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FOGLIO

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FEDERALE

Anno XLIII Berna, 17 marzo 1960. Volume I Si pubblica di regola una volta la sottimana. Abbonamento: anno fr. 11. --, eomoßtre fr. 6.50, con allegata la Raccolta delle leggi federali. -- Rivolgersi alla Tipografia Grassi o Co. S. A., a Bellinzona (Tolofono 5 18 71) - Conto chèques postali XI G90.

7957 MESSAGGIO del Consiglio federale all'Assemblea federale concernente la partecipazione della Svizzera all'Associazione europea di libero scambio (Del 5 febbraio 1960)

Onorevoli signori Presidente e Consiglieri, Ci pregiamo di sottoporvi, per l'approvazione, la Convenzione istitu¬ tiva della Associazione europea di libero scambio (AELS), in vista della sua ratifica da parte del Consiglio federale. Questa convenzione venne siglata, a Stoccolma, il 20 novembre 1959, dai ministri competenti di Austria, Danimarca, Gran Bretagna, Norvegia, Portogallo, Svezia e Sviz¬ zera, e firmata poi, a fine d'anno, nelle rispettive capitali. Sottoponiamo altresì alla Vostra approvazione il protocollo sull'applicazione della con¬ venzione al Principato del Liechtenstein.

Abbiamo informato regolarmente le Camere federali -- specialmente lo scorso anno, in ciascuna sessione -- sulla linea seguita dalla Svizzera di fronte ai movimenti di integrazione europea. Oggi vogliamo ricordare brevemente le circostanze che hanno condotto alla conclusione della con¬ venzione istitutiva dell'Associazione europea di libero scambio, commen¬ tarne le disposizioni ed esporVi le conseguenze, e le speranze che deriva¬ no alla Svizzera da questa partecipazione.

Foglio Federale, 1960.

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366 I. Sguardo 'retrospettivo sulla cooperazione CConomicaiii Europa dòpo l'istituzione 'della Organizzazione europea di eoòperazione econòmica (OECE) A. Le circostanze che hanno condotto ai negoziati per una zòna'di libero scambio nel quadro della OECE La eoòperazione sempre più stretta che si è sviluppata in campo eco¬ nomico in Europa, in forme nuove, lia le sue origini nella creazione, nel 1948, dell'organizzazione europea di cooperazione economica (OECE). Spin¬ ti dall'offerta di aiuti, assai importanti, da parte degli Stati Uniti per la ricostruzione dell'Europa, i paesi già belligeranti e gli Stati neutrali si ri¬ trovarono uniti per un'opera comune, quella di risollevare dalle rovine le forze produttive dei paesi europei, coordinando razionalmente gli aiuti esterni con gli sforzi interni, e "mirando, in questi sforzi di ricostruzione, alla soppressione progressiva dei molteplici ostacoli frapposti agli scambi.

Grazie ad una collaborazione paziente, ispirala da una tattica di compro¬ messo, si riuscì ad attenuare l'isolamento e il particolarismo delle singole economie nazionali e a sostituire, in materia di scambi e di pagamenti, il bilateralismo con un mullilateralismo fondato sul principio dell'uguaglian¬ za di trattamento verso tutti i contraenti. L'Unione europea dei pagamenti (UEP), fondata nel 1950, concluse quegli sforzi; essa attuò la compensa¬ zione multilaterale dei debiti e dei crediti bilaterali dei paesi membri, col¬ legandola ad una concessione automatica di crediti; nel 1958 il suo obiet¬ tivo finale, la convertibilità delle monete europee, fu praticamente rag¬ giunto. L'OECE, a contare dal 1949, aveva iniziato l'abolizione progressi¬ va delle restrizioni quantitative all'importazione e fissato, nel 1950, un co¬ dice di liberalizzazione. D'allora in poi si fecero progressi continui che permisero agli Stati membri di impegnarsi, nel 1955, a liberalizzare il 90 per cento delle loro importazioni provenienti dai paesi dell'OECE. Fu grazie a questa felice cooperazione europea che, dal 1947 al 1957, la pro¬ duzione aumentò del 120 per cento, il reddito nazionale brutto, a testa di abitante, salì del 55 per cento, mentre le esportazioni a destinazione di altri paesi crescevano del 180 per cento e gli scambi infracuropei tripli¬ cavano.

L'espansione notevolissima dell'economia
europea non poteva signifi¬ care che all'OECE incombesse unicamente il compito di stare ai risultati raggiunti. Eliminati ormai in gran parte le restrizioni nei pagamenti ed contingenti, i dazi, come barriera di più antica origine, rimanevano 1 ostacolo principale ad una più razionale ripartizione del lavoro sul pia¬ no internazionale. Ed allora, seguendo la logica e il dinamismo della coo¬ pcrazione economica, ^attenzione maggiore si rivolse al problema della loro abolizione. Nel settore dei dazi, un nuovo impulso -era tanto più da augurarsi quanto più lenti diventavano i progressi, raggiungibili in un im-

367 mediato avvenire, sul fondamento dei negoziati periodici tariffari nel qua¬ dro della organizzazione mondiale del GATT (accordo generale per le ta¬ riffe e il commercio). Così i 'Paesi europei a-dazi bassi, come la-Svizzera, dal 1954 in poi, insistettero affinchè la OECE affrontasse il problema del¬ la riduzione dei dazi, a cominciare da quelli più elevati. Lo studio del¬ le modalità di attuazione del progetto di riduzione dei dazi per le mer¬ ci principali negli scàmbi 'fra i paesi europei non era ancora concluso, qüando, nel 1956, un nuovo fatto 'importante apparve ed ingrandì alla ri¬ bàita.

-Diventava sempre -più evidente che i governi dei sei paesi europei, i quali, dal 1952, collaboravano nel quadro della Comunità europea del carbone e dell'acciaio (CECA), e precisamente: la Germania occidentale, il Belgio, la Francia, l'Italia, il Lussemburgo e l'Olanda, erano decisi a mettere in atto l'idea di creare, fra di loro, un'unione economica e doga¬ nale. La Comunità europea del carbone e dell'acciaio era stata il punto di partenza di questa nuova evoluzione; i suoi promotori erano convinti di aver superato, grazie ad essa, l'antinomia franco-tedesca, e si pensava che, in ultima analisi, si doveva arrivare ad una integrazione politica dei sei Paesi membz-i, nel quadro di una Federazione di Stati. Le tappe suc¬ cessive di questa evoluzione, cioè la creazione di una Comunità europea di difesa (CED) e la costituzione di una Comunità politica europea, nel 1954, si erano concluse con un insuccesso. Per rilanciare i loro progetti politici i sei governi, in occasione della conferenza a Messina all'inizio di giugno del 1955, decisero di concentrare i loro sforzi sul settore economi¬ co. La soppressione degli ostacoli agli scambi e l'istituzione di autorità centrali comuni dovevano aprire la strada all'integrazione delle economie nazionali e degli interessi particolari dei paesi membri, gettando così le basi di una futura unione politica. Di fronte alle prospettive dell'era ato¬ mica e dell'automazione, e davanti al dinamismo economico dell'Unione sovietica e degli Stati Ùniti, questo obiettivo appariva il mezzo più idoneo per ridare potenza economica e politica all'Europa.

Per raggiungere lo scopo, i sci governi pensarono in primo luogo di attuare l'abolizione totale dei dazi; ne conseguiva naturalmente
una so¬ vrapposizione con i piani di riduzione dei dazi in discussione presso la OECE. Si offriva 'però anche la possibilità di accelerare quelle discus¬ sioni, assai laboriose per l'atteggiamento dei paesi ad alto livello daziario.

Diventava ormai indispensabile stabilire le basi di una riduzione generale dei dazi, da applicare a tutti i paesi membri della OECE. Se la riduzione dei dazi dovesse rimanere prerogativa dei soli Sei, il principio della pa¬ rità di trattamento, che era uno dei maggiori risultati dell'OECE, in Euro¬ pa sarebbe frustrato e l'unità del continente, ricostituita in seno alla OECE, andrebbe di nuovo infranta. Cosciente di questo pericolo la Sviz zera, già in occasione della riunione ministeriale dell'OECE nel feb-

368 braio 1956, aveva proposto di esaminare, tenendo conto del principio della nazione più favorita, la possibilità di applicare a tutti i paesi membri della OECE le prime riduzioni di dazi previste dai Sei.

Nel luglio 1956 il Consiglio dei ministri della OECE, su proposta bri¬ tannica, decise di esaminare le forme ed i metodi possibili per dar vita ad un'associazione multilaterale fra i Sei e gli altri paesi membri della OECE, e più precisamente di una zona di libero scambio ai sensi del GATT. Si teneva conto, in tal modo', del fatto che, per ragioni politiche, commerciali ed economiche, gli altri undici paesi dell'OECE (compresa la Svizzera, per i motivi recati nel capo. Ili B 1) non reputavano di poter adottare senza riserva una forma di cooperazione, concepita giusta i bi¬ sogni e gli obiettivi dei Sei. Un gruppo di esperti, nel quale la Svizzera era rappresentata, studiò, durante l'ultimo trimestre del 1956, una for¬ mula d'associazione che potesse convenire a tutti i paesi dell'OECE e arrivò alla conclusione che una zona di libero scambio, la quale raggrup¬ passe sia i Sei che gli altri 11 paesi membri della OECE, avrebbe sod¬ disfatto quella condizione e sarebbe slata tecnicamente realizzabile. Così che il 13 febbraio 1957 il Consiglio dei ministri della OECE decise alla unanimità, i Sei compresi, di intavolare negoziati per elaborare un trat¬ tato di zona di libero scambio: lo scopo era soprattutto di evitare quella scissione che minacciava di sorgere in Europa con l'entrala in vigore del solo trattato dei Sei.

Questo accadeva poco prima della conclusione dei negoziati fra i sei Stati. I negoziatori continuarono attivamente i loro lavori, nel clima psico¬ logicamente favorevole creato dal senso di debolezza dell'Europa e della sua situazione di dipendenza, sentita vivamente in numerose cerchie in se¬ guito alla nazionalizzazione del Canale di Suez e agli eventi tragici di Ungheria. I Sei conclusero i loro lavori il 25 marzo 1957, giorno in cui veniva firmato, a Roma, il trattato istitutivo della Comunità economica europea (CEE).

I 248 articoli ed i numerosi protocolli addizionali di questo trattato statuiscono una serie di obblighi in materia di politica commerciale; essi prevedono innanzittutto l'abolizione totale, nel lasso di tempo transitorio di 12 a 15 anni, dei dazi doganali e dei
contingenti applicati dagli Stati membri nei loro scambi, e l'applicazione di una tariffa doganale comune e di una politica economica comune verso i paesi terzi. Il trattato prevede inoltre un coordinamento e una progressiva unificazione della politica eco¬ nomica in parecchi altri settori (prestazione di servizi e movimenti di capi¬ tali; mercato del lavoro e regole di concorrenza; politica agricola, fiscale, congiunturale, sociale e degli investimenti). L'instaurazione di una politica agricola comune, l'introduzione della libera circolazione assoluta dei la¬ voratori e il divieto dei cartelli sono obiettivi di una concezione partico¬ larmente ardita. La definizione e l'applicazione della politica comune so-

369 no di competenza degli organi comunitari centrali, i quali dispongono di poteri di maggioranza sempre più vasti col decorrere del periodo transi¬ torio, tanto che questi organi diverranno sempre più indipendenti dalle autorità nazionali e dai parlamenti che li controllano.

All'inizio, la forinola di una zona di libero scambio analizzata nella relazione degli esperti della OECE e che fu poi oggetto di negoziati suc¬ cessivi, implicava unicamente degli obblighi commerciali. Per creare un mercato di 280 milioni di consumatori, libero da ogni ostacolo di scam¬ bio, i dazi e i contingenti dovevano venir soppressi gradatamen¬ te, seguendo un ritmo identico a quello della comunità economica euro¬ pea; ciascun paese della zona, sia nella comunità economica europea che in seno agli altri 11 paesi membri della OECE, avrebbe conservalo la pro¬ pria autonomia in materia di politica commerciale rispetto a paesi terzi.

La rinuncia alla tariffa doganale comune implica l'applicazione di un controllo sull'origine delle merci, che possono usufruire dei vantaggi ta¬ riffari, onde evitare l'elusione dei dazi più alti mediante distorsioni ef¬ fettuate importando attraverso paesi a tariffa doganale più bassa. Si trattava poi di fissare le regole e la procedura per evitare che provvedi¬ menti di natura privala o pubblica falsassero il libero giuoco della con¬ correnza risultante dall'abolizione degli ostacoli agli scambi.

B. I negoziati por la costituzione di una zona di libero scambio compren¬ dente tutti i paesi membri dolla OECE (Brove sguardo retrospettivo sugli sviluppi dello trattative fino al 1958) I negoziati per la costituzione di una zona di libero scambio si svolsero a Parigi dal febbraio 1957 alla fine del 1958, nel quadro di più di venti comitati diversi. Essi subirono ripetutamente ritardi, innanzitutto perchè in un primo tempo tutta l'attenzione convergeva sulla ratifica del trattato di Roma, poi a causa della crisi politica francese, infine per gli sforzi compiuti dalla commissione della comunità economica europea, la quale volle partecipare ai negoziati con l'intenzione di indurre i sei paesi ad as¬ sumere un atteggiamento comune. Nell'ottobre 1957 il Consiglio dei mini¬ stri della OECE affermava, all'unanimità, di essere deciso a creare una zona di libero scambio, con effetto parallelo al trattato di Roma. Un co¬ mitato intergovernativo, composto di rappresentanti di lutti i paesi mem¬ bri della OECE, venne creato e posto sotto la presidenza del ministro bri¬ tannico Maudling.

Non ci si poteva certamenc illudere che i negoziati corressero senza difficoltà; gli obiettivi da raggiungere erano assai impegnativi, le parti in¬ teressate numerose e gli interessi spesso contrastanti. I delegati francesi ed anche i rappresentanti italiani facevano valere sempre più la loro in-

370 tenziòne di introdurre nello statuto della zona di libero scambio le di¬ sposizioni del trattato di Roma, cbe conferiscono a quel trattato il carat¬ tere di unione economica e doganale. I' delegati degli altri paesi non si mostrarono mai rigidi nei confronti di quelle proposte; essi cercarono in¬ vece di superare le difficoltà effettive o semplicemente temute proponendo soluzioni concrete.

Su parecchi- punti fu possibile raggiungere un avvicinamento notevole fra le due concezioni. I diversi paesi non membri della comunità econo¬ mica europea accettarono di abbandonare in un certo senso le posizioni della formola iniziale di accordo limitato a regole di eliminazione dei dazi e dei contingenti nel settore industriale. Considerata la necessità di con¬ cedere una ragionevole reciprocità ai paesi che esportano principalmente prodotti agricoli, i delegali britannici, i quali avevano sempre sostenuto il principio di escludere i prodotti agricoli dall'accordo, accettarono di preve¬ dere delle norme in merito. Era previsto anche un accordo sul contenuto di tali norme. Il principio e le modalità principali di soppressione diffe¬ rita degli ostacoli agli scambi per i paesi meno industrializzati erano pure stati approvati. Anche il problema dei cartelli, che all'inizio pareva insolu¬ bile, aveva trovato una soluzione generalmente accettabile. I paesi che partecipavano ai negoziati si sforzarono di tener conto della proposta fran¬ cese di armonizzazione degli oneri sociali, istituendo un'istanza di ricorso per i paesi che si ritenessero lesi nei loro interessi. Con un atteggiamento quasi paradossale, gli. Stati, membri della comunità economica europea pre¬ conizzavano, per le istituzioni della zona, il principio del voto all'unani¬ mità, mentre gli altri Stati si dichiararono pronti ad accettare delle deci¬ sioni a maggioranza, in taluni casi, come per esempio per decidere i ri¬ corsi contro le clausole d'eccezione.

Il problema più difficile di; cui dovettero occuparsi i negoziatori era quello, che sorge in ogni zona di. libero scambio, della disuguaglianza delle tariffe applicate dai. paesi membri verso i. paesi terzi. I paesi a tenenza protezipnistica della comunità economica europea temevano che ih con: trollo dell'origine delle merci scambiate fra i paesi: della, zona non fosse sufficiente per impedire
ai- prodotti importati: da paesi terzi di penetrare abusivamente nei paesi: della zona passando attraverso paesi a dazi più bassi. Essi temevano inoltre che l'applicazione di. dazi, bassi da par,te di paesi fautori, di una politica commerciale liberista nei confronti dei paesi terzi, procurasse ad- essi vantaggi tali da falsare le regole della concor¬ renza. Si giunse così ad. esaminare le proposte fatte per armonizzare i dazi dei paesi membri della zona col futuro livello della tariffa doganale unica della comunità europea. La maggioranza dei partecipanti ai nego¬ ziati era però convinta che un sistema di certificati d'origine fosse attua¬ bile^ e che le distorsioni dannose, giustamente temute dai paesi a livello daziario elevato, potessero essere combattute efficacemente con un sistema di norme di controllo atte ad impedire abusi e ad adeguare i criteri con-

371 cernenti l'origine delle merci. Nell'estate del 1958, all'unanimità, si' deci¬ deva di stabilire quali fossero, per ogni settore economico, le migliori premesse per far funzionai^ il sistema del controllo dell'origine.

Le trattative, settore per settore, non ebbero però mai luogo. Il 20 ot¬ tobre 1958 il Consiglio dei ministri della comunità economica europea confermò una volta ancora solennemente la sua volontà di attuare una associazione multilaterale di. tutti gli altri Stati, membri della OECE e in¬ viò ai paesi, non membri della comunità economica europea una relazione -- il memorandum Ockrcnt -- nel quale si dichiarava: «La comunità ò dell'avviso che la data di entrata in vigore dell'associazione deve coinci¬ dere con la data di smobilitazione iniziale dei dazi, e dei contingenti in seno alla comunità economica europea (1° gennaio I960)». Il memorandum non era, ancora stato discusso, quando un portavoce del governo francese, il 14 novembre 1958, dichiarò che la Francia non poteva dare la sua appro¬ vazione al progetto di zona di libero scambio, discusso fino allora nei ne¬ goziati in seno alla OECE. In seguito a questa dichiarazione il presidente del comitato intergovernativo annunciò la sospensione delle trattative, poi¬ ché veniva a mancare la volontà comune di tutti i governi, di costituire una zona di libero scambio. E da quel giorno le trattative per un'associa¬ zione multilaterale di tutti i -paesi membri della OECE più non furono ri¬ prese.

L'atteggiamento francese era una conseguenza dell'atteggiamento as¬ sunto durante le suddette trattative. Esso si spiegava con le difficoltà eco¬ nomiche, cui doveva far fronte allora la Francia e clic trovavano la loro espressione nei saldi passivi ripetuti della sua bilancia dei pagamenti; esso derivava anche dal tradizionale bisogno di protezione di un'economia, la quale già aveva il timore di dover subire una più forte concorrenza per gli obblighi assunti nel trattato di Roma. La Francia si fece forte delle diffi¬ coltà suscitate in alcuni settori per la definizione dell'origine delle merci, per accentuare la sua opposizione. Ma anche in altri settori, dove ih pro¬ blema dell'origine non si poneva, la Francia chiedeva provvedimenti limi¬ tativi della competizione. I rappresentanti francesi avevano finito per chie¬ dere un trattamento
preferenziale, riservato esclusivamente ai membri del¬ la zona. Quando si convenne, come conclusione, che dei periti, muniti di pieni poteri, assumessero il compito di negoziare soluzioni concrete ai pro¬ blemi di ciascun settore, la Francia fece la sua dichiarazione di opposi¬ zione di principio alla zona di libero scambio. La .rottura; provvisoria delle trattative, deve dunque essere attribuita al fatto che la Francia considera¬ va l'integrazione in. forma di zona; di: libero scambio come troppo libcrislica per se stessa e soprattutto verso i paesi terzi, mentre altri paesi, co¬ inè la Svizzera, i quali danno soprattutto importanza al mantenimento e allo sviluppo dei loro scambi çond'oltreoceano, giudicavano, che economi¬ camente, era inopportuno attuare una divisione più razionale del lavoro sul

372 piano regionale, per creare sul piano mondiale intralci ad una miglior ri¬ partizione.

II. La posizione della Svizzera di fronte agli sforzi di integrazione europea Gli inconvenienti della mancanza di un accordo, concernente una zona di libero scambio estesa a tutti i paesi membri dell'OEGE, divennero tanto più manifesti in quanto la soppressione dei negoziati cadeva proprio alla vigilia dell'entrata in vigore delle prime misure di smobilitazione daziaria entro la comunità. Si potè allora toccare con mano come le autorità fede¬ rali avessero avuto ragione di prendere sul serio gli sforzi dei Sei e di proporre, nel 1956, l'adozione, nel quadro della OECE, di misure paral¬ lele, mettendo in guardia, già allora, contro il pericolo di una nuova scis¬ sione europea.

Le considerazioni recate qui sotto hanno comandato l'atteggiamento delle autorità federali come anche la loro partecipazione attiva ai nego¬ ziati per la zona di libero scambio; esse d'altronde, permanendo valide tuttavia, determinano anche per il futuro il cammino da seguire.

