vi è alcun obbligo di riprendere lo stemma della Confederazione o la bandiera svizzera nella forma definita. La riserva della legge militare del 3 febbraio 199588 permette all'esercito di continuare a usare le bandiere militari (bandiere, stendardi, insegne e vessilli militari), che hanno un alto valore storico e simbolico, nella loro forma specifica conformemente alla pertinente ordinanza e al «Regolamento sull'uso delle bandiere» dell'Esercito svizzero89. L'uso di bandiere, stendardi e
insegne sottostà a regole particolari che sono parte del protocollo militare o di Stato e che continueranno a essere applicate anche in futuro. Alcune di queste regole riguardano anche le dimensioni delle bandiere militari, che differiscono da quelle definite nell'articolo 3 D-LPSP per motivi tradizionali e tecnici.

Art. 4

Altri emblemi della Confederazione

Il capoverso 1 prevede che il Consiglio federale stili un elenco degli altri emblemi della Confederazione in un allegato all'ordinanza esecutiva con l'obiettivo di migliorare la visione complessiva e la chiarezza. A parte la lista inviata all'OMPI nel 1967 nell'ambito del sistema di notificazione previsto dalla CPrI90, manca una panoramica degli emblemi, il che non è evidentemente privo di conseguenze per l'esecuzione. La disposizione proposta permette al nostro Consiglio di decidere, in un allegato separato e in modo vincolante, quali segni siano da considerarsi emblemi 87 88 89 90

RS 748.216.1 RS 510.10 Regolamento 51.340: «Der Umgang mit Fahnen, Standarten und Fanions», non esiste in versione italiana.

Gli emblemi notificati all'OMPI sono consultabili nella biblioteca elettronica della proprietà intellettuale dell'OMPI, alla rubrica «Recherche structurée Article 6ter»: (http://www.wipo.int/ipdl/fr/search/6ter/search-struct.jsp).

7508

della Confederazione. Con una semplice modifica dell'ordinanza è possibile in ogni momento attualizzare l'elenco. Consultando l'allegato tutti possono informarsi sui segni pubblici della Confederazione protetti in Svizzera, in particolare sui contrassegni di garanzia e di controllo (cfr. cpv. 2). Ciò facilita l'esecuzione della legislazione sulla protezione degli stemmi.

Oltre allo stemma della Confederazione, alla croce svizzera e alla bandiera svizzera vi sono altri emblemi della Confederazione che devono essere protetti e che rientrano pertanto nel campo d'applicazione del presente disegno di legge. Si tratta di segni pubblici che sono espressione simbolica della sovranità dello Stato, come ad esempio i timbri ufficiali, i sigilli, i valori di bollo ufficiali (francobolli, bolli), i segnali pubblici trigonometrici e limnimetrici o i termini di confine. Alcuni di questi emblemi sono protetti da disposizioni penali specifiche, quali gli articoli 240­250 CP, riguardanti la falsificazione delle monete, dei valori ufficiali di bollo, delle marche ufficiali, dei pesi e delle misure, e l'articolo 290 CP, riguardante i sigilli ufficiali (rottura di sigilli). Sono considerati emblemi anche i cosiddetti punzoni ufficiali. Tutte le casse degli orologi d'oro, d'argento, di platino e di palladio fabbricate o importate in Svizzera vengono ad esempio obbligatoriamente verificate dal Controllo svizzero dei metalli preziosi in merito alla loro costituzione materiale. Se il titolo effettivo corrisponde a quello indicato, ciò è confermato con il punzone ufficiale che raffigura la testa di un cane di San Bernardo91. La Convenzione del 15 novembre 197292 concernente il controllo e la punzonatura di lavori in metallo prezioso (Convenzione di Vienna), cui ha aderito anche la Svizzera93, prevede un punzone comune, riconosciuto in tutti gli Stati membri, per le merci in oro, argento e platino. Il punzone comune è costituito dalla raffigurazione in rilievo di una bilancia con un numero in cifre arabe che indica il titolo dell'oggetto in millesimi su uno sfondo tratteggiato, la cui cornice indica il tipo di metallo prezioso. D'altronde la CPrI prevede una procedura di notifica particolare per i segni pubblici. All'estero sono protetti conformemente alla CPrI soltanto gli emblemi della Svizzera che sono stati comunicati
agli Stati membri della CPrI. Nel 1967 la Svizzera ha notificato all'Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale (OMPI), competente per la suddetta convenzione, diversi emblemi svizzeri. Oltre alla testa di un cane San Bernardo, sono stati notificati altri punzoni di garanzia della Svizzera. Anche se in seguito all'ultima revisione della legislazione sui metalli preziosi questi punzoni non vengono più usati, essi si ritrovano ancora su merci e oggetti vari, per cui devono rimanere emblemi protetti (cpv. 2).

Non sono invece contemplati dalla protezione degli emblemi prevista dall'articolo 4 D-LPSP i nomi degli enti territoriali. Nomi come «Svizzera», «Berna» o «Mendrisio» non sono pertanto protetti dal disegno di legge. Se si tratta di indicazioni di provenienza geografiche, questi nomi sono protetti dagli articoli 47 segg. LPM. Essi beneficiano, come i nomi degli enti pubblici, della protezione di diritto pubblico prevista dall'articolo 29 CC, che disciplina la protezione dei nomi.

91

92 93

Maggiori informazioni (in francese e tedesco) in merito ai punzoni ufficiali sono disponibili sul sito del Controllo svizzero dei metalli preziosi: http://www.ezv.admin.ch/glossar/00012/index.html?lang=de#sprungmarke0_5 RS 0.941.31 Oltre a Danimarca, Finlandia, Svezia, Norvegia, Portogallo, Gran Bretagna, Irlanda, Paesi Bassi, Repubblica Ceca, Austria, Lettonia, Lituania, Polonia, Slovacchia, Ungheria, Cipro, Israele e Slovenia.

7509

Non sono considerati emblemi neanche i loghi e i marchi degli enti federali per merci, servizi e attività che non sono espressione della sovranità dello Stato e pertanto non sono interpretate come attività sovrane dello Stato. Ciò vale ad esempio per lo slogan «Love Life Stop Aids»94 della campagna nazionale «Stop Aids», realizzata dall'Ufficio federale della sanità pubblica e dall'Aiuto Aids Svizzero, o per il logo «Scuola in rete»95 dell'Ufficio federale della formazione professionale, usato per l'omonima campagna della Confederazione e dei Cantoni in collaborazione con l'economia privata.

In questi casi la protezione dall'uso abusivo del logo è garantita dalle norme specifiche del diritto in materia di protezione dei marchi e di concorrenza sleale.

Art. 5

Stemmi, bandiere e altri emblemi dei Cantoni, distretti, circoli e Comuni

La definizione degli stemmi, delle bandiere e degli emblemi dei Cantoni, distretti, circoli e Comuni compete ai Cantoni. Il diritto in vigore presuppone tale competenza dei Cantoni, senza tuttavia menzionarla esplicitamente nella legge. Dato che negli articoli 1­4 sono definiti gli emblemi della Confederazione, è opportuno, per ragioni di sistematica e di trasparenza, rinviare alla competenza dei Cantoni per la definizione degli emblemi cantonali.

Art. 6

Designazioni ufficiali

Come sinora le designazioni ufficiali saranno protette. Le designazioni citate nell'articolo 6 D-LPSP non sono esaustive. Vi rientrano ad esempio anche le designazioni quali «Confederazione Svizzera», «www.admin.ch», «Confoederatio Helvetica», le abbreviazioni note di autorità (DFGP, DDPS, PFZ, ecc.) o altre designazioni che rinviano a enti pubblici o ai loro organi. Oltre alle designazioni ufficiali in senso stretto, sono protette anche le designazioni o espressioni che rinviano a un'attività ufficiale o a una funzione sovrana. Ciò vale ad esempio per il termine «Polizia», che in futuro sarà protetto in quanto designazione ufficiale. Lo scopo è di promuovere la fiducia generale dei cittadini nelle designazioni che rinviano a un'attività ufficiale.

Nell'ambito della consultazione è stato chiesto di proteggere come designazioni ufficiali anche «Svizzera», «svizzero» e i nomi dei Cantoni, distretti, circoli e Comuni. Queste designazioni permettono tuttavia di esprimere le relazioni più svariate con il territorio, il popolo o lo Stato e non rinviano obbligatoriamente a un carattere statale o a una relazione con un'autorità. La designazione «svizzero» in quanto tale, ad esempio, non sempre significa «ufficiale», «statale» o «semi-statale» e non è messa in relazione esclusivamente con lo Stato e i suoi organi. Anche istituzioni prettamente private quali l'Agenzia telegrafica svizzera o la Guardia aerea svizzera di soccorso possono definirsi «svizzere» e chiarire in tal modo che operano a livello nazionale. Si è tuttavia in presenza di una designazione ufficiale se il nome «Svizzera» o il nome di un ente pubblico viene usato insieme a un'altra designazione in modo tale che la combinazione delle designazioni ­ come ad esempio Istituto svizzero di diritto comparato, Istituto svizzero per gli agenti terapeutici o Istituto nazionale svizzero di assicurazione contro gli infortuni ­ fa pensare a un'attività statale o 94 95

Il logo è protetto come marchio (marchio n. 536 793).

Il logo è protetto come marchio (marchio n. 501 169).

7510

semi-statale. Lo stesso vale se le circostanze concrete inducono a supporre una siffatta attività o un'autorità. In questi casi si applica la protezione prevista dall'articolo 6 D-LPSP e il nome «Svizzera» o il nome dell'ente pubblico non può essere usato per designare attività private. I nomi di dominio «svizzera.ch» o «lugano.ch» destano l'impressione che il sito sia gestito rispettivamente dalla Confederazione e dal Comune di Lugano e l'internauta si aspetta giustamente di trovare sul sito anche informazioni ufficiali dell'ente pubblico in questione. Anche l'uso di designazioni di ditte quali «Istituto svizzero per piante medicinali», «Swissmoney Ltd.» o «Swiss Institute of Biotechnology» sembrano rinviare a un'attività statale o semi-statale e pertanto non possono essere usate da una società privata. Designazioni come «Swiss Travel Ltd.», «Swissôtel SA» o «eidgenossenkunst ­ Dr. Dirk Hanebuth» non rientrano invece in questa categoria.

Art. 7

Segni nazionali figurativi o verbali

L'articolo 7 definisce cosa s'intende per segni nazionali figurativi e verbali. Come sinora tali segni beneficeranno della protezione conferita dalla legge ai segni pubblici. Essi si riferiscono a luoghi emblematici quali la biblioteca dell'abbazia di San Gallo, i tre castelli di Bellinzona o il Cervino, a eroi nazionali quali Guglielmo Tell e Winkelried, a simboli nazionali quali Helvetia, a miti o leggende nazionali quali il giuramento sul Grütli, a siti storici quali il Grütli e a monumenti nazionali quali quelli a Guglielmo Tell, Winkelried o San Giacomo.

2.3.2.2 Art. 8

Sezione 2: Uso Stemmi

La distinzione tra croce svizzera e stemma della Confederazione è stata accolta con favore da una grande maggioranza dei partecipanti alla consultazione. Mentre l'uso dello stemma è riservato allo Stato, la croce svizzera può essere messa a disposizione dell'economia in maniera adeguata. Una maggioranza ritiene giusto e opportuno il principio secondo cui gli stemmi e i segni che possono di essere confusi con questi ultimi possano essere usati esclusivamente dal rispettivo ente pubblico. Alcuni partecipanti alla consultazione sono tuttavia dell'avviso che la Confederazione non dovrebbe usufruire di un monopolio assoluto per l'uso dello stemma svizzero, poiché ritengono che ciò potrebbe essere ingiusto se un segno somigliante allo stemma si è già affermato sul mercato come marchio. Chiedono pertanto di concedere alle imprese, associazioni o fondazioni tradizionali svizzere, che da anni usano come contrassegno lo stemma della Confederazione o un segno simile, il diritto di continuare a usarlo, a patto che soddisfino condizioni severe. Il capoverso 4 tiene conto di questa esigenza. Poiché le eccezioni sono legate a condizioni severe, non è messo in questione uno degli obiettivi del progetto di revisione, ossia quello di riservare l'uso degli stemmi svizzeri all'ente pubblico autorizzato (cfr. il commento all'art. 35 D-LPSP).

Gli stemmi della Confederazione, dei Cantoni, dei distretti, dei circoli e dei Comuni sono espressione della sovranità e della dignità del rispettivo ente pubblico. Perciò l'articolo 8 capoverso 1 statuisce il principio secondo cui gli stemmi e i segni confondibili con essi possono essere usati soltanto dal rispettivo ente pubblico. Fanno parte dell'ente pubblico anche le organizzazioni e aziende che adempiono compiti 7511

pubblici in quanto unità rese autonome, ma che appartengono a un ente pubblico (di proprietà dell'ente pubblico o di cui l'ente pubblico detiene una partecipazione di maggioranza o principale). Ne fanno ad esempio parte l'IPI, l'autorità federale di vigilanza sul mercato finanziario, Swissmedic, l'Istituto svizzero di diritto comparato, l'INSAI, la Posta, l'Assicurazione svizzera contro i rischi dell'esportazione, la Swisscom, le FFS, Skyguide e la RUAG. Fintanto che è proprietà dell'ente pubblico, l'azienda deve poter usare lo stemma. Se tuttavia viene privatizzata (come ad esempio la compagnia aerea «Swiss», la cui maggioranza delle azioni e di proprietà privata), essa non appartiene più all'ente pubblico e non può più usare lo stemma di quest'ultimo.

All'ente pubblico non sono riservate soltanto le rappresentazioni fedeli o le riproduzioni parziali degli emblemi, bensì anche i segni che possono essere confusi con essi. Il rischio di confusione è valutato in base ai criteri generalmente validi del diritto in materia di contrassegni e non si limita a criteri puramente araldici. Di conseguenza vi è pericolo di confusione quando un segno uguale o simile mette in pericolo la funzione del segno, protetto dalla legge, di caratterizzare l'ente pubblico o le sue unità. (DTF 131 III 572 consid. 3, pag. 577 con rinvii). Per valutare il rischio di confusione è decisiva l'impressione generale che i segni lasciano nella memoria dei destinatari (DTF 131 III 572 consid. 3, pag. 576; 121 III 377 consid.

2a, pag. 378). Non è quindi sufficiente modificare le dimensioni dello stemma protetto o utilizzare un'altra forma dello scudo per escludere il pericolo di confusione. Non basta neppure usare un altro colore o un'altra combinazione di colori che non si distingua chiaramente dal colore o dalla combinazione di colori del segno protetto.

Poiché lo stemma della Confederazione e la bandiera svizzera contengono lo stesso motivo, ossia una croce verticale bianca in campo rosso, per valutare la possibilità di confusione di questi due segni occorre fare una distinzione ragionevole e chiara.

Indipendentemente del tenore dell'articolo 2 capoverso 1 D-LPSP, non è decisiva la forma dello scudo (a triangolo, a semicerchio, rotondo, con incisioni su entrambi i lati, scudo normanno, ecc.), bensì il fatto che i destinatari
associno la forma usata a uno stemma. Con il divieto di usare qualsiasi segno che rischia di essere confuso, intendiamo impedire i sotterfugi di coloro che potrebbero limitarsi a modificare i segni protetti in modo insignificante, ma sufficiente per evitare un'imitazione dal punto di vista araldico. Una croce bianca verticale su uno stemma arancione è ad esempio un segno che può essere confuso con lo stemma della Confederazione.

Nonostante la diversità dei colori rosso e arancione, il destinatario assocerà il segno con lo stemma della Confederazione poiché la tonalità di colore scelta non si distingue sufficientemente dal rosso dello stemma. Lo stesso dicasi per una croce verticale bianca su uno scudo nero, che il destinatario potrebbe interpretare come rappresentazione in bianco e nero dello stemma della Confederazione. Non sarebbe neanche lecita una rappresentazione della croce di colore argento in campo rosso.

Per quanto riguarda gli elementi caratteristici degli stemmi cantonali, la protezione non riguarda il motivo in quanto tale (orso, leone), bensì i loro elementi distintivi più importanti nella loro rappresentazione caratteristica, ad esempio l'orso levato di Appenzello o i leoni rampanti di Turgovia. Questa precisazione è necessaria perché gli elementi caratteristici degli stemmi ricorrono anche nelle rispettive bandiere cantonali. Con questa soluzione si evita una contraddizione con l'articolo 10 DLPSP.

7512

Il capoverso 2 protegge anche i riferimenti verbali allo stemma della Confederazione o di un Cantone. Sono contemplate da questa disposizione segni verbali come «scudo svizzero» o «stemma di Berna». La disposizione si limita agli stemmi e non si estende più agli elementi caratteristici degli stemmi cantonali. I riferimenti verbali a questi elementi saranno possibili: a differenza degli stemmi, l'uso delle espressioni «bastone episcopale basilese» o «toro di Uri» non induce a supporre che vi sia una relazione diretta tra l'utilizzatore e l'ente pubblico. Inoltre, attualmente tali espressioni possono già essere usate per i servizi.

Lo stemma della Confederazione Svizzera e quelli dei Cantoni, distretti, circoli e Comuni sono espressione della sovranità e della dignità del rispettivo ente pubblico.

Per tale motivo il loro uso sarà riservato ai rispettivi enti pubblici (per le eccezioni cfr. capoversi 5 e 6). È quindi logico che per questi segni l'ente pubblico non possa rilasciare licenze a privati e neppure trasferirne i diritti. Con una licenza o un trasferimento dei diritti, il proprietario del segno concede a terzi il diritto di usarlo. Questo diritto, concesso in virtù del diritto privato, è tuttavia annullato dal divieto d'uso previsto dalla legge. Nonostante il trasferimento dei diritti o la concessione della licenza, l'acquirente del segno o il titolare della licenza non potrà usare lecitamente il segno. Ciò è attualmente già il caso in virtù del divieto generale per i privati di usare lo stemma per contrassegnare i loro prodotti96. Ciononostante in passato marchi delle autorità federali che contenevano lo stemma della Confederazione sono stati dati in licenza o trasferiti a società private. Il capoverso 3 crea ora una base legale chiara che vieta in generale la concessione in licenza o il trasferimento di stemmi. Tuttavia, in virtù dell'articolo 8 capoverso 4 lettera e D-LPSP, l'uso di un segno pubblico da parte di un privato nell'ambito di un marchio collettivo o di garanzia depositato legittimamente da un ente pubblico resta lecito: il controllo del marchio, in particolare la sua gestione e ­ a differenza di quanto previsto dal contratto di licenza ­ l'elaborazione unilaterale dei presupposti per l'uso nel regolamento sul marchio resta infatti di competenza dell'ente pubblico.

Gli stemmi
e gli elementi caratteristici degli stemmi cantonali in relazione a uno scudo possono essere usati soltanto dal rispettivo ente pubblico (Confederazione, Cantone, distretto, circolo o Comune) e dalle sue unità. In deroga a tale principio questi segni possono essere usati da altre persone nei casi esplicitamente citati al capoverso 4. È ad esempio consentito riprodurre gli stemmi in dizionari ed enciclopedie o a fini illustrativi in opere scientifiche (lettera a).

Gli stemmi potranno essere usati anche per la decorazione di feste e manifestazioni, soprattutto in occasione di eventi sportivi e manifestazioni politiche (lettera b).

Sarà tuttora possibile apporre gli stemmi su oggetti d'artigianato quali calici, vetri araldici, monete commemorative o oggetti simili, che l'acquirente espone spesso per un determinato periodo nei propri immediati dintorni per mantenere vivo il ricordo di un evento o di una festa (p.es. festa di tiro, festa di ginnastica). In questi casi gli stemmi costituiscono l'essenza stessa degli oggetti (lettera c). In occasione della procedura di consultazione è stato osservato che la formulazione prevista dall'avamprogetto ricordava la giurisprudenza precedente sull'uso decorativo degli stemmi, ritenuta troppo generosa e fonte di abusi. Abbiamo tenuto conto di questa critica precisando la disposizione: la deroga non può essere fatta valer per articoli di souvenir in generale, bensì soltanto per oggetti che sono effettivamente legati a una festa o 96

Attualmente è lecito l'uso di stemmi per contrassegnare servizi.

7513

a una manifestazione ai sensi della lettera b. Lo stemma svizzero non può essere usato per altri articoli di souvenir e, se del caso, deve essere sostituito con la bandiera o la croce svizzera. Se i souvenir provengono dall'estero, la bandiera o la croce svizzera (senza scudo) possono essere utilizzate soltanto se non vi si può individuare un riferimento alla provenienza geografica del prodotto, il che, come nel caso delle indicazioni di provenienza geografica (cfr. art. 47 LPM), si decide in base all'interpretazione delle cerchie interessate (cfr. le spiegazioni all'art. 10 D-LPSP).

