00.091 Rapporto sulla politica estera 2000 Presenza e cooperazione: tutela degli interessi in un contesto di crescente integrazione internazionale del 15 novembre 2000

Onorevoli presidenti e consiglieri, Vi sottoponiamo, per conoscenza, il rapporto sulla politica estera 2000.

Gradite, onorevoli presidenti e consiglieri, l'espressione della nostra alta considerazione.

15 novembre 2000

In nome del Consiglio federale svizzero: Il presidente della Confederazione, Adolf Ogi La cancelliera della Confederazione, Annemarie Huber-Hotz

2000-2363

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Preambolo Gli sviluppi internazionali del decennio appena trascorso e le loro ripercussioni sulla Svizzera offrono lo spunto per un bilancio della politica estera degli anni Novanta e per definire alcune priorità per il futuro. Con il presente rapporto, il Consiglio federale si attiene agli obiettivi generali definiti nel suo rapporto sulla politica estera del 1993 e approvati dal popolo e dai Cantoni il 18 aprile 1999 con l'adozione della nuova Costituzione federale. Esso intende però approfondire e adeguare, per quanto attiene agli obiettivi e all'impiego dei mezzi, alcuni settori d'attività della politica estera.

Molte delle tendenze internazionali che si delineavano all'inizio degli anni Novanta si sono confermate e rafforzate negli ultimi anni. Dopo la fine della Guerra fredda la struttura politica internazionale è divenuta meno facilmente leggibile. Il ruolo degli Stati Uniti quale unica grande potenza in grado di intervenire a livello globale ha assunto un'importanza centrale e costituisce un motivo per cui l'Unione europea si impegna per rafforzare il proprio profilo in materia di politica estera e di sicurezza. Nel prossimo decennio nuovi attori della scena internazionale influenzeranno sempre più gli eventi della politica mondiale. Oggi non è tuttavia possibile definire quali forme e strutture assumerà questo mondo multipolare.

La globalizzazione delle nostre condizioni di vita progredirà ulteriormente. Presupporre però che questo processo condurrà automaticamente a un crescente avvicinamento dei popoli e delle nazioni potrebbe rivelarsi illusorio. La globalizzazione tende piuttosto a evidenziare la diversità culturale, sociale ed economica del mondo e a rendere più palese il divario fra i popoli e le regioni. Non mancheranno le tensioni. Pertanto, occorrerà intensificare gli sforzi della cooperazione internazionale allo sviluppo e rafforzare la comprensione interculturale.

I nuovi sviluppi sembrano ridurre sempre più il margine d'azione degli Stati. La globalizzazione delle attività economiche, l'informatica e la comunicazione, l'evoluzione della scienza nel settore della biologia e l'influenza dei media fanno parte di questo scenario, senza dimenticare l'importanza crescente del crimine organizzato internazionale.

Non tutte queste evoluzioni richiedono l'intervento dello Stato;
tuttavia, per alcune sono indispensabili una collaborazione internazionale e condizioni quadro più efficaci.

La globalizzazione dei settori d'attività richiede il mantenimento e l'estensione di un sistema internazionale capace di agire con efficacia. Le Nazioni Unite sono l'unico quadro istituzionale in seno al quale è possibile dibattere e risolvere problemi globali con il coinvolgimento di tutti gli Stati. La crescente esigenza di costituire comunità di Stati a livello regionale dev'essere vista nella stessa ottica. Secondo la maggior parte degli Stati europei, l'Unione europea costituisce la base d'azione appropriata per permettere all'Europa di affrontare con efficacia gli sviluppi appena descritti.

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Le minacce e le opportunità internazionali non si fermano alle porte della Svizzera.

Il nostro Paese ha la forza e la vitalità per reagire autonomamente a molte sfide di natura economica, sociale e politica. Tuttavia, per risolvere efficacemente e in modo durevole i grandi problemi della nostra epoca, la Svizzera dipende dalla cooperazione con altri Stati, innanzitutto con i vicini e partner europei. Presunzione e isolamento possono mettere in pericolo importanti interessi del nostro Paese. La forte dipendenza economica dall'estero rende la Svizzera vulnerabile; per questo motivo occorre sempre chiedersi quale prezzo comporta la sua assenza da importanti istituzioni, in particolare dall'Unione europea.

La politica estera è una politica di interessi. Tuttavia, la tutela degli interessi nazionali non può essere l'unica regola che guida l'azione in politica estera. Visti i problemi globali quali la povertà, l'aumento dei conflitti all'interno degli Stati, la distruzione dell'ambiente e le migrazioni, la politica estera deve esprimere anche la responsabilità che la Svizzera assume come parte della comunità internazionale.

Anche una politica di interessi deve seguire principi etici. Fra la tutela degli interessi e i principi etici possono nascere tensioni, in particolare quando si tratta di conciliare gli interessi economici con l'obiettivo di contribuire a realizzare un mondo più giusto e pacifico. Queste potenziali tensioni si evidenziano particolarmente quando si tratta di decidere in quale misura occorre mantenere relazioni economiche con Stati nei quali le violazioni dei diritti umani sono all'ordine del giorno. In un'ottica a breve termine vi sono punti di attrito. Questa situazione di tensione è tuttavia risolvibile a lungo termine perché uno sviluppo economico sostenibile costituisce indubbiamente la base su cui poggiare gli sforzi intesi a rafforzare la buona gestione degli affari pubblici e a far rispettare i diritti dell'uomo e lo Stato di diritto - mentre il rispetto di questi principi è a sua volta una premessa indispensabile per uno sviluppo economico sostenibile.

Considerazioni analoghe valgono anche per le discussioni sulla piazza finanziaria svizzera. Una piazza finanziaria forte e concorrenziale è un elemento importante dell'economia svizzera e costituisce una delle basi del nostro
benessere. Fra i fattori che favoriscono il successo di una piazza finanziaria oggi occorre tuttavia considerare anche l'integrità. Questo obiettivo sarà pertanto anche in futuro un presupposto per garantire il successo di una piazza finanziaria. Non si può escludere che il nostro Paese nei prossimi anni sia ancora maggiormente esposto in relazione con gli sforzi internazionali per combattere la criminalità finanziaria e l'utilizzazione abusiva dei centri finanziari. Per difendere nel migliore dei modi i propri interessi, la Svizzera deve dare importanza all'integrità della sua piazza finanziaria e continuare a impegnarsi per una efficace collaborazione internazionale in materia di lotta contro le operazioni finanziarie illegali e abusive.

Il Consiglio federale è convinto che il modo più efficace di tutelare gli interessi del nostro Paese è di mettere le attività di politica estera al servizio dell'obiettivo di rafforzare l'indipendenza della Svizzera mantenendo un margine d'azione il più ampio possibile. Contemporaneamente, il Consiglio federale è cosciente della responsabilità internazionale che compete al nostro Paese. Vuole salvaguardare i nostri interessi e assumere questa responsabilità attraverso una presenza raffor-

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zata e una cooperazione più intensa sulla scena internazionale. In tal modo, il Consiglio federale potrà attuare nel migliore dei modi gli obiettivi fissati dalla Costituzione federale e le priorità della sua politica estera, contribuendo alla pace, al rispetto dei diritti dell'uomo, alla prosperità, alla diminuzione della povertà e alla preservazione dell'ambiente.

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Indice Preambolo

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1 Introduzione 1.1 Punti essenziali e obiettivi del «Rapporto sulla politica estera della Svizzera negli anni Novanta» 1.2 Riassunto delle attività di politica estera negli anni Novanta 1.2.1 Estensione del margine d'azione della Svizzera in materia di politica estera 1.2.2 Aumento del margine d'azione della Svizzera in materia di politica estera 1.2.3 Attività destinate a mantenere l'efficienza economica 1.2.4 Crescente vulnerabilità della Svizzera 1.3 Scopo del presente rapporto

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2 Sfide internazionali 2.1 Il contesto globale 2.1.1 Cambiamenti strutturali 2.1.2 Problemi globali 2.1.2.1 Lotta alla povertà 2.1.2.2 Dalla sicurezza degli Stati sovrani alla sicurezza umana globale 2.1.2.3 Preservazione durevole delle risorse naturali 2.1.2.4 Migrazione 2.1.3 Attori della politica internazionale 2.1.3.1 Cambiamenti nella ripartizione delle competenze fra Stati e regioni 2.1.3.2 Organizzazioni internazionali e cooperazione internazionale informale 2.1.3.3 Attori non statali 2.2 Il contesto europeo 2.2.1 L'Unione europea 2.2.2 Architettura europea di sicurezza 2.2.3 Zone sensibili in Europa e nelle sue vicinanze 2.3 Sfide internazionali del futuro 2.3.1 Pace 2.3.2 Benessere e povertà 2.3.3 Vivere nell'era digitale 2.3.4 Conclusioni

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3 Linee direttrici, obiettivi e priorità della politica estera svizzera nel prossimo decennio 3.1 Linee direttrici 3.1.1 Visioni ideali e realtà 3.1.2 Condizioni quadro, principi e processi decisionali 3.1.2.1 Quadro giuridico 3.1.2.2 Sostegno della politica interna 3.1.2.3 Politica di interessi e neutralità 3.1.2.4 Compiti di coordinamento 3.2 Obiettivi e priorità 3.2.1 Convivenza pacifica dei popoli 3.2.1.1 Prevenzione di conflitti violenti e ricostruzione 3.2.1.2 Apertura al dialogo e rispetto del pluralismo culturale 3.2.2 Rispetto dei diritti dell'uomo e promovimento della democrazia 3.2.2.1 Politica umanitaria della Svizzera - una tradizione con un futuro 3.2.2.2 Impegno a livello mondiale a favore dei diritti dell'uomo, della democrazia e dei principi dello Stato di diritto 3.2.3 Salvaguardia degli interessi economici 3.2.3.1 Sostegno della piazza economica svizzera mediante la politica estera 3.2.3.2 Promovimento di un sistema economico e finanziario internazionale stabile 3.2.3.3 Promovimento della piazza finanziaria svizzera 3.2.4 Soccorrere le popolazioni nel bisogno e lottare contro la povertà del mondo 3.2.5 Salvaguardia delle risorse naturali 3.3 Strumenti istituzionali per l'attuazione delle priorità 3.3.1 Politica multilaterale 3.3.1.1 Crescente importanza della cooperazione multilaterale 3.3.1.2 Adesione all'ONU 3.3.1.3 Mantenimento del ruolo della Svizzera quale luogo di i ncontri 3.3.2 Politica sovranazionale: adesione all'UE 3.3.2.1 Sviluppi nell'UE e conseguenze per la Svizzera 3.3.2.2 I prossimi passi della Svizzera 3.3.2.3 Importanza dell'UE per la sicurezza interna della Svizzera 3.4 Priorità geografiche della politica bilaterale 3.4.1 Relazioni bilaterali in Europa e a livello mondiale 3.4.1.1 Universalità delle relazioni estere svizzere 3.4.1.2 Costituzione di «Presenza Svizzera» 3.4.1.3 Rete di rappresentanze svizzere 3.4.2 Europa sudorientale e dell'Est 3.4.3 Bacino del Mediterraneo

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4 Conclusioni

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231 231 231 232 232 234 235 237 238 239 239 241 242 242 243 245 245 246 247 249 251 252 252 252 253

Allegato Retrospettiva della politica estera della Svizzera negli anni Novanta 1 Posizione e immagine della Svizzera nel mondo

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2 Attività della politica estera della Svizzera negli anni Novanta 2.1 Mantenimento e promovimento della sicurezza e della pace 2.1.1 Politica di sicurezza 2.1.2 Politica di controllo degli armamenti e di disarmo 2.1.3 Promovimento della pace 2.1.4 Buoni uffici 2.1.5 Cooperazione con i Paesi dell'Est 2.1.6 Aiuto umanitario 2.1.7 Politica della migrazione 2.2 Impegno a favore dei diritti dell'uomo, della democrazia e dei principi dello Stato di diritto 2.2.1 Buona gestione degli affari pubblici, principi dello Stato di diritto e democrazia 2.2.2 Politica dei diritti dell'uomo 2.2.3 Diritto internazionale umanitario 2.3 Accrescimento della prosperità comune 2.3.1 La piazza economica e finanziaria svizzera 2.3.2 Politica d'integrazione europea 2.3.3 Sistema economico mondiale 2.3.4 Sistema finanziario internazionale 2.4 Eliminazione dell'ingiustizia sociale 2.5 Tutela delle basi vitali naturali

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3 Strumenti particolari della politica estera della Svizzera 3.1 Neutralità 3.2 La Ginevra internazionale

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4 Compiti legati alla tutela degli interessi e servizi

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Elenco delle abbreviazioni

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Rapporto 1

Introduzione

1.1

Punti essenziali e obiettivi del «Rapporto sulla politica estera della Svizzera negli anni Novanta»

Il periodo compreso fra la fine della Seconda Guerra mondiale e il 1989 è stato caratterizzato dallo scontro fra Est e Ovest, che a sua volta si ripercuoteva fortemente sulle relazioni fra Nord e Sud. Le condizioni quadro internazionali della fine degli anni Ottanta e dell'inizio degli anni Novanta sono state contraddistinte dai seguenti eventi: ­

L'Unione Sovietica e la Jugoslavia si sono disgregate ­ in breve tempo nell'Europa orientale sono nati quasi 20 nuovi Stati.

­

Gli Stati Uniti sono diventati la sola grande potenza globale.

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Il Patto di Varsavia è stato sciolto, provocando un completo riorientamento della politica di sicurezza internazionale.

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L'Unione europea ha completato il suo mercato interno ed è diventata la più importante forza politica del continente.

­

La Germania ha compiuto la sua riunificazione.

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Il Sudafrica si è liberato dal regime dell'apartheid.

­

Il blocco dell'ONU e in particolare del Consiglio di sicurezza, dovuto alle ideologie, ha potuto essere in gran parte superato.

­

Le relazioni Nord-Sud sono state poste su nuove basi in occasione di varie conferenze internazionali.

Il «Rapporto sulla politica estera della Svizzera negli anni Novanta», del 29 novembre 1993 (Rapporto sulla politica estera 93), descriveva gli sconvolgimenti fondamentali intervenuti nel contesto dell'epoca e stabiliva il quadro per la futura politica della Svizzera. Leitmotiv del Rapporto sulla politica estera 93 era la constatazione che oggi uno Stato può salvaguardare la propria autodeterminazione soltanto mediante un'estesa cooperazione e condecisione a livello internazionale. Sempre più spesso importanti decisioni, che interessano il nostro Paese, sono prese altrove e da altri. Grazie alla cooperazione a livello internazionale, il nostro Paese contribuisce a definire le condizioni quadro internazionali, rafforzando la sua capacità d'azione, il posto che la Svizzera occupa nella comunità internazionale e la sua identità.

Il Rapporto sulla politica estera 93 si fondava sulle seguenti riflessioni: ­

La politica estera costituisce una parte della politica generale. Si occupa di tutte le attività ed evoluzioni che hanno una dimensione internazionale e riunisce le attività rivolte verso l'esterno con l'obiettivo di assicurare la migliore coerenza possibile fra la politica interna e la politica estera, fra i diversi settori e fra gli obiettivi, i mezzi e gli strumenti della politica estera.

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La politica estera è una politica di interessi. Essa si propone di garantire e rafforzare la posizione politica ed economica della Svizzera nel mondo.

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­

La politica estera implica l'assunzione di responsabilità. I principi etici della politica estera svizzera trovano espressione nella tradizione umanitaria del nostro Paese, nel suo impegno per la salvaguardia e la promozione di sicurezza, pace, solidarietà e benessere nel mondo, nonché nel suo contributo al miglioramento della capacità d'azione della comunità internazionale.

­

La politica estera, infine, si fonda sul diritto quale mezzo per la protezione degli Stati più piccoli. Questi ultimi hanno un interesse particolare affinché le relazioni internazionali si svolgano sulla base e nel quadro di un ordine giuridico universalmente riconosciuto. L'impegno a favore del diritto internazionale è pertanto una costante della politica estera svizzera.

Sullo sfondo delineato nel Rapporto sulla politica estera 93, avevamo definito i seguenti cinque obiettivi della politica estera svizzera:

Mantenimento e promovimento della sicurezza e della pace

Eliminazione delle ingiustizie sociali

Accrescimento della prosperità comune

Promovimento dei diritti dell'uomo, della democrazia e dello Stato di diritto

Tutela delle basi vitali naturali

Questo approccio rimane tuttora di grande attualità. I contenuti che la politica estera svizzera si era prefissa di raggiungere con questi cinque obiettivi rimangono pertanto validi anche per il prossimo decennio.

1.2

Riassunto delle attività di politica estera negli anni Novanta

Gli sviluppi internazionali degli anni Novanta sono stati contraddistinti, non esclusivamente ma in gran parte, dalla importante svolta del 1989. Il crollo delle strutture di potere comuniste, la riunificazione delle due Germanie, la dissoluzione dell'Unione Sovietica e lo smembramento dell'ex Jugoslavia sono stati gli eccezionali eventi che hanno caratterizzato l'inizio dello scorso decennio. La nascita di numerosi nuovi Stati in Europa, la costituzione di nuove strutture di sicurezza, i progetti di allarga-

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mento dell'Unione europea nonché il crescente predominio degli Stati Uniti in materia di politica estera e di sicurezza sono state le conseguenze più significative.

1.2.1

Estensione del margine d'azione della Svizzera in materia di politica estera

La fine della Guerra fredda ha indubbiamente ampliato il margine d'azione della Svizzera in politica estera negli ultimi dieci anni. Il nostro Paese ne ha approfittato soprattutto nel settore della politica di sicurezza: ­

associandosi alle sanzioni internazionali, adottate dalle Nazioni Unite nel quadro del sistema di sicurezza collettiva;

­

partecipando al partenariato per la pace, in seguito a una decisione del nostro Collegio del 1996;

­

partecipando ad azioni di mantenimento della pace nell'ambito dell'ONU o dell'OSCE;

­

rafforzando la sua cooperazione con Stati che condividono lo stesso punto di vista nel settore della sicurezza umana.