A. I problemi economici elio la Svizzera dove affrontare in seguito alla costituzione della CEE L'intenzione dei sei governi di creare un'unione doganale ed econo¬ mica e l'attuazione successiva di questa idea, hanno avuto un'influenza de¬ cisiva sull'atteggiamento della Svizzera rispetto ai problemi dell'integra¬ zione. In base soprattutto alle considerazioni esposte nel capitolo III B 1 del presente messaggio, un'adesione della Svizzera alla comunità econo¬ mica europea non entrava in linea di conto. Però l'associazione dei suoi principali e maggiori contraenti commerciali europei in un blocco econo¬ mico fortemente unificato avrebbe avuto ripercussioni sensibili sulla strut¬ tura del commercio estero della Svizzera, e quindi, indirettamente, sul li¬ vello dei prezzi, dei salari e del grado di occupazione.

Dopo il Belgio la Svizzera è il paese d'Europa dove il commercio eslea testa di abitante è più sviluppato. Circa un quarto del reddito nazio¬ nale svizzero è oggetto di scambi con l'estero, in forma di esportazioni di merci. Tenendo conto delle transazioni invisibili (turismo, reddito dei ca¬ pitali, assicurazione, ecc.) la proporzione sale a circa- 2/5 del reddito na¬ zionale. Gli scambi di merci e di servizi assicurano alla Svizzera, oltre le materie prime di cui ha bisogno, un livello di vita mollo più elevato che se dovesse produrre essa stessa tutti i prodotti necessari a soddisfare i bi10

373 sogni della sua economia, e vendere la sua produzione unicamente sul pro¬ prio mercato interno. In linea generale, più il prezzo dei prodotti che la Svizzera acquista all'estero è basso, e più alto è il prezzo di quelli che ven¬ de all'estero, tanto più sensibile diventa il miglioramento del tenore di vita che ci deriva dal commercio estero. È questa la ragione, per cui i prezzi all'importazione e all'esportazione, nella loro relazione reciproca, costituiscono dei fattori importanti per determinare la posizione del com¬ mercio estero e il grado di sviluppo di un paese, É la relazione nota col nome di «terms of trade» (termini di scambio).

L'esistenza di una zon.a economica del tipo del mercato comune euro¬ peo può influenzare sensibilmente i termini di scambio. I suoi effetti su paesi terzi saranno tanto più considerevoli quanto più importante è la quota di scambi con questo nuovo mercato. Nel 1958 le esportazioni sviz¬ zere a destinazione dei paesi della coxnunità economica europea raggiun¬ gevano 2,6 miliardi di franchi, vale a dire il 39% delle esportazioni glo¬ bali, mentre le importazioni della Svizzera provenienti da quella zona rag¬ giungevano i 4,3 miliardi, cioè il 58,8% delle importazioni totali. Risulta da queste cifre la grande importanza dei paesi del mercato comune per le nostre esportazioni; nia i mercati all'infuori di questa zona, situati in tut¬ to il mondo, sono ancora più importanti, perchè assorbono il 60% delle nostre esportazioni, un volume maggiore di una volta e mezzo quello con la comunità economica europea. Le cifre dimostrano altresì clic la Svizzcra concorre con 1,7 fino a 2,2 miliardi di franchi a coprire il saldo pas¬ sivo della bilancia commerciale del mercato comune verso i paesi terzi.

Sul piano della politica commerciale internazionale la comunità eco¬ nomica europea si presenta come un'unione doganale. I suoi membri de¬ vono dunque far conto di una nuova tariffa daziaria, la «tariffa esteriore» della comunità, che entrerà progressivamente in vigore a partire dal 1962 e clic verrà a sostituire le precedenti tariffe nazionali, al più tardi alla fine del periodo ti'ansitorio. Secondo il trattato di Roma questa tariffa co¬ mune dovrà essere stabilita in modo che, per ciascuna posizione (eccet¬ tuate alcune, tuttavia importanti), l'oncia daziai'io coiTisponda
in linea di massima alla media dei tassi in vigore all'inizio del 1957 nei quattro ter¬ ritori doganali della comunità. Infatti la unione doganale dei paesi del Benelux è considerata come un solo teiTitorio. Questa forinola schema¬ tica non tiene conto del volume delle importazioni, ciò clic sarebbe molto importante, poiché gli Stati membri della comunità economica europea che hanno barriere doganali relativamente poco alte (la Germania ed i paesi del Benelux) assorbono circa il 60 per cento delle esportazioni sviz¬ zere a destinazione della comunità. Quando entrerà in vigore la tariffa comune, la quota delle esportazioni svizzere a destinazione della comunità europea e che urterà ad un cordone doganale più alto, sarà maggiore di quella che trarrà vantaggi dalla riduzione dei dazi.

374 Gli inconvenienti della tariffa comune per i paesi terzi non derivano unicamente dal suo livello elevato, ma anche dal fatto che essa protegge un vasto territorio doganale unificato. Al termine del periodo di transi¬ zione, i produttori della comunità economica europea godranno della com¬ pleta franchigia di dazio per le merci che essi esportano sui mercati della comunità, mentre le merci dei paesi terzi importale nel mercato comune continueranno a pagare dazi. In queste condizioni di concorrenza e a costi uguali, un esportatore tedesco potrà offrire i suoi prodotti sul mercato francese ad un prezzo inferiore, rispetto a quello delle merci svizzere con¬ correnti, dell'importo dell'onere daziario previsto dalla tariffa esterna della comunità. Si verificherà dunque una discriminazione doganale.

Le disposizioni relative alle restrizioni quantitative (contingenti) po¬ tranno accentuare tale discriminazione. In questo campo i membri della comunità economica europea devono pure concedersi reciprocamente una liberalizzazione totale alla fine del periodo transitorio, mentre non è esclu¬ so che essi manterranno delle restrizioni quantitative verso i paesi terzi.

Restando fuori della comunità economica europea, la Svizzera sentirà gli effetti delle discriminazioni principalmente là dove essa troverà la con¬ correnza delle merci prodotte nei paesi della comunità e dove la tariffa comune farà avvertire la sua influenza sulle condizioni di concorrenza.

Ora, data, la loro struttura economica, i paesi del mercato comune fanno una concorrenza, seria alla produzione svizzera, sia sul mercato interno che sui mercati esteri. Bisogna poi, aspettarsi che l'aumento dei dazi della ta¬ riffa esterna comune sarà attuato principalmente rispetto ai prodotti finili, cioè sulla categoria di merci che costituiscono il grosso delle esporta¬ zioni svizzere. Di fronte a tale situazione gli esportatori svizzeri dovranno cercare di abbassare i loro prezzi, dove sarà possibile, per mantenersi com¬ petitivi. Infine non bisogna dimenticare che i produttori svizzeri potreb¬ bero trovarsi in una situazione che non consenta loro di adeguarsi nella misura necessaria a mantenere il volume attuale delle loro esportazioni verso i paesi della comunità europea. Il livello, di occupazione della manodopera potrebbe risentirne gli effetti. I
produttori svizzeri sarebbero costretti a trasformare le loro attrezzature di produzione, forse a prezzo di enormi sforzi, per fabbricare merci che non sono prodotte in senp alla comunità economica europea o che lo sono con. procedimenti diversi.

Delle imprese svizzere potrebbero così, inoltre, essere necessitate a pas¬ sare ancora di più alle loro succursali, situate nei paesi, del mercato co¬ mune, delle attività esercitate fino allora in Svizzera; ne risulterebbe un nuovo impulso alla tendenza già da tempo in corso e provocata dai prov¬ vedimenti protezionistici applicati dai paesi vicini, tendenza che si riper¬ cuote sul livello di occupazione in Svizzera, in. misura particolarmente grave nei periodi di recessione economica.

37ö Le imprese svizzere potrebbero, è chiaro, cercare di compensare la probabile diminuzione delle loro esportazioni verso i paesi del mercato co¬ mune con un aumento delle loro vendite fuori di quella zona, specialmen¬ te nei paesi d'oltreoceano. Ma esse incontrerebbero allora la concorrenza inasprita degli imprenditori degli altri paesi europei ugualmente discrimi¬ nati. La modificazione della ripartizione geografica delle esportazioni im¬ plicherebbe inoltre un aumento delle spese di vendita e dovrebbe far fron¬ te ai rischi derivanti dalla situazione sociale e finanziaria, spesso assai labile, di alcuni paesi transoceanici.

Riassumendo, la discriminazione risultante dall istituzione di un mer¬ cato comune europeo si tradurrà, probabilmente, in un ribasso di prezzo dei prodotti esportati dalla Svizzera, e forse anche in una diminuzione di valore, assoluta o relativa, del volume delle nostre esportazioni. Per¬ manendo, d'altro canto, identiche tutte le condizioni, non ci si può atten¬ dere, per contro, almeno in linea di principio, un mutamento dei prez¬ zi delle importazioni svizzere. La posizione della nostra economia in ma¬ teria. di commercio estero arrischia così di essere degradata: la Svizzera dovrebbe esportare di più per essere in grado di pagare un volume di im¬ portazioni immutato, oppure ridurre i suoi acquisti all'estero, se le espor¬ tazioni rimangono costanti. In ambedue i casi le condizioni materiali del popolo svizzero ne risentirebbero. Ciò non significa necessariamente che il livello di vita in Svizzera, misurato in valore assoluto, diminuirebbe. Ma l'aumento della produttività, che segue parallelamente lo. sviluppo econo¬ mico, andrebbe principalmente a compensare i danni della discriminazio¬ ne, onde sia mantenuto almeno il tenore di vita attuale.

È probabile che queste ripercussioni sfavorevoli della discrimina¬ zione saranno attenuate da parecchi altri fattori, che agiranno in. senso inverso. Per esempio, la tariffa esterna obbligherà i paesi del. mercato co¬ mune ad approvvigionarsi di materie prime e di prodotti semifabbricati a prezzi più elevati che finora. Questi produttori, dunque dovranno pagare le materie prime ed i prodotti semifiniti a prezzo più alto dei loro concor¬ renti svizzeri, i quali invece godono di. dazi bassi. L'istituzione di un mer¬ cato comune poi
accelererà lo sviluppo economico e farà aumentare il reddito nazionale degli Stati membri. L'elevazione del tenore di vita creerà nuovi bisogni e farà quindi aumentare la domanda di prodotti provenienti da paesi terzi. La creazione di un %rasto spazio economico unificato inci¬ terà i produttori che vi sono stabiliti a indirizzare la produzione verso le esigenze poste da un grande mercato. La produzione di massa di beni standardizzati in seno alla comunità diventerebbe sempre più conveniente, mentre la fabbricazione in piccole serie di prodotti altamente specializzati sarebbe per loro meno interessante, e resterebbe quindi, agli imprenditori stabiliti fuori della comunità, un settore specifico, nel quale rimarrebbero competitivi.

376 Ma tutte queste ipotesi si basano su elementi incerti e non sono di importanza tale, da sperarne, almeno a lunga scadenza, una compensa¬ zione sufficiente dei fattori negativi descritti sopita. Di conseguenza, le con¬ dizioni di disparità nella concorrenza, a danno dell'economia svizzera, clic risulteranno dalle disposizioni del trattato di Roma in materia di politica daziaria, pongono la politica economica e doganale svizzera di fronte a compiti particolarmente gravi.

B. Lo ragioni elio motivano l'interesso della Svizzera a una zona di libero scambio estesa a tutti i paesi membri della OECE 1. Ragioni economiche I pericoli di discriminazione dovrebbero essere scongiurati estenden¬ do le regole di smobilitazione dei dazi e contingenti della comunità eco¬ nomica europea ad una zona di libero scambio comprensiva di tutto il ter-ritorio della OECE. Paese tradizionalmente esportatore, la Svizzera go¬ drebbe i vantaggi simultanei dell'abolizione degli ostacoli agli scambi e del conseguente aumento della produttività e del tenoi'e di vita. É vero clic la produzione svizzera è già altamente specializzata, anche in un mercato eu¬ ropeo non ancora unificato. La povertà di materie prime della Svizzera, la sua posizione geografica sfavorevole, l'esistenza di barriere elevate contro gli scambi internazionali e la moderala protezione concessa finora al mer¬ cato interno, hanno stimolato l'industria svizzera a specializzarsi per com¬ pensare tali svantaggi, a ridurre il più possibile i costi di produzione e a migliorare la qualità. Ma gli ostacoli agli scambi impediscono di utilizzare razionalmente le forze produttive, e di conseguenza di rafforzare e miglio¬ rare il potenziale economico in misura pari al progresso tecnico attuale.

Era ovvio che la Svizzera, che sempre ha auspicato la riduzione degli osta¬ coli agli scambi, cogliesse l'occasione che le si offriva nel 1956, quando tutti i membri della OECE si dichiararono favorevoli all'idea di abolire completamente tali ostacoli. Chiedendo che il volume degli scambi a bene¬ ficio dei vantaggi della zona fosse molto ampio, la Svizzera faceva la sua scelta a favore di una zona di libero scambio, organizzata nel modo più liberale possibile e concepita in maniera da offrire il massimo vantaggio economico.

2. Ragioni di politica commerciale La decisione presa dalla Svizzera di partecipare ai negoziati sulla zona di libero scambio aveva il suo rovescio. Essa significava clic la Sviz¬ zera accettava la possibilità di abbandonare, in favore di un si¬ stema regionale, l'applicazione della clausola della nazione più favorita, così come è consentilo dall'organizzazione mondiale del GATT per gli ap-

377 partenenti ad una zona di libero scambio. Ma la caralleristica essenziale di una tale zona sta nel fatto che ciascun paese membro conserva il diritto di definire liberamente la propria politica commerciale verso i paesi terzi.

I membri della zona di libero scambio, per principio, sono liberi di trat¬ tare su piede di uguaglianza con i loro contraenti commerciali non com¬ presi nel sistema regionale. Questa situazione è identica a quella che regna nella OECE, e clic ha permesso alla Svizzera di far beneficiare anche i paesi terzi delle misure di liberalizzazione nel settore dei contingenti, ne¬ gli scambi intraeuropei. Se un giorno la difesa del suo commercio mon¬ diale l'esigesse, nulla, in seno ad una zona di libero scambio, vieta alla Svizzera di estendere a paesi terzi, contro prestazioni ragionevoli, i van¬ taggi accordati ai paesi della zona. Un sistema regionale, concepito giusta queste direttive, permetterebbe alla Svizzera di continuare a sviluppare le sue relazioni con i paesi che ne fossero esclusi.

La Svizzera lia dato il suo appoggio all'idea di una zona di libero scambio, soprattutto perchè la soppressione degli ostacoli interni agli scambi non significava istituzione di una barriera doganale più elevata rispetto all'esterno. La struttura attuale dell'economia svizzera si basa in¬ fatti sulla possibilità di compensare la mancanza di materie prime e gli svantaggi della situazione geografica acquistando i prodotti di base dove i prezzi sono più favorevoli e gravando le importazioni di materie prime con dazi possibilmente bassi. L'accettazione di una tariffa esteriore ele¬ vata, come quella della comunità economica europea, diminuirebbe la capacità di concorrenza dell'economia svizzera ed annullerebbe, fortemen¬ te o completamente, i vantaggi derivanti da un grande mercato totalmen¬ te liberalizzato. Il rafforzamento notevole degli ostacoli all'importazione svizzera provenienti da paesi fuori del sistema regionale comprensivo di tutti i paesi della OECE, a lunga scadenza, avrebbe avuto delle ripercus¬ sioni sulle esportazioni svizzere verso detti paesi, che rappresentano il 45% circa delle esportazioni totali. Un paese a vocazione commerciale mon¬ diale come la Svizzera, deve per forza di cose far tutto il possibile per non essere conglobato in un sistema regionale troppo rigido. Sotto
questo aspet¬ to il principio di una zona di libero scambio, associato ad una regolamen¬ tazione liberale del problema dell'origine, offre le migliori garanzie dal punto di vista della politica commerciale.

S. Considerazioni di politica generale Le esigenze della cooperazione internazionale pongono a tutti gli Sta¬ ti il problema dei limiti, oltre i quali non possono andare per non com¬ promettere la loro indipendenza. Specialmente per la Svizzera la questione dei rapporti con gli stati europei che la circondano è una costante sto¬ rica. Il riavvicinamento dei popoli, sorto dal ritmo intenso di sviluppo

378 industriale, rende sempre più necessaria la collaborazione internazionale.

Di conseguenza, i problemi connessi con l'indipendenza nazionale diventa¬ no più acuti di un tempo. La Svizzera deve perciò vagliare più attenta¬ mente le forme di cooperazione da essa auspicate, o alle quali partecipa.

Nel Ï947, quando unti cotiperaziòne economici eùròpea più 'strette co¬ minciava a "deiihearsi, 'la Svizzera comunicò -ai suoi futuri consoci dèlia OECE 'le condizioni minime, aille quàli avrebbe subordinato la sua par¬ tecipazione. 'Esse erano le seguenti: «· La partecipazione svizzera non deve essere incompatibile con il suo statuto "di neutralità; b. La Svizzera non può essere vincolata da decisioni, cui non ha dato il suo assenso; c. La Svizzera vuol mantenere in vigore gli accordi commerciali da essa conclusi con gli Stati non membri dell'organizzazione e poterne concludere altri analoghi.

Queste nostre riserve non furono contestale, quando la collaborazio¬ ne delineata nella convenzione del 1948 istituente la OECE prese forme concrete negli anni successivi. Tali forme rispondevano alle esigenze sviz¬ zere, sia per quanto riguarda i settori dove operava la collaborazione, sia per i metodi di cooperazione adottati. Dati i risultati positivi e gli sviluppi, continui, della cooperazione, e in conseguenza delle possibilità e delle prospettive del progresso tecnico, sorgeva inevitabilmente il biso¬ gno di cercare nuove e più efficaci forme di collaborazione. La Svizzera ha dimostrato di essere disposta a partecipare a queste nuove istituzioni (così nel CERN, nella Eurofima, nella Agenzia europea per l'energia nu¬ cleare, nella Eurocliimica) e di prendere in considerazione le nuove vie di cooperazione. Gli sforzi di integrazione dei Sei hanno reso ancor più ur¬ gente il problema ed hanno ridato viva attualità alla questione, se la Sviz¬ zera possa partcciparé a questa nuova fase di cooperazione, senza per¬ dere i propri diritti d'indipendenza, entrando in una unione con uno o più altri Stati.

Quando la forinola della zona di libero scambio fu proposta, come niezzò di associazione agli sforzi di integrazione dei Sei, la Svizzera la considerò subito come lo strumento di collaborazione che più facil¬ mente poteva diventare compatibile con i suoi interessi economici gene¬ rali, e che era conforme alle tre
riserve notificate prima di dare l'ade¬ sione alla OECE. Le considerazioni politiche e le direttive, prevalse da parte svizzera ed enunciate in modo ancora più preciso nel corso dei negoziati, possono -essere riassunte come segue: a. L'indipendenza :politica della 'Svizzera e la sua esistenza come Stato devono essere salvaguardate.'Ciò significa, con riferimento alle for¬ ine di coopéràzionc délia OECE, che i poteri giuridici degli 'orga-

379 nismi internazionali in via di istituzione dovrebbero essere limitati.

Se gii impegni da assumere dovessero varcare i confini della rispet¬ tiva politica commerciale, essi dovrebbero limitarsi a questioni con¬ crete ben circoscritte.

L'eventuale ampliamento dei ;poteri degli organi e il'contenuto dei nuovi obblighi'da assumere nel caso'concreto, non dovrebbero dipendere da decisioni di maggioranza ed essere praticamente im:poste dal 'giuoco delle forze apolitiche delle zone regionali. Solo così le autorità legislative svizzere non verrebbero spodestate dei loro at¬ tributi costituzionali. Ponendosi il principio dell'abbandono degli at¬ tributi governativi nel campo economico, non bisogna dimenticare clic, oggi, la politica economica, nella accezione più larga della pa¬ rola, costituisce uno dei maggiori compiti della Confederazione. Una rinuncia anche solo parziale all'autonomia in materia di politica commerciale toglierebbe alla Svizzera una parte importante della sua sovranità politica.

b. L'opposizione di principio della Svizzera all'istituzione di organi so¬ prannazionali non le impedisce di prevedere la possibilità di deci¬ sioni di maggioranza, quando si tratta di decidere ricorsi in mate¬ ria di applicazione od interpretazione di determinate regole contrat¬ tuali, o quando un paese, per difficoltà transitorie, chiede di essere liberato provvisoriamente dagli obblighi di applicazione di talune norme del trattato.

c. In certi settori economici possono sorgere problemi particolari, di adattamento o di mutamento, in seguito all'abolizione degli ostacoli agli scambi. Ammesso il rifiuto di riconoscere enti soprannazionali, ai quali i singoli Stali dovrebbero sottomettersi, la responsabilità, nella soluzione di tali problemi, dovrebbe incombere in linea di principio allo singole economie nazionali. La Svizzera è convinta che nell'am¬ bito nazionale le premesse per risòlvere tali problemi in modo con¬ forme alle particolarità di ciascuno e ai bisogni di un piccolo Stato siano migliori.

d. Per la sua difesa economica nazionale, la Svizzera deve poter con¬ tare su un'agricoltura produttiva. Essa deve perciò cercare di otte¬ nere, in ogni accordo economico internazionale, garanzie circa il mantenimento di quella protezione onde gode l'agricoltura svizzera per volontà del popolo. Dato il livello
dei prezzi agricoli e le con¬ dizioni di produzione esistenti in Svizzera, ogni forma di coopcra¬ zione che conducesse ad un adeguamento avrebbe conseguenze gravi per l'agricoltura svizzera e :per la sicurezza dell'approvvigionamento del paese.

e. Quasi tutte le decisioni che sono intese ad una più stretta coopcra¬ zione economica internazionale, fanno sorgere necessariamente il

380 problema di dare all'economia un carattere più specializzato. Al¬ l'accresciuto benessere corrisponde una maggiore interdipendenza eco¬ nomica. La Svizzera deve perciò mirare sempre a che questa più stretta interdipendenza avvenga su scala mondiale. Altrimenti, in talune circostanze, da questa maggiore interdipendenza economica potrebbe derivare una limitazione della libertà di movimento nel campo politico. Gli impegni che la Svizzera assume in materia di politica economica devono perciò mantenere un certo equilibrio, fra le relazioni commerciali con l'Europa e gli scambi che essa intrat¬ tiene con i paesi di oltreoceano. Uno dei principali risultati di que¬ sta politica commerciale fondata su relazioni mondiali, è stato quello di contribuire alla fama mondiale della Svizzera.

