Inchiesta in merito alle esternazioni del capo del DFGP su alcune sentenze giudiziarie Rapporto della Commissione della gestione del Consiglio degli Stati del 10 luglio 2006

2006-2195

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Compendio Dopo il suo discorso pronunciato il 20 gennaio 2006 nel corso dell'incontro della sezione zurighese dell'UDC all'Albisgüetli, al consigliere federale Christoph Blocher, capo del Dipartimento federale di giustizia e polizia (DFGP) è stato rimproverato di aver tacciato di «criminali» due Albanesi accusati di crimini gravi dal loro Paese e di avere in tal modo violato la presunzione d'innocenza. Con le sue critiche non avrebbe inoltre rispettato la separazione dei poteri, disapprovando l'operato della Commissione di ricorso in materia d'asilo (CRA), che aveva accordato l'asilo ai due Albanesi, e il Tribunale federale, che ne aveva vietato l'estradizione in Albania. Da ultimo, avrebbe violato in modo grave il principio di un'informazione completa e trasparente.

Al termine dell'inchiesta svolta dalla sua sottocommissione DFGP/CaF, la Commissione della gestione del Consiglio degli Stati (CdG-S) è giunta alle seguenti constatazioni e conclusioni.

1.

L'analisi del caso dei due rifugiati albanesi ha evidenziato che la CRA aveva accordato loro l'asilo poiché, dopo aver esaminato i voluminosi atti del processo penale di primo grado in Albania protrattosi per quattro anni e mezzo, aveva acquisito la convinzione che esistevano numerosi indizi secondo cui il procedimento penale era stato aperto per motivi politici, che gli Albanesi erano con molta probabilità innocenti e sarebbero stati perseguitati se fossero stati respinti in Albania (cfr. n. 3 e 4). È quindi errato affermare che la CRA abbia accordato l'asilo a dei «criminali». L'inchiesta ha permesso di concludere che, vista la decisione della CRA di accordare l'asilo ai due Albanesi, tutte le autorità federali e cantonali sono tenute a considerarli innocenti che beneficiano dello statuto di rifugiato. Esse devono in particolare tenerne conto nell'ambito delle loro dichiarazioni pubbliche (cfr. n. 5.1 e 6.1).

2.

Il capo del DFGP ha successivamente rimproverato la CRA di aver aggirato, accordando precipitosamente l'asilo, la decisione del Tribunale federale che autorizzava l'estradizione dei due Albanesi nel loro Paese d'origine. La CRA avrebbe dovuto attendere i documenti complementari richiesti alle autorità albanesi nell'ambito della procedura d'estradizione. Nel presente rapporto la CdG-S espone le relazioni e i retroscena delle decisioni (cfr. n. 5.2.1). La CRA ha sì atteso la scadenza del termine per la consegna dei documenti complementari che le era stato comunicato e ha atteso due settimane e mezza prima di prendere la sua decisione; ha però tralasciato di chiedere all'UFG informazioni sull'arrivo dei documenti. Dal canto suo, l'UFG, che aveva ricevuto i documenti, ha omesso di trasmetterli alla CRA.

In ultima analisi, in base al principio della separazione dei poteri, non spetta né al capo del DFGP né alla CdG-S in veste di autorità di alta vigilanza giudicare se sia giusta o sbagliata la decisone della CRA di decidere sul caso senza disporre di tali documenti, poiché tale decisione è di competenza del potere giudiziario (cfr. n. 5.2.2).

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3.

Per quanto concerne la presunzione d'innocenza, la CdG-S constata che il pubblico dell'Albisgüetli non poteva fare a meno di dedurre che secondo il capo del DFGP i due Albanesi erano colpevoli; è d'altronde quanto egli ha affermato, definendoli criminali e assassini. Anche la versione scritta del discorso impone al lettore di pensare che si tratti verosimilmente di criminali: altrimenti, in che cosa consisterebbe l'inammissibile abuso di accordare loro l'asilo in Svizzera?

Nel complesso, la CdG-S è giunta alla conclusione che con queste esternazioni sui due rifugiati albanesi il capo del DFGP non abbia tenuto conto della presunzione d'innocenza. Ha inoltre vilipeso lo statuto di rifugiato di due persone accolte in Svizzera. La CdG-S parte dal presupposto che il ministro della giustizia abbia agito per motivi politici allo scopo di illustrare ciò che egli reputa essere un problema reale. A tal fine si è fondato su un esempio che ha decritto in modo scorretto, ledendo in tal modo i diritti degli interessati (cfr. n. 5.1 e 6.1).

4.

Secondo la CdG-S è d'altronde inaccettabile che il ministro della giustizia abbia mentito al Consiglio degli Stati nel caso degli Albanesi affermando di non averli mai tacciati di criminali, ma solo di imputati; cosa un po' diversa.

5.

Riguardo alle critiche alle sentenze giudiziarie, la CdG-S giunge alla conclusione che le critiche espresse pubblicamente nei confronti della CRA per le decisioni relative ai due Albanesi, riprese nei media dopo il discorso dell'Albisgüetli, erano di parte. Facendo credere che la CRA avesse accordato l'asilo a criminali pericolosi e impedito al Tribunale federale di estradarli in Albania, ha gettato il discredito sulla CRA e sulle sue decisioni. La CdGS si aspetta che il capo del DFGP usi la massima prudenza nell'esprimere pubblicamente critiche riguardo a singole sentenze ed eviti di illustrare i fatti in modo parziale. Per quanto concerne le sentenze del Tribunale federale, la CdG-S parte dalla convinzione che il capo del DFGP non avesse l'intenzione di criticarle (cfr. n. 5.2 e 6.2).

6.

Il capo del DFGP ha rivolto pubblicamente chiare critiche alla CRA in quanto autorità denunciando la lentezza della procedura nel caso di una famiglia rom e l'indipendenza organizzativa troppo ampia di cui gode la Commissione. Secondo la CdG-S, è legittimo che il capo del DFGP in veste di autorità di vigilanza si interessi della gestione, dell'onere di lavoro e degli oggetti pendenti presso la CRA. Gli interventi dell'autorità di vigilanza non devono tuttavia essere tali da ingerire nell'indipendenza giudiziaria.

Dove termina la vigilanza e inizia l'ingerenza? In proposito le opinioni del capo del DFGP e della Commissione sembrano divergere notevolmente (cfr. n. 5.2).

7.

La CdG-S giunge alla conclusione che le critiche espresse dal capo del DFGP sulle decisioni in materia di asilo relative ai due Albanesi sollevano problemi dal profilo dell'indipendenza della giustizia. Come ministro della giustizia, egli ha in particolare il dovere di difendere i principi fondanti del-

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lo Stato di diritto e vigilare sull'indipendenza del potere giudiziario (cfr. n. 5.3 e 6.3).

8.

8302

La CdG-S giunge alla conclusione che nel suo discorso all'Albisgüetli il capo del DFGP ha presentato il caso dei due Albanesi senza tenere debito conto dei principi della politica d'informazione del Consiglio federale. È evidente che un membro del Consiglio federale può esporre un problema semplificandolo, in modo che possa essere compreso da tutti. Tuttavia, la sua presentazione deve essere nell'insieme equilibrata e oggettivamente corretta. Per contro, non si può rimproverare al capo del DFGP di aver utilizzato l'esempio per scopi di propaganda elettorale: egli ha infatti espressamente affermato che anche in caso di approvazione popolare dei progetti sottoposti a votazione, i problemi che intendeva sollevare sarebbero rimasti irrisolti (cfr. n. 5.4 e 6.4).

Indice Compendio

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Elenco delle abbreviazioni

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1 Introduzione 1.1 Motivo e oggetto dell'inchiesta 1.2 Svolgimento 1.3 Fondamenti giuridici e limiti dell'inchiesta

8306 8306 8307 8307

2 Presentazione del discorso dell'Albisgüetli e degli avvenimenti successivi 2.1 Discorso pronunciato dal capo del DFGP all'Albisgüetli il 20 gennaio 2006 2.2 Avvenimenti verificatisi dopo il discorso dell'Albisgüetli

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3 Antefatti in Albania, procedura d'asilo e procedura d'estradizione in Svizzera 3.1 Antefatti in Albania 3.2 Procedure d'asilo e d'estradizione in Svizzera

8312 8312 8313

4 Informazione del capo del DFGP e contatti o coordinamento tra le diverse autorità 4.1 Informazione del capo del DFGP 4.1.1 Informazioni dell'UFR e dell'UFG 4.1.2 Contatti tra la CRA e il capo del DFGP 4.2 Coordinamento tra le autorità interessate

8316 8316 8316 8319 8320

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5 Accertamenti e valutazioni della CdG-S 5.1 Riguardo alla presunzione d'innocenza 5.1.1 Accertamenti 5.1.2 Valutazione 5.2 In merito alle critiche alle sentenze del Tribunale federale e nei confronti della CRA 5.2.1 Accertamenti 5.2.2 Valutazione 5.3 In merito alla separazione dei poteri e della preservazione dell'indipendenza della giustizia 5.3.1 Accertamenti 5.3.2 Valutazione 5.4 In merito ai principi della politica di informazione del Consiglio federale 5.4.1 Accertamenti 5.4.2 Valutazione

8321 8321 8321 8322

6 Conclusioni 6.1 In merito alla presunzione d'innocenza 6.2 In merito alle critiche rivolte alla CRA e alle sue decisioni

8335 8335 8335

8324 8324 8329 8332 8332 8333 8333 8333 8334

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6.3 In merito alla separazione dei poteri e all'indipendenza della giustizia 6.4 In merito ai principi della politica di informazione del Consiglio federale

8336 8336

7 Seguito dei lavori

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Allegato Caso dei due Albanesi: cronologia degli avvenimenti

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8304

Elenco delle abbreviazioni art.

Boll. uff.

CaF CdG-N CdG-S CEDU CEEstr Cost.

cpv.

CRA DFGP fedpol FF LAsi LOGA LParl LStr LTras NZZ RS SG-DFGP SAP UDC UFM UFR UFG

Articolo Bollettino ufficiale Cancelleria federale Commissione della gestione del Consiglio nazionale Commissione della gestione del Consiglio degli Stati Convenzione del 4 novembre 1950 per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (RS 0.101) Convenzione europea di estradizione del 13 dicembre 1957 (RS 0.353.1) Costituzione federale della Confederazione Svizzera del 18 aprile 1999 (RS 101) Capoverso Commissione di ricorso in materia d'asilo Dipartimento federale di giustizia e polizia Ufficio federale di polizia Foglio federale Legge sull'asilo del 26 giugno 1998 (RS 142.31) Legge federale del 21 marzo 1997 sull'organizzazione del Governo e dell'Amministrazione (RS 172.010) Legge federale del 13 dicembre 2002 sull'Assemblea federale (Legge sul Parlamento; RS 171.10) Legge federale del 16 dicembre 2005 sugli stranieri (FF 2005 6545) Legge federale del 17 dicembre 2004 sul principio di trasparenza dell'amministrazione (Legge sulla trasparenza; FF 2004 6435) Neue Zürcher Zeitung Raccolta sistematica del diritto federale Segreteria generale del Dipartimento federale di giustizia e polizia Servizio di analisi e prevenzione Unione democratica di centro Ufficio federale della migrazione (dal 1° gennaio 2005) Ufficio federale dei rifugiati (fino al 31 dicembre 2004) Ufficio federale di giustizia

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Rapporto 1

Introduzione

1.1

Motivo e oggetto dell'inchiesta

Il 20 gennaio 2006, in occasione della 18a edizione dell'incontro all'Albisgüetli della sezione zurighese dell'UDC, il consigliere federale Christoph Blocher, capo del Dipartimento federale di giustizia e polizia (DFGP), ha tenuto un discorso su due temi d'attualità politica, ossia la privatizzazione di Swisscom e la revisione del diritto degli stranieri e dell'asilo. Al riguardo ha citato tra l'altro alcuni esempi di gravi abusi in materia di asilo. Nei giorni successivi, gli è stato rimproverato pubblicamente di aver violato la presunzione d'innocenza menzionando la situazione di due Albanesi accusati di crimini gravi dal loro Paese e designandoli come «criminali». Avrebbe inoltre infranto la separazione dei poteri, criticando le decisioni della Commissione di ricorso in materia d'asilo (CRA), che aveva accordato l'asilo ai due cittadini albanesi, e il Tribunale federale, che ne aveva vietato l'estradizione in Albania. Successivamente, il presidente del Tribunale federale ha definito «inaccettabile» il fatto che il ministro della giustizia abbia trascurato le considerazioni delle autorità giudiziarie. Il Tribunale federale e la CRA avevano rispettato l'obbligo sancito dalla legge, secondo cui un individuo non può essere rinviato o estradato in un altro Stato se vi è un rischio di persecuzione politica o di gravi violazioni dei diritti dell'uomo1.

Il 30 gennaio 2006 l'avvocato dei due Albanesi ha depositato una richiesta di vigilanza presso le Commissioni della gestione. Il 2 febbraio 2006 un membro del Consiglio degli Stati ha chiesto alla Commissione degli affari giuridici della sua Camera di esaminare il caso dal punto di vista della fiducia nella giustizia, sostenendo che con le sue affermazioni il ministro della giustizia aveva violato in modo grave il principio di un'informazione trasparente e completa. Il 21 febbraio, la Commissione degli affari giuridici ha trasmesso la domanda alla Commissione della gestione in vista dell'inchiesta.

Il 22 febbraio 2006 la sottocommissione DFGP/CaF della Commissione della gestione del Consiglio degli Stati (CdG-S)2 ha chiesto spiegazioni al capo del DFGP sulle affermazioni espresse a suo tempo. Il 7 aprile 2006 ha informato la CdG-S della sua intenzione di approfondire gli aspetti riguardanti un'eventuale violazione della presunzione d'innocenza, le
critiche espresse nei confronti della CRA e del Tribunale federale, il rispetto della separazione dei poteri e dell'indipendenza della giustizia nonché il rispetto dei principi della politica d'informazione del Consiglio federale prima delle votazioni. La CdG-S ha approvato questo modo di procedere.

1 2

NZZ am Sonntag, 29 gennaio 2006, p. 15.

Membri della sottocommissione DFGP/CaF della CdG-S: Hans Hess (presidente), Madeleine Amgwerd, Pierre Bonhôte, Rolf Escher, Helen Leumann-Würsch e Gisèle Ory.

8306

1.2

Svolgimento

Dopo aver sentito il capo del DFGP, la sottocommissione ha raccolto il parere della CRA, del Tribunale federale, dell'Ufficio federale di giustizia (UFG) e dell'Ufficio federale della migrazione (UFM) e ha chiesto al consigliere federale Blocher di rispondere per scritto ad altre domande. Ha inoltre consultato gli incartamenti del DFGP, degli uffici federali interessati e della CRA. Queste informazioni e la documentazione hanno fornito alla sottocommissione una panoramica del contesto nel quale si sono svolte i procedimenti concernenti i due rifugiati albanesi.

Il 15 giugno 2006 la sottocommissione ha sottoposto per parere il suo progetto di rapporto al capo del DFGP e alla CRA. Nel suo parere del 26 giugno 2006, il capo del DFGP ha mantenuto su tutti i punti la posizione già espressa pubblicamente e ripresa nel presente rapporto, e ha respinto il rapporto nella forma presentata.

La sottocommissione ha in seguito sottoposto il rapporto modificato alla CdG-S, che lo ha approvato il 10 luglio 2006 autorizzandone la pubblicazione.

1.3

Fondamenti giuridici e limiti dell'inchiesta

Conformemente all'articolo 169 della Costituzione federale (Cost.)3, le Commissioni della gestione esercitano l'alta vigilanza sul Consiglio federale, l'amministrazione federale, i tribunali federali e gli altri enti incaricati di compiti federali. Esse impostano la loro attività di controllo sui criteri di legalità, adeguatezza ed efficacia (art. 52 cpv. 2 della legge sul Parlamento [LParl]4).

