03.008 Messaggio concernente la modifica della procedura penale militare (Protezione dei testimoni) del 22 gennaio 2003

Onorevoli presidenti e consiglieri, Con il presente messaggio vi sottoponiamo, per approvazione, un disegno di modifica della Procedura penale militare concernente la protezione dei testimoni.

Gradite, onorevoli presidenti e consiglieri, l'espressione della nostra alta considerazione.

22 gennaio 2003

In nome del Consiglio federale svizzero: Il presidente della Confederazione, Pascal Couchepin La cancelliera della Confederazione, Annemarie Huber-Hotz

2001-1386

671

Compendio La presente revisione della Procedura penale militare trae la sua origine dalle esperienze raccolte in Svizzera nell'ambito di istruzioni nei confronti di presunti criminali di guerra. Tali esperienze hanno portato a concludere che i testimoni devono godere di una migliore protezione. Per timore di atti di rappresaglia o di tentativi di pressione mediante minacce o atti contro la vita e l'integrità della propria persona o di quella dei propri congiunti, i testimoni spesso non sono disposti a testimoniare dinanzi a un tribunale nell'ambito di procedimenti concernenti il crimine organizzato o nel quadro di processi relativi a crimini di guerra. Tuttavia, proprio nell'ambito di simili procedimenti le autorità penali devono poter ricorrere alle deposizioni di testimoni in mancanza di altri elementi di prova.

Mediante il presente progetto di revisione saranno pertanto introdotte nella Procedura penale militare pertinenti disposizioni procedurali particolari. Quest'ultime consentiranno di proteggere i testimoni segnatamente mediante la tutela del segreto circa la loro identità nei confronti del pubblico ed eventualmente anche nei confronti della difesa. A ciò si aggiunge la possibilità di proteggere i testimoni minacciati mediante una protezione delle persone affidata alle forze di polizia, da attacchi diretti durante e dopo il procedimento. Per contro, si rinuncia a veri e propri programmi di protezione dei testimoni.

Le misure procedurali di protezione dei testimoni possono pregiudicare, in misura proporzionale alla loro entità, i diritti di parte e i diritti della difesa di un imputato.

Affinché la protezione dei testimoni non conduca a un inammissibile ridimensionamento dei diritti elementari di difesa e affinché il procedimento penale risulti ancora equo nel suo complesso, è previsto che le misure di protezione dei testimoni siano ordinate e verificate individualmente per ogni singolo caso concreto.

Nell'ambito di una procedura d'approvazione, improntata al modello di procedura definito nel quadro della LSCPT per la sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni, deve essere verificato che sussista per le misure di protezione un interesse pubblico predominante, che le misure di protezione ordinate siano proporzionate e che nella misura del possibile
siano adottate pertinenti misure per compensare i diritti della difesa compromessi. In mancanza di un sistema di misure in grado di garantire nel contempo la protezione dei testimoni e la relativa compensazione a favore dei diritti della difesa, si dovrà rinunciare alla deposizione dei corrispondenti testimoni.

Il presente progetto è destinato a fungere da apripista per le regole di protezione dei testimoni previste nell'avamprogetto di Codice di procedura penale svizzero (AP-revCPPS). Esso è stato pertanto coordinato con quest'ultimo, tanto sotto il profilo formale quanto sotto il profilo materiale.

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Messaggio 1

Parte generale

1.1

Introduzione e situazione generale

1.1.1

Rischio incorso dai testimoni e importanza della prova testimoniale

Tra la metà del 1996 e la metà del 1997 sono state assassinate due persone comparse in qualità di testimoni nel procedimento avviato dal Tribunale penale internazionale per il Ruanda contro i presunti criminali di guerra Jean-Paul Akayesu e Obed Ruzindana1.

Questo esempio dimostra chiaramente che le persone che testimoniano nell'ambito di processi intentati contro criminali di guerra si espongono a pericoli reali e documentabili.

I procedimenti penali per crimini di guerra riposano quasi esclusivamente sulle dichiarazioni dei testimoni. In effetti, a causa dei disordini legati alla guerra, i mezzi d'istruzione abituali quali il rilievo delle tracce, le perquisizioni o i rilevamenti fotografici non sono generalmente adottabili. La ricerca della prova di un crimine di guerra mediante testimonianze è però resa particolarmente difficile dal fatto che molti dei testimoni e delle vittime temono che, a causa delle loro dichiarazioni nel corso della procedura d'istruzione e/o al momento dell'udienza2, loro stessi o i loro familiari si espongano a rappresaglie o vendette.

1.1.2

Lacune in materia di regolamentazioni nell'ambito della protezione dei testimoni

Già nel 1995, il brigadiere Jürg van Wijnkoop, allora Uditore in capo dell'esercito, ha espresso il parere che i testimoni dovevano essere meglio protetti3 affinché non fossero indotti a tacere per proteggere se stessi, ostacolando in tal modo i procedimenti penali e la condanna dei crimini di guerra. La giustizia militare è stata confrontata concretamente con la questione della protezione dei testimoni negli anni 1994 e 1995, in relazione alle prime inchieste penali contro presunti autori di crimini di guerra nell'ex Jugoslavia e in Ruanda. In tale ambito l'istruzione penale è stata ostacolata dalla mancanza di sufficienti possibilità di protezione4. Secondo le con1 2

3

4

Cfr. David Donat-Cattin, in Otto Triffterer, Commentary on the Rome Statute, Baden-Baden 1999, art. 68, n. 2.

Cfr. al riguardo ad es. Dieter Weber, «Kriegsverbrechen und deren Verfolgung in der Schweiz», in Das Strafrecht vor alten und neuen Herausforderungen, Schweizerisches Institut für Verwaltungskurse an der Universität St. Gallen (ed.), documentazione relativa al convegno del 18.11.1999 a Lucerna, pag. 8 seg.

Cfr. Jürg van Wijnkoop, «Die Aussage wird zur Tortur», intervista con Daniel Amman, Sonntags-Zeitung, n. 33, 13.08.1995, pag. 3; cfr. anche Peter Müller, «Effektivität und Effizienz in der Strafverfolgung ­ Ansätze, Chancen, Risiken», in ZStrR 1998, pagg. 273­290, pag. 281.

Cfr. al riguardo van Wijnkoop (nota 3 qui innanzi), loc. cit.; NZZ, n. 186, 14.08.1995, pag. 15.

673

clusioni di una perizia richiesta in seguito dall'Uditore in capo sulla questione della protezione dei testimoni e delle vittime nella Procedura penale militare5, la procedura in vigore offre già alcune possibilità di protezione dei testimoni, ma presenta nel contempo delle lacune che possono essere colmate unicamente con una revisione della Procedura penale militare6.

1.1.3

Protezione dei testimoni: interessi e campo di tensioni

1.1.3.1

Necessità di proteggere i testimoni

La protezione dei testimoni è finalizzata a proteggere le persone chiamate a testimoniare in un procedimento penale ­ in merito a fattispecie da loro direttamente vissute ­ da cerchie delittuose che, per influenzare il contenuto delle deposizioni e sottrarre, se possibile, i colpevoli ai procedimenti penali, esercitano delle pressioni sui testimoni ricorrendo a minacce, aggressioni alla vita e all'integrità fisica o ad altri mezzi.

Quanto più un testimone è determinante ai fini della prova di un reato, tanto più è grande la tentazione di «impedirgli di nuocere» per ostacolare l'azione penale. La pressione esercitata su testimoni e la conseguente protezione di quest'ultimi assumono un'importanza direttamente proporzionale alla dipendenza delle autorità incaricate dell'azione penale dalle loro dichiarazioni in mancanza di altri mezzi di prova sufficientemente forti, ad esempio nell'ambito di processi relativi alla criminalità organizzata o a crimini di guerra7.

1.1.3.2

Interessi e obblighi in materia di protezione

Le misure di protezione dei testimoni sono tese all'accertamento della verità e all'efficacia dell'azione penale; in effetti un potenziale testimone impaurito o spaventato ­ oppure molestato, intimidito o minacciato ­ non è più in grado di contribuire utilmente al procedimento penale. Lo Stato ha inoltre l'obbligo di provvedere, nell'interesse dei testimoni, a pertinenti misure di protezione. Tale obbligo è il corrispettivo dell'obbligo che incombe al testimone, in quanto cittadino, di testimoniare e di collaborare in un procedimento penale8. A ciò si aggiunge il fatto che, in caso di minaccia per l'integrità fisica o la vita di una persona, lo Stato è tenuto a prendere misure di protezione positive già solo in virtù degli obblighi in materia di protezione derivanti dall'articolo 10 Cost.9 5 6 7

8 9

674

Procedura penale militare del 23 marzo 1979 (PPM; RS 322.1) e ordinanza del 24 ottobre 1979 concernente la giustizia penale militare (OGPM; RS 322.2).

Cfr. Stefan Wehrenberg, Schutz von Zeugen und Opfern im Militärstrafverfahren, Berna 1996, pag. 72.

Cfr. ad es. Thomas Hug, «Zeugenschutz im Spannungsfeld unterschiedlicher Interessen der Verfahrensbeteiligten», in ZStrR 1998, pagg. 404­417, pag. 404 seg.; DTF 125 I 127, pag. 141 segg., consid. 7a.

Cfr. DTF 125 I 127, pag. 142 e i relativi numerosi riferimenti; Wehrenberg (nota 6 qui innanzi), pag. 5 seg.; Hug (nota 7 qui innanzi), pag. 405 seg.

Cfr. Jörg Paul Müller, Grundrechte in der Schweiz, 3a ed., Berna 1999, pagg. 18 e 28; decisione del Tribunale federale pubblicata nella Europäische Grundrechte-Zeitschrift 2000, pag. 451.

1.1.3.3

Misure di protezione dei testimoni

Le misure di protezione dei testimoni possono essere suddivise in misure di protezione procedurali ed extra procedurali.

Le misure di protezione procedurali sono misure finalizzate alla protezione dei testimoni che possono essere adottate nel quadro del procedimento penale stesso, mediante disposizioni procedurali particolari, soprattutto nell'ambito delle garanzie procedurali generali e nell'ambito della produzione delle prove. Fanno parte di questa categoria le misure seguenti: diritto di non deporre, tutela in via parziale o totale del segreto sull'identità dei testimoni nei confronti del pubblico o della difesa (anonimato), udienza a porte chiuse per l'audizione dei testimoni, udienza in assenza degli imputati o della difesa (esclusione del confronto dei testimoni con gli imputati), separazione sotto il profilo visivo e uditivo dei testimoni, diffusione audiovisiva dell'audizione svolta in altro luogo, sostituzione della deposizione orale con la lettura di un pertinente verbale durante il dibattimento10.

Tra le misure extra procedurali, vanno menzionate la protezione delle persone affidata alle forze di polizia ­ prima , durante e dopo il procedimento ­, le misure di sostegno e di assistenza ­ in particolare a favore di minori testimoni, traumatizzati e anch'essi vittime ­, la consulenza giuridica e infine i veri e propri programmi di protezione dei testimoni11.

1.1.3.4

Diritti della difesa

Di regola, le misure extra procedurali di protezione dei testimoni non compromettono i diritti dell'imputato. Per contro, le misure procedurali di protezione dei testimoni pregiudicano, in misura proporzionale alla loro entità, i diritti di parte e i diritti della difesa dell'imputato, segnatamente il diritto di essere presente all'audizione dei testimoni, il diritto di interrogare i testimoni e ulteriori diritti in tema di informazione, come per esempio il diritto di prendere visione degli atti. In tale ambito, la tutela in via totale del segreto sull'identità di un testimone minacciato si contrappone ai diritti dell'imputato in materia di confronto e di audizione derivanti dai diritti della difesa elementari sanciti dalla Costituzione12. Essenzialmente, questi diritti garantiscono alla difesa la possibilità di porre domande al testimone a carico, in maniera appropriata e sufficiente, almeno una volta nel corso del procedimento. L'imputato, rispettivamente la difesa, deve poter essere in grado di verificare la credibilità delle dichiarazioni, di metterle in discussione e di valutarne la forza probante. Per principio l'imputato e la difesa devono inoltre avere la possibilità di conoscere l'identità del testimone per poter sottoporre a verifica la credibilità personale di quest'ultimo e 10 11

12

Cfr. DTF 125 I 127, pag. 143 e riferimenti; Hug (nota 7 qui innanzi), pag. 409 segg.; Wehrenberg (nota 6 qui innanzi), pagg. 6 e 60 segg.

Cfr. DTF 125 I 127, pag. 143 e riferimenti; Hug (nota 7 qui innanzi), pag. 416 seg.; Wehrenberg (nota 6 qui innanzi), pag. 70 seg. Per quanto concerne i programmi di protezione dei testimoni, vedere anche il n. 1.4.1.2.

Art. 29 cpv. 2 in relazione con l'art. 32 cpv. 2 Cost. e art. 6 n. 3 lett. d CEDU. Cfr.

DTF 125 I 127, pag. 131 segg., consid. 6; Wehrenberg (nota 6 qui innanzi), pag. 6; Dorrit Schleiminger, Konfrontation im Strafprozess, tesi per il dottorato di ricerca, Friburgo 2000, pag. 23 segg.

675

far esaminare eventuali motivi di esclusione e di ricusazione. Una testimonianza anonima ostacola segnatamente l'esame della credibilità del testimone13.

1.1.3.5

Conflitti di interessi e necessità di compromesso

Le misure che consentono di assicurare la protezione dei testimoni comportano conflitti di interesse tra i diversi partecipanti al procedimento. Gli interessi sono talvolta diametralmente opposti: in particolare si tratta, da un lato, delle necessità della società e delle autorità penali in materia d'istruzione e degli interessi dei testimoni in materia di sicurezza personale, dall'altro, dei diritti dell'imputato.

I diritti dello Stato in materia di azione penale e l'obbligo dello Stato di rendere giustizia esigono che l'istruzione sia condotta senza ostacoli e nella maniera più completa possibile. Da tali diritti e da tale obbligo consegue innanzitutto l'obbligo delle autorità di indagare in merito alla verità materiale dei fatti. Abbiamo già segnalato che l'accertamento della verità in materia di crimini di guerra si fonda principalmente su racconti autentici e dettagliati dei testimoni relativamente ai fatti salienti.

L'accertamento della verità risulta compromesso quando un testimone subisce delle pressioni, quando è minacciato o quando deve temere delle misure di rappresaglia.

Di conseguenza, in virtù del suo dovere di stabilire la verità materiale, lo Stato deve prendere delle misure efficaci di protezione dei testimoni, per impedire che quest'ultimi subiscano influenze tali da impedire deposizioni veritiere14.

La protezione dei testimoni è inoltre da considerare una misura fondata in virtù del fatto che il testimone è tenuto per legge a comparire, a deporre e a testimoniare il vero. Se non ottempera a questo obbligo, la persona interessata si espone a ingenti sanzioni penali. In contraccambio, il testimone e i suoi congiunti hanno il diritto di essere protetti da pregiudizi di qualsiasi sorta, in particolare da attacchi all'integrità fisica e alla vita (cfr. n. 1.1.3.2).

A questi interessi delle autorità incaricate del procedimento penale e dei testimoni rischiano di contrapporsi alcuni principi fondamentali della procedura penale, quali il principio dell'immediatezza, nonché segnatamente i diritti della difesa dell'imputato.

Secondo la giurisprudenza del Tribunale federale e della Corte europea dei diritti dell'uomo, in alcuni particolari contesti criminali15 deve essere di regola possibile garantire l'anonimato dei testimoni, delle persone in grado di fornire informazioni, dei
denuncianti e di ulteriori informatori nei casi in cui è necessario proteggere interessi preponderanti degni di essere tutelati16. La protezione dei testimoni non deve però condurre a una restrizione insostenibile dei diritti elementari di difesa. Si tratta di soppesare in ogni singolo caso gli interessi rispettivi della difesa e gli interessi in materia di protezione dei testimoni. Le eventuali restrizioni risultanti per i diritti della difesa da misure di protezione dei testimoni devono essere compensate nel singolo caso dal procedimento e dalle sue modalità in un modo tale che il procedimento

13 14 15 16

676

Cfr. DTF 125 I 127, pag. 137 consid. 6c/segg.; DTF 118 Ia 457, 461 consid. 3b­c.

Cfr. Hug (nota 7 qui innanzi), pag. 407; Wehrenberg (nota 6 qui innanzi), pag. 7.

DTF 118 Ia 457, pag. 461 consid. 3b; 125 I 127, pag. 141 consid. 6d/ee.

DTF 125 I 127, 146.

possa essere ancora considerato complessivamente equo17. Al riguardo è determinante se dal punto di vista della difesa le condizioni sono tali da consentire un'audizione sufficientemente efficace dei testimoni e, di conseguenza, tali da compensare la restrizione dei diritti della difesa18. Quando le dichiarazioni di un testimone anonimo a carico costituiscono le uniche prove sussistenti o le prove in gran parte determinanti, si raggiunge un punto limite in cui la restrizione dei diritti della difesa non può più essere sufficientemente compensata da alcuna pertinente misura. Conformemente al principio secondo cui una condanna non può fondarsi su dichiarazioni sulle quali l'imputato non ha potuto pronunciarsi e il cui autore non ha potuto essere interrogato dall'imputato almeno una volta in maniera appropriata e realmente efficace, si deve concludere che in simili situazioni non ci si può basare sulle dichiarazioni del testimone anonimo e che, sulla base del principio «in dubio pro reo», l'imputato deve essere assolto19.

1.1.4

Obbligo internazionale della Svizzera di perseguire i crimini di guerra e di genocidio

Alla luce dei differenti problemi pratici e giuridici posti dalla protezione dei testimoni, in particolare nei procedimenti concernenti i crimini di guerra, si sarebbe tentati di «risolvere» (in un primo tempo) la questione rinunciando a procedimenti penali concernenti crimini di guerra. Questa soluzione «pragmatica» violerebbe però gli obblighi in materia di diritto internazionale assunti dalla Svizzera.

Con la ratifica delle Convenzioni di Ginevra20 e della Convenzione contro il genocidio21, la Svizzera si è impegnata a far comparire dinanzi a un tribunale tutte le persone, sia civili sia militari, accusate di crimini di guerra o di crimini di genocidio, senza tener conto della loro nazionalità o del luogo in cui l'infrazione è stata commessa22. Le Convenzioni menzionate prevedono tuttavia la possibilità di consegna17

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22

Cfr. DTF 125 I 127, pag. 131 seg. e riferimenti. Vedere anche la critica di Schleiminger (nota 12 qui innanzi) in merito alla tematica «Gesamteindruck-Rechtsprechung», pag. 8 seg.

DTF 125 I 127, pag. 139; cfr. inoltre DTF 125 I 127, pag. 145.

DTF 125 I 127, pag. 157.

Le quattro Convenzioni di Ginevra per la protezione delle vittime di guerra, chiamate comunemente «Convenzioni di Ginevra», sono: la Convenzione di Ginevra per migliorare la sorte dei feriti e dei malati delle forze armate in campagna (Prima convenzione; RS 0.518.12), la Convenzione di Ginevra per migliorare la sorte dei feriti, dei malati e dei naufraghi delle forze armate di mare (Seconda convenzione; RS 0.518.23), la Convenzione di Ginevra relativa al trattamento dei prigionieri di guerra (Terza convenzione; RS 0.518.42) e la Convenzione di Ginevra per la protezione delle persone civili in tempo di guerra (Quarta convenzione; RS 0.518.51). Queste Convenzioni, dovute a iniziative svizzere, sono state concluse a Ginevra il 12 agosto 1949 e sono entrate in vigore per la Svizzera il 21 ottobre 1950.

Convenzione del 9 dicembre 1948 per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio (denominata comunemente «Convenzione contro il genocidio»; RS 0.311.11).

La Svizzera ha aderito a questa Convenzione il 7 settembre 2000. Essa è entrata in vigore per la Svizzera il 7 dicembre 2000 (cfr. Comunicato stampa del DFGP del 27 novembre 2000, http://www.ofj.admin.ch/d/index.html). Vedere anche il messaggio del 31 marzo 1999 concernente la Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio e la relativa revisione del diritto penale; FF 1999 4611.

Cfr. il messaggio sulla Convenzione contro il genocidio (nota 21 qui innanzi), FF 1999 4631; Wehrenberg (nota 6 qui innanzi), pag. 3 segg.

677

re, ai fini del giudizio e della punizione, le persone accusate a un altro Stato contraente interessato a un'azione penale o a una Corte penale internazionale23. Premesso che siano soddisfatte le precondizioni in materia di estradizione, la Svizzera generalmente si avvale di questa possibilità24. Va tuttavia precisato che cittadini stranieri accusati di avere violato gravemente all'estero le Convenzioni di Ginevra o la Convenzione contro il genocidio saranno di regola perseguiti e giudicati dalla Svizzera solamente se l'estradizione non è stata richiesta, non è ammissibile o non è possibile. Ad esempio, dal procedimento avviato dalla giustizia militare nell'aprile 1999 a Losanna contro il criminale di guerra F. N. risulta che, malgrado l'esistenza dei Tribunali penali internazionali per l'ex Jugoslavia e il Ruanda, persistono dei casi dove un'estradizione o un trasferimento non hanno luogo o non sono possibili. Ciò sarà prevedibilmente il caso anche in futuro. Dato che la Svizzera continuerà ad adempiere i suoi obblighi internazionali, e cioè estraderà oppure perseguirà e giudicherà anche in futuro le persone accusate di crimini di guerra (aut dedere aut iudicare), è prevedibile che anche in futuro avranno luogo nel nostro Paese procedimenti contro criminali di guerra25.

Nel 1967, con una revisione26 del Codice penale militare27, la Svizzera ha adempiuto l'obbligo assunto a livello internazionale di emanare disposizioni penali comprensive anche dei crimini di guerra commessi all'estero (art. 2 n. 9 e art. 108­114 CPM). Pertanto sono sottoposti alla giurisdizione militare svizzera28 anche gli stranieri e i civili che si rendono colpevoli di violazione del diritto delle genti in caso di conflitto armato. L'obbligo di legiferare risultante dalla Convenzione contro il genocidio è stato adempiuto dalla Svizzera con l'entrata in vigore in data 15 dicembre 2000 del nuovo art. 264 CP che punisce il crimine di genocidio29. Se, da un lato, i crimini di guerra sono e rimangono di regola di competenza della giustizia militare, dall'altro, per quanto concerne i crimini di genocidio saranno competenti per l'azione penale e la punizione le autorità civili federali30, non appena le strutture necessa23

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29

30

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Cfr. ad es. l'art. 50 cpv. 2 secondo periodo della Seconda Convenzione di Ginevra, l'art. 129 cpv. 2 secondo periodo della Terza convenzione, l'art. VI della Convenzione contro il genocidio nonché il n. 3.1 qui appresso.

Cfr. FF 1967 I 430; FF 1995 IV 1014 segg. e art. 10 segg. del Decreto federale del 21 dicembre 1995 concernente la cooperazione con i tribunali internazionali incaricati del perseguimento penale delle violazioni gravi del diritto internazionale umanitario (RS 351.20); cfr. anche DTF 123 II 176 segg. come esempio di trasferimento di un presunto criminale di guerra ruandese basato su una pertinente richiesta dal Tribunale penale internazionale per il Ruanda.

Cfr. il verbale della sessione della commissione d'esperti «Protezione dei testimoni» dell'8 febbraio 2000, pag. 1. Sull'obbligo di rendere giustizia, cfr. ad es. Niklaus Schmid, Strafprozessrecht, 3a ed., Zurigo 1997, n. 7 e nn. 74­82.

Messaggio del 6 marzo 1967 del Consiglio federale all'Assemblea federale concernente una revisione parziale del Codice penale militare, FF 1967 I 421 segg..

Codice penale militare del 13 giugno 1927 (CPM; RS 321.0).