/. La neutralità e una politica estera e commerciale, tale da garantire questa neutralità in tempo di guerra, costituiscono gli strumenti es¬ senziali per salvaguardare l'indipendenza della Svizzera. La Sviz¬ zera dunque non può cooperare ad organizzazioni clie hanno il ca¬ rattere di alleanze o che si pongono obiettivi nettamente politici. Ciò non significa che la Svizzera debba assumere un atteggiamento nega¬ tivo rispetto agli scopi politici, ai quali mirano gli sforzi di inte¬ grazione più stretta intrapresi dagli altri Stali. La Svizzera, che a più riprese ha visto mettere a dura prova la sua forza di resi¬ stenza nei ripetuti conflitti che hanno sconvolto l'Europa, ha tutto l'interesse di approvare un'associazione stretta fra popoli prima di¬ visi da inimicizie. Europea geograficamente e per la sua civiltà, la Svizzera non può rimanere indifferente all'avvenire del continente; essa deve assumere un atteggiamento positivo di fronte a tutte le iniziative, le quali, evitando di suscitare nuovi antagonismi, raffor¬ zano l'unità dell'Europa e la sua posizione nel mondo. Per ragioni fondate sulla sua politica di neutralità, la Svizzera non può però estendere la sua collaborazione al campo politico e, di conseguenza, deve intermettere ogni collaborazione non appena le forme di coo¬ perazione previste fossero tali da mettere in discussione la sua indi¬ pendenza. Auspicando una formola di collaborazione aperta al mag¬ gior numero possibile di paesi, la Svizzera assume un atteggiamento conforme agli interessi dell'Europa,
poiché l'esistenza o la creazione di antagonismi economici metterebbe in forse l'unità europea.

^ Queste considerazioni di politica generale, di politica economica e di politica commerciale, giustificano l'appoggio e l'impulso che la Svizzera ha voluto dare all'idea di una zona di libero scambio conglobante tutti i paesi membri della OECE. Esse ispireranno la Svizzera nella ricerca di ulteriori forme di cooperazione anche nell'avvenire.

381 III. Sviluppi della situazione e ricerca di soluzioni, dopo la sospensione dei negoziati per una zona di libero scambio in seno alla OECE e fino alla costituzione dell'Associazione europea di libero scambio A. Sviluppi dopo la sospensione dei negoziati La sospensione dei negoziati aveva creato una situazione particolar¬ mente critica, dati i vantaggi che tutti i paesi membri della OECE avevano inizialmente riconosciuto ad una zona di libero scambio e considerata la difficoltà di impostare un altro sistema, per regolare in modo soddisfacente i problemi che sorgevano con l'istituzione della comunità economica euro¬ pea. Proposte e suggerimenti diversi furono avanzati, onde evitare che la prima riduzione di dazi, che doveva entrare in vigore, per la CEE, il 1° gennaio 1959, non invalidasse il principio dell'ugualianza di trattamento verso tutti i paesi membri della OECE.

Su invilo della Svizzera, gli alti funzionari degli Stati che poi hanno costituito l'associazione europea di libero scambio, assieme al presi¬ dente del gruppo della OECE che si occupa dei problemi dei paesi poco sviluppati, si riunirono a Ginevra il 1° e il 2 dicembre 1958. Essi conven¬ nero di raccomandare ai propri governi la fedeltà all'idea di un'associazione multilaterale di tutti i paesi membri della OECE e di cercare per il 1° gen¬ naio 1959 una soluzione provvisoria non discriminante.

In occasione dell'incontro a Bad-Kreuznach alla fine di novembre 1958, i capi dei governi francese e tedesco riaffermarono la loro adesione al principio di un'associazione multilaterale. Nella riunione del 3 dicembre 1958, il Consiglio dei ministri della comunità conferiva mandato ad una commissione di elaborare un memorandum sull'associazione di tutti i paesi membri della OECE, e stabiliva un modus vivendi circa il tratta¬ mento da riservare ai paesi terzi. Gli Stati membri della comunità parti¬ vano dall'idea che, in materia di dazi, conformemente alle regole del GATT e alle disposizioni del trattato di Roma, essi avrebbero dovuto in ogni modo, a contare dal 1° gennaio 1962, ridurre le loro tariffe nazionali superiori alla tariffa comune, nei confronti dei paesi terzi. Essi si dichiara¬ vano anche pronti ad anticipare tale data e ad estendere a tutti i paesi membri del GATT la diminuzione del 10 per cento dei dazi, concessa fra di loro
reciprocamente, per quelle posizioni del settore industriale che avevano dazi di importazione superiori alla tariffa comune. Si prevedeva pure, a determinate condizioni, di accordare l'aumento del 20 °/o dei con¬ tingenti anche agli 11 altri paesi dell'OECE. Per i piccoli contingenti, che hanno un effetto particolarmente restrittivo sugli scambi, l'accordo previsto non concedeva ai paesi terzi aumenti equivalenti a quelli che sarebbero entrati in vigore per i membri della comunità.

Foglio Federale, I960.

26

382 Il 15 dicembre 1958, il Consiglio dei ministri della OECE esaminò il modus vivendi proposto dalla comunità. In quell'occasione gli altri membri della OECE fecero capire assai chiaramente di non essere soddisfatti di quei provvedimenti unilaterali, i quali venivano ad introdurre una discri¬ minazione -- anche se limitata -- nelle relazioni intraeuropee. Il Regno Unito fece una proposta mirante ad ottenere, almeno per il settore dei contingenti, l'esclusione di qualsiasi discriminazione a partire dal 1° gen¬ naio 1959. Tutti i paesi della OECEj sull'esempio dei Sei, avrebbero dovuto aumentare simultaneamente e su base di reciprocità tutti i contingenti da loro applicati. Questa proposta si urtò all'opposizione della Francia. Per ragioni di principio, la discriminazione a favore degli Stati membri della comunità divenne un fatto compiuto.

Poco prima della fine del 1958, la maggior parte dei paesi europei instaurava la convertibilità esterna delle monete, obiettivo perseguito già da anni dalla OECE. Questo provvedimento, provocato di comune accordo dalla Francia e dalla Gran Bretagna, contribuiva a creare una distensione sensibile degli animi. La svalutazione del franco francese, il previsto risa¬ namento del bilancio dello Stato e il ritorno al livello di liberalizzazione del 90 per cento, sottoscritto come impegno nell OECE, vennero a conso¬ lidare ufficialmente il mutamento positivo e coraggioso della Francia in materia di politica economica. In numerose sfere sorgeva là speranza e l'augurio che si potesse arrivare, a breve scadenza, alla ripresa delle trat¬ tative per una zona di libero scambio, ormai arenate. In seno alla OECE i dibattiti furono però limitati alla ricerca di una forinola che permettesse con negoziati bilaterali fra i membri della comunità e diversi altri paesi appartenenti alla OECE, di attenuare nel 1959 la discriminazione nel settore dei contingenti. Anche se tali negoziati non si conclusero su di un piano multilaterale, essi permisero però, di raggiungere in gran parte lo scopo immediato.

Nel frattempo la commissione della comunità preparava il suo memo¬ randum sull'associazione multilaterale, procedendo a consultazioni presso gli altri 11 paesi membri della OECE. Essa concluse i suoi lavori il 26 febbraio 1959. Nel suo memorandum, indirizzato al Consiglio dei ministri
della comunità, essa si pronunciava in favore del mantenimento della OECE e della creazione, a lunga scadenza, di un'associazione multilaterale.

Essa aggiungeva però che la decisione definitiva, sul problema dell'aboli¬ zione totale degli ostacoli agli scambi in Europa, dipendeva dall'adempi¬ mento di alcune condizioni che finora solo i paesi membri della comunità erano decisi ad accettare. Il principio di coopcrazione sotto forma di una zona di libero scambio veniva così scartato. La commissione cercava inoltre di dimostrare, con le cifre, che il problema del trattamento differenziale in materia doganale era un problema universale, e che la quota del reddito nazionale proveniente dalle esportazioni verso la comunità era

383 più importante in alcuni paesi non europei, come il Ghana, l'Irak, il Salvador e altri paesi che praticano la monocoltura, che nella maggior parte dei paesi membri della OECE. Considerata quindi la responsabilità universale della comunità, la commissione era dell'avviso che il problema dei dazi dovesse essere trattato in seno al GATT; nel quadro europeo, secondo la commissione, si trattava di avere un atteggiamento «evoluzio* nista». Per il momento la riduzione limitata dei dazi poteva entrare in considerazione solo per i prodotti dei settori per i quali si poteva accertare il trattamento differenziale in materia doganale, o per merci scambiate principalmente in Europa. La comunità, poi, avrebbe considerato favore¬ volmente ogni domanda d'accessione o proposta di associazione bilaterale da parte di paesi terzi.

Nella sua'riunione del 16 marzo 1959, il Consiglio dei ministri della comunità accolse con riserve il memorandum della commissione, senza adottarne le conclusioni. Venne costituito un comitato speciale, composto di rappresentanti dei governi e della commissione, per proseguire nel¬ l'esame del problema dell'associazione multilaterale. La Commissione aveva del resto dichiarato che il suo memoradum non doveva essere considerato come una presa di posizione definitiva, ma che, per il momento, una solu¬ zione più larga non avrebbe ottenuto l'approvazione di tutti gli Stati membri della comunità. Come era da prevedere, il comitato speciale non riuscì ad avanzare nell'attuazione di un'associazione di tutti i paesi membri della OECE. Diverse proposte, miranti ad estendere l'applicazione reci¬ proca delle riduzioni daziarie a tutti i paesi membri della OECE, rimasero lettera morta. Furono invece intavolale trattative, per cercare di "associare bilateralmente la Grecia e la Turchia, ciò che implica, per quei paesi, l'acccttazione della tariffa esteriore comune.

Nella primavera del 1959, la situazione, per quanto riguarda l'attua¬ zione di un'associazione multilaterale, non era affatto mutata. I motivi di ordine economico, con i quali si era voluta giustificare la sospensione dei negoziati avevano certamente perso molto valore in Francia, ma l'oppo¬ sizione basata su ragioni politiche, fondate a loro volta nel proposito di dare alla comunità il carattere di alleanza europea continentale, si era
rafforzala. Vi erano poi i fautori influenti dell'idea europea, che, in alcuni paesi, e anche in seno alla comunità, temevano per gli obiettivi politici della comunità, ritenendoli compromessi, se essa venisse ad essere conglo¬ bata in un sistema europeo più vasto, nel cui seno la comunità arrischiava di perdere le proprie funzioni e la propria originalità. La discriminazione si delineava così come strumento necessario di delimitazione fra la comu¬ nità e il mondo esteriore, e come punto di partenza, in un certo senso, di un processo di unificazione politica.

Tutti questi motivi di ordine psicologico messi in luce sopra, facevano intravvedere che, in un prossimo avvenire, non ci si poteva attendere dai

384 Sei un nuovo-passo per ristabilire l'unità nel quadro della Grande Europa della OEGE." I paesi situati fuori dalla comunità cominciavano ad avvertire gli effetti della discriminazione commerciale e delle intese a carattere esclusivo, che andavano formandosi in seno ai gruppi industriali e comcerciali della comunità. Ciascuno dei paesi non membri, specialmente la Svizzera, si chiedevano come fosse possibile, nel proprio interesse e nel¬ l'interesse dell'unità dell'Europa, uscire da tale vicolo cieco.

·

B. Lo prescrizioni provalso nella scelta fra lo divorso soluzioni che si offrivano alla Svizzera

Nella primavera del 1959 appariva ormai chiaro che, attendendo oltre, nulla rimaneva da sperare. L'idea di un'associazione di tutti i paesi membri della OECE aveva perduto tanto più terreno quanto più l'impossibilità di addivenire ad un accordo si ripercuoteva unilateralmente a sfavore dei paesi non membri del mercato comune. Limitarsi ad aspettare significava rinunciare all'idea di associazione multilaterale, senza poter offrire ai paesi terzi nessuna compensazione, per le perdite che essi, probabilmente, avrebbero sofferto sul mercato comune. I portavoce del Consiglio federale avevano affermato, a più riprese, che la Svizzera non avrebbe assistito passivamente alla rottura del suo equilibrio nelle relazioni commerciali con i suoi principali contraenti, causata dalla discriminazione. A lungo andare un atteggiamento passivo della Svizzera in materia di politica commerciale l'avrebbe condotta ad un isolamento, oppure a doversi accor¬ dare con la comunità in condizioni particolarmente sfavorevoli. Non si poteva differire più oltre la decisione di scella di una via da seguire.

Teoricamente tre diverse vie, che andremo illustrando brevemente, si presentavano alla Svizzera. La prima, di aderire alla comunità, era già stala giudicata impraticabile nel 1957, quando si prese una decisione di massima in favore della zona di libero scambio.

/. L'adesione alia comunità Una tale soluzione era slata scartata per le ragioni seguenti di ordine economico e di ordine politico: o. La Comunità persegue lo scopo di istituire uno Stato europeo so¬ prannazionale. Questo obiettivo, conformemente al trattato di Roma, viene raggiunto restringendo sempre più, nel corso degli anni, l'auto¬ nomia di ciascuno Stalo membro a favore di organismi internazionali.

Ora l'abbandono, sia pure parziale, della propria autonomia, per un piccolo Stato implica rischi infinitamente più gravi che per un grande Stato. I grandi Stati sono molto meglio in grado di difendere

385 i loro interessi, dato il peso politico ed il potenziale economico di cui dispongono, peso e potenziale che nel quadro istituzionale della comunità, in virtù dei voti di cui godono, diventano ancora più forti.

L'adesione ad una comunità verrebbe a ledere il sistema di demo¬ crazia diretta, della Svizzera, e in certa misura anche la sua struttura federalistica; In ogni caso, confidare la tutela degli interessi del po¬ polo svizzero in materia di politica commerciale, sociale, agricola, fiscale e del pieno impiego, ad istituzioni che non sono responsabili verso il popolo svizzero, sarebbe contrario ai principi della forma¬ zione della volontà popolare nel nostro sistema democratico, così come sono fissati nella Costituzione federale.

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La volontà di indipendenza del popolo svizzero contrasta dunque con un'adesione alla comunità. Una nazione che deve la sua esistenza non all'unità di lingua, di stirpe o di civiltà, ma alla volontà politica, non può permettere l'indebolimento progressivo della sua indipen¬ denza statale.

b. Per gli Stati membri, la comunità non è unicamente un punto di partenza per la loro unificazione politica; essi si servono di questa anche per raggiungere i loro obiettivi politici generali in Europa e nel mondo. L'unificazione politica e il raggiungimento degli, obiettivi di politica mondiale non sono elencati letteralmente come obblighi nel Trattato di Roma; ciò è dovuto, fra altro, alla situazione politica che regnava in certi Stati all'epoca della firma. È opinione generale però che questi due scopi ispirano oggi largamente la politica degli Stati membri e degli organi della comunità, determinandone le mete.

Per la Svizzera, aderire ad ima tale comunità, a carattere politico evidente e nettamente delimitata anche dal punto di vista geografico, e rinunciare anche solo parzialmente alla propi'ia indipendenza na¬ zionale -- fondamento della neutralità svizzera --, significava dar l'impressione di un graduale abbandono della sua neutralità ed indi¬ pendenza, ammesso pure che gli obblighi incombenti ad uno Stato neutrale in tempo di guerra venissero formalmente riconosciuti e riservali. Uno dei fondamenti della neutralità, vale a dire il suo carattere di cosa prevedibile e determinabile, sarebbe stato infirmato.

La fiducia internazionale nel carattere permanente della sua
neutra¬ lità veniva ad essere menomata. Partecipando alla comunità la Sviz¬ zera si vedrebbe continuamente posta di fronte a nuove interpreta¬ zioni della politica di neutralità, rese particolarmente delicate dal fatto che la comunità, secondo le previsioni, verrà trasformata in alleanza od unione politica.

c.. L'adesione alla comunità implica la rinuncia a praticare una politica autonoma in materia di commercio estero. Tale autonomia costituisce uno degli elementi essenziali di esistenza per uno Stato, come la Svizzera, che dipende largamente dalle esportazioni per far vivere

386 la sua popolazione. L'interdipendenza fra la politica di commerciò estero e la politica estera -- nel caso della Svizzera, con la politica di neutralità -- è così stretta che rinunciando all'una, il mantenimento dell'altra diventa particolarmente difficile. Il rischio si fa più grave, se l'indipendenza in materia di politica commerciale viene abbando¬ nata a favore di un gruppo di Stati che comprende solo una parte dell'Europa.

d. L'adesione alla comunità implica l'accettazione della sua tariffa este¬ riore comune. I dazi elevati, che sembrano caratterizzare tale tariffa, indebolirebbero la posizione della Svizzera come paese a commercio mondiale. Le materie prime che la Svizzera importa diventerebbero più care, la capacità a sostenere la concorrenza si indebolirebbe. La politica e la struttura economica del nostro paese dovrebbero alli¬ nearsi alle condizioni diverse che regnano nei principali paesi del mercato comune.

e. L adesione alla comunità implica inoltre l'accettazione di una politica agricola comune. Anche se la Svizzera fosse in grado di esercitare un'in¬ fluenza su detta politica, essa dovrebbe ugualmente adattare la sua agricoltura alle necessità di una politica agraria protezionistica a livello europeo. Da un lato le sue risorse di approvvigionamento in tempo di guerra sarebbero gravemente compromesse; dall'altro le importazioni a prezzi mondiali, che hanno la tendenza a livellare o a far ribassare i prezzi, dovrebbero essere fortemente limitate.

/. Aderendo alla comunità la Svizzera dovrebbe infine accettare l'ob¬ bligo di applicare all'altra parte dell'Europa, con la quale ha colla¬ borato per molti anni in seno alla OECE, un trattamento doganale e commerciale meno favorevole. La Svizzera si rifiuta di accettare questa conclusione, poiché essa rimane convinta che è possibile creare un'Europa economicamente unita in un quadro più largo.

Tutte queste considerazioni non lianno certamente lo stesso peso.

Nel loro assieme esse dimostrano però l'incompatibilità dei principi su cui si basa la Confederazione (e che sono ancorati nella Costituzione federale) con l'adesione alla comunità: è questo l'ostacolo insormon¬ tabile per l'adesione della Svizzera al mercato comune.

2. Accordo bilaterale con la comunità economica europea Scartata l'idea di aderire alla comunità, la Svizzera
avrebbe potuto intavolare dei negoziati bilaterali con la comunità, per regolare con essa i propri rapporti. In tali trattative la Svizzera, in partenza, era condan¬ nata a far la parte del contraente più debole. Il numero delle soluzioni bilaterali sarebbe poi stato limitalo dal fatto che le regole del GATT, che la Svizzera ed anche i paesi della comunità devono rispettare, vietano

387 di concedersi reciprocamente nuove preferenze, escludono cioè la concessio¬ ne di facilitazioni doganali reciproche, senza che i membri si impegnino simultaneamente ad abolii'e gli ostacoli daziari nei loro scambi. Un ra¬ pido esame delle diverse soluzioni bilaterali non contrarie alle regole del GATT dimostra l'inopportunità di scegliere la via bilaterale: o. La conclusione di un accordo commerciale e doganale di tipo tradi¬ zionale con la comunità, o, per cominciare, con tutti i suoi membri, è, fra le diverse soluzioni, quella che avrebbe avuto conseguenze più limitate. Le concessioni i*eciproche sarebbero dovute essere estese a tutte le parti contraenti del GATT. Ciò significa che le concessioni da ottenere dai Sei sarebbero state assai modeste. Nel corso delle recenti trattative per la nuova tax'iffa doganale in seno al GATT la Svizzera ha sperimentato piticamente l'impossibilità di risolvere il problema della disci'iminaizione su tale via.

b. Teox'icamente una soluzione di maggiore consistenza si poteva tro¬ vare nell'istituzione di una zona di libex'o scambio fra il mercato comune da un lato e la Svizzera dall altx'o. Ma siccome la Fi ancia aveva manifestato la sua opposizione di pi'incipio alla foianola di zona di Iibei'o scambio, e poiché la commissione della comunità, nel suo memorandum del febbraio 1959, aveva fatta sua questa oppo¬ sizione sostenendola con numerosi argomenti, era impossibile, a quell'epoca, avviare dei negoziati che potessero concludersi positi¬ vamente con la creazione di una simile zona bilatei'alc. La Svizzera poi per non discriminare gli altri paesi della OECE non membri della comunità, rispetto ai quali la sua bilancia commerciale presen¬ ta un saldo attivo (ciò che rende la sua posizione di negoziatore più debole nei loro confronti), avrebbe dovuto concludere anche con es¬ si degli accordi di zona di libero scambio. Ne sarebbe risultata una rete di zone di libero scambio bilaterali, che veniva poi a corrispon¬ dere piticamente ad una zona multilaterale. I problemi però diven¬ tavano infinitamente più complessi ed intricati, ed era probabile che i primitivi avversai^ della zona di libero scambio comprendente tutti i paesi della OECE avrebbero avversato una tal rete di accordi. Su questa via si sarebbe giunti a rinunciare all'idea di una associazione multilaterale,
nella quale fosse assicurata, su piedi di parità, la col¬ laborazione di tutti i paesi della OECE, idea sempre sostenuta dalla Svizzera per molteplici ragioni.

c. L'unica altra soluzione bilaterale conforme alle nonne del GATT sa¬ rebbe stata la ^creazione di un'unione doganale fra la Svizzera e la comunità economica europea. L'elevata tariffa esteriore della comunità avrebbe costituito la base di tale unione In linea di principio le ragioni che impediscono l'adesione alla comunità 'sono le stesse di quelle che si oppongono ad un'unione doganale (vedi

cap: III; B, 1). C'è solo una differenza di grado. Anche se l'accordo bilaterale fosse stato limitato alla creazione di un unione doganale, e se la portata delle decisioni maggioritarie previste dagli Stati membri della comunità per i diversi settori fosse attenuata per quanto riguarda la Svizzera, l'interdipendenza con la comunità avreb¬ be raggiunto un tale sviluppo che la Svizzera, in caso di guerra, più non sarebbe stata in grado di rompere quei legami e di ritrovare la sua indipendenza politica. Partecipando ad un'unione doganale a ispirazione politica, in seno alla quale il nostro paese sarebbe sta¬ to il contraente più debole, il mantenimento dell'indipendenza e del¬ la neutralità diventava difficile; una tale unione avrebbe poi compro¬ messo nettamente le nostre relazioni con i paesi terzi, a causa delle barriere doganali elevate che le importazioni provenienti dai paesi fuori dell'unione avrebbero incontrato.