Lo stesso vale per gli stemmi dei Cantoni, distretti, circoli e Comuni, come pure per gli elementi caratteristici degli stemmi cantonali in relazione a uno scudo.

L'eccezione vale anche per l'uso dello stemma come elemento del segno dei brevetti conformemente all'articolo 11 LBI (lettera d).

Un'ulteriore eccezione è prevista per i marchi collettivi o di garanzia dell'ente pubblico che secondo il regolamento sul marchio possono essere esplicitamente usati da privati. Il Cantone di Vaud ha ad esempio fatto registrare i marchi collettivi «Saucisson vaudois» (marchio figurativo con lo stemma del Cantone di Vaud)97 e «Saucisse aux choux vaudoise» (marchio figurativo con lo stemma del Cantone di Vaud)98 per le rispettive specialità di carne. Secondo il regolamento di questi marchi, essi possono essere usati dai privati, ovvero dai produttori di queste specialità.

Lo stesso vale per i marchi «Parco nazionale» (marchio figurativo con lo stemma svizzero)99, «Parco naturale regionale» (marchio figurativo con lo stemma svizzero)100 e «Parchi naturali periurbani» (marchio figurativo con lo stemma svizzero)101 dell'Ufficio federale dell'ambiente, registrati per diversi servizi in relazione a questi tipi di parchi. Il marchio di garanzia è d'altronde un marchio che può essere usato da terzi, ma non dal titolare. Tutti coloro che soddisfano i criteri stabiliti nel regolamento sul marchio e pagano al titolare del marchio un importo adeguato possono usare il marchio di garanzia (lettera e).

Un'ulteriore deroga è prevista a favore del diritto di proseguire l'uso ai sensi dell'articolo 35 D-LPSP (lettera f). In presenza di circostanze particolari, il DFGP può, su richiesta motivata, concedere il diritto di proseguire l'uso dello
stemma della Confederazione o di segni che possono essere confusi con quest'ultimo (cfr. il commento all'art. 35 D-LPSP).

Per l'uso degli stemmi di Cantoni, distretti, circoli e Comuni gli enti territoriali competenti possono prevedere ulteriori eccezioni (capoverso 5). La disposizione tiene conto dell'autonomia comunale e del diritto di autodeterminazione e permette agli enti territoriali interessati di decidere autonomamente in merito all'uso dei loro stemmi e alle pertinenti condizioni. In tal modo un Comune può ad esempio permettere alla propria cooperativa di viticoltori di usare lo stemma comunale su un vino prodotto per un grande evento.

Art. 9

Designazioni ufficiali

In occasione della procedura di consultazione è stato fatto notare che, analogamente a quanto previsto per gli stemmi ufficiali, le designazioni ufficiali dovrebbero essere 97 98 99 100 101

Marchio collettivo n. 541 468.

Marchio collettivo n. 541 469.

Marchio di garanzia n. 524 790.

Marchio di garanzia n. 524 789.

Marchio di garanzia n. 524 788.

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riservate esclusivamente all'ente pubblico e ai suoi organi, ed eventualmente a organismi statali o semi-statali. Abbiamo tenuto conto di questa critica in quanto ora le designazioni ufficiali ai sensi dell'articolo 6 D-LPSP possono essere utilizzate senza alcuna aggiunta soltanto dall'ente pubblico a cui si riferiscono (cpv. 1).

Secondo il capoverso 2 l'uso di queste designazioni da parte di una persona che non sia l'ente pubblico è consentito soltanto se tale persona esercita un'attività statale o semi-statale. La disciplina tiene conto del fatto che oggi molti compiti dello Stato vengono trasferiti a privati, che dunque esercitano un'attività statale. Nell'esercizio di tali attività statali esplicitamente loro trasferite, i privati devono pertanto poter usare le designazioni statali corrette.

L'uso di designazioni ufficiali in combinazione con altri elementi verbali o figurativi può invece assumere un significato del tutto diverso. In tal caso è possibile che la denominazione non sia messa in relazione con lo Stato e i suoi organi e non rinvii neppure a una relazione con un'autorità. Come sinora le designazioni ufficiali in combinazione con altre parole o elementi visivi potranno pertanto essere usate a condizione che non siano fuorvianti (capoverso 3). Il termine «fuorviante» comprende sia l'uso che può trarre in inganno i consumatori, sia l'uso che costituisce una concorrenza sleale. Per concorrenza sleale s'intende qualsiasi atto contrario alle norme della buona fede in ambito industriale o commerciale. La Federazione svizzera di ginnastica potrà ad esempio continuare ad usare il termine «Festa federale di ginnastica». Lo stesso vale per l'uso della designazione «Festa federale di lotta svizzera» da parte dell'Associazione federale di lotta svizzera. In entrambi i casi, il termine «federale» non indica una presunta relazione con un ente pubblico. L'uso è pertanto consentito, non essendo né inesatto né fuorviante.

Art. 10

Bandiere e altri emblemi

Secondo l'articolo 10 in futuro l'uso della croce e della bandiera svizzere sarà permesso non solo, come finora, per i servizi, bensì anche per i prodotti. Potranno quindi essere contraddistinti con la croce svizzera i prodotti che soddisfano i criteri per l'uso dell'indicazione di provenienza svizzera. Questa modifica permette di semplificare la distinzione tra uso decorativo autorizzato (p.es. croce svizzera su una t-shirt o su un berretto) e uso come indicazione commerciale di provenienza non autorizzato oppure tra rappresentazione stilizzata autorizzata della croce svizzera e rappresentazione che può essere confusa, non autorizzata. In futuro si porrà quindi soprattutto la questione se l'uso della croce svizzera in relazione a un prodotto può essere inteso come riferimento alla sua provenienza geografica. Come per le indicazioni di provenienza geografica (cfr. art. 47 segg. LPM), tale questione potrà essere valutata in base all'interpretazione delle cerchie interessate. Se la croce svizzera viene percepita come riferimento alla provenienza geografica, il prodotto così contrassegnato deve soddisfare le condizioni per la provenienza definite nella LPM. Se apposta ad esempio su un lampioncino, sulla visiera di un berretto, su una t-shirt o su un orologio a cuculo, la croce svizzera non sarà interpretata come indicazione di provenienza, bensì messa in relazione, come sinora, con una funzione decorativa e quindi sarà lecito apporre la croce anche su prodotti stranieri. Sull'imballaggio della cioccolata o sul quadrante di un orologio la croce svizzera è invece interpretata come indicazione di provenienza geografica e quindi potrà essere apposta esclusivamente su prodotti di origine svizzera. La ditta Valser SA potrà dunque contrassegnare in futuro con la croce svizzera la sua acqua minerale che sgorga in Svizzera. Sarà permesso apporre la croce svizzera anche sul quadrante degli orologi Swatch, a 7515

condizione che si tratti di orologi prodotti in Svizzera. Sarà invece ancora illecito l'uso della croce svizzera sui prodotti (ad esempio pentole) ­ o sul loro imballaggio ­ fabbricati all'estero o che non soddisfano i criteri previsti dalla LPM.

Lo stesso vale per il rilascio di una licenza per un marchio che contiene la croce svizzera. Il titolare della licenza può apporre tale marchio sui suoi prodotti soltanto se questi soddisfano i criteri generali dello «Swiss made» previsti dalla LPM. Un titolare privato di una licenza potrebbe ad esempio usare il marchio «approved by armasuisse» (marchio figurativo con la croce svizzera)102 soltanto se i suoi prodotti soddisfano i criteri generali relativi alla provenienza previsti dagli articoli 48 segg.

LPM. Attualmente non è invece possibile rilasciare una licenza neanche per prodotti svizzeri, poiché l'utilizzazione della croce svizzera su prodotti di privati è generalmente vietata. A causa del divieto di usare la croce svizzera, il diritto di usare il marchio, concesso con la licenza, non può essere esercitato.

L'uso della croce svizzera non può essere fuorviante, contrario all'ordine pubblico, alle buone usanze o al diritto in vigore. Questa limitazione rispecchia il principio generale della buona fede: l'uso della croce svizzera è in generale permesso soltanto se le attese giustificate del pubblico non sono deluse e quindi se quest'ultimo non è tratto in inganno. Si è in presenza di un uso fuorviante se, in base al contesto generale, la croce svizzera crea oggettivamente false attese in merito alle relazioni commerciali o a presunte relazioni ufficiali con l'ente pubblico. L'uso della croce svizzera da parte di un ufficio privato di servizi e consulenza in materia di visti denominato «Swiss Helping Point, Visa Assistance» è ad esempio fuorviante, poiché chi usufruisce dei servizi di tale ufficio potrebbe supporre che si tratti di un ufficio statale. Il termine «fuorviante» comprende sia l'uso che trae in inganno i consumatori, sia l'uso che costituisce una concorrenza sleale.

La condizione delle buone usanze, valida per tutto il diritto privato, va osservata anche nell'uso della croce svizzera o della bandiera svizzera. Benché sia quasi impossibile definire le buone usanze in modo generalmente vincolante e malgrado esse siano sottoposte a un
continuo mutamento, in caso di uso abusivo evidente il riferimento ad esse può servire a far rispettare i principi morali ed etici comunemente accettati. Si è in presenza di una violazione delle buone usanze se l'uso di un segno offende il senso generale del pudore (morale vigente) oppure è contrario ai principi etici e ai valori intrinseci all'ordinamento giuridico. L'uso della croce svizzera è considerato contrario alle buone usanze se ferisce i valori morali di una larga parte della popolazione o se manca di rispetto nei confronti dell'ente pubblico.

In quest'ultimo caso, va effettuata una ponderazione tra la libertà d'espressione e artistica e il rispetto nei confronti dell'ente pubblico. Non qualsiasi rappresentazione critica o addirittura provocatoria della bandiera svizzera rappresenta un'offesa alle buone usanze. In considerazione del principio della proporzionalità e della libertà d'espressione, occorre evitare di criminalizzare la protesta nei confronti di uno Stato.

Nel caso di rappresentazioni sessuali che offendono il pudore o rappresentazioni razziste, è lecito constatare un'offesa alle buone usanze anche nel caso in cui tali rappresentazioni non siano perseguibili sul piano penale103.

L'espressione «contrario all'ordine pubblico» ha una funzione analoga. Sono contrari all'ordine pubblico una rappresentazione o un uso delle bandiere o degli altri emblemi che violano i principi giuridici e sociali della Svizzera (ordinamento costi102 103

Marchio n. 513 614.

Art. 197 e 262bis CP

7516

tuzionale). È contrario all'ordine pubblico anche l'uso che potrebbe compromettere gli interessi nazionali, ledere il buon nome della Svizzera o danneggiare le sue relazioni diplomatiche con un altro Stato. Ciò può ad esempio verificarsi se le bandiere o gli emblemi vengono usati da organizzazioni illecite.

Infine l'uso della croce svizzera non può essere contrario al diritto in vigore. In tale contesto va osservata in particolare la legge federale del 25 marzo 1954 concernente la protezione dell'emblema e del nome della Croce Rossa (legge sulla Croce Rossa).

Essa statuisce che né la «Croce Rossa» né i segni che possono essere confusi con essa possono essere registrati o usati come marchi. In virtù di tale legge, in certi casi l'uso della croce svizzera ­ che può essere confusa con l'emblema della Croce Rossa ­ dovrà essere vietato (per ulteriori spiegazioni cfr. n. 2.3.7). Inoltre vanno rispettate numerose disposizioni legali emanate soprattutto per proteggere i consumatori da indicazioni fuorvianti (p.es. nella legislazione sulle derrate alimentari). È stato ad esempio giudicato contrario al diritto in vigore l'uso della croce svizzera in un manifesto del Partei National Orientierter Schweizer (Partito dei nazionalisti svizzeri) del Cantone di Argovia, durante la campagna per le elezioni in Consiglio nazionale del 2003. Tale manifesto era già stato usato per una campagna dei nazionalsocialisti svizzeri nel 1933. Sul manifesto, dal titolo «Wir säubern» (Noi facciamo pulizia), bonzi, comunisti ed ebrei vengono spazzati via da una croce svizzera.

All'epoca la prefettura di Aarau aveva condannato tre membri della direzione del partito a multe tra i 300 e i 500 franchi per discriminazione razziale104.

Art. 11

Segni nazionali figurativi e verbali

L'uso dei segni figurativi e verbali definiti nell'articolo 7 è lecito a condizione che l'uso non sia fuorviante o contrario all'ordine pubblico, alle buone usanze o al diritto in vigore. Il termine «fuorviante» include sia l'uso che può ingannare il consumatore sia quello che costituisce una concorrenza sleale. Per concorrenza sleale s'intende qualsiasi atto contrario alle norme della buona fede in ambito industriale o commerciale.

Art. 12

Segni pubblici svizzeri confondibili con segni pubblici dell'estero

La presente disposizione corrisponde all'attuale articolo 12 LPSP. Stabilisce una deroga prevista dall'articolo 6ter paragrafo 8 CPrI, secondo cui i cittadini che sono autorizzati a far uso degli emblemi del loro Paese potranno usarli anche se sono simili a quelli di un altro Paese. Un segno pubblico svizzero può perciò essere usato da chi ne è autorizzato, anche se vi è un rischio di confusione con un segno pubblico estero. Un produttore dell'Appenzello può pertanto usare una bandiera dell'Appenzello Interno ­ orso levato di nero, in campo bianco ­ per le merci prodotte nel suo Cantone, indipendentemente dal fatto che la bandiera del Land Berlino contiene un orso levato di nero, in campo bianco. Anche se la bandiera del Land Berlino contiene due strisce rosse, rispettivamente in alto e in basso, gli elementi principali dei due segni sono piuttosto simili e potrebbero pertanto essere confusi. In quanto emblema del Land Berlino, l'orso berlinese è protetto anche in Svizzera in virtù dell'articolo 6ter CPrI. L'articolo 12 garantisce che il produttore appenzellese possa usare lecitamente l'orso appenzellese, nonostante la possibilità di confusione con l'orso berlinese.

104

Decisione del Bezirksamt di Aarau del 1° luglio 2005 nel procedimento ST.2003.4839.

7517

Art. 13

Uso di segni come indicazioni di provenienza

I segni di cui agli articoli 8, 10 e 11 D-LPSP o qualsiasi segno che rischia di essere confuso con essi, interpretati dalle cerchie interessate come riferimento alla provenienza geografica di un prodotto o di un servizio, sono considerati indicazioni di provenienza ai sensi dell'articolo 47 LPM. Il modo in cui si giunge a tale interpretazione è irrilevante. Nel caso concreto occorre considerare l'impressione globale che il segno produce nelle cerchie interessate, per decidere se desta un'attesa in merito alla provenienza e se quindi si tratta di un'indicazione di provenienza ai sensi della LPM. La percezione delle cerchie interessate varia a seconda del prodotto. Come nel caso dei marchi, il fatto che le bandiere e gli altri emblemi ai sensi dell'articolo 10 D-LPM possano essere interpretati dalle cerchie interessate come un riferimento alla provenienza geografica dei prodotti e dei servizi è esaminato in maniera astratta e indipendentemente dall'uso nel caso concreto. Non è quindi possibile eliminare il rischio di confusione apportando un semplice correttivo sulla merce o sull'imballaggio. L'uso della croce svizzera nel logo «Sigg Switzerland» non è ad esempio pertinente ed è quindi fuorviante anche se il luogo effettivo di produzione è indicato sull'imballaggio («made in China»). La supposta rettifica ­ «made in China» ­ non è sufficiente a correggere le attese del pubblico (provenienza svizzera del prodotto) in seguito all'uso della croce svizzera, né a eliminare il rischio di confusione. Al contrario, questo tipo di rettifica contribuisce a indebolire il valore della croce svizzera come indicazione geografica. Lo stesso vale per indicazioni come «di tipo svizzero», «di stile svizzero», «secondo una ricetta svizzera», che non sono in grado di eliminare le attese in merito alla provenienza (cfr. art. 47 cpv. 3bis D-LPM). Tali indicazioni non sono pertanto lecite per i prodotti che non soddisfano i criteri relativi alla provenienza svizzera. I privati sono autorizzati, a titolo eccezionale, a usare gli stemmi di cui all'articolo 8 (cfr. le eccezioni previste dall'art. 8 cpv. 4 D-LPSP, e più in particolare dall'art. 35 D-LPSP). In questi casi si applicano gli stessi criteri relativi alla provenienza geografica come quelli previsti per l'uso delle bandiere e degli emblemi all'articolo 10
D-LPSP. L'avamprogetto prevedeva che gli stemmi potessero essere usati dall'ente pubblico in questione soltanto per prodotti integralmente svizzeri, ma questa differenza rispetto all'uso della croce svizzera avrebbe condotto a una frammentazione del diritto, poiché i criteri applicati sarebbero dipesi dal segno usato. Per ragioni di trasparenza è necessario applicare gli stessi criteri a tutte le indicazioni di provenienza. Infatti, dal punto di vista dei destinatari non esiste una vera differenza tra un coltello munito della croce svizzera e un coltello munito dello stemma della Confederazione Svizzera. In entrambi i casi il pubblico si aspetta di avere a che fare con un prodotto di provenienza svizzera, indipendentemente dal fatto che lo stemma sia usato dall'ente pubblico o, a titolo eccezionale, da un privato. Anche nei casi in cui un'impresa tradizionale svizzera è autorizzata a usare uno stemma in virtù del diritto a proseguirne l'uso di cui all'articolo 35 D-LPSP, lo stemma sottostà alle stesse regole di determinazione della provenienza come quelle previste per l'uso della croce svizzera. Un'impresa tradizionale autorizzata a usare lo stemma della Confederazione su un coltello può pertanto usarlo su altri prodotti soltanto se questi soddisfano gli stessi criteri di provenienza del coltello. Chi non è autorizzato a usare la croce svizzera non è infatti nemmeno autorizzato a usare lo stemma della Confederazione.

Infine, la rappresentazione di Guglielmo Tell su una bottiglia di birra è considerata un'indicazione di provenienza ai sensi della LPM, il che significa che può essere usata soltanto in relazione a una birra svizzera. Occorrerà giudicare caso per caso e 7518

dal punto di vista delle cerchie interessate se un segno nazionale e figurativo desti attese in merito alla provenienza geografica dei prodotti o dei servizi contrassegnati.

La raffigurazione del monumento di Guglielmo Tell su una t-shirt o una cartolina postale non desta ad esempio tale attesa.

2.3.2.3

Sezione 3: Divieto di registrazione

Art. 14 La normativa attuale vieta la registrazione della croce svizzera come elemento di un marchio di prodotti da parte di privati. Secondo la volontà esplicita del legislatore, tale divieto di registrazione non si applica invece ai marchi di servizi (cfr.

art. 75 cpv. 3 LPM in combinato disposto con l'art. 1 LPSP). In occasione dell'ultima revisione della LPM all'inizio degli anni Novanta, il legislatore ha mantenuto questa distinzione, dovuta a ragioni storiche, per motivi politici. Oggi la deroga a favore dei servizi e il loro trattamento privilegiato a svantaggio dei prodotti non è più giustificata. In futuro sarà quindi possibile registrare la croce svizzera come elemento del marchio di un prodotto, a condizione che il prodotto sia di provenienza svizzera (l'uso della croce svizzera non può essere fuorviante). L'articolo 14 vieta soltanto la registrazione come marchi o design dei segni (stemmi ed elementi caratteristici degli stemmi cantonali nonché segni verbali che rinviano a tali stemmi) che possono essere usati esclusivamente dall'ente pubblico. Questo tuttavia non significa che un uso lecito secondo gli articoli 8­13 D-LPSP comporti automaticamente che un tale segno possa senz'altro essere registrato come marchio. L'ammissibilità alla protezione a titolo di marchio dei segni si fonda sui motivi assoluti d'esclusione definiti nella LPM105. È quindi possibile che sia lecito usare un segno munito della croce svizzera, ma che tale segno non sia ammesso come marchio. La croce svizzera può ad esempio essere apposta su un lampioncino prodotto in Cina, perché in questo caso la croce non è interpretata come indicazione di provenienza geografica. Se invece la raffigurazione di un lampioncino è depositata come marchio figurativo per prodotti alimentari, il segno può essere registrato come marchio se la lista dei prodotti così contrassegnati contiene soltanto prodotti provenienti dalla Svizzera. Infatti, in questo caso il pubblico interpreta il lampioncino come possibile riferimento alla provenienza dei prodotti alimentari così contrassegnati. Poiché i segni fuorvianti non possono essere protetti come marchi, il suddetto marchio figurativo può essere registrato soltanto per prodotti di provenienza svizzera.