Con questo margine d'azione più esteso è stato possibile per la Svizzera trovare un posto appropriato nell'ambito del nuovo assetto dell'ordinamento di sicurezza europeo. Con le misure menzionate, avevamo anticipato anche le principali conclusioni del Rapporto sulla politica di sicurezza 2000, il quale si prefigge una maggiore sicurezza grazie alla cooperazione. Nello stesso contesto occorre menzionare la presidenza dell'OSCE, che la Svizzera ha assunto nel 1996. La presidenza svizzera dell'OSCE è avvenuta in un periodo in cui l'organizzazione, con lo svolgimento delle elezioni in Bosnia, doveva adempiere nuovi compiti operativi e, contemporaneamente, vedeva aumentare fortemente il numero dei suoi membri.

Per contro, la fine dello scontro Est-Ovest non ha avuto ripercussioni sul margine d'azione della Svizzera in materia di politica d'integrazione. Contrariamente al nostro Paese, Austria e Finlandia, ad esempio, all'epoca della Guerra fredda non avrebbero potuto aderire all'Unione europea. Dopo la caduta della «cortina di ferro», si è aperta loro questa opportunità, che è stata sfruttata rapidamente e con decisione da entrambi i Paesi. Le circostanze di politica estera e di politica di sicurezza durante la Guerra fredda non avrebbero impedito alla Svizzera di avvicinarsi all'Unione europea o di aderirvi. I negoziati sulla realizzazione dello Spazio economico europeo non traevano origine e logica dalla grande svolta del 1989, bensì dal completamento del mercato interno dell'UE. Quest'ultimo ha rafforzato i tradizionali sforzi degli Stati dell'AELS per conciliare la loro collaborazione con l'Unione europea e la dinamica del mercato interno. Nel dicembre 1992, il popolo svizzero e i Cantoni hanno respinto l'adesione allo Spazio economico europeo. Soltanto nel 1998 è stato possibile compensare in parte le conseguenze di questo rifiuto attraverso la conclusione di sette accordi bilaterali con l'UE.

1.2.2

Aumento del margine d'azione della Svizzera in materia di politica estera

Il venir meno negli Stati dell'Europa centrale e orientale della dominazione comunista con il passaggio al pluralismo politico e all'economia di mercato e l'appa210

rizione di circa 20 nuovi Stati in questa regione hanno richiesto un sostegno attivo da parte dell'Europa occidentale. La Svizzera ha fornito sin dall'inizio sostanziosi contributi alla trasformazione di questi Stati. Il cosiddetto «aiuto ai Paesi dell'Est» ha procurato al nostro Paese molta considerazione negli Stati dell'Europa centrale e orientale. L'estensione e il consolidamento delle relazioni svizzere con gli Stati dell'Europa centrale e orientale sono fra i grandi dividendi di pace degli ultimi decenni in materia di politica estera.

Di tutt'altro carattere è stata ed è tuttora, invece, la forte presenza dell'Europa occidentale, e in particolare della Svizzera, nei Balcani. Il crollo dell'ex Jugoslavia, accompagnato da guerre e crimini, è la maggiore ipoteca ereditata dall'epoca della caduta della «cortina di ferro»; negli ultimi dieci anni, i Balcani sono stati la più importante sfida affrontata dal nostro Paese in materia di politica di sicurezza. A causa della vicinanza del conflitto, dei crimini commessi contro innocenti e minoranze e in considerazione dei numerosi gruppi etnici originari dell'ex Jugoslavia che vivono da noi, la Svizzera si è impegnata sin dall'inizio a favore di soluzioni politiche nei Balcani. Azioni diplomatiche, attività nell'ambito della politica di pace, aiuto umanitario, aiuto al ritorno e alla ricostruzione sono alcuni degli aspetti degli sforzi intrapresi, oltre a un considerevole intervento nell'ambito della politica di sicurezza e a un forte impegno nell'accoglienza di rifugiati e profughi.

Nel corso degli anni Novanta la Svizzera non ha concentrato in nessun'altra regione del mondo i mezzi a sua disposizione come nell'Europa sudorientale. Alla fine degli anni Novanta i costi annui di questo impegno ammontavano a circa 200 milioni di franchi. Le nostre prestazioni ci hanno permesso di ottenere il riconoscimento degli altri Stati dell'Europa occidentale, come dimostra ad esempio il fatto che la Svizzera è stata accolta nel Patto di stabilità per i Balcani.

Il crescente numero di conflitti all'interno degli Stati in tutto il mondo e la destabilizzazione di molti Paesi nel Sud e all'Est hanno fatto sì che la politica di pace svizzera assumesse, negli ultimi anni, un profilo più preciso. Politica di pace è un concetto ampio: non si riferisce soltanto alle misure
destinate a promuovere direttamente la pace, bensì anche al contributo dato dalla cooperazione allo sviluppo alla pace e alla sicurezza, alle prestazioni della politica di sicurezza o alla promozione di uno sviluppo sostenibile.

L'Europa sudorientale, seguita dall'Africa meridionale, ha costituito una priorità di questa politica di pace. I contributi a favore della pace e della sicurezza, che la Svizzera un tempo forniva come «buoni uffici», sono ora confluiti in una politica che persegue un approccio più completo per quanto attiene alla sua concezione e attuazione. Soltanto in tal modo sarà possibile al nostro Paese aiutare la comunità internazionale ad affrontare i problemi posti dal crescente numero di conflitti e di fenomeni delittuosi in numerosi Paesi. Occorre riconoscere alla Svizzera di aver dato notevoli impulsi alla comunità internazionale nella politica di pace in senso lato, e in particolare in materia di politica dei rifugiati e di aiuto al rimpatrio.

La messa in pratica del principio secondo cui occorre aiutare le popolazioni ad aiutarsi dipende da condizioni quadro relativamente stabili. Nello scorso decennio la politica di sviluppo della Svizzera si è concentrata sempre più sul miglioramento delle condizioni quadro e sulla creazione dei presupposti istituzionali per uno sviluppo sostenibile. Le sue attività sono volte a promuovere processi di apprendimento e di cambiamento delle società e delle popolazioni affinché queste, a lungo termine, siano in grado di assumere, sulla base dei propri sforzi, un posto adeguato in seno alle loro comunità e al loro sistema politico. Questo approccio globale co211

stituisce la priorità, riconosciuta anche a livello internazionale, di una politica di sviluppo che prende sul serio i propri partner in un Paese in sviluppo, si interessa delle loro esigenze e si sforza di ottenere effetti durevoli.

Occorre pure sottolineare gli accresciuti sforzi della politica svizzera dei diritti dell'uomo, che nel corso degli anni Novanta hanno condotto a elaborare alcuni importanti strumenti normativi internazionali. Inoltre, il quadro giuridico nazionale è stato chiaramente consolidato e la politica svizzera in materia di diritti dell'uomo ha acquisito un profilo più rilevante sia a livello bilaterale sia a livello multilaterale. Il ruolo riconosciuto al nostro Paese nel rafforzare e sviluppare ulteriormente il diritto umanitario internazionale contribuisce a esprimere la convinzione secondo la quale soltanto mediante un quadro giuridico consolidato e riconosciuto da tutti è possibile ottenere miglioramenti durevoli della situazione umanitaria mondiale.

Anche la politica svizzera in materia di controllo degli armamenti e di disarmo si è maggiormente profilata. Il nostro Paese si è impegnato con successo per la conclusione della Convenzione sulla proibizione delle armi chimiche (1993) e del Trattato per la messa al bando degli esperimenti nucleari (1996). Nel frattempo la Svizzera ha aderito a tutti i trattati multilaterali sul controllo degli armamenti e sul disarmo che le erano accessibili e nel 1996 è diventata membro a pieno titolo della Conferenza di Ginevra per il disarmo. Inoltre, grazie alla Convenzione sul divieto delle mine antiuomo, il nostro Paese ha potuto contribuire, in stretta collaborazione con altri Stati e con varie organizzazioni non governative, a migliorare la sicurezza umana. Infine, la Svizzera ha potuto ridimensionare considerevolmente la questione delle esportazioni svizzere di materiale bellico mediante una modifica legislativa.

Il ruolo della politica svizzera in materia ambientale è indiscusso. Accanto agli sforzi interni ­ ad esempio nella politica dei trasporti con la tassa sul traffico pesante commisurata alle prestazioni ­ che sono riconosciuti e imitati anche all'estero, il nostro Paese ha partecipato con un ruolo di primo piano all'elaborazione di numerosi strumenti giuridici internazionali nel settore ambientale (Convenzione sui cambiamenti
climatici, Convenzione sulla protezione della biodiversità, Convenzione di Basilea e trattati nel settore dei prodotti chimici) e ha potuto influenzare in modo determinante la definizione della politica ambientale internazionale. Inoltre, esso si è impegnato affinché le dimensioni ambientale e sociale fossero maggiormente considerate nell'ambito degli strumenti giuridici internazionali elaborati nel settore economico e finanziario.

La collaborazione con le Nazioni Unite è proseguita sistematicamente nel corso degli anni Novanta. Ha raggiunto oggi un'intensità e un'importanza tali da far risaltare come non mai l'anormalità della nostra non appartenenza all'ONU. Questa assenza diventa sempre più incomprensibile vista l'universalità raggiunta dall'ONU negli anni Novanta. Nel corso di questo periodo, e nonostante un forte aumento della concorrenza a livello mondiale, Ginevra non ha perso importanza quale sede di numerose istituzioni dell'ONU. Questo risultato non è dovuto unicamente a un'attiva diplomazia, bensì anche a sostanziali prestazioni fornite dalla Confederazione e dal Cantone di Ginevra, che hanno contribuito a rafforzare l'attrattività della sede di Ginevra.

1.2.3

Attività destinate a mantenere l'efficienza economica

Negli anni Novanta il nostro Paese ha intrapreso considerevoli sforzi per mantenere e sviluppare la competitività della piazza economica e finanziaria svizzera. Vista la 212

globalizzazione dell'economia mondiale e la conseguente accresciuta concorrenza fra gli insediamenti, il bisogno di adeguamenti strutturali in Svizzera non dovrebbe diminuire neppure in futuro.

In materia di politica d'integrazione europea, alla fine del 1998 è stato possibile concludere, con i sette accordi bilaterali fra la Svizzera e l'UE, un importante strumento convenzionale che stabilizza le relazioni reciproche in settori importanti e rafforza la piazza economica svizzera.

Dopo la riuscita conclusione dei negoziati dell'Uruguay Round del GATT, la Svizzera nel 1995 è passata dal GATT alla nuova Organizzazione mondiale del commercio. Il fondamento contrattuale del suo accesso a importanti mercati per i beni e i servizi ha così potuto essere considerevolmente migliorato. È stato anche possibile inserire la riforma del mercato agricolo svizzero in uno strumento normativo internazionale. Inoltre, l'OMC può fornire un contributo importante in vista dell'integrazione dei Paesi in sviluppo nel sistema commerciale mondiale.

Nel 1992, l'adesione alle istituzioni di Bretton Woods ha offerto al nostro Paese nuove possibilità di partecipare agli sforzi internazionali per rafforzare la stabilità del sistema finanziario internazionale, per diminuire le disuguaglianze economiche, per lottare contro la povertà e ridurre il debito dei Paesi in sviluppo.

Per quanto riguarda le relazioni finanziarie internazionali, nello scorso decennio la Svizzera ha intrapreso considerevoli sforzi per evitare l'impiego abusivo della sua piazza finanziaria. Occorre sottolineare l'adozione della legge sul riciclaggio di denaro, entrata in vigore nel 1998, che è completata dalla convenzione di diligenza dell'Associazione svizzera dei banchieri e dalle direttive della Commissione federale delle banche. Inoltre, il nostro Paese ha sostenuto gli sforzi intrapresi a livello mondiale sul fronte della lotta contro il riciclaggio di denaro nell'ambito della «Financial Action Task Force on Money Laundering» e ha partecipato in modo determinante all'istituzione di standard riconosciuti internazionalmente in questo settore. La Svizzera ha anche rafforzato la sua collaborazione internazionale in materia di blocco e di restituzione dei cosiddetti «averi dei potenti». Infine, la Svizzera ha accordato generosamente ad altri Stati assistenza giudiziaria in materia penale.

1.2.4

Crescente vulnerabilità della Svizzera

La Svizzera ha la fortuna, ancora alla fine del Ventesimo secolo, di mantenere relazioni corrette praticamente con tutti gli Stati del pianeta. Nonostante occasionali divergenze d'opinione, le relazioni con gli Stati vicini, in particolare, sono ottime.

Questo bilancio positivo è tuttavia offuscato dalle controversie sul comportamento della Svizzera durante la Seconda Guerra mondiale e nel periodo immediatamente successivo. Questa questione non si è certamente limitata alla politica estera, ma l'ha tuttavia posta di fronte a grandi sfide. Si è rivelato particolarmente difficile confrontarsi con una problematica che, contrariamente a quanto avviene abitualmente in diplomazia, non si limitava alle relazioni fra governi, ma era caratterizzata dalla presenza di numerosi attori con una forte influenza sia sui media che sulle cerchie governative.

Talune lezioni e constatazioni possono essere tratte già fin d'ora da queste turbolenze, che hanno colpito in particolare le nostre relazioni con gli Stati Uniti:

213

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Anche relazioni amichevoli di lunga data con uno Stato non impediscono a quest'ultimo di portare avanti una dura politica d'interessi e di subordinare relazioni tradizionalmente buone con uno Stato terzo al perseguimento di interessi di politica interna.

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L'immagine della Svizzera poggia in parte su stereotipi superati, la cui fragilità si rivela in caso di serie difficoltà e che non trattengono gli altri Stati, all'occorrenza, dal cercare di far valere i loro interessi nei confronti della Svizzera con fermezza, o addirittura mediante pressioni.

In seguito alle discussioni attorno al comportamento delle banche durante e dopo la Seconda Guerra mondiale, il ruolo della piazza finanziaria svizzera nel passato e oggi è stato osservato in modo più critico dall'estero. Recentemente sono aumentate le pressioni esercitate dall'estero, in particolare da parte di altre piazze finanziarie importanti, affinché la Svizzera relativizzi ancora maggiormente il suo segreto bancario e renda più flessibili le disposizioni relative allo scambio internazionale di informazioni in materia fiscale. I casi in cui sono state osservate violazioni dell'obbligo di diligenza (riciclaggio di denaro, averi di potenti) offrono ancora maggiori occasioni ai concorrenti della piazza finanziaria svizzera di mettere in dubbio gli sforzi del nostro Paese in materia di lotta contro l'impiego abusivo del sistema finanziario. La nostra legislazione nazionale progressista, che corrisponde agli standard internazionali, e la disponibilità del nostro Paese a cooperare attivamente alla soluzione di simili problemi in seno agli organismi internazionali permettono solo in parte di parare a queste critiche.

L'aumento del crimine organizzato nel corso del decennio trascorso costituisce un'altra evoluzione con dimensioni transfrontaliere che richiede soluzioni globali o perlomeno regionali. Dato che rimane fuori dall'Unione europea, il nostro Paese dipende, in particolare nel settore della sicurezza interna, da un rafforzamento degli sforzi nazionali e da un miglioramento della cooperazione internazionale.

1.3

Scopo del presente rapporto

Dall'inizio degli anni Novanta il contesto internazionale si è notevolmente modificato. Il nostro Collegio ritiene che il Rapporto sulla politica estera del 1993 sia in parte superato. Nella nostra risposta a una mozione del 1999 del consigliere nazionale Hans Zbinden, abbiamo fra l'altro rilevato: «...(Il Consiglio federale intende) presentare alle Camere federali nel 2000 un rapporto sulla politica estera nel quale saranno esaminate le strategie e le modalità che consentiranno di raggiungere gli obiettivi di politica estera nelle condizioni quadro modificate. In concreto il rapporto dovrà: ­

esporre le esperienze fatte nel quadro dell'applicazione degli obiettivi di politica estera che sono serviti da base di riferimento al Consiglio federale negli anni Novanta;

­

analizzare i punti cardine degli sviluppi internazionali di questi ultimi anni e indicare le misure più idonee da adottare per la politica estera della Svizzera;

­

approfondire, dal punto di vista concettuale, i diversi campi operativi della politica estera in merito agli obiettivi fissati e ai mezzi impiegati. »

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Oltre al presente rapporto, che descrive le linee direttrici, gli obiettivi e le priorità della politica estera svizzera nel corso del prossimo decennio, continueremo, in caso di bisogno, a elaborare e a trasmettere al Parlamento rapporti su temi particolari.

In complemento alle informazioni da noi fornite regolarmente sulle nostre attività governative (rapporti di gestione, obiettivi annuali, programma di legislatura), agli abituali rapporti annuali (rapporti sulla politica economica esterna, rapporti sulle attività della Svizzera al Consiglio d'Europa ecc.) e ai crediti quadro periodici per la cooperazione allo sviluppo e la cooperazione con l'Europa dell'Est, un esame approfondito di talune questioni relative alla politica estera svizzera rimarrà necessario.

Nello scorso decennio questo modo di procedere è stato praticato con successo. Così, dopo il «Rapporto sulla politica estera della Svizzera negli anni Novanta» del 1993, che è servito da base, il Parlamento ha ricevuto le «Linee direttrici Nord-Sud» del 1994, il «Rapporto intermedio sulla politica d'integrazione europea della Svizzera» del 1995, il «Rapporto sul disarmo» del 1996, il «Rapporto sulle relazioni fra la Svizzera e le Nazioni Unite» del 1998, il «Rapporto sull'integrazione» del 1999, il «Rapporto sulle dimensioni umanitarie della politica estera svizzera» del 1999, il «Rapporto sulla politica di sicurezza 2000», il «Rapporto sulla politica svizzera dei diritti dell'uomo» del 2000 e il «Rapporto sulla politica di controllo degli armamenti e di disarmo della Svizzera 2000». A questi si aggiungono numerosi messaggi e rapporti nei quali sono state trattate anche questioni relative alla politica estera.