.1. Fedeltà all'idea di un'associazione multilaterale mediante l'istituzione di una zona di libero scambio comprendente altri paesi non membri della comunità europea Considerati i pericoli e le insufficienze delle soluzioni bilaterali, ap¬ parve indispensabile orientarsi con la massima attenzione verso i meto¬ di multilaterali e verso il rafforzamento della collaborazione fra gli altri Stati' non membri del mercato comune. Conveniva dunque esaminare in modo più approfondito il progetto di creazione di una zona di libero scamoio, comprendente quei paesi membri della OECE che, sul piano econo¬ mico, erano in grado di parteciparvi e che non ve n'erano impediti da obblighi giuridici. Le seguenti considerazioni giustificano l'appoggio dato dalle autorità federali ad una tale soluzione: a. Quanto più grande è il numero degli Stati decisi a seguire una linea di condotta comune, invece di cercare soluzioni individuali, tanto maggiore diventa la forza degli Stati non membri della comunità europea e. tanto più numerose le probabilità di poter far ammet¬ tere il loro punto di vista. È certo necessario, per ristabilire 1 equi¬ librio in materia di politica commerciale, che questa cooperazione · non si sviluppi in senso negativo, vale a dire che essa non deve condurre all'adozione di misure commerciali restrittive comuni. Per essere duratura, essa deve fondarsi su di una organizzazione solida e
volgersi a mete costruttive. La creazione di un'associazione secon¬ do la formola di zona di libero scambio risponde a queste neces¬ sità: segnatamente, a quella di dare ai paesi partecipanti una po¬ sizione più forte per negoziare.

b. Scegliendo la zona di libero scambio come fonna di cooperazione, gli Stati partecipanti dimostrano di essere convinti che una forma

389 d'integrazione economica basata sul multilatéralisme è attuabile e che il mantenimento dell'indipendenza è possibile. Date le sue par¬ ticolari esigenze in materia di sovranità, la Svizzera ha tutto l'inte¬ resse a che venga sperimentata una form ola di integrazione che as¬ sicurerebbe -- grazie al controllo dell'origine dei prodotti e nonostante · le sensibili differenze nel livello delle tariffe daziarie nazionali -- lo sviluppò di scambi totalmente liberalizzati fra gli Stati membri.

Questa forinola di cooperazione (di cui invero recentemente si è contestata la validità) avrebbe così occasione di essere messa alla prova. Allora le discussioni diventerebbero più obiettive, là conce¬ zione di una zona di libero scambio potrebbe essere ripresa in con¬ siderazione in occasione di nuove trattative multilaterali.

c. Qualora, a causa della rottura dei negoziati di Parigi, gli altri Stati membri della OECE non avessero continuato ad attuare l'abolizio¬ ne degli ostacoli agli scambi, il mercato comune avrebbe acquisito in materia di integrazione economica un vantaggio tale, da non più poter essere ricuperato. Un accordo ulteriore fra i paesi membri della comunità e gli altri Stati si sarebbe urtato a maggiori dif¬ ficoltà, in conseguenza del ritardo di questi ultimi. La creazione di una zona di libero scambio fra i paesi non membri della comunità europea permette loro di seguire il ritmo di sviluppo dell'integra¬ zione, di fare a loro volta delle esperienze e di cercare, con miglior preparazione e maggior fiducia, di allacciare delle relazioni con il mercato comune, nel quadro di un'associazione che si estenda a tutta l'Europa.

(I. L'abolizione degli ostacoli agli scambi, nel quadro più ristretto di un'unione fra gli altri paesi membri della OECE, veri ebbe consecuti¬ vamente a migliorare la produttività e il tenore di vita, sia pure in misura minore che nella grande zona prevista. I paesi non membri ' della comunità non hanno nessuna ragione di rinunciare a questi vantaggi, per il semplice fatto che un accordo per la più grande zona non si è potuto raggiungere subito. Bisogna offrire alle singole economie nazionali certi mezzi per compensare le perdite derivanti dalla discriminazione o dalla diminuzione delle possibilità di espan¬ sione nella zona del mercato comune.

e. La creazione di una tale
zona di libero scambio potrebbe far rina¬ scere in seno agli Stati membri della comunità la volontà di evitare scissioni in Europa e di ridare impulso alle forze che già avevano operato per un'unione. Infatti le condizioni create dall'applicazione delle prime misure di politica commerciale da parte del mercato comune, non si ripercuoterebbero più a solo danno degli Stati non membri. Vantaggi e inconvenienti si ripartirebbero meglio fra tutti gli Stati membri della OECE.

390 f. Una zona di libero scambio deve essere costituita in modo tale da offrire una base solida donde gettare un ponte verso la comunità. La abolizione degli ostacoli agli scambi deve essere perseguita ad un ritmo possibilmente uguale a quello previsto dal Trattato di Roma.

Bisogna evitare ogni provvedimento che possa condurre ad una guerra commerciale. La meta costante e comune dei membri di una tale zona deve rimanere quella di ripristinare l'unità della OECE e di ristabilire il principio della uguaglianza di trattamento.

L'efficacia ristretta delle soluzioni bilaterali -- che sono inti¬ mamente contrarie alla tendenza generale verso il multilatéralisme -- assieme agli argomenti a favore di un'azione comune costruttiva sotto forma di zona di libero scambio, hanno determinato non solo l'atteggiamento della Svizzera, ma anche quello dell'Austria, della Danimarca, della Norvegia, del Portogallo, del Regno Unito e della Svezia. I governi di questi paesi erano pronti ad eliminare, in un quadro più ristretto, gli ostacoli agli scambi che essi intendevano sopprimere nelle relazioni con tutti i paesi membri della OECE. Essi condividevano l'opinione di non rinunciare all'obiettivo essenziale, cioè alla creazione di un'Europa economicamente unita, anche se il primo tentativo era fallito, perchè non tutte le soluzioni possibili erano state tentate. Essi intendevano creare le condizioni favorevoli ad un secondo tentativo, per arrivare ad una ulteriore istituzione di un' associazione comprendente tutti i paesi della OECE. Essi cre¬ devano anche di agire nell'interesse di quei paesi meno sviluppati economicamente e membri della OECE, per i quali era difficile pas¬ sare subito ad una riduzione rapida degli ostacoli agli scambi. In¬ fatti un'associazione comprendente lutti i paesi membri della OECE meglio sarebbe in grado di tener conto dei problemi e dei bisogni di tali Stati.

Il fatto che, nonostante la posizione geografica e gli interessi diversi, un certo numero di governi sia arrivato, dopo esame ap¬ profondito, alle stesse conclusioni della Svizzera, creava una possi¬ bilità di collaborazione da non lasciarsi sfuggire. La Svizzera per¬ ciò si dichiarò disposta ad intavolare trattative per la costituzione di una simile zona di libero scambio.

C. Lo svolgimento dei negoziati per la creazione dell'associazione
europea di libero scambio La prima riunione degli alti funzionari dei sette futuri paesi confirmatari della convenzione istitutiva dell'associazione europea di libero scam¬ bio ebbe luogo a Ginevra il 1° e il 2 dicembre 1958. Gli incontri successivi furono quelli del 21 febbraio 1959 a Oslo e del 17 e 18 marzo a Stoccol-

301 ma. La situazione in materia di politica commerciale si era sviluppata in modo tale, da far accogliere sempre più favorevolmente l'idea di costituire una piccola zona di libero, scambio, promossa simultaneamente da parec¬ chi paesi. Il rappresentante della Svezia, paese invitante, fu allora in¬ caricato di abbozzare un progetto di massima per una tale zona. Sentiti i pareri delle diverse capitali, il governo di Svezia diramò gli inviti ad una conferenza degli alti funzionari, che ebbe luogo a Saltsjöbaden pres¬ so Stoccolma dai 1° al 13 giugno. Raggiunto entro il termine previsto un accordo sulle grandi linee di una convenzione, venne poi sottoposto ai singoli governi rappresentati un rapporto particolareggiato sulla questione.

Nelle riunioni, tenute il 20 e il 21 luglio, pure a Saltsjöbaden, i ministri delegati dei sette governi partecipanti adottarono il rapporto, decisero di pubblicarlo e approvarono il principio della creazione di.una zona di li¬ bero scambio, che avrebbe applicato i primi provvedimenti di abolizione degli ostacoli agli scambi il 1° luglio 1960. Durante quella riunione mini¬ steriale, la volontà di addivenire ad un accordo con i Sei trovò la sua espressione nella decisione, da parte dei governi che ancora non l'avevano fatto, di prevedere l'istituzione di missioni diplomatiche da accreditare presso il mercato comune.

I negoziati per la redazione del testo della convenzione ebbero inizio l'8 settembre. Gli esperti in materia di norme sull'origine e alcune asso¬ ciazioni industriali si erano già consultati preventivamente. Nel corso di una sessione a Saltsjöbaden, che ebbe luogo ininterrottamente dal 19 ot¬ tobre al 4 novembre , i capi delle delegazioni incaricate di trattare misero a punto il testo della convenzione in quasi tutti i particolari. Il 20 no¬ vembre, alla fine di una sessione ministeriale durata due giorni, il testo definitivo della convenzione venne siglato dai rappresentanti a livello ministeriale dei sette governi. Esso fu poi firmato nelle rispettive capitali, per ultimo il 4 gennaio 1960 a Stoccolma.

Se i negoziati si svolsero a ritmo particolarmente rapido per una con¬ venzione di tale portala, ciò si deve al fatto che spesso bastava semplice¬ mente coronare i lavori preliminari già intrapresi in occasione delle di¬ scussioni del 1957 e 1958 a Parigi. Si
constatò che problemi apparente¬ mente difficili come quello dell'origine possono essere risolti con volontà unanime, anche entro un'associazione che comprende paesi ad alta e a bassa tariffa daziaria ed i cui interessi economici sono assai differenti.

Ma il fatto decisivo era dato non solo dalla convinzione dei rispettivi go¬ verni che quella era la via buona, ma anche dal fatto che essi erano de¬ cisi, con l'appoggio delle sfere influenti dell'industria e dei sindacati, a raggiungere gli obiettivi fissati.

302 TV. II. contenuto della convenzione A. La convenzione propriamente detta . La convenzione ha 44 articoli, 7 allegati ed un protocollo. Al pream¬ bolo e agli articoli introduttivi 1 e 2 fa seguito un primo gruppo di articoli (3 a 11) che trattano dell'abolizione degli ostacoli agli scambi. Gli arti¬ coli 13 a 17 contengono le regole in materia di concorrenza. Il terzo gruppo di articoli (12, 18, 19 e 20) riguarda le eccezioni; un quarto gruppo (articoli 21 a 27) si riferisce ai prodotti agricoli e della pesca. Gli arti¬ coli 29 e 30 si riferiscono alle transazioni invisibili e alla politica econo¬ mica e finanziaria. Gli articoli 31 a 33 regolano la questione della proce¬ dura di consultazione e di ricorso e quella delle istituzioni. Le altre disposizioni della convenzione hanno carattere generale e riguardano par¬ ticolarmente la ratifica, l'entrata in vigore, la possibilità di recessione e Üapplicazione territoriale della convenzione, come pure i possibili emen¬ damenti.

Per facilitare l'esame della convenzione analizziamo in seguito i gruppi di disposizioni, separatamente.

. .

1. Preambolo ed enunciazione degli obiettivi

Il preambolo della convenzione sottolinea che l'associazione è il punto di avvio per attuare la cooperazione iniziata fra tutti i paesi membri della OECE, e che essa si propone, come obiettivo finale, di ripristinare l'unità di quella organizzazione. Si afferma la volontà comune dei confirmatari di aprire la via alla creazione di una futura associazione multilaterale comprendente particolarmente gli Stati membri del mercato comune. Si riafferma pure l'attaccamento al GATT.

L'articolo 2 enuncia gli obiettivi dell'associazione, fra i quali figurano -- accanto agli effetti sperati dall'abolizioné delle restrizioni agli scambi internazionali -- il pieno impiego e la stabilità finanziaria. Al capoverso d dello stesso articolo si dichiara che il disciplinamento degli scambi nel quadro regionale deve essere interpretato come impulso verso l'elimina¬ zione progressiva e definitiva degli ostacoli al commercio mondiale.

2. Abolizione degli ostacoli agli .scambi L articolo 3 contiene le disposizioni fondamentali della convenzione, cioè quelle riguardanti l'obbligo di abolire i dazi all'importazione nel corso dei dieci prossimi anni. Dopo una prima riduzione di tali dazi, del 20 per cento il 1° luglio 1960, essi dovranno essere progressivamente aboliti entro

303 il 1° gennaio 1970, per tutte le merci originarie della zona ai sensi dell'ar¬ ticolo 4. Riservate alcune eccezioni, di cui all'Allegato A, la base di calcolo per l'eliminazione dei dazi è data dal tasso effettivo applicato il 1° gen¬ naio 1960. Ciò significa, per la Svizzera, che l'abolizione avviene in base alla nuova tariffa doganale. Le date per le ulteriori diminuzioni da effet¬ tuare, come pure l'ammontare di tali riduzioni, vennero fissate tenendo conto delle disposizioni del trattato di Roma, in maniera che un associa¬ zione dei due gruppi economici sia sempre attuabile. Il consiglio dell as¬ sociazione, in qualsiasi momento, può decidere all'unanimità di stabilire un programma accelerato di riduzione dei dazi. Ë questa una disposi¬ zione importante, nell'eventualità che la riduzione dei dazi in seno al mercato comune avvenga più rapidamente di quanto sia'previsto nel trat¬ tato di Roma.

Al Portogallo, cui incombono compiti difficili per il suo sviluppo, è concesso, giusta l'Allegato G, di seguire un ritmo più lento di abroga¬ zione dei dazi. Esso può anche, in determinate condizioni, introdurre nuovi dazi per prodotti di cui intende sviluppare la produzione sul suo territorio. Ciononostante il Portogallo dovrà abolire completamente tutti i suoi dazi entro la fine del 1979, tuttavia esso ha dichiarato di voler procedere all'eliminazione dei dazi già entro il 1974 per la maggior parte delle merci.

Gli effetti finanziari dell'abolizione dei dazi sono esaminati nella seconda parte del capitolo V del presente messaggio.

Data la loro importanza pratica le disposizioni dell'articolo 4 e dell'Al¬ legato B c delle sue quattro appendici (I a IV), concernenti l'origine delle merci ammesse al beneficio del regime tariffario della zona, verranno analizzate nella seconda parte del presente capitolo.

L'articolo 5 tratta il problema delle distorsioni degli scambi. Quando i paesi eliminano reciprocamente i dazi all'interno di una zona di libero scambio e applicano tariffe diverse rispetto ai paesi terzi, può accadere che delle merci entrino nella zona attraverso il territorio dei paesi membri a basso livello daziario, vi subiscano eventualmente una trasformazione, per poi essere riesportate verso un altro paese della zona a tariffa doganale alta.

Si arriverebbe così ad eludere i dazi più elevati
di un paese di destinazione, per merci provenienti da paesi terzi, e le industrie di trasformazione situate in quei paesi ne risentirebbero indirettamente. Le regole sull'origine delle merci, così come sono fissate nella convenzione, dovrebbero in larga misura sopprimere tale pericolo, risultante dalla disparità delle tariffe attualmente applicate. Se si dovessero però constatare danni notevoli, bi¬ sognerebbe modificare opportunamente le regole sull'origine, ciò che' po¬ trebbe avvenire solo con una decisione presa all'unanimità. Ove la questio¬ ne fosse urgente, il paese leso nei suoi interessi, col permesso del consi-

394 glio dell'associazione, potrà prendere nel frattempo i necessari provvedi¬ menti di tutela, per un periodo non superiore ai quattro mesi.

La. convenzione lascia agli Stati membri la piena libertà in materia di politica doganale verso i paesi terzi; essa li obbliga però a sottostare al rispetto di alcune regole di comportamento e a tener conto degli interessi degli altri Stati membri, onde evitare delle distorsioni dannose nel traffico delle merci. Essa prevede particolarmente la notificazione al Consiglio delle modifiche apportate ai dàzi applicabili ai paesi terzi al momento dell'entrata in vigore della convenzione.

L'obiettivo principale dell'associazione, in materia di politica econo¬ mica, consiste nella reciproca apertura dei mercati per mezzo dell'abolì zione delle barriere protezionistiche che ostacolano gli scambi. Di conse¬ guenza, ai sensi dell'articolo 6, il mantenimento dei dazi fiscali e di altre gravezze interne è permesso solo in quanto detti oneri e dazi fiscali non abbiano carattere protezionistico. Gli Stati membri conservano quindi la propria sovranità in materia fiscale. Tali dazi assumeranno carattere pro¬ tezionistico, qualora i prodotti di fabbricazione indigena sopportino un onere fiscale meno grave degli articoli simili importati o delle merci im¬ portate, di natura diversa ma direttamente competitive con tali prodotti indigeni. L'elemento protezionistico di qualsiasi tassa od onere interno deve essere abolito entro il 1° gennaio 1962, al più tardi. Per quanto riguarda i dazi fiscali, gli Stati membri hanno la scelta, fra l'abolizione progressiva entro il 1° gennaio 1970 o l'abolizione totale entro il 1965, dell'elemento protezionistico in essi insito. La soppressione può avvenire sia mediante abolizione delle lasse fiscali percepite all'importazione che mediante aumento delle tasse interne.

Gli Stati membri che intendono mantenere dei dazi fiscali devono notificarli al consiglio dell'associazione dopo l'entrata in vigore della convenzione. Per il resto gli Stali membri sono liberi in ogni tempo di introdurre nuovi dazi fiscali o di modificare quelli esistenti, se con ciò essi non mirano ad accordare protezione alla produzione indigena. Venne però ammesso, durante i negoziati, che era preferibile se gli elenchi dei dazi fiscali notificati a titolo informativo durante
dette trattative, non venissero modificati senza consultare preventivamente ciascuno Stato che vi avesse interesse.

Il Consiglio federale dovrà notificare al consiglio dell'associazione, prima dell'entrata in vigore della convenzione, le posizioni doganali che hanno il carattere di dazi fiscali. Avanti il 1° luglio 1960, bisognerà inoltre determinare a quanto ammonta l'elemento protezionistico insito in ciascun dazio fiscale o tassa interna, e dire come questo elemento verrà soppresso. 11 Consiglio federale dovrà allora tener conto della portata che hanno gli introiti doganali nel bilancio della Confederazione, fissata dalla

395 Costituzione e determinata dallo stato delle finanze federali. Esso dovrà tener presente inoltre che le industrie di trasformazione svizzere avvertiranno una più forte pressione della concorrenza estera nel quadro dell'associazione, che a dette industrie importa soprattutto di potersi procurare le materie prime -- non prodotte in Svizzera -- a prezzi possi¬ bilmente bassi, e che, di conseguenza, una riduzione dei dazi è giustificata.

Pei' i dazi fiscali su prodotti agricoli non c'è bisogno di disposizioni speciali, poiché l'articolo 21 della convenzione li esclude dalla graduale abolizione.

È stato ammesso che le merci non possono godere cumulativamente di vantaggi doganali all'importazione e all'esportazione verso paesi stra¬ nieri. Perciò l'articolo 7 statuisce il pi'incipio che, a partire dal 1° gen¬ naio 1970, gli Stati membri hanno il diritto di rifiutarsi d'ammettere al beneficio del regime tariffario della zona le merci che sono favorite da ristorni di dazio nel paese membro, nel quale hanno subito un procedi¬ mento di trasformazione che fonda la richiesta di considerarle come origi¬ narie della zona. II sistema svizzero di traffico di perfezionamento può essere considerato come analogo al sistema dei rimborsi di dazio.