Il capoverso 2 si riferisce alle eccezioni menzionate nell'articolo 8 capoversi 4 e 5
D-LPSP, che in casi particolari permettono l'uso degli stemmi da parte di privati.

Ciò non significa tuttavia che i privati possano registrare gli stemmi come marchi o design. La disposizione è applicabile in particolare anche ai segni di cui hanno autorizzato l'uso i Cantoni, circoli, distretti e Comuni. Tale autorizzazione non significa che il segno può essere depositato a titolo di marchio e come tale monopolizzato.

Sono invece esplicitamente esclusi dal divieto i segni per i quali il DFGP ha concesso il diritto di proseguirne l'uso ai sensi dell'articolo 35 D-LPSP (cpv. 3). Con questa soluzione le imprese, associazioni o fondazioni svizzere tradizionali che 105

Art. 2 LPM

7519

usano da anni lo stemma o un segno simile e alle quali il DFGP ha concesso il diritto di proseguirne l'uso hanno la possibilità di registrare il segno come marchio. Il marchio consente loro di proteggere con mezzi efficaci il diritto ufficiale di proseguire l'uso dei segni. A titolo d'esempio, la ditta Victorinox potrebbe chiedere un diritto a proseguire l'uso e, nel caso in cui fosse concesso, continuare a usare il suo segno simile allo stemma della Confederazione per determinati prodotti di provenienza svizzera e farlo registrare come marchio. Ciò permette di migliorare nettamente la protezione e la tutela all'estero dei segni in questione. Infatti alcuni Stati registrano i marchi contenenti lo stemma di un altro Stato soltanto se questi marchi sono protetti anche nello Stato d'origine.

2.3.3

Capitolo 2: Segni pubblici dell'estero

2.3.3.1

Sezione 1: Uso e autorizzazione

Art. 15

Uso

L'articolo 15 disciplina l'uso degli emblemi dell'estero. Gli oggetti protetti sono gli stemmi, le bandiere, i vessilli e gli altri emblemi degli Stati esteri e degli Stati federali di uno Stato federativo estero. Analogamente a quanto previsto per gli emblemi svizzeri, il loro uso è riservato all'ente pubblico cui si riferiscono. Appartengono all'ente pubblico anche le organizzazioni e aziende che, in quanto unità rese autonome, adempiono compiti dell'ente pubblico, sono giuridicamente autonome e di proprietà dell'ente pubblico (l'ente pubblico detiene una partecipazione di maggioranza o principale). Vi è un'importante deroga a tale principio nel caso in cui è presentata un'autorizzazione all'uso dei segni pubblici (cfr. il commento all'articolo 16 D-LPSP). È infatti lo Stato estero a decidere se intende concedere l'uso dei suoi emblemi anche ad altre persone oltre che all'ente pubblico autorizzato. La condizione della reciprocità non è quindi applicata. Il diritto svizzero proteggerà gli emblemi degli Stati esteri in Svizzera indipendentemente dal fatto che uno Stato estero protegga o meno gli emblemi della Confederazione e dei Cantoni. Il motivo è dovuto al fatto che la maggior parte degli Stati sono membri della CPrI il cui articolo 6ter disciplina la protezione degli emblemi. La reciprocità è pertanto garantita a tutti gli Stati membri della CPrI. Anche agli Stati che non sono membri della CPrI ma che hanno aderito all'ADPIC si applicano, in virtù dell'articolo 2 di tale Accordo, gli articoli 1­12 CPrI, e pertanto la reciprocità è garantita anche nel loro caso. Poiché la reciprocità sussiste, con poche eccezioni, per quasi tutti gli Stati, abbiamo rinunciato a subordinare esplicitamente la protezione svizzera alla concessione della reciprocità.

Alcuni partecipanti alla consultazione criticano che l'uso delle bandiere e dei vessilli esteri sia vietato, a differenza di quanto previsto per le bandiere e i vessilli svizzeri, il cui uso è in linea di massima ammesso. A questa critica occorre controbattere che per quanto riguarda l'uso delle bandiere e dei vessilli esteri la Svizzera è tenuta a rispettare il diritto internazionale (art. 6ter CPrI) e che quindi deve essere mantenuta la normativa attualmente in vigore. L'uso delle bandiere e dei vessilli stranieri resta quindi in generale vietato. Il
divieto può tuttavia essere evitato con la pertinente autorizzazione (cfr. art. 16 D-LPSP).

Come finora, saranno protetti anche i segni che possono essere confusi con un emblema dell'estero. Tutti i segni che possono essere confusi ­ dal punto di vista 7520

araldico o meno ­ con un emblema dell'estero saranno quindi protetti, analogamente a quanto previsto per gli emblemi svizzeri. Poiché la Svizzera intende migliorare con misure appropriate la protezione dei suoi emblemi all'estero, in particolare dello stemma svizzero e della croce svizzera, sarebbe controproducente non accordare agli emblemi esteri la protezione della LPSP, limitandola alle imitazioni dal punto di vista araldico prevista dall'articolo 6ter CPrI. Con la protezione più estesa s'intendono impedire i sotterfugi di coloro che potrebbero limitarsi a modificare i segni protetti solo in modo insignificante ma sufficiente per evitare un'imitazione dal punto di vista araldico.

Il capoverso 2 corrisponde in sostanza all'attuale articolo 11 LPSP. L'uso, di per sé lecito, di segni dell'estero da parte dello Stato in questione è legato alla condizione generale che esso non sia fuorviante né contrario alle buone usanze, all'ordine pubblico o al diritto in vigore in Svizzera. Il termine «fuorviante» comprende sia l'uso che trae in inganno i consumatori, sia quello che costituisce una concorrenza sleale. In tal modo sono contemplate anche operazioni di mercato contrarie alle buone usanze dell'industria e del commercio. L'uso dei segni dell'estero deve avvenire nel rispetto della legislazione svizzera.

Il capoverso 1 protegge i segni pubblici degli Stati esteri, ma non i segni di altri enti pubblici, quali gli stemmi, le bandiere e gli emblemi dei Comuni esteri. L'inclusione dei segni pubblici dei Comuni nella protezione prevista dal capoverso 1 creerebbe una situazione poco chiara, che renderebbe più difficile l'applicazione della legge.

Pertanto i segni di altri enti pubblici potranno essere usati liberalmente, come già previsto nel diritto in vigore, tenendo conto della riserva generale secondo cui è vietato qualsiasi uso inappropriato o fuorviante oppure contrario alle buone usanze, all'ordine pubblico o al diritto in vigore (capoverso 3). Questa riserva generale serve soprattutto a proteggere il pubblico svizzero. Se si usa uno stemma di un Comune straniero, un inganno è possibile soltanto se lo stemma del Comune estero è noto o riconoscibile per il pubblico svizzero. Stemmi sconosciuti o non riconoscibili come stemmi di Comuni possono essere usati liberamente.

Gli emblemi degli Stati esteri
interpretati dal pubblico come riferimento alla provenienza geografica di determinati prodotti o servizi sono considerati indicazioni geografiche di provenienza. In tal caso si applicano i criteri vincolanti relativi alla provenienza previsti agli articoli 48 capoverso 5 e 49 capoverso 4 D-LPM (capoverso 4). In tal modo gli emblemi dell'estero sono trattati come quelli svizzeri. Questa parità di trattamento è conforme alle esigenze dei trattati internazionali, in particolare a quelle dell'ADPIC. L'uso degli emblemi esteri a titolo di indicazioni di provenienza è lecito a condizione che non sia fuorviante. Il termine «fuorviante» comprende sia l'uso che trae in inganno i consumatori, sia quello che costituisce una concorrenza sleale.

Art. 16

Autorizzazione

Compete allo Stato estero a cui appartiene o a cui rinvia il segno pubblico decidere chi, oltre allo Stato stesso, può usare il segno. Di conseguenza l'articolo 16 statuisce che il divieto generale d'uso dell'articolo 15 D-LPSP non si applica alle persone autorizzate a usare il segno in virtù di un'autorizzazione esplicita. La disposizione proposta corrisponde all'attuale articolo 10 capoverso 2 LPSP. L'autorizzazione rilasciata deve tuttavia corrispondere alla protezione richiesta. Non è quindi sufficiente se chi deposita un marchio presenta soltanto un'autorizzazione generale 7521

all'uso dell'emblema. L'autorizzazione deve infatti comprendere anche il permesso di usare l'emblema come marchio. Spesso le autorizzazioni estere escludono esplicitamente tale uso, per impedire che chi deposita il marchio conquisti una posizione monopolistica ingiustificata. Anche nel presente caso si applica la condizione generale secondo cui l'uso non può essere fuorviante o sleale.

Il capoverso 2 statuisce in modo non esaustivo che cosa può essere considerato un'autorizzazione. L'attestazione della registrazione dell'autorità competente in materia di marchi del Paese estero costituisce ad esempio un'autorizzazione sufficiente per registrare il segno come marchio anche in Svizzera.

2.3.3.2

Sezione 2: Divieto di registrazione

Art. 17 L'articolo 17 vieta la registrazione di segni pubblici dell'estero come marchi, design, ditte, nomi di associazioni o fondazioni oppure come loro elemento, se l'uso dei segni è illecito. Il divieto non si applica in presenza di una deroga secondo l'articolo 16 D-LPSP. L'autorizzazione deve tuttavia corrispondere alla protezione richiesta (cfr. il commento all'art. 16 D-LPSP).

2.3.4

Capitolo 3 Elenco elettronico dei segni pubblici protetti

Art. 18 L'articolo 18 prevede che, in quanto organo d'esecuzione della Confederazione nel settore della protezione degli stemmi, l'IPI gestisca un elenco elettronico dei segni pubblici svizzeri ed esteri protetti. Con tale registro si garantisce che siano inventariati tutti i segni pubblici, facilitando così anche l'esecuzione della legge da parte dell'IPI. Quest'ultimo potrà così distinguere in modo affidabile gli stemmi di famiglia o di fantasia dagli stemmi pubblici, ad esempio nel quadro della procedura d'esame dei marchi. In caso di fusioni di Comuni è inoltre possibile accertare senza problemi quale stemma deve essere abolito e quale sarà adottato dal nuovo Comune.

Allo stesso tempo l'IPI avrà la possibilità di gestire un elenco con i segni pubblici dei Cantoni. Oltre agli stemmi dei distretti e dei Comuni sono protetti anche i vari sigilli cantonali. Nel Cantone di Berna i notai dispongono ad esempio di un sigillo professionale che contiene lo stemma cantonale incorniciato dal testo «N. N. Notaire du canton de Berne», il numero di registrazione del notaio e il numero del sigillo106.

Attualmente manca infine un elenco di tutti gli stemmi comunali della Svizzera, il che rende a volte difficile l'esecuzione della legge. Il nuovo elenco previsto non è legalmente vincolante. Il suo scopo principale è fornire un'informazione generale e favorire la trasparenza: ognuno può informarsi sui segni pubblici dei Cantoni mediante una semplice consultazione della banca dati. Se un segno figura nell'elenco, si presume, fino a prova contraria, che si tratti di un segno pubblico. La 106

Art. 12 dell'ordinanza sul notariato del Cantone di Berna, 169.112 del Recueil systématique des lois bernoises.

7522

protezione di un segno pubblico che non è contenuto nel registro deve essere invece dimostrata in virtù del rispettivo diritto cantonale.

Gli stemmi e gli emblemi dell'estero che godono della protezione in virtù dell'articolo 6ter CPrI devono essere notificati all'OMPI mediante una procedura formale. In seguito, tutti gli Stati membri della CPrI ricevono dall'OMPI una comunicazione in merito. In Svizzera tali segni sono pubblicati regolarmente nel Foglio federale (in merito all'organo di pubblicazione si vedano le spiegazioni alle modifiche dell'art. 4 cpv. 1 e 3 della legge sulle Nazioni Unite; n. 2.3.7). Per terzi non è tuttavia facile individuare quali siano i segni esteri protetti in Svizzera. Con il registro proposto intendiamo creare, anche in questo caso per motivi di trasparenza, una lista di tutti i segni pubblicati in Svizzera liberamente accessibile a tutti.

2.3.5

Capitolo 4: Protezione giuridica

2.3.5.1

Sezione 1: Diritto civile

Art. 19

Inversione dell'onere della prova

L'articolo 19 introduce l'inversione dell'onere della prova. La disposizione corrisponde a quella prevista dall'articolo 51a D-LPM (n. 2.1.4). Secondo l'articolo 8 CC l'onere della prova spetta fondamentalmente all'attore per l'intera fattispecie da lui asserita. Tale prova è facilmente adducibile se l'irregolarità risulta dalle prestazioni del convenuto. La situazione è diversa se l'attore deve provare che il convenuto non è legittimato a usare un segno pubblico. Questo vale in particolare per l'uso dei segni pubblici esteri, nel caso in cui il convenuto ha la possibilità di farsi rilasciare dall'ente pubblico competente un'autorizzazione per l'uso del segno pubblico. In futuro il convenuto dovrà presentare la documentazione da cui risulti che è legittimato all'uso del segno pubblico. Se non può presentarla, potrà rinviare a casi analoghi in cui l'uso del segno pubblico è tollerato nello Stato in questione. Per decidere se in Svizzera sia lecito l'uso del segno pubblico estero, il giudice dovrà fondarsi sul diritto estero. Se tale diritto non si esprime in merito all'uso dei segni pubblici e lo Stato in questione ne tollera l'uso, il giudice potrà eccezionalmente ritenere lecito l'uso.

Il segreto di fabbricazione e d'affari deve essere garantito anche con l'inversione dell'onere della prova. Dato che il giudice dispone già di una base per ordinare i provvedimenti necessari (cfr. art. 156 CPC e art. 102 cpv. 1 CPP), non è necessaria una disposizione specifica.

Art. 20

Azione e legittimazione attiva

La croce svizzera, i vessilli e le bandiere sono spesso impiegati come mezzi per indicare la provenienza geografica dei prodotti e dei servizi. La croce svizzera si trova ad esempio su confezioni di latticini (Emmi), di biscotti (Kambly) o su prodotti agrari (Prodotti Suisse Garantie), oppure è usata in relazione a servizi d'assicurazione (SwissLife). In futuro potranno intentare un'azione contro l'uso illecito dei segni pubblici tutti coloro che ne sono lesi o rischiano di essere lesi nei loro diritti economici. Ne fanno parte i concorrenti sul mercato e i consumatori: entrambi potranno intentare un'azione contro l'uso abusivo di segni pubblici.

L'articolo 20 precisa chi è legittimato ad agire. La disposizione, che corrisponde in 7523

gran parte alla disciplina prevista dalle leggi sui brevetti, sulla protezione dei marchi, sul design e sul diritto d'autore (art. 66 lett. a e b, art. 72 cpv. 1 e 73 LBI, art. 55 LPM, art. 35 LDes e art. 62 LDA), apporta un miglioramento a livello linguistico.

Il capoverso 1 lettere a e b statuisce un diritto di divieto e un diritto di cessazione.

L'azione è ammessa in caso di violazione o rischio di violazione di un segno pubblico. Il diritto all'informazione secondo la lettera c offre la possibilità di chiedere al convenuto indicazioni in merito alla provenienza e alla quantità degli oggetti in suo possesso illecitamente contrassegnati con un segno pubblico. Si possono richiedere informazioni anche in merito ai destinatari e all'entità delle forniture ad acquirenti commerciali. Tale diritto ha lo scopo di permettere l'acquisizione di informazioni che consentono di individuare la fonte responsabile della lesione. Il diritto all'informazione concerne l'intera catena produttiva e di smercio. La lettera d costituisce la base per l'azione d'accertamento dell'illiceità di una lesione che continua a produrre effetti molesti.

Il capoverso 2 statuisce una riserva generale a favore delle azioni volte al risarcimento, alla riparazione del torto morale o alla consegna dell'utile in virtù del Codice delle obbligazioni. Il D-LPSP non disciplina i presupposti per questo tipo di azioni, limitandosi a un rinvio generale alle pertinenti disposizioni del Codice delle obbligazioni (art. 41, 49 e 423 CO). L'enumerazione non è esaustiva. È possibile anche l'azione di responsabilità risultante da indebito arricchimento (art. 62 CO) o da disposizioni in materia di responsabilità di altre leggi.

Art. 21

Legittimazione attiva delle associazioni e delle organizzazioni dei consumatori

Le organizzazioni professionali ed economiche sono legittimate ad agire qualora siano autorizzate a rappresentare gli interessi economici dei loro membri. La legittimazione attiva delle organizzazioni di protezione dei consumatori garantisce la tutela degli interessi dei consumatori. Sono legittimate ad agire le organizzazioni per le quali la tutela dei consumatori costituisce un obiettivo essenziale.

Art. 22

Legittimazione attiva dell'ente pubblico

Come per l'uso di indicazioni di provenienza non pertinenti (cfr. n. 2.1.5), anche nel caso di uso illecito di segni pubblici l'ente pubblico interessato deve disporre di un diritto limitato di intentare un'azione civile. Il capoverso 1 statuisce il pertinente principio e, per quanto riguarda le pretese che possono essere fatte valere dalle autorità, rinvia all'articolo 20 D-LPSP. Indipendentemente da una colpa, si tratta delle pretese di accertamento di un diritto o di un rapporto giuridico, nonché del divieto o della cessazione di una violazione della legge o di un'informazione sulla provenienza illecita di un prodotto. Su richiesta della parte vincente il giudice può pubblicare la sentenza.

Se i segni della Confederazione Svizzera o i segni pubblici nazionali sono usati illecitamente, è legittimato ad agire l'IPI (capoverso 2), a cui secondo l'articolo 2 capoverso 1 lettera b LIPI compete l'esecuzione della presente legge. Per maggiori dettagli ­ in particolare per la relazione tra la legittimazione attiva dell'IPI e i suoi compiti in quanto autorità di decisione per la registrazione dei marchi, nel cui ambito esamina se un segno non può essere registrato perché contrario al diritto in vigore

7524

(art. 2 lett. d LPM) ­ rinviamo alle spiegazioni dell'articolo 56 D-LPM (cfr.

n. 2.1.5).

Secondo il capoverso 3 i Cantoni designano l'autorità legittimata ad agire nel caso in cui gli stemmi, le bandiere, gli emblemi o le designazioni ufficiali dei Cantoni o dei Comuni sono usati illecitamente.

Art. 23

Confisca

L'articolo 23 capoverso 1 garantisce che gli oggetti contrassegnati illecitamente con un segno pubblico possano essere ritirati dal commercio. Oltre ai prodotti stessi, possono essere confiscati anche etichette, imballaggi, mezzi pubblicitari, cataloghi e altri oggetti. Come misura estremamente incisiva il giudice può ordinare la distruzione degli oggetti. Quest'ultima serve alla dissuasione ed è un mezzo efficace per applicare in modo coerente la protezione dei segni pubblici. Il giudice è esplicitamente autorizzato a confiscare anche installazioni, apparecchi e altri mezzi destinati prevalentemente alla produzione di oggetti illeciti. La disciplina proposta corrisponde alle disposizioni di diversi atti legislativi specifici in materia di proprietà intellettuale.

Il capoverso 2 concede al giudice un ampio potere d'apprezzamento per decidere cosa fare con gli oggetti confiscati. Il provvedimento adottato dal giudice dipende dal singolo caso concreto. L'obiettivo è di modificare i prodotti e gli oggetti confiscati in modo tale che possano essere usati senza i segni pubblici protetti. La distruzione degli oggetti costituirà di regola l'ultimo provvedimento a cui ricorrere.

Art. 24

Istanza cantonale unica

Molti partecipanti alla consultazione hanno proposto di prevedere un'unica istanza cantonale per le controversie civili. L'articolo 24 tiene pienamente conto di questa proposta. Anche il diritto federale attuale prescrive ai Cantoni un'unica istanza che si pronunci sulle maggior parte delle azioni concernenti la proprietà intellettuale (cfr.

art. 58 cpv. 3 LPM, art. 37 LDes, art. 64 cpv. 3 LDA, art. 42 della legge federale del 20 marzo 1975 sulla protezione delle novità vegetali), mentre per le controversie in materia di brevetti è prevista addirittura un'unica istanza federale (cfr. il messaggio del 7 dicembre 2007107 concernente la legge sul Tribunale federale dei brevetti). In conformità con gli altri atti legislativi concernenti la proprietà intellettuale è pertanto prevista un'istanza unica anche nella D-LPSP. La materia specialistica richiede una concentrazione del sapere giuridico e specialistico in un unico tribunale. Il CPC sarà adeguato (cfr. n. 2.3.7). In conformità con la giurisprudenza del Tribunale federale la nozione di rischio di confusione deve essere interpretata in maniera uniforme per l'insieme del diritto in materia di contrassegni (DTF 4A 101/2007 del 28 agosto 2007, sic! 1/2008, pag. 52 segg.). Secondo tale decisione i principi su cui si fonda la valutazione del rischio di confusione si applicano anche agli emblemi.