La politica estera influenza in modo determinante sia la sicurezza interna, sia la sicurezza estera della Svizzera. La politica estera costituisce spesso un mezzo della politica di sicurezza in senso ampio, poiché l'estensione della cooperazione internazionale svolge una grande influenza sulla capacità degli strumenti di politica di sicurezza di raggiungere i loro obiettivi. Il presente rapporto ha dunque stretti legami con il nostro Rapporto sulla politica di sicurezza del 7 giugno 1999.

La politica estera della Svizzera necessita dei dibattiti permanenti riguardanti i suoi contenuti e le sue priorità in Parlamento, nei Cantoni
e nell'opinione pubblica, affinché il nostro Collegio possa contare su un sostegno politico interno al momento di attuare la sua politica. Con il presente «Rapporto sulla politica estera 2000 - Presenza e cooperazione: tutela degli interessi un contesto di crescente integrazione internazionale» intendiamo contribuire a suscitare un simile dialogo. Questa apertura al dialogo costituisce una costante della politica estera svizzera. Ad esempio, nel presente rapporto sono confluiti importanti risultati del Programma nazionale di ricerca 42 «Fondamenti e possibilità della politica estera svizzera», eseguito su nostro mandato nel 1995 e comprendente 58 progetti.

La politica estera svizzera è influenzata essenzialmente dagli sviluppi che avvengono sulla scena internazionale, ai quali il nostro Paese deve trovare risposte adeguate.

Il contenuto e la struttura del presente rapporto seguono questa premessa fondamentale: Il numero 2 descrive il contesto globale ed europeo.

Il numero 3 contiene le linee direttrici, gli obiettivi e le priorità del nostro Collegio in materia di politica estera per il prossimo decennio.

Nell'allegato sono descritti dettagliatamente la posizione e l'immagine del nostro Paese nonché le priorità e le principali attività della politica estera svizzera degli anni Novanta.

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2

Sfide internazionali

2.1

Il contesto globale

2.1.1

Cambiamenti strutturali

La globalizzazione delle condizioni di vita prosegue incessantemente e la contrazione dello spazio e del tempo influenza sempre più tutte le attività statali e private.

Ancor oggi le nuove scoperte scientifiche e tecnologiche, in particolare la vera e propria rivoluzione nei settori delle tecnologie biologiche e genetiche, della comunicazione e dell'informazione determinano i cambiamenti strutturali in corso a livello mondiale.

Nel settore economico il processo di globalizzazione è contraddistinto dagli sforzi compiuti ovunque negli anni Novanta per deregolamentare i mercati fino ad allora protetti, in particolare nel campo delle infrastrutture, dall'aumento delle privatizzazioni di industrie statali, dalla crescente liberalizzazione dei flussi di capitali e da una vera e propria ondata di fusioni che hanno dato vita a imprese gigantesche. La concorrenza è aumentata nel mondo intero. Per poter sopravvivere in questo mercato globalizzato, le imprese sono costrette costantemente ad adeguarsi e a ristrutturarsi.

Data l'accelerazione del processo di globalizzazione, i modelli concettuali e i meccanismi di adeguamento sono sottoposti a forti pressioni.

La globalizzazione può accrescere il livello di vita sia nei Paesi industrializzati che nei Paesi in sviluppo, contribuendo così a ridurre le disuguaglianze esistenti o che si stanno estendendo. Affinché sia possibile sfruttare queste opportunità, occorre tuttavia che siano date certe condizioni quadro internazionali di natura economica, politica, ecologica e sociale: ­

il riconoscimento di regole del gioco valide a livello internazionale per il comportamento dell'economia e della scienza;

­

il miglioramento della stabilità del sistema finanziario internazionale;

­

l'applicazione dei principi della «buona gestione degli affari pubblici», in particolare sforzi per consolidare i diritti dell'uomo, i principi dello Stato di diritto e la democrazia;

­

l'istituzione e il rispetto di norme internazionali in materia ambientale; e

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il rispetto di norme fondamentali in materia sociale e nel settore del diritto del lavoro.

Simili condizioni quadro diminuiscono i costi e i rischi derivanti dalla divisione internazionale del lavoro e contribuiscono a ridurre la povertà e le disuguaglianze, l'irrequietezza sociale, le tendenze estremistiche e la distruzione dell'ambiente.

La globalizzazione e la tecnologia non influenzano soltanto l'attività economica.

Esse contribuiscono anche a diffondere e a far meglio rispettare valori universalmente riconosciuti quali, in particolare, i diritti dell'uomo. Una conoscenza approfondita dell'importanza di questi valori universali porta anche a un dialogo internazionale fruttuoso sull'abuso di questi valori e dunque maggiore pace e stabilità nel mondo. Non è più possibile isolare lungamente dalla comunità internazionale o lasciar vivere in condizioni indegne intere popolazioni.

Sia la fine dell'ordine mondiale bipolare, sia la globalizzazione delle nostre condizioni di vita hanno decisamente messo in risalto a livello mondiale la diversità culturale e di civilizzazione degli Stati e dei popoli. Le questioni d'identità hanno as216

sunto maggiore importanza, con conseguenze in parte positive e in parte negative. In numerosi Stati dell'Europa orientale e nell'emisfero Sud, la scomparsa delle frontiere ideologiche ha provocato un riorientamento culturale e contribuito allo sviluppo di culture nazionali o regionali. Tuttavia, sono sorti conflitti laddove una rafforzata autostima o una potenza statale appena acquisita si è trasformata improvvisamente in un nazionalismo estremo o ha contribuito allo sviluppo di fondamentalismi religiosi.

Nonostante l'apparente livellamento culturale provocato da Internet e dagli altri mezzi di comunicazione globali, il bisogno di comprensione fra le diverse civiltà, le correnti religiose e le etnie è aumentato.

Non sono soltanto le attività economiche o culturali ad essere influenzate dal processo di globalizzazione. I problemi riguardanti la sicurezza interna degli Stati diventano sempre più globali: il terrorismo, il crimine organizzato e il sabotaggio criminale di infrastrutture critiche nonché la produzione e il traffico di stupefacenti costituiscono pericoli che inquietano sempre più la comunità internazionale. Altrettanto inquietanti sono le conseguenze sociali ed economiche derivanti dai mezzi finanziari frutto di tali attività, che permettono a gruppi economici criminali di dedicarsi alla corruzione e alle truffe su vasta scala.

Accanto alla volontà, ad esempio nell'ambito dell'allargamento dell'UE, di riunire spazi economici sempre più estesi, si assiste anche a un'evoluzione contraria che rivalorizza i fenomeni che si svolgono su piccola scala, sul piano regionale e sono facilmente comprensibili. Proprio in Europa da qualche tempo si può osservare una tendenza alla regionalizzazione all'interno degli Stati e fra gli Stati. Questo permette di costituire punti di riferimento economici, sociali e culturali a livello regionale che realizzano un nuovo ordine in un mondo che spesso non è più possibile comprendere appieno e nel quale numerose decisioni sono prese da istanze lontane dai cittadini. Questo approccio che consiste nel «pensare globalmente e agire localmente» non è seguito soltanto dalle imprese e dalle organizzazioni non governative. Anche la comunità internazionale vi si adegua sempre più. Nel settore dell'ambiente o del sociale, ad esempio, i programmi globali sono sempre più spesso attuati mediante azioni a livello regionale.

2.1.2

Problemi globali

Le modifiche appena descritte, che dipendono in gran parte da forze sociali, economiche e scientifiche, hanno avuto ripercussioni sulla politica internazionale. Al centro dell'attenzione vi sono quattro sfide di dimensioni globali:

2.1.2.1

Lotta alla povertà

Il bilancio degli sforzi internazionali per risolvere i problemi globali di povertà nel corso degli ultimi dieci anni non è interamente soddisfacente.

­

La proporzione di poveri nei Paesi in sviluppo e in transizione, espressa in percentuale della popolazione mondiale, è leggermente diminuita. Tuttavia, secondo i dati della Banca mondiale, mai in passato un numero così elevato di essere umani, che rappresenta circa un terzo della popolazione mondiale (due miliardi di persone), deve sopravvivere con meno di 2 dollari americani al giorno.

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­

La sottoalimentazione miete ogni anno 9 milioni di vittime. La progressione dell'AIDS, soprattutto nell'Africa subsahariana, è inquietante. A questo si aggiunge il numero elevato di decessi dovuti, ogni anno, a malattie quali la malaria o la tubercolosi. Le epidemie rimangono una seria minaccia per lo sviluppo sociale ed economico di numerosi Stati.

­

In molti Paesi in sviluppo la povertà è sia una causa, sia una conseguenza di conflitti violenti, spesso interminabili, e di una cattiva gestione degli affari pubblici. Il clima di insicurezza e di violenza priva intere generazioni della possibilità di vivere un'esistenza rispettosa della dignità umana.

Le donne sono particolarmente toccate dalle conseguenze della povertà e del sottosviluppo. In generale, le donne ricevono una formazione meno buona, hanno a disposizione un numero ridotto di posti di lavoro, hanno un accesso limitato alle nuove tecnologie e ai crediti accordati da istituti privati; in molti casi sono loro a pagare le conseguenze dei conflitti. Inoltre, sono spesso vittime di atti criminali (tratta delle donne, prostituzione).

I successi ottenuti grazie alla cooperazione internazionale contrastano con questo quadro piuttosto tetro. La speranza di vita aumenta, la mortalità infantile diminuisce, il tasso di alfabetizzazione degli adulti cresce. Inoltre, alcuni Paesi in sviluppo, soprattutto in Asia, sono riusciti a ritagliarsi un posto nell'economia globale.

In generale si osserva che la situazione dei Paesi in sviluppo diviene sempre più complessa: mentre molti Stati, soprattutto in Africa, devono lottare contro problemi enormi, altri possono mostrare progressi economici e sociali. Perciò, in futuro, occorrerà definire e attuare strategie differenziate, che tengano meglio conto di questa situazione di partenza.

Il decennio appena trascorso è stato caratterizzato dalla ricerca, a livello globale, di strategie politiche adeguate per lottare contro la povertà, le disuguaglianze di ogni genere e contro la distruzione dell'ambiente1. La comunità internazionale ha preso sempre più coscienza del fatto che una serie di temi che dominano l'agenda politica, ad esempio i cambiamenti climatici, la crescita demografica, le migrazioni, la proliferazione delle armi di distruzione di massa, il traffico internazionale di stupefacenti, di esseri umani e di armi o ancora le altre attività del crimine organizzato hanno una dimensione globale. Non è pertanto più possibile combatterli efficacemente per mezzo di misure esclusivamente nazionali.

La realizzazione di uno sviluppo sostenibile rappresenta attualmente una delle grandi sfide mondiali, che concerne ugualmente ­ anche se in termini diversi ­ i Paesi industrializzati, in transizione e in sviluppo. Uno sviluppo è considerato sostenibile quando garantisce che i bisogni degli esseri umani possano essere soddisfatti senza ridurre la possibilità per le future generazioni di soddisfare a loro volta i propri bisogni. I fattori chiave di una strategia di sviluppo sostenibile sono l'efficacia economica, la protezione dell'ambiente e la solidarietà sociale.

1

218

Vertice mondiale per l'infanzia nel 1990 a New York, Vertice della Terra nel 1992 a Rio, Conferenza mondiale sui diritti dell'uomo nel 1993 a Vienna, Conferenza internazionale sulla popolazione e sullo sviluppo nel 1994 al Cairo, Vertice mondiale per lo sviluppo sociale nel 1995 a Copenaghen, Conferenza mondiale sulle donne nel 1995 a Pechino, Vertice mondiale dell'alimentazione nel 1996 a Roma, Conferenza sugli insediamenti umani nel 1996 a Istanbul; queste conferenze globali sono di regola completate ogni cinque anni da conferenze di verifica sullo stesso tema, come quella svoltasi a Ginevra nel 2000 in seguito al Vertice mondiale per lo sviluppo sociale.

2.1.2.2

Dalla sicurezza degli Stati sovrani alla sicurezza umana globale

Il volto della guerra è fondamentalmente mutato nel corso degli ultimi decenni. Infatti è sempre più raro che soldati di eserciti regolari si affrontino sul campo di battaglia. La sfida a livello internazionale è diventata oggi la situazione interna degli Stati, ovvero la loro stabilità. Nelle società del Sud, il fallimento di certi modelli statali e di sviluppo, la crescente povertà e la lotta per le risorse limitate hanno dato luogo a una competizione per la ricchezza e il potere tra gruppi rivali. Il continente africano è stato la prima vittima di questa evoluzione.

Numerosi conflitti intrastatali sono caratterizzati dal fatto che talune parti in conflitto mirano a cacciare o eliminare i membri di altri gruppi nazionali o etnici. Chi credeva che l'umanità avesse tratto qualche insegnamento dal «secolo degli estremi» che si è appena concluso ha dovuto ricredersi in seguito ai conflitti scoppiati nell'Europa sudorientale (Bosnia-Erzegovina, Croazia, Kosovo), in Africa (Angola, Somalia, Rwanda, Sudan, Sierra Leone) o in Asia (Timor Est), dove interi gruppi di popolazione sono stati cacciati o eliminati. Anche la crescente privatizzazione della guerra suscita inquietudine: non soltanto in Africa numerosi guerrafondai finanziano le loro attività grazie ai proventi della vendita di ricchezze naturali o derivanti da attività criminali, quali il traffico di droga o di armi; spesso movimenti ribelli, organizzazioni criminali o perfino talune imprese hanno interesse che simili conflitti perdurino, visti i profitti che ne risultano. Senza le miniere di diamanti, le guerre civili in Angola e Sierra Leone avrebbero preso tutt'altro corso. Lo stesso vale per la guerra civile in Colombia se non vi fossero i proventi del narcotraffico.

Per questi motivi, la promozione della sicurezza e della pace costituisce un elemento centrale della politica strutturale a livello globale. Una nuova concezione della sicurezza, vale a dire il «concetto della sicurezza umana globale», acquisisce sempre maggiore importanza. Tale concetto comprende non solo «un mondo liberato dalla paura» (Agenda per la sicurezza), bensì anche una vita «al riparo dal bisogno» (Agenda per lo sviluppo) nonché un «futuro sostenibile» (Agenda per l'ambiente).

Esso trae origine dall'idea che i Paesi industrializzati e in sviluppo condividono interessi
vitali comuni e costituiscono pertanto una «comunità di sicurezza e di destino»2.

Il miglioramento della sicurezza umana è possibile soltanto se si applicano i principi della «buona gestione degli affari pubblici». In particolare, i diritti dell'uomo non devono essere rispettati unicamente nella legislazione nazionale. Sono diventati norme universalmente riconosciute, il cui rispetto può essere imposto mediante disposizioni giuridiche che regolano tanto il comportamento della comunità internazionale quanto quello dei singoli individui.

2.1.2.3

Preservazione durevole delle risorse naturali

Il Vertice della Terra, svoltosi a Rio de Janeiro nel 1992, ha costituito una svolta in materia di politica internazionale dell'ambiente e dello sviluppo; gli sforzi compiuti in materia ambientale fanno sempre più parte delle attività centrali degli Stati. La 2

Cfr. anche il «Millenium Report» del Segretario generale dell'ONU, K. Annan, del 3 aprile 2000.

219

conferenza di Rio ha sottolineato la necessità di uno sviluppo sostenibile quale presupposto per assicurare il futuro del pianeta.

A Rio è stato adottato un programma d'azione globale, la cosiddetta Agenda 21, che ha posto le basi di un partenariato mondiale e mira a conciliare gli obiettivi di un ambiente di alta qualità e di un'economia efficiente per tutti gli esseri umani.

L'Agenda 21 indica le azioni da intraprendere a livello globale, regionale e nazionale; il Vertice della Terra ha inoltre promosso la definizione e lo sviluppo di principi, norme e strumenti giuridici nel settore ambientale.

Alcuni risultati sono già stati raggiunti. Finora nel settore dell'ambiente sono stati conclusi oltre cento trattati multilaterali che hanno consentito di ottenere qualche successo, segnatamente in materia di protezione dello strato d'ozono, di controllo dei rifiuti pericolosi e di organismi geneticamente modificati.

Tuttavia, durante lo scorso decennio le sfide a cui la comunità internazionale è confrontata in materia di gestione durevole delle risorse naturali sono più aumentate che diminuite: ogni anno scompare l'uno per cento della superficie totale delle foreste.

Come nel passato, un quinto della popolazione mondiale consuma oltre il 60 per cento della produzione totale d'energia. Si prevede che la popolazione mondiale passerà da 6 a 9 miliardi nel corso dei prossimi cinquant'anni, il che comporterà una domanda ancora maggiore di risorse naturali. In futuro, inoltre, la maggioranza degli esseri umani non avrà la possibilità di vivere e lavorare nel rispetto dell'ambiente.

Diversi studi mettono in guardia sui futuri cambiamenti climatici. La politica internazionale deve prepararsi ad affrontare problemi come l'aumento del livello dei mari e l'estensione delle superfici desertiche.

2.1.2.4

Migrazione

Lo scarto esistente tra l'evoluzione demografica al Nord e al Sud riveste un'importanza determinante per il problema della migrazione: la maggior parte dei Paesi del Nord è confrontata con una popolazione che sta rapidamente invecchiando e con tassi di crescita demografica bassi, se non addirittura negativi. Al contrario, il Sud deve lottare con i problemi legati a una rapida crescita della popolazione. Oltre ai conflitti e alle catastrofi naturali, questi esseri umani devono spesso far fronte a un aumento della povertà praticamente insolubile a livello individuale. Di conseguenza, i fattori che riguardano la povertà sono oggi determinanti in materia di migrazione.