Le Commissioni della gestione dispongono di particolari diritti d'informazione nell'esercizio del loro mandato (art. 150 e 153 LParl). Hanno segnatamente il diritto di interrogare direttamente tutte le autorità, gli uffici e altri enti incaricati di compiti federali nonché di ottenere da essi qualsiasi documento e informazione utile ai loro lavori.

Le Commissioni della gestione non possono annullare o modificare le sentenze del Tribunale federale o le decisioni delle autorità federali prese nell'ambito della procedura giudiziaria. È inoltre escluso il controllo di merito delle decisioni giudiziarie (art. 26 cpv. 4 LParl). Da ultimo, non possono assolutamente influire sui procedimenti in corso; possono tuttavia consultare gli incarti conclusi o esigere informazioni in merito se si tratta di problemi di organizzazione o di comprendere decisioni.

Nel presente caso, la sottocommissione ha consultato gli incarti unicamente allo scopo di capire il contesto e di verificare la plausibilità di alcune affermazioni fatte dalle autorità. La CdG-S non si pronuncia in nessun caso sul contenuto delle decisioni prese dalle autorità.

3 4

Costituzione federale della Confederazione Svizzera del 18.4.1999 (Cost.; RS 101).

Legge federale del 13.12.2002 sull'Assemblea federale (LParl; RS 171.10).

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2

Presentazione del discorso dell'Albisgüetli e degli avvenimenti successivi

2.1

Discorso pronunciato dal capo del DFGP all'Albisgüetli il 20 gennaio 2006

Nel discorso pronunciato il 20 gennaio 2006 in occasione dell'incontro dell'Albisgüetli a Zurigo, il capo del DFGP dedicò un'attenzione particolare alla nuova legge sugli stranieri e alla revisione della legge sull'asilo, adottate dal Parlamento5 e contro le quali era stato annunciato il referendum. Per quanto concerne la revisione della legge sull'asilo, ricordò inizialmente la lunga tradizione umanitaria della Svizzera, che accoglie anche persone perseguitate nel loro Paese. In seguito, citò gli «enormi abusi» che proliferano nel settore dell'asilo, ossia il fatto che la maggior parte dei richiedenti l'asilo non sono rifugiati politici, il coinvolgimento dei richiedenti in organizzazioni di passatori e nella criminalità organizzata, segnatamente nel traffico di droga, e la distruzione dei documenti d'identità da parte dei richiedenti.

Da ultimo, citò alcuni esempi concreti di abuso in materia di asilo per mostrare la necessità di combatterli e di mettere in atto provvedimenti volti a ridurre l'enorme onere finanziario assunto dalla Confederazione, dai Cantoni e dai Comuni. Uno di questi esempi, il cui tenore è riportato qui appresso (discorso scritto e orale), concerne il caso di due rifugiati albanesi, che a partire da quel momento è diventato oggetto del contendere.

Nella versione scritta e pubblicata del discorso pronunciato all'Albisgüetli, l'esempio era formulato come segue (sito del DFGP: http://www.ejpd.admin.ch/ejpd/it/home/dokumentation/red/2006/2006-01-20.html: «Ecco un ultimo esempio: due Albanesi ricercati sul piano internazionale presentarono nel 2004 una domanda d'asilo. A uno si imputavano quindici aggressioni, l'assassinio di due persone e il rapimento di un bambino. Inoltre avrebbe partecipato a diversi attentati mortali. L'altro era sospettato di aver partecipato comunque a cinque rapine. L'Ufficio federale dei rifugiati decise senza indugio di respingere le domande d'asilo. L'Ufficio federale di giustizia decise ­ dopo regolare riesame delle accuse ­ l'estradizione dei due Albanesi. Un caso chiaro? Sì. Ma non per la Commissione di ricorso in materia d'asilo che accoglie il ricorso dei due Albanesi: ad entrambi è accordato l'asilo. In tal modo due imputati per gravi crimini diventano due rifugiati. Per completare la storia, aggiungo che la decisione era di ultima istanza in
quanto anche il Tribunale federale decise la loro liberazione risarcendo loro i costi per avvocati, interpreti e traduttori e riconoscendo loro anche un risarcimento per la detenzione. Anche se la riveduta legge sull'asilo è approvata dal popolo, il nostro lavoro continua in quanto permangono ancora alcune lacune nel diritto d'asilo, come evidenziato da questo esempio».

Secondo il video del discorso (sito del DFGP, stessa pagina) il capo del DFGP affermò in dialetto svizzero-tedesco quanto segue: «Prendiamo l'esempio degli Albanesi riportato dalla stampa: anche questa situazione non va bene. Ci sono due Albanesi che sono qui e sono dei criminali. Uno dei due ha al suo attivo due omicidi e 15 rapine a mano armata. Ho visitato l'Albania poiché ho concluso un accordo in materia di polizia. Stiamo analizzando la situazione per 5

Legge federale del 16.12.2005 sugli stranieri (LStr; FF 2005 6545); Legge sull'asilo, modifica del 16.12.2005 (LAsi; RS 142.31) (FF 2005 6603).

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vedere se possiamo fare qualcosa in questo affare. Ben inteso, ci sono numerosi abusi. Ma vi sono giovani ministri che hanno la volontà di cambiare la situazione e dicono «Dobbiamo lottare contro la criminalità, è la nostra prima priorità. Se non ce la facciamo, non andremo mai avanti». Ho chiesto loro: Se poteste scegliere liberamente, in quale settore investireste i mezzi finanziari dell'aiuto allo sviluppo che ricevete? Sia il ministro della giustizia sia quello della polizia mi hanno risposto che avrebbero utilizzato questi fondi per costruire prigioni. Come vedete, è una nozione dell'ordine molto diversa. E noi abbiamo qui due Albanesi ai quali diamo rifugio perché sarebbero perseguitati se ritornassero nel loro Paese. Ma è assolutamente normale quando per chi ha commesso un omicidio. Le autorità albanesi ci dicono di non agire in questo modo, poiché così si incitano gli individui che commettono un reato sul loro territorio a venire da noi. Capite la complessità della situazione? Ma non posso intervenire. Devo accettare la decisione presa dalle autorità. Ma dobbiamo trovare una soluzione a questo problema se vogliamo evitare un degrado della situazione. Colui che tollera e sostiene questo modo di agire non è sociale. È antisociale.».

Il ruolo della CRA è altresì sottinteso in un altro esempio citato dal capo del DFGP.

La versione scritta del discorso aveva il seguente tenore: «Tutti voi conoscete esempi particolarmente eloquenti riferiti dai media. Come il caso della famiglia rom di Rüschlikon. Ripetuti gravi atti di violenza, costi per milioni di franchi, decisione negativa in merito all'asilo ­ e ciononostante la famiglia vive sempre qui. Ma perché? Questo caso è stato pendente per anni presso la Commissione di ricorso in materia d'asilo. L'avete sentito; questa settimana si è finalmente deciso. Il capofamiglia e il figlio maggiorenne devono lasciare la Svizzera, gli altri possono, per il momento, restare. La Commissione di ricorso in materia d'asilo è una così detta commissione «autonoma». Significa che decide «in modo indipendente» e pertanto è impossibile gettare un'occhiata fra le carte. È bene che adesso vi sia una sentenza, ma è naturalmente meno bene che ci sia voluto così tanto tempo. Dal 2007 la Commissione di ricorso in materia d'asilo farà parte del Tribunale amministrativo
federale. Speriamo che questo nuovo tribunale pensi, oltre che alla responsabilità giuridica, anche alle conseguenze per il nostro Paese di decisioni continuamente rinviate».

La dichiarazione orale (in dialetto svizzero-tedesco) del consigliere federale Christoph Blocher fu la seguente: «Conoscete l'esempio della famiglia rom di Rüschlikon. Ripetuti gravi atti di violenza, costi per milioni di franchi. E i cittadini devono pagare. Alla famiglia è stato tempestivamente negato l'asilo. Secondo i miei uffici non vi è motivo di accordare l'asilo. Ciononostante, questa famiglia vive sempre qui. Perché? Gli avvocati hanno presentato ricorso presso la Commissione di ricorso in materia d'asilo che ha impiegato due anni per prendere una decisione. Decisione giunta finalmente questa settimana. Non voglio commentarla (applausi). La CRA è una commissione autonoma.

Ma dobbiamo fare attenzione: abbiamo molte commissioni, gruppi e persone di cui si dice che sono indipendenti. Capisco la necessità di essere indipendenti per gli organi incaricati di esaminare il diritto. Ma contesto il fatto che in nome della loro indipendenza ribadiscono sistematicamente che lo sono, anche quando si tratta di definire gli oggetti prioritari, di determinare se occorra trattare prima i casi complessi o andare avanti, ecc. Alla fine abbiamo soltanto commissioni che lavorano a vuoto; anche questo problema dovrà essere affrontato. Le commissioni autonome 8309

rischiano inoltre di prendere il sopravvento sulla realtà politica. Le decisioni non possono più essere sottoposte a un esame pubblico. L'anno prossimo, la Commissione di ricorso in materia di asilo sarà integrata nel Tribunale amministrativo federale, quindi sarà completamente indipendente. Speriamo che a quel momento prenda coscienza delle conseguenze della sua lentezza e dei suoi errori.».

Alla fine del suo discorso, il capo del DFGP invitò gli astanti a mobilitarsi a favore della legge sugli stranieri e sull'asilo.

2.2

Avvenimenti verificatisi dopo il discorso dell'Albisgüetli

Rispondendo a due domande6 nel corso dell'ora delle domande in Consiglio nazionale del 13 marzo 2006, il capo del DFGP si è espresse per la prima volta pubblicamente sulle sue esternazioni riguardo ai due cittadini albanesi in occasione del discorso dell'Albisgüetli. Dopo aver enumerato le gravi accuse mosse dalle autorità albanesi nei confronti di questi ultimi, spiegò che le imputazioni erano ancora in sospeso poiché non era stato possibile estradare i due albanesi verso il loro Paese d'origine per essere processati. Precisò che, utilizzando esplicitamente il termine di imputazione e non di condanna, aveva tenuto conto della presunzione d'innocenza.

In seguito, fornì spiegazioni sulle procedura di estradizione e di asilo, che in Svizzera si svolgono parallelamente (cfr. n. 3.1), e ribadì la sua critica nei confronti della CRA. A suo avviso, la CRA aveva deciso di accordare l'asilo prima che il Tribunale federale avesse avuto il tempo di esaminare le garanzie che aveva richiesto a Tirana nell'ambito della procedura d'estradizione: in tal modo la Commissione di ricorso in materia d'asilo aveva aggirato la procedura, commettendo una grave mancanza.

Visto che ai due Albanesi era stato accordato l'asilo, il Tribunale federale era stato costretto a prendere la decisione, puramente formale, di rinunciare all'estradizione.

Il capo del DFGP precisò di non aver in alcuno modo criticato il Tribunale federale e le sue sentenze, ma piuttosto l'insoddisfacente coordinamento tra le due procedure, come risultato dalla decisione della CRA. Spiegò inoltre che il caso citato era semplicemente un esempio con il quale intendeva esprime la sua opposizione al fatto che la Svizzera diventi un Paese in cui le persone accusate di aver partecipato ad attività criminali possano servirsi del diritto di asilo per sfuggire alla giustizia del loro Paese.

Il capo del DFGP, interpellato da un membro del Consiglio degli Stati in merito al discorso dell'Albisgüetli, si espresse in modo analogo il 22 marzo 2006 nel corso del dibattito al Consiglio degli Stati in merito alla Convenzione europea sulla lotta contro il terrorismo7. A proposito della situazione in Albania, spiegò che nel caso in questione tutto era stato fatto per accertarsi che il procedimento fosse irreprensibile e conforme ai principi di uno Stato di diritto. «Abbiamo
concluso un accordo in materia di polizia. Nel frattempo il governo albanese è cambiato e si sono svolte nuove elezioni. Il governo è composto da giovani ministri e il ministro della giustizia ha spiegato che in un Paese con un tasso di criminalità così elevato è essenziale poter procedere a un processo corretto e in questo caso beneficiare dell'assistenza giudi6

7

06.5025 Domanda. Affermazioni dubbiose del consigliere federale Blocher; 06.5027 Domanda. Discorso del consigliere federale Blocher all'Albisgüetli (Boll. uff. 2006 N 152).

05.022 Lotta contro il terrorismo. Convenzione europea (Boll. uff. 2006 S 254).

8310

ziaria. Noi in Svizzera non possiamo, per valutazioni circa la qualità di rifugiato o per altri motivi che non sono ineccepibili dal punto di vista dello Stato di diritto, diventare un rifugio per coloro che vogliono sfuggire al perseguimento di simili reati». Per quanto concerne la colpevolezza dei due Albanesi precisò: «Secondo l'avvocato, si trattava di delitti politici e legati ai servizi segreti, ecc. È chiaro, tutte le persone accusate si considerano innocenti. Il Tribunale federale ha precisato che niente è stato deciso»... «Non ho mai parlato di criminali, ma solo di incolpati (Angeschuldigte); non è la stessa cosa.».

Fu soprattutto quest'ultima dichiarazione a suscitare un numero crescente di critiche, tra i parlamentari e nei media, contro il ministro della giustizia, a cui fu rimproverato di non aver detto la verità davanti al Consiglio degli Stati quando aveva negato di aver tacciato di criminali i due Albanesi mentre una videoregistrazione mostra il contrario. Il presidente del Consiglio degli Stati chiese pubblicamente le scuse da parte del capo del DFGP.

Il 29 marzo 2006, in una conferenza stampa, il capo del DFGP rilasciò la seguente dichiarazione: «Il testo scritto definisce correttamente due cittadini albanesi come imputati di gravi reati. Nella versione orale, in un solo punto, ho parlato di criminali anziché di presunti criminali. È un errore di cui mi rammarico. Si è trattato di un puro e semplice lapsus.». Il capo del DFGP non si espresse sulle sue dichiarazioni davanti al Consiglio nazionale e al Consiglio degli Stati. A un giornalista che gli chiedeva se intendesse presentare le sue scuse al Consiglio degli Stati o ai due Albanesi, rispose nel modo seguente: «Esprimendo il mio rammarico per questo lapsus, si può dire che mi sia scusato, non è vero?». Rispondendo ad altre domande poste dai giornalisti sul caso in questione, dichiarò: «La confusione è stata naturalmente creata per evitare di dover parlare di questo caso.». In seguito rilasciò una serie di dichiarazioni riguardo allo svolgimento dei procedimenti d'asilo e di estradizione dei due Albanesi svoltisi in Svizzera, simili a quelle espresse davanti alle Camere federali. Ribadì inoltre le sue critiche nei confronti della CRA che, a suo avviso, (e le sue critiche espresse nel discorso dell'Albisgüetli vertevano
soprattutto su questo fatto) avrebbe accordato lo statuto di rifugiato ai due Albanesi prima di ricevere i documenti inviati da Tirana in base ai quali sarebbe stato possibile decidere la loro estradizione. «È particolarmente fastidioso e grave che individui che hanno commesso dei crimini, presumibilmente o effettivamente, si saprà solo dopo la sentenza del tribunale, possano sottrarsi a un perseguimento giudiziario o all'esecuzione di un pena, venendo nel nostro Paese.». Pure presente alla conferenza stampa, il direttore dell'UFG fornì altre spiegazioni relative ai procedimenti e annunciò che l'amministrazione avrebbe esaminato l'opportunità di disciplinare legalmente il coordinamento tra procedure parallele in materia di estradizione e di asilo.

Dal 29 marzo 2006, il discorso dell'Albisgüetli sul sito del DFGP è preceduto dal seguente testo: «Dichiarazione del Consigliere federale Christoph Blocher del 29 marzo 2006 in merito al clamore suscitato dal discorso dell'Albisgüetli 2006 (v. il testo che segue e il video): «Vorrei fare una precisazione in merito a un breve passaggio del mio discorso dell'Albisgüetli 2006. Il testo scritto definisce correttamente due cittadini albanesi come imputati di gravi reati. Nella versione orale, in un solo punto, ho parlato di criminali anziché di presunti criminali. È un errore di cui mi rammarico. Si è trattato di un puro e semplice lapsus. Non è mai stata mia intenzione dare a intendere che gli albanesi in questione fossero criminali condannati.».