Cfr. Jean-Dominique Schouwey, «Crimes de guerre: un état des lieux du droit suisse», in Revue internationale de criminologie et de police technique, 1995, pagg. 46­56, pag. 48 seg.; Wehrenberg (nota 6 qui innanzi), pag. 4 seg. e nota 12.

Cfr. legge federale del 24 marzo 2000 concernente la modifica del Codice penale, del Codice penale militare e della procedura penale federale, RU 2000 2725 segg., pag. 2729 («Progetto concernente il genocidio»); Messaggio del 31 marzo 1999 concernente la Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio e la relativa revisione del diritto penale, FF 1999 4611 segg. («Messaggio sul progetto concernente il genocidio»).

Cfr. art. 340 n. 2 CP nella versione del 24 marzo 2000 in vigore dal 15 dicembre 2000.

rie saranno a disposizione presso le autorità penali della Confederazione e presso il Tribunale penale federale di prima istanza31.

In seguito all'estensione e alla profonda ristrutturazione del Ministero pubblico della Confederazione in previsione dell'entrata in vigore in data 1º gennaio 2002 del cosiddetto «disegno efficienza»32, è stato posto in vigore per la medesima data l'articolo 18bis della legge federale sulla procedura penale33 ­ articolo modificato nel quadro del «Progetto concernente il genocidio» (cfr. nota 29)34. Di conseguenza, il Ministero pubblico della Confederazione è competente per l'istruzione relativa a reati ai sensi dell'articolo 264 CP. In virtù dell'articolo 25 lettera a del disegno di legge sul Tribunale penale federale35, in futuro la corte penale del Tribunale penale federale di prima istanza giudicherà anche accuse in materia di genocidio36. Tuttavia, per il momento, il Tribunale penale federale non è ancora operativo. La regolamentazione transitoria (valevole sino all'entrata in funzione del Tribunale penale federale) di cui all'articolo 18bis PP, conformemente alla quale il Ministero pubblico della Confederazione può scegliere tra la possibilità di procedere a una messa in stato d'accusa dinanzi al Tribunale federale o la possibilità di delega della decisione giudiziaria a un Cantone, non ha riscontrato molto interesse37. Per questo motivo non è ancora stato posto in vigore il nuovo capoverso 2 dell'articolo 221 CPM38, che prevede un concentramento delle competenze in materia di azione penale presso le autorità penali civili se uno dei reati da giudicare è un crimine di genocidio ai sensi dell'articolo 264 CP. Sino a nuovo avviso la giustizia militare sarà pertanto competente anche per il perseguimento di crimini di genocidio, conformemente all'articolo 221 CPM in relazione con l'articolo 46 capoverso 2 dell'ordinanza concernente la giustizia penale militare39.

31 32

33 34 35 36 37 38 39

Cfr. comunicato stampa del Dipartimento federale di giustizia e polizia (DFGP) del 27 novembre 2000 (nota 21 qui innanzi), loc. cit.

Cfr. messaggio del 28 gennaio 1998 sulla modifica del Codice penale, della procedura penale federale e della legge sul diritto penale amministrativo (provvedimenti intesi a migliorare l'efficienza e la legalità nel procedimento penale), FF 1998 1095 segg.; Legge federale sulla procedura penale, modifica del 22 dicembre 1999, RU 2001 3308 segg., 3314; Felix Bänziger/Luc Leimgruber, Das neue Engagement des Bundes in der Strafverfolgung, Kurzkommentar zur «Effizienzvorlage», Berna 2001, n. 30 segg.

Legge federale del 15 giugno 1934 sulla procedura penale (PP; RS 312.0).

RU 2001 3315 Disegno di legge sul Tribunale penale federale (LTPF), FF 2001 4061 segg., 4066.

Cfr. messaggio del 28 febbraio 2001 concernente la revisione totale dell'organizzazione giudiziaria federale, FF 2001 3764 segg., 3915.

Cfr. «messaggio sul progetto concernente il genocidio» (nota 29 qui innanzi), FF 1999 4634; Bänziger/Leimgruber (nota 32 qui innanzi), n. 96 e 98.

Cfr. «Progetto concernente il genocidio» (nota 29 qui innanzi), RU 2000 2728.

Ordinanza del 24 ottobre 1979 concernente la giustizia penale militare (OGPM; RS 322.2).

679

1.2

I testimoni e l'esposizione dei testimoni al pericolo

1.2.1

Il concetto di «testimone»

Ai sensi della procedura penale, è un testimone qualsiasi persona non accusata chiamata a deporre dinanzi alle autorità incaricate delle indagini o a un tribunale, nelle forme previste a tal fine per legge, in merito a fatti vissuti in prima persona40.

Può pertanto fungere da testimone qualsiasi persona ad eccezione dell'accusato e di eventuali persone che hanno partecipato al reato giudicato nell'ambito del medesimo procedimento: oltre ai testimoni «ordinari», dunque, pure vittime e parti lese; persone che hanno partecipato al reato, ma giudicate o da giudicare nell'ambito di un altro procedimento; i difensori; i membri delle autorità inquirenti, delle autorità incaricate dell'istruzione e delle autorità d'accusa. Per quanto concerne la protezione dei testimoni nel procedimento penale, la nozione di testimone non deve essere intesa in senso stretto, bensì in senso largo41. Le misure di protezione devono poter essere ordinate a favore di tutte le persone che depongono nell'ambito di un procedimento penale in merito a fatti da esse vissuti di persona e relativi alla fattispecie o che partecipano alle deposizioni, ad esempio in qualità di traduttori. Al riguardo, non importa che si tratti di testimoni ai sensi della procedura penale, di persone chiamate a fornire informazioni o di complici suscettibili di essere ugualmente giudicati. Questa concezione ampliata della nozione di «testimone» in relazione alla protezione dei testimoni è condivisa dal Consiglio dei Ministri del Consiglio d'Europa, dalla Corte europea dei diritti dell'uomo e dai Tribunali penali internazionali42.

Conformemente alle modalità in cui hanno vissuto di persona la fattispecie, i testimoni sono suddivisi nelle quattro categorie indicate nel seguito. Al riguardo, conformemente alle singole categorie di testimoni, si distinguono il genere e l'entità dei potenziali pericoli sussistenti per i testimoni e le relative necessità che ne risultano in materia di protezione43.

1.2.1.1

Testimone casuale

Sono testimoni casuali, testimoni «ordinari», persone che hanno vissuto di persona fatti relativi a una fattispecie nella quale non sono né parti lese, né vittime, né implicate per motivi contrattuali o professionali, né coinvolte in qualità di partecipi al reato. A seconda del contenuto delle loro dichiarazioni, i testimoni casuali sono suscettibili di essere testimoni a carico e quindi possono in determinate circostanze essere esposti ad atti di rappresaglia o di vendetta44.

40 41 42 43

44

680

Cfr. segnatamente Schmid (nota 25 qui innanzi), n. 628; Robert Hauser/Erhard Schweri, Schweizerisches Strafprozessrecht, 4a ed., Zurigo 1999, § 62 1.

Cfr. Hug (nota 7 qui innanzi), pag. 406.

DTF 125 I 127, pag. 132 consid. 6a.

Cfr. «Aus 29 mach 1», Konzept einer eidgenössischen Strafprozessordnung, Bericht der Expertenkommission «Vereinheitlichung des Strafprozessrechts», DFGP, Berna dicembre 1997, pag. 61 seg. (n.d.T.: documento disponibile anche in francese: «De 29 à l'unité», Rapport de la Commission d'experts «Unification de la procédure pénale»); DTF 125 I 127, pag. 143 con ulteriori riferimenti; Andreas Kley, «Zeugenschutz im internationalen Recht ­ Erfahrungen im Hinblick auf das künftige eidgenössische Strafprozessrecht», in AJP 2000, pagg. 177­181, pag. 177.

Cfr. Hug (nota 7 qui innanzi), pag. 406; «Aus 29 mach 1» (nota 43 qui innanzi), pag. 62.

1.2.1.2

Testimone-vittima

Sono testimoni-vittime le persone che hanno vissuto la pertinente fattispecie in qualità di parti lese. Succede ripetutamente che dopo la commissione dei fatti gli imputati esercitino delle pressioni sulle vittime al fine di influenzarne la deposizione (ad es. per far sì che ritirino la denuncia o che rinuncino a testimoniare a carico). Nei casi in cui sono implicate persone vicine o appartenenti al medesimo contesto sociale, questo genere di tentativi sono frequenti e purtroppo spesso coronati da successo.

Per contro, è raro che testimoni-vittime siano esposti ad atti di vendetta ulteriori. Per via del loro ruolo, i testimoni-vittime sono spesso soggetti a traumi psichici addizionali a causa della partecipazione al procedimento penale e risultano pertanto essere vittime una seconda volta («vittimizzazione secondaria»)45.

1.2.1.3

Testimone in virtù della professione esercitata

Sono testimoni in virtù della professione esercitata innanzitutto agenti di polizia che, nell'esercizio della loro attività, hanno vissuto di persona fatti relativi alla fattispecie. In qualità di organi incaricati dell'azione penale, essi possono essere esposti a un rischio elevato di essere il bersaglio di atti di vendetta. Ciò vale particolarmente per gli agenti infiltrati. Gli agenti infiltrati sono di regola agenti di polizia ­ talvolta si tratta tuttavia di impiegati civili di polizia temporaneamente incaricati di compiti di polizia ­ che partecipano alla raccolta di prove per mezzo di un'indagine segreta.

Non sono considerati agenti infiltrati i privati che forniscono informazioni alle autorità incaricate dell'azione penale. Tali informatori non rientrano nel concetto di «agente infiltrato» nemmeno nei casi in cui ricevono un indennizzo per la loro attività volontaria46.

Gli agenti infiltrati devono essere protetti nella loro veste di testimoni anche affinché la loro identità resti segreta in previsione di futuri compiti d'infiltrazione47. Visto il ruolo particolarmente importante assunto dagli agenti infiltrati nella lotta contro la criminalità organizzata, non è sorprendente che in Svizzera, sino a oggi, gli sforzi per introdurre regole di protezione dei testimoni abbiano interessato soprattutto le inchieste mascherate48.

Se, da un lato, gli atti di vendetta costituiscono un pericolo serio per le persone che testimoniano in virtù della professione esercitata, dall'altro, quest'ultime sono invece raramente oggetto di tentativi di pressione.

45 46

47 48

Cfr. Hug (nota 7 qui innanzi), pag. 406; «Aus 29 mach 1» (nota 43 qui innanzi), pag. 62.

Messaggio del 1º luglio 1998 concernente la legge federale sulla sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni e la legge federale sull'inchiesta mascherata (Messaggio LSCPT/LFIM), FF 1998 3319, 3359.

Cfr. Hug (nota 7 qui innanzi), pag. 407; «Aus 29 mach 1» (nota 43 qui innanzi), pag. 61 seg.; DTF 125 I 127, pag. 138 consid. 6d/cc e pag. 146 consid. 8a.

Cfr. «Aus 29 mach 1» (nota 43 qui innanzi), pag. 62; DTF 125 I 127, pag. 143; Messaggio LSCPT/LFIM (nota 46 qui innanzi), FF 1998 3322.

681

1.2.1.4

Complici sentiti in qualità di testimoni

Possono ugualmente essere esposte a rischi le persone che hanno partecipato al reato quali complici e che accettano di testimoniare contro altri colpevoli. Esse sono spesso considerate dei «traditori» dagli imputati e dalle persone appartenenti allo stesso contesto sociale e devono temere misure di rappresaglia o atti di vendetta ulteriori.

Questi testimoni sono dei co-accusati oppure informatori che di regola non sono soggetti all'obbligo di deporre e tantomeno all'obbligo di testimoniare il vero. Essi non sono testimoni ai sensi della procedura penale, rientrano tuttavia nella categoria dei testimoni conformemente al concetto ampliato di cui sopra49.

Alcune norme procedurali ­ per esempio quelle americane, britanniche e italiane ­ prevedono il ruolo di «superteste» (segnatamente la figura del «pentito» in Italia).

Assumendo questo ruolo, non approvato dalla maggioranza in Svizzera, un reo confesso può deporre in qualità di testimone formale, ai sensi del diritto procedurale, contro partecipi al reato, godendo in contraccambio di una riduzione della pena o dell'esenzione della pena50.

1.2.2

Esposizione al pericolo

In generale, si considera che un testimone sia minacciato se è prevedibile o pare possibile che un attacco contro la sua integrità fisica o la sua vita, la sua libertà di movimento o di decisione, la sua proprietà, la sua esistenza economica, la sua promozione professionale o contro un altro bene giuridico protetto, possa esercitare un'influenza sulla sua deposizione51. L'aggressione può essere diretta contro il testimone stesso o contro uno dei suoi congiunti. Il grado di esposizione del testimone a pericoli non può essere definito in via generale, ma deve essere determinato mediante una valutazione individuale di ogni singolo caso. Le necessità del testimone in materia di protezione dipendono in particolare dalla natura del bene giuridico minacciato e dal genere, dall'entità e dall'obiettivo della potenziale aggressione.

Nel numero 1.1.3.3 qui appresso è già fornita una panoramica delle possibili misure di protezione adottabili per la protezione dei testimoni di fronte a simili pericoli.

49 50 51

682

Cfr. Hug (nota 7 qui innanzi), pag. 407; «Aus 29 mach 1» (nota 43 qui innanzi), pag. 62.

Cfr. «Aus 29 mach 1» (nota 43 qui innanzi), pag. 53 segg.; cfr. anche il n. 1.4.1.2 qui appresso.

Cfr. Kurt Rebmann/Karl Heinz Schnarr, «Der Schutz des gefährdeten Zeugen im Strafverfahren», in NJW 1989, pag. 1186; Nathan Landshut, Zeugnispflichten und Zeugniszwang im Zürcher Strafprozess, tesi per il dottorato di ricerca, Zurigo 1998, pag. 114; Ernst Gnägi, Der V-Mann-Einsatz im Betäubungsmittelbereich, tesi per il dottorato di ricerca, Berna 1991, pag. 160 seg.; Bernard Corboz, «L'agent infiltré», in ZStR 1993, pag. 328 seg.

1.3

Svolgimento dei lavori

1.3.1

Gruppo di lavoro dell'Uditore in capo ed esperienze fatte nella prassi

Una decisione procedurale in materia di protezione dei testimoni è risultata necessaria già in occasione del primo procedimento giudiziario dinanzi a un Tribunale di divisione contro un presunto criminale di guerra52. In seguito a questo fatto, l'attuale Uditore in capo dell'esercito, il Brigadiere Dieter Weber, ha istituito all'inizio del 1998 il gruppo di lavoro «Revisione della Procedura penale militare». Tale gruppo di lavoro è giunto alla conclusione che nell'ambito della protezione dei testimoni sussiste un'urgente necessità di intervenire e che una corrispondente revisione della procedura militare non può essere rinviata sino all'unificazione del diritto di procedura penale svizzero53.

In seguito, nell'aprile 1999, ha avuto luogo dinanzi al Tribunale di divisione 2 il processo contro il criminale di guerra F. N., la cui condanna è nel frattempo cresciuta in giudicato. Più di dieci testimoni minacciati sono stati trasferiti dal Ruanda in Svizzera ai fini dell'audizione nell'ambito del dibattimento principale. In tale occasione è stato definito un dispositivo notevole per garantire, da un lato, la sicurezza dei testimoni e, dall'altro, per fornire loro il necessario vitto e alloggio. Per tutta la durata del processo, la sicurezza dei testimoni, dell'accusato e del tribunale è stata garantita da oltre cento membri della polizia militare. Pertinenti mezzi tecnici hanno consentito di tenere segreta rispetto al pubblico, ma non nei confronti dell'accusato, l'identità dei testimoni minacciati54. Queste misure corrispondevano essenzialmente a quelle adottate anche nei procedimenti dinanzi al Tribunale penale internazionale per il Ruanda, tuttavia non poterono essere fondate su una base legale esplicita inerente al diritto svizzero55. Nemmeno il decreto federale del 21 dicembre 199556, con il quale la Svizzera si impegna a collaborare con i tribunali internazionali ­ segnatamente con il Tribunale penale internazionale per il Ruanda e con il Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia ­ nell'ambito di procedimenti penali contro gravi violazioni del diritto internazionale umanitario, fornisce una base legale diretta per la protezione dei testimoni nei procedimenti condotti dalla giustizia militare svizzera. Di conseguenza, le misure di protezione dei testimoni adottate hanno dovute essere
giustificate mediante il tenore e gli obiettivi dei diritti procedurali sanciti dalla Costituzione federale57 e dalla Procedura penale militare, nonché direttamente sulla prassi risultante dall'articolo 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali58.

52 53

54 55 56 57 58

Cfr. VPB 62/1998, n. 22.

Cfr. il verbale della Commissione peritale «Protezione dei testimoni» (nota 25 qui innanzi), pag. 1; verbale della sessione del 5 ottobre 1998 del gruppo di lavoro «Revisione della Procedura penale militare», pag. 1 seg.

Cfr. Dieter Weber (nota 2 qui innanzi), pag. 12.

Cfr. il verbale della Commissione peritale «Protezione dei testimoni» (nota 25 qui innanzi), pag. 2 seg.; Kley (nota 43 qui innanzi), pagg. 177 e 178.

Cfr. il decreto federale del 21 dicembre 1995 concernente la cooperazione con i tribunali internazionali (nota 24 qui innanzi).

Costituzione federale della Confederazione Svizzera del 18 aprile 1999 (Costituzione federale, Cost.; RS 101).

Convenzione del 4 novembre 1950 per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Convenzione europea dei diritti dell'uomo, CEDU; RS 0.101).

683

Per migliorare la protezione dei testimoni e allestire nella Procedura penale militare una pertinente base legale esplicita, il Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport (DDPS) ha istituito, mediante una risoluzione del 23 novembre 1999, la Commissione peritale «Protezione dei testimoni»59.

1.3.2

Commissione peritale «Protezione dei testimoni»

Hanno fatto parte della Commissione peritale: In qualità di presidente: Hausheer Heinz, prof. dott. iur., ex presidente del Tribunale militare di cassazione, Berna.

In qualità di membri: Corboz Bernard, dott. iur., giudice federale, Tribunale federale, Losanna; Gnägi Ernst, dott. iur. e avvocato, Ufficio federale di giustizia, Servizio del diritto penale internazionale, Berna; Hug Thomas, dott. iur., procuratore generale del Cantone Basilea Città, Basilea; Ott Barbara, avvocato, giudice istruttore militare, Neuchâtel; Riklin Franz, prof dott. iur., Università di Friburgo, Friburgo; Schmid Niklaus, emerito prof. dott. iur., Zurigo; Schwenter Jean-Marc, procuratore generale del Cantone di Vaud, Losanna; Steinmann Gerold, dott. iur., cancelliere del Tribunale federale, Losanna; Wehrenberg Stefan, avvocato, giudice istruttore militare, relatore della Commissione peritale, Zurigo.

1.3.3

Mandato della Commissione peritale

La Commissione è stata incaricata con una risoluzione del 23 novembre 1999 di sottoporre a un'eventuale revisione singoli articoli della PPM e segnatamente di elaborare e integrare nella PPM disposizioni relative alla protezione dei testimoni. La Commissione è stata invitata a coordinare i suoi lavori con quelli dei periti designati il 10 marzo 1999 dal DFGP per l'unificazione del diritto di procedura penale svizzero, affinché i risultati della Commissione addetta alla procedura militare potessero essere utilizzati anche nell'ambito dei lavori preparatori relativi a tale progetto. Come termine di presentazione di un avamprogetto pronto per essere posto in consultazione e del relativo rapporto esplicativo era stato stabilito il 31 dicembre 2001.

59

684

Cfr. il comunicato stampa del DDPS del 23.11.1999.

1.4

Relazione con altri progetti legislativi

L'obiettivo del mandato illustrato qui innanzi era che la Commissione peritale elaborasse un modulo «protezione dei testimoni» suscettibile di essere ripreso ulteriormente nella procedura penale civile unificata e nella corrispondente legislazione parallela; tale modulo doveva inoltre essere conforme alla regolamentazione concernente le inchieste mascherate (in fase di progetto) e alla legge concernente l'aiuto alle vittime di reati60.

1.4.1

Unificazione del diritto di procedura penale in Svizzera

1.4.1.1

Coordinazione con i lavori di unificazione

Nel marzo 1999, il prof. Niklaus Schmid è stato incaricato di allestire un avamprogetto concernente l'unificazione del Codice di procedura penale svizzero61. A quel momento, era stato annunciato che l'avamprogetto di Codice di procedura penale svizzero sarebbe stato posto in consultazione nel corso dell'anno 200162. Tale pianificazione era però incompatibile con il mandato conferito alla Commissione peritale «Protezione dei testimoni», ovvero con il mandato di elaborare entro la fine dell'anno 2001 un modulo «protezione dei testimoni» atto a essere inserito nel futuro Codice di procedura penale svizzero unificato. La coordinazione tra i lavori dei periti addetti al progetto concernente il Codice di procedura penale svizzero unificato e i lavori della Commissione peritale «Protezione dei testimoni» era formalmente assicurata dal prof. dott. Niklaus Schmid, membro di ambedue le Commissioni. Un'armonizzazione sotto il profilo dei contenuti ha pertanto avuto luogo nella misura in cui sin dall'inizio la Commissione peritale ha potuto avvalersi delle riflessioni svolte dal prof. Schmid nell'ambito dell'avamprogetto di Codice di procedura penale svizzero.

Conformemente alla tabella di marcia, l'avamprogetto di Codice di procedura penale svizzero (AP-revCPPS) e il rapporto esplicativo del prof. Schmid sono stati posti in consultazione alla fine di giugno 2001; la consultazione è durata sino alla fine di febbraio 200263. Dato che il progetto concernente la protezione dei testimoni in ordine alla Procedura penale militare molto probabilmente potrà essere sottoposto al Parlamento prima del progetto di Codice di procedura penale svizzero, la regolamentazione proposta per la PPM è destinata a fungere in un certo senso da apripista. Le reazioni e le esperienze relative alla regolamentazione della protezione dei 60 61 62

63

Cfr. il verbale della Commissione peritale «Protezione dei testimoni» (nota 25 qui innanzi), pag. 5 seg.; Kley (nota 43 qui innanzi), pag. 178.

Comunicato stampa del DFGP del 6.4.1999.

Secondo il comunicato dell'Ufficio federale di giustizia del 16.03.2001, l'avamprogetto e il rapporto esplicativo relativi al Codice di procedura penale svizzero saranno posti in consultazione verso la metà dell'anno 2001, http://www.ofj.admin.ch/d/index.html.

Cfr. il comunicato stampa del 27 giugno 2001 del Dipartimento federale di giustizia e polizia, http://www.ofj.admin.ch/themen/stgb-vstrafp/vn-com-d.htm. Cfr. anche l'avamprogetto di Codice di procedura penale svizzero (AP-revCPPS), Ufficio federale di giustizia, Berna, giugno 2001, e il Rapporto esplicativo concernente il Codice di procedura penale svizzero, Ufficio federale di giustizia, Berna, giugno 2001 (entrambi all'indirizzo Internet seguente: http://www.ofj.admin.ch/themen/stgb-vstrafp/intro-d.htm.

685

testimoni nella PPM potranno pertanto confluire nell'elaborazione e nelle deliberazioni inerenti al Codice di procedura penale svizzero. Va infine rammentato che l'AP-revCPPS non comprende la Procedura penale militare; quest'ultima ­ al pari di altre procedure penali del diritto federale ­ ne rimane deliberatamente esclusa conformemente all'articolo 1 capoverso 2 AP-revCPPS64. Ciò giustifica l'esistenza di una regolamentazione autonoma in materia di protezione dei testimoni orientata alle esigenze della Procedura penale militare.