Mancanza di redditi, scarsità di acqua e cibo, cure mediche carenti e limitate possibilità di formazione svolgono un ruolo determinante nella decisione individuale di emigrare. A questi diversi fattori si aggiungono il degrado ambientale, il carattere limitato delle risorse, la cattiva gestione degli affari pubblici, la violazione dei diritti dell'uomo, nonché tensioni politiche, religiose ed etniche.

Dal punto di vista dell'Europa occidentale, l'Est europeo e il Sud del bacino mediterraneo costituiscono al momento le regioni a più forte potenziale migratorio. Alla ricerca di condizioni di vita migliori, i migranti si dirigono per lo più verso uno Stato in cui già si trovano grandi comunità di persone della stessa origine, sia perché lo Stato in questione ha avuto un passato coloniale o perché esercita una determinata politica del mercato del lavoro. È quanto avviene per esempio con i Marocchini in Spagna, gli Algerini in Francia, i Tunisini e gli Albanesi in Italia, i cittadini dell'ex Jugoslavia e della Turchia in Germania o in Svizzera. Eventuali crisi e conflitti che 220

sopraggiungono in altre regioni del mondo potrebbero tuttavia rapidamente modificare questo quadro.

In considerazione dell'aumento dei movimenti migratori, praticamente tutti gli Stati dell'Europa occidentale hanno inasprito la loro legislazione in materia d'asilo nel corso degli ultimi anni. L'UE è in procinto di istituire in Europa uno spazio d'asilo e di migrazione unico. Durante i prossimi anni, svolgerà un ruolo determinante nell'armonizzazione di questi settori.

La problematica della migrazione non può essere risolta né mediante un inasprimento della legislazione in materia d'asilo, né mediante agevolazioni per quanto riguarda l'accesso al mercato del lavoro. Soltanto la riduzione delle cause della migrazione potrà diminuire a lungo termine la pressione migratoria sugli Stati industrializzati. È peraltro riconosciuto che un'immigrazione illimitata o incontrollata può provocare forti tensioni interne.

Oltre ai problemi che si pongono in relazione all'integrazione di persone provenienti da altre civiltà, non va dimenticato che la maggior parte degli Stati europei sarà confrontata, dato l'invecchiamento della popolazione, anche con crescenti difficoltà in materia di rendite di vecchiaia. Secondo gli esperti, nel corso dei prossimi vent'anni, al fine di assicurare il finanziamento delle rendite delle persone che lasceranno il mondo del lavoro nel corso di questo periodo, dovrebbero stabilirsi in Europa occidentale oltre 20 milioni di persone desiderose di lavorare. Lo sviluppo economico e scientifico3 dipende anche da una certa immigrazione. Taluni settori economici, quali l'agricoltura, l'edilizia o il turismo, dipendono in gran parte dal lavoro fornito dagli immigrati. Le somme di denaro che spesso questi ultimi trasferiscono nel loro Paese d'origine, come pure le conoscenze che vi apportano al loro rientro, contribuiscono positivamente al suo sviluppo.

2.1.3

Attori della politica internazionale

2.1.3.1

Cambiamenti nella ripartizione delle competenze fra Stati e regioni

Dieci anni fa, si è concluso un ordine mondiale fortemente caratterizzato dall'«equilibrio del terrore» basato sull'arma atomica. Fino a quel momento, l'appartenenza a uno dei due blocchi ideologici determinava la posizione di numerosi Stati nel mondo. Oggi esiste ormai una sola superpotenza, gli Stati Uniti d'America, che occupa una posizione predominante dal punto di vista economico, politico, tecnologico e militare. Gli Stati Uniti sono attualmente l'unica potenza militare che dispone di mezzi in grado di essere impiegati nel mondo intero. Inoltre, la politica interna americana influenza come nessun'altra l'agenda globale.

Accanto agli Stati Uniti, una serie di Stati o di gruppi di Stati esercitano un'influenza crescente in qualità di grandi potenze regionali. Sulla scorta di questa constatazione, si può affermare che l'ordine mondiale bipolare dominato da Stati Uniti e Unione Sovietica ha ceduto il posto a un ordine mondiale multipolare. Tale ordine è contrassegnato da poli regionali che si sono formati attorno a diversi temi.

3

In Svizzera, in particolare, la percentuale tradizionalmente elevata di stranieri con un titolo accademico contribuisce in notevole misura all'eccellente reputazione della piazza della ricerca elvetica e a rafforzarne le capacità innovative.

221

­

Occorre citare in primo luogo l'Unione europea, che è diventata il principale partner degli Stati Uniti non soltanto sul piano delle relazioni economiche mondiali, e talvolta si pone pure come suo concorrente. A livello di politica estera e di politica della sicurezza, l'UE è oggi più profilata.

­

Il crollo dell'Unione Sovietica ha accentuato le crisi interne di natura economica, sociale e politica preesistenti. Malgrado la sua debolezza economica e la necessità di un riorientamento sociale, la Russia rimane una grande potenza, specie in materia di politica di sicurezza.

­

Agli inizi degli anni Novanta, l'Asia si apprestava a seguire le orme del successo economico europeo; molti osservatori parlavano già di un imminente «secolo del Pacifico». Tuttavia, la crisi asiatica degli ultimi anni Novanta ha fatto regredire di diversi anni molti Stati della regione. Anche il Giappone, nel corso di questi ultimi anni, è stato confrontato con problemi strutturali.

L'influenza della Cina nel mondo è aumentata, in particolare grazie ai suoi sforzi di liberalizzazione economica che hanno innescato una dinamica economica e un'attrattiva considerevoli. Nel corso dell'ultimo decennio, inoltre, la Cina ha potenziato il suo arsenale bellico. In ragione della sua estensione, delle sue possibilità tecniche, del numero dei suoi abitanti e di una crescente competitività, l'India sembra essere in grado di diventare in un futuro prossimo una potenza influente sul piano regionale.

­

Il Brasile, il Sudafrica e l'Egitto presentano un potenziale analogo. Numerosi Stati asiatici e africani, tuttavia, dovranno continuare a lottare contro problemi interni anche nel corso del prossimo decennio. Nonostante determinate differenze regionali, si può osservare che il sottosviluppo, la lentezza della crescita economica e la debolezza delle strutture statali caratterizzano la maggior parte degli Stati del mondo. Questo vale anche per taluni Stati dell'America latina. All'inizio degli anni Novanta, questo continente ha dimostrato sforzi promettenti adoperandosi per più democrazia e maggiore economia di mercato. Da qualche anno, però, gli Stati dell'America latina ­ in particolare quelli situati a ridosso dell'Arco andino ­ sono confrontati con gravi problemi, in particolare di ordine sociale.

Al momento attuale, è impossibile prevedere in dettaglio come evolveranno nel prossimo decennio le strutture di una comunità internazionale multipolare. Si può tuttavia affermare con certezza che le sfide internazionali e globali superano la capacità dei singoli Stati di trovare soluzioni. Si impongono dunque disciplinamenti sovranazionali. Nel corso degli anni Novanta, la tendenza a spostare i processi decisionali sempre più dal livello nazionale a quello internazionale si è accentuata e si prevede che perdurerà, anche quale reazione al processo di globalizzazione.

Gli Stati, e in particolare le grandi potenze, continueranno a determinare le scelte di politica internazionale. Queste ultime, all'occorrenza, resteranno pronte a far valere i propri interessi mediante azioni unilaterali.

Da qualche tempo, tuttavia, gli Stati non sono più gli unici a decidere in materia di politica internazionale. Il mondo moderno è caratterizzato da una pluralità di entità decisionali: gli Stati, le organizzazioni internazionali e i gruppi informali di Stati, gli attori non governativi, le forze attive della s ocietà.

222

2.1.3.2

Organizzazioni internazionali e cooperazione internazionale informale

La dinamica e il riorientamento delle organizzazioni internazionali come pure la crescente importanza delle forme regionali di cooperazione hanno notevoli ripercussioni sulla cooperazione internazionale tra gli Stati.

Dei 190 Stati della comunità internazionale, 189 sono membri delle Nazioni Unite.

Soltanto la Svizzera non vi partecipa (eccetto i casi particolari della Santa Sede e di Taiwan). L'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) conta già 137 membri e sta conducendo negoziati di adesione con ulteriori 30 Paesi, tra cui Stati di un certo peso quali la Cina, la Russia o l'Arabia Saudita. Le istituzioni di Bretton Woods riuniscono oltre 180 Stati membri del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale.

Parallelamente, le forme regionali di cooperazione sono state rafforzate. Gli esempi che seguono illustrano tale evoluzione: ­

I negoziati di adesione che l'UE sta conducendo attualmente con 12 Stati candidati4.

­

Il «Partenariato per la pace» della NATO di cui fanno parte 27 Stati, tra cui tutti gli Stati membri dell'ex Patto di Varsavia.

­

Le attività dell'OSCE, che ha notevolmente esteso le proprie capacità operative e aumentato il numero dei propri membri.

­

I lavori del Consiglio d'Europa, che attualmente sorveglia l'osservanza dei suoi principi (buona gestione degli affari pubblici, rispetto dei diritti umani) praticamente in tutti gli Stati europei.

­

L'importanza crescente dell'Organizzazione della francofonia.

­

La negoziazione e la conclusione di accordi di libero scambio degli Stati dell'AELS con Stati partner europei ed extra-europei.

­

L'importanza crescente di organizzazioni quali NAFTA e Mercosur nel continente nordamericano, come pure lo sviluppo di iniziative analoghe in Asia (ASEAN, APEC, ASEM) e in Africa (OUA e SADC).

Durante gli anni Novanta, si è inoltre assistito a una maggior tendenza alla formazione di gruppi informali di Stati. Il gruppo dei sette Stati più industrializzati (Canada, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Italia, USA) è stato esteso alla Russia formando il Gruppo degli 8 (G 8). Al fine di conservare la stabilità del sistema finanziario internazionale, si è costituito un nuovo gruppo di Stati e d'istituzioni, il cosiddetto Gruppo dei 20 (G 20). Tale gruppo comprende gli Stati del G 8, alcuni altri Stati industrializzati, Paesi emergenti importanti, nonché rappresentanze dell'UE e degli istituti di Bretton Woods. Nel 1999, è stato istituito un ulteriore gruppo informale chiamato «Financial Stability Forum» che riunisce gli stessi Stati e cui partecipano organi finanziari multilaterali. Sempre più spesso, Stati che condividono gli stessi principi collaborano in seno a strutture informali, per esempio in materia di sicurezza umana o nel settore dell'ambiente.

4

La Turchia costituisce il tredicesimo Stato candidato. Tuttavia, con tale Paese potranno essere avviati negoziati di adesione formali soltanto a condizione che determinati requisiti politici siano adempiuti.

223

Le attività del Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR) assumono un'importanza particolare. Questa organizzazione non solo difende il diritto internazionale umanitario, ma svolge anche un ruolo determinante in numerose azioni umanitarie.

2.1.3.3

Attori non statali

Tra gli attori non statali determinanti occorre includere le imprese commerciali, in particolare quelle che esercitano un'attività a livello internazionale. La loro importanza in qualità di datori di lavoro, investitori, partner sociali e promotori di sviluppi tecnici e sociali non può essere sopravvalutata. Contrariamente a molti altri attori non statali, la loro attività transfrontaliera è sempre più sottoposta a regole di comportamento imposte dalla comunità internazionale, ad esempio dai «Principi direttori all'attenzione delle imprese multinazionali» dell'OCSE o dalla «Dichiarazione relativa ai principi e diritti fondamentali sul lavoro» dell'OIL.

In numerosi settori, le organizzazioni non governative sono diventate attori di portata globale. A fianco del loro impegno a livello locale, le organizzazioni non governative tentano in particolare di istituire condizioni quadro internazionali nei settori dell'ambiente, delle relazioni Nord-Sud, del diritto sociale, della sicurezza umana e dei diritti dell'uomo. Si osserva da qualche tempo che questi attori hanno portato allo sviluppo di una vera «società civile globale», grazie in particolare all'impiego delle nuove tecnologie dell'informazione. Questa società civile comprende numerose associazioni, iniziative di cittadini e altre forme di organizzazioni che perseguono solo raramente lo stesso obiettivo. Amnesty International, il World Wide Fund for Nature, Greenpeace e altre associazioni hanno assunto l'ampiezza di vere imprese multinazionali, dotate di migliaia di posti di lavoro e con un'influenza mondiale.

Altre organizzazioni non governative sono attive a livello locale e si occupano di problemi concernenti un ambito geografico limitato.

L'influenza dei media sulla formazione dell'opinione a livello nazionale e internazionale è in continua crescita. Nell'era dell'informazione, i media hanno un peso che non bisogna sottovalutare e che determina sovente l'agenda delle attività politiche.

L'importanza della criminalità organizzata internazionale è aumentata in modo massiccio. I gruppi criminali dispongono spesso di mezzi finanziari considerevoli, che provengono in particolare dai ricavi del traffico di stupefacenti, di armi e di esseri umani, dal racket o dallo sfruttamento illecito delle ricchezze naturali. I flussi di capitali di dubbia
origine sono fortemente aumentati in tutto il mondo.

Anche le attività di movimenti ribelli e di liberazione hanno una notevole importanza a livello della politica mondiale. Allo stesso modo, e non soltanto nell'era della globalizzazione, le comunità religiose assumono spesso la dimensione di importanti attori internazionali.

2.2

Il contesto europeo

2.2.1

L'Unione europea

Lo sviluppo dell'UE nel corso del decennio appena trascorso è descritto nel nostro Rapporto sull'integrazione 1999. Le seguenti considerazioni si limitano di conseguenza alle linee principali di questo sviluppo.

224

L'UE ha utilizzato il margine d'azione sorto alla fine della Guerra fredda. Nel corso dei dieci ultimi anni ha completato il suo mercato interno, introdotto una nuova moneta, rafforzato la sua politica estera e di sicurezza e sta definendo il quadro della sua politica di difesa. Con l'introduzione dell'euro, l'UE ha dimostrato la sua volontà di dotarsi di una capacità d'azione e di una responsabilità globali in un settore economico importante. In quanto comunità di interessi e di valori, è diventata la principale forza politica in Europa, che esercita una forte attrattiva sugli Stati dell'Europa centrale, orientale e meridionale. Nel corso degli ultimi anni, l'UE è diventata un attore globale e ha dimostrato la sua volontà di proseguire anche in futuro su questa via.

L'Austria, la Finlandia e la Svezia, tre partner di lunga data della Svizzera in materia di politica europea, hanno aderito all'UE nel 1995. Attualmente quest'ultima sta conducendo negoziati di adesione con 12 Stati dell'Europa centrale, orientale e meridionale. Nel corso del decennio passato, l'Unione ha sostenuto massicciamente le riforme politiche ed economiche che devono essere realizzate da questi Stati, contribuendo in misura determinante alla sicurezza e alla stabilità dell'Europa.

L'ampliamento previsto pone l'Unione europea di fronte a grandi sfide. L'adesione di nuovi Stati le darà un nuovo volto e trasformerà contemporaneamente l'Europa.

Per l'UE l'ampliamento comporta il rischio di diminuire il suo impatto politico ed economico. Per tale motivo, l'UE sta riformando le sue strutture istituzionali. La Conferenza intergovernativa attualmente in corso deve decidere su alcune questioni fondamentali come: ­

il numero di membri della Commissione europea;

­

la definizione dei settori nei quali le decisioni possono essere prese a maggioranza (abbandono del principio dell'unanimità);

­

la ponderazione dei voti degli Stati membri in vista di decisioni prese a maggioranza;

­

una maggiore flessibilità nelle politiche future.

La soluzione di questi problemi sarà determinante per sapere in che modo in futuro sarà organizzato l'equilibrio tra i piccoli, i medi e i grandi Stati membri, quale sarà il ruolo dei diversi organi dell'UE e in quale quadro istituzionale si svilupperanno le relazioni globali tra l'UE e le altre grandi potenze come Stati Uniti, Russia, Giappone o Cina e con regioni importanti come il Mediterraneo, il Sud dell'America latina, l'Asia o l'Africa.

Non si sa ancora se queste riforme basteranno per consentire a un'Unione fortemente allargata di condurre una politica interna europea e una politica estera, di sicurezza e di difesa. Questa domanda è alla base delle discussioni attualmente in corso sull'istituzione di uno «Stato federale europeo», su una «Europa a geometria variabile», come pure su un maggiore sostegno democratico delle istituzioni dell'UE. Questa discussione è diventata ancora più importante dopo il recente rifiuto del popolo danese di introdurre la moneta unica. La decisione danese ha dimostrato che le nuove tappe d'integrazione non sono sempre capite dal popolo e che vi è ancora, perlomeno in alcuni Stati membri, una profonda resistenza nei confronti di una maggiore delega di competenze a organi sovranazionali.

225

2.2.2

Architettura europea di sicurezza

Sviluppi nel settore della sicurezza Le minacce politiche tradizionali sono fortemente diminuite con la fine della Guerra fredda. La corsa agli armamenti è stata limitata grazie a diversi accordi e ad azioni unilaterali intraprese da alcune potenze nucleari. Altri pericoli e rischi assumono maggiore importanza. Gli sforzi delle moderne società europee in materia di politica di sicurezza si concentrano sempre più sul controllo delle tensioni e dei conflitti interni agli Stati, i cui effetti non implicano solo una destabilizzazione su scala regionale ma rischiano anche di minacciare la pace in Europa, e sulla lotta contro il crimine organizzato e il terrorismo o sulla riduzione della vulnerabilità dei sistemi tecnologici.

In questo contesto, l'architettura di sicurezza europea sta subendo un profondo mutamento, che abbiamo descritto nel nostro Rapporto sulla politica di sicurezza 2000.