8311

3

Antefatti in Albania, procedura d'asilo e procedura d'estradizione in Svizzera8

3.1

Antefatti in Albania

Apertura del procedimento penale e mandato d'arresto: il 13 ottobre 1996 le autorità penali albanesi aprirono un procedimento penale contro undici presunti membri di un gruppo terrorista, «Hakmarrja për Drejtësi» («Vendetta per la giustizia»), tra cui figurano i due cittadini albanesi. L'indomani venne emesso l'ordine d'arresto contro questi ultimi. Mentre uno dei due riuscì a sottrarsi all'arresto, l'altro fu posto in carcere preventivo dal mese di ottobre 1996 al marzo 1997. Nell'ambito dell'inchiesta penale, il processo di primo grado svoltosi a Tirana durante i successivi quattro anni e mezzo e la susseguente procedura d'estradizione in Svizzera riguardava essenzialmente gli stessi crimini gravi di diritto comune. Uno dei due Albanesi venne accusato insieme ad altre persone di aver commesso, tra il mese di giugno 1992 e luglio 1996, in totale quindici rapine a mano armata, nel corso delle quali furono uccise due persone, aggredito e ferito gravemente un poliziotto, rapito un bambino e chiesto un riscatto, commesso un attentato con autobomba che provocò quattro morti e undici feriti, e ucciso il direttore generale delle prigioni albanesi.

L'altro venne accusato di aver partecipato a cinque rapine a mano armata tra il mese di giugno 1992 e il febbraio 1995.

Sentenza del 12 febbraio 2003 del tribunale di primo grado di Tirana: dopo un processo di quattro anni e mezzo nel corso del quale furono stati sentiti 250 testimoni, il tribunale accertò che i crimini gravi di diritto comune ascritti agli accusati erano stati commessi, ma che non era assolutamente possibile provare la partecipazione di questi ultimi ai fatti. Le prove presentate dal ministero pubblico erano le armi ritrovate nell'abitazione di uno degli accusati e le perizie balistiche sui proiettili rinvenuti sul luogo del reato. Il tribunale giudicò nulle queste prove dopo aver accertato in base alle audizioni dei testimoni e alle perizie grafologiche che nessuno dei sette testimoni che avevano firmato i verbali di polizia relativi alla perquisizione al domicilio e al materiale presumibilmente trovato sul posto era stato presente nell'appartamento e che alcune firme erano contraffatte. Interpretando la richiesta del Ministero pubblico di rinviargli l'incarto per inchieste supplementari come una domanda di ritiro dell'accusa, il Tribunale
decise di archiviare il procedimento contro gli accusati e di revocare le misure di sicurezza.

Sentenza del 30 aprile 2003 della corte di appello di Tirana: la corte di appello decise di annullare la sentenza di primo grado per motivi procedurali e non di merito e di rinviare l'incarto al tribunale di primo grado in vista di una nuova decisione.

Sulla base di questa sentenza, il 4 settembre 2003 il tribunale di primo grado decise di rinviare l'incarto al ministero pubblico affinché procedesse a indagini supplementari. La decisione di prorogare l'ordine d'arresto del 14 ottobre 1996 e quindi la possibilità di arrestare nuovamente gli accusati indusse i due Albanesi a fuggire.

Contesto del perseguimento penale: secondo i fatti esposti dai due cittadini albanesi nell'ambito dei procedimenti davanti alle autorità svizzere, giudicati credibili dalla Commissione di ricorso in materia d'asilo, il perseguimento penale si inserisce nel contesto seguente: poco prima delle elezioni del 1996, il governo di Sali Berisha avrebbe orchestrato uno «show politico» e inventato un gruppo terrorista, «Hakmar8

Cfr. la cronologia in allegato.

8312

rja për Drejtësi», il cui obiettivo sarebbe stato di rovesciare il governo, di uccidere Sali Berisha, di destabilizzare lo Stato e di aiutare l'opposizione a prendere il potere.

Immediatamente prima delle elezioni, il governo avrebbe «scoperto» l'esistenza di questo presunto gruppo terrorista, individuato l'appartamento di un presunto cospiratore nel quale sarebbero state sequestrate armi, un milione di dollari e numerosi documenti. Questo «successo» avrebbe contribuito in modo considerevole alla vittoria del partito di Sali Berisha. I due Albanesi, come pure i membri e gli amici delle loro famiglie, sarebbero stati accusati per motivi politici di far parte di questa presunta organizzazione terroristica. Il padre di uno dei due, ex ministro dell'interno albanese, era caduto in disgrazia presso l'allora presidente Sali Berisha ed era stato condannato a 17 anni di prigione nel 1992. Gli imputati affermano di non avere commesso nessuno dei crimini loro imputati e di essere stati incolpati per motivi politici. Il processo «Hakmarrja» ha suscitato grande scalpore in Albania e ha assunto una dimensione politica. Nonostante che Sali Berisha sia stato scacciato dal potere nel 1997, i suoi seguaci hanno continuato a esercitare una grande influenza sulla giustizia. Inoltre, il partito socialista al governo tra il 1997 e il 2005 trarrebbe vantaggio da questi «successi» nella lotta contro la criminalità.

Attualmente, tra gli undici accusati nel processo «Hakmarrya», due hanno ottenuto l'asilo nei Paesi Bassi e uno in Belgio.

Occorre inoltre osservare che il partito democratico, sempre diretto da Sali Berisha, è ritornato al potere nel settembre 2005.

3.2

Procedure d'asilo e d'estradizione in Svizzera

Entrata e arresto dei due Albanesi: i due cittadini albanesi entrarono sul territorio svizzero il 4 febbraio 2004 e l'indomani presentarono una domanda d'asilo. Sulla base di un mandato d'arresto internazionale, il 6 febbraio 2004 furono tratti in arresto presso il centro di registrazione di Basilea e incarcerati in vista dell'estradizione che era stata richiesta dall'Albania.

Reiezione in prima istanza della domanda d'asilo e autorizzazione d'estradizione: il 12 marzo 2004 l'UFR (oggi: UFM) respinse la domanda di asilo ritenendo che il procedimento penale contro i richiedenti era legittimo e non era stato aperto per motivi politici. Contro questa decisione, i richiedenti presentarono ricorso alla CRA.

Il 23 aprile 2004 l'UFG ne autorizzò l'estradizione in Albania, con riserva di una decisione negativa passata in giudicato della CRA. Contro questa decisione, i cittadini albanesi interposero ricorso di diritto amministrativo davanti al Tribunale federale.

Prima sentenza del Tribunale federale: l'8 luglio 2004 il Tribunale federale accolse il ricorso e rinviô la causa all'UFG chiedendogli di completare i fatti e di procedere a una nuova valutazione della domanda d'estradizione. Il Tribunale federale motivò la sua decisione come segue: «Nel complesso, i documenti presentati dai ricorrenti contengono indizi che inducono a sospettare che le prove a carico degli accusati siano state fabbricate dai servizi segreti albanesi, che i testimoni siano stati messi sotto pressione dai poliziotti e che le confessioni degli accusati siano state estorte con la tortura. Questi elementi non soltanto mettono in dubbio l'equità del procedimento penale albanese, ma destano il sospetto che questo perseguimento penale possa avere una motivazione politica. Il fatto che il ricorrente 2 avesse 15 anni al 8313

momento della prima rapina a mano armata e che sempre a quel tempo avrebbe dovuto essere il capo di una banda armata composta di numerosi membri molto più anziani di lui, sembra altresì dubbioso». Il Tribunale federale rimproverò all'UFG di non aver accertato i fatti descritti dai ricorrenti, osserva inoltre che: «I ricorrenti hanno esposto in modo credibile, sulla base di dichiarazioni fatte dal testimone M. e di diversi articoli apparsi nella stampa, che il ricorrente 1 e altri accusati del processo , tra i quali il fratello del ricorrente 2, sono stati torturati nel corso dell'inchiesta.». Secondo il Tribunale federale, in queste circostanze l'Ufficio avrebbe dovuto procedere ad accertamenti in merito alla minaccia di tortura. La sentenza fu pronunciata all'unanimità dalla prima corte di diritto pubblico nella composizione di cinque giudici9.

Proseguimento della procedura d'estradizione: sulla base della sentenza del Tribunale federale, l'UFG chiese alle autorità albanesi, il 15 luglio e il 12 agosto 2004, di fornire documenti e garanzie supplementari. Tali documenti pervennero il 29 luglio e il 24 agosto 2004; il 27 settembre l'Albania inviò spontaneamente altra documentazione. L'UFG non li trasmise alla CRA.

Decisioni in materia di asilo della CRA: il 13 settembre 2004 la CRA accordò l'asilo ai due Albanesi. Questa decisione presa in ultima istanza non è stata pubblicata. Qui appresso citiamo alcuni estratti della motivazione di una delle due decisioni poiché le motivazioni sono identiche nei due casi. La CRA smentiva anzitutto l'UFR, secondo il quale dagli incarti non si poteva desumere alcun indizio che permettesse di stabilire che il procedimento penale albanese era stato aperto per motivi politici. La CRA, pur ammettendo che il perseguimento non era dovuto all'esercizio di un'attività politica, rimproverava all'UFG di non aver tenuto conto del fatto che anche persone non attive politicamente possano essere perseguite per ragioni politiche qualora vengano imputate loro attività di questo genere o sia aperto contro di esse un procedimento per motivi politici. La CRA precisava: «sulla base dei numerosi documenti disponibili, la CRA ritiene, contrariamente all'UFG, che sia molto probabile che il perseguimento penale avviato contro il ricorrente e i coaccusati sia stato inscenato
per ragioni politiche. In altri termini, alla luce dello svolgimento dell'inchiesta precedente il procedimento giudiziario di primo grado e la messa in stato d'accusa, vi sono seri motivi di sospettare che le forze vicine a Sali Berisha abbiano fomentato un serie di accuse contro persone cadute in disgrazia e persone ad esse legate, in parte scelte a caso, per utilizzare la situazione a scopi politici. Inoltre, in base ai risultati del procedimento di primo grado, è molto probabile che il gruppo non sia mai esistito. Le numerose prove assunte nel corso degli anni del processo hanno rivelato fatti preoccupanti: dalle deposizioni di testimoni risulta che le armi nell'appartamento erano state depositate dagli stessi organi di perseguimento penale; le prove presumibilmente assunte dal ministero pubblico non sono state presentate in tribunale» [...] «Taluni testimoni sono stati minacciati, le firme di agenti di polizia sono state contraffatte o utilizzate abusivamente, nessuno dei numerosi testimoni sentiti ha potuto portare accuse determinanti contro il ricorrente o i coaccusati e la colpevolezza dei dieci accusati e del defunto X, incriminati di numerosi delitti, non è mai stata stabilita ...».

Dagli incarti risulta inoltre che il procedimento giudiziario aperto in Albania contro il ricorrente e i coaccusati costituiva, e continua a costituire, un affare politico. Gli 9

Sentenza dell'8.7.2004 del Tribunale federale 1A.129/2004 / 1A.131/2004.

8314

articoli di stampa presentati nell'ambito della procedura d'asilo rispecchiavano, secondo l'orientamento politico, le rispettive posizioni dei partiti politici riguardo al procedimento penale. Il modo in cui Sali Berisha in persona si è espresso sulla sentenza di primo grado e si è immischiato nel procedimento, affermando che i giudici stessi avevano fatto parte dell'organizzazione terroristica, fa supporre che gli interessi che persegue non sono quelli legittimi di uno Stato di diritto.

In sintesi, la CRA riteneva «che numerosi indizi ed elementi preponderanti dell'incarto fanno pensare che il procedimento penale in Albania contro il ricorrente sia stato aperto per motivi politici». La CRA era dell'avviso «che è molto più probabile che dietro al procedimento penale indetto contro il ricorrente vi sia un complotto politico, rispetto all'ipotesi che il ricorrente sia legato ai reati che gli sono stati imputati, oppure che li abbia commessi tutti o ne abbia commessa una parte.».

Per quanto concerne le accuse di tortura, la CRA confermava il parere del Tribunale federale ossia «che tali torture hanno avuto luogo. Sulla base degli elementi risultanti dagli incartamenti, occorre ritenere che diversi coaccusati, temporaneamente arrestati, sono stati gravemente maltrattati. Il coaccusato X è deceduto nel corso del fermo di polizia nella montagna Dajti; di conseguenza viste le circostanze, non si può escludere che sia stato volutamente abbattuto da membri delle autorità incaricate dell'inchiesta.». Da ultimo, la CRA era giunta alla conclusione che i timori del ricorrente di essere torturato addotti nell'ambito della domanda di asilo erano motivati. «Da un lato, è stato stabilito che il procedimento penale era stato con ogni probabilità aperto contro il ricorrente e altre persone per motivi politici; dall'altro, vi erano grosse probabilità che ritornando in Albania il ricorrente sarebbe stato gravemente maltrattato o torturato nel corso del fermo di polizia.».

Liberazione dalla carcerazione in vista d'estradizione: in seguito alla concessione dell'asilo, il 15 settembre 2004 l'UFG ordinò la liberazione dalla carcerazione in vista d'estradizione dopo un periodo di detenzione durato circa sette mesi.

Nuovo proseguimento della procedura d'estradizione: il 12 settembre 2005, dopo quasi un anno, l'UFG ordinò
nuovamente l'estradizione dei rifugiati verso l'Albania, con riserva della revoca dell'asilo e del riconoscimento della qualità di rifugiato.

Come motivazione veniva addotto che già nella sua decisione del 23 aprile 2004 l'UFG era giunto alla conclusione che non sussisteva alcuno motivo di rifiuto ai sensi dell'articolo 3 numero 2 CEEstr10. Occorreva attenersi ai fatti accertati; i documenti richiesti a Tirana non fornivano alcun indizio atto a sostenere la tesi di un complotto politico. Conformemente alla sentenza di primo grado del 12 febbraio 2003, poi annullata, era provato, secondo l'UFG, che i reati erano stati commessi. Il tribunale aveva tuttavia precisato di non aver potuto provare che erano imputabili alle persone perseguite e che spettava alle autorità competenti determinare se le prove presentate dal ministero pubblico erano sufficienti per condannare gli accusati.

L'UFG sosteneva inoltre che in virtù della giurisprudenza in vigore non era possibile esigere che l'autorità richiedente presentasse le prove che i reati erano stati commessi. Si doveva partire dal presupposto che le garanzie fornite dall'Albania fossero credibili e sufficienti per assicurare condizioni di detenzione corrette e lo svolgimento di una procedura equa contro le persone perseguite. I cittadini albanesi presentarono ricorso di diritto amministrativo al Tribunale federale contro la decisione dell'UFG.

10

Convenzione europea del 13.12.1957 di estradizione (CEEstr, RS 0.353.1).

8315

Visita in Albania del capo del DFGP: il 21 settembre 2005 il capo del DFGP si recò in Albania in vista della firma di un accordo di cooperazione in materia di polizia tra la Svizzera e l'Albania e in questa occasione incontrò il ministro dell'interno e il ministro della giustizia albanesi. Anche il caso dei due Albanesi era oggetto dei colloqui. Nel suo discorso all'Albisgüetli e davanti al Consiglio degli Stati (cfr.

n. 2.1 e 2.2), il capo del DFGP spiegò che il nuovo governo di Sali Berisha aveva l'obiettivo di lottare contro la criminalità e di consolidare lo Stato di diritto in Albania. Per questo motivo, l'Albania aveva bisogno dell'assistenza giudiziaria della Svizzera e in questo caso dell'estradizione dei due Albanesi.