1.4.1.2

Opzioni a livello contenutistico concernenti i lavori di unificazione

In sintonia con le intenzioni programmatiche della Commissione peritale «Unificazione del diritto di procedura penale»65 e con quelle espresse nell'AP-revCPPS, la Commissione peritale «Protezione dei testimoni» ha rinunciato a introdurre una regolamentazione in materia di supertestimoni e veri e propri programmi di protezione dei testimoni.

Una regolamentazione in materia di supertestimoni in base alla quale un colpevole potrebbe essere punito meno severamente o addirittura essere esentato da qualsiasi punizione se collabora in veste di testimone (ad es. nell'ambito di un procedimento contro persone partecipi al reato, ai fini della chiarificazione di gravi delitti, oppure fornendo contributi che consentano di impedire il ripetersi di simili reati) non può non essere considerata quale mezzo di miglioramento dell'apparato probatorio nell'ambito di processi per crimini di guerra. Tuttavia, nonostante i vantaggi che comporterebbe, una simile regolamentazione presenterebbe, in ordine allo Stato di diritto, degli inconvenienti troppo importanti in considerazione delle conseguenti violazioni dei principi in materia di parità di trattamento e di legalità come pure in considerazione dell'imperativo di perseguire i colpevoli e del rischio che la giustizia sia indotta in errore. Ne consegue la necessità di rinunciare a una regolamentazione in materia di supertestimoni66.

Per garantire una sicurezza assoluta dei testimoni non bastano misure di protezione procedurali ed extra procedurali di tipo organizzativo e conformi ai principi generali di procedura né sono sufficienti provvedimenti materiali di protezione. I testimoni possono essere gravemente minacciati anche dopo la chiusura del procedimento penale. A tal fine sarebbero necessari veri e propri programmi di protezione dei testimoni, alla stregua di quelli adottati da Stati esteri, nell'ambito dei quali testimoni altamente minacciati e i rispettivi congiunti sono trasferiti in un nuovo luogo di domicilio, dove sono muniti di nuove basi esistenziali e dotati di una nuova identità.

Simili misure di protezione esigono una manipolazione di dati non scevra di riserve sotto il profilo dello Stato di diritto, la quale, in un Paese di dimensioni ridotte come la Svizzera, incontrerebbe ingenti ostacoli a livello pratico. Infine, il costo finanzia64 65

66

686

Cfr. rapporto esplicativo concernente il Codice di procedura penale svizzero (nota 63 qui innanzi), pag. 31.

«Aus 29 mach 1» (nota 43 qui innanzi), pag. 17; verbale della Commissione peritale «Protezione dei testimoni» (nota 25 qui innanzi), pag. 4 segg.; cfr. anche Peter Müller (nota 3 qui innanzi), pag. 276; Rapporto esplicativo concernente il Codice di procedura penale svizzero (nota 63 qui innanzi), pagg. 29 seg. e 116.

Cfr. «Aus 29 mach 1» (nota 43 qui innanzi), pag. 53 segg.; Peter Müller (nota 3 qui innanzi), pag. 279 segg..

rio di simili programmi è enorme. Per questa ragione, gli autori del rapporto «Aus 29 mach 1» ritengono che i programmi di protezione dei testimoni costituirebbero un'ultima ratio la cui creazione non potrebbe essere giustifica allo stato attuale. Se nel quadro di un processo per crimini di guerra avente luogo in Svizzera dovesse essere sollevata la questione della protezione di un testimone particolarmente minacciato, si potrebbe comunque far richiesta di una collaborazione transfrontaliera con uno dei tribunali penali internazionali e/o con uno degli Stati che dispongono di pertinenti programmi di protezione67.

1.4.2

Legge federale sull'inchiesta mascherata (LFIM)

Unitamente a un disegno di legge federale sulla sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni (LSCPT), il Consiglio federale ha trasmesso al Parlamento, mediante un messaggio del 1° luglio 1998, un disegno relativo a una legge federale sull'inchiesta mascherata (LFIM)68. In merito a quest'ultima ­ contrariamente a quanto avvenuto per la LSCPT69 ­ non è ancora stata presa alcuna decisione definitiva70. È tuttavia certo che il nuovo Codice di procedura penale svizzero unificato comprenderà disposizioni relative all'inchiesta mascherata71.

Nell'articolo 20 del progetto parlamentare relativo alla LFIM (P-LFIM) sono previste misure di protezione per gli agenti infiltrati72. In generale, gli agenti di polizia sono disposti a essere impiegati in un'inchiesta mascherata solo dopo previa promessa di riservatezza. Conformemente all'articolo 20 P-LFIM, gli agenti infiltrati in virtù dell'articolo 3 P-LFIM devono essere dotati di un'identità fittizia e deve essere loro parimenti concessa una promessa di riservatezza quale fondamentale e principale misura di protezione. Se la promessa di riservatezza è stata concessa e approvata dal giudice competente (art. 13 cpv. 2 P-LFIM), l'identità dell'interessato è tenuta segreta prima, durante e dopo il procedimento e non figura negli atti procedurali (art. 20 cpv. 1 P-LFIM); tuttavia, ai fini della verifica della credibilità, il pre67 68 69

70

71

72

Cfr. «Aus 29 mach 1» (nota 43 qui innanzi), pag. 67 seg.; Peter Müller (nota 3 qui innanzi), pag. 282; Wehrenberg (nota 6 qui innanzi), pag. 70 seg.

Cfr. messaggio LSCPT/LFIM (nota 46 qui innanzi), FF 1998 3392.

Legge federale del 6 ottobre 2000 sulla sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni (LSCPT; RS 780.1; in vigore dal 1º gennaio 2002).

Cfr. FF 2000 4465; RU 2001 3096, 3106.

Il disegno è stato accettato dal Consiglio nazionale e dal Consiglio degli Stati, rispettivamente l'11 dicembre 2001 e il 20 giugno 2002, in una versione divergente dalle intenzioni del Consiglio federale: Cfr. Bollettino ufficiale dell'Assemblea federale ­ Consiglio nazionale ­ Sessione invernale 2001 nonché Bollettino ufficiale dell'Assemblea federale ­ Consiglio degli Stati ­ Sessione estiva 2002 agli indirizzi Internet seguenti: ­ http://www.parlament.ch/ab/frameset/d/n/4611/44739/d_n_4611_44739_44858.htm; ­ http://www.parlament.ch/ab/frameset/d/s/4614/62104/d_s_4614_62104_62254.htm.

La procedura d'eliminazione delle differenze al Consiglio degli Stati è prevista nella sessione invernale 2002.

«Aus 29 mach 1 ... unterwegs ...», Information des Bundesamtes für Justiz, (Informazione dell'Ufficio federale di giustizia), Berna marzo 2001, pag. 2 (n.d.T.: documento disponibile anche in francese: «De 29 à l'unité ... en route», Informations de l'OFJ sur les grandes lignes de la réforme).

Cfr. messaggio LFSCPT/LFIM (nota 46 qui innanzi), FF 1998 3375, i bollettini ufficiali dell'Assemblea federale menzionati nella nota 70 qui innanzi nonché Hug (nota 7 qui innanzi), pag. 415 seg.

687

sidente del tribunale giudicante può far richiesta di dati relativi all'identità dell'interessato (art. 20 cpv. 1 P-LFIM). Inoltre, per verificare se l'agente infiltrato abbia o meno partecipato al procedimento penale, il giudice competente può, se necessario, chiedere informazioni sulla vera identità dell'agente e interrogarlo (art. 20 cpv. 1bis P-LFIM)73. Ove sia necessario un confronto con l'imputato, è possibile procedere, a protezione dell'agente infiltrato, all'alterazione dell'aspetto e della voce di quest'ultimo o all'interrogatorio dell'agente infiltrato in un locale separato («Misure di protezione», art. 20 cpv. 2 P-LFIM). L'interrogatorio dinanzi al giudice può svolgersi in via eccezionale a porte chiuse (art. 20 cpv. 4 P-LFIM).

Conformemente all'articolo 20 capoverso 5 P-LFIM, le stesse misure di protezione possono essere adottate anche a favore di terzi che hanno collaborato all'inchiesta; al riguardo non si tratta tuttavia di una base legale per misure generali di protezione dei testimoni.

1.4.3

Precisazioni in merito al mandato della Commissione peritale

Alla luce di quanto esposto, la Commissione peritale ha assunto il mandato affidatole fissandosi come obiettivo l'elaborazione di una regolamentazione in materia di protezione dei testimoni orientata in primo luogo alle esigenze della protezione dei testimoni nell'ambito di procedimenti penali militari; tuttavia, nella misura in cui risultasse utile per i lavori relativi al Codice di procedura penale svizzero, la Commissione ha tenuto conto anche degli aspetti della protezione dei testimoni nell'ambito della procedura penale ordinaria. La Commissione ha puntato alla definizione di una regolamentazione che andasse al di là di una semplice norma programmatica, senza però disciplinare ogni dettaglio, affinché fosse garantito il margine di manovra necessario per l'applicazione appropriata a ogni singolo caso delle possibili misure di protezione dei testimoni.

I lavori della Commissione non hanno compreso le questioni relative a una regolamentazione in materia di «supertestimoni», né quelle concernenti una regolamentazione delle misure di protezione per le persone chiamate a testimoniare in virtù della professione esercitata né, infine, quelle riguardanti misure di protezione extra procedurali.

1.5

Situazione giuridica attuale

1.5.1

Confederazione: LAV

Nel diritto federale in vigore, vere e proprie misure di protezione dei testimoni sono previste unicamente nella sezione 3 della Legge federale concernente l'aiuto alle vittime di reati (LAV)74. Ai sensi dell'articolo 2 capoverso 1 LAV, tali misure di protezione concernono solo persone che, a causa di un reato, sono state direttamente lese nell'integrità fisica, sessuale o psichica. In altre parole, una protezione dei te-

73 74

688

http://www.parlament.ch/ab/data/d/s/4614/62104/d_s_4614_62104_62254.htm.

Legge federale del 4 ottobre 1991 concernente l'aiuto alle vittime di reati (RS 312.5).

stimoni fondata sulla LAV non può essere estesa a tutti i testimoni né a tutte le vittime, ma è valevole unicamente per vittime ai sensi della LAV.

Per quanto riguarda la protezione dei testimoni, la LAV prevede che il tribunale ordina l'udienza a porte chiuse se lo esigono interessi preponderanti della vittima e, in caso di reati contro l'integrità sessuale, se la vittima ne fa richiesta (art. 5 cpv. 3 LAV). Su richiesta della vittima, le autorità devono evitare di mettere in presenza quest'ultima e l'imputato (art. 5 cpv. 4 LAV). In tal caso, le autorità tengono conto in altro modo ­ mediante misure compensatrici ­ del diritto dell'imputato di essere sentito. Tuttavia può essere ordinato un confronto, contro il volere della vittima, se lo esigono gli interessi di difesa dell'accusato75. Infine, l'articolo 5 capoverso 5 LAV prevede esplicitamente che, in caso di reati contro l'integrità sessuale, un confronto contro la volontà della vittima può essere ordinato soltanto se il diritto dell'imputato di essere sentito non può essere garantito in altro modo. Tra le misure di protezione figura anche la regolamentazione dell'articolo 7 capoverso 2 LAV, che prevede che la vittima può rifiutarsi di deporre su fatti concernenti la sua sfera intima.

Nel quadro della Procedura penale militare gli articoli 5­7, 8 capoverso 2 e 10 LAV sono applicabili in relazione con l'articolo 84a PPM, nel quale sono esplicitamente menzionati. A ciò si aggiunge il fatto che il tenore normativo degli articoli 8 capoverso 1 e 9 LAV è stato integrato nella Procedura penale militare mediante la revisione di alcune disposizioni della PPM. Le nuove disposizioni qui proposte si aggiungeranno, in qualità di disposizioni speciali volte alla protezione dei testimoni, delle persone chiamate a dare informazioni e di ulteriori partecipanti al processo, alla protezione delle vittime assicurata dalla LAV in relazione con l'articolo 84a PPM.

Il 23 marzo 200176, il Parlamento federale ha approvato una modifica della LAV consistente in un miglioramento della situazione delle vittime minorenni, vale a dire minori di 18 anni, nella procedura penale (art. 10a­10d LAV), modifica entrata in vigore il 1º ottobre 200277. Le nuove disposizioni prevedono che, in caso di reati contro l'integrità sessuale e se sussiste il pericolo che ne risulti un
forte trauma psichico, un confronto tra il minore e l'imputato è escluso, a meno che il diritto dell'imputato di essere sentito non possa essere garantito in altro modo (art. 10b LAV). Inoltre, sono stati disciplinati in maniera esaustiva i principi sottostanti all'audizione dei minorenni (art. 10c LAV). Al riguardo si tratta di principi valevoli per l'audizione di tutte le vittime: durante tutto il procedimento, la vittima non può essere sottoposta, di regola, a più di due audizioni; la prima audizione deve avvenire il più presto possibile ed essere condotta da un funzionario inquirente formato allo scopo, in presenza di uno specialista; l'audizione si svolge in un locale appropriato ed è registrata su video; la persona incaricata dell'interrogatorio e lo specialista raccolgono le loro osservazioni particolari in un rapporto; è predisposta una seconda audizione solo se ciò è necessario ai fini della salvaguardia dei diritti delle parti o se ciò è necessario nell'interesse dell'inchiesta oppure nell'interesse del minore; per la 75 76

77

Cfr. DTF 125 I 127, pag. 131 segg., consid. 6a e b; 124 I 274, pag. 284 segg., consid. 5b.

FF 2001 1172. Relativamente a questa revisione, cfr. Eva Weishaupt, «Besonderer Schutz minderjähriger Opfer im Strafverfahren, Teilrevision OHG», in ZStrR 2002, pagg. 231­248.

RU 2002 2997; cfr. Comunicato stampa del Dipartimento federale di giustizia e polizia del 13 novembre 2001, http://www.ofj.admin.ch/themen/opferhilfe/rev-com-d.htm.

689

seconda audizione valgono le stesse disposizioni valevoli per la prima, inoltre, per quanto possibile, chi interroga è la stessa persona che ha effettuato la prima audizione. Se l'interesse del minore lo esige imperativamente e se quest'ultimo vi acconsente, l'autorità competente incaricata del procedimento penale può eccezionalmente decidere il non luogo a procedere (art. 10d LAV). Purtroppo nell'ambito di questa revisione della LAV si è tralasciato di completare la formulazione contenuta nell'articolo 84a PPM con un rinvio esplicito agli articoli 10a­10d LAV. A ciò si è inteso rimediare nel quadro della presente revisione (cfr. n. 2.1.3).

Tra i diritti in materia di protezione dei testimoni in senso largo, segnatamente tra le misure assistenziali, figura il diritto della vittima di reati contro l'integrità sessuale di esigere di essere interrogata da persone dello stesso sesso. Inoltre, la vittima può farsi accompagnare da una persona di fiducia se è interrogata come teste o persona tenuta a dare informazioni (art. 7 cpv. 1 LAV).

Da ultimo, va segnalato che le disposizioni procedurali della legge federale concernente l'aiuto alle vittime di reati saranno trasferite nel Codice di procedura penale svizzero78. Nel frattempo la commissione peritale istituita nel luglio 2000 dal DFGP per la revisione della LAV non si è limitata a verificare se le disposizioni contenute nell'AP-revCPPS garantiscono una protezione come minimo equivalente a quella offerta dalla LAV. Essa ha anche proposto diverse modifiche volte a una maggiore protezione delle vittime, segnatamente per quanto concerne le misure destinate a impedire che l'identità della vittima sia resa nota al pubblico e il catalogo delle diverse misure di protezione79.

1.5.2

Cantoni

1.5.2.1

Cantoni con disposizioni generali in materia di protezione dei testimoni

1.5.2.1.1

Berna

Il Codice di procedura penale del Canton Berna (CPP/BE) del 15 marzo 1995, in vigore dal 1° gennaio 1997, contiene una disposizione relativa alla protezione dei testimoni all'articolo 124 capoverso 3. Le misure di protezione previste per gli informatori ai capoversi 1 e 2 dell'articolo 124 possono essere ordinate in forma analoga anche a favore di altre persone se quest'ultime dimostrano in modo credibile che le loro dichiarazioni veritiere sono suscettibili di mettere seriamente in pericolo l'integrità fisica o la vita propria o di un loro congiunto. In tal senso, in deroga all'articolo 103 CPP/BE, i dati personali degli interessati saranno noti solamente al tribunale e non figureranno negli atti. Inoltre, l'audizione deve svolgersi in maniera

78

79

690

«Aus 29 mach 1» (nota 43 qui innanzi), pag. 43; «Aus 29 mach 1... unterwegs ...» (nota 71 qui innanzi), pag. 2; art. 163 AP-revCPPS; Rapporto esplicativo concernente il Codice di procedura penale svizzero (nota 63 qui innanzi), pag. 120 seg.

Cfr. rapporto intermedio del 5 febbraio 2001 della commissione peritale per la revisione della legge concernente l'aiuto alle vittime di reati.

Indirizzo Internet: http://www.ofj.admin.ch/i/index.html. (Percorso: Sicurezza & Protezione / Aiuto alle vittime della criminalità / Revisione della legge / Revisione totale / Materiali e documentazione.) Tale rapporto intermedio figura inoltre tra la documentazione allestita per la consultazione relativa all'AP-revCPPS.

tale, che, mediante disposizioni tecniche appropriate, il volto delle persone chiamate a testimoniare non sia noto né alle parti né al pubblico80.

Tale norma, caratterizzata da una formulazione aperta, non dà istruzioni precise in merito alle modalità con cui l'audizione debba essere svolta concretamente. Mancano segnatamente indicazioni in base alle quali le misure di protezione dei testimoni non sono ammissibili senza restrizioni, ma solo nella misura in cui sono salvaguardati i diritti della difesa elementari e l'equità del procedimento.

1.5.2.1.2

Friburgo

Il Codice di procedura penale del Cantone Friburgo (CPP/FR) del 14 novembre 1996, in vigore dal 1° dicembre 1998, prevede delle misure per la protezione dei testimoni all'articolo 82 capoverso 4 in relazione con gli articoli 81 lettera a e 43 capoverso 1 lettera a. Conformemente all'articolo 82 capoverso 4 CPP/FR, il giudice può eccezionalmente ordinare, segnatamente per garantire la sicurezza dei testimoni, che l'identità di un testimone sia accertata in assenza delle parti, che una parte o la totalità delle indicazioni che consentono l'identificazione di un testimone sia conservata separatamente dagli atti (principali) o che il testimone non sia visibile durante l'audizione. Giusta l'articolo 170 capoverso 2 CPP/FR, il pubblico può essere escluso totalmente o parzialmente dal procedimento principale nell'interesse della sicurezza di un testimone. Il testimone ha inoltre il diritto di non rispondere a determinate domande durante l'audizione se, in caso di risposta, egli o un suo congiunto correrebbero il rischio di perdere la vita o di subire aggressioni contro l'integrità fisica (art. 81 lett. a CPP/FR). Infine, all'articolo 43 capoverso 1 lettera a è esplicitamente stabilito che il diritto di essere sentito e i diritti della difesa di cui all'articolo 42 possono essere limitati se ciò è necessario per la sicurezza di una persona.

Si costata tuttavia la mancanza di un'indicazione esplicita concernente la ponderazione da effettuare in ordine agli interessi della difesa e agli interessi in materia di protezione dei testimoni come pure l'assenza di un'indicazione esplicita in merito alla salvaguardia di una difesa efficace e di un procedimento equo.

1.5.2.1.3

Basilea Città

Il Codice di procedura penale riveduto del Cantone Basilea Città (CPP/BS) dell'8 gennaio 1997, in vigore dal 1° gennaio 1998, contiene una regolamentazione sulla protezione dei testimoni al paragrafo 50 capoverso 3. Ai sensi di questa disposizione, l'identità dei testimoni può essere eccezionalmente tenuta segreta durante il procedimento penale ai fini della sicurezza degli interessati. Anche se questa disposizione non è concretizzata ulteriormente, si può presumere che, come è il caso per la disposizione parallela concernente la protezione degli agenti infiltrati (par. 93 CPP/BS), le dichiarazioni dei testimoni, fatti salvi i diritti della difesa, devono essere comprese nella valutazione delle prove da parte del giudice.

80

Cfr. Thomas Maurer, Das bernische Strafverfahren, Berna 1999, pag. 211 segg.; Jürg Aeschlimann, Einführung in das Strafprozessrecht. Die neuen bernischen Gesetze, Berna 1997, n. 906­908.

691

È dubbio se questa norma soddisfi le esigenze in materia di basi legali sufficientemente concretizzate in vista della restrizione dei diritti della difesa dell'imputato.

1.5.2.1.4

Basilea Campagna

Il Codice di procedura penale riveduto del Cantone Basilea Campagna (CPP/BL) del 3 giugno 1999, in vigore dal 1° gennaio 2000, contiene al paragrafo 40 una disposizione concernente la protezione delle persone che partecipano al procedimento. Ai sensi di tale paragrafo, in presenza di circostanze particolari l'identità dei testimoni, delle persone chiamate a dare informazioni, dei periti o dei traduttori può eccezionalmente essere tenuta segreta durante il procedimento penale ai fini della protezione personale degli interessati. Non è precisato quali misure possono essere adottate per la tutela del segreto. Dovrebbe però corrispondere alle intenzioni del legislatore se le misure previste al paragrafo 117 capoverso 2 lettere b e c CPP/BL per la protezione degli informatori81 ­ udienza a porte chiuse e altre misure appropriate (testimone non visibile, modifica della voce) ­ venissero adottate per analogia per la protezione di persone che partecipano a un procedimento.

1.5.2.1.5

San Gallo

La legge di procedura penale del Cantone San Gallo (LPP/SG) del 1o luglio 1999, in vigore dal 1° giugno 2000, contiene all'articolo 83 una disposizione concernente la protezione dei testimoni. Secondo questa regolamentazione, il giudice istruttore può assicurare al testimone il trattamento confidenziale dei dati concernenti l'identità di quest'ultimo quando lo esigano interessi di rilievo, segnatamente l'integrità fisica o psichica del testimone (art. 83 cpv. 1 LPP/SG). È esplicitamente stabilito che la deposizione deve essere messa a verbale in presenza di un ulteriore membro delle autorità incaricate dell'azione penale e che deve essere evitata qualsiasi indicazione sull'identità del testimone (art. 83 cpv. 2 LPP/SG). L'articolo 92 capoverso 2 LPP/SG aggiunge che si può impedire a un imputato di partecipare all'audizione di un testimone per salvaguardare l'anonimato di quest'ultimo ai sensi dell'articolo 83.

Non è invece stabilito se i diritti della difesa possono subire restrizioni anche in altri ambiti, se siano ammissibili ulteriori misure per la protezione dei testimoni e in che maniera la deposizione anonima di un testimone sia utilizzabile durante i dibattimenti. Manca inoltre un'indicazione secondo cui, in ogni caso, i diritti della difesa possono essere limitati solo nella misura in cui rimane possibile una difesa efficace ed è garantita l'equità del procedimento.

È dubbio se questa norma soddisfi le esigenze in materia di basi legali sufficienti per una restrizione dei diritti della difesa.

81

692

Cfr. al riguardo DTF 125 I 127 segg.