Eccone alcuni elementi chiave: ­

ampliamento della NATO;

­

istituzione del Partenariato per la pace;

­

disponibilità dell'UE ad assumere compiti di mantenimento della pace;

­

sviluppo e rivalorizzazione dell'OSCE;

­

impegno del Consiglio d'Europa («la sicurezza mediante la democrazia»).

La NATO è intervenuta ripetutamente e in misura determinante nei conflitti balcanici. Senza il suo impegno e senza lo stazionamento di truppe, la pacificazione della Bosnia-Erzegovina sarebbe stata difficilmente immaginabile. Con la sua operazione armata contro la Repubblica di Jugoslavia, ha creato le condizioni necessarie per una forte presenza internazionale nel Kosovo.

Minacce per la sicurezza interna dovute alla criminalità organizzata La criminalità organizzata transfrontaliera, che si è sviluppata a seguito della globalizzazione, delle nuove possibilità in materia di informatica e di telecomunicazioni, così come dell'apertura dell'Est e della crisi dei Balcani, è diventata sempre più importante. Il fatto che si constatino un aumento della professionalità e del grado di organizzazione, così come un'assoluta mancanza di scrupoli da parte dei delinquenti, suscita preoccupazione. L'inserimento della criminalità internazionale nella vita economica normale a causa del riciclaggio di denaro, della corruzione e di altre prassi della criminalità economica non minacciano solo la stabilità dell'Europa orientale e di altri Paesi in transizione, ma anche quella di economie altamente sviluppate e fortemente interdipendenti e costituisce uno dei maggiori pericoli del mondo moderno.

Con il trattato di Amsterdam, entrato in vigore il 1° maggio 1999, l'Unione europea intende edificare uno spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia. In questo spazio, settori importanti come l'immigrazione, l'asilo e la politica dei visti sono diventati di competenza dell'UE. Nel frattempo, la cooperazione in materia di polizia e l'assistenza amministrativa e giudiziaria in materia penale ­ vale a dire gli strumenti destinati a combattere la criminalità organizzata ­ sono state migliorate. Nuove strutture si sovrappongono in parte alle forme esistenti di cooperazione europea e mondiale, e questo riduce le possibilità di partecipazione degli Stati non membri dell'UE, in particolare della Svizzera.

226

2.2.3

Zone sensibili in Europa e nelle sue vicinanze

L'Europa sudorientale Nessun'altra regione europea ha dominato l'agenda di politica estera del continente né posto altrettante sfide alla sicurezza europea quanto i Balcani. Dal 1995 in Bosnia-Erzegovina e dal 1999 nel Kosovo, la comunità internazionale assume il ruolo di forza dell'ordine. Essa unisce una presenza militare con la ricostruzione delle strutture politiche, giudiziarie e amministrative.

L'obiettivo perseguito dall'UE e dalla NATO consiste nel riavvicinare progressivamente gli Stati dell'Europa sudorientale alle strutture euroatlantiche. Questo obiettivo costituisce un progetto a lungo termine, che richiederà per anni l'investimento di mezzi e sforzi considerevoli e avrà possibilità di successo solo se tutti i provvedimenti presi sono riuniti in un quadro regionale globale. Il Patto di stabilità per l'Europa sudorientale cerca di avvicinarsi a questo scopo mediante un approccio multidimensionale.

Nessuno si fa illusioni sulle difficoltà da superare. La pace nei Balcani può essere realizzata solo alle seguenti condizioni: ­

in seguito al cambiamento di potere dell'ottobre 2000, la Serbia deve giungere alla democrazia e alla stabilità politica;

­

la questione dello statuto del Kosovo e del Montenegro deve essere chiarita;

­

gli Stati dell'ex Jugoslavia devono intraprendere le riforme economiche e politiche necessarie;

­

il diritto al ritorno in patria dei profughi e degli sfollati deve essere garantito;

­

la criminalità organizzata deve essere combattuta efficacemente.

La stabilizzazione dell'Europa sudorientale rimarrà, nel corso del prossimo decennio, una delle grandi sfide che l'Europa dovrà affrontare e che la metteranno alla prova.

Gli Stati successori dell'Unione Sovietica Lo sfaldamento dell'Unione Sovietica rappresenta l'evento più importante del decennio scorso. Contrariamente a quanto è avvenuto nell'Europa sudorientale, gli Stati successori dell'Unione Sovietica sono riusciti a separarsi in modo pacifico.

Tutti sono diventati membri dell'OSCE e numerosi di essi intendono aderire al Consiglio d'Europa. Oltre agli Stati baltici, vi hanno già aderito la Russia, l'Ucraina e la Georgia; l'Armenia e l'Azerbaigian sono in via di adesione.

All'interno di taluni Stati sono tuttavia sorti conflitti e alcuni sono tuttora in corso, ad esempio nel Caucaso. La sfida maggiore posta agli Stati dell'ex Unione Sovietica è quella che consiste nel superare la loro grave crisi economica. Soprattutto la privatizzazione delle imprese statali, la riforma del sistema sociale e problemi in materia di ambiente e di energia richiedono grandi sforzi da parte di tutti gli Stati successori dell'Unione Sovietica, soprattutto Russia e Ucraina. Occorre inoltre menzionare l'influenza della criminalità organizzata, che minaccia la stabilità e le riforme di alcuni di questi Stati.

All'epoca dell'Unione Sovietica, gli Stati dell'Asia centrale assumevano il ruolo di produttori di determinate materie prime. Essi sono svantaggiati da un tracciato arbi227

trario delle frontiere, che non tiene conto delle strutture economiche esistenti né delle questioni etniche e comporta una ripartizione disuguale del potenziale economico e delle risorse naturali. A ciò si aggiungono problemi in relazione alla costituzione di Stati indipendenti, in particolare la debolezza delle strutture democratiche.

Il bacino mediterraneo Le condizioni quadro economiche e sociali di questa regione (Vicino Oriente, Maghreb e Turchia) sono caratterizzate da grandi differenze nel grado di sviluppo e nella capacità economica, da una forte crescita demografica e da tensioni tra le esigenze di una conduzione moderna dello Stato, da un lato, e la trasformazione sociale, dall'altro. A questo si aggiungono, in alcuni Stati, seri problemi di inosservanza dei diritti dell'uomo. Nel Vicino Oriente, numerosi Stati si trovano in uno stato di guerra latente, e questo provoca di tanto in tanto grandi tensioni o addirittura scontri violenti.

L'Islam, e in particolare la sua relazione con lo Stato e con la società, è un tema di discussione in numerosi Paesi. Le cause del fondamentalismo religioso non si riscontrano solo nelle condizioni quadro insufficienti di alcuni Stati della regione; questo fondamentalismo riflette anche l'abbandono progressivo di modelli classici di società e di governo d'ispirazione occidentale a favore di un ritorno a «valori tradizionali». I movimenti fondamentalisti che si servono di mezzi terroristici per arrivare ai loro fini diventano una seria minaccia per le società liberali.

Un divario immenso separa il Nord e il Sud del bacino mediterraneo e le relazioni tra il Nord e il Sud sono dominate da interessi divergenti. Il Sud cerca l'accesso alla prosperità del Nord, mercati per smerciare i suoi prodotti agricoli e un'apertura dei mercati del lavoro del Nord per la sua popolazione in rapida crescita. Da parte sua, il Nord si interessa soprattutto alla pace nel Vicino Oriente, a una stabilizzazione della situazione strategica della Turchia, alla stabilità politica e alla crescita economica a Sud del bacino mediterraneo come pure alla riduzione della pressione migratoria.

Nell'ottica del Nord, il promovimento di sviluppi politici, economici e sociali, capaci di rafforzare la «buona gestione degli affari pubblici» e di diminuire il potenziale di conflitto e le cause
di migrazione, è quindi primordiale. L'Unione europea ha intrapreso un importante passo in questa direzione accordando alla Turchia, nel 1999, lo statuto di candidato ufficiale all'adesione.

2.3

Sfide internazionali del futuro

Nessun Paese definisce da solo la propria agenda in materia di politica estera, che consiste essenzialmente ­ anche se non esclusivamente ­ nel reagire agli sviluppi internazionali o nel partecipare alla loro pianificazione. Non di rado gli sviluppi sono imprevedibili e l'arte della politica estera è quella di agire con prontezza, pertinenza e nell'interesse del Paese.

Le questioni e i problemi essenziali con cui la Svizzera dovrà confrontarsi nel prossimo decennio rientrano in parte già da anni nei campi d'attività della nostra politica estera. Gli sviluppi a livello globale e europeo esaminati in precedenza saranno determinanti anche in avvenire, cosicché gran parte delle priorità definite in passato saranno applicate alla conduzione futura. La politica estera svizzera è di fatto caratterizzata da continuità e prevedibilità.

228

Si può tuttavia prevedere che nel XXI secolo gli Stati e i popoli saranno viepiù sollecitati dalle crescenti sfide che si presenteranno ­ in alcuni casi per la prima volta ­ a livello globale. Già sin d'ora si delineano cambiamenti e sviluppi che avranno ripercussioni importanti, durevoli e in parte rivoluzionarie per le forme di vita delle persone e per la convivenza degli Stati5. Sarebbe tuttavia sbagliato considerare tali questioni di dominio esclusivo della politica estera.

2.3.1

Pace

Istituire una comunità mondiale in pace ­

Tutte le persone devono poter vivere senza paura. La prevenzione di conflitti violenti fra gli Stati e soprattutto all'interno dei singoli Stati è d'importanza capitale. Occorre sia istituire condizioni sociali ed economiche tali da prevenire la violenza, sia rendere più efficaci le azioni di promovimento della pace e differenziare la politica delle sanzioni. In questo ambito, il diritto internazionale svolge un ruolo determinante. È pertanto necessario rafforzare il contesto normativo internazionale.

­

Le moderne forme di minacce devono essere affrontate con maggiore efficacia, in particolare per quanto concerne i provvedimenti contro la criminalità organizzata, contro la produzione e il traffico di stupefacenti, contro il riciclaggio di denaro, ma anche contro il terrorismo.

­

La diffusione di mezzi di distruzione di massa deve essere arginata.

Garantire le risorse vitali naturali per tutta l'umanità Le sfide da affrontare possono essere riassunte nel modo seguente: ­

Evoluzione demografica: alimentazione sufficiente per una popolazione in rapida crescita; approvvigionamento idrico; lotta alle epidemie.

­

Gestione sostenibile dell'ambiente.

Il dibattito sull'applicazione della biotecnologia e della tecnologia genetica nella gestione di queste sfide non mancherà di dare adito a controversie. Di fatto, la tecnologia genetica consentirà probabilmente di risolvere il problema della fame per milioni di persone, ma aprirà anche nuove possibilità ­ attualmente inimmaginabili e al tempo stesso inquietanti ­ di intervenire su qualsiasi forma di vita, anche umana.

Più di qualsiasi altra scienza, la biotecnologia deve pertanto interrogarsi, per ogni progresso compiuto, sulle relative ripercussioni politiche e sociali e, se del caso, elaborare delle soluzioni. A tal fine occorre tuttavia che tutti gli Stati siano disposti a cooperare e ad assumere le proprie responsabilità.

5

Cfr. anche il «Millenium Report» del Segretario generale dell'ONU, K. Annan, del 3 aprile 2000.

229

2.3.2

Benessere e povertà

Gli obiettivi in questo ambito comprendono: ­

istituire le condizioni per l'occupazione e per una crescita economica sostenibile sia socialmente che ecologicamente: ­ liberalizzare il commercio estero di beni e servizi, ­ promuovere gli investimenti, ­ liberalizzare i flussi di capitali,

­

stabilizzare il sistema finanziario internazionale,

­

lottare contro la povertà e le ingiustizie,

­

promuovere l'integrazione dei Paesi emergenti e dei Paesi in sviluppo nell'economia mondiale.

Sviluppo sostenibile, lotta alla povertà e promovimento della prosperità economica presuppongono, nei Paesi in sviluppo, una «buona gestione degli affari pubblici» e la responsabilizzazione delle persone direttamente interessate; occorre che queste persone possono partecipare alle decisioni determinanti per il loro ambiente («empowering people»).

Affinché lo sviluppo avvenga in modo armonioso, occorre migliorare le condizioni quadro internazionali che disciplinano le azioni globali a livello economico, finanziario e sociale. Per promuovere il benessere in modo sostenibile sono tuttavia necessarie anche condizioni quadro favorevoli per le industrie del futuro. Questa esigenza non concerne soltanto le industrie «nuove», bensì anche le trasformazioni radicali all'interno dei rami industriali tradizionali.

Inevitabilmente, la ricerca di soluzioni globali farà emergere anche le diversità culturali, rilanciando la questione della validità universale di taluni valori fondamentali, in particolare dei diritti dell'uomo. Per questo motivo, ai fini della globalizzazione è indispensabile che le diverse civiltà intensifichino il dialogo.

2.3.3

Vivere nell'era digitale

La rapida evoluzione dell'era digitale e la penetrazione della tecnologia digitale nella vita di tutti i giorni e nelle diverse fasce sociali rendono necessarie normative speciali, ad esempio nell'ambito della protezione dei dati, della sfera privata o della proprietà intellettuale. Le conseguenze di questa tecnologia sulla scuola, sull'economia e sulla società saranno anch'esse imponderabili.

Un'altra questione importante è quella di evitare la formazione di una «società digitale a due velocità» che contrappone chi è «in rete» agli «altri». I Paesi e le popolazioni che non possono contare sulle necessarie condizioni politiche, sociali ed economiche corrono il rischio di essere i nuovi perdenti della trasformazione strutturale in corso a livello mondiale. Per questo motivo occorrerà elaborare strategie globali atte a prevenire nuove disparità.

230

2.3.4

Conclusioni

Questi temi occuperanno anche la Svizzera, che sarà chiamata ad adottare le decisioni politiche e gli adeguamenti sociali necessari. Per quante le sfide sovraesposte siano importanti per la politica estera, non si può pretendere che quest'ultima abbia una risposta per ogni domanda. Una cosa è comunque certa: queste problematiche globali superano di gran lunga la capacità del singolo Stato di trovare risposte e soluzioni. Se la Svizzera intende contribuire ad adottare soluzioni globali, sarà necessaria una stretta collaborazione con altri Stati. Data la comunanza di valori, tradizioni, convinzioni e interessi è evidente che, nel caso della Svizzera, gli «altri Stati» sono anzitutto i Paesi europei.

3

Linee direttrici, obiettivi e priorità della politica estera svizzera nel prossimo decennio

Qui di seguito, esporremo le linee direttrici, gli obiettivi e le priorità della nostra politica estera: ­

Le linee direttrici costituiscono il quadro giuridico che scaturisce dalla nuova Costituzione federale approvata il 18 aprile 1999 dal popolo e dai Cantoni. Esse approfondiscono gli aspetti relativi al sostegno dato dalla politica interna alla politica estera, esaminano nel dettaglio i conflitti fra tutela degli interessi, neutralità e responsabilità internazionale della Svizzera e descrivono le modalità di lavoro della politica estera.

­

Gli obiettivi in materia di politica estera sanciti dalla Costituzione federale costituiscono il filo conduttore al momento di definire le nostre priorità. Le priorità tematiche concretizzano il contenuto di tali obiettivi, i mezzi istituzionali servono alla loro trasposizione e, da ultimo, una maggiore concentrazione geografica della politica bilaterale conduce a un impiego più efficiente dei mezzi.

3.1

Linee direttrici

3.1.1

Visioni ideali e realtà

Il Paese che premette alla propria politica estera visioni ideali deve poter contare sull'influenza, sulla forza e sui mezzi necessari per trasporle nella realtà. Gli obiettivi in materia di politica estera definiti dalla nuova Costituzione federale hanno un carattere di visioni ideali: la Confederazione riceve l'incarico di adoperarsi per un mondo di pace, libertà e giustizia. Al fine di conseguire un maggior benessere per tutti i popoli, aiutare chi vive nel bisogno e nella povertà e preservare le basi naturali della vita, occorre essere spinti da una forza idealistica. D'altro canto, l'immagine di una Svizzera libera, democratica, indipendente e pacifica, aperta e solidale verso il resto del mondo non rappresenta forse anch'essa una visione ideale?

231

Tuttavia, chi ha visioni ideali deve anche essere disposto a concretizzarle con perseveranza. Se la Svizzera aspira a una comunità mondiale in cui gli Stati e le società convivono nel benessere, nella sicurezza, nella pace e nella giustizia, deve avere la volontà di aderire alle Nazioni Uniti, che si prefiggono proprio questi obiettivi.

Analogamente, se il nostro Paese aspira a un'Europa unita, nella quale gli Stati operano per la pace e il benessere, dobbiamo affrontare con fermezza la questione dell'adesione all'UE.

Non è sempre facile distinguere nettamente fra visioni ideali e obiettivi. Più gli obiettivi sono astratti e più assumono la connotazione di visioni ideali. I cinque obiettivi di politica estera definiti nel Rapporto sulla politica estera del 1993 sono talmente vasti e ambiziosi da raggiungere una dimensione visionaria. È peraltro significativo che coincidano con gli obiettivi di politica estera dei nostri partner europei e addirittura con i principi della Nazioni Unite.

Sulla scorta degli sviluppi internazionali degli anni Novanta e delle sfide future, intendiamo: ­

riesaminare le condizioni quadro, i principi e i processi decisionali della politica estera svizzera;

­

definire le priorità della politica estera svizzera e gli strumenti per attuarla nel prossimo decennio.

3.1.2

Condizioni quadro, principi e processi decisionali

3.1.2.1

Quadro giuridico

Il 1° gennaio 2000 è entrata in vigore la nuova Costituzione federale svizzera, nella quale si riflettono i risultati di un intenso confronto di idee sugli obiettivi, i principi e i mezzi della politica estera svizzera. La precedente formula, ripresa dal Patto federale del 1815 («sostenere l'indipendenza della Patria contro lo straniero, ... , mantenere la tranquillità e l'ordine interno») è stata sostituita dal nuovo articolo così formulato: «La Confederazione Svizzera tutela la libertà e i diritti del popolo e salvaguardia l'indipendenza e la sicurezza del Paese» 6.