Le misure attualmente applicale in questo campo da tutti gli Stati membri saranno abolite secondo regole uniformi nel corso del periodo transitorio. Il consiglio dell'associazione deve prendere decisioni in materia prima del 31 dicembre I960. Però, fino alla fine del 1961, vale a dire della prima tappa di abolizione degli ostacoli agli scambi, i paesi importa¬ tori non terranno conto di eventuali rimborsi di dazio per concedere i vantaggi doganali dell'associazione.

Ai sensi degli articoli 8 e 11, i dazi e le restrizioni quantitative alle esportazioni dovranno essere aboliti entro la fine del 1961. Queste dispo¬ sizioni sono motivate dal fatto che non si può esigere dai paesi membri 1'àbolizionc degli ostacoli all'importazione, pi'ima che essi siano in grado di approvvigionarsi" presso i loro contraenti, di materie prime, prodotti semilavorati e di beni di produzione a condizioni analoghe a quelle stabilite sul piano della politica commerciale. Anche dopo il 1961 sarà possibile prendere i provvedimenti necessari per impedire la riesportazione a desti¬ nazione fuori
del territorio dell'associazione.

. In occasione della riunione ministeriale del 20 novembre 1959 venne riconosciuto ebe le misure, attualmente in vigore, relative ai dazi e alle restrizioni all'esportazione di rottami di ferro e di metalli usati, possono essere mantenute fino a quando il consiglio dell'associazione con voto una¬ nime, non abbia deciso altrimenti. Se l'Austria a causa delle sue difficoltà legislative interne non dovesse sopprimere nel lasso di tempo previsto, come ha fatto capire, le restrizioni molto severe sull'esportazione del legno, la Svizzera potrà sospendere l'abolizione dei dazi all'importazione di pro-

396 dotti dell'indùstria- austriaca di trasformazione.- del legno. I due governi cercheranno di · regolare questa divergenza · bilateralmente.

Onde assicurare un'applicazióne possibilmente senza intoppi della convenzione, l'articolo 9 stabilisce la stretta collaborazione fra le ammini¬ strazioni doganali dei diversi paesi membri. È necessario, per il buon risultato dell'associazione, che le misure previste vengano applicate in modo conforme ed uniforme da ciascuno Stalo membro, così da avere gli slessi effetti presso tutti i soci, e in maniera che le esigenze amministrative dell'uno o dell'altro paese membro non ledano nessuno in misura ingiu¬ stificabile.

In materia di tariffe doganali l'uniformità invocata sopra sarà faci¬ litata in gran parte dal fatto che tutti gli Stati membri dell'associazione applicano la nomenclatura di Bruxelles. Le amministrazioni doganali dei paesi membri dovranno invece istituire, per l'applicazione delle regole sull'origine, una nuova forma di collaborazione internazionale. Nel campo déll'assistenza giuridica la portata dell'articolo 9 non va oltre quanto è stato convenuto, nella regola 10 dell'Allegato B.

Oltre l'obbligo di non introdurre un regime meno favorevole di quello in vigore all'inizio, gli Stati membri, ai sensi dell'articolo 10, devono ^eli¬ minare entro il 31 dicembre 1969 qualsiasi restrizione quantitativa ali im¬ portazione. Un primo passo su questa via consisterà nel globalizzare ì contingenti, il 1° luglio 1960, in modo che essi siano accessibili almeno a lutti gli Stati membri; nel contempo saranno aumentati del 20 per cento partendo dal livello delle importazioni effettuate nell'anno base 1959 e provenienti da paesi membri dell'associazione, oppure dai contingenti ac¬ cordati a detti paesi. Qualora, in uno Stato membro, i contingenti ammessi siano nulli o insignificanti, lo Stato interessalo può chiedere l'apertura di un contingente adeguato; gli altri Stati membri possono intavolare consul¬ tazioni sull'ammontare di questo contingente. Tutti i contingenti verranno aumentati anno per anno cumulativamente del 20 per cento in base alle condizioni esposte sopra.

Per quanto riguarda gli autocarri, i filobus, gli omnibus e le altre categorie di autocarri pesanti e medi, unici prodotti industriali contin¬ gentati all'importazione in Svizzera, queste
disposizioni implicano per noi un aumento progressivo delle possibilità di importazione.

Ai sensi del GATT e delle disposizioni sul fondo monetario interna¬ zionale, il mantenimento delle restrizioni quantitative all'importazione, in linea di principio, è vietato dopo il ripristino della convertibilità delle monete; è perciò previsto che il consiglio dell'associazione esamini, prima della fine del 1961, quali emendamenti dell'articolo 11 saranno richiesti dalle circostanze.

397 Qualora uno Stato membro tema che l'applicazione dell'articolo 11 gli procuri serie difficoltà, per determinati prodotti, il Consiglio può per¬ mettergli, con decisione di maggioranza, di adottare un ritmo di aumento dei contingenti più lento. Ma anche per tali prodotti il 31 dicembre 1909 sarà1 là-data-ultima per l'abolizione completa dei contingenti. Le difficoltà previste in questo campo non possono essere eliminate per la fine del periodo transitorio. D'accordo cori la Svizzera, la Gran Bretagna lia già previsto i provvedimenti1 relativi alla sua industria degli orologi. La solu¬ zione, negoziata essenzialmente dalle organizzazioni orologiaio svizzere, prevede una liberalizzazione immediata, per gli orologi ed i movimenti più carij e un aumento cumulativo annuale di circa il 5-9 per cento nei prossimi anni.

3. Le regole di concorrenza Tutti gli Slati membri riconoscono che gli ostacoli agli scambi possono essere soppressi, solo qualora gli'scambi stessi possano svilupparsi in con¬ dizioni di ragionevole concorrenza. Perciò la convenzione agli articoli 13 a 17 contiene le disposizioni necessarie, onde evitare clic i vantaggi attesi dall'eliminazione dei dazi d'importazione e dei contingenti siano frustrati da provvedimenti di carattere pubblico o privato tendenti' a falsare la con¬ correnza.

L'articolo 13 statuisce, da un lato, il divieto di misure governative di sovvenzione all'esportazione, specificate poi nell'Allegato C-, e, dall'altro, vieta le sovvenzioni-alla produzione, concesse allo scopo principale di in¬ tralciare gli effetti dell'abolizione degli ostacoli agli scambi fra i membri dell'associazione. Qualora le misure di aiuto abbiano solo effetti accessori per l'associazione, e non siano quindi;per se stesse vietate,, gli Stati membri indirettamente lèsi nei loro interessi possono inoltrare ricorso.

L'articolò 14' fa' obbligò' allò iHipfÒsò pubbliche' di abolire progròsàivamente le misure tendenti a proteggere la produzione indigena e di eli¬ minare le discrirhiìiàzioni commerciali basate sul principio di nazionalità.

SI tratta di impedirò che gli obblighi di abolizione dèi dazi e delle restri¬ zioni quantitative applicàbili nel1 settore dell'economia privata vengano elusi, accordando al settore pubblico una posizione privilegiata in materia di'concorrenza! Ai sensi del
paragrafò 4 di questo articolo le autorità re¬ gional^ o locali sottostanno a tali disposizióni, solo in quanto gli organi dèilò'Stàtò'centrale abbiano il potére di interferire su di loro. Se ciò-non è il caso, le aiitofità centrali devono però cercare, con altri mezzi , di in¬ durre le autorità' regionali o' le' imprese die ne dipendono, a conformarsi alle regole della convenzione. Si viene cosi a tener conto dfcl- caràtteri» spe¬ ciale dei rapporti di diritto fra-la Confederazione1 da un lato; i Cantóni1 e Comuni dell'altro.

Foglio Federale, I960.

27

398 Venne però riconosciuto, in merito a queste disposizioni dell'articolo 14, che la Regìa federale degli alcool può continuare ad esercitare il mo¬ nopolio che le è conferito per costituzione e per legge.

Le disposizioni dell'articolo 15 relative alle pratiche commerciali re¬ strittive di natura privata si propongono di impedire che l'eliminazione degli ostacoli agli scambi venga intralciata da accordi, cartelli od altre pratiche di limitazione della concorrenza. Esse si riferiscono dunque solo agli effetti esercitati sulle relazioni commerciali fra gli Stati membri da cartelli nazionali od internazionali, oppure da imprese aventi una posi¬ zione dominante sul mercato. La legislazione interna sui cartelli, ad esem¬ pio la legge svizzera attualmente in elaborazione, non viene toccata, in linea di principio, da tali disposizioni. È da augurasi, però, che si possa ri¬ correre ai metodi di inchiesta e ai mezzi d'azione disponibili sul piano nazionale, qualora si presenti l'eventualità di esaminare e di decidere un caso concreto, in seguito a ricorso di un altro Stato. Qualora uno Stato, in caso di infrazione ai sensi dell'articolo 15, non tenga in debito conto le raccomandazioni del Consiglio, esso si espone ai provvedimenti di ritorsione da parte dello Stato leso. Prima della fine del 1964 il Consi¬ glio dovrà esaminare in quale misura le disposizioni dell'articolo 15 pos¬ sano essere perfezionate, alla luce delle esperienze fatte.

L'articolo 16 tratta del diritto di stabilimento per le imprese e aziende economiche; esso statuisce che le misure di ordine generale non debbono svantaggiare le imprese straniere rispetto a quelle indigene, in modo tale da pregiudicare i vantaggi attesi dall'eliminazione degli ostacoli agli scam¬ bi. Questo principio va interpretalo nel senso che esso si applica anche alle disposizioni relative all'impiego nei quadri superiori di tali imprese. In se¬ guito gli Stati membri sono obbligati a notificare al consiglio tutte le mi¬ sure a carattere discriminatorio. Il consiglio, prima della fine del 1964, dovrà esaminare se sia il caso di emanare ulteriori disposizioni.

Le disposizioni di questo articolo mirano ad impedire che gli stra¬ nieri siano impediti ad usufruire dei vantaggi della soppressione degli osta¬ coli agli scambi, con un rifiuto, loro opposto, del diritto
di stabilimento.

Questo problema riguarda essenzialmente il commercio all'ingrosso e la industria, mentre le domande di stabilimento per esercitare un'attività ar¬ tigianale o nel settore dei servizi non possono invocare detto articolo. Per la Svizzera è particolarmente importante la riserva enunciata al paragrafo 5, ai sensi della quale le misure destinate a prevenire un grave squilibrio della struttura sociale o demografica sono riconosciute lecite.

L articolo 17 tratta delle misure contro il dumping. A parte le disposi¬ zioni previste da trattati anteriori, gli Stati membri hanno segnatamente 1 obbligo di ammettere alla reimportazione nel loro territorio, in esen¬ zione di dazio e libere da restrizioni quantitative, le merci esportate

399 dal loro territorio in condizioni di dumping a destinazione di un altro* Stato membro. Qualora le imprese di uno Stato terzo esercitino un dum¬ ping sul territorio di uno Stato membro, e ledano di conseguenza gli in¬ teressi degli altri Stati membri, questi ultimi possono chiedere allo Stato membro nel cui territorio si esercita il dumping di prendere delle contro¬ misure. L'articolo 17 non vieta dunque nullamente l'applicazione inte¬ grale dell'articolo 1 del decreto federale del 28 settembre 1956 concer¬ nente misure economiche di fronte all'estero e dell articolo 8 della legge federale del 19 giugno 1959 2), sulla tariffa delle dogane svizzere, in con¬ formità con gli obblighi che la Svizzera ha assunto nel quadro della OECE e del GATT.

4. Eccezioni L'articolo 12 riprende essenzialmente le eccezioni ai divieti di stabi¬ lire ostacoli all'esportazione e all'importazione, già riconosciute in campo internazionale e sanzionate nel GATT. Si tratta specialmente delle indi¬ spensabili misure di polizia e di protezione della salute pubblica.

L'articolo 18 enumera innanzittutto le eccezioni relative alla difesa na¬ zionale. Qualora una produzione appaia indispensabile ai fini della difesa nazionale, possono essere prese in considerazione altre misure, all'infuori dei dazi e dei contingenti. È possibile proteggerle con dazi e contingenti, su decisione unanime del consiglio, oppure in caso di guerra o di grave emergenza internazionale.

Dal punto di vista della difesa economica nazionale queste disposi¬ zioni possono essere ritenute sufficienti. Resta però inteso che il Consi¬ glio federale seguirà attentamente gli sviluppi di quelle attività economi¬ che, il cui mantenimento, entro limiti determinati, può essere considerato oggettivamente come necessario. Dati i legami economici relativamente ela¬ stici fra la Svizzera e gli Stati membri dell'associazione, la divisione del lavoro più accentuata, alla quale mira la convenzione, non provocherà per l'economia svizzera una specializzazione tale da impedirci in caso di guer¬ ra di far fronte agli impegni che derivano dalla nostra neutralità.

L'articolo 19 contempla la possibilità di istituire, in conformità di al¬ tri accordi internazionali (GATT, OECE, Fondo monetario internazionale)) le restrizioni quantitative all'importazione nel caso di difficoltà
che1 sor- gesserò nella bilancia dei pagamenti. II consiglio dell'associazioné deve controllare periodicamente le misure prese in materia da ciascuno Stato membro, onde ovviare agli inconvenienti che ne derivano, o per aiutare Io Stato in questione a superare dette difficoltà. Se entro 18 mesi lo Stato 1) RU 1956, 1669; 1958, 183.

2) RU 1959, 1397.

400 in'causa non sarà riescito a superare le difficolta, il consiB io p procedure speciali per attenuare o controbilanciale 1 c e vano agli-altri;, e ristabilire in questo modo la reciprocità.

L'articolo 20 contempla le eventuali misilrö da prendeie, abolizione degli ostacoli agli scambi provochi difficòl a se ori P lari o a determinate regióni di un-ebonomia nazionale, va e a ire inenti la disoccupazione. In tal caso, lo Stato in causa po ìa uni mente c per un periodo di 18 mési limitare le importazioni ì un p lo, al livello die queste imputazioni avevano in un periodo di 12 mesi contato entro i 24 mesi precedenti la data di entrata-in vigore e e res ^ zioni. Per prolungare dette misure o misure analoghe occorre una eci sione a maggioranza del Consiglio. È prevista la proroga della va i i * i detta clausola di protezione, oltre il periodo transitorio, con ccisione unanime del consiglio.

Ai sensi del paragrafo 4 dell'articolo 20 il consiglio può concedei e ad uno Stato membro, che incontra o · teme delle difficoltà, ì a o are ritmo diverso di progressiva eliminazione dei- dazi.

5. V prodotti agricoli Nel'preambolo dell'articolo 21 si' riconosce la consid&raZionV relative1 all'agricoltura; di conseguenza V ^izmne dto- d e contingenti, e anche la maggior parte delle regole di; «»nebr trovano applicazione in questo settore economico. e en _ agricoli figura riell'Xllègato D. Per facilitare un u eri re nell'elenco sto allegato comprende Va maggior parte dei prodótti enumeri . ..

corrispondente del trattato di Roma: A detto elencovennero aggitfntl la caseina", importante per'l'econoriiià del làtt'e, e altri pro o ì iU cazio'ne rientra" nel campo dell' economia Vinicola* o"^ db U TM aceto, le acquaviti da frutta a nocciòlo ó a granelli, disti a i a ru , vermut^ Altre · aggiunte si'riferiscono ai prodotti a base ì cerea .

prodotti alimentari importanti per l'esportazione svizzera ( 1SC° l* t j lato, minestre)' sono assimilati ai prodotti industriali. Per quan o rig i-prodotti,! elencati: nel trattato di Roma ma'non-ripresi ne e- ì e^ e sedazione (canapa; lino, .sughero; conserva'di pomodori) ,- essi itoti-nen r no negli, interessi" agrìcoli- svizzeri, 11 consiglio' può- modificare- Ve eneo e l'allegato-D- con- decisione a- voto unanime.É^àrtic'oló 22 si riferisce agli obiettivi della politica agricola, fra cui figürä itìhahzitutlo il' miglioramento dèlia produttività. Si rivela anche CSpliciiameritc la necessità' di assicurare alle persone addette al settore agricolo un tenore di vita soddisfacente. Gli Stali^ membri devono Per^ perseguire una politica agricola che tenga contò degli' interèssi di- quegli

401 Stati membri, la cui economia dipende in larga misura dalle -esportazioni di prodotti agricoli, e delle correnti tradizionali degli scambi. Si tratta di accordare a tali Stati una compensazione soddisfacente per l'abolizione di tutti i dazi sulle importazioni di prodotti industriali L'articolo 23 indica le vie possibili di applicazione dei principi enun¬ ciati nell'articolo precedente. 'La conclusione di -accordi bilaterali, la cui dorata di validità coincide in linea di massima con quella della conven¬ zione, hp già permesso .di avanzare assai su questa via. È competenza degli Stali .contraenti di fissare il contenuto di detti accordi bilaterali; tali ac¬ cordi possono., .per esempio, .contemplare delle regole di eliminazione suc¬ cessiva dei dazi all'importazione su prodotti agricoli, regole che però, .in virtù degli accordi del GATT, dovranno essere estese a favore di tutti gli altri Stati membri dell'associazione.

Up accordo bilaterale di gçapde importanza, e che ha esercitato una influenza considerevole :$ulla .partecipazione della Danimarca all'associa¬ zione, fu quello .concluso dalia Gran Bretagna e in base al quale detto Stato ha lucrato .dai dazi i due terzi delle sue importazioni ,di prodotti agricoli ^provenienti da Uà Danimarca. Il Consiglio federale, (per suo con¬ to^ ha approvato .l'accordo svizzerotdanese, pubblicato nel .Foglio ufficiale syizjzero\di .commercio. L'impegno svizzero consiste essenzialmente nello obbligo di rivolgere un maggior interesse a .determinati prodotti danesi, come il bestiame da macello,' la carpe e il burro, senza però assumere Io impegno di aumentare il livello gobale di importazione di tali prodotti.

Solo per il pesce e per altri prodotti del mare, la Svizzera ha consentito a ridurre i suoi dazi, del resto già assai bassi. Un accordo analogo sarà concluso col -Portogallo, -ma esso .è ancora .in >fase di negoziati. Conside¬ rando che. il 65 per cento delle esportazioni danesi e il 70 per cento delle esportazioni portoghesi a destinazione della Svizzera sono costituiti da pro¬ dòtti agricoli e della pesca, appare comprensibile come detti Stati abbiano chiesto la conclusione di trattati bilaterali, per tener conto del principio della reciprocità.

L'articolo 24 si propone di impedire .che gli Sfati membri risolvano i problemi .dell'eccedenza di prodotti
agricoli a spese .dagli nitri membri dell'associazione. .Gli aiuti .destinati a -favorire l'es port az i p.u e di prodotti agricoli possono, essere mantenuti, -se, con riferimento .ad un periodo di confronto anteriore, essi non provocano un .aumento .delle esportazioni tale da ledere gli interessi degli altri Stati membri.

IJ. problema delle norme da emanare per l'abolizione graduale degli aiuti ralFesportazione pregiudizievoli per gli .altri Sfati membri farà oggetto di-ulteriori trattative, le cui .conclusioni dovranno essere sanzionate da upa decisione .all'unanimità, da prendere entro j.l 1° gennaio 1962.

402 L'articolo 25 pone il principio delle consultazioni annuali per esami¬ nare gli sviluppi degli scambi di prodotti agricoli. Le decisioni prese in¬ chiedono il voto unanime degli Stati membri.

6. Il settore della pesca Gli articoli 26, 27 e 28 si riferiscono al pesce e ai prodotti del mare, che non sono trasformati; essi, come i prodotti agricoli, non sono sottomessi alle disposizioni principali della convenzione. Si prevede però la possibilità di emanare ulteriori disposizioni, entro il lu gennaio 1962. Come già abbiamo rilevato, la Svizzera nell'accordo con la Danimarca, ha già di¬ minuito i dazi d'importazione su detti prodotti, ad eccezione del pesce di acqua dolce.

I prodotti della pesca che hanno subito una trasformazione (filetti di pesce congelato, oli, grassi e farine di pesce), in linea generale, sono trat¬ tati come prodotti industriali, contrariamente a quanto è stabilito nel trattato di Roma. Per la Norvegia, la Danimarca e il Portogallo si tratta di rafforzare la capacità di concorrenza dei prodotti della pesca rispetto ai prodotti agricoli. La Svizzera può applicare, all'importazione, il medesimo trattamento ai grassi ed oli estratti da prodotti della pesca e ad altri grassi ed oli. Il sistema svizzero di supplementi di prezzo sui grassi ed oli ed anche sui foraggi non è modificato dalla convenzione.

7. Transazioni invisibili e politica economica e finanziaria Come risulta dall'articolo 29, gli Stati membri dell'associazione non intendono, per il momento, fissare delle disposizioni speciali, nel quadro dell'associazione, relative alle transazioni invisibili e ai trasferimenti. Con¬ formemente ad altri trattati internazionali e alle decisioni della OECE, i paesi dell'associazione praticano già, almeno dopo l'introduzione della convertibilità, una politica assai liberale, specialmente per quanto riguarda il turismo, i redditi di capitali e gli investimenti. Se nell'avvenire doves¬ sero rendersi necessarie delle misure particolari nel quadro dell'associa¬ zione, il Consiglio potrà, con decisione unanime, adottare i provvedi¬ menti che riterrà opportuni.