Art. 25

Provvedimenti cautelari

L'attuale articolo 16 LPSP prevede provvedimenti cautelari. Poiché nell'ambito del diritto in materia di beni immateriali è spesso necessario che il giudice intervenga rapidamente, tutti gli atti legislativi specifici contengono disposizioni su provvedi107

FF 2008 349

7525

menti cautelari (art. 65 LDA, art. 59 LPM, art. 38 LDes, art. 77 LBI). La formulazione del presente articolo è quindi analoga a tali disposizioni. Rinviamo inoltre alle disposizione del CPC (art. 262 segg.)

Art. 26

Pubblicazione della sentenza

La pubblicazione della sentenza statuita dall'articolo 26 è prevista anche negli altri atti legislativi concernenti i beni immateriali (art. 66 LDA; art. 60 LPM; art. 37 LDes; art. 70 LBI). Il presente disegno contiene pertanto una disposizione analoga.

Su richiesta della parte vincente il giudice può ordinare la pubblicazione della decisione a spese della parte soccombente. Il giudice determina modalità e portata della pubblicazione. La pubblicazione della sentenza serve a informare le cerchie interessate e pertanto migliora la certezza giuridica. Essa serve anche alla prevenzione, soprattutto in casi di violazione sistematica o se in base al comportamento o all'ostinazione dell'autore della violazione vi sono da temere altre infrazioni. Infine con la pubblicazione della decisione s'intende sensibilizzare l'opinione pubblica ai sensi di una prevenzione generale. Proprio quest'ultimo aspetto riveste un'importanza particolare nel caso dei segni pubblici. In tal modo l'opinione pubblica è cosciente che l'ente pubblico intende combattere l'uso abusivo dei suoi segni.

Art. 27

Comunicazione di decisioni

Si veda il commento all'articolo 54 D-LPM; numero 2.1.7.4.

2.3.5.2 Art. 28

Sezione 2: Diritto penale Uso illecito di segni pubblici

Come sinora, l'uso illecito dei segni pubblici costituisce un reato perseguibile d'ufficio (art. 28 cpv. 1) dalle autorità cantonali. Con l'inserimento di un elenco non esaustivo delle figure di reato il legislatore esprime la sua volontà di migliorare e consolidare la protezione dei segni pubblici. Il disegno di legge prevede ora esplicitamente di affidare alla Confederazione la competenza di sporgere denuncia per il tramite dell'IPI (cfr. il commento all'art. 31 cpv. 2 D-LPSP e all'art. 64 cpv. 3 D-LPM; n. 2.1.6). Indipendentemente da ciò chiunque potrà, come finora, sporgere denuncia presso le competenti autorità cantonali. Come nelle altre leggi che disciplinano il diritto in materia di proprietà intellettuale intendiamo rinunciare a punire la violazione per negligenza. Punire una tale violazione andrebbe oltre le intenzioni del presente disegno e nel contempo in caso di perseguimento penale vi sarebbero difficoltà nell'assicurazione delle prove.

Con l'articolo 28 capoverso 2 la comminazione di pena in caso di violazione per mestiere equivale a quella prevista negli altri atti legislativi del diritto in materia di proprietà intellettuale. Se l'autore agisce per mestiere, il reato è punito con una pena detentiva fino a cinque anni o con una pena pecuniaria. L'ammontare della pena pecuniaria è fissato dal sistema delle aliquote giornaliere introdotto nella nuova parte generale del Codice penale svizzero. Come pena pecuniaria massima sono previste 360 aliquote giornaliere, che equivalgono a 1 080 000 franchi, poiché secondo il capoverso 2 dell'articolo 34 CP un'aliquota giornaliera ammonta al massimo a 3000 franchi. La pena per chi agisce per mestiere è così opportunamente aumentata, in 7526

modo da ottenere un maggiore effetto dissuasivo. Il presente progetto offre inoltre la possibilità di adattare le disposizioni penali alla nuova terminologia della parte generale del CP. Così i diversi termini per la pena privativa della libertà (detenzione e reclusione) sono sostituiti dall'espressione «pena detentiva» e l'arresto è sostituito dalla pena pecuniaria.

In virtù del capoverso 3 è fatto salvo l'articolo 64 D-LPM concernente la punibilità dell'uso di indicazioni di provenienza non pertinenti. Poiché i segni disciplinati dalla presente legge possono essere considerati come indicazioni di provenienza geografica dei prodotti e dei servizi ­ e in tal caso come indicazioni di provenienza ai sensi degli articoli 47 segg. LPM (art. 13 e 15 cpv. 4 D-LPSP) ­ si pone la questione del rapporto tra le disposizioni penali dell'articolo 64 D-LPM e dell'articolo 28 D-LPSP. Occorre distinguere le seguenti situazioni: ­

se un segno pubblico il cui uso è riservato a un ente pubblico (p.es. lo stemma della Svizzera) è usato da una persona autorizzata come indicazione di provenienza pertinente (ossia per prodotti e servizi di provenienza svizzera) non è adempita la violazione dell'articolo 64 D-LPM e si applica soltanto l'articolo 28 D-LPSP;

­

se un segno pubblico (p.es. la croce svizzera) è usato come indicazione di provenienza non pertinente (ossia per prodotti e servizi che non soddisfano i criteri di cui agli art. 48 segg. D-LPM), tale uso adempie contemporaneamente le fattispecie dell'articolo 64 D-LPM e dell'articolo 28 D-LPSP (concorso formale). Se la violazione della legge sugli stemmi consiste solo nell'indicazione fuorviante della provenienza geografica dei prodotti o servizi contrassegnati ­ ossia se allo stesso tempo non si crea l'impressione sbagliata che il produttore o fornitore sia la Confederazione o una delle sue aziende ­ il concorso è solo apparente. Entrambe le norme penali proteggono gli stessi segni dal medesimo uso fuorviante e quindi, secondo il principio della facoltà alternativa, l'autore è punito soltanto per un reato (d'altronde entrambe le disposizioni prevedono le stesse pene).

­

se una persona non autorizzata usa un segno pubblico il cui uso è riservato a un ente pubblico (p.es. lo stemma della Svizzera) come indicazione di provenienza non pertinente, si è in presenza di un concorso reale. In tal caso l'uso dello stemma viola il diritto esclusivo dell'ente pubblico a usare lo stemma e nel contempo i consumatori vengono ingannati in merito alla provenienza geografica dei prodotti o servizi contrassegnati ­ ed eventualmente anche in merito alla natura ufficiale dell'attività esercitata dal produttore o fornitore. In questo caso si applica l'articolo 49 capoverso 1 CP, secondo cui il giudice condanna l'autore alla pena prevista per il reato più grave, aumentandola in misura adeguata. Il giudice non può tuttavia aumentare di oltre la metà il massimo della pena comminata.

Art. 29

Infrazioni commesse nell'azienda

Per le infrazioni commesse in un'azienda da parte di un subordinato, un mandatario o un rappresentante l'articolo 29 rinvia agli articoli 6 e 7 DPA. L'articolo permette di uniformare le disposizioni relative alle infrazioni commesse nell'azienda, poiché diverse leggi sulla proprietà intellettuale contengono una disposizione analoga (art. 71 LDA, art. 67 LPM e art. 26 LCSl). Una siffatta disposizione sarà introdotta anche nella LBI (cfr. il commento all'art. 83a D-LBI; n. 2.2.6).

7527

Art. 30

Confisca

Come finora (art. 16 cpv. 2 LPSP) sarà possibile confiscare oggetti anche in caso di non luogo a procedere.

Vi è infatti la possibilità che un imputato sia assolto per mancanza di dolo o di colpa, pur essendo adempita la fattispecie oggettiva della violazione del segno pubblico. La confisca può essere ordinata anche se gli oggetti non costituiscono un pericolo per la sicurezza delle persone, i buoni costumi o l'ordine pubblico La distruzione serve alla dissuasione e allo stesso tempo costituisce un mezzo efficace per imporre la protezione dei segni pubblici. La presente disposizione, che s'ispira alla legislazione sul design, apporta un miglioramento sul piano linguistico.

Art. 31

Perseguimento penale

Il capoverso 1 corrisponde al principio statuito nell'articolo 123 della Costituzione federale secondo cui il perseguimento penale compete ai Cantoni. La disposizione si limita a ribadire esplicitamente un principio già in vigore.

Come nel caso dell'uso di indicazioni di provenienza non pertinenti, il capoverso 2 autorizza esplicitamente l'IPI a sporgere denuncia alla competente autorità cantonale di perseguimento penale e ad avvalersi nel procedimento dei diritti dell'accusatore privato (cfr. il commento all'articolo 64 cpv. 3 D-LPM; n. 2.1.6).

2.3.6

Capitolo 5: Intervento dell'Amministrazione delle dogane

Art. 32 In conformità con gli altri atti legislativi del diritto in materia di proprietà intellettuale, il presente disegno prevede esplicitamente l'intervento dell'Amministrazione delle dogane. L'articolo 32 rinvia alle disposizioni della LPM relative all'intervento dell'Amministrazione delle dogane. Tali disposizioni sono state integrate nel quadro della revisione del 22 giugno 2007 della legge sui brevetti e sono entrate in vigore il 1° luglio 2008. Si può pertanto rinviare alle pertinenti spiegazioni del messaggio concernente la legge sui brevetti e al decreto federale concernente l'approvazione del Trattato sul diritto dei brevetti e del Regolamento di esecuzione108.

La disposizione autorizza l'Amministrazione delle dogane a segnalare all'ente pubblico interessato l'introduzione nel territorio doganale svizzero di prodotti o oggetti contrassegnati illecitamente con segni pubblici. La posizione giuridica dell'ente pubblico nella lotta contro l'uso illecito dei suoi segni pubblici ne risulta rafforzata e la messa al sicuro di prodotti contrassegnati illecitamente è facilitata.

Occorre tuttavia osservare che si tratta di una disposizione potestativa che non obbliga l'Amministrazione delle dogane a individuare sistematicamente spedizioni sospette o a effettuare un vero e proprio controllo. Se l'Amministrazione delle dogane scopre che merci sospette sono introdotte nel territorio doganale svizzero o asportate dal territorio doganale svizzero si presentano le seguenti due possibilità:

108

FF 2006 1, n. 1.4.2, 2.4.4.3 e 2.4.2

7528

1)

vi è una domanda d'intervento (cfr. anche art. 72 LPM): l'Amministrazione delle dogane informa il richiedente del trattenimento della merce e la trattiene per dieci giorni lavorativi per permettere al richiedente di ottenere provvedimenti cautelari. Se il termine si rivela insufficiente, può prolungarlo di dieci giorni. Se entro tale termine non è possibile ottenere provvedimenti cautelari, le merci vengono rimesse in circolazione;

2)

non vi è una domanda d'intervento (cfr. anche art. 70 LPM): l'Amministrazione delle dogane è autorizzata a informare l'ente pubblico interessato dal segno pubblico usato (p.es. l'IPI). Trattiene la merce durante tre giorni lavorativi affinché l'avente diritto possa chiedere l'intervento delle dogane. Se non è presentata una domanda, le merci vengono rimesse in circolazione. Se è presentata una domanda, la procedura è quella descritta al punto 1).

L'autorità doganale può ad esempio bloccare alla dogana una spedizione di orologi a cuculo prodotti all'estero e contrassegnati con lo stemma della Confederazione. Nel contempo essa informa l'IPI in merito alla spedizione bloccata, affinché quest'ultimo possa chiedere al giudice di ordinare i provvedimenti cautelari necessari.

L'intervento dell'Amministrazione delle dogane è un mezzo molto efficace per togliere dalla circolazione prima che siano immessi sul mercato i prodotti contrassegnati illecitamente con segni pubblici. Le misure d'intervento doganali ­ in particolare il blocco di prodotti in transito, che avviene d'ufficio ­ rafforzano chiaramente la protezione dei segni pubblici.

In virtù del capoverso 2 possono chiedere l'intervento dell'Amministrazione delle dogane tutti gli operatori del mercato che sono lesi o rischiano di essere lesi nei loro interessi economici e che sono legittimati ad agire per via civile. Gli operatori devono poter difendere i propri interessi già alla frontiera. In virtù dell'articolo 22 capoverso 2 D-LPSP, in caso di uso abusivo di segni della Confederazione Svizzera o di segni di valore nazionale sarà legittimato ad agire l'IPI (cfr. il commento all'art. 22 cpv. 2 D-LPSP e in particolare quello all'art. 56 D-LPM; n. 2.1.5). Conformemente a tale legittimazione attiva, l'IPI è anche autorizzato a chiedere, per conto della Confederazione, l'intervento dell'Amministrazione delle dogane. In tal modo può adottare tempestivamente le misure necessarie per salvaguardare i diritti della Confederazione sui segni pubblici o sui segni che possono essere confusi con essi, intervenendo contro gli abusi già al confine. Con la possibilità di bloccare i prodotti già al confine e di avviare nel contempo un pertinente procedimento penale, gli abusi potranno essere puniti in modo più tempestivo, severo ed efficace. Introducendo sanzioni giuridiche efficaci si aumenta l'effetto dissuasivo.

2.3.7 Art. 34

Capitolo 6: Disposizioni finali Abrogazione e modifica del diritto vigente

Legge federale del 5 giugno 1931109 per la protezione degli stemmi pubblici e di altri segni pubblici Poiché si tratta di una revisione totale, la LPSP può essere abrogata.

109

RU 48 1

7529

Risoluzione federale del 12 dicembre 1889110 sullo stemma della Confederazione La definizione dello stemma della Confederazione secondo questa risoluzione federale è ripresa nell'articolo 3 del D-LPSP. La risoluzione federale può perciò essere abrogata.

Legge federale del 25 marzo 1954111 concernente la protezione dell'emblema e del nome della Croce Rossa (Legge sulla Croce Rossa) Considerato il legame tradizionale della Svizzera con il Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR) e visto che l'emblema della Croce Rossa è formato mediante l'inversione dei colori della croce svizzera, vi è uno stretto nesso tra i due emblemi. In quanto simbolo dell'aiuto umanitario, l'emblema della Croce Rossa gode di una protezione assoluta. Per garantire la sicurezza e la credibilità dell'emblema in caso di conflitti armati, esso deve essere protetto in modo assoluto e il suo uso deve essere riservato agli aventi diritto. È pertanto vietato l'uso di qualsiasi tipo di imitazione della Croce Rossa o dell'indicazione «Croce Rossa» da parte di chi non ne è autorizzato. Questa protezione assoluta non si fonda soltanto su un obbligo di diritto internazionale, ma anche su una legge federale. L'obbligo di diritto internazionale è statuito nelle Convenzioni di Ginevra e nei rispettivi protocolli aggiuntivi.

Su scala nazionale è la legge sulla Croce Rossa a disciplinare l'uso della croce rossa su campo bianco nonché dell'espressione «Croce Rossa» e a punirne l'uso abusivo.

Una parte delle disposizioni di tale legge si applicano anche agli emblemi protetti della Mezzaluna Rossa, del Leone e del Sole Rossi (l'emblema contiene un leone rosso e un sole rosso in campo bianco) e del Cristallo Rosso (l'emblema contiene una cornice rossa in forma quadrata in bilico sulla punta in campo bianco). Oltre a vietarne l'uso, la legge esclude anche qualsiasi registrazione dei nomi e degli emblemi come marchio, design o ditta. Essa vieta anche l'uso di segni che possono essere confusi con il nome o con l'emblema della Croce Rossa. In base alla regolamentazione attuale e anche a quella futura, la croce svizzera può ad esempio essere usata nella pubblicità per attività mediche o attività associate alla medicina. La legge sulla Croce Rossa pone tuttavia limiti a questo uso lecito in virtù della legislazione sulla protezione degli
stemmi. La pubblicità con la croce svizzera per servizi o prodotti medici può in certi casi far sorgere confusione con la Croce Rossa, per cui potrebbe essere vietata in virtù della legge sulla Croce Rossa. Le Convenzioni di Ginevra fissano le regole per l'uso della croce svizzera e tali regole devono essere rispettate anche dalla legislazione svizzera. Una revisione di legge che permettesse un uso della croce svizzera più liberale rispetto a quello previsto dalle Convenzioni di Ginevra non sarebbe ammissibile dal punto di vista del diritto internazionale. Le Convenzioni di Ginevra e la legge sulla Croce Rossa pongono dunque limiti all'uso della croce svizzera. Vista la priorità del diritto internazionale rispetto al diritto nazionale, la legislazione nazionale deve essere elaborata conformemente alle Convenzioni.

In tale contesto si tratta pertanto di definire il modo in cui risolvere il problema di delimitazione tra i due emblemi. Un adattamento delle Convenzioni di Ginevra e della legge sulla Croce Rossa non appare realistico. Le Convenzioni di Ginevra proteggono in primo luogo l'emblema della Croce Rossa dall'uso abusivo e non gli 110 111

RU 11 334 RS 232.22

7530

interessi della Svizzera connessi ai suoi emblemi. Un adattamento e quindi una modifica della protezione conferita dalle Convenzioni di Ginevra all'emblema della Croce Rossa per favorire gli interessi della Svizzera non è quindi proponibile e neppure realizzabile. Gli altri Stati membri delle Convenzioni di Ginevra non appoggerebbero una modifica motivata da interessi particolari della Svizzera.

D'altra parte, un adattamento della LPSP potrebbe ad esempio prevedere che per alcune categorie di prodotti e servizi la croce svizzera non possa essere usata. Ma in tal caso si porrebbe un nuovo problema di delimitazione: come definire le categorie o quali prodotti e servizi contemplare? La soluzione più opportuna appare quindi la valutazione concreta del singolo caso da parte del giudice competente, fondata su un'interpretazione conforme al diritto internazionale e alla LPSP. Infatti, nella valutazione di un possibile rischio di confusione occorre tenere conto di tutte le circostanze che potrebbero far sorgere confusione (impressione generale, prodotti e servizi per i quali è rivendicata la protezione, elementi aggiuntivi, ecc.).

L'ingresso attuale si riferisce ancora alle disposizioni della vecchia Costituzione.

Occorre quindi adattarlo per inserirvi il riferimento alle disposizioni della Costituzione federale del 18 aprile 1999.

L'articolo 7 riunisce i capoversi 1 e 2 in una sola disposizione; la terminologia è adattata alla regolamentazione prevista dall'articolo 14 capoverso 1 D-LPSP. Dal punto di vista sostanziale non vi è nessuna differenza con la regolamentazione attuale. La modifica è proposta affinché in tutti gli atti legislativi che hanno per oggetto la protezione di contrassegni particolari sia usata la stessa terminologia.

La modifica dell'articolo 8 capoverso 1 costituisce un adattamento alla nuova terminologia dell'articolo 333 capoversi 2­6 CP nella versione del 13 dicembre 2002.

Le sanzioni penali sono adattate a quelle previste nel D-LPSP. I casi meno gravi e la commissione per negligenza continueranno a essere puniti con una multa.

Legge federale del 15 dicembre 1961112 concernente la protezione dei nomi e degli emblemi dell'Organizzazione delle Nazioni Unite e d'altre organizzazioni intergovernative L'ingresso attuale si riferisce ancora alle disposizioni della vecchia Costituzione.
Occorre quindi adattarlo per inserirvi il riferimento alle disposizioni della Costituzione federale del 18 aprile 1999.

Proponiamo di sostituire l'espressione «imitazioni di detti contrassegni» negli articoli 1 capoverso 2, 2 capoverso 2, 3 capoverso 2 e 7 capoverso 1 con l'espressione «segni confondibili». Tale modifica permette di usare la stessa terminologia in tutti gli atti legislativi che hanno per oggetto la protezione di segni specifici. Dal punto di vista sostanziale non vi è alcuna modifica, poiché «imitazione», il termine finora usato, è equiparabile a «possibilità di confusione». Il messaggio concernente la legge sull'ONU113 osserva che l'articolo 7 è stato ripreso dalla legge federale concernente la protezione dell'emblema e del nome dell'Organizzazione mondiale della sanità (la legge che ha preceduto quella sull'ONU) e tale legge menzionava per l'appunto il rischio di confusione. Con questa maggiore trasparenza s'intendono eliminare i dubbi sorti in passato soprattutto in relazione all'ammissibilità dei segni usati come marchi. Il marchio sarà dunque rifiutato anche nel caso in cui soltanto un suo elemento è considerato un'imitazione di un emblema protetto secondo la legge 112 113

RS 232.23 FF 1961 I 1338 (versione tedesca; versione italiana non disponibile).