Riconoscendo che le interdipendenze e le sovrapposizioni fra gli sviluppi di politica estera e di politica interna influenzano tutte le decisioni di fondo dello Stato moderno, la Costituzione federale prevede i seguenti obiettivi in materia di politica estera: ­

rafforzare la libertà e la democrazia, l'indipendenza e la pace, in uno spirito di solidarietà e di apertura al mondo7, coscienti delle acquisizioni comuni nonché delle responsabilità verso le generazioni future 8;

­

tutelare la libertà e i diritti del popolo e salvaguardare l'indipendenza e la sicurezza del Paese9;

6 7 8 9

232

Art. 2 cpv. 1 Cost.

Cost., preambolo.

Cost., preambolo.

Art. 2 cpv. 1 Cost.

­

promuovere in modo sostenibile la comune prosperità, la coesione interna e la pluralità culturale del Paese10;

­

impegnarsi per la conservazione duratura delle basi naturali della vita e per un ordine internazionale giusto e pacifico11.

L'articolo 54 capoverso 2 della Costituzione federale definisce nel modo seguente gli obiettivi della politica estera: «La Confederazione si adopera per salvaguardare l'indipendenza e il benessere del Paese; contribuisce in particolare ad aiutare le popolazioni nel bisogno e a lottare contro la povertà nel mondo, contribuisce a far rispettare i diritti dell'uomo e a promuovere la democrazia, ad assicurare la convivenza pacifica dei popoli nonché a salvaguardare le basi naturali della vita.» Per quanto concerne la politica economica esterna, l'articolo 101 della Costituzione federale recita: «La Confederazione salvaguarda gli interessi dell'economia svizzera all'estero».

Da ultimo, la Costituzione federale prevede le seguenti norme relative alle competenze e all'organizzazione, molto importanti per la politica estera svizzera: ­

conformemente all'articolo 180 della Costituzione federale, il «Consiglio federale definisce i fini e i mezzi della propria politica di governo. Pianifica e coordina le attività dello Stato» ;

­

la nostra Costituzione federale conferisce all'Assemblea federale importanti possibilità di contribuire alla definizione della politica estera12. Già nello scorso decennio, la collaborazione con il Parlamento svizzero è stata sensibilmente ampliata. In particolare, la trattazione dei sette Accordi bilaterali con l'UE ha chiaramente contribuito a rafforzare l'influenza del Parlamento sulla politica estera;

­

anche i Cantoni partecipano in misura sempre maggiore ai processi decisionali in materia di politica estera, conformemente a quanto espresso nella Costituzione federale13. Le relative norme costituzionali sono attuate mediante la legge federale del 22 dicembre 1999 concernente la partecipazione dei Cantoni alla politica estera della Confederazione.

La nuova Costituzione federale ha riformulato i cinque obiettivi di politica estera della Svizzera, che possiamo rappresentare nel modo seguente:

10 11 12 13

Art. 2 cpv. 3 Cost.

Art. 2 cpv. 4 Cost.

Art. 166 e 173 lett. a Cost.

Art. 54-56 Cost.

233

Obiettivo supremo Tutela dell'indipendenza e del benessere della Svizzera Obiettivi di politica estera

Convivenza pacifica dei popoli Aiuto alle persone nel mondo che vivono nel bisogno e nella povertà Tutela degli interessi dell'economia svizzera all'estero

3.1.2.2

Rispetto dei diritti dell'uomo e promovimento della democrazia Conservazione delle basi naturali della vita

Sostegno della politica interna

Nel sistema politico svizzero ­ fondato su un'ampia partecipazione del popolo e dei Cantoni ­ anche la politica estera deve essere di dominio pubblico. Ogni cittadino ha il diritto di essere informato su tutti gli eventi importanti in materia. Per questo motivo è nostro compito mantenere il dialogo con i cittadini e i numerosi attori della politica interna.

La politica interna e quella estera sono unite da un legame indissolubile. Le decisioni di politica interna sono ampiamente influenzate dagli sviluppi internazionali. La crescente importanza degli sviluppi internazionali e ­ di conseguenza ­ della cooperazione e dei trattati internazionali riducono di fatto il margine di manovra a livello nazionale.

La politica estera è anche la continuazione verso l'esterno della politica interna.

Partecipando ad azioni per il promovimento della pace in Kosovo, la Svizzera cerca anche di contenere i flussi migratori verso il nostro Paese; con una cooperazione allo sviluppo attiva nell'Africa meridionale, si prefigge di istituire condizioni adeguate affinché le società locali possano diventare in modo durevole partner sul mercato mondiale e dunque rappresentare dei mercati interessanti anche per l'economia svizzera. L'elenco potrebbe essere inesauribile: le crisi e i problemi al di fuori dei nostri confini non possono essere tenuti a lungo lontani dal nostro Paese, ma hanno ripercussioni dirette sui nostri posti di lavoro, sui flussi migratori, in breve sulla sicurezza e sul benessere della Svizzera. Per questo motivo, la nostra politica estera si prefigge anche di influenzare le decisioni prese all'estero, affinché il margine di ma234

novra della politica interna non risulti eccessivamente limitato. La politica estera e quella interna sono inscindibili; spesso rappresentano addirittura le due facce della stessa medaglia.

Senza il costante sostegno della politica interna, la politica estera non potrebbe più contare sulla legittimazione e sul controllo democratico, né sul riscontro delle forze politiche, economiche e sociali del nostro Paese. Un ampio sostegno della politica interna è indispensabile affinché sia possibile attuare una politica estera fondata sulla progressiva apertura del nostro Paese e su un maggior coinvolgimento nell'assumere responsabilità a livello mondiale, conformemente a quanto auspicato dal nostro Collegio.

Grazie alle attività dell'ultimo decennio e ai dibattiti pubblici su singole questioni, la politica estera svizzera può contare sulla comprensione dei cittadini. In ultima istanza è il popolo a decidere, eventualmente con i Cantoni, su tutte le importanti questioni di politica estera.

Le decisioni materiali di politica estera presuppongono la conoscenza e la comprensione delle relazioni internazionali e delle relative ripercussioni sulle questioni interne. Con un lavoro mirato di informazione e formazione intendiamo promuovere la consapevolezza delle possibilità e dei vincoli che influenzano le azioni del nostro Paese. Le informazioni costituiscono un mercato nuovo che anche la nostra politica estera deve affrontare con nuove forme di comunicazione. Nel prossimo decennio intendiamo dunque perseguire una politica dell'informazione coerente e coordinata ­ sulla base di una concezione dell'informazione adeguata alla politica estera ­ atta a contestualizzare i singoli progetti e le singole misure di politica estera. Inoltre, intendiamo conferire particolare attenzione all'informazione dei giovani e prevediamo a tal fine sforzi comuni della Confederazione e dei Cantoni per intensificare la collaborazione con le scuole a tutti i livelli.

Particolare importanza sarà data anche all'intensificazione della già stretta collaborazione con il mondo scientifico. Nell'ambito del Programma nazionale di ricerca sui fondamenti e sulle possibilità della politica estera svizzera (PNR 42) ­ commissionato nel 1995 e composto di 58 progetti di ricerca14 ­ è stato sensibilmente potenziato lo scambio di idee con il mondo
accademico. Queste relazioni servono, fra l'altro, a sottoporre a un esame esterno i progetti del Consiglio federale, ad acquisire nuove conoscenze scientifiche e a migliorare il lavoro futuro sulla base di valutazioni esterne.

Ciononostante, il nostro Collegio non può provvedere da solo affinché i cittadini comprendano a fondo le questioni di politica estera. A tal fine, sono necessari anche gli sforzi del Parlamento, dei Cantoni, dei partiti politici e delle altre forze politiche e sociali del Paese.

3.1.2.3

Politica di interessi e neutralità

La politica estera svizzera si prefigge di tutelare gli interessi della Svizzera. Essa è inoltre l'espressione della responsabilità del nostro Paese in quanto membro della comunità internazionale. Da questo punto di vista, tutela degli interessi e responsa14

La pubblicazione di una sintesi scientifica esaustiva dei risultati è prevista per la seconda metà del 2001. I risultati del PNR 42 sono stati presentanti al pubblico nell'agosto 2000.

235

bilità costituiscono la base etica per una politica sostenibile e orientata al futuro.

Tale etica si fonda sull'equilibrio di diritti e doveri fra partner e Paesi posti sullo stesso piano e impone che i conflitti di interesse siano disciplinati tenendo conto della legittimità delle rivendicazioni e non della distribuzione dei poteri fra le parti in causa e gli autori delle rivendicazioni.

Affinché la politica estera svizzera vada oltre la semplice somma di relazioni bilaterali fra Stati sovrani, occorre che sia sorretta da una base programmatica. Anche da questo punto di vista i legami con numerosi settori della politica interna sono evidenti.

Le evoluzioni internazionali descritte sono talmente collegate fra di loro e valicano così rapidamente i confini nazionali assumendo dimensioni complesse al punto da poter essere affrontate soltanto nell'ambito di una cooperazione fra gli Stati, le organizzazioni internazionali, nonché gli attori privati e pubblici della politica estera.

Inoltre, il processo di globalizzazione richiede nuovi metodi di pensiero e di lavoro: in futuro dovremo affrontare le problematiche complesse tenendo maggiormente conto dei legami di interdipendenza. Le risposte dovranno altresì rispettare la diversità delle singole problematiche e degli attori coinvolti.

Nel contempo, l'inasprimento della concorrenza globale costringe ad aumentare costantemente l'attrattività della piazza economica e finanziaria Svizzera e la produttività delle nostre imprese. Da questo punto di vista, la liberalizzazione e la deregolamentazione dei mercati rappresentano una necessità economica impellente. Nel contempo, occorrerà integrare obiettivi ecologici e sociali, ad esempio mediante nuovi modelli che garantiscono l'approvvigionamento di base e la sicurezza sociale, nonché mediante incentivi di mercato per un'economia rispettosa delle risorse e dell'ambiente.

A tal fine, terremo conto del fatto che l'influenza del nostro Paese in materia di politica estera dipende in gran parte dalla sua importanza economica. La tutela degli interessi economici nei confronti dell'estero continua a costituire uno dei punti centrali della politica estera svizzera. Per un Paese che, per mancanza di risorse naturali, deve concentrarsi essenzialmente sulla produzione di prodotti e servizi con un elevato valore aggiunto,
il fatto di intrattenere buone relazioni politiche ed economiche con tutti gli Stati costituisce il presupposto per una tutela efficace degli interessi.

L'universalità della politica estera non esclude tuttavia che vengano definite delle priorità, soprattutto per quanto concerne il settore economico. Tale esigenza è dettata anche dal fatto che i mezzi finanziari e personali sono limitati.

Per il nostro Paese, l'isolazionismo politico fa aumentare il pericolo di essere esclusi dalle decisioni politiche ed economiche. Sempre più spesso, le questioni importanti possono essere risolte soltanto a livello internazionale o regionale; la politica multilaterale è diventata il livello d'azione principale in ambito politico ed economico.

Visti i rapidi mutamenti in corso nel mondo a livello tecnologico, economico e politico, siamo convinti che una politica estera attiva e creativa avrà ripercussioni positive sull'economia e sulla politica del nostro Paese. Questa politica orientata al futuro non si prefigge soltanto di reagire alle sfide internazionali, bensì anche di contribuire attivamente a definire le condizioni quadro mondiali.

Le nuove condizioni quadro internazionali si ripercuotono in misura particolare sulla politica di sicurezza della Svizzera e svolgono pertanto un ruolo determinante anche nell'ambito dell'elaborazione della politica svizzera di neutralità. Come 236

esposto nel nostro Rapporto sulla politica di sicurezza 2000, i tradizionali pilastri della nostra politica di sicurezza, ossia la difesa autonoma e la neutralità, hanno perso molto della loro importanza per la tutela della sicurezza in Europa nel corso dell'ultimo decennio. Al fine di garantire la sua sicurezza, la Svizzera non può agire da sola, ma dipende dalla cooperazione con altri Stati. Per questo motivo la nuova politica svizzera in materia di cooperazione si svolge all'insegna della «sicurezza attraverso la cooperazione». In tale ambito, perseguiremo le strategie già esposte nel Rapporto sulla neutralità 1993 e confermate nel Rapporto sulla politica di sicurezza 2000. Il mantenimento della neutralità associato a un'utilizzazione coerente del margine di manovra disponibile costituiscono uno strumento adeguato per contribuire in modo utile alla sicurezza e alla pace nel mondo.

Il nostro statuto di neutralità non ci impedisce di intensificare ulteriormente la cooperazione internazionale nel settore della politica di sicurezza né di appoggiare sanzioni non militari che l'ONU o altre comunità di Stati riconosciute, quali l'OSCE o l'UE, adottano nei confronti di uno Stato che ha violato il diritto. Anche in futuro, la partecipazione a provvedimenti militari e la tutela della neutralità potranno essere conciliate soltanto se saranno conformi al diritto internazionale in vigore generalmente riconosciuto.

3.1.2.4

Compiti di coordinamento

Una politica estera uniforme e coerente costituisce una condizione necessaria per la tutela ottimale degli interessi della Svizzera all'estero. Fatte salve le competenze dei Dipartimenti, il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) coordina le attività di politica estera. Il nostro Collegio ha attribuito al DFAE il seguente ruolo di coordinamento: ­

Il DFAE «assicura, in collaborazione con gli altri dipartimenti, la coerenza della politica estera della Svizzera» (ordinanza del 29 marzo 200015 sull'organizzazione del DFAE).

­

«Coordina l'attività di politica estera dei dipartimenti e degli uffici e collabora strettamente a tale scopo con tutti i servizi amministrativi interessati» (ordinanza del 29 marzo 2000 16 sull'organizzazione del DFAE).

L'attuazione di una politica estera coerente presuppone severe esigenze. Il nostro Collegio si impegna pertanto a migliorare le procedure al fine di ridurre per quanto possibile le contraddizioni fra i singoli settori, in modo da salvaguardare la credibilità della nostra politica sia in Svizzera che all'estero. I conflitti di obiettivi sono una manifestazione collaterale corrente delle decisioni politiche. Prevediamo pertanto di formulare obiettivi verificabili in materia di politica estera. Per risolvere questioni materiali di politica estera occorre garantire la conformità con le pertinenti norme costituzionali. La formulazione di strategie globali intersettoriali, che costituiscono l'ambito orientativo per i vari attori, nonché la trasparenza delle procedure decisionali rappresentano gli strumenti adeguati di una politica estera coerente.

Nell'ambito delle relazioni esterne, riveste particolare importanza il coordinamento dei diversi settori politici qualora siano commesse gravi violazioni della pace e della 15 16

RS 172.211.1 (art. 1 cpv. 2 lett. b).

RS 172.211.1 (art. 2 lett. a).

237

sicurezza o qualora i Paesi con i quali la Svizzera coopera infrangano principi fondamentali. In questi casi, esaminiamo le relazioni con il Paese in questione nel loro complesso e decidiamo se interromperle ­ in tutto o in parte ­ sulla base di chiari criteri (cosiddetta «condizionalità politica»).

I criteri considerati sono i seguenti: ­

gravi violazioni contro la pace e la sicurezza (guerra, istigazione alla guerra, terrorismo di Stato);

­

gravi violazioni dei diritti dell'uomo, in particolare gravi discriminazioni delle minoranze;

­

disimpegno nei confronti di una buona gestione degli affari pubblici, in particolare l'opposizione consapevole e sistematica a provvedimenti riformatori;

­

interruzione o annullamento dei processi di democratizzazione;

­

mancata disponibilità a riammettere i propri cittadini.

L'applicazione della condizionalità politica non è disciplinata da alcun automatismo. Si tratta piuttosto di tenere conto, in ogni situazione concreta, degli obiettivi di un determinato provvedimento, optando per la soluzione che, sulla base del principio di proporzionalità, consente di meglio salvaguardare gli interessi della Svizzera.

In caso di cooperazioni minacciate si porrà l'accento sull'adozione di provvedimenti positivi. A tale proposito, ci riferiamo a provvedimenti mirati nel Paese partner che contribuiscano a risolvere la situazione criticata dalla Svizzera in collaborazione con il Governo o con gruppi della società civile.

L'interruzione parziale o totale della cooperazione con un Paese può tuttavia rivelarsi indispensabile ­ quale misura estrema ­ per tutelare la credibilità dei nostri obiettivi di politica estera. I criteri sovraesposti si applicano parimenti qualora si preveda di intensificare le relazioni esistenti o di avviarne di nuove.

3.2

Obiettivi e priorità

Gli obiettivi di politica estera sono stati riformulati nella Costituzione federale del 18 aprile 1999 e inseriti negli articoli 54 capoverso 2 e 101. Si tratta dei cinque obiettivi seguenti: ­

convivenza pacifica dei popoli;

­

rispetto dei diritti dell'uomo e promovimento della democrazia;

­

salvaguardia degli interessi economici;

­

soccorrere le popolazioni nel bisogno e lottare contro la povertà del mondo;

­

salvaguardia delle risorse naturali.

Qui di seguito sono descritti questi cinque obiettivi e le relative priorità per il loro conseguimento.

238

3.2.1

Convivenza pacifica dei popoli

Priorità: Il Consiglio federale intende contribuire in modo essenziale e tangibile alla prevenzione di conflitti violenti. In particolare si concentrerà sull'Europa sudorientale e orientale, nonché sulla regione del Mediterraneo. Questo impegno non esclude tuttavia interventi puntuali in Stati nei quali la Svizzera dispone di vantaggi particolari. Le priorità tematiche comprendono l'istituzione della democrazia e dello Stato di diritto, il promovimento del dialogo in caso di conflitti, nonché sforzi per la ricostruzione. Gli strumenti di politica di migrazione ­ come l'aiuto al rimpatrio ­ si inseriscono anch'essi in questi orientamenti di politica estera.