Appare, dall'articolo 30, che la convenzione ha rinunciato a fissare degli obblighi in materia di politica economica; essendo il loro campo di applicazione geograficamente assai ristretto, simili obblighi avrebbero avuto un carattere piuttosto teorico. Anche in questo campo ci si è affidati larga¬ mente alle consultazioni, che devono svolgersi in seno ad altre organizza¬ zioni internazionali, in modo particolare nella OECE. Il consiglio dell'as-

403 sedazione può però rivolgere agli Stati membri raccomandazioni, su que¬ stioni inerenti alla politica economica e finanziaria, onde possano meglio attuarsi gli obiettivi e il funzionamento armonico dell'associazione.

8. Procedura di ricono e organi dell' associazione L'articolo 31 regola la procedura generale di consultazione e di ri¬ corso, per assicurare il rispetto delle diverse norme della convenzione.

Esso statuisce che le controversie tra Stati membri devono innanzitutto essere risolte a mezzo di consultazioni. Falliti questi tentativi di com¬ ponimento, potrà esserne adito il consiglio, il quale dovrà esaminare la controversia e potrà anche, su richiesta di ciascuno Stato membro, costituire un comitato apposito di inchiesta, composto di periti indipen¬ denti. Il consiglio, con voto di maggioranza, può fare delle raccomanda¬ zioni. Se tali raccomandazioni non vengono prese in considerazione, esso può statuire, a maggioranza, se si tratta di mancata esecuzione di ob¬ blighi derivanti dalla convenzione. In caso affermativo, e solo in tale caso, esso può dare indirettamente carattere imperativo alle sue racco¬ mandazioni, liberando il paese ricorrente da determinati suoi obblighi verso il paese convenuto. Questa procedura prammatica dovrebbe permet¬ tere di regolare la maggior parte delle controversie di ordine economico che possono sorgere nell'applicazione della convenzione.

L'articolo 32 conferisce al consiglio il carattere di organo centrale dell'associazione. Tutti gli Stali membri vi sono rappresentati e dispon¬ gono dell'identico diritto di voto. Sempre quando si tratti di assumere nuovi obblighi e in tulli i casi per i quali non ò previsto tassativamente il voto di maggioranza, le decisioni e le raccomandazioni del consiglio devono essere prese all'unanimità; una o più astensioni non infirmano l'unanimità. Decisioni a maggioranza semplice di quattro voti possono es¬ sere prese solo nei casi previsti tassativamente dalla convenzione: così per la procedura di ricorso o per l'applicazione delle clausole di pro¬ tezione. i Il paragrafo 2 dell'articolo 32 prevede l'istituzione, da parte del con¬ siglio, degli organi necessari all'esecuzione dei suoi compiti e per comple¬ tare le istituzioni dell'associazione, limitate, nella convenzione stessa, all'essenziale. Il consiglio dovrà pure decidere se creare eventualmente un consiglio consultivo composto di rappresentanti dei diversi gruppi di atti¬ vità economica di ciascuno Stato membro.

L'articolo 33 contempla le direttive circa la composizione dei comi¬ tati d'esame peritale di cui all'articolo 31.

404 9. Disposizioni generali Dall'articolo. 3^ ;risuHa particolarmente, chç ile .decfsipni $el, çop^iglio, relative alle disposizioni finanziarie e alla segreteria dell'associazione, de¬ vono essere prese all'unanimità. Gli Stati membri hanno preso di comune accordo la decisione di limitare l'importanza numerica della segreteria e di farla coincidere possibilmente con quella della OECE. La colla¬ borazione con la .OECE Çigpra pui;e fra .gli ,obiettivi enunciati .^lljarticolo 36.

L'articolo 37 fa rilevare che .gli ;Stati .membri dell'associazione, assai ristretta dal .punto di .v\sta regionale, .sono.decisi ,a mettere in atto i -loro obblighi nel quadro .di un'organizzazione geograficamente -più .vasta. (È questa un'affermazione importante ai fini. dell:inteifprqtaziQne dei diversi articoli .della .convenzione.

L'articolo 40 si riferisce all'entrata in vigore della convenzione, che farà seguito al deposito degli strumenti eli ratificazione da parte di-tutti gli Stati firmatari. In occasione della riunione ministeriale del <19 e del 20 novembre 1959, i governi-hanno convenuto che-la procedura di ratificazione dovrebbe possibilmente essere chiusa entro il 3-1 marzo -1960, onde per¬ mettere al consiglio di procedere ai preparativi e di prendere le decisioni necessarie entrò il -l® -luglio 1960, epoca alla quale 'hanno inizio i primi provvedimenti di abolizione degli ostacoli agli scambi.

L'articolo 41 sanziona il principio della porta aperta e permette, con decisione .unanime del consiglio, di accogliere altri Stati nellassociazione.

Siccome una tale adesione presuppone l'obbligo di accettare impegni reciproci, la forma di associazione -- atta a permettere di meglio tener contò dei bisogni degli Stati interessati -- venne pure prevista. L'associa¬ zione deve essere preceduta da negoziati, .onde dqfinire i diritti e gli ob¬ blighi reciproci delle parti. Le relazióni della Finlandia .con l'associazione europea di'dibero scambio prolmbilmente prenderanno la fprma di asso¬ ciazione.

In base all'articolo 42 gli Stati membri possono recedere in ogn,i mo¬ mento dall'associazione mediante preavviso di dodici mesi. Bisogna poi stabilire qual .è l'istanza nazionale competente ad approvare -la conven¬ zione. -Come accordo internazionale, per la Svizzera, la convenzione deve essere sottoposta all'approvazione
delle camere federali in conformità dell articolo 85, capoverso 5, dolla Costituzione. In base all'articolo 89, ca¬ poverso 3, gli accordi internazionali .sono sottoposti al referendum facol¬ tativo, qualora la loro durata sia illimitata o superiore ai quindici anni, lln accordo internazionale del tipo della suddetta convenzione, che può essere disdetto col preavviso ili un anno seco-ndo la dottrina e la. giurispru¬ denza costante è considerato di durata limitata; esso non deve quindi es¬ sere sottoposto al referendum facoltativo applicabile agli accordi interna¬ zionali.

405 Data la chiarezza delle norme costiluzionali applicabili in questo ca¬ so, il consiglio federale e le camere non possono né sottomettere la con¬ venzione di propria iniziativa al referendum -facoltativo previsto per certi tipi di accordi internazionali, nè sottoporre la questione della partecipa¬ zione della Svizzera al popolo e ai Cantoni, proponendo, come è stato fatto per d'adesione della Svizzera alla società delle nazioni, un'aggiunta alla Costituzione federale. Per quanto riguarda questa adesione della Sviz¬ zera al patto della società delle nazioni, bisogna ricordare che allora la Costituzione non prevedeva il principio del referendum per gli accordi in¬ ternazionali, poiché l'articolo 89, capoverso'3, venne introdotto solo il *30 gennaio 19.21. L'gdesione .della Svizzera jx .qqel.patto ^venne sottoposta a yptazipne pqpplarc ;obbligqloria a-morivo ,del Cfiiqbi/upqp.lp fongamopfole di poetica estera cjie essa implicava ·-- .si .iptrod.ucc.va principalrpqpte >il prjncipip della neutralità differe.nziata --, ,ip.entre .la partecipaziqpe pila a^sqciazione e\pjqp.ea di ]liberp;scambio >npn tpqca per pplja i problepii del¬ la neutrql^t^. .svizzera. Copie appare .dplje considerazioni esposte pi jcppjtqlp VI A del presente messaggio, la formula di collaborazione ;pçlp\tpta .pql quadro dell'associazione non implica nessun mutamento nell'orieptamento politico generale della Svizzera. È, anzi, una fprmula clic*conferma la po¬ litica tradizionale della Svizzera, pqichè essa non modifica minimamente la strutturai della Gonfederaziqne prevista dalla Costituzione e mantiene intatto ii principio della .sovranità nazionale. È .certamente augurabile, per non dire .ipdispensabile, sviluppare l'interesse .del popolo svizzero ai .pro¬ blemi di iptegrazione. All'infuori .di una yptazione popolare, bisogna tro¬ vare i mezzi e le vie per farlo, poiché,la Costituzione non permette che la convenzione venga sottomessa al referendum facoltativo in materia di ac¬ cordi internazionali. Considerazioni d'ordine giuridico inducono un orga¬ no, .i ,qpi jgttributi .spno fistsa$i dplla ,Cpfltitugionç, a jnqniprendqre iniziative che facciano eccezione alla nqypm .c.pst.it\\zionf\le; competenti ad approvare la convenzione sono unicamente le camere federali.

L'articolo 43 definisce il campo territoriale di applicazione della
con¬ venzione. Il campo è ristretto ai territori europei dèi paesi associati. .Si ammette però che possa sorgere il problema dell'inclusione dei territori extra-europei, Je ci\i relazioni internazionali sono .assunte dp uno Stato membro. :Ma ,una tale .estensione è subordinata ad mna decisione .unanime del /consiglio.

L|articolo 44 prevede che gli emendamenti da apportare alla conven¬ zione e decisi dal consiglio debbono essere ratificati diagli Stati membri .in conformità delle norme di procedura nazionali. Qualora, ai sensi di altri artico.li della convenzione, tale competenza sia tassativamente deferita al consiglio, una nuova ratificazione non è richiesta agli Stati membri.

J?er analogia con la cqp.venziope
406 Il protocollo relativo all'applicazione della convenzione istitutiva della associazione di libero scambio al principato di Liechtenstein fa parte in¬ tegrante degli accordi conchiusi. Questo protocollo, clic viene sottoposto all'approvazione delle camere federali, prevede l'applicazione identica del¬ la convenzione al principato di Liechtenstein, fino a quando tale Stato rimanga in unione doganale con la Svizzera e la Svizzera resti membro dell'associazione. La Svizzera rappresenterà il principato, ma per le que¬ stioni che varcano i limiti del trattato del 29 marzo 1923, essa agirà in base ai poteri che le verranno deferiti a questo scopo dal Liechtenstein.

Il protocollo è firmato dal rappresentante del Liechtenstein.

In occasione della siglatura degli accordi, i ministri degli Stati rappresentati hanno deciso di creare un comitato preparatorio; ad esso incombe, prima dell'entrata in vigore della convenzione, l'elaborazione di regole in materia di procedura, di contribuzioni finanziarie, di immunità, ecc., da sottoporre al consiglio per deliberazione. Il comitato preparatorio, nel quale tutti gli Stati membri sono rappresentati, è già entrato in fun¬ zione a Parigi.

Il 20 novembre 1959 i ministri hanno pure fatto una dichiarazione solenne, come all'allegato 1 del presente messaggio, nella quale hanno chiesto che venga ripristinata l'unità della OECE, tenendo in debito conto l'esistenza del mercato comune europeo e dell'associazione di libero scam¬ bio. Essi si sono dichiarati pronti a riprendere le trattative con i mem¬ bri della comunità economica europea, appena costoro si dichiareranno disposti ad intavolare negoziati. Tale dichiarazione venne ufficialmente trasmessa al consiglio dei ministri del mercato comune.

2. H regolamento dell'orìgine delle merci nella associazione europea di libero scambio In base alla convenzione, solo le merci originarie degli Stati membri usufruiscono dell'abolizione dei dazi all'importazione negli scambi in seno ali associazione. Sono dunque da stabilire le regole che fissano l'origine.

Se la questione dell'origine non fosse regolata, merci provenien¬ ti da Stati terzi potrebbero essere importate da uno Stato membro a ta¬ riffe basse ed essere in seguito riesportate a destinazione di un altro paese dell associazione a dazi più alti, senza aver subito nel
frattempo un pro¬ cesso di trasformazione o essendo state sottoposte a trasformazioni insi¬ gnificanti. Infatti gli Stati membri sono liberi di fissai'c i loro dazi ri¬ spetto a paesi terzi e il livello della tariffa doganale può quindi variare sensibilmente. Per le merci che non sono prodotte interamente nell'asso¬ ciazione era dunque necessario stabilire di comune accordo il minimo di trasformazione indispensabile che debbono subire le materie di base non

407 originarie della zona, affinchè il prodotto finito possa usufruire del regi¬ me tariffario della zona.

L'articolo 4 della convenzione regola questo problema in connessio¬ ne all'allegato B e alle sue quattro appendici. In questi diversi testi è definito - ratione materiae - il campo di applicazione della convenzione.

Come già era avvenuto nel corso delle discussioni di Parigi, questo problema lia dato luogo alle discussioni più lunghe anche durante i ne¬ goziati per istituire l'associazione. Non si può infatti sottovalutare 1 im¬ portanza di un tale disciplinamento, poiché è da esso che dipende il volume degli scambi al beneficio dell'abolizione dei dazi nel quadro della associazione. Gli Stati che temono difficoltà particolari in seguito alla abolizione dei dazi, o che vogliono forzare la controparte ad approvvi¬ gionarsi di materie prime nella zona, hanno interesse a stabilire criteri di origine possibilmente ristretti. Gli Stati invece, i quali vogliono che il regime tariffario della zona si estenda ad una gamma possibilmente vasta di merci esportate e che desiderano approvvigionarsi dove le materie di base sono più a buon mercato, sia all'interno che fuori della zona, pro¬ pendono per una definizione larga ed elastica del criterio di origine. Du¬ rante i negoziati le due tendenze si sono manifestate con forza differente, a seconda delle categorie di merci, così che le soluzioni adottate variano da un settore all'altro. Ciò appare dall'elenco minuzioso e spesso assai intricato dei criteri d'origine, particolarmente negli elenchi dei procedi¬ menti di cui alle appendici I e II. Non si poteva ottenere una semplifi¬ cazione, che a costo di una disciplina più restrittiva. Il consiglio dell'associazione è però in grado di modificare, con decisione unanime, le disposizioni della convenzione in materia; esso ha in più l'obbligo di con¬ trollare periodicamente le regole sull'origine, onde renderle più semplici e più liberali.

In base all'articolo 4 della convenzione, qualsiasi merce può usufrui¬ re del regime tariffario dell'associazione, qualora essa adempia ad uno dei tre criteri seguenti: a. criterio della produzione integrale nella zona; b. criterio della trasformazione della merce nella zona in base ai px-ocedimenti di cui alle appendici I e II dell'Allegato B; c. criterio della percentuale
di trasformazione, in base al quale una merce non deve contenere più del 50 per cento, in valore, di ma¬ terie non originarie della zona.

Qualora le condizioni fissate per il caso concreto siano adempiute, lo esportatore può scegliere fra i tre criteri sopraccitati. Un'eccezione è fatta unicamente per i tessili, ai quali non si applica la regola della percentuale.

A complemento di detti criteri l'appendice III elenca una serie di materie di base. Le materie contemplate in detto elenco, anche se provenienti dal-

408 l'esterno della zona, sono considerale come originarie di essa, qualora ab¬ biano subito un procedimento di trasformazione ali interno della zona.

L'elenco .delle materie vdi .base non ha dunque Xftlore per se .stesso. -JEsso costituisce però unp. >fqçilitpzlone AipPQ.rAante, sia dal p.unto ,$i vista .for¬ male .che Ab.ateriale, nell'applicazione dpi tre .criteri. Ip modo particolare il criterio menzionato al capo.verso a, della produzione integrale nella zona, viene ad essere fortupatamente esteso con l'allestimento dell elenco delle materie di base. Questo elenco influisce anche in senso liberale sul¬ l'applicazione ilei punti b e c, appena le materie di base ivi elencate ven¬ gono utilizzate come prodotti di base.

Ai sepsi $ un'altra j-cgolp )iipporlaft\e, la qppli^à di pierce priginpria delia ^opp può .essere riconosciuta golo .alle merci spedate da ,un ..terriio.rio «.li ,pno ^tpio .ipeipb.r:p ,p destinaziope vdel territorio .di {up pltrp .Stato mempro.

L'allegato B contempla le. regole di applicazione pratica dei criteri e dei principi enunciati all'articolo 4. La regola 1 definisce i termini impor¬ tanti che ricorrono più frequentemente nel testo. La regola 2 precisa -il criterio di produzione integrale nella zona, mentre la Tegola 3 contiene -le disposizioni relative all'applicazione del criterio della percentuale. La re¬ gola 4 definisce ciò che bisogna intendere per «articolo unico» ai fini dell'applicazione dei criteri di origine. La regola 5 conferisce -la -possibi¬ lità di applicare delle disposizioni semplificate -per le materie di base. La regola 6 prevede l'applicazione di un regime speciale alle -miscele. La regola 7 contiene prescrizioni relative al -trattamento da riservare agli imballaggi.

La prova formule della facoltà di usufruire .gel regime tariffario del¬ la zona è fornita da un documento, il quale, a libera scelta .dell'esportar tore, può avere una delle forme seguenti: ct. dichiarazione di origine rilasciata dall'ultimo produttore, il quale deve corredarla di una dichiarazione supplementare dell'esportatore, quando produttore ed esportatore non sono la stessa persona; b. certificato di origine rilascialo da un ente ufficialmente riconosciuto a farlo (ufficio o camera di commercio -riconosciuti) e accompagnato da una dichiarazione dell'esportatore.

Le diverse
forinole previste sono riprodotte nell'appendice IV delt 1 allegato B. La scelta dell'esportatore o produttore verrà limitata allor¬ quando un paese esportatore dichiarerà obbligatorio il certificato di ori.Ufficiale per talune .categorie di jtnerci, cppjg è ammesso .gal para¬ grafo 2 gellu -regala 6. Il Consiglio federale dovrà decidere per .quali ,cafe8.Qtrie di merci la Svizzera si varrà di tale facoltà.

Il paese d'importazione può esigere delle dichiarazioni complemen¬ tari, circa la prova dell'origine. Per evitare contatti diretti fra le autorità

409 estere e gli esportatori indigeni, il paese d'esportazione può stabilire che le indicazioni del caso vengano fornite attraverso le autorità del paese esportatore (regola Ö). Una tale procedura- è conforme all'ordinò pübblico sviZZèroy le pi'eScriziôni necessarie verranno emanate dai Consiglio federale.

Alla consegna di certificati o dichiarazioni di origine falsi sono commi¬ nate le pene che ogni Stato stabilirà di propria iniziativa. In genere tali pene dovranno essere analoghe a quelle applicate in caso di dichiara¬ zioni doganali false (regola 10).

I criteri di origine7 relativi alle diverse categorie di merci della ta¬ riffa doganale secondo la nomenclatura di Brüxelles, che è' quella adottata dalla nuova tariffa doganale svizzera, sono esaminati nei seguenti para¬ grafi.

Capitoli 1 a 24: ÀniirìaTi, piante e prodótti alimentàri I Criteri di origine sono necessari sol tanto nel' caso in cui dettò mer¬ ci non siano sottoposte alle disposizioni speciali applicabili ài' prodotti agrì¬ coli. Parimenti, l'inclusione di parecchie posizióni di quésti capitoli' nel¬ l'elenco delle materie di Base ha un senso solò in quanto le suddette mer¬ ci diventeranno oggetto di trasformazione come materie di base per'pro¬ dotti industriali. Per il momento, solo il criterio della percentuale è ap¬ plicabile allo zucchero e suoi succedanei, come pure al cacao e ai suoi Preparali (capitolo ld)', poiché la- pÓlìtiCa praticata1 dh pére èchi pacSi per sóstenCrò il1 prezzo delio zucchero" ad' un' livèllo eléVâlb ha iiiipbdito un accòrdo Sui' procedimenti di' tVdsforiiiazión'ò: Siccóthé le' fave di cacao fi¬ gurano* nell'elenco' delle materie' di base, il' dHteri'ó1 délia pércenltiale' do¬ vrèbbe' esSérc sufficiènte; peV conferire' ài cioCColatb là1 (puàlità di merde originaria' dbiiVt zòna.

Capitoli 25 a 27: Prodotti minerari QÙCSté hiateri'd' prime o' prodótti7 SitililUri: tìoh' dUhlió lhógO' a: nessuna ossèrvâziohe7 particolare.- Ih' tale settore hört' dovrebbero'' sòrgfere difficoltà particolari.

Capitoli 28 a-39: Prodotti-di industrie chimiche e di industrie connesse e materie artificiali IïP molti" casi1 l'elenco · deb procedimenti di1 fabbricazione* p'rescriVe' dite trasformaziohb chimiche, precisando'1 chiaramente in' die' consista- cià'sbiìna* di: esse. Ä> càusa« della* Complessità' del prodótti' chimici
tali1 definizioni si avvicinano' a descrizioni7 scientifiche. Le7 persone del ramo',- interessate in- primo- luogo,, sono però' dell'avviso - chfc non dovrebbero' dar origine' a grandi1 diffibdltài

410 Capitoli AO a A3: Caucciù, pelli, cuoi c pellami Per i prodotti di gomma le principali materie prime possono essere di provenienza esteriore alla zona senza che la qualità di merce originaria della zona ne sia infirmata per quanto riguarda i prodotti semilavorati o finiti. Il criterio della percentuale non si applica a due posizioni del capi¬ tolo 40 che hanno particolare importanza per l'industria tessile, vale a dire ai tessuti di fili tessili impregnati (posizione ex 4006) e alle cinghie di trasmissione o di trasporto che contengono prodotti tessili (posizione ex 4010). Spiegazioni più particolareggiate saranno date nell'analisi dei capitoli 50 e 62 sui prodotti tessili.