7531

sull'ONU. Solo in questo modo tali emblemi possono essere protetti efficacemente nei confronti dei segni che possono essere confusi con essi.

Con la modifica dell'articolo 4 capoversi 1 e 3 l'IPI riceve la competenza di definire l'organo di pubblicazione. La soluzione proposta permette all'IPI di tenere conto degli ultimi sviluppi tecnici nel settore della pubblicazione e delle necessità dell'economia ivi connesse. Ne scaturisce anche la possibilità di pubblicazione per via elettronica. Il disciplinamento è inoltre pienamente conforme alla volontà dell'OMPI di inviare in futuro agli Stati membri soltanto per via elettronica i segni protetti in virtù dell'articolo 6ter CPrI (cfr. documento OMPI SCT/19/5 del 22 aprile 2008). Nel contempo la regolamentazione è strettamente connessa al futuro elenco dei segni pubblici protetti previsto dall'articolo 18 D-LPSP.

La modifica proposta nell'articolo 7 capoverso 1 costituisce un adattamento alla nuova terminologia dell'articolo 333 capoversi 2­6 CP nella versione del 13 dicembre 2002. Le sanzioni penali sono adeguate a quelle previste dal D-LPSP. I casi meno gravi e la commissione per negligenza continueranno a essere puniti con una multa.

Codice di diritto processuale civile svizzero del 19 dicembre 2008114 Il CPC prescrive ai Cantoni di designare un'istanza unica incaricata di decidere in merito alle controversie concernenti il diritto in materia di proprietà intellettuale (cfr.

art. 58 cpv. 3 LPM, art. 37 LDes, art. 6 cpv. 3 LDA, art. 42 della legge sulla protezione delle novità vegetali). Visto che il diritto che regge la protezione degli emblemi non ha come oggetto la loro protezione in quanto beni immateriali e prevede addirittura le condizioni alle quali possono esserne esclusi (DTF 4A 101/2007 del 28.8.2007, sic!, pag. 52 segg.), occorre completare l'articolo 5 CPC per evitare l'apertura di una procedura arbitrale ai sensi del CPC e garantire che una sola istanza decida in merito alle controversie concernenti gli emblemi. La disposizione intende inoltre estendere la competenza dell'istanza cantonale unica alle controversie risultanti dall'applicazione delle leggi sulla Croce Rossa e sulle Nazioni Unite, che sotto il profilo materiale sono molto vicine alla LPSP. Infatti, analogamente a quest'ultima, le due leggi hanno come oggetto la protezione
di contrassegni specifici (segno della Croce Rossa e segno delle Nazioni Unite). Il rischio di confusione deve quindi essere valutato in base agli stessi principi validi per gli stemmi, gli emblemi e gli altri segni pubblici. Poiché la nozione di rischio di confusione deve essere interpretata in maniera uniforme per l'insieme del diritto in materia di contrassegni, l'articolo 5 lettera i CPC prevede di sottoporre le controversie concernenti le tre leggi summenzionate al giudizio dell'istanza unica designata dai Cantoni.

Legge federale del 23 settembre 1953115 sulla navigazione marittima sotto bandiera svizzera L'ingresso attuale si riferisce ancora alle disposizioni della vecchia Costituzione.

Occorre quindi adattarlo per inserirvi il riferimento alle disposizioni della Costituzione federale del 18 aprile 1999.

114 115

RS ...; FF 2009 21 RS 747.30

7532

Art. 3 cpv. 2 La forma e le dimensioni della bandiera marittima svizzera non sono modificate.

Con la definizione della tonalità di rosso è precisato il colore.

Art. 35

Diritto di proseguire l'uso

L'articolo 35 capoverso 1 permette di evitare i casi di rigore risultanti dal divieto di usare gli stemmi. Gli stemmi il cui uso era lecito (p.es. nella pubblicità o nei prospetti di prodotti svizzeri), ma che in virtù della nuova normativa non lo è più, potranno essere utilizzati ancora per un periodo di due anni a partire dall'entrata in vigore della nuova legge. L'avamprogetto prevedeva un periodo transitorio di cinque anni, giudicato troppo lungo nell'ambito della procedura di consultazione. Il periodo è stato ridotto a due anni per tenere conto della lunghezza della procedura legislativa e per il fatto che le persone interessate da questa deroga potranno valutare l'opportunità d'intraprendere i passi necessari per chiedere la prosecuzione dell'uso prevista al capoverso 2 a partire dalla data in cui avremo adottato il messaggio. Una volta scaduto questo periodo, l'uso diverrà illecito e potrà pertanto essere punito (cfr.

art. 28 D-LPSP).

Il capoverso 2 prevede che se sussistono circostanze particolari e su domanda motivata, il DFGP possa autorizzare la prosecuzione dell'uso dello stemma della Confederazione. In occasione della procedura di consultazione sono state espresse riserve in merito al monopolio della Confederazione per l'uso del suo stemma, adducendo che si dovevano prevedere eccezioni per le imprese svizzere tradizionali (p.es.

Victorinox AG e Touring Club Svizzero) o le associazioni (Club Alpino Svizzero e Swiss Snowsports Association) che da molti anni usano lo stemma della Confederazione o segni simili per i propri servizi (il che è lecito) e i propri prodotti (il che è illecito) e i cui contrassegni si sono affermati presso il pubblico. Il capoverso 2 tiene conto in modo equo sia delle esigenze della Confederazione sia degli interessi delle imprese tradizionali svizzere. Un'impresa tradizionale svizzera che intende continuare a usare lo stemma della Confederazione o un segno che rischia di essere confuso con esso per contrassegnare i propri prodotti o servizi deve presentare una pertinente domanda al DFGP. A determinate condizioni fissate dalla legge (cfr.

cpv. 3) il DFGP è autorizzato a consentire la prosecuzione dell'uso dello stemma della Confederazione. La domanda, accompagnata dalla prova delle circostanze particolari, deve essere presentata entro due anni dall'entrata
in vigore della nuova LPSP (il termine di due anni corrisponde al termine per la prosecuzione dell'uso).

Una volta scaduto questo termine non possono più essere fatte valere circostanze particolari e il segno non può più essere usato.

Secondo il capoverso 3 sussistono circostanze particolari se sono soddisfate due condizioni. Occorre innanzitutto dimostrare che lo stemma della Confederazione Svizzera o un segno che rischia di essere confuso con esso è stato usato ininterrottamente e senza contestazioni da almeno 30 anni dall'impresa in questione per contrassegnare i propri prodotti o servizi. Tale condizione si fonda sui presupposti per la prescrizione straordinaria di fondi (art. 662 CC). Inoltre, l'impresa deve provare che ha un interesse degno di protezione a proseguirne l'uso. Occorre quindi illustrare i motivi per cui una rinuncia all'uso comporterebbe svantaggi sproporzionati. Se queste due condizioni sono soddisfatte, un'impresa tradizionale svizzera, un'associazione o una fondazione può continuare a usare lo stemma della Confederazione senza limiti di tempo. È quindi ipotizzabile che un'impresa come Victorinox 7533

possa continuare ad apporre il suo segno simile allo stemma della Confederazione sulla sua collezione di prodotti attuali e futuri, sempreché si tratti di prodotti svizzeri. Un'estensione dell'uso del segno ai suoi servizi non sarebbe tuttavia lecito. Lo stesso vale per un'impresa che offre servizi. Essa potrebbe, se del caso, continuare a usare il segno per i servizi forniti, ma non estenderne improvvisamente l'uso alle proprie merci. Entro detti limiti è possibile depositare i segni finora usati come marchio di prodotti o servizi. La prosecuzione dell'uso su richiesta è vincolata a condizioni severe, poiché non deve mettere in questione uno degli obiettivi del presente progetto, ossia che in futuro lo stemma della Confederazione sia riservato all'ente pubblico autorizzato.

Con l'entrata in vigore della nuova LPSP i privati non potranno più iscrivere nel registro dei marchi i marchi di servizi che contengono uno stemma. Il capoverso 4 concede pertanto, a titolo di diritto acquisito, un diritto illimitato a proseguire l'uso di marchi di servizi registrati in buona fede o depositati prima del 18 novembre 2009. Per poter proseguire l'uso del marchio di un servizio registrato lecitamente o depositato prima del 18 novembre 2009, il titolare di un marchio deve presentare la domanda di prosecuzione dell'uso entro due anni dall'entrata in vigore della nuova LPSP.

Il marchio conferisce al titolare il diritto esclusivo di usare il marchio per contrassegnare i prodotti e i servizi per i quali è stato richiesto e di disporre liberamente del suo diritto (art. 13 LPM; cfr. p.es. DTF 128 III 146 consid. 2.bb). Non gli conferisce tuttavia alcun diritto di usare il segno. Per tale uso il titolare deve in ogni caso rispettare la legislazione in vigore (p.es. prescrizioni in materia di prodotti alimentari o medicamenti) e non può sottrarsi a tale obbligo facendo appello alla registrazione del marchio. La registrazione non comporta quindi alcun diritto acquisito e il titolare corre il rischio che la legislazione venga successivamente modificata e che il marchio non possa più essere usato.

L'autorità cantonale competente può autorizzare la prosecuzione dell'uso degli stemmi dei Cantoni, distretti, circoli e Comuni. Conformemente all'autonomia comunale e all'autodeterminazione dei Cantoni, i Cantoni potranno decidere
autonomamente in merito alla prosecuzione dell'uso dei propri stemmi. Il diritto cantonale stabilisce a quali condizioni sarà possibile proseguire l'uso degli emblemi cantonali (cpv. 5).

Secondo il capoverso 6 la prosecuzione dell'uso dello stemma o di un segno che rischia di essere confuso con esso non deve trarre in inganno in merito alla provenienza geografica dei prodotti o servizi contrassegnati, alla nazionalità dell'utente, dell'azienda, della ditta, dell'associazione o della fondazione oppure in merito alla situazione commerciale dell'utente, quali in particolare supposti rapporti ufficiali con la Confederazione o con un Cantone. Il contrassegno può quindi essere usato soltanto per i prodotti o servizi che soddisfano le condizioni concernenti la provenienza svizzera ai sensi degli articoli 47­50 LPM. Il contrassegno può pertanto essere apposto soltanto su merci effettivamente prodotte in Svizzera. Inoltre, il contrassegno non può destare l'impressione che l'impresa sia un'autorità o che svolga un'attività statale.

Art. 36

Diritti di contrassegno non ancora registrati

La disposizione concerne le domande di registrazione di marchi esclusi dalla registrazione secondo il diritto anteriore, ma non secondo il nuovo diritto. Se, ad esem7534

pio, prima dell'entrata in vigore della nuova LPSP viene depositato un marchio per prodotti che comprende come suo elemento la croce svizzera, secondo la legge attualmente in vigore la domanda dovrebbe essere rifiutata. Se colui che deposita il marchio è d'accordo di considerare come giorno del deposito la data dell'entrata in vigore della nuova legge, la domanda potrà essere esaminata in virtù del nuovo diritto. Poiché l'uso della croce svizzera come elemento di un marchio sarà in futuro permesso, la domanda sarà accolta e il marchio registrato. Per questi marchi depositati prima dell'entrata in vigore della nuova LPSP la data del deposito corrisponderà alla data d'entrata in vigore della legge. L'IPI accoglierà le domande dal giorno in cui il nostro Collegio deciderà l'entrata in vigore della LPSP.

3

Ripercussioni

3.1

Per la Confederazione

La maggior parte delle modifiche proposte dovranno essere eseguite dall'IPI, l'autorità della Confederazione competente per il diritto in materia di beni immateriali. Il nuovo registro delle indicazioni geografiche ­ ad eccezione dei prodotti agricoli, dei prodotti agricoli trasformati, dei vini e dei prodotti di silvicoltura ­ sarà dunque istituito e gestito dall'IPI. La procedura d'esame e di registrazione per i nuovi marchi geografici e la procedura di cancellazione per mancato uso saranno anch'esse compito dell'IPI, che sarà inoltre responsabile dell'adozione delle misure per il rispetto dell'indicazione di provenienza «Svizzera» e dei segni pubblici della Confederazione (denunce penali e azioni civili). L'onere di lavoro che l'IPI dovrà assumersi in seguito a questi compiti supplementari potrà essere finanziato dalle tasse di registrazione e in modo sussidiario da altri proventi. Poiché l'IPI è autonomo dal punto di vista economico-aziendale (cfr. art. 1 LIPI), il presente progetto non ha ripercussione sulle finanze della Confederazione.

L'estensione dell'intervento delle autorità doganali comporta un certo onere supplementare per l'Amministrazione delle dogane. Di tale onere supplementare, che risulta dall'estensione delle misure al confine per la protezione dei diritti in materia di beni immateriali, si è già tenuto conto con 8­10 posti supplementari in occasione della revisione della legge sui brevetti e dalla conseguente modifica di altre leggi in materia di proprietà intellettuale (LPM, LDes, LDA e Lto)116. Questi posti coprono anche l'onere supplementare dell'Amministrazione delle dogane risultante dal presente progetto. Anche sotto questo aspetto il progetto non ha quindi ripercussioni finanziarie, organizzative o sul personale della Confederazione.

3.2

Per i Cantoni e i Comuni

Per i Cantoni il progetto non comporta oneri supplementari. Già oggi il perseguimento penale dell'uso di indicazioni di provenienza non pertinenti compete ai Cantoni. La precisazione delle disposizioni agevolerà il perseguimento penale da parte dei Cantoni. Nei primi due anni dall'entrata in vigore della legge le imprese potranno inoltrare domande per proseguire l'uso degli stemmi dei Cantoni, distretti, circoli 116

Cfr. Messaggio LBI, FF 2006 1, pag. 132. I posti supplementari sono previsti nel preventivo 2008 e nella pianificazione 2009­2011.

7535

e Comuni (riservato ormai ai relativi enti pubblici; cfr. il commento all'art. 35 cpv. 5 D-LPSP).

3.3

Per l'economia

3.3.1

Necessità e possibilità d'intervento dello Stato

Consumatori in tutto il mondo sono disposti a pagare di più per i prodotti contrassegnati con la designazione «Swiss made» o con la croce svizzera. Per la carne di pollo, i consumatori svizzeri spendono ad esempio 4.50 franchi in più al chilo se sanno che la carne proviene dalla Svizzera, mentre i tre quarti degli Svizzeri sono disposti a pagare il 30 per cento in più per mele svizzere rispetto a mele provenienti dall'estero117. Il motivo di questa disponibilità a pagare di più è il buon nome della designazione «Svizzera». Tale designazione è associata con prodotti e servizi di alta qualità, ma anche con altri valori positivi quali l'affidabilità, la fiducia, la bellezza del paesaggio, la pulizia e la sicurezza118. Sono quindi la reputazione della designazione «Svizzera» e le caratteristiche positive che si associano alla Svizzera e ai prodotti svizzeri119 che fanno sì che i prodotti legati alla Svizzera si vendano meglio120.

117

Conradin Bolliger/Sophie Réviron, Consumer Willingness to Pay for Swiss Chicken Meat: An In-store Survey to Link Stated and Revealed Buying Behaviour, Paper presented at 12th European Association of Agricultural Economists (EAAE) Congress, August 26­30, Gent, Belgium 2008. A risultati simili giungono ricerche su mele e fragole. Cfr. in merito Conradin Bolliger, Produktherkunft Schweiz: Schweizer Inlandkonsumenten und ihre Assoziationen mit und Präferenzen für heimische Agrarerzeugnisse, pubblicazione relativa al 18° incontro annuale della Österreichischen Gesellschaft für Agrarökonomie, 2008, e Gruppe Agrar-, Lebensmittel- und Umweltökonomie am Institut für Umweltentscheidungen, Les consommateurs choisissent leurs fruits, in: Info Agrar Wirtschaft, Newsletter del gruppo Agrar-, Lebensmittel- und Umweltökonomie des Interdepartementalen Instituts für Umweltentscheidungen ETH, Zurigo 2008, n. 3, pag. 3.

118 Cfr. anche le affermazioni di Simon Anhold, autore del «Nation Brand Index» e consulente del Governo britannico: «La fama della Svizzera come Paese in cui regnano benessere, discrezione, efficienza, rettitudine, neutralità e affidabilità è uno dei marchi più forti e positivi del mondo. Il valore che conferisce alle esportazioni svizzere, al turismo svizzero e praticamente a qualsiasi relazione attiva tra la Svizzera e il resto del mondo non è esprimibile in cifre» (traduzione), in: Peter Leuenberger, Swissness Worldwide, Apunto, rivista dei membri di Employés Suisse, 2009, n. 1, pag. 11.

119 Cfr. Stephan Feige/Benita Brockdorff/Karsten Sausen/Peter Fischer/Urs Jaermann/Sven Reinecke, Swissness Worldwide ­ Internationale Studie zur Wahrnehmung der Marke Schweiz, ricerca dell'Università di San Gallo et al., 2008, pag. 14 segg. Per un riassunto completato dalle spiegazioni per la necessità del progetto «Swissness» cfr. Stefan Feige/Sven Reinecke/Felix Addor, Das Kreuz mit dem Kreuz, Marketing mit der Schweizer Herkunft, in: IO New Management 2009, n. 3, pag. 18 segg.

120 Cfr. gli articoli su un eventuale trasferimento all'estero della produzione dell'impresa di audiotecnologia Studer di Regensdorf: «Il parere generale è che gli impianti Studer, fatti su misura per i desideri dei clienti, non possono essere paragonati con i prodotti di massa di Soundcraft fabbricati in Cina. In tal caso non resterebbe
alcunché del marchio «Swiss Made», il cui valore è inestimabile per la ditta Studer, ha affermato Ineichen.» (traduzione), in: Tagesanzeiger Online, 15.10.2009. In un'altra intervista il consigliere nazionale Otto Ineichen afferma: «Nei colloqui con diversi destinatari dei prodotti Studer ho costatato che il fattore svolge un ruolo fondamentale per la decisione di acquisto. Ritengo che Studer riceva fino all'80 per cento dei suoi incarichi grazie al fattore Swissness.» (traduzione), in: NZZ, 15.10.2009, pag. 17.

7536

La reputazione è un bene difficile da conquistare e per farlo è necessario molto tempo. Si tratta tuttavia anche di un bene che può perdere rapidamente di valore, ad esempio a causa dell'uso abusivo da parte di terzi. Se non ci si può fidare più del fatto che un prodotto designato come svizzero provenga effettivamente dalla Svizzera, i consumatori non sono più disposti a pagare un prezzo maggiore per i prodotti e i servizi contrassegnati con l'etichetta «Svizzera». Il plusvalore economico legato alla designazione «Svizzera» diminuisce rapidamente.

Dal punto di vista economico la designazione «Svizzera» e la croce svizzera121 sono beni immateriali pubblici. Il loro uso da parte di una persona fisica o giuridica non esclude l'uso da parte di un'altra persona per un prodotto simile o diverso. Nel contempo il valore della designazione «Svizzera» per un'impresa che produce in Svizzera non diminuisce per il fatto che un'altra impresa usi la stessa indicazione di provenienza. Un uso abusivo da parte di un attore del mercato può tuttavia diminuire il beneficio globale che ne traggono tutte le imprese autorizzate. In tal caso la reputazione e il valore della designazione «Svizzera»122 diminuiscono, il che ha ripercussioni negative per tutti gli utenti della designazione. Per i produttori e i fornitori di servizi l'investimento di notevoli risorse nello sviluppo di una qualità e di una garanzia legata alla provenienza dei propri prodotti e servizi è ricompensato soltanto se si previene il pericolo dell'uso abusivo da parte di terzi e di un indebolimento sostanziale del valore delle indicazioni di provenienza.

I consumatori non sono in grado di giudicare in modo soddisfacente la qualità dei prodotti e dei servizi e le caratteristiche che li distinguono da altri prodotti senza una valutazione approfondita prima dell'acquisto. A causa di questa asimmetria di informazioni rispetto ai produttori, i consumatori devono assumersi spese supplementari, se la reputazione della designazione «Svizzera» in quanto indicatore affidabile per prodotti e servizi di alta qualità è messa in questione. Se vogliono essere sicuri di ricevere prodotti della qualità desiderata, devono spendere più tempo, energia e denaro.

Dal carattere pubblico delle indicazioni di provenienza scaturisce la necessità dell'intervento statale,
affinché si possano evitare gli effetti negativi summenzionati. Le regole proposte nel presente progetto di revisione hanno l'obiettivo di opporre alla perdita della reputazione e della fiducia e ai conseguenti danni all'economia nazionale maggiori incentivi per investire nella qualità e nell'autenticità dei prodotti e servizi svizzeri e quindi maggiori incentivi per il mantenimento e il rafforzamento della piazza economica svizzera.