Il Consiglio federale intende potenziare l'apertura svizzera al dialogo e il rispetto del pluralismo culturale a livello sia nazionale che internazionale mediante il dialogo interculturale e la Fondazione Svizzera solidale.

3.2.1.1

Prevenzione di conflitti violenti e ricostruzione

Gli sforzi della Svizzera in materia di politica di pace si fondano sulla constatazione che spesso i conflitti sono la conseguenza di mutamenti sociali e politici. Se non implicano il ricorso alla forza, questi confronti possono addirittura ripercuotersi positivamente sulle trasformazioni in corso. Molti dei recenti conflitti violenti sono in relazione diretta con il tenore di vita, le disparità sociali e il ritmo di sviluppo dei Paesi interessati. Di conseguenza, l'obiettivo della nostra politica di pace è di agire ­ sia globalmente che regionalmente ­ affinché siano date le condizioni per risolvere pacificamente i problemi esistenti. In caso di gravi conflitti, appoggeremo le forze che si impegnano per una soluzione pacifica. Da ultimo, gli sforzi a lungo termine nel settore sociale e istituzionale, nonché in relazione alle infrastrutture dovrebbero anch'essi servire alla ricostruzione e quindi alla composizione dei conflitti.

Ottimizzeremo ulteriormente e coordineremo pertanto al meglio le attività di mediazione a breve termine e gli strumenti di prevenzione dei conflitti impiegati sul lungo periodo: ­

nel promovimento civile della pace, saranno potenziati gli strumenti che consentiranno di contribuire in modo duraturo ­ sia bilateralmente che multilateralmente ­ alla soluzione di conflitti. Gli osservatori e gli esperti elettorali, gli osservatori dei diritti dell'uomo, la polizia civile e gli altri esperti civili in materia di pace sono riuniti in un «Corpo svizzero di esperti per missioni civili di promovimento della pace»;

­

la cooperazione allo sviluppo, la cooperazione con l'Europa orientale e l'aiuto umanitario potenzieranno le attività di prevenzione dei conflitti violenti e si occuperanno della ricostruzione;

­

nell'ambito del promovimento militare della pace, ci impegneremo affinché il nostro Paese possa partecipare agli interventi effettuati sulla base di un mandato dell'ONU o dell'OSCE. Nel caso di interventi armati, le armi dovranno servire soltanto a proteggere le truppe impiegate e a consentire loro di svolgere il proprio compito. La partecipazione a combattimenti volti a 239

imporre la pace è esclusa. Esamineremo anche se e come la Svizzera potrà eventualmente contribuire in modo utile a future missioni dell'UE nell'ambito dei cosiddetti «compiti di Petersberg» (missioni umanitarie e di soccorso, attività di mantenimento della pace e intervento di forze armate per la gestione delle crisi); ­

proseguiremo ­ e all'occorrenza potenzieremo ­ l'intensa cooperazione con gli Stati che condividono i nostri principi al fine di tutelare maggiormente l'integrità dei cittadini.

Geograficamente, gli sforzi in materia di politica di pace si concentreranno sull'Europa sudorientale e orientale, nonché sulla regione del Mediterraneo. Non sono tuttavia esclusi interventi puntuali in determinati Stati nei quali la Svizzera dispone di vantaggi particolari. Nell'Europa sudorientale la Svizzera coopererà soprattutto con organizzazioni internazionali, ma proseguirà anche le relazioni bilaterali. Nelle altre regioni in guerra, l'accento sarà chiaramente posto sulla cooperazione bilaterale o sulla cooperazione con Stati che condividono gli stessi principi. Concentreremo gli sforzi bilaterali nei Paesi e nelle regioni in cui la Svizzera, in seguito a una lunga attività di cooperazione allo sviluppo, può contare su un'estesa rete di relazioni, buone conoscenze della situazione locale e un'ampia accettazione.

Dal profilo tematico, ci concentreremo sulle azioni volte a instaurare la fiducia e sulla mediazione. Nell'ambito della cooperazione allo sviluppo adotteremo provvedimenti per il promovimento della pace nei seguenti settori: ­

promovimento degli sforzi locali a favore della pace, della ricostruzione e della reintegrazione;

­

rafforzamento della società civile e del dialogo fra lo Stato e la società civile;

­

sostegno a forme di mediazione imparziali;

­

promovimento della comprensione reciproca e della trasparenza nelle situazioni di conflitto.

Inoltre, ci concentreremo sui provvedimenti volti a proteggere maggiormente l'integrità dei cittadini, quali gli interventi di sminamento e le azioni per limitare la diffusione delle armi di piccolo calibro. Da ultimo proseguiremo gli sforzi intesi a potenziare il diritto umanitario internazionale.

Particolare importanza sarà data ai legami di interdipendenza fra i provvedimenti descritti sopra e gli sforzi intrapresi in materia di politica migratoria. Di fatto, siamo convinti che la pressione migratoria sulla Svizzera non si arresterà nei prossimi anni. Tuttavia, la Svizzera continuerà anche in futuro ad avere bisogno di manodopera estera. Occorrerà peraltro esaminare il problema della migrazione dovuta non soltanto a motivi economici, bensì anche demografici. Inoltre, non dobbiamo trascurare considerazioni a carattere umanitario e le questioni legate all'osservanza del diritto internazionale, in particolare per quanto concerne il principio secondo cui ai richiedenti l'asilo respinti deve essere garantito il diritto di vivere al sicuro e nel rispetto della dignità nel loro Paese (non-refoulement). Intendiamo pertanto fondarci maggiormente su una politica migratoria coordinata, dando la priorità fra l'altro anche a una migliore integrazione degli stranieri in Svizzera.

Dal profilo della politica estera, la politica migratoria nazionale può essere sorretta, fra l'altro, dalla lotta contro le cause della migrazione e contribuire in tal modo a

240

promuovere la pace nel mondo. Sulla base delle esperienze positive fatte con il programma di rimpatrio per i profughi della Bosnia-Erzegovina e del Kosovo sono all'esame programmi analoghi per altri Paesi. Inoltre, ovunque sarà possibile concluderemo accordi di riaccettazione con i Paesi interessati. Le nostre possibilità di indurre i Paesi d'emigrazione a cooperare in occasione del rimpatrio dei loro cittadini sono tuttavia limitate. L'impiego coordinato di strumenti di politica estera può rappresentare un contributo in tal senso. Per questo motivo, in futuro intendiamo inserire clausole di riammissione in tutti gli accordi internazionali in materia di cooperazione (cfr. n. 3.1.2.4 «condizionalità politica»).

Il problema della migrazione non può essere risolto dai singoli Stati, ma deve essere affrontato nell'ambito di una cooperazione volta a eliminarne le cause. A livello europeo, siamo pertanto interessati a partecipare all'elaborazione di una politica migratoria uniforme con l'UE. Le possibilità dipendono comunque dalla disponibilità dell'UE nei confronti di una cooperazione rafforzata in questo settore.

3.2.1.2

Apertura al dialogo e rispetto del pluralismo culturale

Rafforzamento del dialogo fra culture e civilizzazioni L'obiettivo tradizionale della politica culturale estera consiste nel presentare all'estero la varietà e la vitalità della scena culturale svizzera. Numerose istituzioni elvetiche appoggiano i nostri sforzi per potenziare la vita culturale svizzera all'estero. Per i prossimi anni si prevede di rafforzare questo settore della politica estera, al fine di rinvigorire gli scambi interculturali.

Nel mondo globalizzato la cultura assume un ruolo viepiù importante, soprattutto per quanto concerne il rispetto di realtà diverse e la comprensione per altre culture e civiltà. La cultura non è solo l'espressione della creatività di singoli o di popoli: le creazioni e le esperienze culturali hanno anche l'effetto di accomunare le persone, facilitando la reciproca comprensione. La nostra politica estera sarà dunque impostata maggiormente sul dialogo fra le diverse culture. La comprensione fra comunità diverse presuppone un'ampia discussione sui rispettivi valori culturali e religiosi.

Intendiamo quindi potenziare i nostri sforzi in questo ambito. In tal modo, contribuiremo a approfondire i dibattiti in seno a diverse organizzazioni internazionali sulla tolleranza reciproca, sulla rinuncia alla violenza quale strumento per far valere rivendicazioni culturali e sulla comprensione reciproca.

A questo proposito, la Svizzera può avvalersi delle proprie esperienze e aiutare gli Stati e le società minacciati da conflitti a vivere la diversità culturale in modo da evitare conflitti violenti.

Istituzione della Fondazione Svizzera solidale È nostra intenzione realizzare quanto prima il progetto Fondazione Svizzera solidale. La fondazione, cui saranno attribuite 500 tonnellate di oro, rientra nel piano globale di destinare a un nuovo impiego 1'300 tonnellate d'oro della Banca nazionale. I relativi lavori implicheranno modifiche costituzionali che a loro volta richiederanno l'approvazione popolare.

Le finalità della fondazione rientreranno nell'ambito della politica sia estera sia interna e si concentreranno sulla lotta alla povertà, sulla prevenzione della violenza e 241

sull'approntamento di strutture sociali funzionanti. In particolare, la fondazione dovrà essere orientata al futuro, ossia concentrarsi sul miglioramento delle condizioni di vita delle generazioni a venire. Oltre agli obiettivi a carattere nazionale, la Fondazione Svizzera solidale ci consentirà di manifestare in modo concreto la nostra responsabilità internazionale.

3.2.2

Rispetto dei diritti dell'uomo e promovimento della democrazia

Priorità: Il Consiglio federale vuole condurre una politica umanitaria indipendente e profilata, conformemente alla tradizione del nostro Paese in materia di politica estera. Potenzierà, mediante provvedimenti adeguati, gli sforzi a favore del rispetto e del promovimento dei diritti dell'uomo, della democrazia e dello Stato di diritto. La politica dei diritti dell'uomo sarà improntata ai principi dell'universalità e dell'inscindibilità dei diritti dell'uomo.

3.2.2.1

Politica umanitaria della Svizzera - una tradizione con un futuro

Sviluppo, diritti dell'uomo, sicurezza, economia esterna, migrazione e ambiente: tutti questi settori della politica estera svizzera comprendono anche una dimensione umanitaria. Ognuno di tali ambiti specifici si prefigge di fatto di proteggere la vita e la dignità umana prima, durante e dopo le crisi e i conflitti e di reagire in modo solidale, efficace e durevole alle crisi e ai conflitti esistenti e potenziali.

Come esposto nel numero 2, nell'ultimo decennio i pericoli che minacciano gli esseri umani non sono diminuiti. I numerosi conflitti che fanno ormai parte della quotidianità di molte persone implicano l'uso di armi sempre più efficienti, quali le bombe a grappolo, che fanno della popolazione civile un vero e proprio bersaglio.

Inoltre, i crescenti conflitti all'interno degli Stati comportano l'impiego di metodi repressivi e di eliminazione estremamente brutali.

Si assiste anche all'aumento di catastrofi naturali dovuto allo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali. In genere sono le fasce meno privilegiate della società a risentire maggiormente di queste sciagure.

Per far fronte a tali sviluppi occorre migliorare il rispetto delle norme umanitarie fondamentali. L'impegno umanitario acquisisce un'importanza sempre maggiore e la ricerca di principi umanitari universali, applicabili anche ai conflitti all'interno degli Stati, continua a rappresentare un imperativo urgente.

L'impegno umanitario della Svizzera nei confronti della comunità mondiale è parte integrante della nostra tradizione di politica estera. In quanto Paese d'origine e patria del CICR e del movimento della Croce rossa e della Mezzaluna Rossa, la Svizzera manifesta il proprio impegno in questo ambito sostenendo attivamente sia le organizzazioni umanitarie internazionali e svizzere sia quelle della Ginevra internazionale, il centro di competenze mondiale in ambito umanitario. Con il Corpo svizzero di aiuto in caso di catastrofe, il nostro Paese partecipa inoltre a numerosi pro242

grammi e progetti, così come molte opere svizzere d'aiuto sono attive in progetti umanitari. Queste e altre attività simili sono la manifestazione, riconosciuta a livello internazionale, della solidarietà umanitaria della Svizzera.

Anche in futuro la politica umanitaria della Svizzera costituirà una priorità della nostra politica estera, con la quale esprimeremo in modo concreto e tangibile la nostra solidarietà internazionale. Per questo motivo, il nostro Collegio promuoverà particolarmente i due settori chiave della politica estera umanitaria, ossia: ­

le azioni umanitarie della Svizzera, in particolare l'aiuto umanitario,

­

il diritto umanitario internazionale, in particolare il suo consolidamento e ulteriore sviluppo.

Intendiamo inoltre rendere l'aiuto umanitario più efficace e aumentare i mezzi finanziari stanziati a tal fine. Una priorità sarà costituita dai provvedimenti a favore dei rifugiati e dei profughi (soccorso umanitario per prevenire esodi di profughi, nonché aiuti alla ricostruzione per la reintegrazione di rifugiati e profughi).

Ci impegneremo anche a favore del rafforzamento e dell'ampliamento del diritto umanitario internazionale. In particolare ci adopereremo per meglio trasporre la normativa esistente in questo importante ambito. A tal fine coopereremo strettamente con gli Stati che condividono le nostre idee, in particolare in seno al Tribunale penale internazionale e al CICR e sosterremo per quanto possibile le altre organizzazioni umanitarie statali o private.

Le azioni future della politica estera umanitaria della Svizzera conserveranno le caratteristiche tradizionali, ossia: indipendenza, imparzialità e credibilità. Inoltre, l'aiuto umanitario offerto in situazioni d'emergenza non è subordinato ad alcuna condizione politica.

3.2.2.2

Impegno a livello mondiale a favore dei diritti dell'uomo, della democrazia e dei principi dello Stato di diritto

Migliore gestione degli affari pubblici Le carenze della politica sociale ed economica, le violazioni dei diritti dell'uomo, le condizioni non democratiche e le strutture statali precarie sono i principali ostacoli allo sviluppo sostenibile, alla pace e alla stabilità internazionale. Solo negli Stati che garantiscono condizioni politiche, economiche e sociali favorevoli i cittadini possono realizzarsi e l'iniziativa privata divenire il motore indispensabile dello sviluppo.

I principi dello Stato di diritto, la democrazia e i diritti dell'uomo («buona gestione degli affari pubblici») sono ormai divenuti una questione chiave della cooperazione internazionale, soprattutto per quanto concerne il dialogo Nord-Sud. Intendiamo pertanto rafforzare gli sforzi profusi sino ad oggi in questo ambito, contribuendo in tal modo, nei Paesi partner, a promuovere le possibilità degli individui di realizzarsi, nonché a far rispettare i diritti dell'uomo e a instaurare la democrazia.

Le priorità tematiche riguardano l'aiuto alle riforme nell'ambito dell'ordinamento giuridico, dell'organizzazione dello Stato, del Governo e dell'amministrazione. Sono inoltre adottati provvedimenti per rafforzare le strutture e i processi democratici, quali lo svolgimento di votazioni, il sostegno di organizzazioni della società civile o

243

il promovimento del pluralismo mediatico e la trasparenza. Altrettanto importanti sono le misure contro la corruzione che dilaga in molti Paesi.

Questi postulati devono essere inseriti e attuati in un contesto multilaterale. D'altro canto la buona gestione degli affari pubblici dev'essere perseguita anche nell'ambito della cooperazione bilaterale. Ad esempio, la vasta esperienza e le conoscenze in materia di decentralizzazione acquisite dalla Svizzera possono essere applicate con profitto anche ad altri Paesi.

In questo ambito occorre tuttavia vegliare affinché l'impegno a favore della «buona gestione degli affari pubblici» tenga conto delle particolari esigenze e delle tradizioni giuridiche del Paese in questione. Nel contempo occorre sapere che l'instaurazione e il promovimento di principi e norme proprie dello Stato di diritto rappresentano compiti a lungo termine, che a loro volta devono avere l'appoggio della società civile del Paese.

Rispetto dei diritti dell'uomo in quanto principio d'azione della politica estera I diritti dell'uomo sono l'espressione etica e normativa di valori fondamentali e universalmente riconosciuti. Il mondo globalizzato deve poter contare su un contesto vincolante che disciplini la convivenza fra Stati, popoli e individui. Continuano tuttavia a preoccupare le difficoltà concrete che ostacolano l'attuazione di tali principi.

Il divario esistente fra il contesto giuridico e l'applicazione pratica è ulteriormente accentuato da due fonti di conflitto: ­ anzitutto, si cerca tuttora di subordinare l'applicazione dei diritti dell'uomo a priorità in materia di sviluppo, alla diversità culturale o al principio ­ non applicabile ai diritti dell'uomo ­ della non ingerenza nelle questioni i nterne; ­

in secondo luogo, proprio la politica dei diritti dell'uomo è spesso oggetto di conflitti d'interesse nazionali, ad esempio nel caso della concessioni di garanzie dei rischi delle esportazioni.

Inoltre, la comunità internazionale è costantemente chiamata ad adeguare gli strumenti della politica in materia di diritti dell'uomo per far fronte al continuo mutamento del contesto internazionale, in particolare per quanto concerne l'elaborazione e l'applicazione di strumenti giuridici. Gli esempi di questa evoluzione sono l'ampliamento della Corte europea dei diritti dell'uomo, l'istituzione di tribunali ad hoc dell'ONU per il Rwanda e l'ex Jugoslavia, nonché l'adozione, il 17 luglio 1998 a Roma, dello Statuto della Corte penale internazionale permanente. Inoltre, come mostra ad esempio il caso Pinochet, sempre più spesso la legittimità delle attività dei governanti è giudicata secondo criteri applicabili universalmente.