Seconda sentenza del Tribunale federale: Il 14 dicembre 2005 il Tribunale federale accolse nuovamente il ricorso e annullò la decisione d'estradizione in quanto la concessione dell'asilo escludeva in ogni caso l'estradizione verso il Paese di provenienza. Per quanto concerne la riserva annunciata dall'UFG sulla revoca dell'asilo, il Tribunale federale affermava che: «l'estradizione non può essere autorizzata se l'asilo è stato previamente accordato alla persona da estradare. Nel presente caso, non è necessaria nessuna riserva: l'estradizione deve essere rifiutata. Nell'ambito di una procedura d'estradizione concernente un rifugiato riconosciuto, il Tribunale federale è legato dalla decisione in materia di asilo e non può né revocarla né sottoporla a un esame pregiudiziale; la revoca è di competenza delle autorità in materia di asilo.». Per quanto concerne la revoca dell'asilo, l'Alta corte osservava quanto segue: «di regola, la concessione dell'asilo e il riconoscimento dello statuto di rifugiato hanno una validità a lungo termine; è possibile revocarli solo se la persona li ha ottenuti con false dichiarazioni o dissimulando fatti essenziali». Il Tribunale federale non esaminò le altre condizioni di estradizione e, in particolare, nemmeno i documenti complementari forniti dalle autorità albanesi. La sentenza fu pronunciata all'unanimità dalla prima Corte di diritto pubblico nella composizione di cinque giudici11.

4

Informazione del capo del DFGP e contatti o coordinamento tra le diverse autorità12

4.1

Informazione del capo del DFGP

4.1.1

Informazioni dell'UFR e dell'UFG

Il 29 settembre 2004 l'UFR (oggi: UDM) informò il capo del DFGP delle decisioni in materia di asilo adottate dalla CRA il 13 settembre 2004 e del procedura d'estradizione in corso, spiegando che la CRA aveva ritenuto che con ogni probabilità il procedimento era stato inscenato sotto il governo Sali Berisha per motivi politici e che erano stati accertati gravi errori procedurali, episodi di corruzione dei testimoni e la presentazione di prove fittizie. L'Ufficio temeva che queste decisioni suscitassero forti reazioni in Albania e pregiudicassero le relazioni bilaterali. Dal suo punto di vista, questo caso avrebbe potuto incitare altri presunti delinquenti a chiedere asilo in Svizzera per sfuggire a un perseguimento giudiziario nel loro Paese d'origine. In particolare, secondo l'Ufficio, alcune tra il centinaio di persone coaccusate insieme ai due Albanesi avrebbero potuto chiedere asilo in Svizzera facendo 11 12

Sentenza del 14.12.2005 del Tribunale federale 1A.267/2005.

Cfr. la cronologia in allegato.

8316

valere di essere oggetto di un perseguimento illegale nel loro Paese (per quanto riguarda questo ultimo punto, va precisato che tale numero è verosimilmente esagerato: dalle decisioni della CRA risulta in effetti che sulle cento persone arrestate inizialmente, solo undici sono state accusate, una di queste è deceduta all'inizio del 1999 durante il fermo di polizia). L'UFM comunicò inoltre che, viste le decisioni pronunciate in materia d'asilo, l'UFG aveva ordinato la scarcerazione dei richiedenti il 15 settembre 2004, ma non aveva ancora deciso in merito alla domanda d'estradizione.

Il capo del DFGP rispose all'UFR come segue: «non possiamo semplicemente accettare le cose in questo modo». Chiese se vi era una possibilità di presentare ricorso e pretese che fosse allestito un rapporto sulle possibilità di intervenire per controbilanciare le conseguenze negative di queste decisioni.

L'8 ottobre 2004 l'UFR presentò il rapporto richiesto, in cui si sottolineava a più riprese che l'UFG, dopo un esame dei documenti supplementari forniti dalle autorità albanesi, era giunto alla conclusione che non vi fossero motivi gravi che facessero supporre che gli interessati erano perseguiti per motivi politici, che il procedimento giudiziario non era stato montato ad arte e che le ampie garanzie fornite riguardo al rispetto dei diritti fondamentali rendevano possibile l'estradizione. In sintesi, l'UFR comunicò il suo intento di esaminare in modo approfondito l'apertura di una procedura di revoca dell'asilo in stretta collaborazione con l'UFG e che avrebbe informato al più presto il capo del Dipartimento sui risultati dei lavori. Al che il capo del DFGP impartì una succinta istruzione: «Qualche cosa deve accadere».

Poco meno di un anno dopo, il 13 settembre 2005, l'UFG comunicò al capo del DFGP la sua nuova decisione d'estradizione del 12 settembre 2005 (cfr. n. 3.2), aggiungendo che se la decisione fosse passata in giudicato (eventuali ricorsi respinti dal Tribunale federale), l'estradizione avrebbe potuto essere eseguita solo a condizione che in seguito l'UFM revocasse l'asilo. Il 22 settembre 2005, ossia il giorno successivo al suo rientro dalla visita in Albania, il capo del DFGP impartì il seguente ordine: «Occorre assolutamente far passare questa decisione. Se necessario, l'UFM deve revocare lo statuto
di rifugiato!».

Il 5 gennaio 2006 l'UFG informò il capo del DFGP che il Tribunale federale aveva respinto, con la sentenza del 14 dicembre 2005, la richiesta d'estradizione degli Albanesi verso il loro Paese di provenienza fondandosi sul fatto che era stato loro concesso l'asilo. Visto che la sentenza del Tribunale federale aveva chiarito le questioni relative al rapporto tra estradizione e asilo, l'UFG intendeva sottoporre i due casi all'UFM affinché esaminasse un'eventuale revoca dell'asilo, includendo l'insieme dei documenti d'estradizione. Questo esame appariva particolarmente sensato poiché, al momento di prendere la loro decisione in materia d'asilo, l'UFR e la CRA non disponevano di tutti i documenti d'estradizione forniti dalle autorità albanesi. In seguito, la Segreteria generale del DFGP comunicò mediante posta elettronica all'UFG che il capo del Dipartimento auspicava conoscere «i mezzi atti ad assicurare che nessun assassino o autore di gravi reati possa beneficiare di una protezione nel nostro Paese». All'UFG, così come all'UFM, fu affidato il mandato di valutare la situazione, d'individuare le possibilità di azione (oltre alla revoca dell'asilo) e di definire le future tappe del procedimento in corso.

Il 12 gennaio 2006 l'UFG informò il capo del DFGP che il diritto svizzero non contiene nessuna norma esplicita relativa al rapporto tra estradizione e asilo e che una modifica della prassi vigente, secondo cui lo statuto di rifugiato ha la preminen8317

za rispetto all'estradizione, implicherebbe necessariamente una revisione delle basi legali. Nella pratica, l'UFM e l'UFG si scambiano regolarmente informazioni concernenti i casi che trattano e dopo i casi dei due Albanesi, lo scambio d'informazioni tra l'UFG e la CRA è migliorato. Per documentare queste ultime affermazioni, l'UFG allegò il catalogo delle misure redatte dalla CRA il 21 febbraio 2005 al termine di una discussione svoltasi tra l'UFG, l'UFM e la CRA il 31 gennaio 2005 (cfr. n. 4.2).

Sempre il 12 gennaio 2006, l'UFM spiegò al capo del DFGP, conformemente alle istruzioni ricevute, che nel caso di richiedenti l'asilo presunti criminali utilizza sistematicamente tutte le fonti e i mezzi di accertamento disponibili e adeguati al caso per determinare l'esistenza di reati penali ed evitare in tal modo che le persone interessate ottengano l'asilo in Svizzera. A tal fine l'UFM lavora in stretta collaborazione con altri uffici federali, in particolare con l'Ufficio federale di polizia (fedpol). Inoltre, le condizioni d'esclusione della legge sull'asilo sono state applicate in modo coerente. Quindi se queste condizioni sono adempiute, i richiedenti l'asilo sono esclusi dalla qualità di rifugiato o dalla concessione dell'asilo. In ogni caso, si applica il limite assoluto previsto dall'articolo 3 CEDU13, secondo cui nessun straniero può essere rinviato in un Paese in cui è minacciato di tortura o di trattamenti inumani. Riguardo al caso dei due Albanesi, l'UFM ribadì di essersi attenuto all'ordine impartitogli dalla CRA di accordare l'asilo dopo aver considerato che i procedimenti penali erano stati manifestamente avviati per motivi politici e di aver rinunciato, d'intesa con l'UFG, ad avviare una procedura di revoca dopo la decisione della CRA. Secondo fedpol, i due rifugiati albanesi non rappresentavano un pericolo per la sicurezza della Svizzera, e per questo motivo un'espulsione da parte del Consiglio federale non entrava in linea di conto. L'UFM ha inoltre affermato che «Ai due rifugiati riconosciuti si applica la presunzione d'innocenza. Non è stato in nessun caso stabilito che si tratti effettivamente di criminali. L'UFM analizzerà tutti i documenti raccolti nell'ambito della procedura d'estradizione e deciderà se occorre avviare una procedura di revoca dell'asilo».

Nel frattempo, l'UFM
esaminò l'eventualità di aprire una procedura di revoca dell'asilo. Nel suo parere a destinazione della CdG-S, l'Ufficio affermava che dall'analisi di questi documenti d'estradizione e secondo i recenti sviluppi della situazione politica in Albania non risultavano, rispetto al 13 settembre 2004, data della decisione della CRA, cambiamenti fondamentali, di carattere generale o individuale, tali da giustificare a quel momento (situazione a fine marzo 2006) una revoca dell'asilo. Per quanto concerne la situazione politica, l'UFM reputava che con il cambiamento intervenuto alla testa del governo nel settembre 2005, ossia il ritorno al potere di Sali Berisha, erano tornate al potere le stesse persone sotto le quali, nel 1996, secondo la CRA, i due rifugiati erano stati accusati in seguito a un complotto politico. L'Ufficio sosteneva altresì che non era il caso di parlare di un cambiamento radicale e durevole della situazione a favore dei rifugiati. Nemmeno si era modificata la situazione di questi ultimi, poiché era sempre in corso il procedimento penale aperto nei loro confronti, avviato, secondo la CRA, per motivi politici.

Il 17 gennaio 2006, ossia tre giorni prima del discorso all'Albisgüetli, la Segreteria generale del DFGP (SG-DFGP) inviò per posta elettronica all'UFM un estratto del discorso contenente l'esempio dei due Albanesi, pregandolo di verificarne la corret13

Convenzione del 4.11.1950 per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU; RS 0.101).

8318

tezza. La SG-DFGP chiese all'UFM se talune affermazioni concernenti i due Albanesi tratte da un articolo di Ulrich Schlüer pubblicato il 13 gennaio 2006 nel settimanale Schweizerzeit fossero conformi alla realtà, poiché il capo del DFGP intendeva utilizzarle nel suo discorso. La versione iniziale di questo discorso si ispirava quindi, pur se il tono usato era più moderato, al suddetto articolo, intitolato «Neue Fehlleistung der Asylrekurs-Kommission ­ Abschaum-Schutz» («La Commissione di ricorso in materia di asilo fa un nuovo passo falso e protegge la feccia»). Lo stesso giorno, l'UFM rispose per posta elettronica che alcune affermazioni di Ulrich Schlüer non corrispondevano alle sentenze pronunciate. L'UFM ribadì inoltre che la CRA era giunta alla conclusione che i procedimenti penali aperti in Albania erano il risultato di un «complotto politico» e che erano stati accertati «vizi di procedura flagranti e presunte manovre criminali da parte delle autorità incaricate dell'inchiesta». L'UFM osservava inoltre che «vale quindi la presunzione d'innocenza, poiché è impossibile stabilire se si tratti effettivamente di criminali. Dobbiamo perciò raccomandarvi di non utilizzare questi passaggi nel discorso del consigliere federale Blocher o perlomeno di modificare tutti i passaggi in cui appare il termine «criminale». La versione scritta del discorso pubblicata su Internet (cfr. n. 2.1) corrisponde, ad eccezione di alcuni passaggi, al progetto sottoposto all'UFM: solo la parte che si basava sulle affermazioni contenute nell'articolo della Schweizerzeit considerate inesatte dall'UFM era stata soppressa.

4.1.2

Contatti tra la CRA e il capo del DFGP

Un articolo apparso sul SonntagsBlick del 17 ottobre 2004 sulla decisione emessa dalla CRA il 13 settembre 2004 indusse il presidente della CRA a indirizzare, il 18 ottobre 2004, una lettera al capo del DFGP. L'articolo intitolato «Behörde unter Verdacht» («Sospetti su un'autorità federale») si domandava se la CRA aveva concesso l'asilo a due presunti criminali. Secondo l'articolo, con la sua decisione la CRA aveva scatenato una nuova controversia e suscitato le critiche di fedpol. Il presidente della CRA commentò che l'articolo apparso sul SonntagsBlick avrebbe potuto nuocere alla reputazione della Commissione e compromettere la fiducia nella sua giurisprudenza. Infatti, l'articolo aveva stabilito un legame con l'estremismo e il terrorismo e non era la prima volta che la CRA doveva rispondere al rimprovero, umiliante e del tutto infondato, secondo cui accordava l'asilo a terroristi e a estremisti. Secondo il presidente della CRA, diversi elementi facevano pensare che il SonntagsBlick avesse avuto accesso a informazioni non pubblicate relative alle decisioni tramite il Servizio di analisi e prevenzione (SAP).

In merito alle decisioni in materia di asilo concernenti i due Albanesi il presidente della CRA dichiarò quanto segue: «Si tratta di due cittadini albanesi che sono considerati criminali di diritto comune dalle autorità del loro Paese d'origine, mentre la Commissione è giunta alla conclusione che sono innocenti e che vengono perseguiti per motivi politici. In entrambi i casi è stato accordato l'asilo. Uno dei ricorrenti è il figlio dell'ex ministro dell'interno albanese X. Quest'ultimo era un oppositore politico di Sali Berisha ed è stato scarcerato nel 1997 al momento della destituzione di Berisha. Da allora, X vive più o meno nascosto. Un'altra persone vicina a loro è deceduta durante la sua detenzione».

Il 22 ottobre 2004 il capo del DFGP ripose al presidente della CRA affermando che il caso doveva essere discusso con tutte le autorità interessate. Egli fece riferimento 8319

all'informazione inviata dall'UFR l'8 ottobre 2004 e ai timori dell'Ufficio, allegando alla lettera il documento in questione. Riguardo ai dubbi su un'indiscrezione proveniente da fedpol, il capo del DFGP affermava di nutrire sospetti piuttosto sull'avvocato degli Albanesi. Questo punto non venne sviluppato, ma il capo del DFGP inviò una copia della sua lettera al direttore di fedpol. In una lettera del 6 dicembre 2004 indirizzata al presidente della CRA, il capo del Servizio di analisi e prevenzione protestò con «fermezza» contro le accuse rivolte al suo servizio di aver violato il segreto d'ufficio e lo invitò a dimostrare la sua tesi. Nella sua risposta, il presidente della CRA spiegò in dettaglio i punti che lo avevano portato a esprimere i suoi sospetti.

Il 3 dicembre 2004 il presidente della CRA informò il capo del DFGP della discussione, tenutasi il 29 novembre 2004, con i direttori di fedpol e dell'UFR riguardo alle decisioni prese nel caso dei due Albanesi. Secondo il presidente della CRA, l'analisi della situazione iniziale faceva emergere segnatamente come simili procedimenti fossero estremamente rari; i partecipanti si erano trovati d'accordo sulla necessità di ottimizzare la comunicazione tra i servizi d'informazione e di analizzare la prassi in caso di procedimenti paralleli d'estradizione e in materia di asilo.

Da ultimo, il 4 marzo 2005, il presidente della CRA comunicò al capo del DFGP che nel frattempo si erano tenute numerose discussioni con fedpol, l'UFM, l'UFG e il responsabile dell'informazione del DFGP. Sebbene non avessero fornito nuove informazioni utili per la giurisprudenza della CRA, secondo il presidente della CRA le discussioni avevano permesso di eliminare taluni punti confusi nelle procedure. I colloqui si erano svolti in clima aperto e costruttivo. Il presidente della CRA precisava inoltre che la Commissione aveva preparato documenti di lavoro in vista delle discussioni, che erano stati presentati ai rappresentanti dei diversi uffici federali interessati il 18 febbraio 2005 prima di essere trattati dall'insieme dei collaboratori della CRA il 2 marzo 2005. Per la CRA la questione era quindi chiusa, anche perché aveva l'intenzione di monitorare internamente l'attuazione delle misure prese.