Capitoli AA a A9: Legno e carta, prodotti intrecciati e vimini I criteri per i prodotti di questi capitoli sono semplici e larghi. Essi tengono ugualmente conto di determinati desideri particolari della Svizzera (articoli intrecciati esotici, ex 4601). Criteri restrittivi per la carta non potrebbero avere un'influenza determinante sulla concorrenza in seno al¬ l'associazione.

Capitoli 50 e 52: Materie tessili La minaccia che i paesi d'oltremare, particolarmente l'Asia, fanno pe¬ sare sull'industria tessile europea ha motivato la definizione di criteri ge¬ neralmente restrittivi in questo settore. Di conseguenza si è cominciato ad escludere il criterio della percentuale per le merci di questi capitoli, con rarissime eccezioni. Si dovette arrivare a un accordo sui procedimenti di trasformazione per tutte le posizioni; essi figurano nell'appendice II. Pur¬ troppo non è stato possibile stabilire delle regole che fossero, anche in ap¬ prossimazione larghissima, altrettanto liberali di quelle applicate finora in Svizzera. A conclusione di trattative laboriose, si riuscì a trovare una solu¬ zione, la quale dovrebbe permettere di riconoscere come originarie della zona quasi tutte le esportazioni tessili tradizionali della Svizzera a destina¬ zione degli altri paesi dell'associazione. Come regola generale, delle tre fasi di lavorazione, cioè filatura, tessitura e confezione, almeno le due ultime devono verificarsi nella zona, affinchè il prodotto finito possa usufruire del regime tariffario dell'associazione. La torcitura e soprattutto il traf¬ fico di perfezionamento non sono considerati nel caso concreto come fasi distinte di
produzione. Solo a prezzo di laboriose trattative si riuscì a far ri¬ conoscere criteri più liberali per i principali articoli svizzeri di esportazione, specialmente per le confezioni da signora e da uomo. Ai sensi di una di¬ sposizione eccezionale di carattere temporaneo, la confezione sola basta per questi articoli, se il valore del tessuto non originario dalla zona non supera il 45 per cento del prezzo di esportazione del vestito. Gli articoli di ricamo sono considerati come originari della zona se il valore del tes¬ suto non ricamato non supera il 50 per cento del prezzo di esportazione

411 dell'articolo (40 per cento per le camicette). II traffico di perfezionamen¬ to è considerato come un procedimento distinto dalla trasformazione solo in alcuni casi specificati. Una complicazione ulteriore nasce dal fatto clic, in caso di combinazioni di tessili, bisogna esaminare tutti i fili e tutte le fibre utilizzate. Una sola eccezione è fatta -- in ossequio all'osservazione preliminare dell'appendice II -- per le materie tessili il cui peso è infe¬ riore del 20 per cento a quello del prodotto finito.

Capitoli 64 a 67: Scarpe, cappelli, ecc.

I criteri per le scarpe sono chiari e liberali. Ad eccezione delle ope¬ razioni più semplici, come la stampa delle suole e dei talloni, i cuoi non provenienti dalla zona possono essere utilizzati senza che la scarpa cessi di essere considerata prodotto originario della zona. Per i cappelli si son potute includere nei procedimenti di trasformazione solo poche po¬ sizioni. Cosi, per esempio, le forme di cappello in paglia esotica (ex 6502), ciò che permette ad un articolo di tradizionale esportazione della Sviz¬ zera di essere trattato come prodotto originario della zona nonostante la percentuale di lavorazione inferiore al 50 per cento. Il criterio della per¬ centuale si applica a tutte le altre posizioni. Gli altri articoli non danno luogo ad osservazioni particolari.

Capitoli 68 a 83: Prodotti in pietra, perle e pietre preziose, ecc.; metalli comuni, ecc.

Gli articoli e le materie relative a questi capitoli non danno luogo ad osservazioni particolari per quanto riguarda le regole dell'origine. Data l'esistenza di un elenco delle materie di base, i criteri sono relativamente liberali. Bisogna però osservare che i trafilati d'acciaio (7332), contraria¬ mente agli articoli in rame (7415) non possono essere fabbricati se non in filo originario della zona.

Capitoli 8£ a 90: Macchine, apparecchi e mezzi di trasporto I procedimenti di trasformazione previsti per questi articoli sono valevoli solo fino al 31 dicembre 1961. Siccome non ò possibile dire in anticipo se i criteri sono, in ogni caso specifico, troppo liberali o ti'oppo restrittivi, essi saranno modificati in base alle esperienze fatte. In ogni modo la regola della percentuale potrà essere applicata come avviene at¬ tualmente, e ciò fa supporre che essa sia la soluzione migliore.

Capitolo 91: Orologi Su proposta svizzera i criteri per questo capitolo vennero stabiliti in modo molto liberale. Per gli orologi finiti basta che il movimento sia

412 stato composto nella zona, mentre i pezzi staccati diversi e la scatola possono-essere di altra origine.

Capìtoli'92 e 99: Prodotti diversi, oggetti artistici e armi Tutte le regole relative a quésti capitoli sono semplici e liberali. Es¬ se non danno luogo a particolari osservazioni.

V. La partecipazione della Svizzera all'associazione europea di libero scambio considerata alla luce dei suoi interessi economici Il présenté capitolo è dedicato da'un lato all'esame dbgli" effetti1 ché là partecipazione della Svizzera'all'associazione eùrOpéà di'libero scambio avrà sitila sua' economia nazionale, dall'dltr'o ad un' breve studiò' dei problemi che sorgono per le finanze federali' in' previsione dei diminuiti introiti' daziari; A. Gli effetti economici della partocipaziono della Svizzera all'associazione europea-di lìbero scambio È impossibile descrivere esattamente gli effètti economici futuri-dèllh partecipazione della Svizzera all'associazione. Infatti 1 influenza di parec¬ chi fattori è imprevedibile e imponderabile, e parecchi altri potranno ave¬ re in determinati settori della nostra economia ripercussioni più · accen¬ tuate di quelle che risentiranno gli altri soci dall applicazione della convèrliiOiie dà parte'svizzera. Fra gli eventi1 impOUdèrabili vi' è la- coìigiuntürri ecörlbmica; lo sViliippo: tfecrticOi là volontà' di adattamento- delle im¬ primé, là' politica cbmirtércialè' dei: pàeài membri verso- i; pafeài terzi: Un ésàttie pàrticolàrèggiàto' pOi, settore per settore, pfe'r gruppi1 di indùstrie' o di" popolazióne, esìgerebbe Un'ampia1 ah'aìisi senza' poter darè Conclusioni precise. Ci limiteremo perciò a indicare le tbridèhzfe' particolari clìò, se¬ condo il corso normale degli eventi, si manifesteranno in modo partico¬ larmente accentuato. Dovremo poi anche limitare le-nostre-considerazioni agli effetti che si manifesteranno a' più lunga scadenza, in genere al ter¬ mine dèi periodo1 transitorio di dièci antii; È ovvio che l'abolizióne graâuàlë' ptV>gfés'&iva: dfellè barrichi commerciali non potrà provocare Uh-rdVè^ciàmèrtto immediato dèll'céonomià', ina aVrà' effetti 'Scaglìonà'ti' ilei tèiripó.Gli obblighi fondamentali previsti nella convenzione si-riferiscono sia all'economia svizzera sia a quella degli altri paesi. Sembra dunque oppor¬ tuno esaminare gli effetti probabili in
ogni settore economico in base all'importanza dei legami che urtisCono* tàli settori ad un'economia este¬ riore. Un tale esame permetterebbe, segnatamente, di- distinguere i settori che lavorano principalmente per il1 mercato interno dai settori che lavorano

413 essenzialmente per l'esportazione; esso, però, potrebbe dare un'imma¬ gine errala, perchè farebbe sorgere l'impressione che saranno soprattutto le industrie che lavorano per il mercato interno a sopportare le conse¬ guenze della partecipazione svizzera all'associazione, mentre le industrie di esportazione ne profitterebbero. Gli obblighi contratti dalla Svizzera faranno sentire i loro effetti in modo analogo sia nell'uno sia nell'altro campo, sebbene a lunga scadenza gli effetti potranno essere sensibilmente diversi. Non è poi escluso che, a mano a mano clic il nuovo regime entrerà in funzione, industrie che finora lavoravano principalmente per il mercato interno si orientino verso l'esportazione, e, inversamente, industrie fino ad oggi esportatrici, abbiano a smerciare la loro produzione sempre più sul mercato interno. Sarà quindi più opportuno considerare gli effetti della nostra associazione alla zona sotto un altro angolo; quello degli effetti che si possono attendere dall'abolizione delle restrizioni commerciali sia da parte svizzera sia da parte degli altri consoci.

7. Gli effetti dell'abolizione da parte della Svizzera delle restrizioni commerciali sulle importazioni provenienti da paesi membri dell'associazione L'adesione della Svizzera all'associazione implica per essa l'obbligo di sopprimere tutti i dazi d'importazione per i prodotti industriali provenienti da altri Stali membri, come pure i contingenti che ancora fossero in vigore. L'abolizione degli ostacoli agli scambi dovrebbe tradursi in una diminuzione di prezzo delle merci e delle materie prime importate, in un aumento del volume delle importazioni, almeno di quelle che provengono dai paesi membri. È difficile determinare in anticipo e per ogni caso particolare l'ampiezza della diminuzione di prezzo, dell aumento del vo¬ lume delle importazioni e dei cambiamenti che interverranno nelle fonti di approvvigionamento. Ciò dipende dalla capacità di assorbimento del mercato svizzero, dalla facoltà di adattamento delle industrie nazionali, dall'evoluzione dei prezzi e dallo sviluppo della domanda presso i clienti della Svizzera in seno all'associazione, come pure dalla concorrenza dei paesi terzi.

Di massima, si può ammettere che la riduzione di prezzo e 1 aumento di volume delle importazioni saranno tanto più rilevanti quanto
maggiore era la protezione accordata dalla Svizzera a tali merci. La riduzione di prezzo e l'aumento del volume delle importazioni saranno poi tanto più considerevoli quanto più accentuata era l'influenza che dette merci eser¬ citavano sul livello dei prezzi in Svizzera. Bisogna pure tener conto della parte che finora occupavano i paesi terzi sul mercato svizzero (vedi allegati II e IV del presente messaggio).

Sul piano economico, ogni riduzione di prezzi ha un doppio signifi¬ cato: colui che consuma delta merce la ritiene un bene, colui che la Foglio Federale, 1960.

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414 produce crede di essere menomato nella sua posizione competitiva. Ogni giudizio sull'aumento dei contingenti^ e sulla riduzione dei dazi è legato alla funzione tenuta, nella vita economica del paese, da chi lo emette.

Per quanto riguarda la protezione a mezzo di contingenti, la sola industria che dovrà affrontare un problema di adattamento è quella degli autocarri pesanti. La regolazione finora in vigore riservava alla produ¬ zione indigena di autocarri pesanti la quasi totalità del mercato svizzero. Siccome in Svizzera gli autocarri pesanti possono essere fabbricati solo in piccole serie, i costi di produzione di questo ramo sono sensibil¬ mente superiori a quelli esteri.

In materia di protezione doganale, un'analisi sommaria ci dice che per le posizioni dove la nuova tariffa prevede dazi assai elevati ci saranno difficoltà di adattamento più sensibili. Ma l'esistenza di un elemento protezionistico non si ripercuote sempre sui prezzi: spesso capita che i concorrenti più capaci si trovino fuori della zona dei paesi dell'associa¬ zione e capita pure, occasionalmente, che i costi di trasporto assai elevati limitino l'importazione di prodotti con maggior efficacia che non una prote¬ zione doganale massiccia. Spesso però una lieve protezione doganale può avere effetti sensibili sui primi stadi di trasformazione delle materie prime.

L'industria della carta e della pasta per carta, come pure alcuni setlori dell'economia forestale, non si sono nascosti il fatto che la smobili¬ tazione dei dazi sarà per essi fonte di apprensione seria. Il consiglio fede¬ rale ha già affrontato l'esame dei problemi che sorgono per l'economia forestale. Esso è arrivato alla conclusione che le sfere di questo ramo svizzero di produzione non debbono temere, in seguito all'adesione della Svizzera alla associazione, un aggravamento notevole delle condizioni che regnano in tale settore. L'industria della carta e della pasta per carta a sua volta ha fatto sapere al consiglio federale che essa non sarà in grado di affrontare l'aumentata concorrenza, senza una protezione accor¬ dala dalla politica commerciale. Essa allega, come argomenti, da una par¬ te, la sua situazione sfavorevole ed i prezzi più elevati di approvvigiona¬ mento in materie prime e, dall'altra, le coalizioni potenti del ramo in seno agli altri paesi
dell'associazione. È infatti da presumere che l'abolizione dei dazi, assai elevati, che proteggono oggi la carta, pongano a questo ra¬ mo d'industria problemi di adattamento più difficili da risolvere che ad altre industrie. Però nella nuova tariffa sono già state concesse delle mag¬ giorazioni di dazio, di modo che, in certi casi concreti importanti, la pro¬ tezione non sarà inferiore a quella goduta fino al 1959, almeno fino alla terza fase di riduzione dei dazi. Protette da dazi educativi introdotti duran¬ te la prima guerra mondiale e continuati per quarant'anni, queste industrie hanno avuto il tempo di migliorare notevolmente la loro produttività, ciò che dovrebbe ora permettere loro di difendere più facilmente le posizioni acquisite. Del resto, se si attuasse l'unione di tutti i paesi della OECE, come

415 auspica l'associazione, in un avvenire non troppo lontano, queste industrie potranno veder ripartito il peso della concorrenza scandinava e austriaca, in modo migliore, su di uno spazio molto più vasto; le difficoltà delle im¬ prese svizzere di questo ramo sarebbero allora notevolmente attenuale.

Laddove la penetrazione della concorrenza estera sul mercato svizzero sarà facilitata, la competizione si accentuerà innanzitutto fra le imprese svizzere del ramo. Questa evoluzione obbligherà certamente i produttori svizzeri ad una revisione degli accordi limitativi della concor¬ renza, alla luce delle nuove esperienze.

Alcuni settori dell'industria svizzera dovranno mutare la loro attività, in relazione ai problemi di adattamento che l'abolizione degli ostacoli agli scambi farà sorgere per ciascuno di essi. Tenuto conto degli sforzi di adattamento, le conseguenze prevedibili e le difficoltà probabili dovrebbero poter essere mantenute entro limiti di sopportazione. In realtà solo il 12 per cento delle importazioni svizzere proviene globalmente dai paesi dell'associazione. La riduzione dei dazi avrà il vantaggio di permettere all'economia svizzera di abituarsi gradatamente alle nuove condizioni create sul mercato europeo libero da restrizioni doganali. La Svizzera sentirà i vantaggi di questo adattamento allorquando sarà finalmente creata un'as¬ sociazione comprendente tutti i paesi della OECE e l'eliminazione della protezione doganale verrà estesa al 70 per cento delle sue importazioni globali.

2. Gli effetti della abolizione degli ostacoli agli scambi da parte degli altri Stati membri dell'associazione europea di libero scambio In base alla convenzione, i consoci della zona sono obbligati ad abolire i dazi ed i contingenti nello stesso tempo e nella stessa misura come la Svizzera. La capacità di concorrenza sui mercati dei paesi dell'associazione diventerebbe dunque migliore per i prodotti svizzeri, sia in relazione alla produzione indigena sia rispetto ai prodotti ivi offerti da paesi fuori dell'associazione. L'aumentata capacità a sostenere la concorrenza su questi mercati dovrebbe essere tanto più accentuata: -- quanto più operanti erano gli effetti restrittivi delle misure di politica commerciale, che finora proteggevano la produzione nazionale di quei paesi importatori, e quanto maggiore è
la capacità di assorbimento di prodotti esteri in detti mercati; -- quanto più forte era finora la concorrenza esercitata dai paesi terzi contro i nostri prodotti; -- quanto maggiore è il volume delle esportazioni svizzere rispetto al¬ l'offerta di altri paesi membri dell'associazione, e -- quanto minore sarà l'aumento dei costi di produzione delle industrie svizzere derivante da una maggiore esportazione.

416 Non si hanno, su questi fattori, indici sufficienti, per previsioni si¬ cure. Bisogna però rilevare che i consoci della zona avevano finora una politica assai restrittiva in materia di dazi e contingenti, questa aveva spesso effetti sfavorevoli sulle esportazioni tradizionali della Svizzera. Si danno parecchi casi del genere, per il mercato britannico come per quello austriaco. Ma anche paesi che praticavano tradizionalmente una politica commerciale liberale, come gli Stati scandinavi, proteggevano l'uno o l'al¬ tro ramo delle loro industrie e impedivano alle esportazioni svizzere di svilupparsi. Attualmente e con qualche eccezione, i prodotti svizzeri espor¬ tati su quei mercati incontrano soprattutto la concorrenza di paesi terzi.

Si tratta segnatamente di prodotti provenienti dai paesi del mercato co¬ mune, vale a dire da paesi i quali, in virtù del trattato di Roma, riserve¬ ranno sui loro mercati un trattamento sempre più sfavorevole ai prodotti svizzeri. L'allegato 3 del presente messaggio contiene informazioni di ca¬ rattere statistico sulla ripartizione delle correnti di scambio fra il mercato comune e l'associazione, per le principali categorie di prodotti e secondo la quota svizzera a quegli scambi.

Non è possibile dire con precisione fino a che punto 1 industria sviz¬ zera potrà approfittare dell'allargamento degli sbocchi commerciali deri¬ vante dall'applicazione delle regole della convenzione. Perdurando il ritmo dell'espansione in corso, la produzione e 1 esportazione cresceranno in modo rilevante solo con un aumento parallelo dei costi di fabbrica¬ zione e dei prezzi, oppure con un aumento della manodopera straniera.

D'altra parte ci si può anche attendere che l'inasprimento delle condizioni di concorrenza sui mercati della comunità economica europea faccia di¬ minuire in una certa misura la produzione e 1 esportazione svizzere. La apertura di nuovi mercati in seno all'associazione potrebbe allora offrire alla nostra economia nuove possibilità, particolarmente gradite, le quali, almeno in parte, le permetterebbero di compensare le perdite che subirà dal probabile regresso delle sue esportazioni verso i paesi del mercato co¬ mune. È uno sviluppo che non avverrà spontaneamente e facilmente, ma come risultato degli sforzi che le singole imprese faranno sfruttando tutte le
possibilità offerte.

A prima vista parrebbe che solo le industrie svizzere che già fin d'ora smerciano la maggior parte della loro produzione all'estero, si avvantag¬ geranno dall'abolizione delle restrizioni agli scambi da parte dei consoci della zona. In base ad apprezzamenti e valutazioni, fondate su elementi attendibili, si può pensare che, in genere, le industrie meccaniche, chimiche e buona parte dell'industria tessile ne trarranno un aumento delle loro esportazioni. Ma non bisogna dimenticare che proprio queste industrie saranno quelle che nei prossimi anni dovranno aspettarsi difficoltà parti¬ colari in seguito al funzionamento del mercato comune. Non si può nem-

417 meno escludere che le nuove possibilità giovino a industrie operanti fi¬ nora prevalentemente per il mercato interno. In molti casi i consoci della Svizzera nella zona applicano dazi assai elevati proprio per quegli stessi prodotti di cui la Svizzera restringe notevolmente l'importazione sul pro¬ prio territorio. Nei settori dove, a causa della ristrettezza del mercato in¬ terno, certi rami industriali mantenevano la loro produzione solo a costi assai elevati, nuove e rilevanti possibilità di smercio all'estero potrebbero aprirsi.

3. Conclusioni Un confronto fra le misure di abolizione degli ostacoli agli scambi, che la Svizzera ed i suoi consoci della zona prenderanno nel quadro dell'as¬ sociazione, e le conseguenze probabili di questi provvedimenti, ci permet¬ tono di concludere che, nel complesso, i vantaggi supereranno gli incon¬ venienti. A questa conclusione si arriva sia partendo da un'analisi dei redditi, dei profitti delle imprese, dello sviluppo dell'impiego e dei salari sia. da un calcolo del reddito nazionale. L'apprezzamento favorevole sull'adesione della Svizzera all'associazione è rafforzato dagli argomenti che si potrebbero portare, qualora la Svizzera si fosse astenuta dal parte¬ cipare ad ogni formola di associazione economica. Sono gli argomenti che già abbiamo esposto al capitolo II del presente messaggio.

Le considerazioni di ordine economico che militano a favore çli una partecipazione della Svizzera all'associazione europea di libero scambio, dimostrano dunque il nostro interesse a far parte della zona. Uno spazio così ristretto come il nostro, unendosi ad uno spazio economico più grande per mezzo dell'abolizione delle restrizioni agli scambi, fatte le debite pro¬ porzioni, trae vantaggi maggiori di quelli che ne può trarre una grande potenza economica. La Svizzera entra ora a far parte di una zona il cui reddito nazionale è di circa dodici volte superiore al proprio e che ha una popolazione diciassette volte maggiore. In questo quadro essa viene ad inserirsi in un'economia sana, ben agguerrita a sostenere la concorrenza internazionale. Il fatto che la sua bilancia commerciale verso gli altri paesi dell'associazione accusi tradizionalmente un saldo attivo rilevante, dimostra che i sacrifici che essa dovrà fare non saranno sproporzionati alle possibilità che le si offrono.
B. La partecipazione svizzora all'associazione o gli effetti che ne deriveranno per gli introiti fiscali della Confederazione Nel 1959 le entrate doganali della Svizzera ammontavano a 856 mi¬ lioni di franchi, globalmente; di questa somma circa 690 milioni prove¬ nivano dagli scambi con i paesi della OECE. I dazi percepiti su impor¬ tazioni provenienti dagli altri paesi membri dell'associazione ammontavano a quanto segue:

418 Dazi all'importazione soggetti all'eliminazione 32,3 milioni di franchi progressiva Dazi fiscali, i quali, dedotti gli elementi prote¬ zionistici da valutare a circa 3,7 milioni, non sono soggetti all'abolizione progressiva . .