Poiché oggi (come anche in futuro) si rinuncia coscientemente a una procedura d'autorizzazione amministrativa per le indicazioni di provenienza che rinviano alla Svizzera, non disponiamo di cifre esatte sul numero delle imprese che fanno attualmente uso (lecitamente o illecitamente) di tali indicazioni o che intendono farne uso in futuro. Vi sono tuttavia indicatori in merito. Un sondaggio del 2005 effettuato 121

Anche se qui di seguito si parla quasi sempre della designazione «Svizzera» e della croce svizzera, quanto affermato vale in generale per tutte le indicazioni di provenienza geografica e i relativi emblemi, quali ad esempio «St. Galler Stickereien», «Saucisson vaudois», «Formaggio d'alpe ticinese», orologi «Genève» o «Walliser Roggenbrot».

122 Il marchio «Svizzera» rappresenta un fattore importante del valore. In una ricerca dell'Università di San Gallo l'85 % dei rappresentanti dei produttori svizzeri di articoli di marca interpellati è del parere che l'associazione di un prodotto o di un servizio con la Svizzera costituisca un vantaggio, cfr. Torsten Tomczak/Joachim Kernstock/Nicole Schubiger, Internationalisierung Schweizer Marken, San Gallo 2002, pag. 34.

7537

presso i membri dell'Unione svizzera degli articoli di marca (Promarca) ha ad esempio evidenziato che più della metà delle imprese interpellate usa la designazione «Svizzera» come parte del proprio marchio (co-branding) e che il 40 per cento intende farlo in misura ancora maggiore nei prossimi cinque anni123. Ci sono inoltre altri indizi secondo cui il numero delle imprese che si affidano alla «svizzerità» è in crescita. Sempre più spesso ad esempio le grandi imprese ritrasferiscono la produzione in Svizzera124. Ma l'interesse crescente alla «svizzerità» si mostra anche nel fatto che tra il 1995 e il 2008 il numero dei marchi depositati che contengono come loro elemento la designazione «Svizzera» è più che quadruplicato. La stessa tendenza si registra per i casi di violazione della «svizzerità» trattati annualmente dall'IPI.

Anche questi casi, che dal 2003 sono più che raddoppiati, sono un indice per il numero crescente di casi di uso abusivo da parte di terzi125.

3.3.2

Panoramica dei provvedimenti e del loro effetto

La croce svizzera è il segno di riconoscimento di gran lunga più noto per un prodotto di provenienza svizzera126. Per tale motivo la legge sulla protezione degli stemmi è dal punto di vista economico un elemento oltremodo importante del presente progetto. Essa permette di usare in futuro la croce svizzera alle stesse condizioni previste per l'indicazione di provenienza «Svizzera», e questo non soltanto per i servizi, bensì per tutti i prodotti svizzeri, garantendo inoltre la sua protezione come elemento di un marchio.

Ciò è di particolare importanza per i produttori che già oggi ­ contrariamente alle regole in vigore ­ usano la croce svizzera come elemento di un marchio. La nuova legge sulla protezione degli stemmi permette di eliminare la spada di Damocle che pende su questi imprenditori, dando maggiore certezza giuridica a quelli che soddisfano le condizioni per usufruire dell'indicazione di provenienza svizzera.

Lo stemma della Confederazione sarà invece riservato in linea di massima all'autorità statale. Tuttavia, per non svantaggiare attori del mercato, quali ad esempio il Touring Club Svizzero o il Club Alpino Svizzero, che da tempo usano lo stemma o un segno simile come elemento del loro marchio, è prevista la possibilità di prose123

Cfr. Marco Casanova, Die Marke Schweiz ­ Gefangen in der Mythosfalle zwischen Heidi und Willhelm Tell: Aktuelle Herausforderung im Zusammehang mit der Verwendung der Marke Schweiz als Co-Branding-Partner, in: Arndt Florack/Martin Scarabis/Ernst Primosch (a c. di), Psychologie der Markenführung, Vahlen, Monaco di Baviera 2007, pag. 541 segg.

124 Cfr. p.es. Steffen Kinkel, Warum Firmen die Produktion in die Heimat zurückverlagern, in: IO New Management 2009, n. 3, pag. 8 segg.

125 In termini assoluti il numero di marchi verbali con l'aggiunta «Svizzera», «Swiss», ecc. è aumentato più di otto volte e mezzo, da 635 il 31 agosto1994 a 1253 il 31 agosto 1999, a 3098 il 31 agosto 2008 fino a 5463 il 31 agosto 2009. Tale aumento supera di tre volte e mezzo l'aumento globale dei marchi nello stesso periodo (ricerca nel registro svizzero dei marchi dell'8 ottobre 2009).

126 In un sondaggio effettuato in 66 Paesi, tre quarti degli interpellati hanno affermato che la croce o la bandiera svizzera è l'elemento grazie a cui riconoscono un prodotto o un servizio svizzero come tale. Al secondo posto seguono designazioni quali «Swiss made» o «Made in Switzerland». Inoltre vengono ricollegati alla Svizzera anche motivi quali il Cervino o la stella alpina, cfr. Stephan Feige/Benita Brockdorff/Karsten Sausen/Peter Fischer/Urs Jaermann/Sven Reinecke, Swissness Worldwide ­ Internationale Studie zur Wahrnehmung der Marke Schweiz, ricerca dell'Università di San Gallo et al., 2008, pag. 56.

7538

guirne l'uso. Ma anche in tal caso lo stemma o un segno simile può essere usato soltanto per prodotti e servizi di provenienza svizzera.

L'importanza economica della revisione della LPM è dovuta soprattutto a due elementi: a una maggiore certezza giuridica in seguito alla precisazione dei criteri per l'uso delle indicazioni di provenienza e a una semplificazione, grazie a diverse misure, dell'applicazione del diritto all'estero.

A differenza di quanto previsto attualmente127, la legge riveduta fornisce informazioni dettagliate sulle fasi di produzione e/o le materie prime di cui si può tenere conto per la definizione della provenienza e in che misura. Definisce quindi chiaramente per le imprese interessate il quadro legale entro cui usare l'indicazione di provenienza «Svizzera». L'obiettivo è di preservare a lungo termine il valore della «svizzerità», vale a dire quella parte del fatturato che è riconducibile all'uso dell'indicazione di provenienza «Svizzera», proteggendo i consumatori dall'uso fuorviante e punendo nel contempo l'uso abusivo.

La nuova disciplina lascia lo spazio necessario alla percezione delle cerchie interessate128 e nel singolo caso garantisce al giudice un appropriato margine discrezionale.

Le imprese che non possono o non intendono soddisfare tutti i criteri avranno la possibilità di contrassegnare un prodotto con «Swiss Design» o «Swiss Engineering», invece che con «Swiss», se soltanto il design o l'engineering si svolge in Svizzera (cfr. le spiegazioni all'art. 47 cpv. 3ter D-LPM; n. 2.1.2.1). Per concretizzare un'indicazione di provenienza svizzera vi sarà inoltre ancora la possibilità di trovare una soluzione su misura che soddisfi le esigenze di un settore, in quanto il nostro Consiglio potrà, su richiesta e su presentazione di un progetto preliminare di un settore, emanare un'ordinanza specifica (cfr. il commento all'art. 50 D-LPM; n. 2.1.2.4) Oggi una siffatta ordinanza esiste soltanto per il settore orologiero.

Un'altra misura che aumenta la certezza del diritto e la trasparenza ­ e di conseguenza riduce i costi globali ­ è la possibilità di iscrivere in un registro anche le indicazioni geografiche per prodotti non agricoli. Lo stesso obiettivo è perseguito con la possibilità di registrare, a condizioni ben determinate, le indicazioni geografiche come marchio
geografico e ottenere così un titolo di protezione registrabile e applicabile su scala internazionale.

Soprattutto gli ultimi due strumenti menzionati (registro delle indicazioni geografiche e dei marchi geografici) consentono di agevolare l'applicazione della protezione delle indicazioni geografiche e in particolare del marchio «Svizzera» a livello nazionale e internazionale. A causa del principio della territorialità il diritto svizzero non può essere applicato all'estero. Le possibilità di successo concrete delle misure d'applicazione dipendono perciò dagli accordi internazionali della Svizzera con il rispettivo Paese, nonché dal modo in cui il diritto estero protegge le indicazioni di provenienza e dall'affidabilità con cui le autorità competenti per l'applicazione del diritto impongono la protezione e le pertinenti disposizioni del diritto internazionale.

Proprio in questo contesto una regolamentazione chiara e la conseguente politica in materia di applicazione all'estero svolgono un ruolo determinante.

127 128

Cfr. le spiegazioni al n. 1.1 del presente messaggio Cfr. p.es. l'eccezione secondo cui un prodotto che non soddisfa i pertinenti criteri può essere contrassegnato con la designazione «Svizzera» se il produttore dimostra che la designazione corrisponde alla percezione delle cerchie interessate (cfr. il commento all'art. 48d lett. b D-LPM; n. 2.1.2.2) o l'eccezione per le indicazioni di provenienza registrate e protette (cfr. il commento all'art. 48d lett. a D-LPM; n. 2.1.2.2).

7539

Le misure regolative non costituiscono un segnale negativo (in particolare non di carattere protezionistico) per l'estero. Mentre le indicazioni di provenienza svizzere sottostanno ai criteri degli articoli 48 e 49 D-LPM, le indicazioni di provenienza estere sottostanno alle legislazioni dei pertinenti Stati esteri, a condizione che i consumatori svizzeri non siano tratti in inganno. In tal modo ciascuno Stato decide, nel rispetto dei suoi obblighi internazionali, i criteri per le sue indicazioni di provenienza, più o meno severi a seconda dell'importanza che attribuisce a tali indicazioni.

3.3.3

Per singoli gruppi sociali

Produttori svizzeri di prodotti naturali e prodotti naturali trasformati Per quanto riguarda i prodotti naturali (ossia soprattutto i prodotti agricoli) non vi sono molte modifiche poiché le nuove disposizioni sono riprese in gran parte dall'attuale ordinanza del DFI del 23 novembre 2005 sulla caratterizzazione e la pubblicità delle derrate alimentari (cfr. il commento all'art. 48a D-LPM; n. 2.1.2.2).

Abbiamo rinunciato alla condizione che un prodotto naturale debba essere cresciuto integralmente nel luogo di provenienza, poiché nell'ambito della consultazione è stato giudicato troppo lontano dalla realtà economica.

Per i prodotti naturali trasformati (ossia soprattutto i prodotti alimentari) il criterio più importante, anche se non l'unico, è che almeno l'80 per cento del peso delle materie prime utilizzate provenga dalla Svizzera (cfr. il commento all'art. 48b DLPM; n. 2.1.2.2). Rispetto alla prescrizione di un valore fisso relativo ai costi, questo criterio ha il vantaggio che le oscillazioni dei prezzi delle materie prime non hanno come conseguenza che, a seconda dell'evoluzione di mercato delle materie prime, un prodotto possa essere contrassegnato o meno con l'indicazione di provenienza svizzera. Al fine di rendere applicabile questa condizione per i produttori, i prodotti naturali che non sono disponibili in Svizzera (cacao, chicchi di caffè, frutti esotici, certi grassi vegetali, petrolio, ecc.) o non sono disponibili temporaneamente (p.es a causa di un raccolto scarso o del maltempo) saranno esclusi dal calcolo dell'80 per cento del peso. Anche le materie prime che in Svizzera non sono disponibili in quantità sufficiente possono essere escluse dalla regola dell'80 per cento, a condizione che la quantità insufficiente sia attestata in un'ordinanza del Consiglio federale specifica per un settore. È probabile che in un primo tempo, a causa della nuova disciplina e della conseguente maggiore domanda, i prezzi di certe materie prime svizzere aumenteranno. Ciò costituirà per l'agricoltura un incentivo ad estendere la superficie coltivabile, il che a medio termine farà ridiscendere i prezzi129.

Nel settore dei prodotti alimentari è probabile che per diversi prodotti che sono attualmente contrassegnati dalla designazione «Svizzera» dovranno in futuro essere intrapresi sforzi maggiori affinché
tale designazione sia ancora lecita. Le stime effettuate dal settore stesso sono contraddittorie e quindi non è possibile fornire indicazioni affidabili. È tuttavia chiaro che, se il diritto attuale fosse applicato

129

Cfr. anche Hanspeter Schneider, «Wir würden auch 80 % schaffen», in: Alimenta, Fachzeitschrift für die Lebensmittelwirtschaft, 2009, n. 10, pag. 24 seg.

7540

coerentemente, alcuni prodotti dovrebbero rinunciare alla designazione «Svizzera» già in virtù del diritto vigente130.

Soprattutto nel settore agricolo, ma anche in quello dei prodotti naturali trasformati, la caratterizzazione positiva mediante l'indicazione di provenienza svizzera è un fattore che contribuisce a preservare la competitività sul mercato internazionale.

Tale designazione positiva è un mezzo per affrontare la crescente concorrenza regionale e globale in seguito a un eventuale accordo agricolo con l'UE o a un'ulteriore liberalizzazione del mercato agricolo nell'ambito delle attuali trattative OMC.

I prodotti naturali e i prodotti naturali trasformati formano tuttavia soltanto una piccola seppure, per parte della popolazione, importante quota del prodotto interno lordo della Svizzera131. Sotto il profilo economico, le misure di regolamentazione previste si ripercuoteranno quindi soprattutto sulla produzione industriale e sui servizi.

Produttori svizzeri di prodotti industriali I produttori di prodotti industriali che intendono contraddistinguere i propri prodotti con l'indicazione di provenienza svizzera dovranno provvedere affinché almeno il 60 per cento dei costi di produzione sia realizzato in Svizzera. Oltre che dei costi di produzione veri e propri, potranno tenere conto anche dei costi per la ricerca e lo sviluppo. Questa soluzione tiene conto del fatto che la Svizzera è un luogo importante sotto il profilo dell'innovazione132. Analogamente a quanto previsto per i prodotti naturali, anche per i prodotti industriali e per altri prodotti sono esclusi dal calcolo le materie prime che non sono prodotte in Svizzera (p.es. metalli e metalli preziosi, petrolio, cotone, ecc.).

Grazie all'inclusione nel calcolo dei costi per la ricerca e lo sviluppo, l'aumento del 10 per cento del criterio dei costi rispetto alla situazione attuale non costituirà alcun problema per le imprese con prodotti che richiedono un'intensa attività di ricerca133.

Probabilmente essi potranno addirittura estendere il numero dei loro prodotti su cui apporre l'indicazione di provenienza svizzera. Le imprese che ritengono che l'aumento del criterio comporti per loro costi troppo elevati, avranno la possibilità di usare designazioni quali «Swiss design» o «Swiss engineering», riferentisi a una fase del processo produttivo svoltosi integralmente nel luogo indicato. (cfr. il commento all'art. art 47 cpv. 3ter D-LPM; n. 2.1.2.1).

130

Cfr. p.es. l'elenco dei prodotti inappropriatamente designati come svizzeri della Fondazione per la protezione dei consumatori, disponibile all'indirizzo: (http://www.konsumentenschutz.ch/files/pdfs/downloads/ 09_08_produktlisteswissness_august_.pdf).

131 Nel 2007 agricoltura, silvicoltura, caccia, pesca e piscicoltura, produzione di prodotti alimentari e generi voluttuari nonché il trattamento e la trasformazione di legna (NOGA 1­5, 15, 16, 20) ammontavano a circa il 3,6 % del prodotto interno lordo della Svizzera, cfr. UFS, Conti economici nazionali.

132 Secondo l'European Innovation Scoreboard 2008 dell'UE, la Svizzera conduce la graduatoria dei Paesi europei più innovativi, seguita dai Paesi scandinavi, cfr. European Innovation Scoreboard 2008, ProInnoEurope, Innometrics (a c. di.), 2009.

133 I settori che richiedono una ricerca intensa sono l'industria chimica e farmaceutica, quella metallurgica e metalmeccanica e quella dei prodotti alimentari. Questi settori (NOGA 15­16, 23­25, 27­34, 72­73) hanno fatto registrare il 20 % della creazione di valore aggiunto in Svizzera, cfr. UFS, Indicatori Scienze e tecnologia, Conti economici nazionali.

7541

Un vantaggio economico importante della revisione di legge risulta infine dalla nuova possibilità di usare, come per i servizi, la croce svizzera come elemento del contrassegno di un prodotto svizzero.

Produttori esteri Se rispettano i criteri per l'indicazione di provenienza, i produttori possono usare la designazione «Svizzera» o la croce svizzera indipendentemente dal fatto che si tratti di imprese svizzere o straniere. Ciò può costituire per entrambe un incentivo a trasferire o mantenere l'attività produttiva o di ricerca in Svizzera.

Fornitori di servizi Per i fornitori di servizi la provenienza dei prodotti è determinata dalla sede sociale.

Inoltre un centro amministrativo effettivo deve trovarsi in Svizzera. La nuova disciplina intende evitare che le imprese che si limitano ad avere un recapito in Svizzera possano approfittare del valore aggiunto della «svizzerità». Tale effetto persegue l'obiettivo di garantire la reputazione delle indicazioni di provenienza svizzere.

Il settore dei servizi acquista progressivamente sempre più peso dal punto di vista economico134. Proprio in questo settore negli ultimi tempi si sono dovute costatare la fragilità della reputazione della «svizzerità» (grounding della Swissair, ripercussioni della crisi finanziaria e del nuovo standard dell'OCSE in materia fiscale sul settore bancario) e l'importanza di raggiungere di nuovo un livello di qualità eccellente, per ripristinare rapidamente la reputazione intaccata non solo dei nostri servizi o del rispettivo settore, bensì anche del marchio «Svizzera», e riconquistare così la fiducia dei clienti135.

Piccole e medie imprese (PMI) Le PMI mettono a disposizione circa due terzi dei posti di lavoro in Svizzera136. In un contesto sempre più internazionale i mercati di sbocco al di fuori della Svizzera acquistano sempre maggiore importanza137. In tale contesto per le PMI, che spesso fungono da cosiddetti operatori di nicchia, acquista un'importanza sempre maggiore consolidare e rafforzare la propria posizione vantaggiosa sul mercato, risultante da 134

Cfr. Arbeitsmarktindikatoren 2008, UFS, 2008, Neuchâtel, pag. 12, in cui si afferma che tra il 2002 e il 2007 la tendenza alla terziarizzazione (ovvero la tendenza verso il settore terziario) è proseguita, poiché il settore dei servizi ha funto da motore per la crescita dell'economia e dell'occupazione.

135 Che la Svizzera sia riuscita a ripristinare la propria reputazione in relazione alla competitività lo dimostra il fatto che abbia raggiunto il primo posto nell'attuale edizione del Global Competitiveness Report del Forum economico mondiale, cfr. Klaus Schwab, The Global Competitiveness Report 2009­2010, World Economic Forum, Ginevra 2009. Altri provvedimenti concernenti il marchio «Svizzera», quali ad esempio il presente progetto legislativo, svolgeranno probabilmente un ruolo importante per la salvaguardia della reputazione del marchio «Svizzera» a medio e lungo termine. Lo affermano anche gli analisti: «Jon Cox, an analyst at Kepler Capital Markets, said promoting the Swiss brand would set the country up well for a recovery. he said», in: New York Times, 25/26 luglio, 2009.

136 Franz Jaeger et al., KMU-Landschaft im Wandel, Eine Studie anhand der Betriebszählungen 1998, 2001 e 2005, Neuchâtel, UFS, 2008.

137 Secondo una ricerca della Banca nazionale svizzera il 70 % delle PMI interrogate affermano che le esportazioni crescono in misura maggiore o nettamente maggiore rispetto al mercato interno, cfr. Thomas Kübler, Exportorientierte KMU ­ Herausforderungen beim Aufbau neuer Märkte, in: Quartalsheft der SNB 2008, n. 1, pag. 44 seg.

7542

caratteristiche qualitative particolari e dalla provenienza svizzera. La possibilità di lanciare un segnale internazionale in tal senso grazie all'indicazione di provenienza svizzera è di notevole importanza economica. Per molte imprese tessili della Svizzera orientale, ad esempio, l'uso della designazione «St. Galler Stickerei» e la conseguente reputazione è un presupposto essenziale per la loro sopravvivenza sul mercato tessile internazionale.

Oltre ai vantaggi che derivano dalla designazione «Svizzera», per le PMI è importante anche poter valutare eventuali futuri oneri. Poiché abbiamo rinunciato a introdurre una procedura di autorizzazione o di concessione di una licenza per l'uso della designazione «Svizzera», le spese di un'impresa che intende accertare internamente la conformità dei propri prodotti ai criteri della «svizzerità» si aggireranno più o meno attorno a quelle necessarie con l'attuale regolamentazione. È possibile che in una fase di transizione, in caso di processi di produzione complessi, vi saranno eccezionalmente oneri supplementari risultanti dal fatto che la nuova disciplina potrebbe indurre diverse imprese a riconsiderare e ridefinire la propria posizione sul mercato138. Per il resto, per le PMI i nuovi criteri hanno le stesse ripercussioni come quelle illustrate nei capitoletti sui produttori di prodotti naturali trasformati e di prodotti industriali139.