4.2

Coordinamento tra le autorità interessate

Il caso dei due Albanesi diede luogo a una seduta di coordinamento tra i diversi servizi interessati, sotto la direzione del presidente della CRA. Sulla base di questi colloqui furono elaborate linee direttive per il coordinamento in caso di procedimenti paralleli di estradizione e in materia d'asilo (cfr. n. 4.1.2), che disciplinavano lo scambio d'informazioni tra l'UFG, l'UFM e la CRA e il coordinamento delle procedure in casi particolari. Per quanto concerne il presente caso, il documento precisa che nonostante il Tribunale federale abbia deciso all'inizio degli anni Novanta che la procedura di asilo ha la preminenza rispetto a quella d'estradizione, la CRA deve di regola sospendere la procedura di ricorso sino alla decisione in materia di estradizione. Ciò non esclude tuttavia la possibilità, in casi chiari, di emanare prima di quella sull'estradizione una decisione sul riconoscimento della qualità di rifugiato e/o la concessione dell'asilo, al fine di non prolungare inutilmente la carcerazione in vista d'estradizione. Il 29 marzo 2006 l'UFG annunciò la sua intenzione di esaminare se era il caso di disciplinare legalmente tale coordinamento e di sottoporre un proposta corrispondente al capo del Dipartimento (cfr. n. 2.2).

8320

5

Accertamenti e valutazioni della CdG-S

5.1

Riguardo alla presunzione d'innocenza

5.1.1

Accertamenti

Considerata un caposaldo del moderno Stato di diritto, la presunzione d'innocenza è il principio secondo cui ogni persona è presunta innocente sino a quando non è stato accertato in giudizio che essa è colpevole di aver commesso un reato per il quale la legge commina una pena14. La garanzia della presunzione d'innocenza ha effetto non soltanto in materia di prove nell'ambito del processo penale, ma secondo la dottrina e la giurisprudenza vieta anche a tutti gli organi statali di presentare al pubblico come colpevole un presunto autore di reati prima che sia stato giudicato colpevole con una sentenza penale15. In casi di questo genere occorre agire con cautela e presentare sia i fatti che depongono a favore della colpevolezza sia quelli a favore dell'innocenza16.

Il capo del DFGP si è scusato per aver tacciato, in «un'unica occasione», di criminali i cittadini albanesi e di non averli invece definiti presunti criminali. La definizione «presunti criminali» pubblicata su Internet e utilizzata a più riprese dal capo del DFGP dopo questo incidente, che ha avuto ampia eco presso il pubblico e nei media, è stata definita un'offesa all'onore dall'avvocato dei due rifugiati. Nel frattempo, quest'ultimo ha depositato un'azione penale contro il capo del DFGP per offesa all'onore e nel contempo un'azione civile per lesione della personalità.

La CdG-S constata che nella versione orale del suo discorso all'Albisgüetli il capo del DFGP non si è limitato a tacciare di criminali i due rifugiati, ma ha dichiarato che uno dei due aveva commesso due assassini e quindici rapine a mano armata. Più avanti ha inoltre affermato «Mentre noi, abbiamo qui due Albanesi ai quali diamo rifugio perché se ritornassero nel loro Paese sarebbero perseguiti. Ma è perfettamente normale per chi ha commesso un omicidio».

Nei suoi interventi pubblici, il capo del DFGP ha ricordato con veemenza che i due Albanesi erano presunti criminali. Davanti al Consiglio degli Stati ha, inoltre, lasciato intendere a due riprese che gli Albanesi o il loro avvocato avrebbero fatto valere il carattere politico dei reati. In altre parole, i due cittadini albanesi avrebbero commesso i reati, ma per motivi politici (reati politici). In realtà, i due Albanesi e il loro avvocato hanno sempre dichiarato che essi non avevano commesso nessuno dei crimini loro
imputati e che tale accusa era stata loro mossa unicamente per motivi politici.

Dagli incarti risulta che poco dopo il 13 settembre 2004 il capo del DFGP era già stato messo in guardia dal suo Dipartimento sulle eventuali conseguenze negative delle sentenze (cfr. n. 4.1.1). Tali decisioni avrebbero potuto incitare presunti criminali a domandare asilo in Svizzera per sottrarsi a un perseguimento giudiziario nel loro Paese d'origine.

14

15 16

Jörg Paul MÜLLER, Droits fondamentaux en Suisse dans le cadre de la Constitution federale de 1999, des pactes de l'ONU et de la Convention européenne des droits de l'homme, Berna, 1999, pag. 559 segg.; cfr. anche art. 32 cpv. 1 Cost. e art. 6 n. 2, CEDU.

Franz ZELLER, Zwischen Vorverurteilung und Justizkritik, diss., Berna, 1998, pag. 97 segg.

MÜLLER, op.cit., pag. 565.

8321

Le prime informazioni trasmesse al capo del DFGP dall'UFR e dall'UFG accennano brevemente alle motivazioni delle decisioni emesse dalla CRA. Ma tali documenti non citano mai la possibilità che gli Albanesi potessero essere innocenti e vittime di un perseguimento penale motivato da ragioni politiche. Poco dopo il verdetto, il presidente della CRA aveva tuttavia informato il capo del DFGP (cfr. n. 4.1.2) che la commissione era giunta a concludere che i due rifugiati erano innocenti e che il procedimento penale era stato aperto per motivi politici. Solo in una fase successiva della procedura, il 12 gennaio 2006, l'UFM ha reso espressamente attento il capo del DFGP sulla presunzione d'innocenza. Da ultimo, l''UFM ha raccomandato, addirittura in modo categorico, di non utilizzare l'esempio degli Albanesi nel discorso all'Albisgüetli o perlomeno di modificare i passaggi in cui figurava il termine «criminale» (cfr. n. 4.1.1).

La CdG-S si è rivolta all'UFM per chiarire in quale misura la concessione dell'asilo ai due Albanesi potesse costituire un precedente e incitare numerosi Albanesi a chiedere asilo in Svizzera per sfuggire a un perseguimento giudiziario come asserito dal capo del DFGP. Nel suo parere del 30 marzo 2006, l'UFM ha spiegato che tali timori si erano rivelati infondati. L'Ufficio non era a conoscenza di altre domande d'asilo di questo genere. Il temuto effetto a valanga non si era verificato.

5.1.2

Valutazione

Non spetta alla CdG-S stabilire se le affermazioni del ministro della giustizia sui due cittadini albanesi siano eventualmente rilevanti dal profilo del diritto penale o civile.

Qui appresso esponiamo una valutazione sotto l'aspetto dell'alta vigilanza parlamentare.

Quando ha presentato pubblicamente le sue scuse, il capo del DFGP ha definito un lapsus il fatto di aver qualificato come «criminali» invece che «presunti criminali» i due cittadini albanesi nel suo discorso all'Albisgüetli. Dal suo punto di vista, la frase «Ma è perfettamente normale per chi ha commesso un omicidio» va intesa nello stesso senso. È difficile vedere un semplice lapsus in queste dichiarazioni. Dalla versione orale del suo discorso non si può che dedurre che il ministro della giustizia considerava colpevoli i due cittadini albanesi. E d'altronde lo ha affermato in modo inequivocabile. Anche nella versione scritta del discorso, il lettore non può evitare di pensare che doveva trattarsi verosimilmente di criminali: in caso contrario perché sarebbe stato così inammissibile che queste due persone avessero ottenuto l'asilo in Svizzera?

Dopo il suo discorso, il capo del DFGP ha affermato in occasione di diversi interventi pubblici che era legittimo qualificare i due Albanesi come «presunti criminali», poiché la giustizia albanese li accusava di aver commesso gravi crimini.

A questo proposito il capo del DFGP omette di precisare che la CRA ha accordato l'asilo alle due persone interessate dopo essere giunta alla conclusione che numerosi indizi ed elementi preponderanti degli incarti portavano a pensare che il procedimento penale contro i ricorrenti era stato aperto per motivi politici e che vi era un alto grado di probabilità che questi fossero stati accusati (e continuano ad esserlo) di crimini che non avevano commesso. Le decisioni emesse dalla CRA sono vincolanti per tutte le autorità in Svizzera. Le persone cui la Svizzera ha accordato l'asilo sono, riguardo a tutte le autorità federali e cantonali, considerate rifugiati ai sensi della 8322

legge (art. 59 LAsi). Tali autorità sono quindi tenute a considerare i due Albanesi come innocenti che beneficiano dello statuto di rifugiato. Ne devono segnatamente tener conto nelle loro dichiarazioni pubbliche anche se le persone interessate non sono esplicitamente menzionate, ma alcuni elementi permettono di identificarle.

Il diritto in materia d'asilo mira a proteggere le persone minacciate da persecuzione nel loro Paese d'origine o di provenienza. Nel presente caso, gli interessati sono vittime di una forma classica di persecuzione statale, ossia un procedimento penale aperto per motivi politici. Se un'autorità giudiziaria di ultimo grado ha accordato l'asilo a queste due persone, il fatto che un'autorità qualifichi pubblicamente due rifugiati come presunti criminali che dovrebbero essere estradati nel loro Paese d'origine o di provenienza per essere giudicati dei reati che sono loro imputati è in contraddizione con il principio di protezione previsto nella legge sull'asilo, poiché l'asilo è inteso a proteggerli proprio da questo procedimento giudiziario e dalla inevitabile carcerazione preventiva.

Dopo il suo discorso all'Albisgüetli, il capo del DFGP ha sostenuto che non era sua intenzione criticare la situazione particolare dei due Albanesi ma piuttosto di rilevare che era stato creato un precedente che avrebbe potuto incitare persone accusate di reati a sottrarsi alla giustizia del loro Paese chiedendo l'asilo in Svizzera.

Gli incarti mostrano che il capo del DFGP segue questo affare sin da quando la CRA ha emesso le sue decisioni il 13 settembre 2004, grazie alle informazioni fornitegli dall'UFR. È comprensibile che il capo del DFGP si sia preoccupato delle possibili conseguenze negative del caso. Non è nemmeno inusuale che un'autorità valuti internamente le conseguenze di una decisione giudiziaria. Le informazioni raccolte presso l'UFF e l'UFG destano tuttavia l'impressione che le autorità incaricate dell'asilo e dell'estradizione abbiano stentato a sottostare alla loro autorità di controllo giudiziario e ad accettarne le decisioni. Il loro punto di vista è stato manifestamente e ampiamente sostenuto dal capo del DFGP, che invece non ha tenuto conto delle informazioni fornite dal presidente della CRA dalle quali emergeva che la commissione era giunta alla conclusione che i rifugiati
albanesi erano innocenti perseguiti per motivi politici. Per contro, è sorprendente che il capo del DFGP abbia ignorato la raccomandazione dell'UFM, che dopo aver analizzato la prima versione del discorso aveva espressamente consigliato di rispettare la presunzione d'innocenza.

È assolutamente verosimile che le dichiarazioni del capo del DFGP fossero motivate non tanto dal caso particolare dei due Albanesi, ma dalla volontà di impedire che la Svizzera diventi un polo d'attrazione per i criminali. Ciononostante, i suoi timori si sono rivelati nettamente infondati già nel corso del 2005 e il capo del DFGP avrebbe potuto facilmente informarne l'UFM. Tuttavia, per il capo del DFGP altre riflessioni politiche sembrano avere avuto un ruolo importante: la criminalità organizzata e il traffico di droga costituiscono un problema in Albania e i loro effetti si ripercuotono fino in Svizzera. Il nostro Paese ha quindi tutto l'interesse a rafforzare la cooperazione in materia di polizia con l'Albania per sostenere la lotta contro la criminalità in questo Paese. Nel suo discorso all'Albisgüetli e davanti al Consiglio degli Stati (cfr. n. 2.1 e 2.2), il capo del DFGP ha spiegato che il nuovo governo di Sali Berisha si prefigge di lottare contro la criminalità e di consolidare lo Stato di diritto in Albania e, per questo motivo, l'Albania aveva bisogno dell'assistenza giudiziaria della Svizzera e dell'estradizione dei due Albanesi.

8323

Pur essendo normale e anche indispensabile che il ministro della giustizia persegua obiettivi politici, secondo la nostra concezione dello Stato di diritto non è tuttavia opportuno che intervenga pubblicamente e per motivi politici in procedimenti giudiziari a carico delle persone interessate. Nel caso oggetto del presente rapporto, questo comportamento è tanto più stridente per il fatto che nell'ambito della procedura d'asilo i due rifugiati albanesi hanno esposto in modo credibile di essere perseguiti dal regime del capo di governo ritornato al potere nell'autunno scorso e che questo regime cercava di conseguire risultati nella lotta contro la criminalità per motivi elettorali esibendo un presunto gruppo terrorista. E ora si sentono dire che il ministro della giustizia del loro Paese d'asilo sostiene pubblicamente il modo di procedere di questo governo. Dal punto di vista della CdG-S, questo comportamento è in contraddizione con la tradizione umanitaria della Svizzera e la sua concezione dello Stato di diritto.

5.2

In merito alle critiche alle sentenze del Tribunale federale e nei confronti della CRA

5.2.1

Accertamenti

Critiche alle sentenze del Tribunale federale Il capo del DFGP ha spiegato alla sottocommissione del CdG-S che le sue critiche non erano mai state rivolte al Tribunale federale, ma soltanto alla CRA. Accordando precipitosamente la qualità di rifugiato ai due Albanesi, quest'ultima avrebbe, secondo lui, impedito al Tribunale federale di procedere alla loro estradizione (cfr. in proposito le dichiarazione del capo del DFGP citate nel n. 2.2). Tuttavia, il presidente del Tribunale federale ribadisce che il ministro della giustizia ha anche criticato il Tribunale federale. In occasione del suo intervento nella trasmissione televisiva «10vor10» del 21 marzo 2006, egli ha dichiarato che il ministro della giustizia ha dato una cattiva immagine della suprema istanza giudiziaria affermando che quest'ultima rifiuta di estradare dei criminali. Nella sua presa di posizione indirizzata il 3 aprile 2006 alla CdG-S, il presidente del Tribunale federale ha affermato che, sia nella versione scritta che in quella orale del suo discorso, il capo del DFGP aveva non soltanto rimproverato alla CRA di aver riconosciuto la qualità di rifugiato a persone accusate di crimini gravi se non addirittura a criminali, ma aveva anche criticato il Tribunale federale: «Anche il Tribunale federale ha ordinato la liberazione di questi due individui, il rimborso delle spese di patrocinio, di interpretariato e di traduzione e ha inoltre accordato un indennizzo per la carcerazione subita». Dal canto suo, il capo del DFGP ribadisce che non si può scorgere nessuna critica nei confronti del Tribunale federale in questa dichiarazione.

Critiche alla Commissione di ricorso in materia d'asilo Il capo del DFGP ha dichiarato alla sottocommissione della CdG-S di aver criticato la CRA e di continuare a criticarla: ne aveva il diritto e le sue critiche erano giustificate.

Caso dei due Albanesi Nella versione orale del discorso da lui pronunciato all'Albisgüetli (cfr. N. 2.1), il capo del DFGP non ha espressamente menzionato la CRA quando ha citato l'esempio dei due Albanesi. In sostanza, il tenore della sua dichiarazione era il 8324

seguente: anzitutto la Svizzera dà rifugio a persone che hanno commesso crimini gravi e che affermano di essere perseguitate; inoltre, le istanze interessate devono farsi carico della decisione presa, non tocca certo a lui; da ultimo, la situazione mette in luce un malfunzionamento al quale occorre rimediare. Per il lettore medio, il testo della versione scritta del discorso può essere compreso come segue: la CRA ha concesso l'asilo a persone che hanno commesso crimini gravi e la situazione mette alla luce un malfunzionamento considerevole al quale occorre porre rimedio. Se la versione scritta parla di persone accusate di crimini gravi, ciò non toglie che il contesto fa pensare che gli accusati siano colpevoli: nel caso contrario, l'affare non avrebbe dato adito a critiche. Le critiche vertono dunque non solo su eventuali lacune del diritto d'asilo, ma sull'azione della CRA in quanto autorità («Un caso chiaro? Si. Ma non per la Commissione di ricorso in materia d'asilo»).