10,9 milioni di franchi Dazi su prodotti agricoli non subordinati ad abolizione progressiva 14,2 milioni di fianchi Totale

57,4 milioni di franchi

L'abolizione dei dazi all'importazione e l'eliminazione dell'elemento protezionistico insito nei dazi fiscali, di cui agli articoli 3 e 0 della con¬ venzione, causeranno una diminuzione corrispondente degli introiti del¬ l'amministrazione federale delle finanze. È molto difficile valutare questa diminuzione, poiché lo sviluppo dell'associazione rimane sotto molti aspetti imprevedibile; si può pensare che si modificheranno innanzitutto la strut¬ tura delle importazioni e le correnti di scambio con i diversi paesi.

Ammettendo che la struttura degli scambi resti quella che era nel 1959 e che l'abolizione dei dazi all'importazione avvenga nei prossimi dieci anni in conformità degli articoli 3 e 6 della convenzione, gli effetti finan¬ ziari di un'adesione della Svizzera all'associazione possono essere calcolati come segue: Diminuzione degli Percentuale introiti doganali di eliminazione Anni (in milioni di fr.)

dei dazi 3,6 1960 . . . . ...

20 7,2 1961 . . . . ...

20 10,8 1962 . . . . ...

30 12,6 1963 . . . . ...

30/40 14,4 1964 . . . . ...

40 18 1965 . . . ., . . .

50 21,6 1966 . . . ., . . .

60 25,2 1967 . . . ., . . .

70 28,8 80 1968 . . . . . . .

32,4 1969 . . . . . . .

90 36 1970 . . . . . . .

100 La diminuzione degli introiti doganali, che nel 1960 sani di soli 7,2 milioni di franchi, aumenterà in seguito progressivamente per raggiungere un ammontare di circa 36 milioni alla fine del periodo transitorio, cioè nel 1970. La diminuzione effettiva sarà però più elevata, poiché bisogna aspettarci una modificazione delle correnti di scambi a favore dei paesi dell'associazione in seguito all'introduzione della preferenza daziaria.

419 In base alla Costituzione federale i dazi sono una delle pi-incipali fonti di entrata della Confederazione. È quindi indispensabile pensare già fin d'ora a cercare nuove soluzioni fiscali, per compensare la diminuzione degli introiti doganali, tanto più che le finanze federali sono già poste sotto pressione da diverse parti. Bisogna però pensare che la diminuzione degli introiti doganali non supererà certi limili assai ristretti, soprattutto durante i primi anni dell'entrata in vigore della convenzione. L'applica¬ zione della nuova tariffa doganale dovrebbe poi procurare un'entrata sup¬ plementare annua di circa 30 a 50 milioni di franchi.

Il Consiglio federale è quindi dell'avviso che per il momento non sia il caso di prendere delle misure per compensare le perdite di introiti do¬ ganali che risulteranno dall'entrata in vigore della convenzione. Ma il problema delle fonti di sostituzione si porrà qualora si prospetti l'inte¬ grazione su base più larga. L'eliminazione dei dazi nel quadro della OECE si tradurrà in una notevole diminuzione delle entrate della Confederazione.

Nel 1959 per esempio gli introiti doganali provenienti da scambi con i paesi della OECE raggiungevano i 690 milioni, di cui circa 465 milioni per dazi fiscali e per dazi su prodotti agricoli.

Se venisse istituita un'associazione economica generale fra tutti i paesi membri della OECE e se il problema dell'abolizione dei dazi dovesse essere risolto nello stesso modo come nell'associazione europea di libero scambio, la diminuzione di entrate daziarie della Confederazione, alla fine del periodo transitorio e sulla base delle cifre del 1959, ammonterebbe a circa 240 milioni di franchi all'anno. Se l'integrazione in un quadro più ampio dovesse rivelarsi impossibile nei prossimi anni, il problema delle fonti di compensazione per la diminuzione degli introiti doganali dovrebbe essere esaminato, al più tardi, in relazione al nuovo regime delle finanze federali, da applicare a partire dal 1° gennaio 1965.

VI. Giudizio sulla convenzione e prospettive A. Apprezzamenti generali sullo normo della convenziono Ratificando la convenzione istitutiva della associazione europea di libero scambio, la Svizzera farà il primo passo sulla via dell'integrazione economica dell'Europa. È dunque essenziale che possa fare questo passo in condizioni
tali da non pregiudicare la sua indipendenza come Stato ed i suoi interessi nazionali. Sotto questo aspetto un esame della convenzione ci conduce alle seguenti constatazioni: 1. Partecipando all'Associazione, la Svizzera conserva intatta la sua so¬ vranità nazionale. Essa deve evidentemente rinunciare a far uso di restrizioni agli scambi come strumento della sua politica economica rispetto agli Stati membri dell'associazione, e si impegna a non sosti-

420 tuirli con altri provvedimenti. Si tratta dunque di impegni precisi e ben delimitati, sui quali le Camere federali possono pronunciarsi in piena conoscenza di causa. Voti a maggioranza sono previsti solo per le raccomandazioni e per concedere deroghe temporanee alle disposi' zioni della convenzione. La convenzione non prevede una rinuncia alle attribuzioni legislative a favore di una procedura che consenta agli organi dell'associazione d'imporre nuovi obblighi alla Svizzera senza il suo consenso.

Come in ogni altro accordo internazionale, gli obblighi assunti non sono unilaterali, ma impegnano in modo identico tutti i firmatari della convenzione. Detti obblighi non sono irrevocabili; la clausola di recessione permette di sottrarvisi in caso di necessità. L'associazione resta dunque nei limiti di un accordo internazionale di diritto pub¬ blico, a scopo economico. Contrariamente a quanto avviene nel trat¬ tato di Roma, questo accordo sanziona l'uguaglianza fondamentale fra piccoli e grandi Stati, poiché ciascuno dispone dello stesso diritto di voto. Il movimento di integrazione che risulterà dall'aboli¬ zione degli ostacoli agli scambi legherà, è vero, l'economia svizzera a quella degli altri paesi membri; ma la formola d'integrazione che abbiamo scelto conserva alla Svizzera la sua esistenza come Stato indipendente.

2. Partecipando all'associazione la Svizzera rimane in grado di adem¬ piere agli obblighi che derivano dalla sua neutralità in tempo di guerra, e può continuare in questa sua politica di neutralità e rispet¬ tarne i doveri. La convenzione non crea nessun legame indissolubile, di fatto o di diritto. Sotto questo aspetto, la parte relativamente esigua che occupano nel nostro commercio estero globale i paesi membri dell'associazione costituisce un elemento positivo. La convenzione non obbliga la Svizzera e prendere misure di politica commerciale contro i paesi terzi e le lascia libertà completa in questo campo. In base all'articolo 18, lettera d, la Svizzera poi, in caso di guerra, può sot¬ trarsi nella misura richiesta dalle circostanze agli impegni assunti.

Ci si deve certamente rammaricare che solo una parte degli Stati europei si siano accordati per un'associazione di libero scambio. Ma la situazione era fondamentalmente identica, quando la Svizzera ade¬ riva alla OECE, alla quale,
per ragioni particolari, i paesi dell'Europa orientale non hanno voluto partecipare. Siccome gli impegni assunti hanno un carattere strettamente economico, e il principio della porta aperta ò garantito sufficientemente, le esigenze della politica di neu¬ tralità della Svizzera sono soddisfatte, così come lo erano nel quadro della convenzione per la coopcrazione economica europea. Ciascuno Stato membro dispone di un voto e la proporzione elevata di piccoli Stati i quali possono far valere la loro voce nello stesso modo, ag-

421 giunta al fatto che tre su sette degli Stati membri sono neutrali, costi¬ tuiscono elementi particolarmente favorevoli alla posizione politica di neutralità della Svizzera.

3. L autonomia della politica commerciale estera non è pregiudicata da un adesione all'associazione. La Svizzera resta libera di concludere nuovi accordi commerciali con altri paesi, facoltà che già aveva tassa¬ tivamente riservato al momento dell'istituzione della OECE. Essa con¬ serva la sua libertà di fissare il contenuto di simili accordi. Il mante¬ nimento di un regime tariffario preferenziale a favore delle merci originarie degli Stati membri dell'associazione non figura fra gli obblighi della convenzione.

Data la situazione regnante in Europa, la Svizzera ha preso in considerazione la sua adesione ad una tale forma di integrazione re¬ gionale, non solo per salvaguardare la propria esistenza, ma anche perchè, scegliendo una soluzione che non implica l'aumento dei dazi rispetto a paesi terzi, essa può tener conto largamente degli interessi di quegli Stati. L'associazione non pone problemi nuovi ai paesi extra¬ europei meno sviluppati, poiché essa evita di concedere un tratta¬ mento preferenziale a certi paesi di oltremare produttori di materie prime. Sotto questo aspetto particolare l'elenco delle materie di base contenuto nell'appendice III della convenzione presenta un interesse evidente per tutti i paesi sottosviluppati. Infatti i prodotti ivi elencati possono usufruire della qualità di merci originarie della zona, appena diventano oggetto di una trasformazione, indipendentemente dalla loro origine. La convenzione non porterà nemmeno pregiudizio alle rela¬ zioni della Svizzera con quei paesi molto popolati, che costituiranno, a lunga scadenza, il mercato dell'avvenire. Un rafforzamento delle relazioni con tali paesi è tanto più necessario, quanto più sarà indi¬ spensabile nell'avvenire sfruttare tutte le possibilità per compensare le perdite che la Svizzera subirà sul mercato comune.

La possibilità di mantenere una politica commerciale indipendente e una politica tariffaria a dazi bassi ci hanno indotto ad accettare le regole sull'origine, le quali per alcuni settori possono apparire assai complicate. Ma il prezzo che abbiamo dovuto pagare non è troppo elevato, se si tien conto dell'incidenza della politica
commeciale estera sull indipendenza della Svizzera e sul benessere della sua popolazione.

La convenzione non è in contrasto con' la legislazione svizzera. La sovranità della Confederazione in materia fiscale è riconosciuta. Nes¬ sun obbligo venne assunto in materia di mercato del lavoro e di politica sociale.

Un'importanza particolare hanno i principi sui quali si basa la regolazione per i prodotti agricoli. Non ne deriva alcun muta-

422 mento per i metodi di protezione agricola svizzera. I dazi ed i con¬ tingenti non verranno sostituiti da provvedimenti di politica agraria supranazionale, incerta nei metodi come nei risultati e diretta da organi che decidono a maggioranza. Le concessioni fatte dalla Svizzera ai paesi esportatori di prodotti agricoli e che permetteranno di tenere in maggior considerazione tali prodotti, non portano nessun pregiu¬ dizio alla legislazione agricola svizzera. La convenzione non offre alla Svizzera possibilità di aumentare le sue esportazioni agricole. Ma non è escluso che l'abolizione dei dazi sui prodotti industriali utilizzati dalla produzione agricola svizzera, non si traducano in un ribasso dei costi di produzione. Dal punto di vista dell'agricoltura svizzera la convenzione riveste un grande interesse, perchè è il primo accordo economico internazionale, conchiuso dopo la seconda guerra mondiale, che stabilisce l'impegno per tutti gli Stati membri, di un trattamento differenziale fra prodotti industriali e prodotti agricoli. I contadini hanno dunque un interesse al successo di una formola di integrazione liberale come quella dell'associazione e che non richiede un allinea¬ mento di prezzi ad un dato livello europeo. Quando sarà giunto il momento di fare ulteriori progressi sulla via dell'integrazione, le soluzioni realistiche della convenzione costituiranno un'esperienza preziosa.

5. Se il contenuto della convenzione è soddisfacente, la cerchia degli Stati partecipanti, sotto molti aspetti, non offre la soluzione migliore.

Ma le circostanze hanno impedito di allargare questa cerchia. Il vo¬ lume delle esportazioni totali verso Stati membri e che usufruirà dei vantaggi dell'associazione raggiunge però il miliardo di franchi sviz¬ zeri. Il reddito nazionale a testa di abitante è particolarmente elevato in parecchi Stati membri, così che l'associazione rapprasenta uno dei mercati più interessanti del mondo. Anche la posizione dell'associa¬ zione in materia di politica commerciale, sia rispetto al mercato co¬ mune che agli Stati Uniti d'America non può essere considerata debole.

Per esempio, nel settore dei prodotti industriali finiti, i paesi del mercato comune nel 1958 hanno esportato per circa 3,5 miliardi di dollari a destinazione dei paesi dell'associazione ed hanno importato da essa per
circa 2,2 miliardi. D'altro canto, il fatto che la maggio¬ ranza dei paesi dell'associazione scambia più prodotti con i paesi del mercato comune che con quelli dell'associazione stessa, ci dà l'assicu¬ razione che i nostri soci si augurano, come lo auspica la Svizzera, la conclusione di un accordo più vasto comprendente tutti i paesi membri della OECE. L'unione degli Stati clic partecipano all'associa¬ zione europea di libero scambio rafforza la posizione per futuri ne¬ goziati e la volontà di tutti coloro, in Europa, che cercano un'intesa più vasta.

423 B. Prospettive In seguito al doppio aspetto degli sforzi di integrazione economica in Europa la Svizzera si è trovata di fronte a problemi delicati, che l'hanno obbligata di colpo ad esaminare molto seriamente tutti gli elementi della sua linea di condotta. Essa voleva prendere parte attiva al raggiungimento di un obiettivo economico di abolizione degli ostacoli agli scambi, ma nello stesso tempo essa intendeva mantenere le sue riserve rispetto ai diversi scopi politici inerenti agli obiettivi economici. Ma la natura delicata di questi problemi non poteva indurre la Svizzera ad assumere un atteggia¬ mento fondamentale negativo rispetto all'integrazione europea, quasi co¬ me reazione difensiva naturale. D'altro canto sarebbe stato pericoloso che la Svizzera, per evitare il pericolo di discriminazione che le incombeva sui mercati della comunità economica europea, adottasse -- partendo da considerazioni economiche molto fallaci -- una via che l'avrebbe condotta alla disgregazione.

Spinta dalle possibilità che offre lo sviluppo della collaborazione eco¬ nomica europea, ma cosciente anche, per i pericoli che essa può compor¬ tare, della necessità di prudenza, la Svizzera deve e vuole inserirsi attiva¬ mente in questo campo. La Svizzera può determinare il suo destino solo partecipando a questo movimento di integrazione. La convenzione della associazione segna una nuova tappa sulla via che il Consiglio federale si è sforzato di seguire dagli inizi della OECE. Anche se la convenzione non pregiudica i principi basilari della Confederazione, ciononostante essa aumenta gli impegni internazionali della Svizzera. Compiendo questo pas¬ so e sostenendo la forma di collabox-azione prevista nella convenzione, la Svizzera, nel volgere degli eventi, può assicurarsi il mantenimento della sua indipendenza. L'appoggio dato a una formula di cooperazione che risponde alle condizioni di esistenza di un piccolo Stato europeo, dal pun¬ to di vista politico riveste un'importanza decisiva.

Ciò non significa che la Svizzera pretenda che la forma di collabora¬ zione alla quale ha aderito, sia l'unica possibile. Altri Stati possono sce¬ gliere, come l'hanno fatto, altre forme di cooperazione. Dal punto di vista svizzero la forma di integrazione creata dalla comunità economica euro¬ pea, non è la sola che possa tener conto
della diversità dei paesi europei.

Gli Stati membri del mercato comune l'hanno ammesso, partecipando per più di due anni ai negoziati con gli altri paesi della OECE, al fine di isti¬ tuire una grande zona di libero scambio. Facendo ciò essi hanno ricono¬ sciuto che l'applicazione di un trattamento differenziale in materia do¬ ganale, verso altri Stati europei, non era indispensabile ai fini di una integrazione politica. È questo pure il punto di vista delle autorità fe¬ derali: nello stesso spirito la Svizzera chiede il riconoscimento della sua sovranità e riconosce al mercato comune il diritto di difendere la propria integrità. Le autorità federali sono però anche dell'avviso che il

424 mantenimento di ostacoli agli scambi nei confronti dei paesi vicini, non sia un mezzo indispensabile per tutelare l'indipendenza della Svizzera.

L'associazione europea di libero scambio vuol rimanere aperta. I suoi membri sono legati dalla loro tradizione di nazioni commerciali. Perciò essi sono abituati a tener conto della diversità delle altre parti contraenti, in Europa e nel mondo. Pur rispettando questa diversità, essi vogliono da* re il loro contributo all'integrazione economica europea. Per questa ragio¬ ne essi hanno scello una via di integrazione meno ambiziosa di quella del mercato comune, ina appunto perciò più accessibile a paesi diversi nella loro struttura.

La convenzione di associazione ha un suo valore proprio, ma non vuol rimanere fine a se stessa; essa mira invece a risolvere il problema essenziale dell'Europa, quello della scissione in materia di politica com¬ merciale, suscitato dall'entrata in vigore unilaterale del trattato di Roma.

Nonostante questo fatto, l'associazione europea di libero scambio co¬ stituisce il primo passo sulla via ancora lunga che dovrà condurre ad un accordo. Attualmente è ancora impossibile sapere quali obblighi si do¬ vranno assumere per superare la scissione e per assicurare le esporta¬ zioni di prodotti svizzeri a destinazione del mercato comune. Il Consiglio federale procederà, in merito a questo punto, in stretta collaborazione con le camere federali e con le sfere rappresentative dell'economia svizzera.

Nemmeno si può dire quando si potrà ristabilire il trattamento di ugua¬ glianza in materia di politica commerciale in Europa. Forse 1 associazio¬ ne dovrà prima dar prova della sua consistenza. Occorre innanzitutto che ciascuno Stato si persuada dell'assurdità di una scissione dell Europa in due blocchi economici, poiché il 43 per cento del volume degli scambi infraeuropei si svolge fra paesi del mercato comune e paesi dell associa¬ zione di libero scambio. Forse bisognerà attendere che i problemi econo¬ mici che si pongono a determinali paesi trovino la loro soluzione sul pia¬ no interno o nel quadro delle relazioni con gli altri paesi, prima di arri¬ vare a nuove trattative, coronate da successo, per una soluzione d'assie¬ me più vasta. Durante le riunioni tenute a Parigi nel gennaio scorso e alle quali hanno partecipato gli Stati Uniti
e il Canadà, è stato tuttavia ammesso cbe, prima ancora dell'entrata in vigore della convenzione dell associa¬ zione europea di libero scambio, il problema delle relazioni fra mercato comune e associazione di libero scambio debba essere affrontato con prio¬ rità di tempo. I contatti dunque già sono stati riallacciati. La partecipa¬ zione degli Stati Uniti d'America a queste trattative dovrebbe contribuire a far comprendere, nel corso delle medesime, che l'esistenza di due gruppi separati - mercato comune e associazione di libero scambio - e la discri¬ minazione negli scambi infraeuropei, non avvantaggiano gli Stati terzi, i cui interessi sarebbero ben diversamente rispettati in seno ad un'asso¬ ciazione più ampia comprensiva di tutti i paesi della OECE. Le esperienze

425 fatte nella OECE, che hanno condotto alla liberalizzazione degli scambi e dei pagamenti nel quadro europeo, per estenderli poi gi'adualmcnte a tutto il mondo, dovrebbero avere il valore di valido esempio.

Il punto di vista che non ci deve essere opposizione fra le esigenze della Svizzera e quelle dell'Europa continuerà a guidare il Consiglio fede¬ rale nei futuri negoziati. Un vero rafforzamento dell'economia europea esige infatti una forma di integrazione possibilmente aperta verso l'ester¬ no. La politica protezionistica dà solo una forza illusoria e provvisoria.

La funzione dell'Europa nel mondo sarà tanto più importante quanto più attivi saranno i suoi scambi commerciali. La Svizzera ha potuto creare un'economia razionale nonostante le condizioni naturali sfavorevoli, solo riconoscendo i vantaggi di una politica aperta rispetto al mondo. È questa anche la ragione che le fa guardare con fiducia verso l'avvenire, nonostante le difficoltà che le si prospettano sul mercato europeo.

VII. PROPOSTE Partendo dalle considerazioni esposte, Vi preghiamo di voler dare la vostra adesione al decreto federale che approva la partecipazione della Svizzera alla convenzione istitutiva della associazione europea di libero scambio, come pure al protocollo relativo all'applicazione di detta con¬ venzione al principato del Liechtenstein.

Vogliate gradire, onorevoli signori Presidente e Consiglieri, l'assicu¬ razione della nostra più alta stima.

Berna, 5 febbraio 1960.

In nome del Consiglio federale svizzero, Il Vicepresidente: Wahlen.

Il Cancelliere della Confederazione: Ch. Oser.

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Messaggio del Consiglio federale all`Assemblea federale concernente la partecipazione della Svizzera all`Associazione europea di libero scambio (Del 5 febbraio 1960)

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