1.5.2.1.6

Zurigo

In virtù del paragrafo 131a del Codice di procedura penale zurighese (CPP/ZH), approvato dal parlamento cantonale il 15 gennaio 2001 ed entrato in vigore il 1° gennaio 2002, nel Canton Zurigo è possibile adottare misure di protezione a favore di agenti infiltrati e di altre persone da interrogare. Se la sussistenza di un pericolo grave o serio è credibilmente provata (cpv. 1 frase introduttiva), possono essere adottate le misure di protezione seguenti (enumerazione non esaustiva): udienza a porte chiuse, trattamento confidenziale dei dati personali, esclusione di un confronto diretto della persona da interrogare con l'imputato o terzi nonché impiego di appositi mezzi tecnici tesi a modificare la voce del testimone e a nasconderne il viso e la persona (cpv. 1 n. 1­4). Nel capoverso 2 di questa disposizione è precisato chiaramente, da un lato, che non è consentito allontanare in altro modo il pericolo che minaccia l'interessato e, dall'altro, che le misure di protezione devono essere proporzionali al pericolo. L'identità di un agente infiltrato può essere tenuta segreta per assicurarne la sicurezza personale ed evitare che sia smascherato. Per compensare questa misura, un ufficiale di polizia deve però attestare l'identità dell'agente infiltrato e deporre in merito alla credibilità di quest'ultimo, nella misura in cui ciò sia possibile senza far saltare la copertura dell'interessato.

Una componente notevole di questa disposizione è il fatto che l'identità di un agente infiltrato può essere tenuta segreta, mentre l'identità delle altre persone da proteggere deve essere solo trattata confidenzialmente. Inoltre, la compensazione delle restrizioni subite dai diritti della difesa a causa delle misure di protezione è prevista unicamente in relazione alla tutela del segreto dell'identità delle persone incaricate di svolgere indagini sotto copertura. Tuttavia, conformemente alla giurisprudenza del Tribunale federale e della Corte europea dei diritti dell'uomo, le misure di protezione dei testimoni sono ammissibili solo se le conseguenti restrizioni dei diritti della difesa sono compensate. Anche se la nuova disposizione zurighese può essere interpretata in tal senso, va rilevato che essa non è però formulata in maniera sufficientemente chiara.

1.5.2.2

Cantoni con disposizioni in materia di protezione dei testimoni a favore di agenti infiltrati e informatori

1.5.2.2.1

Turgovia

Il Codice di procedura penale del Cantone Turgovia (CPP/TG) del 30 giugno 1970/5 novembre 1991 non contiene nessuna disposizione generale in materia di protezione dei testimoni. Per contro, il paragrafo 127d CPP/TG prevede alcune misure per proteggere gli informatori minacciati. Tuttavia, poiché non vi sono indicazioni concernenti l'adozione di tali misure per ulteriori persone, esse non possono essere applicate alla protezione di testimoni «ordinari».

693

1.5.2.2.2

Vallese

Al pari del CPP/TG, anche il Codice di procedura penale del Cantone Vallese (CPP/VS) del 22 febbraio 1962/13 maggio 1992 prevede delle misure per la protezione degli informatori. Più precisamente, una base sommaria per l'adozione di misure di protezione a favore di informatori è contenuta nell'articolo 103k numero 4 CPP/VS. Questo codice non contiene però alcuna disposizione generale concernente la protezione di tutti i testimoni. Manca inoltre una base legale che consenta di estendere a testimoni casuali le misure di protezione previste per gli informatori.

1.5.2.3

Cantoni senza disposizioni in materia di protezione dei testimoni

I Cantoni seguenti non dispongono di alcuna regolamentazione in materia di protezione dei testimoni: Argovia, Appenzello Interno, Appenzello Esterno, Ginevra Glarona, Grigioni, Giura, Lucerna, Neuchâtel, Nidvaldo, Obvaldo, Sciaffusa, Soletta, Svitto, Ticino, Uri, Vaud, Zugo.

1.5.3

Estero

1.5.3.1

Tribunali delle Nazioni Unite per il Ruanda e per l'ex Jugoslavia

I Tribunali penali internazionali per il Ruanda (TPIR) e per l'ex Jugoslavia (TPIJ) concedono agli accusati, agli articoli 20 e 21 dei rispettivi statuti, garanzie procedurali e diritti della difesa sostanzialmente corrispondenti alle garanzie previste all'articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e agli articoli 29­32 della Costituzione federale. In ambedue gli statuti è esplicitamente prevista la protezione delle vittime e dei testimoni (art. 21 degli statuti del TPIR e art. 22 degli statuti del TPIJ). Al riguardo, nei rispettivi atti normativi concernenti lo svolgimento dei procedimenti e nelle relative regolamentazioni concernenti gli apparati probatori (Rules of Procedure and Evidence, RPE), ognuno dei due tribunali penali deve provvedere alla possibilità di adottare misure di protezione dei testimoni e, segnatamente, prevedere la possibilità di condurre udienze a porte chiuse e di proteggere l'identità delle vittime.

Nelle RPE del TPIR82 è previsto, alla regola 75, che il giudice o la corte penale del tribunale adotti, d'ufficio o su richiesta di una delle parti, della vittima interessata o di testimoni, misure appropriate compatibili con i diritti della difesa. È segnatamente previsto che le udienze siano tenute a porte chiuse, che le deposizioni delle vittime minacciate e dei testimoni minacciati siano facilitate mediante l'impiego di un canale televisivo unidirezionale interno al tribunale o che i testimoni restino anonimi rispetto al pubblico o i media. Quest'ultima misura deve essere garantita facendo in modo che il nome e i dati suscettibili di permettere l'identificazione degli interessati non siano citati nei dibattimenti e negli atti, segnatamente provvedendo affinché le deposizioni possano essere eseguite con l'adozione di provvedimenti atti a modifica82

694

http://www.ictr.org/wwwroot/english/rules/index.htm.

re le immagini e le voci o mediante l'impiego di un canale televisivo interno al tribunale atto a conseguire il medesimo scopo. Inoltre, la regola 69 consente al procuratore o alla difesa di chiedere alla corte penale, in circostanze eccezionali, che sia tenuta segreta l'identità delle vittime o dei testimoni che potrebbero essere esposti a un pericolo o a un rischio. La corte può ordinare fino a nuovo avviso la tutela del segreto in merito all'identità. Conformemente alla regola 69 C, l'identità della vittima o dei testimoni deve tuttavia essere rivelata per tempo prima del processo affinché la difesa disponga del tempo necessario per preparare una difesa efficace.

Oltre a ricorrere a questi provvedimenti procedurali, la corte penale può mettere sotto la protezione del tribunale le vittime minacciate, i testimoni minacciati e i rispettivi congiunti e ordinare che queste misure extra procedurali in tema di protezione e di assistenza siano applicate dalla «Witnesses and Victims Support Unit» (regola 69 RPE). Quest'unità provvede affinché i testimoni e i loro congiunti possano trasferirsi serenamente e sicuramente al luogo in cui si svolge il procedimento e che possano esprimersi in un ambiente protetto e gradevole. Tale assistenza e consulenza comprende, da un lato, il ripristino della salute fisica e psichica, dall'altro, l'assunzione di tutte le spese del testimone relative al viaggio, ai vestiti e all'alloggio ecc., la fornitura dei documenti di viaggio, il disbrigo delle formalità d'entrata e la messa a disposizione di un traduttore e di un alloggio sicuro nonché l'assistenza finanziaria per tutte le spese necessarie in relazione allo statuto di testimone. Le vere e proprie misure di protezione affidate alla polizia vanno dalla protezione delle persone a favore del testimone e dei suoi congiunti ­ prima, durante e dopo il procedimento ­ alla protezione dei beni fino alla creazione di una nuova identità e al trasferimento del domicilio, con la relativa assistenza finanziaria e personale per quanto concerne l'integrazione nella nuova località («programma di protezione dei testimoni»).

Per la valutazione delle esigenze in materia di misure di protezione dei testimoni, i tribunali penali internazionali procedono a una ponderazione degli interessi dei testimoni minacciati e di quelli, opposti, degli imputati. Per l'anonimizzazione delle deposizioni dei testimoni devono essere soddisfatti, allo stato attuale, i criteri seguenti: ­

deve sussistere un pericolo reale per i testimoni e le loro famiglie;

­

l'importanza della deposizione per l'accusa è tale che, dal punto di vista dell'accusa, risulterebbe iniquo rinunciarvi;

­

la non credibilità del testimone non deve essere evidente sin dall'inizio;

­

non esiste un programma di protezione o non esiste un programma di protezione sufficiente per il testimone e la sua famiglia e

­

le misure da adottare devono essere assolutamente necessarie.

I tribunali convengono che le deposizioni anonime limitano i diritti della difesa.

L'interrogatorio di testimoni anonimi deve quindi soddisfare determinati principi ed essere connesso a misure compensatrici: ­

i giudici devono conoscere l'identità dei testimoni e poter osservare il loro comportamento durante l'audizione;

­

la difesa deve poter disporre di possibilità sufficienti di porre domande ai testimoni in merito al contenuto della loro deposizione e alle circostanze da

695

loro direttamente vissute, nella misura in cui tali domande non pregiudichino l'anonimato del testimone; ­

l'identità dei testimoni deve essere tenuta segreta unicamente fintanto che ciò risulta necessario per la protezione delle persone;

­

se le restrizioni di aspetti essenziali dei diritti della difesa risultanti dall'anonimato dei testimoni non possono essere sufficientemente compensate e se non può essere considerata nessun'altra misura di protezione del testimone, si deve rinunciare alla deposizione di quest'ultimo83.

Assume una notevole importanza il fatto che i due tribunali penali convengano che né i diritti procedurali dell'incolpato né i diritti dei testimoni hanno un valore assoluto. È piuttosto necessario ponderare i differenti interessi per ottenere un equilibrio appropriato e provvedere a un procedimento complessivamente equo.

1.5.3.2

Corte penale internazionale

In linea di principio, in materia di protezione dei testimoni valgono per i procedimenti dinanzi alla Corte penale internazionale le medesime possibilità di quelle consentite dagli statuti del TPIR e del TPIJ. I diritti della difesa sono retti dall'articolo 67 e la protezione delle vittime e dei testimoni è disciplinata all'articolo 68 dello Statuto di Roma84. Le singole misure di protezione sono fissate ed espresse in dettaglio nelle regole 87 ed 88 delle «Rules of Procedures and Evidences». Esse corrispondono in sostanza a quanto accennato qui sopra per il TPIR.

1.5.3.3

Consiglio d'Europa

Il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa ha adottato il 10 settembre 1997 una raccomandazione che concerne le misure di protezione dei testimoni da qualsiasi tipo di tentativo di intimidazione e la compatibilità di queste misure con i diritti della difesa85. Il Comitato si è basato sul presupposto che non è accettabile per un sistema giudiziario fondato sullo Stato di diritto che in alcune circostanze azioni penali promettenti possano fallire perché alcuni testimoni subiscono un'intimidazione tale da spingerli a rifiutare di testimoniare completamente e conformemente alla ve83

84

85

696

Cfr. la decisione del 10 agosto 1995 in merito alle misure di protezione relative al processo Tadic, www.un.org/icty/tadic/trialc2/decision-e/100895pm.htm. Vedere anche il relativo commento di Faizer Patel King/Anne-Marie La Rosa, International Criminal Tribunal for the Former Yugoslawia: Current Survey, in «European Journal of International Law», 1997, pagg. 123­179, segnatamente pagg. 146­150; Kley (nota 43 qui innanzi), pag. 180 seg.

Cfr. il messaggio del 15 novembre 2000 concernente lo Statuto di Roma della Corte penale internazionale, la legge federale sulla cooperazione con la Corte penale internazionale e una revisione del Codice penale, FF 2001 311, segnatamente l'allegato 3, pag. 461.

Recommendation No. R (97) 13 of the Committee of Ministers to Member States concerning Intimidation of Witnesses and the Rights of the Defence, adopted by the Committee of Ministers on 10 September 1997, http://www.coe.fr/cm/ta/rec/ 1997/97r13.html; pubblicata in francese in RUDH 1997, pag. 298. Cfr. anche Kley (nota 43 qui innanzi), pag. 178 seg.; DTF 125 I 127, 144 seg. consid. 7b­c.

rità. Esso ribadisce che le deposizioni sono inerenti al dovere civico dei testimoni, aggiunge tuttavia che le autorità incaricate dell'azione penale devono considerare adeguatamente i diritti e le esigenze dei testimoni affinché questi sostengano le autorità ai fini di un'efficace azione penale. Con questa raccomandazione, il Comitato auspica che gli Stati adottino misure efficaci per assicurare la protezione dei testimoni salvaguardando nel contempo i diritti inalienabili di una difesa efficace sanciti dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo e dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo.

Al fine di sostenere l'azione penale, nella parte materiale della raccomandazione, sotto il titolo «Principi generali» (n. 1­7), sono richieste misure pratiche e legali adeguate per garantire la protezione dei testimoni da qualsiasi pregiudizio, fatti salvi i diritti della difesa (n. 1 seg.). Il testo raccomanda inoltre di punire gli atti che minacciano o mettono sotto pressione i testimoni (n. 3). Infine, è auspicato che siano messe a disposizione dei testimoni diverse forme di assunzione delle prove affinché essi possano evitare, fatti salvi i diritti della difesa, di essere esposti ad atti d'intimidazione o di vendetta in seguito a un confronto con l'imputato. A titolo di esempio è menzionata la possibilità di interrogare il testimone in un locale diverso da quello in cui si trova l'imputato (n. 6).

La raccomandazione del Comitato dei Ministri concerne innanzitutto i testimoni casuali, i testimoni-vittime e i testimoni in veste di partecipi al reato, che spesso sono le sole persone in grado di testimoniare in merito a una determinata fattispecie e abbisognano di una particolare protezione in virtù della loro posizione particolarmente vulnerabile ed esposta. In due specifici capitoli della raccomandazione sono trattate le necessità particolari in materia di protezione di testimoni interessati da reati all'interno della medesima famiglia, segnatamente in caso di reati commessi contro minorenni, donne o anziani (n. 17 segg.); problematiche che in Svizzera attualmente sono disciplinate in primo luogo dalla LAV e la cui regolamentazione sarà trasferita nel Codice di procedura penale svizzero nell'ambito dell'unificazione del diritto di procedura penale. Del rimanente, in un'apposita
sezione della raccomandazione figurano anche misure adottabili nell'ambito della criminalità organizzata (n. 8 segg.).

Quest'ultima sezione assume particolare rilievo per quanto concerne la questione della protezione di testimoni durante i processi per crimini di guerra. Conformemente al tenore della sezione, le deposizioni eseguite durante l'istruzione dovranno sempre più spesso essere registrate mediante mezzi tecnici e riconosciute dinanzi al tribunale in qualità di testimonianze (formali) (n. 9). Come richiesta centrale, si raccomanda che l'anonimato sia garantito al testimone, in qualità di misura straordinaria, unicamente se è in gioco una deposizione importante e se è prevedibile un serio pericolo per la sua integrità fisica o per la sua vita (n. 10). Il procedimento deve tuttavia consentire all'imputato di conoscere i motivi che giustificano la tutela del segreto in merito all'identità del testimone e di poter mettere in dubbio l'autenticità e l'origine delle dichiarazioni di quest'ultimo (n. 11). Se necessario, potranno essere adottate misure quali la modifica dell'immagine e della voce mediante mezzi tecnici (n. 12). Al numero 13 è inoltre chiaramente stabilito che le condanne non devono basarsi esclusivamente o principalmente su deposizioni di testimoni anonimi. Nella sezione «Motivi», numero 79, è precisato che, qualora si decidesse di optare per l'anonimato dell'unico testimone disponibile, ciò implica che, in determinati casi, si dovrà rinunciare all'incolpazione oppure che, in mancanza di ulteriori prove, l'accusato dovrà essere assolto. Infine, si rileva che le misure in materia di protezio697

ne dei testimoni destinate a persone che abbisognano di una protezione particolare e ai supertestimoni possono essere completate da programmi di protezione speciali quali la protezione di polizia o misure atte a modificare l'identità e il contesto esistenziale e professionale dell'interessato (n. 14­16).

Nella decisione DTF 125 I 127, 145, il Tribunale federale ha constatato che queste raccomandazioni rivestono unicamente il carattere di direttive e non costituiscono una regolamentazione vincolante la cui mancata osservanza potrebbe essere considerata una violazione di diritti costituzionali o di un trattato internazionale. Tuttavia, poiché esprimono la convinzione giuridica comune agli Stati membri del Consiglio d'Europa, le raccomandazioni del Comitato dei Ministri sono prese in considerazione dal Tribunale federale nell'ambito della concretizzazione della salvaguardia dei diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione federale e dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo86. Ne consegue che le raccomandazioni del Comitato dei Ministri devono essere osservate ugualmente nell'ambito della revisione della PPM.

1.5.3.4

Singoli Stati, ad esempio la Repubblica federale di Germania

In seguito alla necessità di creare nuovi strumenti per la lotta contro il traffico di droga, la Repubblica federale di Germania (RFG) ha adottato nel 1992 una regolamentazione per l'impiego di agenti infiltrati connesso con la possibilità di tutelare il segreto dell'identità degli interessati. In tale contesto, sono state recepite nel codice di procedura penale le prime misure generali volte alla protezione dei testimoni87.

Da allora, le regolamentazioni in materia di protezione dei testimoni sono state completate e precisate nell'ambito di numerose modifiche del codice di procedura penale tedesco, segnatamente mediante la legge del 30 aprile 1998 sulla protezione dei testimoni88. Le disposizioni procedurali relative alla protezione dei testimoni consentono di svolgere audizioni a porte chiuse e di tener segreti i nomi delle persone minacciate nonché tutti i dati suscettibili di portare a una loro identificazione.

Durante il loro interrogatorio nell'ambito dei dibattimenti, i testimoni possono essere protetti tramite la trasmissione audio-visiva in diretta dell'audizione svolta altrove. Inoltre, durante il loro interrogatorio i testimoni possono ricorrere ai consigli di un patrocinatore. Nella RFG sono previsti anche programmi extra procedurali di protezione dei testimoni per testimoni fortemente minacciati. Con lo scopo di tutelare le persone minacciate per tutta la durata del pericolo e quindi di salvaguardare il procedimento e l'azione penale, la protezione personale è concessa agli interessati prima, durante e dopo il dibattimento principale, unitamente alla protezione dei luo-

86 87 88

698

Cfr. DTF 125 I 127, pag. 145 consid. 7c con ulteriori riferimenti.

Cfr. DTF 125 I 127, pag. 143 seg. e riferimenti.

Cfr. BGBl 1998 I 820; nonché ad es. Rainer Griesbaum, «Der gefährdete Zeuge», in Neue Zeitschrift für Strafrecht 1998, pagg. 433­441; Peter Cäsar, «Noch stärkerer Schutz für Zeugen und andere nicht beschuldigte Personen im Strafprozess?», in Neue Juristische Wochenschrift 1998, pagg. 2313­2318; Bernd Schünemann, «Der deutsche Strafprozess im Spannungsfeld von Zeugenschutz und materieller Wahrheit», in Strafverteidiger 1998, pagg. 391­401.

ghi in cui essi si trovano, alla modifica dell'identità, al trasferimento in un'altra località e all'assistenza tesa a favorire l'integrazione nel nuovo contesto esistenziale89.

Disposizioni dettagliate in materia di protezione dei testimoni sono in vigore, ad esempio, anche negli Stati Uniti d'America e in Italia. Inoltre, quasi tutti gli Stati europei dispongono come minimo di regolamentazioni di base in materia di protezione dei testimoni. Ciò è il caso ad esempio della Francia, della Gran Bretagna, della Danimarca, della Svezia e dei Paesi Bassi.

1.6

Piano della regolamentazione proposta

1.6.1

Le disposizioni materiali

Le nuove disposizioni proposte per la protezione dei testimoni si basano sulla giurisprudenza del Tribunale federale e della Corte europea dei diritti dell'uomo secondo la quale, in un contesto caratterizzato da una continua evoluzione sia della criminalità sia delle misure statali in materia di azione penale, i testimoni abbisognano di una maggiore protezione nei confronti di qualsiasi tipo di rappresaglia. Questa circostanza può giustificare delle misure che limitano i diritti della difesa dell'imputato. Al riguardo, è necessario che la protezione dei testimoni non porti a una riduzione inammissibile dei diritti elementari della difesa e che il procedimento penale rimanga complessivamente equo90. L'elevata importanza attribuita a quest'ultima esigenza ha condotto alla proposta di recepire nella PPM una regolamentazione in materia di protezione dei testimoni più snella e restrittiva rispetto a quanto previsto nell'AP-revCPPS (cfr. l'art. 98b del disegno di revisione della PPM ­ nel seguito dis-revPPM ­ e l'art. 162 AP-revCPPS).

Le misure di protezione dei testimoni non possono essere standardizzate, ma al contrario, devono essere esaminate e ordinate di volta in volta individualmente per ogni singolo caso concreto. Il legislatore deve mettere a disposizione uno strumento che consenta, in caso di minaccia credibile, di scegliere tra diverse misure possibili e di poter combinare quest'ultime in modo da assicurare con mezzi appropriati un'adeguata protezione del testimone.

Poiché, a seconda del genere e dell'entità, le misure di protezione dei testimoni possono avere conseguenze rilevanti per i diritti della difesa, le precondizioni basilari per la loro applicazione devono essere disciplinate per legge: ­

89

90

le misure di protezione dei testimoni possono essere adottate unicamente nei casi in cui possono essere giustificate da un interesse pubblico per il perseguimento penale e per la protezione del testimone tale da prevalere sull'esercizio senza restrizioni dei diritti della difesa. Per poter ordinare misure di protezione con conseguenze per i diritti della difesa, bisogna essere in presenza di un delitto di una certa gravità e il testimone deve trovarsi di fronte a un pericolo serio di una certa intensità; Cfr. «Gemeinsame Richtlinien der Innenminister/-senatoren und der Justizminister/-senatoren der Länder zum Schutz gefährdeter Zeugen vom 16.05.1997», in Ministerialblatt für das Land Nordrhein-Westfalen, n. 33, 17.06.1997, pagg. 624­626.

DTF 118 Ia 457, pag. 461 consid. 3b e 125 I 127, pag. 131 seg., pag. 139 consid. 6d/dd, pag. 141 consid. 6d/ee, pag. 146.

699

­

le misure di protezione ordinate sono sempre proporzionate (salvaguardia del principio della proporzionalità): esse devono essere effettivamente appropriate per impedire l'insorgenza di pregiudizi per il testimone o i suoi famigliari. Devono essere ordinate solo le misure strettamente necessarie per la protezione e con le conseguenze minori possibili per i diritti della difesa.

Devono pertanto essere adottate le misure meno drastiche tra quelle che si ritengono più promettenti. Infine, deve essere proporzionato al suo effetto sui diritti della difesa anche lo scopo perseguito con la protezione. Il nucleo dei diritti della difesa deve essere salvaguardato senza restrizioni;

­

le restrizioni, necessarie e proporzionate, dei diritti della difesa devono essere equilibrate per quanto possibile mediante apposite misure compensatrici.

Al riguardo, il criterio determinante è che, malgrado le restrizioni subite dai diritti della difesa, il procedimento deve poter essere ancora considerato equo nel suo complesso. Per ristabilire l'equilibrio procedurale e dare la possibilità all'imputato di disporre di una difesa efficace, devono essere messi a disposizione della difesa mezzi compensatori, quali ad esempio la possibilità di ricevere informazioni sul contenuto delle deposizioni, il diritto di porre domande complementari e di far richiesta dei verbali, come pure la possibilità di far richiesta di un rapporto sulla credibilità allestito dal presidente del tribunale ecc. Tuttavia, le restrizioni risultanti dalle misure di protezione e le conseguenti difficoltà per l'esercizio dei diritti della difesa non possono sempre essere sufficientemente equilibrate da misure compensatrici.

In tal caso non è ammissibile basarsi sulla testimonianza del testimone interessato e l'accusato deve eventualmente essere assolto conformemente al principio «in dubio pro reo».