Dopo il suo discorso all'Albisgüetli, il capo del DFGP ha precisato che la sua critica verteva sul fatto che la CRA aveva statuito prima di essere entrata in possesso dei documenti complementari richiesti alle autorità albanesi nel quadro della procedura di estradizione, impedendo in questo modo al Tribunale federale, vincolato da questa decisione, di autorizzare l'estradizione dei due Albanesi. Dato che questa critica ha in seguito assunto un'importanza fondamentale, la CdG-S ha proceduto a chiarimenti più approfonditi, il cui risultato è esposto qui di seguito.

Gli atti mostrano che la CRA ha ricevuto una copia delle due note diplomatiche che l'UFG aveva indirizzato all'ambasciata albanese a Berna. La prima nota, di data 15 luglio 2004, mostra che il termine fissato a Tirana per consegna dei documenti complementari era stato stabilito in un primo tempo al 29 luglio 2004. Dalla seconda nota diplomatica, del 12 agosto 2004, risulta che i documenti consegnati il 29 luglio 2004 non adempievano le esigenze e che di conseguenza, era stato fissato un nuovo termine per il 25 agosto 2004. Scaduto questo termine, la CRA ha atteso circa due settimane e mezza prima di prendere una decisione, il 13 settembre 2004. Interrogato sulle ragioni per le quali non aveva immediatamente inoltrato i documenti in questione alla CRA, l'UFG ha affermato
che li voleva prima studiare. Il 27 settembre 2004 l'Albania ha consegnato spontaneamente all'UFG un nuovo documento senza darne un preavviso.

Né la presa di posizione della CRA del 13 marzo 2006, né le informazioni complementari fornite dal giudice di istruzione in data 10 aprile 2006 permettono di concludere che sussista per la CRA un obbligo, legale o altro, di essere in possesso di tali documenti per poter prendere una decisione. Dato che non ne conosceva il contenuto, la CRA ha dichiarato che non era in grado di determinare se sarebbe stato opportuno attenderli. In ogni modo si può riconoscere che, anche se fossero stati portati a sua conoscenza, i documenti in questione avrebbero potuto influire sulla decisione di accordare l'asilo ai due Albanesi soltanto se avessero fornito indizi plausibili in merito alla colpevolezza dei richiedenti. In tal caso, questi ultimi sarebbero stati indegni di ottenere l'asilo e la loro richiesta sarebbe stata respinta. La CRA ha precisato che non c'era da aspettarsi di ricevere simili prove, ricordando da un lato che, nel quadro della procedura di estradizione, non è il caso di esigerne né lo Stato richiedente è tenuto a fornirne, e, d'altro lato, che gli atti completi del processo di primo grado in Albania mostravano che nel corso pluriennale del processo non era stato possibile produrre nessuna prova e che era poco probabile che tali prove emergessero in futuro. La CRA riteneva inoltre che se era prassi corrente esigere garanzie dallo Stato richiedente nel quadro di una procedura di estradizione, la presentazione di garanzie non rivestiva priorità alcuna in una procedura d'asilo.

8325

Su questo punto l'UFG è di diverso avviso. Nella presa di posizione fatta pervenire alla CdG-S il 30 marzo 2006, esso precisa che la CRA era tenuta d'ufficio ad accertare i fatti pertinenti e, dunque, a tenere in considerazione tutti gli elementi importanti per la decisione. Tenuto conto delle istruzioni che il Tribunale federale ha impartito all'UFG in merito all'ulteriore svolgimento della procedura di estradizione e la gravità dei reati oggetto dell'accusa, sarebbe stato indispensabile, secondo l'UFG, attendere di essere in possesso dei documenti complementari delle autorità albanesi.

Tribunale federale e CRA si sono entrambi espressi sul coordinamento tra le procedure d'asilo e di estradizione e sulle priorità in materia. Il parere del Tribunale federale era il seguente.

«I criteri di concessione dell'asilo (art. 3 LAsi) corrispondono in ampia misura a quelli vigenti per la reiezione della domanda d'estradizione. Anche le esigenze in materia di prova sono simili: se nella procedura d'asilo il richiedente deve unicamente rendere verosimile di essere un rifugiato (art 7 LAsi), qualsivoglia ostacolo all'estradizione deve necessariamente fondarsi su «gravi motivi». Di conseguenza, le valutazioni dovrebbero generalmente coincidere.» [...] «Quando la procedura d'asilo è ancora in corso e il Tribunale giunge alla conclusione che l'estradizione è ammissibile, quest'ultima è approvata fatta salva la reiezione della domanda (cfr.

p.es. DTF 122 II 373, n. 6 del dispositivo, pag. 381). Questa condizione vuole evitare che le autorità in materia d'asilo e di estradizione prendano decisioni contraddittorie. Se la decisone dell'autorità in materia d'asilo diverge da quella del Tribunale federale, l'estradizione non ha luogo. Se al richiedente è già stato accordato l'asilo, la domanda d'estradizione non può essere accolta. Dato che la domanda di estradizione è stata respinta, si può ammettere che la decisione resa in materia d'asilo è prioritaria.».

Dal canto suo, la CRA ha osservato che la priorità tra un procedimento e l'altro è diversa a seconda dei casi. A suo avviso, è importante per le autorità competenti in materia di estradizione sapere se la persona adempie i criteri per il riconoscimento della qualità di rifugiato. Infatti, a seconda del caso, occorre respingere la domanda di estradizione o esigere
garanzie più o meno ampie. Sotto questa aspetto, la procedura d'asilo potrebbe essere considerata come prioritaria. La CRA ha precisato inoltre che la prova della buona reputazione del richiedente è fondamentale per la concessione dell'asilo, e ha ricordato che l'asilo non è accordato ai rifugiati che si sono resi colpevoli di atti punibili, che hanno portato pregiudizio alla sicurezza interna o esterna della Svizzera o che l'hanno compromessa. Analogamente, è spesso opportuno ­ prosegue la CRA - consultare gli atti della procedura di estradizione.

Riferendosi al caso dei due Albanesi, la CRA ha osservato che «la questione aperta che sussisteva nel procedimento in questione è stata chiarita dalla sentenza del Tribunale federale dell'8 luglio 2004, nel senso che i numerosi elementi di peso emersi confutano le accuse formulate dalle autorità albanesi e privilegiano l'ipotesi secondo cui tali accuse sono state montate integralmente dalle autorità. Sulla scorta delle magre ­per non dire inesistenti ­ prove dei reati commessi dai ricorrenti, la CRA reputava che fosse opportuno statuire sulla loro domanda, tanto più che, come è comunemente ammesso, per il riconoscimento della qualità di rifugiato non è richiesta nessuna prova, essendo sufficiente la verosimiglianza.». La CRA ha così contribuito a semplificare considerevolmente la procedura d'estradizione, restando inteso che quest'ultima sarebbe stata accordata unicamente fatta salva una decisione d'asilo negativa passata in giudicato. Secondo la CRA, essa non poteva prevedere 8326

che l'UFG avrebbe insistito nel suo progetto di estradizione nonostante la sentenza del Tribunale federale dell'8 luglio 2004 e le decisioni in materia d'asilo del 13 settembre 2004 e che avrebbe vincolato la decisione d'estradizione a una nuova riserva che, conformemente alla sentenza del Tribunale federale del 14 dicembre 2005, era inammissibile.

La CRA ha precisato inoltre che si trattava, nel caso in questione, di casi a cui dare la priorità. «Sia che si trattasse di criminali (da trattare in via prioritaria), sia che si trattasse di innocenti incarcerati in vista di estradizione. Se la CRA fosse giunta alla conclusione che i due ricorrenti non erano rifugiati nel senso giuridico, la decisione relativamente rapida della CRA non sarebbe stata contestata. Tuttavia, il risultato di una procedura non può di per sé permettere di determinare se sia il caso d'ora in poi di accordare priorità alla procedura d'asilo o piuttosto a quella d'estradizione.».

La sottocommissione ha consultato i documenti complementari consegnati dalle autorità albanesi nella misura in cui essi presentano un interesse. Tali documenti constavano di traduzioni ufficiali delle sentenze emanate dai tribunali albanesi, delle relative spiegazioni sul diritto processuale e penale albanese (segnatamente riguardo ai termini d'inchiesta del ministero pubblico), l'atto d'accusa, informazioni su esami complementari condotti dal ministero pubblico e, come richiesto, garanzie concernenti la conformità della procedura penale ai principi dello Stato di diritto. La traduzione completa e certificata conforme della sentenza di primo grado è particolarmente interessante. Infatti, sull'essenziale dei punti che la CRA aveva reputato fondamentali per la questione dell'asilo (manipolazione degli elementi di prova, contraffazione o utilizzazione abusiva delle firme, ecc.), la traduzione certificata ha confermato l'esattezza della traduzione non autorizzata che i ricorrenti avevano fornito alle autorità svizzere. Il rapporto steso dal ministero pubblico albanese che raccoglie i risultati delle sue indagini complementari non fanno emergere nessun indizio plausibile, tanto meno delle prove, che permettano di provare la colpevolezza dei due Albanesi (nuovo riferimento al ritrovamento di armi, che già nel primo processo era stato considerato una prova
inidonea, designazione di un teste deceduto nel 1999 e di cui non è escluso, secondo la decisione della CRA, che fosse stato ucciso da membri delle autorità incaricati dell'inchiesta nel corso del periodo di arresto di polizia, alcune impronte digitali e tracce di sangue che, per così dire, hanno potuto essere attribuite nel frattempo a un coimputato e non ai due Albanesi).

I documenti contenevano anche garanzie in merito al rispetto dei trattati internazionali e dei diritti dell'uomo nel quadro della procedura penale e all'esame di dette garanzie da parte dell'ambasciata svizzera. I documenti hanno permesso di chiarire taluni punti, per esempio il motivi per cui l'autorità di ricorso ha annullato la decisione (secondo i documenti, i motivi erano di ordine meramente procedurale).

Caso di una famiglia rom a Rüschlikon In occasione del suo discorso all'Albisgüetli, il capo del DFGP ha inoltre criticato la CRA citando l'esempio di una famiglia rom a Rüschlikon. Da un lato, secondo il ministro della giustizia, la famiglia in questione continua a vivere in Svizzera, nonostante abbia commesso ripetutamente delitti gravi e abbia provocato danni per svariati milioni di franchi, poiché il caso è pendente da molti anni presso la CRA mentre il suo ufficio, l'UDR (oggi UDM), aveva rapidamente respinto la domanda d'asilo in primo grado. Dall'altro, come risulta dalla versione orale del suo discorso, è stata criticata l'indipendenza della CRA sul piano organizzativo, in particolar

8327

modo la definizione delle priorità in occasione della trattazione dei casi che gli sono sottoposti (cfr. la critica che figura nella citazione nel n. 2.1).

Occorre qui precisare che il capo del DFGP aveva già apertamente criticato nei media il modo in cui la CRA gestiva il caso relativo a questa famiglia.

In occasione dell'audizione davanti alla CdG-S, ha spiegato le ragioni di questa critica. A suo avviso la CRA è decisamente troppo autonoma; se la commissione deve poter decidere in tutta indipendenza nei casi concreti, quest'indipendenza non dovrebbe però essere totale. Il capo del DFGP contesta il fatto che ai suoi interventi in merito alla necessità di ridurre i casi in sospeso o di definire priorità nei casi difficili come quello della famiglia rom la CRA risponda sistematicamente di non poter ricevere nessuna istruzione in materia. Inoltre, egli rivolge una critica generale nei confronti delle autorità a cui piace far valere la propria indipendenza anche quando le questioni che sono loro sottoposte non hanno alcun rapporto con l'indipendenza del processo decisionale.

In seguito a una richiesta di sorveglianza del capo della Direzione degli affari sociali e della sicurezza del Cantone di Zurigo, le sottocommissioni «Tribunali» delle Commissioni della gestione delle due Camere (CdG-N e CdG-S) si sono anche interessate alla durata della trattazione del caso di questa famiglia da parte della CRA nei primi mesi del 2006. Alla fine del 2005, questo caso aveva suscitato una vivace polemica, da un lato perché il comportamento criminale e asociale di alcuni membri della famiglia aveva dato molto da fare alle autorità, d'altro lato, poiché la decisione della CRA concernente la revoca dell'ammissione provvisoria era pendente da due anni.

Il 9 gennaio 2006 le sottocommissioni «Tribunali» hanno invitato la CRA a spiegarsi sulla durata della procedura. Nella sua presa di posizione del 17 gennaio 2006, la CRA ha rilevato che le decisioni prese nel frattempo avevano sollevato questioni complesse sia dal punto di vista giuridico che per l'accertamento dei fatti: rispetto ad altri procedimenti, tali questioni avevano reso necessario un numero elevato di chiarimenti. Dopo i gravi conflitti interetnici del marzo 2004, occorreva in particolare fare il punto sulla situazione nel Kosovo allo scopo di stabilire
se era possibile un ritorno nel loro Paese dei membri della minoranza dei rom di lingua albanese. Per quanto concerne il comportamento criminale e asociale di taluni membri della famiglia rom in Svizzera, occorreva inoltre chiarire importanti elementi della fattispecie, in particolare raccogliere presso le autorità penali perizie e atti determinanti per la ponderazione degli interessi in causa. Nella risposta indirizzata il 25 gennaio 2006 al capo della Direzione degli affari sociali e della sicurezza del Cantone di Zurigo, i presidenti delle sottocommissioni «Tribunali» hanno constatato che l'esame delle decisioni pronunciate e la risposta scritta della CRA mostrava la particolare complessità del caso. Se due anni sembravano tanti rispetto all'urgenza manifesta di risolvere il caso, questa durata non poteva essere considerata come dilatoria.

Nel presente caso occorre inoltre ricordare che le sottocommissioni «Tribunali» hanno interrogato il presidente della CRA il 22 febbraio 2006 in particolare sul caso di questa famiglia rom, su quello dei due Albanesi e sulle relazione tra la CRA e il capo del DFGP. Per quanto concerne le critiche, talvolta aspre, rivolte alla CRA dall'opinione pubblica nel quadro dell'affare della famiglia rom, il presidente della CRA ha spiegato che tale reazione era spiegabile, poiché l'opinione pubblica non era in possesso di tutti gli elementi dell'affare e non era dunque in grado di comprenderne gli sviluppi. Il presidente della CRA ha ricordato come quest'ultima, nel caso 8328

concernente la famiglia rom, sia stata coperta da grossolani insulti prima del Natale 2005 e alcuni suoi collaboratori siano stati minacciati, ciò che aveva dato avvio a un'inchiesta di polizia. Il presidente della CRA era tuttavia conscio del malcontento suscitato dalla durata del procedimento, e aveva aggiunto che la CRA aveva sempre sentito su di sé una certa pressione, che però era nettamente aumentata fino a raggiungere un livello inquietante. «Lo dico apertamente e con tutta onestà: alcuni miei colleghi sono profondamente turbati.». I collaboratori della CRA svolgono un lavoro difficile e spesso molto pesante ed è dunque comprensibile che facciano fatica a sopportare le aspre critiche di cui sono oggetto.

Per quanto concerne le relazioni tra la CRA e il capo del DFGP, il presidente della CRA ha affermato che le due parti si sono incontrate in svariate occasioni l'anno passato. Dagli scambi di idee erano emerse importanti divergenze. Mentre la CRA aveva l'impressione di svolgere il suo compito e di vegliare a un impiego ottimale delle sue risorse, anche in termini quantitativi, il consigliere federale Christoph Blocher era di altro parere. Il presidente della CRA ha inoltre ricordato le divergenze che esistevano in merito al trattamento di taluni gruppi: «nel caso della famiglia Y e dei due Albanesi, le critiche che il DFGP ha rivolto alla CRA erano chiare e, a mio avviso, eccessive. Tengo tuttavia a precisare che si tratta dei soli casi in cui il consigliere federale Christoph Blocher ha esercitato un'influenza diretta.».