Per tenere possibilmente bassi i costi di adattamento delle PMI, l'IPI, in virtù del suo incarico informativo, sta preparando misure accompagnatorie con diverse informazioni pubbliche che si svolgeranno a partire dalla metà del 2010140. Per ottenere informazioni i privati e le imprese possono rivolgersi direttamente all'IPI141.

Consumatori Se i consumatori scelgono di acquistare prodotti di qualità di provenienza svizzera sono di regola disposti a pagare un prezzo più alto142. Informazioni attendibili e possibilmente univoche sulla provenienza e la qualità dei prodotti, segnalate median-

138

139 140 141

142

Nel 2008, su incarico del Forum PMI della Confederazione, la camera di commercio del Cantone del Vallese ha steso una lista con gli elementi che compongono nove prodotti (otto prodotti industriali e un prodotto naturale trasformato) che secondo le regole del diritto doganale ottengono un certificato d'origine svizzera. Con la legislazione sui marchi e sugli stemmi attualmente in vigore, quattro di questi prodotti potrebbero essere lecitamente designati come svizzeri. Con le nuove leggi sui marchi e sugli stemmi tale situazione probabilmente non muterà.

Per una panoramica sui costi e sui vantaggi cfr. n. 3.3.4 del presente messaggio.

Cfr. https://www.ige.ch/it/istituto/istituto/progetti-e-cooperazioni/progetto-pmi-pi.html.

Per telefono: 031 377 77 77; per mail: info@ipi.ch o kmu@ipi.ch; per scritto: Istituto federale della proprietà intellettuale, Centro di contatto, Stauffacherstrasse 65/59g, 3003 Berna.

Due ricerche effettuate dal PFZ in merito al comportamento dei consumatori nell'acquisto di carne di pollo o di mele mostra che, a prezzi uguali, circa l'85 % dei consumatori predilige un prodotto svizzero, cfr. Conradin Bolliger, Produktherkunft Schweiz, Schweizer Inlandkonsumenten und ihre Assoziationen mit und Präferenzen für heimische Agrarerzeugnisse, Tagungsband der 18. Jahrestagung der Österreichischen Gesellschaft für Agrarökonomie, 2008.

7543

te l'uso della designazione «Svizzera» e la croce svizzera, sono quindi nell'interesse dei consumatori143.

3.3.4

Per l'economia in generale

Consolidamento dell'attrattiva della Svizzera come luogo di produzione La presenza delle imprese svizzere all'estero è in aumento. Nel 2006 2,1 milioni di persone lavoravano in filiali estere di imprese svizzere144. Le misure di regolamentazione proposte per mantenere il valore del marchio «Svizzera» creano incentivi affinché le imprese indigene tornino a investire maggiormente in Svizzera145. È ad esempio ipotizzabile che le nuove disposizioni inducano alcune imprese, che oggi sfruttano poco la «svizzerità»146, a (ri)trasferire una parte sufficiente della produzione in Svizzera per poter impiegare l'indicazione di provenienza «Svizzera» come strumento di marketing.

L'effetto potrebbe essere più importante per le imprese che stanno pensando di trasferire la loro produzione dalla Svizzera all'estero, ma per le quali la designazione «Svizzera» o l'uso della croce svizzera è un elemento di marketing importante (cfr.

illustrazione). La revisione di legge offre un incentivo a continuare a produrre o a mantenere la sede sociale in Svizzera e a ricorrere in misura maggiore a materie prime svizzere sostituendole a quelle estere147. In tal senso le misure proposte favoriscono la produzione interna svizzera.

143

144 145 146

147

Nel 2003 un sondaggio rappresentativo svolto su incarico dell'UFAG ha mostrato che la maggioranza degli interpellati esige che un prodotto con una designazione di provenienza svizzera debba provenire al 100 % dalla Svizzera, UFAG, Rapporto agricolo 2003, Berna 2003, pag. 146. In un sondaggio analogo del 2007 l'80 % degli interpellati esige che in Svizzera le prescrizioni per la produzione di prodotti alimentari siano più severe rispetto all'estero, UFAG, Herkunft von Landwirtschaftprodukten 2007, Berna 2007. Nello stesso sondaggio il 50 % degli interpellati ha affermato di essere in parte disposto a pagare più del doppio per mele, latte, carne o uova prodotti in Svizzera (domanda 4).

Cfr. Banca nazionale svizzera, Evolution des investissements directs en 2006, BNS, Zurigo 2008.

Cfr. ad es. Steffen Kinkel, Warum Firmen die Produktion in die Heimat zurückverlagern, in: IO New Management 2009, n. 3, pag. 8­12.

P.es. imprese del settore chimico e farmaceutico, dell'industria meccanica e di costruzione di impianti nonché del settore informatico e in parte del settore della moda, cfr.

Stephan Feige et al., Swissness Worldwide ­ Internationale Studie zur Wahrnehmung der Marke Schweiz, ricerca dell'Università di San Gallo et al., 2008, pag. 36 segg.

Nel sondaggio annuale dell'UFS presso le PMI il 48 % ha affermato che, per i motivi più disparati, potrebbero immaginarsi di trasferire parzialmente o del tutto la produzione all'estero, cfr. Franz Jaeger et al., KMU-Landschaft im Wandel, Eine Studie anhand der Betriebszählungen 1998, 2001 und 2005, Neuchâtel, UFS, 2008.

7544

Illustrazione: punti di forza e punti deboli dei prodotti svizzeri nel confronto internazionale148 Zuverlässigkeit 1. Schweiz (ø 4.15) 2. Deutschland (ø 4.11)

Tradition

3. Japan 4. USA

(ø 3.69) (ø 3.05)

5. China

(ø 2.05)

Int. Spitzenqualität

1. Schweiz (ø 3.94) 1. Deutschland (ø 4.22) 2. Deutschland (ø 3.85) 2. Schweiz (ø 4.19) 3. Japan (ø 3.19) 3. Japan (ø 4.01) 4. USA (ø 2.52) 4. USA (ø 3.29) 5. China (ø 2.25) 5. China (ø 2.23)

Im Trend

Exklusivität 1. Schweiz (ø 4.08) 2. Deutschland (ø 3.46) 3. Japan (ø 2.95) 4. USA 5. China

(ø 2.75) (ø 1.90)

1. Japan 2. USA

Preisgünstig

(ø 4.05) 1. China (ø 3.80) 2. Japan

(ø 4.16) (ø 3.48)

Innovativ 1. Japan (ø 4.28) 2. Deutschland (ø 3.79)

3. Deutschland (ø 3.26) 3. USA (ø 3.33) 4. Schweiz (ø 3.05) 4. Deutschland (ø 2.91)

3. USA 4. Schweiz

(ø 3.54) (ø 3.37)

5. China

5. China

(ø 2.60)

(ø 2.79) 5. Schweiz

(ø 2.33)

Int. Respekt 1. Deutschland (ø 4.15)

5 = stimme voll zu 1 = stimme gar nicht zu

2. Schweiz 3. Japan

(ø 4.09) (ø 3.95)

4. USA 5. China

(ø 3.35) (ø 2.32)

5 = stimme voll zu 1 = stimme gar nicht zu

Riassunto dei costi e dei vantaggi prevedibili Un'indicazione quantitativa dei costi e dei vantaggi del presente progetto è possibile solo in misura limitata.

Tra i vantaggi quantificabili del presente progetto vi è innanzitutto il mantenimento del valore aggiunto dovuto alla reputazione della «svizzerità», sia in Svizzera che all'estero. Secondo una ricerca transnazionale del 2008 i consumatori sono pronti a pagare il 20 per cento in più per determinati beni di consumo, quali orologi, gioielli o formaggi, se sono contrassegnati con la designazione «Svizzera»149. A titolo d'esempio, per l'industria orologiera svizzera, che nel 2008 ha esportato orologi per un valore complessivo di 17 miliardi di franchi, ne risulterebbe un valore aggiunto di 3­3,5 miliardi di franchi. In base a un calcolo analogo per il 2008, per l'industria dei gioielli, le cui esportazioni ammontavano complessivamente a 4,8 miliardi di franchi, grazie alla designazione «Svizzera» risulta un valore aggiunto di 960 milioni, mentre per l'industria del cioccolato, con esportazioni pari a quasi un miliardo di franchi, tale valore ammonta a quasi 200 milioni di franchi150. Quindi, considerando solo questi tre settori, che secondo la citata ricerca dell'Università di San Gallo approfittano di un valore aggiunto pari al 20 per cento dovuto alla reputazione della designazione «Svizzera», ne risulta un bonus pari a circa 4,6 miliardi di franchi.

Una stima analoga è possibile con i dati dell'Associazione svizzera DOC-IGP. In base a diverse ricerche, l'associazione stima che il bonus dei prodotti svizzeri registrati come denominazioni d'origine controllata (DOC) o indicazioni geografiche

148

Fonte: Stephan Feige et al., Swissness Worldwide ­ Internationale Studie zur Wahrnehmung der Marke Schweiz, ricerca dell'Università di San Gallo et al., 2008, pag. 32, ill. 18.

149 Cfr. Stephan Feige et al., Swissness Worldwide ­ Internationale Studie zur Wahrnehmung der Marke Schweiz, ricerca dell'Università di San Gallo et al., 2008, pag. 57. Secondo la ricerca, nei tre settori per beni di consumo citati in questo capoverso l'importanza del Paese di provenienza e del legame con la Svizzera è notevole (cfr. ill. 25, pag. 39).

150 Per il volume delle esportazioni cfr. la statistica sul commercio estero dell'Amministrazione federale delle dogane (banca dati Swiss-Impex).

7545

protette (IGP) si aggiri attorno al 20 per cento. Con una cifra d'affari di circa un miliardo di franchi ciò equivale a un valore aggiunto pari a 200 milioni151.

Ma anche altri settori, che (per il momento) sono messi meno direttamente in relazione con la Svizzera, possono usufruire del valore aggiunto della designazione «Svizzera» se offrono prodotti o servizi che presentano le caratteristiche che i consumatori attribuiscono ai prodotti e servizi svizzeri. La già citata ricerca dell'Università di San Gallo stima ad esempio che per l'industria meccanica il valore aggiunto dovuto alla designazione «Svizzera» vada dall'uno al due per cento della cifra d'affari152. Se si aggiungono questi 1,2 miliardi di franchi (ossia l'1,5 % delle esportazioni dell'industria metalmeccanica nel 2008, pari a 80 miliardi di franchi secondo Swissmem) alla somma sopra indicata, si ottiene per questi quattro settori un bonus pari a circa l'un per cento del prodotto interno lordo. L'obiettivo del presente progetto è di preservare a lungo termine per i diversi settori il valore aggiunto dovuto alla reputazione della designazione «Svizzera»153.

Il presente progetto è concepito in modo da creare meno costi possibili all'economia.

Ciò vale in particolare per gli oneri amministrativi. Abbiamo pertanto rinunciato di proposito ai modelli di gestione centralizzata, proposti da vari interessati, ad esempio ad un «marchio di garanzia Svizzera» gestito dalla Confederazione o da una fondazione apposita154. Un siffatto modello richiederebbe ­ come per altri marchi diffusi sul mercato ­ una procedura amministrativa onerosa e costosa per la concessione di una licenza. Come finora non sarà quindi necessaria né un'attestazione ufficiale né un altro tipo di attestazione o autorizzazione per l'uso del marchio «Svizzera».

Come illustrato al numero 3.3.3, è possibile che per determinati prodotti siano necessari sforzi supplementari per soddisfare le nuove condizioni. Come alternativa si può ricorrere a designazioni più particolari quali «Swiss design», «Swiss engineering» o «prodotto in Svizzera» ed evitare così di dover rinunciare al valore aggiunto della «svizzerità».

151

In caso di una riduzione a medio termine del 50 % della reputazione del marchio «Svizzera», l'Associazione DOC-IGP stima che oltre alla diminuzione del valore aggiunto della «svizzerità», diminuirebbero della metà (ossia di 200 milioni) anche le esportazioni e del 20 % la cifra d'affari (120 milioni). Per i produttori di prodotti DOC-IGP ne risulterebbero costi annuali di circa 420 milioni di franchi che possono essere evitati grazie al presente progetto. D'altro canto l'Associazione DOC-IGP stima che, con condizioni d'uso più severe rispetto a quelle attuali, la cifra d'affari complessiva potrebbe aumentare del 20 % circa, il che corrisponderebbe a 200 milioni di franchi.

152 Cfr. Stephan Feige et al., Swissness Worldwide ­ Internationale Studie zur Wahrnehmung der Marke Schweiz, ricerca dell'Università di San Gallo et al., 2008, pag. 57.

153 Anche se alcuni sostengono che proprio in tempi di recessione il valore della «svizzerità» potrebbe generare un potenziale ancora maggiore, cfr. ad es. Dominique von Matt, capo dell'agenzia pubblicitaria von Matt/Limmat: «The Swiss reputation for reliability, quality and precision have even more value now than before the recession», in: brand retains its appeal, swissinfo.ch, 12 giugno 2009, è probabile che l'attuale bonus del 20 %, raggiungibile in alcuni settori, possa essere superato solo in rari casi.

154 Cfr. n. 3.3.5 del presente messaggio.

7546

Panoramica delle probabili ripercussioni del progetto sull'economia Ripercussioni con il progetto Probabili ripercussioni negative Probabili ripercussioni positive Eventuali costi supplementari per la verifica o la nuova definizione del proprio marchio in seguito alle nuove regole del presente progetto.

Mantenimento della reputazione del marchio «Svizzera» e quindi del suo plusvalore per tutte le imprese che producono, si procurano le materie prime o forniscono servizi in Svizzera.

Il valore aggiunto costituito dalla designazione «Svizzera» viene a mancare per i prodotti che non adempiono le nuove condizioni (uno svantaggio in parte compensato dalla possibilità di produrre in tutto il mondo e quindi in maniera meno costosa).

Mantenimento della competitività nel contesto internazionale, in particolare per le PMI e le imprese di nicchia che possono sfruttare il marchio «Svizzera».

Costi degli sforzi necessari per soddisfare i nuovi criteri (più severi) per i prodotti che secondo le nuove regole non sono più conformi alla «svizzerità» (p.es. trasferimento della produzione, sostituzione di fornitori).

Mantenimento e creazione di posti di lavoro, soprattutto per le imprese tradizionali e regionali, nel settore della produzione di prodotti naturali (agricoltura) e in quello della ricerca e dello sviluppo.

Applicazione agevolata della protezione del marchio «Svizzera» per i casi di uso abusivo all'estero, in particolare grazie al registro delle indicazioni geografiche e alla possibilità di proteggere un marchio geografico in Svizzera, nonché di farlo registrare e imporlo all'estero dall'associazione del settore interessato.

Possibilità di limitare il marchio «Svizzera» a fasi integralmente svolte in Svizzera: «Swiss design», «Swiss engineering».

Nuova possibilità di apporre a scopi commerciali la croce svizzera anche sui prodotti che soddisfano i criteri della «svizzerità».

Ripercussioni senza il presente progetto Probabili ripercussioni negative Probabili ripercussioni positive Nessuna possibilità di usare lecitamente la croce svizzera per contrassegnare prodotti, anche se tali prodotti sono stati integralmente fabbricati in Svizzera.

Non è necessario un eventuale onere amministrativo supplementare per verificare o ridefinire il proprio marchio.

In seguito alla maggiore sensibilizzazione delle cerchie interessate aumenterà l'insoddisfazione sulle attuali regole della «svizzerità». Come conseguenza vi è il rischio di un'applicazione più severa del divieto di usare la croce svizzera a scopi commerciali.

Chi realizza il 50 % dei costi di produzione e svolge la fase della produzione che dà al prodotto le sue caratteristiche essenziali in Svizzera, può sfruttare il bonus del marchio «Svizzera» (= disciplinamento attuale).

La reputazione del marchio «Svizzera» rischia di diminuire a causa dell'uso abusivo da parte di terzi.

7547

Ripercussioni senza il presente progetto Probabili ripercussioni negative Probabili ripercussioni positive Il bonus del marchio «Svizzera» rischia di diminuire per le imprese che confidano nella Svizzera come luogo di produzione; competitività ridotta ed eventualmente perdita o trasferimento all'estero di posti di lavoro.

Continue difficoltà per ottenere o imporre la protezione del marchio «Svizzera» all'estero in caso di uso abusivo.

Segnale negativo per l'estero: la Svizzera non è in grado di garantire la reputazione del proprio nome a lungo termine.

Ripercussioni sulla competitività Le misure previste per consolidare la protezione delle indicazioni di provenienza svizzere e dei segni pubblici non costituiscono un'ingerenza illecita nella concorrenza di mercato. I mercati restano aperti alla concorrenza tra prodotti in misura uguale a oggi. Produttori diversi possono continuare a vendere prodotti simili sotto un'altra designazione (marchio), ma con la stessa indicazione geografica. Inoltre, una maggiore protezione della provenienza non impedisce ai produttori che non soddisfano le condizioni per una determinata indicazione di provenienza di fabbricare i propri prodotti e fornire i propri servizi. Essa vieta loro soltanto di contrassegnarli con un'indicazione di provenienza non pertinente.

Anche l'introduzione del nuovo marchio geografico secondo gli articoli 27a segg.

D-LPM non intacca in modo illecito la concorrenza di mercato. Il marchio permette alle associazioni svizzere di produttori di proteggere e difendere meglio, soprattutto all'estero, le DOC e le IGP, nonché le indicazioni di provenienza «Svizzera» definite in un'ordinanza specifica per un settore. A lungo termine questa nuova possibilità di protezione nazionale comporterà una maggiore competitività sul mercato internazionale delle imprese che producono in Svizzera. Per il resto la competitività rimarrà invariata.

3.3.5

Regolamentazioni alternative

La situazione attuale non costituisce un'alternativa. Il fatto che la situazione giuridica e la realtà divergano notevolmente è insoddisfacente. Inoltre, gli attuali criteri, poco precisi in considerazione dell'odierna realtà produttiva, sono insufficienti e superati. Le regole odierne favoriscono l'uso abusivo e conducono così a un progressivo indebolimento della designazione «Svizzera». Ne consegue una perdita d'immagine e di valore per i «veri» prodotti e servizi svizzeri155. È essenziale garantire una protezione delle indicazioni di provenienza coerente e che comprenda tutte le categorie di prodotti. Tale protezione è chiaramente proclamata dalla Svizzera 155

Cfr. la ricerca di Swiss Branding Experts che mostra che le imprese svizzere sono oggi disposte a fare compromessi in merito alla qualità e all'affidabilità (Thomas Schürpf, Weckruf für die Marke Schweiz, in: NZZ Online, 24 aprile 2009).

7548

anche su scala internazionale (in particolare nell'ambito delle attuali trattative dell'OMC).

Abbiamo valutato anche la possibilità di codificare la rara giurisprudenza cantonale concernente prodotti che richiedono poca attività di ricerca, rinunciando tuttavia a questa soluzione poiché i criteri per i prodotti interessati da tale giurisprudenza156 non si possono applicare senza difficoltà a prodotti che richiedono una notevole attività di ricerca e neanche a prodotti alimentari, dato che in tale ambito un criterio di valore è giudicato estraneo all'oggetto e perciò non può essere applicato dalle autorità cantonali d'esecuzione.

Abbiamo valutato e respinto anche la creazione di un marchio globale di garanzia «Svizzera». Una siffatta regolamentazione presupporrebbe che tutti i settori si accordassero su criteri di provenienza comuni, al fine di poterli includere nel regolamento del marchio. Inoltre per gli utenti essa comporterebbe oneri supplementari per l'esame e la concessione dell'autorizzazione d'uso individuale e costi per ottenere la licenza. La soluzione si sovrapporrebbe alla possibilità di elaborare un'ordinanza per un settore specifico, prevista dall'articolo 50 LPM. Quest'ultima ha il vantaggio che il nostro Consiglio può agevolare e garantire l'elaborazione di criteri comuni. La gestione e l'applicazione (giudiziaria) in tutto il mondo di un marchio di garanzia «Svizzera» da parte della Confederazione o di una fondazione apposita esporrebbero a rischi inutili il bilancio federale e lo graverebbero in modo sproporzionato a causa dei costi per la registrazione dei marchi e degli eventuali costi processuali.