Si propone quindi di attenersi al principio secondo cui misure di protezione appropriate di carattere generale possono essere adottate a favore di tutti i partecipanti al procedimento se, a causa del ruolo che essi rivestono nel procedimento, sussiste la possibilità che essi o i loro congiunti siano esposti a un pericolo (art. 98a disrevPPM). Inoltre, gli articoli 98b­98d dis-revPPM prevedono che, in condizioni di maggiore gravità rispetto a quelle stabilite dalla norma di base, può essere concessa al testimone e a terzi chiamati a fornire informazioni la garanzia della tutela dell'anonimato quale misura di protezione particolare. La tutela del segreto dell'identità del testimone o delle persone chiamate a dare informazioni dev'essere possibile se essi sono chiamati a esprimersi nell'ambito di un procedimento concernente un delitto grave e se sembra attendibile che, mediante le deposizioni, espongano se stessi oppure congiunti a un serio rischio di subire un pregiudizio ai loro beni giuridici penalmente protetti (art. 98b dis-revPPM). Con la distinzione tra misure di protezione generali, a favore di tutti i partecipanti al procedimento, e la possibilità di garantire se necessario la tutela dell'anonimato ai testimoni e alle persone chiamate a dare informazioni, ci si è distanziati consapevolmente dalla regolamentazione prevista nell'AP-revCPPS (art. 160 cpv. 2 in relazione con l'art. 162). L'ambito in cui le restrizioni dei diritti della difesa devono poter essere ammissibili deve pertanto essere limitato al minimo necessario.

Nell'articolo 98d capoverso 1 dis-revPPM sono menzionate le misure ammissibili in materia di protezione dei testimoni. Il capoverso 2 stabilisce che le misure di protezione devono essere adottate conformemente al principio della proporzionalità e che esse possono limitare i diritti della difesa solo nella misura in cui ciò risulta effetti700

vamente necessario per assicurare una protezione efficace. Il fatto che a tutte le parti deve essere garantito il diritto di essere sentite non deve essere particolarmente menzionato, poiché si tratta di un diritto già sancito dalla Costituzione (art. 29 cpv. 2 Cost.). Le limitazioni giustificate dei diritti della difesa sono equilibrate da misure compensatrici atte ad assicurare un procedimento equo. Poiché per il legislatore è impossibile recepire nella legge tutte le misure di protezione immaginabili con le relative gradazioni e le corrispondenti misure compensatrici, ci si è limitati all'allestimento di un catalogo di misure di protezione presupponendo che in ogni singolo caso particolare se ne potranno derivare le possibili misure compensatrici.

Le misure di protezione dei testimoni devono essere adottate nel quadro di un procedimento prestabilito. Per un'esposizione dettagliata della procedura di garanzia, vedasi il numero 1.6.2. L'identità dei testimoni deve essere tenuta segreta durante le audizioni, nei verbali e negli atti. Questo implica, conformemente all'articolo 98d capoverso 3 dis-revPPM, la creazione di possibilità di identificazione dei testimoni volte a impedire scambi o sostituzioni di persone.

Affinché la deposizione possa aver luogo, per determinati testimoni potranno risultare necessarie anche una protezione, un'assistenza e una consulenza esterne al procedimento. L'articolo 98d capoverso 4 dis-revPPM costituisce la base legale di tali misure di sostegno o di protezione prive di conseguenze per i diritti delle parti.

Le disposizioni in materia di protezione dei testimoni di cui è qui proposta l'integrazione nella PPM e le regolamentazioni della LAV relative alla protezione delle vittime sono intese come complementari tra di loro. Se un testimone-vittima si trova in un pericolo tale da soddisfare le precondizioni stabilite all'articolo 98b dis-revPPM e se possono essere ordinate le misure di cui all'articolo 98d disrevPPM, la protezione ai sensi della PPM è prioritaria rispetto a quella prevista dalla LAV. Per contro, se il testimone-vittima è esposto a un pericolo minore, la presente regolamentazione in materia di protezione dei testimoni prevede che sia applicato unicamente l'articolo 98a dis-revPPM, dotato di un più ampio margine di discrezione. Poiché è possibile che,
per una simile circostanza, nella LAV siano stabilite misure di protezione e di assistenza più specifiche, la LAV sarebbe applicabile in un simile contesto (ovvero nel quadro dell'articolo 98a dis-revPPM) in qualità di lex specialis.

1.6.2

Procedura di garanzia

La garanzia della tutela dell'anonimato non deve competere unicamente all'autorità che emana il pertinente ordine, bensì deve poter essere verificata nel quadro di un apposito sistema di controllo. In considerazione delle circostanze relative alla concessione di misure di protezione destinate a testimoni, è stata analizzata la possibilità di integrare, totalmente o parzialmente, nella regolamentazione in materia di protezione dei testimoni i sistemi di controllo proposti dal Consiglio federale per l'impiego di agenti infiltrati ai sensi della LFIM come pure i sistemi di controllo previsti dalla LSCPT nell'ambito della sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni. Al riguardo, bisogna partire dal presupposto che le misure di protezione dei testimoni devono essere efficaci a partire dal momento in cui sono state ordinate. Le persone minacciate devono pertanto essere protette il più rapidamente possibile e deve sussistere un'effettiva possibilità di otte701

nere le pertinenti deposizioni. D'altra parte, la garanzia della tutela dell'anonimato, in quanto misura radicale, deve in ogni caso essere sottoposta al controllo di un giudice. Tale controllo deve avvenire prima che l'audizione anonima abbia luogo dinanzi a un tribunale. La possibilità di creare una vera e propria procedura di ricorso contro la concessione di misure di protezione dei testimoni ­ ciò che sarebbe corrisposto in pratica a una procedura nella procedura ­ è stata accantonata nella convinzione che il procedimento penale ne risulterebbe complicato e ritardato oltre misura, con il rischio di un venir meno del segreto sull'identità del testimone. Per questo motivo è stata data la preferenza al sistema proposto dalla Commissione peritale, il quale prevede che la garanzia sia obbligatoriamente sottoposta all'esame e all'eventuale autorizzazione da parte del presidente del Tribunale militare di cassazione (TMC), rispettivamente del suo sostituto91. La decisione del presidente del TMC in merito all'autorizzazione è definitiva, cioè è vincolante per tutte le autorità che dovranno occuparsi della pratica, e non può più essere annullata. Questo sistema in tema di autorizzazioni corrisponde a quello adottato per l'esame da parte di un giudice delle decisioni concernenti le intercettazioni telefoniche92.

Al riguardo, all'autorità che emana l'autorizzazione devono essere sottomesse le informazioni essenziali che hanno condotto alla concessione della garanzia. Tale autorità procede in seguito alla ponderazione dei differenti interessi in gioco e provvede a eventuali possibilità di compensazione. A questo stadio non può tuttavia essere garantito il diritto di essere sentito, poiché tale diritto renderebbe in generale inutile la misura di protezione. Per contro, l'autorizzazione della garanzia non esclude l'obbligo del tribunale giudicante di esaminare se l'apparato probatorio è stato acquisito mediante misure conformi alla legge e se le restrizioni dei diritti della difesa risultanti dall'anonimato sono state sufficientemente compensate di modo che nel suo complesso il procedimento possa ancora essere considerato equo. Tuttavia, dal momento in cui è stata autorizzata, la garanzia della tutela dell'anonimato è irrevocabile e vincolante a tutti gli stadi del procedimento per tutte le autorità investite
della pratica. Un testimone a favore del quale è stata garantita e autorizzata la tutela dell'anonimato deve poter contare sul fatto che la sua identità rimarrà segreta. Se ciò non fosse il caso, in presenza del minimo dubbio sulla solidità della garanzia il testimone rifiuterebbe d'esprimersi. La garanzia non potrà essere revocata dal tribunale giudicante neanche se durante la verifica delle prove nell'ambito della procedura probatoria esso dovesse accorgersi che l'anonimato è stato garantito a torto. Le deposizioni ottenute mediante un anonimato garantito a torto costituiscono mezzi di prova ottenuti illegittimamente e non possono essere utilizzate dal tribunale; i corrispondenti verbali e atti devono pertanto essere distrutti. Se in seguito il testimone non è disposto a rilasciare ulteriori deposizioni senza godere di misure di protezione, si dovrà rinunciare al mezzo di prova in questione e accettare la possibilità di un'assoluzione secondo il principio «in dubio pro reo» (cfr. n. 2.1.6).

91 92

702

Cfr. al riguardo n. 2.1.1 e 2.1.6.

Cfr. art. 7 LSCPT (RS 780.1).

1.7

Risultati della procedura preliminare

Si è rinunciato all'esecuzione di una procedura di consultazione presso i Governi cantonali, i partiti politici e ulteriori organizzazioni interessate, perché la prevista revisione non concerne direttamente i Cantoni, non è controversa a livello politico e implica conseguenze limitate a livello di finanze e di personale. Per contro è stata informata sulla revisione la Conferenza dei capi dei dipartimenti di giustizia e polizia. Quest'ultima ha chiesto il parere del Direttore della Giustizia bernese, il quale ha inoltrato la richiesta al Procuratore generale del Cantone Berna. Quest'ultimo ha presentato una presa di posizione dettagliata i cui contenuti hanno potuto essere in parte ripresi nel presente messaggio.

2

Parte speciale

2.1

Modifica della Procedura penale militare

2.1.1

Sostituto del presidente del Tribunale militare di cassazione (art. 15 cpv. 3 secondo periodo dis-revPPM)

Con l'aggiunta di un secondo periodo all'articolo 15 capoverso 3 PPM si propone di demandare al sostituto del presidente del Tribunale militare di cassazione (TMC) la decisione in merito all'autorizzazione delle misure di protezione a favore dei testimoni. In tal modo si eviterà che la persona incaricata di esaminare la decisione sulle misure di protezione sia in seguito ricusata o debba essere esclusa da un successivo procedimento dinanzi al TMC a causa di un'eventuale prevenzione. Mediante la regolamentazione in base alla quale il sostituto del presidente del TMC è competente per le decisioni in merito all'autorizzazione, si fa in modo che il presidente del TMC non sia condizionato nell'ambito di un'eventuale successiva procedura di cassazione.

Dato che la medesima problematica sorge anche nell'ambito di decisioni del presidente del TMC relative alla carcerazione preventiva, alla carcerazione di sicurezza e alla sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni, con il secondo periodo dell'articolo 15 capoverso 3 PPM si propone di rendere competente per tali tre ambiti il sostituto del presidente del TMC. Con il termine «segnatamente» si intende indicare che al sostituto possono essere assegnate decisioni presidenziali nell'ambito di ulteriori questioni simili.

2.1.2

Rifiuto di testimoniare (art. 75 lett. a e c dis-revPPM)

Nell'articolo 75 lettera a PPM in vigore il privilegio della possibilità di rifiutare di testimoniare è accordato ai coniugi, ma non ai concubini o ai conviventi. Tale privilegio è finalizzato a far sì che il testimone non si trovi confrontato con un conflitto di coscienza e non debba scegliere tra il dovere di deporre la verità e la relazione con il partner o la lealtà nei confronti di quest'ultimo. Per questa ragione il testimone deve avere la possibilità di rifiutare di deporre in un procedimento contro il partner. Ai sensi della concezione attualmente dominante nella società, non è più giustificato limitare ai soli coniugi il privilegio del diritto di rifiutare di testimoniare. Tale 703

diritto, al contrario, deve essere accordato anche ai conviventi. Il termine «convivente» corrisponde a quello impiegato nell'articolo 176 capoverso 1 lettera a APrevCPPS. Esso comprende sia i concubini eterosessuali sia i concubini omosessuali.

L'articolo 75 lettera c PPM stabilisce tra l'altro che possono rifiutare di testimoniare le persone che, per asserzione fededegna, a causa della deposizione esporrebbero se stesse o un congiunto al pericolo di un grave pregiudizio. Questo diritto al rifiuto di testimoniare è teso a proteggere il testimone e i suoi congiunti da ingiustizie morali e da pregiudizi materiali93. Quando sono in pericolo la vita o l'integrità fisica, sussiste certamente un grave pregiudizio ai sensi di questa disposizione, pregiudizio che nel caso concreto consentirebbe al testimone di rifiutare di testimoniare94.

Questo diritto al rifiuto di testimoniare può pertanto essere considerato come una delle tante possibilità di proteggere i testimoni. Dal punto di vista del testimone, si tratta di un mezzo di protezione particolarmente efficace, perché ne risulta un importante ridimensionamento del pericolo. Dal punto di vista dell'interesse pubblico per un'azione penale efficace, il rifiuto di testimoniare costituisce tuttavia una misura di protezione in grado di causare il venir meno di un eventuale decisivo mezzo di prova95. Di conseguenza è necessario creare stimoli tali da ridurre i timori del testimone, affinché quest'ultimo rinunci all'esercizio del suo diritto di non testimoniare e contribuisca con la sua deposizione a un'azione penale efficace. Tale stimolo è rappresentato dalle misure di protezione dei testimoni previste agli articoli 98a­98d del presente progetto.

Se a un testimone sono concesse, ai fini della tutela dell'anonimato, misure specifiche di protezione ai sensi degli articoli 98b­98d del presente progetto, misure definite in considerazione della sua concreta e individuale situazione di minaccia e oggettivamente in grado di evitare il realizzarsi di un pericolo, in contraccambio il testimone non è più autorizzato ad appellarsi al diritto di rifiutare di testimoniare. Se, da un lato, lo Stato è vincolato dalla sua promessa di riservatezza (art. 98c cpv. 4 dis-revPPM), dall'altro, il testimone deve essere vincolato dal proprio dovere di testimoniare. Un testimone
che non intende deporre malgrado le misure di protezione garantite dovrà aspettarsi di incorrere nelle conseguenze penali previste all'articolo 82 PPM. Costituirebbe tuttavia un abuso concedere a un testimone misure di protezione oggettivamente insufficienti e negargli sulla base di tale fatto il diritto di rifiutare di testimoniare ai sensi dell'articolo 75 lettera c PPM.

2.1.3

Relazione con le nuove disposizioni degli articoli 10a­10d LAV (art. 84a dis-revPPM)

Il 23 marzo 2001 il Parlamento ha approvato l'ampliamento della LAV, commentato al numero 1.5.1, con i nuovi articoli 10a­10d. Tali disposizioni sono volte a migliorare la situazione procedurale delle vittime minori di 18 anni, ad esempio per quanto concerne la possibilità di evitare un confronto con l'imputato in caso di reati contro l'integrità sessuale. Purtroppo in tale occasione si è tralasciato di ampliare con un esplicito rimando agli articoli 10a­10d LAV l'articolo 84a PPM, il quale, mediante 93 94 95

704

Cfr. Robert Hauser, Der Zeugenbeweis, Zurigo 1974, pagg. 163, 167­175.

Cfr. ad es. Landshut (nota 51 qui innanzi), pag. 117 seg.

Cfr. ad es. Hug (nota 7 qui innanzi), pag. 409 seg.

un apposito rinvio, dichiara applicabili nell'ambito di un procedimento penale militare gli articoli 5­7, 8 capoverso 2 e 10 LAV. A ciò si è inteso rimediare nel quadro della presente revisione facendo sì che gli articoli 10a­10d LAV siano valevoli senza distinzioni anche nell'ambito dei procedimenti penali militari.

2.1.4

Titolo della nuova sezione 14bis e articolo 98a dis-revPPM: «Principio»

La nuova sezione 14bis, inserita tra l'articolo 98 e l'articolo 99 PPM, reca il titolo «Protezione dei partecipanti al procedimento» perché, conformemente al concetto di testimone inteso in senso largo (cfr. n. 1.2.1 qui innanzi), devono essere protette se necessario tutte le persone che, nel quadro di un procedimento penale, depongono in merito a una fattispecie o partecipano a una simile deposizione. Questa concezione è ripresa all'articolo 98a dis-revPPM, dove sono menzionate tutte le persone che possono beneficiare di misure di protezione. È stata in tal modo creata una base legale per l'adozione di misure di protezione a favore di tutte le persone che partecipano a un processo e non solo, come sinora, a favore del tribunale e dell'accusato (cfr. art. 48­50 PPM). Tale disposizione concerne segnatamente anche le persone chiamate a fungere da testimoni in virtù della professione esercitata, anche se l'impiego di tali persone continua a essere disciplinato dalle disposizioni particolari della LFIM. Va infine rilevato che le misure di protezione dei testimoni possono essere adottate tanto a favore dei testimoni a carico quanto in favore dei testimoni della difesa, anche se nella prassi la protezione dei testimoni a carico rappresenta il caso più frequente.

Sotto il profilo sistematico, le nuove disposizioni devono essere integrate dopo gli articoli concernenti i partecipanti al procedimento, ai quali devono giovare, e prima degli articoli che non ne sono interessati. Ne consegue che esse vanno inserite dopo gli articoli 74­98 PPM, concernenti i testimoni, le persone chiamate a dare informazioni, le vittime, i periti, gli interpreti e i traduttori, e prima dell'articolo 99 PPM, concernente il difensore. Le nuove disposizioni devono pertanto essere integrate come articoli 98a­98d in una nuova sezione 14bis tra gli articoli 98 e 99 PPM.

Sotto il profilo dei contenuti, l'articolo 98a dis-revPPM costituisce la disposizione di base della sezione 14bis PPM in materia di protezione dei testimoni. Questa disposizione è finalizzata a consentire l'adozione di tutte le misure di protezione possibili in grado di contribuire, in maniera appropriata e nel senso più largo possibile, alla protezione di una persona minacciata, eccezion fatta per le misure di protezione specifiche di cui agli articoli 98b­98d
dis-revPPM. Tale articolo ha pertanto il valore di clausola generale per le misure di carattere generale necessarie per la protezione dei testimoni. Per l'adozione di misure particolari, segnatamente per la garanzia della tutela dell'anonimato, che influisce fortemente sui diritti della difesa, l'articolo 98b dis-revPPM stabilisce ulteriori specifiche precondizioni. Con tale regolamentazione ci si è consapevolmente distanziati dall'AP-revCPPS. Ai sensi dell'articolo 98b dis-revPPM, la tutela dell'anonimato, in quanto misura di protezione particolarmente incisiva per i diritti della difesa, deve poter essere concessa unicamente a testimoni e a persone chiamate a dare informazioni ­ e quindi non ad altre persone che partecipano al procedimento ­ poiché i testimoni e le persone chiamate a dare informazioni sono indispensabili a un procedimento concreto, men-

705

tre le persone appartenenti alla seconda categoria possono essere sostituite in caso di minaccia.

Perché possano essere ordinate delle misure di protezione, è necessario che a causa della partecipazione dell'interessato al procedimento sussistano dei motivi per ritenere che vi sia un pericolo. In quanto norma di base di ampio respiro, l'articolo 98a dis-revPPM non contempla unicamente le minacce per l'integrità fisica e la vita nonché ulteriori gravi pregiudizi; esso prevede anche la possibilità di adottare, in caso di minacce meno gravi, misure adeguate che, di regola, sono di natura subordinata e non incidono sui diritti della difesa oppure possono facilmente essere compensate. Se sussiste un pericolo, possono essere adottate misure di protezione anche nei casi in cui la partecipazione al procedimento da parte dell'interessato non ha ancora avuto luogo, segnatamente prima che abbiano avuto luogo delle deposizioni. Si è consapevolmente rinunciato a limitare nel tempo l'adozione di misure di protezione. Va da sé che un giudice istruttore o il presidente di un tribunale non possono adottare misure di protezione ancora svariati anni dopo la conclusione del procedimento. Tuttavia ciò non toglie che le misure non devono essere limitate sotto il profilo temporale al periodo che precede la conclusione formale del procedimento. Al contrario, è necessario che le misure di protezione possano essere adottate da altre autorità dopo la conclusione del procedimento fintanto che ciò risulti necessario.

2.1.5

Garanzia della tutela dell'anonimato. Condizioni (art. 98b dis-revPPM)

Con il termine «anonimato» si designano tutti i casi nei quali non può essere stabilita alcuna relazione tra l'identità e le caratteristiche particolari di una persona. Di conseguenza, questo concetto non comprende solamente i casi in cui sono tenute segrete l'identità, la fisionomia e le caratteristiche particolari, ma anche, ad esempio, i casi in cui la fisionomia è nota, ma deve essere impedito che mediante essa si possa risalire all'identità del testimone. L'espressione «garanzia della tutela dell'anonimato» è impiegata per designare, da un lato, l'adozione di misure di protezione dei testimoni destinate a tutelare il segreto dell'identità del testimone e a impedire che tale identità possa essere ricostruita in base a deduzioni oppure essere resa involontariamente o casualmente nota. Dall'altro lato, con questa espressione si designa il fatto che tali misure saranno effettivamente adottate. Per evidenziare che l'anonimato non può essere garantito in via assoluta, è stata adottata l'espressione «tutela dell'anonimato» in vece del semplice termine «anonimato». Se, ad esempio, prima della concessione della protezione, una persona minacciata non ha fatto tutto il possibile per mantenere segreta la propria identità nei confronti di una qualsiasi altra persona, non è più possibile garantire un anonimato assoluto. In tal caso è possibile garantire soltanto che le autorità penali rispetteranno la garanzia di mantenere segreta nel quadro del procedimento l'identità del testimone e delle persone chiamate a dare informazioni. La formulazione adottata mette in rilievo il fatto che lo Stato non deve rispondere della rivelazione dell'identità del testimone commessa per negligenza dalla persona interessata prima della garanzia dell'anonimato. Del rimanente, l'espressione «garanzia della tutela dell'anonimato» è stata adottata anche nell'AP-revCPPS (ad es. nella rubrica dell'art. 162).

706

Mediante la formulazione «affinché la loro identità non sia resa nota a persone che potrebbero arrecare loro danno» è stabilito in maniera esplicita che non sussiste alcun diritto all'anonimato nei confronti di autorità quali il giudice istruttore e il tribunale. L'identificazione da parte di queste autorità è irrinunciabile. Tuttavia, anche in tal caso l'identità deve essere resa nota unicamente se necessario. Nel caso di tribunali collegiali costituiti di cinque giudici, quali i tribunali di divisione, è sufficiente che la vera identità dell'interessato sia nota al presidente del tribunale (cfr.

n. 2.1.7 concernente l'art. 98d cpv. 2 dis-revPPM). Più la cerchia delle persone al corrente è ristretta, maggiori sono le possibilità che i dati da tenere segreti restino tali. Ad esempio, nella causa F. N., la vera identità dei testimoni era nota unicamente al presidente del tribunale. La frase introduttiva dell'articolo 98b dis-revPPM precisa che l'identità deve potere essere tenuta segreta nei confronti di tutte le persone che potrebbero costituire un pericolo.

L'articolo 98b lettera a dis-revPPM stabilisce che, affinché la garanzia della tutela dell'anonimato possa essere concessa, devono essere oggetto del procedimento reati puniti con più di cinque anni di reclusione. Con questa formulazione ci si è scostati dall'articolo 160 capoverso 1 AP-revCPPS. Dato che costituisce un seria limitazione dei diritti della difesa (cfr. nn. 1.1.3.4 e 1.1.3.5 qui innanzi), l'anonimato dei testimoni non deve poter essere concesso nell'ambito di procedimenti concernenti delitti di poca importanza (in simili casi possono essere ordinate, se necessario, misure ai sensi dell'articolo 98a dis-revPPM, che non comportano conseguenze per i diritti della difesa). L'adozione di misure straordinarie è giustificata solamente in circostanze straordinarie96. La garanzia dell'anonimato è motivata infatti dall'interesse particolare dell'azione penale per l'ottenimento di un determinato mezzo di prova.

Un tale interesse, preponderante rispetto all'esercizio senza restrizioni dei diritti della difesa, sussiste di regola solamente in caso di infrazioni particolarmente gravi.