5.2.2

Valutazione

Critiche nei confronti delle sentenze del Tribunale federale La CdG-S parte dal principio che il capo del DFGP non intendeva criticare né il Tribunale federale né le sue sentenze. Egli non ha del resto mai accennato al Tribunale federale nel suo discorso orale. Nella versione scritta del discorso pubblicata su Internet, invece, tenuto conto delle critiche che erano formulate nei confronti della CRA, il contesto poteva lasciar capire che il Tribunale federale veniva criticato per aver liberato dei criminali, per aver rimborsato le loro spese e averli indennizzati per la carcerazione. Il capo del DFGP precisava tuttavia più oltre, che il Tribunale federale era stato forzato a prendere questa decisione poiché la CRA aveva accordato l'asilo ai due Albanesi. In questo senso, egli ha dunque escluso il Tribunale federale dalla sua critica.

Critiche nei confronti della CRA e delle sue decisioni Il capo del DFGP ha invece lanciato pesanti critiche alla CRA, che vertevano sia sul caso concreto dei due Albanesi, sia sulla Commissione stessa in quanto autorità.

Caso dei due Albanesi Nel suo discorso all'Albisgüetli, il capo del DFGP ha anzitutto presentato il caso dei due Albanesi lasciando intendere che la CRA aveva accordato l'asilo a dei grandi criminali. Tuttavia, i considerandi delle decisioni e i retroscena dell'affare mostrano che questa interpretazione era sbagliata: la CRA ha accordato l'asilo ai due Albanesi perché aveva acquisito la convinzione che gli interessati fossero accusati di crimini gravi per motivi politici e che essi avessero fatto valere a giusto titolo di aver ogni ragione per temere nuove persecuzioni se fossero rientrati nel loro Paese. La critica del capo del DFGP può essere compresa in due modi: da un lato, che la CRA era erroneamente giunta alla conclusione che i due interessati fossero innocenti e perse8329

guitati, e, d'altro lato, che la CRA ha scientemente accordato l'asilo a dei criminali.

Già questa ambiguità mostra chiaramente che la critica era approssimativa e mancava di chiarezza. Per l'ascoltatore o il lettore, la critica era senz'altro rivolta all'azione della CRA in quanto autorità e non soltanto a eventuali lacune del diritto d'asilo («Un caso chiaro? Sì. Ma non per la Commissione di ricorso in materia d'asilo»).

Il capo del DFGP ha argomentato in un secondo tempo di aver criticato soprattutto il fatto che la CRA aveva preso una decisione affrettata senza attendere che l'Albania fornisse i documenti complementari nella procedura di estradizione, decisione che aveva impedito al Tribunale federale di autorizzare l'estradizione dei due Albanesi.

Come risulta dagli atti, la questione è stata oggetto di discussioni interne in seno al Dipartimento dopo le decisioni del 13 settembre 2004.

Quest'ultima critica ha in seguito rivestito un ruolo centrale nei dibattiti. La CdG-S si è dunque chinata da vicino sui chiarimenti e sui retroscena. La Commissione tiene a sottolineare che essa, nel rispetto del principio della separazione dei poteri, non formula nessun giudizio di merito sulle decisioni della CRA. Dato che la determinazione del momento in cui un'autorità giudiziaria deve prendere una decisione rientra nell'attività giurisdizionale, la CdG-S non si pronuncia sull'opportunità del momento scelto nel caso concreto. Le indagini condotte dalla Commissione permettono nondimeno di ricostruire lo svolgimento degli avvenimenti che hanno portato alla decisione.

Legalmente, la CRA non era tenuta ad attendere i documenti per prendere la sua decisione. È sorprendente che l'UFG e il capo del DFGP abbiano in seguito rimproverato alla CRA di non averlo fatto, dato che proprio l'UFG non aveva trasmesso immediatamente questi documenti dopo averli ricevuti il 25 agosto 2004. La CRA non soltanto ha atteso la scadenza del termine che era stato fissato per la consegna dei documenti, ma addirittura ha preso la sua decisione soltanto il 13 settembre 2004 (cfr. n. 3.2). Sarebbe stato giudizioso in questo caso che la CRA domandasse all'UFG se c'era da aspettarsi l'arrivo dei documenti, dato che la CRA stessa osserva che avrebbe potuto essere opportuno consultare gli atti della procedura d'estradizione per sincerarsi
della buona reputazione del richiedente l'asilo prima di prendere una decisione. In ultima analisi, in osservanza del principio della separazione dei poteri, non è compito né del capo del DFGP né della CdG-S nella sua qualità di autorità incaricata dell'alta vigilanza di determinare se la CRA ha avuto ragione o no di giungere alla conclusione di poter decidere il caso anche senza tali documenti, poiché questa decisione rientra nella competenza delle sole autorità giurisdizionali.

La CRA ha inoltre pertinentemente spiegato perché pensava che tali documenti non avrebbero portato a modificare la sua decisione. Una breve analisi del loro contenuto mostra del resto che le supposizioni della CRA erano fondate (cfr. n. 5.2.1). Sulla base delle prese di posizione dei Tribunali, si può partire dal principio che le due procedure avrebbero probabilmente avuto la stessa sorte se la CRA avesse aspettato i documenti complementari: la CRA ha in effetti lasciato intendere che avrebbe in ogni modo accordato l'asilo agli interessati. Inoltre, se avesse reso la sua sentenza prima che la CRA emanasse la sua decisione, il Tribunale federale avrebbe autorizzato l'estradizione nel caso in questione soltanto a condizione che la richiesta d'asilo fosse stata respinta e la decisione fosse passata in giudicato. In questo caso, la CRA avrebbe accordato l'asilo a posteriori, ciò che avrebbe impedito definitivamente l'estradizione (cfr. n. 5.2.1). Visto quanto precede, non si può dedurre dalle prese di 8330

posizione dei Tribunali che la CRA avrebbe eluso una decisione del Tribunale federale, come invece è stato affermato dal capo del DFGP davanti al Consiglio Nazionale.

Il conflitto provocato da questo affare tra le diverse autorità del DFGP e la CRA in merito al coordinamento delle loro decisioni quando sono pendenti in parallelo procedimenti d'asilo e d'estradizione era conosciuto ed era già stato ampiamente dibattuto nel gennaio 2005. La CRA aveva di conseguenza adottato internamente, nel marzo 2005, direttive sul coordinamento delle procedure. È pertanto difficile comprendere perché il ministro della giustizia abbia ritenuto necessario criticare la CRA dieci mesi dopo all'Albisgüetli a causa di tale conflitto, e a maggior ragione nel quadro della tematica degli abusi in materia d'asilo. Si può invece supporre che il capo del DFGP abbia in un secondo tempo portato tale conflitto a conoscenza del pubblico proprio per giustificarsi, dopo le critiche suscitate dal suo discorso all'Albisgüetli.

Rimane da sapere perché questo tema abbia fatto tanto discutere all'interno dell'Amministrazione. In effetti, tenuto conto della giurisprudenza, vi era da attendersi che il Tribunale federale non avrebbe autorizzato l'estradizione di persone a cui era stato accordato l'asilo. Malgrado la decisione della CRA, l'UFG ha tuttavia ordinato una seconda volta l'estradizione dei due Albanesi. Il fatto che il capo del DFGP abbia affermato che era assolutamente necessario far qualcosa in questo affare ha verosimilmente avuto un peso in questa decisione. Le istruzioni del capo del DFGP hanno avuto un influenza diretta sulle decisioni delle autorità amministrative del suo dipartimento? La CdG-S non ha indagato più a fondo su tale questione.

Un paragone tra la procedura d'asilo e la procedura d'estradizione nel caso in questione mostra, secondo la CdG-S, che il coordinamento non è ancora ottimale. Infatti, benché i criteri che vigono in materia di concessione dell'asilo e di rifiuto dell'estradizione corrispondano in ampia misura e che gli elementi di prova che la persona interessata deve presentare per motivare la sua qualità di rifugiato o per impedire la sua estradizione siano anch'essi molto simili, come rilevato dal Tribunale federale, sussistono differenze relativamente importanti nel modo in cui l'UFG, da un lato,
e il Tribunale federale e la CRA, d'altro lato, applicano il diritto. La CdG-S si è già occupata dell'assistenza giudiziaria internazionale, settore in cui rientra il diritto dell'estradizione. Essa si riserva il diritto di approfondire questa questione nel quadro di un'altra inchiesta.

Caso di una famiglia rom Le critiche formulate nei confronti della CRA dal capo del DFGP citando l'esempio di una famiglia rom abitante a Rüschlikon vertevano da un lato sulla lunghezza del procedimento e d'altro lato sull'esagerata indipendenza organizzativa della CRA.

La CRA è un'autorità giudiziaria che prende le sue decisioni in modo indipendente.

I giudici che la compongono sono nominati dal Consiglio federale. Dal profilo amministrativo, la CRA è posta sotto la vigilanza del Consiglio federale e sotto l'alta vigilanza dell'Assemblea federale; dal profilo organizzativo, essa dipende dal DFGP. Il capo del DFGP partecipa alle decisioni concernenti i mezzi accordati alla CRA ed esercita la sorveglianza amministrativa.

8331

La CRA deve accettare che l'autorità di sorveglianza chieda rendiconto e informazioni sulla sua gestione, sui suoi oneri di lavoro e sugli affari pendenti. Essa non è al riparo da considerazioni su una concezione moderna ed efficace della gestione dei tribunali ­ ed è assolutamente legittimo che il capo del DFGP se ne preoccupi ­, ma gli interventi dell'autorità preposta alla sorveglianza non devono ingerire nell'indipendenza giudiziaria. Dove finisce la sorveglianza e dove comincia l'ingerenza? Il capo del DFGP e la CRA sembrano avere opinioni nettamente diverse sulla questione. Va aggiunto che il collocamento della CRA in seno al DFGP è contestato da tempo, in particolare perchè il DFGP è parte nei procedimenti giudiziari sui quali la CRA deve pronunciarsi e che determinati interessi politici potrebbero svolgere un ruolo, come mostra chiaramente il caso degli Albanesi. A tale riguardo, comincia a delinearsi una soluzione: a partire dall'anno prossimo, la CRA sarà integrata nel nuovo Tribunale amministrativo federale, che sarà sottoposto alla vigilanza del Tribunale federale.

Dato che la CRA è posta sotto la direzione amministrativa del DFGP, è competenza del suo capo sostenerla e vegliare affinché possa esercitare al meglio le sue prerogative, tanto più che, come noto, il suo lavoro è difficile e talvolta pesante e svolto in un settore politico delicato. Ci si può dunque domandare se fosse appropriato che nel suo discorso all'Albisgüetli il capo del DFGP criticasse una volta ancora la durata del procedimento d'asilo nel caso della famiglia rom (due anni), senza menzionare le ragioni che spiegavano la lunghezza del procedimento, visto che il tema era già stato trattato dai media.

5.3

In merito alla separazione dei poteri e della preservazione dell'indipendenza della giustizia

5.3.1

Accertamenti

Il principio della separazione dei poteri implica l'indipendenza del potere giudiziario, necessaria per preservare i giudici da qualsivoglia tentativo da parte della politica di influire direttamente o indirettamente sulle decisioni che essi prendono17.

Secondo la dottrina, una persona detentrice dell'autorità pubblica non può permettersi di criticare una decisione giudiziaria. In particolare, una simile critica, se è fatta senza mettere in evidenza anche i motivi che fondano la decisione, è considerata problematica dal profilo dell'indipendenza dei giudici. Ciò è ancor più vero quando l'autorità da cui emana la critica ha la competenze di revocare un giudice o di decidere dei mezzi che saranno accordati all'istituzione giudiziaria interessata18.

Nella presa di posizione indirizzata alla CdG-S, il presidente del Tribunale federale ha risposto in merito al pregiudizio che le dichiarazioni del capo del DFGP avrebbero a suo avviso arrecato all'indipendenza della giustizia: «Sì, esse pregiudicano l'indipendenza della giustizia.». Egli si è inoltre riferito ai considerandi della decisione della CRA e alla sentenza pronunciata dal Tribunale federale (cfr. n. 3.2), precisando in merito alla sua presa di posizione nei media che «sulla base dei considerandi delle decisioni, non si può affermare che la CRA abbia riconosciuto la qualità di rifugiato a persone accusate di reati gravi o a criminali e che il Tribunale federale abbia messo in libertà e rifiutato di estradare persone accusate di reati gravi 17 18

Regina KIENER, Richterliche Unabhängigkeit, 2001, Berna, pag. 228.

Ibidem, pag. 240, con altri riferimenti.

8332

o di criminali. Se il ministro della giustizia non rettificherà pubblicamente le informazioni erronee e incomplete fornite sulle decisioni giudiziarie ­ informazioni erronee e incomplete perché non riportano i motivi alla base delle decisioni della CRA e del Tribunale federale ­ la fiducia nella giustizia e la sua indipendenza ne saranno pregiudicate».

Per quanto concerne gli altri fatti legati alla questione della separazione dei poteri e della preservazione dell'indipendenza della giustizia, si rinvia ai capitoli precedenti.

5.3.2

Valutazione

La CdG-S ritiene che una critica formulata nei confronti di una decisione giudiziaria da una persona investita dell'autorità pubblica non costituisce necessariamente un pregiudizio all'indipendenza dei giudici. Deve in particolare rimanere possibile esprimere una valutazione, anche negativa, sugli orientamenti che caratterizzano la giurisprudenza, non fosse altro che per mettere in luce la necessità di una modifica legislativa o i problemi legati all'applicazione della legge. Detto ciò, tenuto conto della particolare posizione che egli occupa, il ministro della giustizia deve usare la massima prudenza quando intende criticare una decisione giudiziaria, ed è tenuto a formulare questa critica in modo obiettivo e ponderato tenendo conto dei motivi che fondano le decisioni criticate. Nel caso che ci occupa, il capo del DFGP ha mancato a quest'obbligo: nelle sue affermazioni egli non ha mai precisato che la CRA riteneva che i due Albanesi fossero innocenti, né ha menzionato i fatti sui quali la CRA si basava per pensarlo e ha sistematicamente lasciato capire che, a suo avviso, li considerava colpevoli. Un simile atteggiamento è assimilabile a una critica di fondo delle decisioni giudiziarie in questione, se non addirittura all'inosservanza delle decisioni stesse.

5.4

In merito ai principi della politica di informazione del Consiglio federale

5.4.1

Accertamenti

A tenore della Costituzione federale e della legge sull'organizzazione del Governo e dell'Amministrazione (LOGA)19, al Consiglio federale è affidato un ampio mandato d'informazione. Esso informa tempestivamente e compiutamente l'opinione pubblica sulla sua attività sempre che non vi si oppongano interessi pubblici o privati preponderanti (art. 180 cpv. 2 Cost.). Il Consiglio federale informa in modo coerente, tempestivo e continuo sulla propria valutazione della situazione, sulla pianificazione, sulle sue decisioni e sui suoi provvedimenti (art. 10 LOGA). I dipartimenti sono di principio indipendenti in materia d'informazione sulle loro attività; la responsabilità è del capo del dipartimento (art. 40 LOGA). Il 12 febbraio 2003 il Consiglio federale ha preso conoscenza della nuove linee direttrici «Informazione e

19

Legge federale del 21.3.1997 sull'organizzazione del Governo e dell'Amministrazione (LOGA; RS 172.010).

8333

comunicazione di Consiglio federale e amministrazione federale20» elaborate dalla Conferenza dei servizi d'informazione della Confederazione in complemento alla legge sulla trasparenza (LTras)21. Secondo questo documento, che descrive i principi che reggono la politica d'informazione e di comunicazione del Consiglio federale e dell'Amministrazione federale, l'informazione deve essere attiva, puntuale, veritiera ed oggettiva, esaustiva, unitaria, coordinata, continua, trasparente, in un'ottica di dialogo e adatta ai gruppi di destinatari e ai media. Le linee direttrici impongono in particolare al Consiglio federale e all'Amministrazione federale di informare in modo continuo ed esaustivo, senza tacere punti essenziali o passare sotto silenzio aspetti negativi. Le informazioni comunicate dal Consiglio federale e dall'Amministrazione federale devono essere inoltre veritiere e per quanto possibile oggettive, in funzione delle conoscenze di cui dispongono. La propaganda, la suggestione, la manipolazione, l'omissione, la menzogna e la disinformazione sono vietate. Per quanto concerne il principio secondo cui l'informazione deve essere esaustiva, le linee direttrici precisano che è possibile, per una migliore comprensione, ridurre la complessità di un'informazione, vegliando tuttavia a non presentare la questione in modo unilaterale.