3.3.6

Aspetti pratici dell'esecuzione

Le misure previste precisano i criteri della provenienza. La conseguente maggiore trasparenza crea certezza giuridica e facilita l'esecuzione della protezione della designazione «Svizzera» e della croce svizzera per le autorità cantonali. L'unica nuova struttura amministrativa (registro delle indicazioni geografiche) e la maggiore attività della Confederazione andranno a carico dell'IPI. Grazie all'indipendenza aziendale dell'IPI non gravano sulla Confederazione.

Per le imprese, la procedura di deposito del marchio (che continuerà a poter essere svolta per via elettronica) non è modificata. L'onere per il deposito e la registrazione nel nuovo registro delle indicazioni geografiche sarà comparabile a quello necessario per la registrazione nell'attuale registro delle DOC o delle IPG dell'UFAG.

Grazie alle nuove disposizioni di diritto penale e civile e alla nuova possibilità di intervenire dell'IPI, i titolari di un marchio legato alla Svizzera potranno imporre più facilmente la protezione in Svizzera e all'estero. Considerate le crescenti violazioni all'estero negli ultimi anni, ciò avrà un effetto positivo sulla reputazione della Svizzera.

Per determinati prodotti esiste già oggi un controllo ufficiale dei loro elementi, tra cui anche la provenienza. Ciò è il caso per i prodotti alimentari, che vengono controllati dalle autorità cantonali d'esecuzione (chimici cantonali). Il nuovo disciplinamento non crea nuovi compiti per le autorità esecutive, bensì si limita a modificarne uno attuale. In futuro le autorità esecutive verificheranno la provenienza o un 156

Ad esempio foulard o penne stilografiche.

7549

eventuale inganno dei consumatori non più in base a diversi atti federali, bensì fondandosi sui criteri dell'articolo 48 D-LPM. Il nostro Consiglio introdurrà un rinvio a tali criteri nella legislazione sulle derrate alimentari.

4

Rapporto con il programma di legislatura

Il progetto è annunciato nel messaggio del 23 gennaio 2008157 sul programma di legislatura 2007­2011 e nel decreto federale del 18 settembre 2008158 sul programma di legislatura 2007­2011.

5

Aspetti giuridici

5.1

Costituzionalità e conformità alla legge

I disegni di revisione della LPM e di una nuova LPSP si fondano sull'articolo 122 Cost.

I criteri determinanti per la definizione della provenienza di prodotti sono conformi alla legislazione sulle derrate alimentari (cfr. n. 1.4.1). I disegni di legge sono pure del tutto conformi alla revisione della legge federale del 6 ottobre 1995 sugli ostacoli tecnici al commercio (LOTC), poiché le nuove regole sulla provenienza non vanno considerate ostacoli al commercio. Anche nel caso in cui lo fossero e a condizione che sia rispettato il principio della proporzionalità, ciò sarebbe giustificato in nome della protezione della proprietà industriale e commerciale, nonché della lealtà nel commercio e della tutela dei consumatori (cfr. n. 1.6).

Un produttore che, oltre alle prescrizioni tecniche obbligatorie, intende apporre sulla propria merce a scopo pubblicitario l'indicazione «Svizzera» o la croce svizzera, deve attualmente e in futuro soddisfare i criteri relativi alla provenienza. Dovrà attenersi a questi criteri, anche se farà valere che l'indicazione di provenienza è richiesta in virtù delle prescrizioni tecniche o se usa tali indicazioni a scopi pubblicitari o come contrassegno al fine di mettere in evidenza la provenienza del prodotto.

In caso contrario trarrebbe manifestamente in inganno i consumatori. Il principio del «Cassis de Dijon», adottato unilateralmente dalla Svizzera nel quadro della revisione della LOTC, autorizza l'immissione sul mercato di un prodotto fabbricato in Svizzera conformemente alle prescrizioni tecniche estere, ma la sua applicazione non costituisce né un ostacolo, né un'autorizzazione all'uso dell'indicazione di provenienza «Svizzera». È infatti lecito limitare il principio «Cassis de Dijon» se lo esigono interessi superiori, come nel caso dei diritti in materia di proprietà intellettuale in vigore nel Paese importatore159.

157 158 159

FF 2008 597, pag. 628 FF 2008 7469 Cfr. note 37 e 160 («American Bud» e «Exportur»).

7550

5.2

Compatibilità con gli obblighi internazionali della Svizzera

5.2.1

Trattati multilaterali

Le convenzioni internazionali da prendere in considerazione nell'ambito del presente progetto di revisione sono la CPrI, l'ADPIC e la prima Convenzione di Ginevra.

La CPrI vieta l'uso di indicazioni di provenienza che traggono in inganno (art. 10bis) e anche l'uso e la registrazione come marchio degli stemmi di Stato e delle loro imitazioni dal punto di vista araldico (art. 6ter).

L'ADPIC prevede l'applicazione del principio del trattamento nazionale (art. 3) e del trattamento della nazione più favorita (art. 4). Inoltre, vieta l'uso di indicazioni di provenienza false o atte a indurre in errore (art. 22 e 23). Infine, la protezione di cui godono le indicazioni geografiche immediatamente prima dell'entrata in vigore dell'Accordo (per la Svizzera gennaio 1996) non deve più diminuire.

La prima Convenzione di Ginevra vieta l'uso della croce svizzera per designare prodotti, in particolare se ne risulta un rischio di confusione con l'emblema della Croce Rossa (art. 53).

5.2.2

Compatibilità con il diritto comunitario

Alla luce del diritto comunitario, i criteri fissati agli articoli 48a segg. D-LPM per la protezione della designazione «Svizzera» sono un mezzo necessario per proteggere le indicazioni di provenienza (che fanno parte della proprietà industriale) e preservare il principio della lealtà negli scambi commerciali sia per i consumatori che per le imprese concorrenti, malgrado le eventuali restrizioni della circolazione delle merci. Agli articoli 48a segg. il D-LPM prevede criteri simili a quelli del Codice doganale comunitario applicato da numerosi Stati membri. La nozione di trasformazione applicata ai prodotti naturali trasformati (art. 48b cv. 4 D-LPM) corrisponde a quella di «ultima trasformazione o lavorazione sostanziale». Il criterio previsto dal disegno per i prodotti industriali ha il vantaggio di essere più preciso, poiché definisce esplicitamente che il luogo di provenienza è il luogo in cui si è svolta l'attività che ha conferito al prodotto le sue caratteristiche essenziali (art. 48c cpv. 4 D-LPM). Un criterio basato sulla percentuale è regolarmente applicato anche all'estero, come la percentuale dei costi valutata dai tribunali francesi (cfr. n. 1.6).

Poiché risponde alla stessa logica (per i prodotti naturali trasformati), il criterio della percentuale del peso deve essere considerato in maniera simile, tanto più che è anche più adatto per i prodotti naturali trasformati.

Riteniamo che i criteri di cui agli articoli 48 segg. D-LPM rispettino il principio della proporzionalità e siano pertanto compatibili con il diritto comunitario. Il criterio del 60 per cento, proposto all'articolo 48c cpv. 1 D-LPM, è certamente più elevato rispetto all'attuale 50 per cento, ma la base di calcolo è più estesa. Oltre che dei costi di produzione in senso stretto, è possibile tenere conto anche dei costi per lo sviluppo e la ricerca. Per i prodotti naturali trasformati il criterio dell'80 per cento del peso è il corrispettivo del criterio del 60 per cento dei costi di produzione per i prodotti industriali. In occasione della procedura di consultazione il criterio dei costi è stato infatti criticato in relazione con i prodotti naturali trasformati e i partecipanti si sono espressi a favore di un criterio più adeguato, ossia il criterio del peso (cfr.

7551

n. 1.4.3.3). Tale criterio è più adatto ai prodotti naturali trasformati. Il presente progetto definisce pertanto per ogni categoria di prodotti il criterio più appropriato, ossia quello su cui si basa l'elemento essenziale che determina la provenienza del prodotto. In altre parole, il criterio determinante è quello che risponde alla domanda «che cos'è ciò che fa il prodotto?». La quota dell'80 per cento si basa sul fatto che la materia prima non rappresenta che una parte dei costi di produzione, che comprendono anche tutto il lavoro effettuato sulla materia prima. Se si prende in considerazione soltanto la materia prima occorre aumentare la quota affinché la condizione prevista equivalga a quella applicabile ai costi. Per questo motivo la quota deve essere superiore al 60 per cento. Consideriamo appropriata la quota dell'80 per cento perché è vicina alle attese dei consumatori160 e costituisce un compromesso adeguato tra le esigenze più elevate (p.es. nell'ambito della consultazione, il 100 % chiesto dall'Associazione DOC-IGP o il 90 % chiesto da FPC, Prométerre, USS, BIOSUISSE), che non tengono conto della realtà economica, e una quota più bassa, vicina a quella del 60 per cento richiesta per i prodotti industriali, che sarebbe troppo tollerante e non permetterebbe di garantire che una parte sufficiente di materie prime svizzere componga il prodotto.

Inoltre, per i prodotti naturali trasformati e i prodotti industriali, la possibilità di escludere i prodotti naturali che non possono essere prodotti in Svizzera, quelli che non sono temporaneamente disponibili o, a certe condizioni, quelli che non sono disponibili in quantità sufficiente, conferma che la soluzione proposta rispetta il principio della proporzionalità. Infine, l'articolo 48d lettera b D-LPM, che offre ai produttori che non soddisfanno le condizioni degli articoli 48a segg. D-LPM la possibilità di dimostrare che l'indicazione di provenienza che usano corrisponde alla percezione delle cerchie interessate (cfr. il commento all'art. 48d lett. b D-LPM), corrisponde all'obiettivo generale di evitare che un'indicazione di provenienza venga usata in modo inesatto o ingannevole per i consumatori o, più in generale, per le cerchie interessate.

Per le indicazioni di provenienza estere, l'applicazione del diritto del Paese d'origine (cfr. il
commento all'art. 48 cpv. 5 D-LPM) è conforme alla giurisprudenza comunitaria161. Lo stesso vale per la riserva dell'eventuale inganno dei consumatori svizzeri. La CGCE ha infatti osservato che l'esistenza di un inganno degli acquirenti nazionali si valuta in base alle condizioni e ai concetti del Paese che definisce la protezione.

5.2.3

Accordo di libero scambio del 1972 tra la Confederazione Svizzera e la CEE (ALS)

Secondo l'articolo 13 paragrafo 1 dell'ALS nessuna nuova restrizione quantitativa all'importazione o misura di effetto equivalente deve essere introdotta negli scambi tra la Comunità e la Svizzera. In virtù dell'articolo 20, a certe condizioni possono essere giustificate restrizioni all'importazione, in particolare anche ai fini della protezione della proprietà industriale e commerciale.

160 161

Cfr. n. 2.1.2.2, nota n. 56 Decisione CGCE del 10 novembre 1992, causa C-3/91, Exportur («Confiserie du Tech»), Racc. pag. I-5529.

7552

Gli articoli 13 e 20 ALS sono due delle disposizioni fondamentali dell'Accordo.

Secondo la CGCE, se l'ALS prevede per lo scambio tra le parti contraenti regole identiche a quelle degli articoli del Trattato CE, «(...) non esistono nella fattispecie motivi per interpretare queste regole [quelle delle disposizioni del vecchio accordo di libero scambio tra la Norvegia e la CE, identiche agli articoli 28 e 30 del Trattato CE] diversamente da detti articoli del Trattato CE»162.

Analogamente all'interpretazione dell'articolo 28 del Trattato CE, la protezione della designazione «Svizzera» e della croce svizzera ­ e in particolare le condizioni previste agli articoli 48b e 48c D-LPM ­ potrebbe essere considerata come intralcio al commercio o misura di effetto equivalente, poiché anche l'uso facoltativo di un contrassegno di qualità incita o potrebbe incitare all'acquisto di prodotti che sono così contrassegnati o che possono essere usati per ottenere tale contrassegno. Nel caso in questione, l'indicazione protetta ai sensi dell'articolo 20 ALS è giustificata per ragioni di tutela della proprietà industriale e commerciale e ­ conformemente alla giurisprudenza della CGCE ­ di lealtà nel commercio e di tutela dei consumatori. Da questo punto di vista le misure previste sono necessarie e adeguate per preservare l'alta reputazione dei prodotti contrassegnati con la designazione «Svizzera». Si può rinviare, mutatis mutandis, al commento degli articoli 28 e 30 del Trattato CE (cfr. n. 1.6). Anche supponendo un'applicazione analoga del diritto comunitario, riteniamo quindi che le misure previste siano compatibili con l'ALS.

Riflessioni simili a quelle del commento agli articoli 13 paragrafo 1 e 20 ALS valgono per la Convenzione AELS nella versione consolidata secondo l'Accordo di Vaduz del 21 giugno 2001, che nel suo articolo 7 statuisce un divieto di restrizioni quantitative all'importazione e all'esportazione come pure di tutti i provvedimenti di effetto equivalente, e all'articolo 13 prevede un'eccezione a favore della proprietà industriale e commerciale. Dette spiegazioni valgono anche per tutti gli accordi economici di libero scambio conclusi con Paesi terzi nel quadro dell'AELS.

5.2.4

Accordo orologiero del 1967 e accordo complementare del 1972

L'Accordo orologiero del 1967 è parte integrante degli accordi conclusi nell'ambito del Kennedy Round. Esso prevede una riduzione del 30 per cento in tre tappe delle tariffe doganali sui prodotti orologieri e obbliga la Svizzera a rinunciare a qualsiasi restrizione di diritto pubblico in materia d'importazione e di esportazione di prodotti orologieri. Da parte loro la CEE e gli Stati membri rinunciano a qualsiasi provvedimento non-tariffario. L'Accordo complementare del 20 luglio 1972, concluso parallelamente all'ALS del 1972, completa il processo di liberalizzazione e disciplina la definizione della designazione «Svizzera» per gli orologi. Esso prevede che il movimento dell'orologio deve essere di fabbricazione svizzera per almeno il 50 per cento del valore di tutti i pezzi costitutivi e istituisce una procedura di autenticazione (cfr.

art. 2 dell'ordinanza «Swiss made» per gli orologi) per le imprese della CEE e per tutti gli Stati che hanno concluso con la Svizzera un trattato in tal senso. La procedura di autenticazione non rende «svizzeri» i pezzi provenienti dalla CEE, ma permette di calcolare la quota svizzera del 50 per cento del valore in modo più flessibile 162

ALS N-CE, decisione CGCE del 25 maggio 1993, causa C-228/91, Commission / Italie, Rec. pag. I-2701, punto 48

7553

(includendo i costi dell'assemblaggio). In tal modo è possibile inserire in un orologio più pezzi provenienti dalla CEE e ciononostante considerarlo «svizzero».

Gli articoli 48 segg. D-LPM sono compatibili con l'Accordo orologiero del 1967.

Anche se le disposizioni, che migliorano la protezione delle indicazioni di provenienza e quindi della designazione «Svizzera», dovessero restringere il commercio di prodotti orologieri tra la Svizzera e l'Unione europea, una siffatta restrizione sarebbe giustificata in applicazione dell'articolo 20 ALS (cfr. le spiegazioni generali al n. 5.2.3).

La questione della compatibilità dell'articolo 48c D-LPM ­ e più precisamente del criterio del 60 per cento dei costi inserita al capoverso 1 ­ con l'Accordo complementare del 1972 deve essere esaminata da due punti di vista diversi, poiché il criterio deve essere soddisfatto sia per il movimento sia per l'orologio (prodotto finale).

Per quanto riguarda il movimento, l'articolo 48c D-LPM non restringe la portata dell'Accordo complementare del 1972 ed è dunque compatibile con quest'ultimo.

Non sarebbe esatto considerare che il criterio del 60 per cento dei costi di produzione di cui all'articolo 48c capoverso 1 D-LPM non sia compatibile con il criterio del 50 per cento del valore degli elementi costitutivi secondo l'Accordo complementare semplicemente perché la percentuale del primo è superiore a quella del secondo. I due criteri poggiano su basi diverse. Un produttore di movimenti deve rispettare sia la disposizione del D-LPM sia l'Accordo complementare (o l'art. 2 dell'ordinanza «Swiss made» per gli orologi al quale rinvia). Secondo l'articolo 48c capoverso 1 D-LPM il 60 per cento dei costi di produzione di un movimento deve essere realizzato in Svizzera (possono essere presi in considerazione il valore degli elementi costitutivi, i costi di assemblaggio, di ricerca e sviluppo). Il produttore è tuttavia tenuto a rispettare anche l'Accordo complementare e, secondo quest'ultimo, il movimento deve essere di fabbricazione svizzera per almeno il 50 per cento del valore totale degli elementi costitutivi (possono essere compresi nel calcolo anche i costi di assemblaggio). Costatiamo quindi che rispettando le condizioni dell'Accordo complementare il produttore rispetta di fatto anche i criteri dell'articolo 48c D-LPM.
L'Accordo complementare del 1972 ­ che mira a istituire un sistema d'autenticazione del movimento ­ menziona unicamente il criterio del 50 per cento del valore di tutti i pezzi costitutivi del movimento e il costo d'assemblaggio di quest'ultimo, ma non contiene alcuna definizione dell'orologio (prodotto finale). Definendo all'articolo 48c D-LPM in maniera generale la provenienza di tutti i prodotti (per mezzo del criterio del 60 per cento dei costi), e quindi anche quella degli orologi, il legislatore svizzero disciplina una questione che non è oggetto dell'Accordo complementare del 1972. L'articolo 48c D-LPM è pertanto compatibile con tale Accordo.

Una volta approvato il disegno di revisione della LPM, l'ordinanza «Swiss made» per gli orologi dovrà essere adattata per quanto concerne la definizione dell'orologio, in modo da rispettare l'esigenza minima del 60 per cento dei costi statuita dall'articolo 48c D-LPM. Poiché l'adattamento non tange le regole relative al movimento e non rientra pertanto nel campo d'applicazione dell'Accordo complementare del 1972, non è necessaria una rinegoziazione di tale Accordo.

7554

5.3

Forma dell'atto da adottare

Il progetto «Swissness» modifica disposizioni importanti che contengono norme di diritto emanate sotto forma di legge federale (art. 164 cpv. 1 Cost.). La competenza dell'Assemblea federale si fonda sull'articolo 163 capoverso 1 Cost.

5.4

Delega di competenze normative

Per quanto riguarda la definizione delle indicazioni di provenienza, l'articolo 50 D-LPM prevede una delega di competenze normative al Consiglio federale. Il disegno di legge fissa per ogni categoria di prodotti (prodotti naturali, prodotti naturali trasformati e prodotti industriali) i criteri che devono essere soddisfatti. Di conseguenza l'ambito entro cui possiamo precisare tali criteri è definito in modo preciso.

Il Consiglio federale può redigere due tipi di ordinanza: un'ordinanza specifica per un settore economico, se quest'ultimo gli sottopone criteri comuni o un progetto fondandosi sull'articolo 50 capoverso 2, e un'ordinanza generale applicabile a tutti i settori economici che non hanno provveduto a concretizzare i criteri legali. Il secondo tipo di ordinanza può riguardare problemi di natura più generale, come le modalità di calcolo dei costi di produzione (art. 48c cpv. 1 D-LPM) o la presa in considerazione di una materia prima (art. 48b cpv. 2 e 3 D-LPM) per tutti i prodotti. In tal caso l'ordinanza non definisce tutte le condizioni per l'uso di una determinata indicazione di provenienza per un prodotto specifico, bensì piuttosto le condizioni particolari legate a una materia prima.

L'articolo 50a D-LPM prevede una delega delle competenze legislative al Consiglio federale per l'istituzione di un nuovo registro delle indicazioni geografiche. Analogamente a quanto previsto dall'articolo 16 LAgr per il registro delle denominazioni d'origine e le indicazioni geografiche dei prodotti agricoli e dei prodotti agricoli trasformati, l'articolo 50a D-LPM stabilisce in modo sufficientemente concreto ciò che deve essere disciplinato dal Consiglio federale per mezzo di un'ordinanza (cfr. il commento all'art. 50a D-LPM; n. 2.1.3).

L'articolo 33 D-LPSP prevede una delega generale di competenze legislative al Consiglio federale. Tale delega è volta ad alleggerire il testo legale da regolamentazioni particolareggiate che andrebbero ben al di là del livello di precisione di una legge. Il presente progetto stabilisce un quadro di riferimento sufficientemente preciso nell'ambito del quale il Consiglio federale potrà disciplinare i particolari per mezzo di un'ordinanza. Sarà in particolare compito del nostro Consiglio definire in un allegato all'ordinanza i segni menzionati all'articolo 4 D-LPSP (cfr. la delega delle competenze statuita all'art. 4 cpv. 1 D-LPSP)

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7556