Rientrano nella categoria delle infrazioni particolarmente gravi i crimini, i reati e i delitti punibili con più di cinque anni di reclusione. Si tratta soprattutto delle infrazioni seguenti:

96

­

omicidio, assassinio e omicidio passionale (art. 115­117 CPM);

­

lesioni personali gravi (art. 121 CPM);

­

rapina (art. 132 CPM) così come le forme qualificate di appropriazione indebita (art. 130 n. 2 CPM), furto (art. 131 n. 3 e 4 CPM), truffa (art. 135 cpv. 4 CPM), estorsione (art. 137a n. 2 CPM), ricettazione (art. 137b n. 2 CPM), saccheggio (art. 139 n. 2 CPM) e rapina di guerra (art. 140 cpv. 2 CPM);

­

presa d'ostaggio qualificata (art. 151c n. 3 CPM), ma non il sequestro di persona e il rapimento (art. 151a CPM);

­

coazione sessuale, violenza carnale così come gli atti sessuali con persone incapaci di discernimento o inette a resistere (art. 153­155 CPM);

­

incendio intenzionale, provocazione di un'esplosione, delitti relativi a esplosivi (art. 160, 161, 162, 164 CPM); A differenza di quanto stabilito nell'AP-revCPPS, conformemente al quale la concessione dell'anonimato deve essere ammissibile anche in caso di delitti poco gravi, cfr. rapporto esplicativo concernente il Codice di procedura penale svizzero (nota 63 qui innanzi), pag. 118.

707

­

forme qualificate di determinate infrazioni e delitti specificatamente militari commessi in tempo di guerra quali la disobbedienza, la sedizione, la vigliaccheria, la capitolazione, lo spionaggio, il tradimento militare, il favoreggiamento del nemico (art. 61, 63, 74, 75, 86­91 CPM);

­

gravi violazioni del diritto internazionale umanitario nell'ambito di conflitti armati (art. 109 CPM).

La misura specifica di protezione dei testimoni costituita dalla garanzia della tutela dell'anonimato è prevista unicamente per i testimoni e le persone chiamate a dare informazioni97. Come precisato qui innanzi98, la garanzia dell'anonimato incide considerevolmente sui diritti della difesa. Ciò deve però essere possibile unicamente quando sussiste un interesse pubblico essenziale, vale a dire solamente nei casi in cui, ai fini di un'azione penale efficace, le autorità devono effettivamente fare affidamento su una determinata deposizione. Mentre le altre persone che partecipano al procedimento, quali i traduttori e i periti, sono generalmente protette dal fatto di essere sostituibili, i testimoni e le persone chiamate a dare informazioni sono spesso insostituibili se non si intende rinunciare al procedimento penale. Conformemente alle esperienze fatte sinora, nei processi per crimini di guerra i testimoni temono per la propria sicurezza e per quella dei loro congiunti. Per questa ragione, di regola, il testimone si aspetta che le persone che dirigono il procedimento gli concedano la garanzia dell'anonimato, affinché egli possa effettivamente riferire i fatti solo a lui noti. Se si intende indurre una persona minacciata a collaborare o a deporre, è necessario mettere a disposizione delle autorità incaricate dell'azione penale gli strumenti atti a garantire l'anonimato dei testimoni e delle persone chiamate a dare informazioni.

La protezione ai sensi dell'articolo 98b dis-revPPM è rafforzata rispetto a quella prevista all'articolo 98a dis-revPPM e all'articolo 160 capoverso 1 AP-revCPPS. In ogni caso, tale protezione può essere concessa unicamente ai testimoni o alle persone chiamate a dare informazioni, e non ad altre persone che partecipano al procedimento. Se dovesse capitare che il personale di un tribunale, i traduttori o i periti sono minacciati a tal punto che le misure generali di protezione ai sensi dell'articolo 98a dis-revPPM risultano insufficienti, al fine di proteggere gli interessati si dovrebbe procedere alla sostituzione degli stessi con altre persone. Inoltre, non sono protetti nemmeno il difensore e le parti, ad esempio testimoni che si costituiscono parti civili. La posizione di parte nell'ambito di un procedimento è inconciliabile con la garanzia dell'anonimato. In effetti non
è possibile esercitare i diritti di parte nell'ambito di un processo senza poter essere identificati. Se una delle parti si sente minacciata, deve decidere se deporre in qualità di testimone ­ ed essere pertanto, se necessario, protetta ­ o se deporre in veste di parte e far valere delle pretese civili, senza godere pertanto della garanzia dell'anonimato e di misure di protezione. Per i reati commessi sul nostro territorio nazionale va inoltre notato che possono essere richiesti un indennizzo o una riparazione morale ai sensi della legge federale concernente l'aiuto alle vittime di reati se la persona che si presenta dinanzi al tribunale in qualità di testimone, di persona chiamata a dare informazioni o di parte è vittima ai sensi della LAV di un reato commesso in Svizzera oppure è un congiunto di una 97

98

708

Cfr. però l'art. 160 cpv. 1 AP-revCPPS e il Rapporto esplicativo concernente il Codice di procedura penale svizzero (nota 63 qui innanzi), pag. 118, secondo cui la concessione dell'anonimato deve essere possibile anche per i traduttori e i periti.

Cfr. n. 2.1.4.

vittima e se il reato in questione è stato fonte di difficoltà finanziarie. È infine opportuno rammentare che le misure ai sensi dell'articolo 98d dis-revPPM finalizzate alla protezione dei testimoni devono soddisfare le precondizioni definite all'articolo 98b dis-revPPM. Se tali precondizioni non sono adempiute e se pertanto l'adozione di simili misure per la protezione dei testimoni non è consentita, non è esclusa la possibilità di ordinare, in virtù dell'articolo 5 LAV, misure protettive della vittima volte a impedire che quest'ultima e il reo si trovino l'una in presenza dell'altro.

Se, a causa di un crimine grave ai sensi dell'articolo 98b lettera a dis-revPPM, ha luogo un procedimento e se sono soddisfatte le ulteriori pertinenti precondizioni, possono essere concesse misure di protezione dei testimoni indipendentemente dal fatto che una richiesta in merito sia stata presentata dai testimoni o che intervengano d'ufficio il giudice istruttore o il presidente del tribunale. Possono tuttavia essere ordinate unicamente le misure appropriate e proporzionate ai sensi dell'articolo 98d dis-revPPM.

Mentre alla lettera a sono definiti i requisiti che devono essere soddisfatti dall'oggetto del procedimento, alla lettera b sono indicate le precondizioni per la garanzia della tutela dell'anonimato.

La tutela dell'anonimato è garantita a condizione che, mediante le deposizioni, il testimone o la persona chiamata a dare informazioni espongano a un pericolo se stessi oppure congiunti ai sensi dell'articolo 75 lettera a PPM. Poiché i diritti della difesa sono tanto più limitati quanto più è esteso l'anonimato, il pericolo di un pregiudizio dev'essere di una certa entità affinché le restrizioni dei diritti della difesa siano giustificate. Mediante l'espressione «beni giuridici penalmente protetti» è impiegata una formulazione supplementare, più generica, rispetto a quelle utilizzate all'articolo 160 capoverso 1 AP-revCPPS e all'articolo 98b lettera a dis-revPPM. L'espressione «beni giuridici penalmente protetti» indica il genere di pericolo al quale deve esporre la deposizione affinché la garanzia della tutela dell'anonimato possa essere considerata legittima. Deve cioè sussistere il pericolo di un grave pregiudizio a livello di integrità fisica, sessuale o psichica o sotto il profilo dell'esistenza
economica. Contrariamente all'articolo 160 capoverso 1 AP-revCPPS, l'articolo 98b lettera b dis-revPPM esige che sia credibile che sussista un serio pericolo. La sussistenza di un pericolo sembra credibile se da un punto di vista oggettivo la deposizione può effettivamente esporre a un pericolo. Con l'espressione «serio pericolo» si stabilisce esplicitamente che deve trattarsi di un pericolo concreto; un pericolo unicamente remoto o di natura puramente astratta non è sufficiente per ordinare misure di protezione dei testimoni.

2.1.6

Procedura (art. 98c dis-revPPM)

Sono competenti per la garanzia della tutela dell'anonimato il giudice istruttore oppure, se la necessità di misure relative alla protezione dei testimoni è sorta solo durante lo svolgimento successivo del procedimento, il presidente del tribunale interessato (art. 98c cpv. 1 dis-revPPM). La garanzia della tutela dell'anonimato è data in primo luogo dal giudice istruttore, che di regola è la prima persona ad avere dei contatti con un testimone non disposto a deporre prima di avere ottenuto la garanzia.

Per quanto concerne la protezione dei testimoni della difesa, è per contro ipotizzabile che il presidente del tribunale sia competente per ordinare delle misure di prote709

zione già allo stadio dell'istruzione, come per esempio nei casi in cui sono minacciati sia testimoni a carico sia testimoni della difesa e il coinvolgimento del giudice istruttore nelle misure tese alla protezione di ambedue i gruppi di testimoni potrebbe comportare delle difficoltà.

La garanzia della tutela dell'anonimato ha effetto immediato. Le misure di protezione possono essere adottate immediatamente ­ come ad esempio nel quadro dell'allestimento degli atti d'istruzione. Le misure di protezione sono valevoli per tutti gli stadi del procedimento e per tutte le persone che vi partecipano. Tuttavia esse diventano vincolanti e irrevocabili solo a partire dal momento in cui sono state esaminate e approvate dall'autorità competente, vale a dire dal presidente del Tribunale militare di cassazione (TMC; art. 98c cpv. 4 dis-revPPM. Cfr. al riguardo anche il n. 1.6.2). Deve essere approvata la garanzia della tutela dell'anonimato in quanto tale e non il genere di misure adottate né la loro concretizzazione nella prassi.

L'audizione di un testimone al quale è stata garantita la tutela dell'anonimato può aver luogo solo a partire dal momento in cui è stata data la pertinente approvazione (art. 98c cpv. 3 secondo periodo dis-revPPM). Prima di procedere all'audizione dei testimoni, il tribunale di prima istanza deve pertanto attendere che l'istanza competente per l'autorizzazione abbia deciso in merito alla garanzia dell'anonimato.

L'organo che concede la garanzia dell'anonimato deve presentare entro 30 giorni al presidente del TMC ­ o al suo sostituto (cfr. n. 2.1.1) ­ la pertinente richiesta d'approvazione della garanzia, unitamente a tutti i dati necessari per la valutazione della sua legalità. All'autorità competente per l'autorizzazione devono essere presentate le informazioni essenziali che hanno portato alla concessione della garanzia, non però gli atti completi, poiché altrimenti l'onere e il tempo necessari per la verifica sarebbero troppo elevati. Il rischio che siano messe a disposizione informazioni insufficienti è evitato concedendo al presidente del TMC ­ rispettivamente al suo sostituto ­ la possibilità di esigere, se necessario, la presentazione di informazioni supplementari e di ulteriori prove (art. 98c cpv. 2 dis-revPPM). Se la garanzia concessa non è presentata a fini d'approvazione
entro il termine stabilito, le deposizioni acquisite sotto l'egida dell'anonimato non possono essere utilizzate nel procedimento e devono essere tolte dagli atti ed essere conservate separatamente sotto chiave sino a quando il procedimento è concluso e cresciuto in giudicato, dopodiché dovranno essere distrutte (art. 98c cpv. 3 primo periodo dis-revPPM). L'organo competente può tuttavia nuovamente garantire l'anonimato, ripresentare tale garanzia a fini d'approvazione e ripetere le audizioni.

Nell'ambito della verifica della legalità della garanzia, il presidente del TMC ­ o il suo sostituto ­ procede alla ponderazione, conformemente all'articolo 98d capoverso 2 dis-revPPM, degli interessi dell'imputato, dell'azione penale e del testimone minacciato. Se egli approva la garanzia della tutela dell'anonimato, quest'ultima è vincolante per tutte le autorità che si occupano del caso e non può più essere revocata (art. 98c cpv. 4 dis-revPPM)99. Se invece egli si rifiuta di dare la pertinente approvazione, le deposizioni acquisite sotto l'egida dell'anonimato non possono essere utilizzate nel procedimento. Inoltre, i pertinenti verbali e le conclusioni che ne sono risultate devono essere tolti dagli atti ed essere conservati separatamente sotto chiave sino a quando il procedimento è concluso e cresciuto in giudicato, dopodiché do99

710

Come stabilito pure all'art. 162 cpv. 4 AP-revCPPS, cfr. rapporto esplicativo concernente il Codice di procedura penale svizzero (nota 63 qui innanzi), pag. 119.

vranno essere distrutti (art. 98c cpv. 3 primo periodo dis-revPPM)100. Se, in mancanza di misure di protezione, il testimone non è più disposto a deporre, è possibile che si debba rinunciare al mezzo di prova, cioè alla deposizione.

Si è consapevolmente rinunciato a definire un termine entro il quale il presidente del TMC ­ o il suo sostituto ­ debba decidere in merito all'autorizzazione. La decisione deve essere presa il più presto possibile, tuttavia va assolutamente evitato che un procedimento importante e complesso fallisca perché, definito un termine, la persona competente non ha potuto esaminare con cura e per tempo la garanzia della tutela dell'anonimato. Con questa regolamentazione si è voluto garantire un certo livello di qualità della decisione in merito all'autorizzazione.

La decisione in merito all'autorizzazione emessa dal presidente del TMC ­ o dal suo sostituto ­ è definitiva. Una garanzia approvata è vincolante per tutte le autorità coinvolte nel procedimento e non può più essere revocata (art. 98c cpv. 4 disrevPPM)101. È determinante ai fini della valutazione della minaccia la situazione al momento della concessione della garanzia. Il fatto che la minaccia possa evolvere e, per esempio, non sussistere più al momento del giudizio, non deve portare a una revoca dell'anonimato senza il consenso del testimone interessato. Sono vincolanti e irrevocabili anche le garanzie dell'anonimato ottenute illegalmente. In tal modo si intende assicurare la certezza del diritto. Quando decide di deporre nell'ambito del procedimento, il testimone deve potere contare sul fatto che la garanzia dell'anonimato non verrà meno. Se tuttavia la garanzia dell'anonimato presenta dei vizi ­ se ad esempio è stata ottenuta illegalmente o se la garanzia dell'anonimato è stata concessa senza una precisa conoscenza dello stato delle cose ­ ne consegue la non utilizzabilità delle corrispondenti deposizioni. Va tuttavia rammentato che il tribunale competente non può revocare la garanzia della tutela dell'anonimato. Esso può però verificare nell'ambito della procedura probatoria in quali circostanze la concessione ha avuto luogo ed è stata approvata e, se dovesse constatare dei vizi, decidere la non utilizzabilità della deposizione. In simili casi la persona interessata può rinunciare volontariamente alla garanzia
dell'anonimato e deporre in veste di «normale» testimone, ai sensi di un'eccezione all'irrevocabilità della garanzia dell'anonimato. È inoltre ipotizzabile che il testimone protetto rinunci alla garanzia dell'anonimato nell'interesse dell'azione penale se la sua deposizione costituisce l'unico mezzo di prova sussistente o il mezzo di prova decisivo e se, in mancanza di una sua deposizione senza il ricorso all'anonimato, un'assoluzione risulterebbe inevitabile conformemente alla giurisprudenza del Tribunale federale e della Corte europea dei diritti dell'uomo.

Non sarebbe tuttavia opportuno fare in modo che la garanzia della tutela dell'anonimato possa essere modificata o revocata nei casi in cui è stata ottenuta in maniera abusiva oppure risulta non essere più necessaria. Se i testimoni devono aspettarsi che la garanzia dell'anonimato possa essere revocata senza il loro consenso nel corso di un procedimento, le persone disposte a testimoniare dinanzi a un tribunale sarebbero ben poche. Inoltre nel diritto svizzero ­ contrariamente a quanto previsto dal diritto dei tribunali penali internazionali ­ non sono previsti programmi di protezione dei testimoni che consentano di garantire la sicurezza di un testimone anonimo che è stato identificato102. Per questa ragione, se non è possibile escludere 100 101 102

Come stabilito anche all'art. 162 cpv. 3 AP-revCPPS.

Come stabilito anche all'art. 162 cpv. 4 AP-revCPPS.

Cfr. n. 1.4.1.2.

711

l'insorgere di seri pericoli per il testimone o i suoi congiunti, la garanzia della tutela dell'anonimato non deve essere revocata e le misure di protezione non devono essere soppresse nemmeno nei casi in cui risulta che non sono più necessarie o che sono state ottenute in via abusiva. Tuttavia, non si può fare a meno di costatare che una garanzia della tutela dell'anonimato ottenuta abusivamente e misure di protezione non più necessarie presentano conseguenze ingiuste e sproporzionate per i diritti della difesa. Ciononostante, se nell'ambito della procedura probatoria giunge alla conclusione che la garanzia è stata ottenuta mediante un abuso, il tribunale competente non può revocarla. Tuttavia, una volta constatato che la relativa deposizione non può essere utilizzata come mezzo di prova, il tribunale deve escluderla come mezzo di prova. A ciò si aggiunge il fatto che un testimone che ha indotto in via abusiva l'autorità competente a garantirgli la tutela dell'anonimato può essere eventualmente chiamato a rispondere di un delitto contro l'amministrazione della giustizia (art. 176­179a CPM).

Le misure di protezione autorizzate devono essere rapidamente concretizzate qualora ci si rendesse conto che la loro attuazione non è ancora stata avviata. Non è ammissibile che misure di sicurezza siano autorizzate e poi accantonate, quasi a mo' di «scorte», per essere realizzate solo settimane o mesi dopo l'autorizzazione103.

2.1.7

Misure (art. 98d dis-revPPM)

Il capoverso 1 enumera le misure che possono essere adottate per concretizzare la garanzia della tutela dell'anonimato. L'elenco comprende generi, vale a dire categorie, di misure. I generi di misure ammesse sono enumerati in maniera esaustiva104; la prassi non può dunque contemplare generi di misure supplementari a quelli previsti alle lettere a­g. A causa delle conseguenze incisive sui diritti della difesa risultanti da simili misure, le categorie di misure ammissibili devono essere determinate dal legislatore e non dalla prassi. Tuttavia, all'interno delle singole categorie di misure ­ ad esempio nell'ambito della misura figurante alla lettera d («modificare l'aspetto o la voce della persona da interrogare oppure celare quest'ultima alla vista») ­ sono ammissibili diverse possibilità di concretizzazione nella prassi. La non visibilità del testimone può essere realizzata, ad esempio, mediante l'impiego di un pannello divisorio che nella sala del tribunale separa il testimone dalle persone che non devono poterlo vedere, oppure mediante l'audizione del testimone in un'altra sala unitamente alla diffusione audiovisiva in diretta nella sala del tribunale, con la fisionomia o la voce del testimone modificati mediante appositi mezzi tecnici. È inoltre possibile una combinazione dei diversi generi di misure enumerati al capoverso 1. Ad esempio, ai fini della salvaguardia dell'anonimato, si dovrà di regola limitare il diritto della difesa di consultare gli atti (lett. f). In generale, questa sola misura non è tuttavia sufficiente per la protezione del testimone, motivo per cui dovrà di solito essere accompagnata da misure complementari, quale l'audizione della persona senza che ne sia rivelato il nome (lett. c). Va inoltre osservato che, oltre alle misure elen-

103

Cfr. la sentenza della CEDU del 14.2.2002 nel caso Visser contro i Paesi Bassi, ricorso n. 26668/95, § 47.

104 Cfr. tuttavia l'art. 161 cpv. 2 AP-revCPPS e il Rapporto esplicativo concernente il Codice di procedura penale svizzero (nota 63 qui innanzi), pag. 118, dove l'elenco delle misure di protezione non è da intendere come esaustivo.

712

cate all'articolo 98d dis-revPPM, possono essere adottate ai fini della protezione dei testimoni ulteriori misure previste in altre disposizioni della PPM, quali l'udienza a porte chiuse (conformemente all'art. 48 PPM).

La lettera a consente, in caso di necessità, di procedere all'audizione in assenza delle parti. L'audizione della persona da proteggere può per esempio svolgersi in assenza dell'imputato, ma con la partecipazione del suo avvocato. Secondo le circostanze, è possibile escludere, eccezionalmente, sia la presenza dell'imputato che quella del suo avvocato. In taluni casi, può essere escluso da un'audizione dinanzi al tribunale pure l'accusatore. L'esclusione delle parti dall'audizione ­ soprattutto qualora siano esclusi l'imputato e il suo avvocato ­ costituisce una misura particolarmente incisiva, poiché le parti escluse non sono in grado di prendere direttamente conoscenza delle caratteristiche e delle modalità della deposizione, segnatamente delle reazioni, della mimica e del linguaggio corporeo del testimone durante la deposizione, con il conseguente venir meno di un aspetto essenziale ai fini della valutazione della credibilità. Tuttavia, come è risultato ad esempio dai processi svoltisi in Germania contro i terroristi della RAF, non può essere escluso che informazioni sensibili siano trasmesse a persone pericolose dai rispettivi avvocati. Per questo motivo deve sussistere anche la possibilità di escludere dall'audizione dinanzi al tribunale, in via eccezionale, il difensore.

La lettera b consente al tribunale di procedere in assenza delle parti all'identificazione della persona da interrogare (identificazione necessaria in ogni caso ed eseguita sulla base delle generalità del testimone anonimo) e di procedere successivamente alla deposizione vera e propria in presenza delle parti. Nel caso F. N., ad esempio, i testimoni sono stati dapprima identificati dal presidente del tribunale in un locale contiguo e l'audizione si è svolta in seguito nella sala del tribunale senza menzione delle identità e di caratteristiche tali da consentire un'identificazione.

La lettera c stabilisce espressamente che un'audizione può svolgersi senza che sia rivelato il nome della persona interrogata. È in tal modo creata una base per una deroga al dovere di informazione sulle condizioni personali ai
sensi dell'articolo 80 PPM. Questa misura di protezione è frequentemente combinata con le misure previste alle lettere b e f. Ai fini dell'anonimizzazione ci si può avvalere di nomi fittizi, di numeri fittizi o ricorrere ad altri metodi. La facoltà di scegliere il mezzo di anonimizzazione adeguato spetta all'autorità competente.

La lettera d costituisce la base legale per le diverse possibilità di separare i testimoni sotto il profilo visivo e uditivo, mediante mezzi tecnici o di altro genere, nonché per la modifica dell'aspetto e della voce degli interessati. Per rendere irriconoscibile un volto, si può far uso per esempio di trucco, di parrucche o di occhiali scuri. La voce può essere modificata ad esempio mediante pezzi di stoffa applicati sulla bocca oppure tramite la deformazione dei suoni nell'ambito di una trasmissione audiovisiva105. Le misure di protezione del testimone previste dalla lettera d assumono un particolare rilievo in considerazione del fatto che, dal punto di vista della difesa e delle esigenze in materia di equità del procedimento, è sempre preferibile che il testimone compaia dinanzi al tribunale e ­ anche se separato o reso irriconoscibile ­ testimoni dal vivo in presenza della difesa anziché deporre per scritto o oralmente in

105

Cfr. DTF 125 I 149 seg.

713

assenza di quest'ultima (lett. a e e)106. La facoltà di scegliere i mezzi appropriati nei singoli casi concreti spetta all'autorità competente.

La lettera e consente di integrare in via eccezionale nel dibattimento dinanzi al tribunale, dando lettura del pertinente verbale, la deposizione rilasciata dinanzi al giudice istruttore. Al pari di quella prevista alla lettera a, anche questa misura porta a un'importante restrizione dei diritti della difesa perché toglie alla difesa la possibilità di valutare e mettere in discussione la credibilità personale del testimone sulla base del comportamento di quest'ultimo durante la deposizione dinanzi al tribunale107. La lettura del verbale può essere adottata unicamente nei casi in cui l'interrogatorio durante il dibattimento potrebbe portare a un sospensione dell'anonimato garantito.