In materia si applicano regole più rigorose allorquando si prevede che sull'oggetto si terrà una votazione, da un lato poiché la campagna che precede la votazione è ritenuta cominciare a partire da questo momento, dall'altro perché l'intervento dello Stato nella formazione dell'opinione pubblica è un tema sensibile22. Conformemente a un rapporto interno all'Amministrazione e di cui il Consiglio federale ha preso conoscenza, relativo all'informazione nelle campagne che precedono le votazioni federali, il Consiglio federale e l'Amministrazione federale devono osservare i principi di «continuità», «trasparenza», «oggettività» e «proporzionalità» allo scopo di garantire una formazione della volontà politica adeguata ed equa23.

5.4.2

Valutazione

Alla luce delle considerazioni che precedono in merito alla presunzione di innocenza, delle critiche formulate nei confronti delle sentenze del Tribunale federale e della preservazione dell'indipendenza della giustizia, si constata che le esternazioni del capo del DFGP in occasione del suo discorso dell'Albisgüetli a proposito dei due Albanesi non possono essere qualificate di informazioni oggettive, veritiere e complete secondo i principi applicabili al Consiglio federale e all'Amministrazione federale. Il discorso dell'Albisgüetli verteva in particolare sulla revisione delle leggi sull'asilo e sugli stranieri. Se il capo del DFGP ha citato l'esempio dei due Albanesi nel quadro degli abusi in materia d'asilo, ha anche affermato che tale esempio pro20

21 22

23

Informazione e comunicazione di Consiglio federale e amministrazione federale. Linee direttrici della Conferenza dei servizi d'informazione della Confederazione, del gennaio 2003 (http://www.admin.ch/ch/i/cf/leit.pdf).

Legge federale del 17.12.2004 sul principio di trasparenza dell'amministrazione (Legge sulla trasparenza, LTras; FF 2004 6435).

Cfr. Daniel ECKMANN, Information avant les votations: principes, procédures et normes régissant l'information au DMF 1992­1995 et au DFF dès 1997, Berna, gennaio 2000.

«L'impegno del Consiglio federale e dell'Amministrazione federale alla vigilia delle votazioni federali». Rapporto del gruppo di lavoro (http://www.admin.ch/ch/i/pore/pdf/Eng_BR_i.pdf).

8334

vava che, anche in caso di accettazione dei progetti di revisione, il diritto d'asilo avrebbe continuato a porre problemi non risolti24 (cfr. n. 2.1).

6

Conclusioni

6.1

In merito alla presunzione d'innocenza

La CdG-S giunge alla conclusione che il capo del DFGP non ha tenuto conto della presunzione di innocenza facendo le sue dichiarazioni pubbliche sui due rifugiati Albanesi. Inoltre, egli ha disconosciuto lo statuto di rifugiato che era stato accordato dalla Svizzera a due persone che aveva accolto. La CdG-S parte dal principio che il capo del DFGP ha agito per ragioni politiche, allo scopo di illustrare ciò che ritiene essere un problema grave. Tuttavia, lo ha fatto appoggiandosi su un esempio che ha dipinto in modo scorretto, recando pregiudizio ai diritti degli interessati. Questo affare dimostra che i membri del Consiglio federale hanno avuto ragione finora di commentare per quanto possibile in maniera limitata procedimenti giudiziari in corso quando essi si riferiscono ai diritti degli individui e che sarebbe bene che continuassero a osservare questa prudenza.

La CdG-S considera inoltre inaccettabile che il capo del DFGP abbia mentito al Consiglio degli Stati in merito al caso degli Albanesi, affermando che non li aveva mai qualificati di criminali, ma soltanto di accusati, ciò che non era la stessa cosa. In questo modo, ha mancato di rispetto al Parlamento. Inoltre, non avrebbe dovuto ribadire in modo circostanziato davanti al Consiglio nazionale e al Consiglio degli Stati alcune affermazioni in merito ai due Albanesi, per le quali era stato criticato dopo il suo discorso dell'Albisgüetli, proprio quando la CdG-S aveva già cominciato a indagare.

6.2

In merito alle critiche rivolte alla CRA e alle sue decisioni

La CdG-S giunge alla conclusione che le critiche rivolte pubblicamente alla CRA per le decisioni prese in merito al caso dei due Albanesi ­ critiche ribadite inoltre nei media dopo il discorso dell'Albisgüetli ­ erano parziali. Lasciare intendere che la CRA aveva accordato l'asilo a grandi criminali e aveva impedito al Tribunale federale di consegnarli all'Albania era di natura tale da gettare il discredito sulla CRA e di rimettere in questione la fiducia nelle sue decisioni. La CdG-S si aspetta dal ministro della giustizia che osservi la massima prudenza nelle critiche che potrebbe essere tentato di esprimersi nei confronti di singole decisioni giudiziarie e che si astenga da qualsiasi presentazione dei fatti che possa apparire parziale.

La CdG-S reputa che nell'uno e nell'altro caso oggetto di controversia, la politica di informazione restrittiva della CRA l'abbia svantaggiata. La CRA pubblica solo raramente le sue decisioni; essa non aveva reso pubbliche le decisioni prese in materia d'asilo nel caso dei due Albanesi e solo in parte quelle relative al caso dei 24

Nella versione orale del suo discorso, il capo del DFGP ha menzionato l'esempio in questione, spigando che occorreva ora procedere a queste revisioni legislative anche se la cosa poteva essere spiacevole. Poi ha proseguito dicendo: «Alcune questioni rimangono aperte. Prendiamo il caso degli Albanesi citato dai giornali ...»

8335

rom. E nemmeno ha reagito pubblicamente quando quest'ultimo affare è stato ripreso dai media nel dicembre dell'anno scorso. Ebbene, nella società dell'informazione nella quale viviamo, l'opinione pubblica sente il bisogno di saperne di più sull'azione dell'istituzione giudiziaria. Il Tribunale amministrativo federale sarà tra poco costituito e la CdG-S reputa degno di interesse che la direzione provvisoria del Tribunale elabori un concetto di comunicazione che permetta di tenere meglio conto dei bisogni di informazione del pubblico.

6.3

In merito alla separazione dei poteri e all'indipendenza della giustizia

La CdG-S giunge alla conclusione che le critiche espresse dal capo del DFGP nei confronti delle decisioni che accordano l'asilo ai due Albanesi erano problematiche se considerate sotto l'angolazione dell'indipendenza della giustizia. Nella sua qualità di ministro della giustizia, egli è tenuto in modo particolare a difendere i principi fondanti dello Stato di diritto e a vegliare all'indipendenza del potere giudiziario.

Dal ministro della giustizia ci si deve attendere che si adoperi per rafforzare la fiducia dell'opinione pubblica nell'istituzione giudiziaria e nella sua giurisprudenza, invece di rimetterla in questione con critiche fuori luogo. Nel quadro delle sue prerogative di alta vigilanza, la CdG-S continuerà a vegliare in modo particolare affinché il principio della separazione dei poteri e l'indipendenza dei giudici siano rispettati.

6.4

In merito ai principi della politica di informazione del Consiglio federale

La CdG-S giunge alla conclusione che nella presentazione fatta all'Albisgüetli del caso dei due Albanesi, il capo del DFGP si è insufficientemente conformato ai principi che regolano la politica d'informazione del Consiglio federale. Non vi è certo niente da ridire sul fatto che un consigliere federale esponga un problema schematizzandolo in modo da essere capito da chiunque, a condizione tuttavia che le sue affermazioni rimangano nell'insieme equilibrate e che riflettano la realtà dei fatti. Tale non è stato il caso. Per contro, non si può rimproverare al capo del DFGP di aver utilizzato l'esempio dei due Albanesi per tentare di influenzare l'esito di una votazione, poiché egli stesso ha affermato esplicitamente che anche se il popolo avesse accettato i progetti che stavano per essergli sottoposti, i problemi che egli intendeva illustrare con il caso dei due Albanesi sarebbero rimasti irrisolti.

8336

7

Seguito dei lavori

La CdG-S invita il Consiglio federale a pronunciarsi sul presente rapporto entro la fine del mese di ottobre 2006.

10 luglio 2006

Per la Commissione della gestione del Consiglio degli Stati Il presidente: Hansruedi Stadler, deputato al Consiglio degli Stati Il segretario delle Commissioni della gestione: Philippe Schwab Il presidente della sottocommisione DFGP/ChF: Hans Hess, deputato al Consiglio degli Stati La segretaria della sottocommissione: Irene Moser

8337

Allegato

Caso dei due Albanesi Cronologia degli avvenimenti 1. Avvenimenti in Albania giugno 1992­ luglio 1996 maggio 1996 13.10.1996 14.10.1996 ottobre 1996­ marzo 1997 marzo 1997

Periodo in cui sono stati commessi i gravi crimini imputati ai due Albanesi.

Il Partito democratico di Sali Berisha, presidente in carica, vince nuovamente le elezioni.

Apertura del procedimento penale contro undici presunti membri del gruppo terrorista «Hakmarrja për Drejtësi».

Emissione di un ordine d'arresto contro i sospettati.

Carcerazione preventiva di uno dei due Albanesi.

Accusato di gravi frodi elettorali, Sali Berisha è costretto a dimettersi. Situazione di anarchia in Albania.

giugno 1997 Il Partito socialista vince le nuove elezioni.

1998­2003 Processo penale di primo grado a Tirana.

12.02.2003 Prima sentenza del Tribunale di primo grado di Tirana: annullamento della causa e soppressione delle misure di sicurezza.

30.04.2003 Sentenza della corte d'appello di Tirana. Annullamento della sentenza di primo grado per motivi procedurali.

04.09.2003 Seconda sentenza del Tribunale di primo grado di Tirana: rinvio dell'incarto al Ministero pubblico ai fini di indagini supplementari; proroga dell'ordine d'arresto del 14 ottobre 1996.

luglio 2005 Il Partito democratico vince le elezioni parlamentari.

settembre 2005 Sali Berisha ritorna al potere.

2. Procedure in Svizzera sino al discorso all'Albisgüetli Procedura d'asilo

5.2.2004

Deposito delle domande di asilo.

6.2.2004

Arresto; carcerazione in vista d'estradizione.

L'Albania chiede l'estradizione alla Svizzera.

16.2.2004 12.3.2004 23.3.2004

Procedura d'estradizione

L'UFR respinge la domanda di asilo.

Ricorso alla CRA.

23.4.2004

L'UFG ordina l'estradizione.

25.5.2004

Ricorso di diritto amministrativo al Tribunale federale contro la decisione dell'UFG.

8338

Capo del DFGP

Procedura d'asilo

08.7.2004

15.7.2004

La CRA riceve una copia della nota diplomatica dell'UFG.

29.7.2004 12.8.2004

La CRA riceve una copia della nota diplomatica dell'UFG.

25.8.2004 13.9.2004 15.9.2004

Procedura d'estradizione

Prima sentenza del Tribunale federale: il ricorso è accolto; rinvio all'UFG per una nuova decisione.

L'UFG chiede documenti complementari all'Albania.

Termine: 29 luglio 2004.

L'UFG riceve i documenti richiesti.

L'UFG chiede altri documenti all'Albania.

L'UFG riceve i documenti richiesti.

La CRA decide di accordare l'asilo.

Fine della carcerazione in vista d'estradizione.

29.9.2004

L'UFR informa sulle decisioni in materia di asilo e le possibili conseguenze.

Rapporto dell'UFR sulle possibilità di azione conformemente alle direttive del capo del DFGP.

Il presidente della CRA informa sulle decisioni prese in materia di asilo.

Il presidente della CRA informa sul coordinamento delle procedure conformemente alle direttive del capo del DFGP.

Il presidente della CRA informa sull'adozione di direttive per il coordinamento delle procedure tra gli uffici.

8.10.2004

18.10.2004 3.12.2004

4.3.2005

12.9.2005

13.9.2005 21.9.2005

Capo del DFGP

L'UFG ordina nuovamente l'estradizione verso l'Albania con riserva della revoca dell'asilo.

Ricorso di diritto amministrativo al Tribunale federale.

L'UFG informa sulla sua nuova decisione d'estradizione.

Visita in Albania del capo del DFGP.

8339

Procedura d'asilo

Procedura d'estradizione

22.9.2005

14.12.2005

5.1.2006

12.1.2006

17.1.2006

Capo del DFGP

Il capo del DFGP impartisce il seguente ordine: «Occorre assolutamente far passare questa decisione. Se necessario, l'UFM deve revocare la qualità di rifugiato!».

Seconda sentenza del Tribunale federale: il ricorso è accolto e la decisione d'estradizione dell'UFG è annullata.

L'UFG informa sulla sentenza del Tribunale federale del 14.12.05.

Il DFGP incarica l'UFG e l'UFM di analizzare la situazione e di individuare le possibilità di azione.

L'UFG informa sul rapporto tra le procedure d'estradizione e d'asilo e sul miglioramento del coordinamento con la CRA.

L'UFM fornisce le informazioni richieste e ricorda il principio della presunzione d'innocenza.

Le SG-DFGP consulta l'UFM sulla versione iniziale del discorso.

L'UFM raccomanda categoricamente di sopprimere o di modificare alcuni passaggi.

3. Avvenimenti intervenuti prima e dopo il discorso dell'Albisgüetli 5.1.2006

Diversi giornali riferiscono sulla sentenza del 14 dicembre 2005 del Tribunale federale basandosi su un dispaccio d'agenzia.

13.1.2006 Pubblicazione dell'articolo di Ulrich Schlüer nella Schweizerzeit.

20.1.2006 Il capo del DFGP pronuncia il suo discorso all'Albisgüetli, a Zurigo.

23.1.2006 La NZZ si riferisce per la prima volta al caso dei due rifugiati albanesi menzionati nel discorso all'Albisgüetli. Citando le decisione della CRA, la NZZ si chiede se il consigliere federale Christoph Blocher riponga maggior fiducia nelle autorità albanesi che in un organo giudiziario svizzero che, per di più, dipende dal suo Dipartimento.

24­27.1.2006 Altri giornali affrontano il tema.

29.1.2006 Secondo la NZZ am Sonntag, il presidente del Tribunale federale ritiene che le dichiarazioni del capo del DFGP siano inaccettabili.

8340

30.1.2006 2.2.2006 22.2.2006 13.3.2006 22.3.2006 Giorni seguenti 29.3.2006 23.5.2006 21.6.2006

L'avvocato dei due Albanesi deposita una domanda di vigilanza presso le Commissioni della gestione.

Un membro della CAG-S propone alla sua commissione di esaminare il caso, poi trasmesso alla CdG-S.

La sottocommissione DFGP/CaF procede all'audizione del capo del DFGP in merito al discorso.

Parere del capo del DFGP sul caso dei due Albanesi durante l'ora delle domande in Consiglio nazionale.

Il capo del DFGP si esprime sul caso dei due Albanesi davanti al Consiglio degli Stati.

Diversi parlamentari e la stampa denunciano il fatto che il capo del DFGP non abbia detto la verità al Consiglio degli Stati. Il presidente del Consiglio degli Stati esige pubbliche scuse.

In una conferenza stampa, il capo del DFGP comunica il suo rincrescimento per aver utilizzato il termine «criminali» invece che «presunti criminali» e si esprime nuovamente sul caso.

L'avvocato dei due Albanesi presenta un'azione penale per offesa all'onore e un'azione civile per lesione della personalità.

L'autorità incaricata dell'istruzione decide di non entrare nel merito dell'azione. Il ricorrente preannuncia che ricorrerà contro questa decisione.

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