La lettera f costituisce la base per una deroga all'articolo 110 capoverso 3 PPM, deroga consistente nella possibilità di limitare il diritto della difesa di consultare gli atti anche dopo la conclusione dell'istruzione preparatoria. Ai sensi della lettera f, la limitazione del diritto di consultare gli atti è ammissibile tuttavia unicamente per quanto concerne l'identità delle persone protette e tutte le informazioni che potrebbero consentire di identificarle. La lettera f infatti non consente un divieto totale di accesso agli atti o di determinate parti degli atti. La possibilità di prendere visione delle deposizioni o almeno di una parte di esse deve essere assicurata nella misura in cui ciò può aver luogo senza pregiudicare le misure di protezione108. Se ciò non dovesse essere possibile, in via sostitutiva deve comunque essere comunicato alla difesa il contenuto essenziale delle deposizioni. Gli atti o i componenti di essi per i quali, in virtù della lettera f, è stata decisa una restrizione del diritto di consultazione sono conservati in buste sigillate, sono nuovamente inseriti in buste sigillate dopo ogni consultazione autorizzata e, una volta che il procedimento è concluso e cresciuto in giudicato, sono archiviati (in buste sigillate) unitamente al resto degli atti.

La lettera g consente di interrogare i testimoni presenti nel corso del dibattimento per scritto anziché oralmente. Possono essere formulate per scritto unicamente le domande, unicamente le risposte oppure
sia le domande sia le risposte. Questa misura è adottata soprattutto nei casi in cui il modo di parlare della persona da interrogare presenta una caratteristica specifica, quale un difetto di pronuncia tale da consentirne l'identificazione e che non può essere dissimulato in altro modo109, oppure nei casi in cui il contenuto stesso della domanda potrebbe rendere possibile l'identificazione.

Il capoverso 2 dell'articolo 98d dis-revPPM esige che, nel momento di definire le misure di protezione, si proceda a una ponderazione di tutti gli interessi in gioco, vale a dire degli interessi dell'imputato, dell'azione penale e della persona da proteggere110. Le misure ordinate devono essere proporzionate, ciò che significa che devono essere appropriate alla protezione perseguita, devono essere eque in rapporto alla conseguente restrizione dei diritti della difesa e devono costituire il mezzo meno drastico tra quelli adottabili per concretizzare la necessaria protezione. L'estensione delle misure di protezione deve inoltre essere appropriata e proporzionata sotto il

106 107 108 109 110

714

Cfr. DTF 125 I 127, 149 seg., pag. 156.

Cfr. DTF 125 I 127, pag. 156.

Cfr. DTF 125 I 127, 146, pag. 156 seg.

Cfr. DTF 125 I 127, pag. 150.

Cfr. DTF 125 I 127, pag. 155.

profilo temporale e a livello personale ed essere definita di conseguenza. I diritti della difesa subiscono una restrizione più o meno incisiva a seconda del genere, della durata, dell'intensità e dell'entità delle misure di protezione adottate. Di regola la restrizione dei diritti della difesa è giustificata unicamente nei casi in cui risulta necessaria per la protezione della persona da interrogare, quando sussiste un interesse pubblico essenziale, vale a dire preponderante, per l'azione penale e se non è accettabile il venir meno dell'azione penale a causa della mancanza di deposizioni (cfr.

n. 2.1.6). I diritti della difesa ­ compreso il diritto di essere sentiti sancito dall'articolo 29 capoverso 2 Cost. ­ devono in ogni caso essere limitati soltanto nella misura in cui ciò risulta effettivamente necessario per la protezione dei testimoni.

La restrizione dei diritti della difesa risultante dalle misure di protezione dei testimoni ordinate nei singoli casi deve essere controbilanciata mediante pertinenti misure compensatrici111. Affinché possa soddisfare questa precondizione nel momento in cui ordina le pertinenti misure, l'autorità competente deve dapprima verificare e valutare l'entità della minaccia, esaminare le possibili misure di protezione e considerare nel contempo quali misure compensatrici è possibile adottare. Se i diritti della difesa non possono essere sufficientemente compensati e non è garantito un procedimento complessivamente equo con la possibilità di una difesa efficace, è necessario rinunciare alla deposizione della persona interessata, conformemente alla giurisprudenza del Tribunale federale e della Corte europea dei diritti dell'uomo (cfr.

n. 1.1.3.5)112.

Tra le misure di protezione e la salvaguardia dei diritti della difesa sussiste un complesso campo di tensione113. Nell'ambito della motivazione della sentenza, il coefficiente di importanza da attribuire alla deposizione di un determinato testimone è inversamente proporzionale all'entità della restrizione subita dai diritti della difesa. È pertanto nell'interesse dell'azione penale far sì, da un lato, che a un testimone minacciato non sia concessa una protezione troppo esigua, poiché in tal caso il testimone si rifiuterebbe di deporre nonostante la protezione concessa, dall'altro, che non gli si conceda una protezione
troppo elevata, perché ne risulterebbe per i diritti della difesa una restrizione tale da impedire una sufficiente compensazione, ciò che comporterebbe una riduzione della forza probante della deposizione del testimone.

L'audizione orale di un testimone nascosto al pubblico durante il dibattimento, ad esempio, consente per lo meno alle parti e al tribunale di valutare la credibilità delle deposizioni, perché è loro possibile prendere direttamente conoscenza, tra l'altro, del comportamento, delle reazioni, della mimica e del linguaggio corporeo del testimone durante la deposizione. Per contro, la lettura delle deposizioni rilasciate durante l'istruzione, in luogo dell'audizione orale dinanzi al tribunale, non consente alla difesa di valutare autonomamente la credibilità di una determinata deposizione.

I diritti della difesa subiscono in tal caso una considerevole restrizione e l'interrogatorio da parte di terzi, quale misura di compensazione finalizzata alla verifica della credibilità, è possibile solo in maniera limitata. La situazione è ancora più complessa se si considera la credibilità del testimone stesso. In effetti, anche in caso di deposizione diretta dinanzi al tribunale, la difesa non è comunque in grado di verificare 111

Cfr. DTF 125 I 127, pag. 139 consid. 6d/dd, pag. 145 consid. 8, pag. 151 segg. consid. 9, pag. 156 segg. consid. 10a.

112 Cfr. DTF 125 I 127, pag. 157.

113 Cfr. DTF 125 I 127, pag. 155 segg. consid. 10a, pag. 157; come anche n. 1.1.3.5 qui innanzi.

715

autonomamente la credibilità personale di un testimone anonimo o celato. Per la verifica della credibilità personale del testimone, la difesa abbisognerebbe di indicazioni concernenti la persona del testimone, la sua personalità in generale, la sua evoluzione personale, le sue condizioni familiari ed esistenziali nonché le sue relazioni private e professionali, vale a dire proprio di quelle indicazioni che devono essere tenute segrete ai fini della protezione. In tal caso la difesa deve limitarsi essenzialmente a mettere in dubbio la credibilità dei contenuti della deposizione, ciò che costituisce una restrizione profonda dei diritti della difesa. Questa difficoltà può essere compensata, almeno in parte, da determinate misure. Tra queste figura innanzitutto il fatto che il presidente del tribunale ­ il quale può prendere visione della totalità degli atti (dati relativi all'identità del testimone compresi) e interrogare personalmente e senza restrizioni il testimone ­ mette per scritto in un pertinente rapporto i dati di cui è venuto a conoscenza, le esperienze raccolte e le osservazioni fatte durante l'interrogatorio. Tale rapporto consente alla difesa di procedere a una valutazione ­ anche se soltanto indiretta ­ della credibilità114. Le informazioni e le prove raccolte nell'ambito delle misure compensatrici devono essere accuratamente considerate dal tribunale, il quale deve inoltre verificare che cosa, nel singolo caso, è stato effettivamente testimoniato e cosa invece costituisce una semplice valutazione soggettiva115.

In virtù del capoverso 3, prima dell'inizio dell'audizione di una persona da proteggere, la persona competente per l'audizione deve assicurarsi, da un lato, che sia interrogata la persona giusta e che non siano possibili né scambi di persona tra i diversi testimoni né sostituzioni di testimoni con terzi116, dall'altro, che la pertinente verifica dell'identità non pregiudichi l'anonimato garantito117. Il TPIR, ad esempio, verifica che l'identità della persona da interrogare corrisponda all'identità della persona effettivamente interrogata attribuendo all'interessato, in occasione della garanzia della tutela dell'anonimato, un numero, uno pseudonimo o un acronimo fittizio registrato, unitamente alle reali generalità, in un documento segreto conservato sotto chiave dal tribunale. Durante
tutte le audizioni e nella totalità dei verbali e degli atti la persona è nominata mediante il numero, lo pseudonimo o l'acronimo attribuitole.

Se necessario, ad esempio all'inizio dell'audizione dinanzi al tribunale, la persona può essere identificata dal presidente del tribunale, previa esclusione delle parti e del pubblico, sulla base del numero, dello pseudonimo o dell'acronimo attribuitole nonché del corrispondente documento segreto. Il presidente del tribunale può ugualmente farsi confermare l'identità dell'interessato dal giudice istruttore che ha condotto la procedura preliminare o dal presidente di un'eventuale istanza precedente118.

Il capoverso 4 costituisce la base per le misure di sostegno e di protezione che non portano a una restrizione dei diritti delle parti, segnatamente dei diritti della difesa.

Misure globali di assistenza e di consulenza, rivelatesi necessarie ad esempio per testimoni provenienti dal Ruanda (a causa del divario culturale), in linea di principio non presentano conseguenze per i diritti della difesa e devono essere possibili in

114 115 116 117 118

716

Cfr. DTF 125 I 127, pag. 156 seg.

Cfr. DTF 125 I 127, pag. 157; Gnägi (nota 51 qui innanzi), pag. 153 segg.

Come stabilito anche all'art. 162 cpv. 5 AP-revCPPS.

Cfr. DTF 125 I 127, pag. 153 consid. 9c.

Cfr. al riguardo anche il rapporto esplicativo concernente il Codice di procedura penale svizzero (nota 63 qui innanzi), pag. 119 seg.

virtù dell'articolo 98d capoverso 4 dis-revPPM. In base a questa disposizione devono essere possibili anche altre misure di protezione extra procedurali che non toccano né i diritti della difesa né gli interessi dell'azione penale. Simili misure di protezione neutre devono poter essere ordinate prima, durante e dopo il procedimento dall'autorità competente, la quale, ad esempio nel caso di misure di assistenza o di consulenza, potrebbe essere anche un'autorità amministrativa. Tuttavia tra tali misure neutre di sostegno e di protezione a favore dei testimoni non figura la concessione dell'assistenza da parte di un avvocato che funga da patrocinatore, poiché l'adozione di una simile misura di sostegno inciderebbe sul rapporto tra i partecipanti al processo. Contrariamente all'articolo 161 capoverso 3 AP-revCPPS, si rinuncia consapevolmente a una base legale per la concessione di un patrocinatore, poiché nel sistema giudiziario svizzero i testimoni godono, in materia, di un sostegno sufficiente da parte delle autorità.

2.2

Modifica del Codice penale militare

2.2.1

Situazione di partenza

Nel 1967 la Svizzera ha sottoposto a revisione il Codice penale militare introducendo nuove disposizioni concernenti la punizione di violazioni del diritto internazionale in caso di conflitti armati. Tale revisione ha avuto luogo essenzialmente per consentire l'adempimento agli obblighi in materia di azione penale derivanti dalla firma delle Convenzioni di Ginevra (cfr. n. 1.1.4). In base alle Convenzioni di Ginevra, gli Stati contraenti sono tenuti a ricercare le persone accusate di aver violato le Convenzioni ­ presunti criminali di guerra compresi ­ a deferirle, indipendentemente dalla loro nazionalità, dinanzi a un tribunale o a consegnarle a uno Stato contraente interessato al procedimento119. Da questa formulazione degli obblighi dello Stato contraente non risulta chiaramente se nei pertinenti casi debba valere il principio dell'universalità o il principio della giurisdizione penale sostitutiva120. Sia il principio dell'universalità sia il principio della giurisdizione penale sostitutiva sono volti al medesimo fine, cioè a far sì che mediante una particolare connessione delle competenze si eviti che persone ree di delitti ritenuti particolarmente gravi dalla comunità giuridica internazionale ­ quali il genocidio, i crimini di guerra, la tratta delle donne, dei bambini e degli schiavi, i dirottamenti aerei, la pirateria e determinate forme di atti violenti di natura terroristica ­ possano sottrarsi al perseguimento

119

Cfr. ad es. l'art. 50 cpv. 2 della Seconda convenzione (nota 20 qui innanzi) e l'art. 129 cpv. 2 della Terza convenzione (nota 20 qui innanzi).

120 Cfr. ad es. Dietrich Oehler, Internationales Strafrecht, 2a ed., Colonia 1983, pag. 521; Kathrin Bremer, Nationale Strafverfolgung internationaler Verbrechen gegen das humanitäre Völkerrecht, Francoforte 1999, pag. 123 segg.; Marc Henzelin, Le principe de l'universalité en droit pénal international, Basilea 2000, pag. 351 segg.

717

penale fuggendo dal luogo del delitto in un altro Stato121. In base al principio dell'universalità vero e proprio, ciascuno Stato si impegna nei confronti di tutti gli altri Stati a perseguire e a punire conformemente alle proprie leggi tutti i rei di delitti ritenuti particolarmente gravi dalla comunità giuridica internazionale, a prescindere dal luogo di perpetrazione, dalla nazionalità dei colpevoli nonché dalla nazionalità della vittima122. Il principio dell'universalità vero e proprio è completamente indipendente dalla possibilità o meno di estradare il reo123. Una delle caratteristiche del principio della giurisdizione penale sostitutiva è per contro il fatto che l'obbligo di perseguimento penale è soltanto sussidiario; ciò significa che l'assunzione del perseguimento penale è possibile se e perché l'estradizione non è ammissibile124. Il retroscena di questa regolamentazione risiede nel fatto che il collegamento della giurisdizione secondo il principio della territorialità ­ cioè la competenza delle autorità penali nel luogo di perpetrazione ­, è considerato a livello internazionale la regola primaria per la delimitazione del potere punitivo statale125. Lo Stato in cui il delitto è stato commesso rivendica pertanto di regola la competenza primaria per il perseguimento dei reati perpetrati sul suo suolo nazionale. In base al principio della giurisdizione penale sostitutiva, per uno Stato in cui non è stato commesso il reato ­ di regola si tratta dello Stato in cui dimora il colpevole ­ sussiste una competenza in materia unicamente se lo Stato in cui il reato ha avuto luogo non è in grado o non ha l'intenzione di eseguire il perseguimento penale conformemente alle aspettative della comunità giuridica internazionale. Lo stesso vale anche qualora il diritto dello Stato in cui dimora il colpevole si contrappone a un'estradizione allo Stato in cui è stato commesso il delitto a causa della possibilità che in quest'ultimo sia inflitta al colpevole la pena di morte o una pena lesiva della sua integrità corporale126, con la conseguente inammissibilità dell'estradizione per lo Stato al quale è stata presentata la richiesta. Ne consegue che il principio della giurisdizione penale sostitutiva è una specie di principio dell'universalità «sussidiario»127.

Poiché le Convenzioni di Ginevra prevedono la possibilità dell'estradizione in vece del giudizio nella propria giurisdizione, il Consiglio federale ha interpretato sin dal121

122

123 124 125 126 127

718

Cfr. ad es. Michael Herdegen, Völkerrecht, Monaco 2000, § 26 n. marg. 13; Stefan Trechsel/Peter Noll, Schweizerisches Strafrecht, Allgemeiner Teil I, 5a ed., Zurigo 1998, § 14 B.6, pag. 61 seg.; José Hurtado Pozo, Droit pénal, partie générale I, 2a ed., Zurigo 1997, nota 443.

I due concetti «principio dell'universalità» e «principio della giurisdizione penale sostitutiva» non sono sempre chiaramente distinti; con il principio dell'universalità è designata talvolta anche una regolamentazione che stabilisce piuttosto una giurisdizione penale sostitutiva, come ad es. in Jörg Rehberg/Andreas Donatsch, Strafrecht I, 7a ed., Zurigo 2001, pag. 40; Hurtado Pozo (loc. cit.), nota 446 seg.

Cfr. al riguardo ad es. Rehberg/Donatsch (nota 121 qui innanzi), pag. 47 seg.; Oehler (nota 120 qui innanzi), pagg. 497 segg. e 519 segg.; DTF 116 IV 247 = Pra 1992 n. 67 pag. 249 consid. 3; Bremer (nota 120 qui innanzi), pag. 123 segg., 132 segg. e 258 segg.; Henzelin (nota 120 qui innanzi), pag. 29; Hurtado Pozo (nota 121 qui innanzi), nota 443 seg.; Franz Riklin, Schweizerisches Strafrecht, Allgemeiner Teil I, Zurigo 1997, § 8 nota 34.

DTF 116 IV 247 = Pra 1992 n. 67 pag. 249 consid. 3.

DTF 116 IV 247 = Pra 1992 n. 67 pag. 249 consid. 3; cfr. Hurtado Pozo (nota 121 qui innanzi), nota 445.

DTF 108 IV 145, pag. 146 consid. 3; Rehberg/Donatsch (nota 121 qui innanzi), pag. 49.

DTF 113 Ib 183, pag. 185 consid. 3; Hauser/Schweri (nota 40 qui innanzi), § 21.14; cfr.

n. 3.2.

Cfr. ad es. Henzelin (nota 120 qui innanzi), pag. 29; Günter Stratenwerth, Schweizerisches Strafrecht, Besonderer Teil I, 5a ed., Berna 1995, § 5 nota 21.

l'inizio l'obbligo di perseguire assunto con la firma di tali Convenzioni come l'obbligo di giudicare o estradare il presunto colpevole (aut iudicare aut dedere), quindi come un obbligo ai sensi del principio della giurisdizione penale sostitutiva rispettivamente del principio dell'universalità «sussidiario»128. Inoltre il Consiglio federale, il Tribunale federale e la dottrina sono sempre partiti e partono tuttora dal presupposto che l'obbligo concernente persone di nazionalità straniera ree di aver gravemente violato all'estero le Convenzioni di Ginevra, le Convenzioni internazionali dell'Aia, altre convenzioni internazionali stipulate dalla Svizzera oppure il diritto consuetudinario internazionale abbia come precondizione che quest'ultime si trovino in Svizzera di proprio arbitrio, che siano state arrestate in Svizzera o che siano state estradate in Svizzera129 (ai sensi di una specie di principio dell'universalità «in materia di cattura»130). Tuttavia una base legale esplicita al riguardo è sembrata rinunciabile. Questo parere è valido a maggior ragione se si considera che la giurisdizione penale militare è basata primariamente sul principio della personalità e che pertanto, conformemente al principio della personalità, un giudizio nell'ambito di un procedimento contumaciale non è conciliabile con la rivendicazione di una competenza per simili reati commessi all'estero131.

Il principio dell'universalità è stato ancorato per la prima volta nella legislazione, anche se nella forma sussidiaria della giurisdizione penale sostitutiva, nell'anno 1975132: ai sensi dell'articolo 19 numero 4 LStup133, l'autore di determinati reati in materia di stupefacenti commessi all'estero, arrestato in Svizzera e non estradato, è parimente punito se l'atto è punibile anche nel Paese in cui è stato commesso. Allorché nel 1981 è stato introdotto l'articolo 185 CP in qualità di disposizione particolare per la punizione delle prese d'ostaggio, al numero 5 la Svizzera si è attribuita esplicitamente la competenza penale per chi commette il reato all'estero, se è arrestato in Svizzera e non è estradato134. In occasione dell'adesione della Svizzera alla Convenzione europea per la repressione del terrorismo135, nel 1982 il legislatore ha allestito ­ secondo il modello delle disposizioni speciali figuranti agli articoli 240 capoverso 3 e 245 numero 1 capoverso 4 CP ­ l'articolo 6bis CP in qualità di base 128 129

130 131 132 133 134

135

Cfr. FF 1967 I 426 segg., 429; Bremer (nota 120 qui innanzi), pag. 268 segg.; Hurtado Pozo (nota 121 qui innanzi), nota 443 segg.

Cfr. FF 1967 I 426 segg., 429; DTF 116 IV 247 = Pra 1992 n. 67 pag. 249 consid. 3; FF 1995 IV 1014 segg. e art. 10 segg. del decreto federale concernente la cooperazione con i tribunali internazionali (nota 24 qui innanzi); DTF 123 II 176 segg.; Rehberg/Donatsch (nota 121 qui innanzi), pag. 47; Hurtado Pozo (nota 121 qui innanzi), nota 443; Stratenwerth (nota 127 qui innanzi), § 5 nota 20; Wehrenberg (nota 6 qui innanzi), pag. 3 seg.; Andreas R. Ziegler, «Die Kooperation der Schweiz mit den internationalen Strafgerichten der UNO», in Schweizerische Zeitschrift für Strafrecht, 1997, pagg. 382­408, 386; Bremer (nota 120 qui innanzi), pag. 268 segg.

Il presupposto secondo cui il presunto reo deve essere arrestato in Svizzera non è stabilito ovunque esplicitamente. Per contro la possibilità di estradizione implica che lo Stato che è disposto a optare per l'estradizione sia in grado di arrestare il reo.

Cfr. ad es. Henzelin (nota 120 qui innanzi), pag. 29.

DTF 108 IV 145, 146 seg. consid. 3; Rehberg/Donatsch (nota 121 qui innanzi), pag. 46.

Cfr. Riklin (nota 122 qui innanzi), § 8 nota 34; Rehberg/Donatsch (nota 121 qui innanzi), pag. 47 seg.; Hurtado Pozo (nota 121 qui innanzi), nota 447.

Legge federale del 3 ottobre 1951 sugli stupefacenti e sulle sostanze psicotrope (Legge sugli stupefacenti, LStup; RS 812.121).

Cfr. messaggio del 10 dicembre 1979 a sostegno di una modificazione del Codice penale svizzero e del Codice penale militare (atti di violenza criminale), FF 1980 I 1032, 1053; Stratenwerth (nota 127 qui innanzi), § 5 nota 63.

Convenzione europea del 27 gennaio 1977 per la repressione del terrorismo (RS 0.353.3).

719

legale generale per il perseguimento, in virtù di un pertinente accordo internazionale, nello Stato in cui dimora il reo di crimini o delitti commessi in territorio estero se l'atto è punibile nei due Stati e a condizione che l'estradizione non sia ammissibile o non sia possibile136. Una delle caratteristiche della legislazione svizzera risiede nel fatto che il principio dell'universalità non è mai previsto nella sua forma pura, bensì sempre solo nella forma sussidiaria, cioè per i casi in cui l'estradizione non è ammissibile o non è possibile. Di conseguenza nel 2000, in occasione dell'introduzione della norma penale concernente il genocidio, il principio dell'universalità è stato infine ancorato esplicitamente anche nell'articolo 264 capoverso 2 primo periodo CP nella forma sino ad allora consueta, cioè nella forma della giurisdizione penale sostitutiva, e dunque in via sussidiaria rispetto a un'eventuale estradizione ammissibile e alla precondizione che il reo si trovi in Svizzera. Per contro, il principio dell'universalità, il principio della giurisdizione penale sostitutiva e la precondizione della cattura del reo in Svizzera per il perseguimento di violazioni del diritto internazionale nell'ambito di conflitti armati non sono mai stati esplicitamente ancorati nel CPM.

La legislazione belga presenta una situazione analoga: le leggi belghe del 1993 e del 1999 concernenti la punizione di violazioni delle Convenzioni di Ginevra e dei relativi atti supplementari, dei crimini contro l'umanità e degli atti di genocidio sanciscono il principio dell'universalità, non però la precondizione della cattura del reo in Belgio137. Da ciò si è dedotto che la giustizia belga è competente per il giudizio di tali delitti anche nei casi in cui l'accusato non si trova in Belgio. Di conseguenza in Belgio sono state intentate azioni giudiziarie contro personalità politiche e governative straniere, ad esempio contro il capo del governo israeliano Ariel Sharon, il presidente palestinese Yassir Arafat o l'ex dittatore cileno Augusto Pinochet. Nel mese di giugno 2000, un tribunale belga ha tuttavia respinto l'azione giudiziaria intentata contro Ariel Sharon motivando tale controversa decisione con il fatto che l'accusato non si trovava in Belgio. Tale decisione non ha però portato a una chiarificazione definitiva in
merito alla competenza dei tribunali belgi a livello mondiale138.

In considerazione del fatto che il principio dell'universalità e il principio della giurisdizione penale sostitutiva sono ancorati in diverse disposizioni del CP, sono esplicitamente previsti nella forma della giurisdizione penale sostitutiva dall'articolo 6bis CP, ma, per contro, non sono stabiliti nel CPM, nonché in considerazione del fatto che la formulazione adottata dalla legislazione belga ha suscitato notevoli dubbi in materia di competenza, risulta necessario creare chiarezza nel CPM in merito alla competenza della giustizia militare svizzera in materia di perseguimento dei criminali di guerra. A tal fine è necessario ancorare esplicitamente nel CPM il principio ­ sinora tacitamente presupposto ­ secondo cui le persone di nazionalità straniera che si trovano in Svizzera possono essere chiamate a rispondere per determinati reati commessi all'estero alla condizione che siano arrestate in Svizzera. Senza tale preci136

Cfr. messaggio del 24 marzo 1982 concernente la Convenzione europea per la repressione del terrorismo e la modificazione del Codice penale svizzero, FF 1982 II 1, 3 segg.; Rehberg/Donatsch (nota 121 qui innanzi), pag. 48.

137 Loi du 16.6.1993 relative à la répression des violations graves du droit international humanitaire (avec les amendements de la loi du 10.2.1999), art. 7, http://www.world policy.org/americas/treaties/Belgique-loi.html.

138 Cfr. NZZ, 9 giugno 2001, pag. 5; Eugenio José Guilherme de Aragao, «Grenzen des Weltrechtsgrundsatzes: Der Haftbefehl-Fall des IGH», in Humanitäres Völkerrecht, 2002, pagg. 77­88, 77 e 87 seg.; NZZ, 27 giugno 2002, pag. 5.

720

sazione, dalla semplice analisi del testo legislativo potrebbe sorgere l'impressione errata che nell'ambito del diritto penale militare sia valevole il principio dell'universalità vero e proprio e che la giustizia militare svizzera debba pertanto eseguire procedimenti penali anche contro persone di nazionalità straniera che non si trovano in Svizzera e che sono sospettate di aver commesso all'estero delle violazioni del diritto internazionale nell'ambito di conflitti armati. L'ancoraggio esplicito nel CPM della situazione giuridica vigente è tanto più importante se si considera che nel quadro della revisione in corso della parte generale del CP e del CPM l'attuale articolo 6bis CP sarà trasferito nel CP riveduto come nuovo articolo 6 mentre nel CPM riveduto non è prevista una corrispondente disposizione139. Di conseguenza, in caso di accettazione del nuovo articolo 9 capoverso 1bis del disegno di revisione del CPM (dis-revCPM) si dovrà provvedere affinché tale disposizione sia trasferita come articolo 10 capoverso 1bis nella nuova parte generale del CPM.

2.2.2

Disposizioni dell'articolo 9 capoverso 1bis dis-revCPM

2.2.2.1

Panoramica

Il nuovo articolo 9 capoverso 1bis dis-revCPM si applica unicamente a persone che non sono di nazionalità svizzera e che hanno commesso all'estero una violazione del diritto internazionale nell'ambito di conflitti armati ai sensi degli articoli 108­114 CPM. Tali persone saranno giudicate da tribunali svizzeri se si trovano in Svizzera e se non possono essere estradate o trasferite all'estero. Per contro, le persone che non sono di nazionalità svizzera e che commettono in Svizzera una violazione degli articoli 108­114 CPM, saranno chiamate a rispondere anche in futuro in virtù dell'articolo 9 capoverso 1 CPM. Parimenti, le persone di nazionalità svizzera assoggettate al CPM continueranno a rientrare nell'articolo 9 capoverso 1 CPM per i reati commessi in Svizzera e all'estero contro il CPM e potranno essere condotte dinanzi a un tribunale svizzero indipendentemente dal luogo in cui dimorano. La differenza tra le due forme di connessione risiede nel fatto che, nel caso di cittadini svizzeri che hanno commesso in Svizzera o all'estero un reato ai sensi del CPM e nel caso di persone di nazionalità straniera che hanno commesso in Svizzera un reato ai sensi del CPM, la Svizzera, sulla base del principio della personalità attiva del CPM, in ogni caso rivendica la competenza primaria e fa richiesta di estradizione in Svizzera allo Stato in cui si trova il reo o in cui ha avuto luogo l'arresto del reo. Non sarà per contro mai fatta richiesta di estrazione in Svizzera nel caso di persone che non sono di nazionalità svizzera, che potrebbero essere giudicate per un reato ai sensi del CPM commesso all'estero e che si trovano all'estero. Per le persone che non sono di nazionalità svizzera e che hanno commesso all'estero un reato ai sensi del CPM la Svizzera è competente unicamente in via sussidiaria, vale a dire nei casi in cui esse si trovano in Svizzera e non possono essere estradate a uno Stato interessato a un'estradizione o consegnate a un tribunale internazionale competente.

139

Cfr. messaggio del 21 settembre 1998 concernente la modifica del Codice penale svizzero (Disposizioni generali, introduzione e applicazione della legge) e del Codice penale militare nonché una legge federale sul diritto penale minorile (messaggio CP PG), FF 1999 1669, 1977 e 2044 seg.

721

2.2.2.2

Spiegazioni

Mediante il rinvio all'articolo 2 numero 9 CPM è chiarito che sotto il profilo personale rientrano nell'articolo 9 capoverso 1bis dis-revCPM solo persone assoggettate al CPM. Per «persone di condizione civile» si intendono persone di condizione civile svizzere e straniere nonché militari stranieri140. La limitazione supplementare definita all'articolo 9 capoverso 1bis dis-revCPM, nel quale tale disposizione è esplicitamente definita come valevole solo per persone che non sono di nazionalità svizzera, è volta a garantire che la situazione giuridica rimanga invariata per i cittadini svizzeri, mentre la precondizione già (tacitamente) valevole per le persone di nazionalità straniera, vale a dire il fatto che quest'ultime devono trovarsi in Svizzera, è esplicitamente ancorata nel CPM.

Dal profilo materiale, tali persone sono assoggettate al CPM se commettono una violazione del diritto internazionale nell'ambito di conflitti armati ai sensi degli articoli 108­114 CPM, ciò che è chiarito mediante il rinvio esplicito contenuto nell'articolo 9 capoverso 1bis dis-revCPM. Le disposizioni degli articoli 108­114 CPM ancorano nel CPM segnatamente la punibilità delle violazioni di convenzioni internazionali sulla guerra e sulla protezione delle persone e dei beni alle quali la Svizzera ha aderito in qualità di parte contraente, quali le Convenzioni di Ginevra e le Convenzioni internazionali dell'Aia141.

Dal profilo territoriale, le persone che non sono di nazionalità svizzera rientreranno nell'articolo 9 capoverso 1bis dis-revCPM per reati commessi all'estero contro gli articoli 108­114 CPM unicamente se si trovano in Svizzera e se non possono essere estradate all'estero o consegnate a un tribunale internazionale. Se si intende intentare in Svizzera a una persona di nazionalità diversa da quella svizzera un processo per un reato contro il diritto internazionale commesso all'estero nell'ambito di conflitti armati, la presenza in Svizzera dell'interessato costituisce una precondizione irrinunciabile. Secondo un'opinione costante in dottrina, in giurisprudenza e nella legislazione, tale precondizione concernente la presenza in Svizzera delle persone sospettate di aver commesso un reato all'estero sussiste già sin da quando la Svizzera ha cominciato a rivendicare la competenza per simili casi. Al riguardo si
presuppone che la persona interessata si trovi in Svizzera di proprio arbitrio, che l'arresto abbia avuto luogo in Svizzera o che l'interessato sia stato estradato in Svizzera. I reati commessi all'estero da persone di nazionalità svizzera e tutti i reati commessi in Svizzera contro gli articoli 108­114 CPM rientrano come sinora nell'articolo 9 capoverso 1 CPM.

140

Anche se l'art. 2 n. 9 CPM fa esplicita menzione di «persone di condizione civile», sulla base delle formulazioni delle Convenzioni di Ginevra (cfr. nota 20 qui innanzi) e del messaggio del 1967 concernente la revisione del CPM («persone», cfr. FF 1967 I 429) bisogna partire dal presupposto che il CPM deve essere applicato per crimini di guerra commessi da civili e militari svizzeri e stranieri. In tal senso si esprimono anche Dietrich Schindler, «Fremde Kriegsverbrecher vor Schweizer Militärgerichten?», in NZZ, 14 aprile 1994, pag. 24; Ziegler (nota 129 qui innanzi), pag. 386. Nel quadro della revisione della parte generale del CPM è prevista una precisazione testuale; cfr. messaggio CP PG (nota 139 qui innanzi), FF 1999 1685, 1878 e 2041.

141 Cfr. Kurt Hauri, Militärstrafgesetz (MStG), Kommentar, Berna 1983, osservazione preliminare concernente gli art. 108­114 e gli art. 108 segg. CPM; Peter Popp, Kommentar zum Militärstrafgesetz, Besonderer Teil, San Gallo 1992, prima dell'art. 118 CPM e art. 108 segg.

722

Il giudizio di persone di nazionalità diversa da quella svizzera da parte di tribunali militari svizzeri deve aver luogo in virtù dell'articolo 9 capoverso 1bis dis-revCPM unicamente nei casi in cui l'estradizione non ha luogo perché non richiesta, non possibile o non ammissibile. I motivi di rifiuto di un'estradizione richiesta e le condizioni poste dalla Svizzera allo Stato richiedente sono menzionati segnatamente agli articoli 32, 37 e 38 AIMP142 e sono valevoli conformemente all'articolo 1 AIMP anche per i casi di estradizione ai sensi del CPM. La legge prevede che sono di regola estradate unicamente persone di nazionalità diversa da quella svizzera. Tuttavia l'estradizione è negata segnatamente nei casi in cui sussistono dei motivi per ritenere che all'estero non è garantito un processo equo conformemente ai principi procedurali della CEDU e del Patto internazionale sui diritti civili e politici143 (art. 2 lett. a AIMP)144, se lo Stato richiedente non garantisce che la persona perseguita non sarà condannata a morte nello Stato richiedente o che una pena di morte già comminata non sarà eseguita, nonché nei casi in cui non è garantito che nello Stato richiedente la persona perseguita non sarà sottoposta a trattamenti lesivi dell'integrità corporale (art. 37 cpv. 2 AIMP). La consegna a un tribunale internazionale ha come uniche precondizioni che sia stata inoltrata una pertinente richiesta e che il tribunale in questione sia riconosciuto dalla Svizzera. Non sono riconosciuti dalla Svizzera i tribunali che non offrono garanzie sostanziali per lo svolgimento di processi equi e che non garantiscono che le loro richieste soddisfano le precondizioni per un'estradizione e non generano motivi di ricusa. Al riguardo non riveste alcuna importanza se il tribunale interessato è riconosciuto ufficialmente dalla Svizzera in virtù di una legge federale ­ come è il caso della Corte penale internazionale o dei Tribunali penali internazionali per l'ex Jugoslavia e il Ruanda145, in virtù di un decreto federale146 oppure solo dopo il sorgere del caso concreto.

Il principio in materia di computazione sancito dall'articolo 9 capoverso 2 CPM è applicato anche nei casi di cui al proposto nuovo articolo 9 capoverso 1bis CPM.

2.2.3

Relazione con la revisione totale della parte generale del CPM

Nel quadro della revisione totale della parte generale del CPM si è purtroppo tralasciato di stabilire nell'atto legislativo che chi commette all'estero una violazione del diritto internazionale nell'ambito di conflitti armati dev'essere arrestato in Svizzera147 perché possa aver luogo un processo dinanzi alla giustizia penale militare svizzera. Questa lacuna è colmata con la presente revisione. L'articolo 9 capoverso 1bis dis-revCPM qui proposto verrebbe tuttavia nuovamente abrogato se la nuova parte 142

143

144 145 146 147

Legge federale del 20 marzo 1981 sull'assistenza internazionale in materia penale (assistenza in materia penale, AIMP; RS 351.1). Cfr. al riguardo anche Hauser/Schweri (nota 40 qui innanzi), § 21.13 seg.

Convenzione del 4 novembre 1950 per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU; RS 0.101); Patto internazionale del 16 dicembre 1966 relativo ai diritti civili politici (RS 0.103.2).

Cfr. DTF 123 II 175, pag. 185 consid. 7.

Cfr. legge federale del 22 giugno 2001 sulla cooperazione con la Corte penale internazionale (LCPI; RS 351.6).

Cfr. decreto federale del 21 dicembre 1995 concernente la cooperazione con i tribunali internazionali (nota 24 qui innanzi).

Cfr. messaggio CP PG (nota 139 qui innanzi), FF 1999 1685, 1878 seg. e 2044 seg.

723

generale del CPM entrasse in vigore dopo la presente revisione senza che la conservazione di tale articolo sia stata preventivamente prevista in via esplicita. Conformemente a quanto esplicitamente stabilito nella pertinente nota, l'articolo 9 capoverso 1bis dis-revCPM qui proposto sarà pertanto trasferito senza modifiche nella nuova parte generale del CPM come nuovo articolo 10 capoverso 1bis CPM.

3

Ripercussioni

3.1

Ripercussioni finanziarie e in materia di personale

Il presente progetto dovrebbe comportare per la Confederazione ripercussioni relativamente limitate sotto il profilo finanziario e in materia di personale. È inoltre estremamente probabile che le ripercussioni possano essere coperte con le risorse disponibili, almeno fintantoché per simili procedimenti sarà competente la giustizia militare e sintantoché simili procedimenti potranno essere eseguiti dalla giustizia militare durante giorni di servizio con soldo. Per i Cantoni e i Comuni non dovrebbero sorgere costi aggiuntivi né un onere supplementare a livello di personale.

Come risulta dal caso del ruandese F. N. (cfr. n. 1.3.1), le misure di protezione dei testimoni nell'ambito di processi per crimini di guerra possono comportare spese importanti in caso di procedimento giudiziario. Al riguardo si tratta tuttavia dell'unico caso verificatosi dall'entrata in vigore del decreto federale concernente la cooperazione con i tribunali internazionali incaricati del perseguimento penale delle violazioni gravi del diritto internazionale umanitario (cfr. nota 24 qui innanzi) e dall'assunzione dell'obbligo in materia di diritto internazionale di perseguire e giudicare i crimini di guerra (cfr. n. 1.1.4). Dal presente progetto conseguirebbero ripercussioni finanziarie e in materia di personale effettivamente importanti unicamente se i dibattimenti relativi a crimini di guerra aumentassero notevolmente di numero in Svizzera. La probabilità che un simile aumento abbia luogo è tuttavia molto bassa ed è destinata a diminuire ulteriormente con l'importanza sempre maggiore del ruolo che è chiamata a svolgere la Corte penale internazionale.

3.2

Immagine della Svizzera a livello internazionale

La giustizia militare svizzera ha sinora eseguito in maniera esemplare, con elevato impegno e dando prova di notevole competenza, i procedimenti giudiziari e le procedure d'inchiesta che hanno avuto luogo nel nostro Paese contro criminali di guerra; segnatamente il processo contro il ruandese F.N. ha suscitato a livello internazionale un ampio interesse148. L'esecuzione estremamente rapida e competente del procedimento contro F.N. ha costituito per la Svizzera un notevole fattore d'immagine a livello internazionale149.

148

Cfr. le dichiarazioni di Dick Marty in nome della Commissione incaricata di esaminare l'art. 264 CP concernente la punibilità del reato di genocidio, Bollettino ufficiale dell'Assemblea federale ­ Consiglio degli Stati ­ Sessione primaverile 2000. Indirizzo Internet: http://www.parlament.ch/ab/data/d/s/4602/8713/d_s_4602_8713_8722.htm.

149 Ultimamente in Luc Reydams, «Niyonteze v. Public Prosecutor», in American Journal of International Law, 2002, pagg. 231­236.

724

Si tratta ora di conservare l'immagine positiva di cui gode la Svizzera a livello internazionale in quanto Stato di diritto dotato di un apparato giudiziario competente ed efficiente nonché in qualità di Paese noto per i suoi buoni uffici, Stato depositario delle Convenzioni di Ginevra, sede del Comitato internazionale della Croce Rossa e cofondatrice della Corte penale internazionale. A tal fine occorre garantire che la Svizzera possa ottemperare anche in futuro ai suoi obblighi in materia di diritto internazionale e in tema di perseguimento penale e che anche in futuro essa sia in grado di eseguire in maniera esemplare eventuali procedimenti contro criminali di guerra.

4

Programma di legislatura

Il disegno non è stato annunciato nel programma di legislatura 1999­2003. L'entità effettiva delle lacune del CPM in materia di regolamentazione e l'adeguatezza delle nuove regole sono risultate evidenti solo in occasione di un procedimento contro un criminale di guerra nel mese di aprile 1999. Il progetto di revisione avviato di conseguenza non deve subire ritardi poiché ciò andrebbe a scapito delle ulteriori inchieste penali in corso contro criminali di guerra. Nell'ambito di simili procedimenti può risultare in ogni momento necessario ricorrere a misure di protezione dei testimoni, anche se il procedimento finirà per essere devoluto a un tribunale penale internazionale con il simultaneo trasferimento a quest'ultimo degli atti d'inchiesta e del presunto reo, come avvenuto recentemente nel settembre 2001 nel caso di un ex ecclesiastico ruandese150.

5

Basi giuridiche

5.1

Costituzionalità

Conformemente all'articolo 60 capoverso 1 della Costituzione federale, la legislazione militare compete alla Confederazione. La legislazione militare comprende anche l'emanazione e la modifica della legislazione concernente la Procedura penale militare.

La regolamentazione proposta è conforme alla Costituzione anche sotto il profilo contenutistico, poiché si tratta per l'appunto di concretizzare conformemente alla Costituzione e, nella misura del possibile, contemporaneamente e in considerazione di tutti gli elementi in gioco diritti in parte opposti, quali i diritti di protezione dei partecipanti al procedimento e i diritti della difesa, nonché gli interessi dello Stato per quanto concerne l'accertamento della verità e l'efficacia dell'azione penale (cfr.

n. 1.1.3 e 1.6.1).

150

Cfr. Markus Felber, «Rukundo wird ausgeliefert», in Jusletter, 17.9.2001. Disponibile all'indirizzo Internet seguente: http://www.weblaw.ch/jusletter/Artikel.jsp?ArticleNr=1304.

Tale contributo contiene un rinvio alla DTF non pubblicata del 3 settembre 2001 (sentenza 1A.129/2001).

725

5.2

Forma

Poiché le misure di protezione dei testimoni possono avere conseguenze rilevanti per i diritti della difesa, protetti in qualità di diritti fondamentali, è necessaria, ai sensi dell'articolo 36 capoverso 2 della Costituzione federale, una base legale esplicita nel senso formale. Le modifiche proposte nel presente messaggio devono pertanto essere ancorate in una legge federale.

726

Indice Compendio

672

1 Parte generale 1.1 Introduzione e situazione generale 1.1.1 Rischio incorso dai testimoni e importanza della prova testimoniale 1.1.2 Lacune in materia di regolamentazioni nell'ambito della protezione dei testimoni 1.1.3 Protezione dei testimoni: interessi e campo di tensioni 1.1.3.1 Necessità di proteggere i testimoni 1.1.3.2 Interessi e obblighi in materia di protezione 1.1.3.3 Misure di protezione dei testimoni 1.1.3.4 Diritti della difesa 1.1.3.5 Conflitti di interessi e necessità di compromesso 1.1.4 Obbligo internazionale della Svizzera di perseguire i crimini di guerra e di genocidio 1.2 I testimoni e l'esposizione dei testimoni al pericolo 1.2.1 Il concetto di «testimone» 1.2.1.1 Testimone casuale 1.2.1.2 Testimone-vittima 1.2.1.3 Testimone in virtù della professione esercitata 1.2.1.4 Complici sentiti in qualità di testimoni 1.2.2 Esposizione al pericolo 1.3 Svolgimento dei lavori 1.3.1 Gruppo di lavoro dell'Uditore in capo ed esperienze fatte nella prassi 1.3.2 Commissione peritale «Protezione dei testimoni» 1.3.3 Mandato della Commissione peritale 1.4 Relazione con altri progetti legislativi 1.4.1 Unificazione del diritto di procedura penale in Svizzera 1.4.1.1 Coordinazione con i lavori di unificazione 1.4.1.2 Opzioni a livello contenutistico concernenti i lavori di unificazione 1.4.2 Legge federale sull'inchiesta mascherata (LFIM) 1.4.3 Precisazioni in merito al mandato della Commissione peritale 1.5 Situazione giuridica attuale 1.5.1 Confederazione: LAV 1.5.2 Cantoni 1.5.2.1 Cantoni con disposizioni generali in materia di protezione dei testimoni 1.5.2.1.1 Berna 1.5.2.1.2 Friburgo 1.5.2.1.3 Basilea Città 1.5.2.1.4 Basilea Campagna

673 673 673 673 674 674 674 675 675 676 677 680 680 680 681 681 682 682 683 683 684 684 685 685 685 686 687 688 688 688 690 690 690 691 691 692

727

1.5.2.1.5 San Gallo 1.5.2.1.6 Zurigo 1.5.2.2 Cantoni con disposizioni in materia di protezione dei testimoni a favore di agenti infiltrati e informatori 1.5.2.2.1 Turgovia 1.5.2.2.2 Vallese 1.5.2.3 Cantoni senza disposizioni in materia di protezione dei testimoni 1.5.3 Estero 1.5.3.1 Tribunali delle Nazioni Unite per il Ruanda e per l'ex Jugoslavia 1.5.3.2 Corte penale internazionale 1.5.3.3 Consiglio d'Europa 1.5.3.4 Singoli Stati, ad esempio la Repubblica federale di Germania 1.6 Piano della regolamentazione proposta 1.6.1 Le disposizioni materiali 1.6.2 Procedura di garanzia 1.7 Risultati della procedura preliminare

692 693 693 693 694 694 694 694 696 696 698 699 699 701 703

2 Parte speciale 2.1 Modifica della Procedura penale militare 2.1.1 Sostituto del presidente del Tribunale militare di cassazione (art. 15 cpv. 3 secondo periodo dis-revPPM) 2.1.2 Rifiuto di testimoniare (art. 75 lett. a e c dis-revPPM) 2.1.3 Relazione con le nuove disposizioni degli articoli 10a­10d LAV (art. 84a dis-revPPM) 2.1.4 Titolo della nuova sezione 14bis e articolo 98a dis-revPPM: «Principio» 2.1.5 Garanzia della tutela dell'anonimato. Condizioni (art. 98b dis-revPPM) 2.1.6 Procedura (art. 98c dis-revPPM) 2.1.7 Misure (art. 98d dis-revPPM) 2.2 Modifica del Codice penale militare 2.2.1 Situazione di partenza 2.2.2 Disposizioni dell'articolo 9 capoverso 1bis dis-revCPM 2.2.2.1 Panoramica 2.2.2.2 Spiegazioni 2.2.3 Relazione con la revisione totale della parte generale del CPM

706 709 712 717 717 721 721 722 723

3 Ripercussioni 3.1 Ripercussioni finanziarie e in materia di personale 3.2 Immagine della Svizzera a livello internazionale

724 724 724

4 Programma di legislatura

725

728

703 703 703 703 704 705

5 Basi giuridiche 5.1 Costituzionalità 5.2 Forma

725 725 726

Procedura penale militare (PPM) (Disegno)

730

729