Per definire le basi legali e decidere se gli strumenti e i mezzi da impiegare siano opportuni sono sempre necessari il dibattito e l'accettazione internazionali, particolarmente quando occorre usare la forza per applicare i diritti dell'uomo. Ci riferiamo ad esempio all'intervento della NATO durante la crisi in Kosovo, deciso in seguito alle gravi violazioni dei diritti dell'uomo e alle violazioni del diritto umanitario internazionale. Ulteriori esempi concernono la politica internazionale delle sanzioni (embargo economico, congelamento di conti, rifiuto di visti), che non manca di sollevare questioni delicate.

I diritti dell'uomo costituiscono una base giuridica ed etica importante della politica estera svizzera. Tradizionalmente, il nostro Paese persegue l'obiettivo di migliorare la situazione in materia di diritti dell'uomo per il numero maggiore possibile di per244

sone. A tal fine ci fondiamo su una nozione estesa dei diritti dell'uomo che comprende sia i diritti economici, sociali e culturali, sia quelli civici e politici. A livello internazionale, i diritti dell'uomo in senso lato hanno acquisito molta importanza in tutti i settori delle relazioni sia fra Stati, come pure fra Stati e cittadini, ma anche fra i cittadini stessi.

Il nostro Paese ha sostenuto attivamente questa evoluzione internazionale e anche in futuro si impegnerà, sia a livello bilaterale che multilaterale, a favore dello sviluppo dei diritti dell'uomo nonché del loro riconoscimento e della loro applicazione. A tal fine, disponiamo di tutta una serie di strumenti conformemente a quanto descritto nel Rapporto sulla politica svizzera dei diritti dell'uomo del 16 febbraio 2000.

L'attuazione di una politica svizzera dei diritti dell'uomo coerente presuppone un maggiore coordinamento di tutti gli sforzi e uno stretto partenariato con la società civile e con l'economia.

3.2.3

Salvaguardia degli interessi economici

Priorità: Il Consiglio federale intende garantire all'economia svizzera le migliori condizioni quadro all'interno del Paese, assicurando così le premesse per il suo successo a livello internazionale. Il promovimento delle esportazioni per le PMI, il sostegno mediante la politica estera della piazza Svizzera nell'ambito della ricerca e dell'insegnamento nonché interventi a livello multilaterale e bilaterale a favore di buone condizioni quadro planetarie rappresentano le priorità tematiche. Il promovimento di una piazza finanziaria efficiente e competitiva e la salvaguardia dei relativi interessi all'estero assumono un'importanza particolare.

3.2.3.1

Sostegno della piazza economica svizzera mediante la politica estera

La Svizzera deve continuare a far parte delle piazze economiche più attrattive. A tale scopo intendiamo estendere ulteriormente la rete degli accordi bilaterali di libero scambio, di protezione degli investimenti e di doppia imposizione nonché creare ancora migliori premesse affinché il dinamico settore delle piccole e medie imprese (PMI) possa sostenere la concorrenza a livello mondiale. La nuova legge federale sulla promozione delle esportazioni introduce un nuovo orientamento della politica svizzera nel settore delle PMI: i mezzi di promozione delle esportazioni sono concentrati prioritariamente su circa 20 Paesi i cui mercati sono particolarmente importanti o promettenti per le imprese svizzere. La precedenza va innanzitutto data ai Paesi confinanti nonché alla Gran Bretagna, agli Stati Uniti, al Giappone, alla Cina, al Brasile e all'India. Naturalmente continueremo ad assicurare la fornitura di prestazioni di servizio nell'ambito della promozione delle esportazioni in tutti i Paesi dotati di rappresentanze svizzere. Dobbiamo continuare a promuovere anche il turismo internazionale.

245

Nei prossimi anni, vogliamo impegnarci a promuovere le esportazioni e gli investimenti nell'Europa centrale e ad approntare un programma per sostenere i mercati finanziari locali.

Nel settore dello sviluppo economico i nuovi strumenti che consentono partenariati a lungo termine fra società svizzere e società nei Paesi in sviluppo e in quelli emergenti (p. es. SDFC e SOFI) dovrebbero essere particolarmente interessanti.

Prodotti e prestazioni di servizio di prima qualità che implicano un elevato livello di formazione, di ricerca e di tecnologia rappresentano i punti forti dell'economia svizzera. La futura capacità concorrenziale delle imprese svizzere dipenderà quindi in misura determinante dai provvedimenti che l'ente pubblico adotterà per favorire questi punti forti. Se in questo settore non vuole perdere contatto con i suoi partner economici più importanti, la Svizzera deve sollecitare in particolare l'azione politica interna ed estera. Competitività e attrattiva del settore della ricerca svizzero costituiscono un fattore determinante per la piazza finanziaria svizzera. Formazione, ricerca e tecnologia sono pure caratterizzate da un'intensa cooperazione internazionale. Il sostegno da parte della politica estera nei confronti degli sforzi prodotti dalla politica interna assumono pertanto un'importanza notevole. Oltre a rafforzare la cooperazione con l'UE, in particolare nei settori della formazione, della ricerca, delle infrastrutture, della telecomunicazione, del traffico e dell'energia, occorre coltivare la già eccellente reputazione della Svizzera anche oltre i confini europei. Prevediamo pertanto di impiegare un numero più elevato di consiglieri scientifici presso le rappresentanze svizzere così da estendere la rete di rapporti internazionali nel settore della ricerca.

3.2.3.2

Promovimento di un sistema economico e finanziario internazionale stabile

Collaboreremo a livello internazionale per rafforzare quelle condizioni quadro nazionali e internazionali che contribuiscono a evitare un ritorno al protezionismo.

Sosteniamo pertanto energicamente le corrispondenti attività dell'Organizzazione mondiale del commercio. Proseguiremo inoltre la nostra politica in materia di accordi di libero scambio da concludere in particolare anche con Paesi e xtraeuropei.

In questi ultimi tempi l'economia mondiale ha subito un'importante spinta verso la liberalizzazione non soltanto nello scambio di beni e prestazioni di servizio, ma soprattutto nella circolazione di capitali. L'integrazione dell'economia mondiale ha di conseguenza subito un'accelerazione. I negoziati economici della comunità internazionale non possono perciò limitarsi esclusivamente al tema del «libero accesso al mercato», ma devono perseguire lo scopo più ampio di preservare dalle distorsioni le estese e intense relazioni commerciali. La comunità internazionale deve perciò adeguare le normative e le istituzioni nazionali e internazionali che garantiscono a lungo termine mercati funzionanti. Una cosa è sbloccare le forze del mercato mediante provvedimenti di liberalizzazione; un'altra è inserirle anche in un ordine politico adeguato.

Al di là dell'importanza degli scambi commerciali con l'estero per la sua economia, la Svizzera è più interessata di qualsiasi altro Paese al buon funzionamento dei mercati. Questi offrono le buone condizioni di insediamento di cui il nostro Paese ha bisogno anche negli Stati che ospitano le sue numerose e spesso importanti aziende attive a livello internazionale.

246

Innanzitutto si tratta di provvedimenti retti dalla legislazione economica nazionale che tuttavia devono essere coordinati a livello internazionale, come in materia di «buona gestione degli affari pubblici», di «corporate governance» o ancora di politica della concorrenza o dell'ambiente. Per gli Stati industrializzati, questo compito di coordinamento spetta da lungo tempo all'OCSE. Gli sforzi intrapresi in questo ambito devono tuttavia essere estesi geograficamente e, in certi settori, intensificati.

In futuro saranno chiamati a contribuire maggiormente anche l'Organizzazione mondiale del commercio, il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale nonché l'Organizzazione mondiale del lavoro. La Svizzera sostiene e incoraggia con decisione gli sforzi di coordinamento delle organizzazioni economiche e internazionali. Per il nostro Paese il funzionamento ideale dei mercati dipende in particolare anche dai principi della sostenibilità sociale ed ecologica.

Inserita in un sistema finanziario internazionale stabile e aperto, la Svizzera è fortemente interessata a influenzare attivamente la politica delle istituzioni finanziarie internazionali. Nel 1999, abbiamo presentato la nostra posizione di principio per quanto riguarda la riforma del sistema finanziario internazionale17. In quanto membro delle istituzioni di Bretton Woods, il nostro Collegio intende perseguire i seguenti obiettivi: ­

La Svizzera aiuta il Fondo monetario internazionale a promuovere un sistema finanziario e monetario internazionale stabile e affidabile. Si impegna a favore di un uso efficace dei mezzi finanziari del Fondo e attribuisce grande importanza al rispetto sistematico della condizionalità economica in occasione della concessione di crediti.

­

Si sforza di coinvolgere maggiormente il settore privato nei meccanismi di gestione delle crisi, pone l'accento sull'impatto sociale e ambientale dello sviluppo economico e sostiene un orientamento più marcato dei programmi del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale verso la lotta contro la povertà.

­

È favorevole a una ripartizione efficace del lavoro fra le organizzazioni economiche internazionali e a una simultanea intensificazione del loro coordinamento impegnandosi per una maggiore trasparenza nei confronti dell'opinione pubblica.

In generale vogliamo fare in modo che le organizzazioni internazionali influenti prendano maggiormente in considerazione gli aspetti legati allo sviluppo, all'ambiente e alla politica sociale, nei settori dell'economia mondiale e delle finanze.

Questi sforzi poggiano sulla convinzione che soltanto un sistema economico e finanziario che tenga conto degli interessi dei piccoli e dei grandi come pure dei poveri e dei ricchi può durare nel tempo e contribuire allo sviluppo sostenibile.

3.2.3.3

Promovimento della piazza finanziaria svizzera

Una piazza finanziaria svizzera efficiente e competitiva è importante per l'economia nazionale: anche nel corso dei prossimi anni sarà quindi prioritario per noi continuarne il promovimento e il consolidamento internazionale. Siamo convinti che la 17

Vedi il rapporto del Consiglio federale del 4 ottobre 1999 sul sistema finanziario internazionale e la posizione della Svizzera.

247

piazza finanziaria Svizzera dovrà far fronte a una concorrenza mondiale più agguerrita. A ciò si aggiungono le sfide dettate dal progresso tecnologico nonché il processo di globalizzazione e i cambiamenti strutturali nel settore dei servizi finanziari.

Anche l'apertura di nuovi campi d'attività (come il commercio elettronico) potrebbe accrescere il bisogno di cooperazione internazionale e richiedere nuove soluzioni. In futuro intendiamo quindi continuare a mettere a disposizione le condizioni quadro necessarie al mantenimento di una piazza finanziaria forte.

Le reiterate critiche alla piazza finanziaria svizzera provenienti dall'estero non cesseranno probabilmente neanche in futuro e potranno addirittura trasformarsi in pressioni politiche. E questo per diverse ragioni: ­

lotta per quote di mercato nella gestione patrimoniale, settore nel quale le banche svizzere occupano una posizione dominante a livello mondiale;

­

timore che l'elevata mobilità del capitale faccia diminuire sensibilmente la sostanza fiscale;

­

maggiori esigenze di integrità delle piazze finanziarie, vincolate in particolare a un'azione coerente di lotta contro il riciclaggio di denaro e le infrazioni fiscali criminali nonché di rifiuto delle fortune dei potenti.

L'elevata mobilità del capitale comporterà in futuro un impegno ancora maggiore nel rifiutare fondi di origine illegale, connessi in particolare con le attività della criminalità organizzata. Negli ultimi anni, la Svizzera ha intrapreso sforzi notevoli in questo settore. Riteniamo che la salvaguardia dell'integrità della piazza finanziaria sia una necessità non soltanto per ragioni etiche, ma anche perché costituisce un fattore importante per il successo internazionale di qualsiasi piazza finanziaria.

Il problema della lotta contro i fondi di origine illegale e quello della criminalità organizzata non concernono tuttavia soltanto la Svizzera, ma tutte le piazze finanziarie internazionali. Nessuno Stato può trovare risposte a questi sviluppi di natura transfrontaliera agendo da solo; potrà ottenere risultati soltanto cooperando con altri Stati. Per contrastare l'afflusso di fondi di origine illegale sono quindi necessarie sia misure a livello nazionale sia una maggiore cooperazione internazionale nella lotta contro tutti gli aspetti della criminalità finanziaria. Soltanto un'applicazione convinta della legge sul riciclaggio di denaro, per esempio, connessa a uno scrupoloso perseguimento dei reati, a un rigoroso rispetto degli obblighi di diligenza degli istituti finanziari nonché dell'uso di tutte le disposizioni di assistenza giudiziaria, permetterà di ridurre l'afflusso difficilmente controllabile di fondi di origine illegale e dunque indesiderati, e di sostenere a livello internazionale le misure adottate dalla Svizzera nel corso degli ultimi anni. A livello internazionale, la Svizzera continuerà a impegnarsi affinché gli sforzi degli Stati nella lotta contro la criminalità finanziaria siano giudicati conformemente al principio della parità di trattamento e sulla base di criteri oggettivi.

In merito all'armonizzazione dell'imposizione del risparmio prevista nell'UE, siamo dell'opinione che i redditi del capitale debbano essere tassati adeguatamente. Riteniamo che non sia nell'interesse della Svizzera attirare transazioni che mirano a evitare un eventuale disciplinamento dell'UE. Se quest'ultima giungesse a un accordo su un disciplinamento concreto che garantisca un'imposizione globale dei redditi del risparmio, la Svizzera sarebbe pronta a cercare, fatto salvo il segreto bancario, soluzioni
capaci di scoraggiare il più possibile questo genere di transazioni. Tale ricerca di soluzioni deve essere inserita nel quadro generale delle relazioni fra la Svizzera e l'UE (cfr. n. 3.3.2).

248

Il segreto bancario è l'obbligo di serbare il segreto delle banche, dei loro rappresentanti e dipendenti per quanto concerne le attività commerciali dei propri clienti, di cui sono venuti a conoscenza nell'esercizio della loro professione. Esso garantisce dunque, nel settore finanziario, il diritto del singolo alla tutela della propria sfera privata. Anche in futuro questa funzione del segreto bancario non potrà essere oggetto di negoziazioni. Già in base al diritto vigente, la protezione del carattere privato di queste relazioni non è tuttavia illimitata. Essa si ferma nel momento in cui il segreto bancario è strumentalizzato a profitto di attività criminali.

3.2.4

Soccorrere le popolazioni nel bisogno e lottare contro la povertà del mondo

Priorità: Il Consiglio federale vuole porre la lotta contro la povertà al centro della propria cooperazione allo sviluppo. Intende fissare le priorità seguenti: aumento dei redditi e dell'occupazione, «buona gestione degli affari pubblici», promovimento del settore privato, sfruttamento sostenibile delle risorse naturali, integrazione nel commercio mondiale, sdebitamento, equilibrio sociale, prevenzione e gestione delle crisi.

Intensificazione della cooperazione allo sviluppo e dell'aiuto all'Europa dell'Est La cooperazione allo sviluppo della Svizzera continuerà a porre la lotta contro la povertà al centro delle proprie attività. Gli sforzi della Svizzera s'inseriscono così perfettamente nel solco di quelli internazionali degli altri Paesi industrializzati e corrispondono alle linee direttrici che i Paesi dell'OCSE hanno adottato nel 1996 per la cooperazione Nord-Sud durante il primo decennio del nuovo secolo 18.

Soltanto un maggior sostegno finanziario permetterà tuttavia di perseguire più a fondo gli obiettivi della politica svizzera in materia di sviluppo a livello bilaterale e multilaterale. Il nostro obiettivo per il prossimo decennio consiste pertanto nel fornire una cooperazione allo sviluppo corrispondente allo 0,4 per cento del prodotto nazionale lordo della Svizzera.

La cooperazione con gli Stati dell'Europa dell'Est proseguirà. Le diverse crisi nell'Europa sudorientale hanno mostrato che il considerevole impegno della Svizzera rimane giustificato.

Nel corso dei prossimi dieci anni, la cooperazione allo sviluppo e con l'Europa dell'Est sarà caratterizzata dalle seguenti priorità tematiche: aumento dei redditi e dell'occupazione, «buona gestione degli affari pubblici», promovimento del settore privato, sfruttamento sostenibile delle risorse naturali, integrazione nel commercio mondiale, equilibrio sociale, sdebitamento nonché prevenzione e gestione delle crisi.

A livello multilaterale, la Svizzera sosterrà quindi le organizzazioni internazionali determinanti soprattutto in questi settori nonché in relazione con l'impatto sociale e ambientale dei programmi.

18

Vedi OCSE: «Il ruolo della cooperazione allo sviluppo agli albori del XXI secolo», Parigi 1996.

249

Il nostro Collegio si orienterà secondo i seguenti principi: ­

le esigenze e le potenzialità dei partner e delle loro popolazioni sono fondamentali per qualsiasi cooperazione allo sviluppo efficace. Essi devono assumere la responsabilità del proprio sviluppo. Questo implica che la scelta dei partner deve avvenire in base alle necessità e ai problemi esistenti. A seconda degli obiettivi stabiliti, la Svizzera coopererà con attori statali o con partner della società civile;

­

le opportunità di sviluppo sono spesso strettamente legate alle possibilità d'accesso alle risorse economiche, alla formazione e alla condecisione politica. La Svizzera dunque rivendica innanzitutto la possibilità per i gruppi svantaggiati di far valere i loro interessi e i loro diritti nei processi politici, sociali ed economici. Questo vale in particolare per le donne e per il sostegno dei gruppi di donne;

­

l'impiego di strumenti economici deve poter contare sulla disponibilità degli Stati partner di attuare riforme nonché su misure che promuovano una crescita economica sostenibile e una riduzione reale della povertà.

Per accrescere l'efficacia raggrupperemo schematicamente e geograficamente ancora meglio le attuali attività multilaterali e bilaterali. Riesamineremo gli impegni di minore importanza, che spariranno progressivamente.

Le priorità geografiche per il prossimo decennio in materia di cooperazione bilaterale allo sviluppo riguarderanno l'Africa subsahariana, gli Stati delle Ande e l'America centrale per quanto attiene all'America latina, nonché il subcontinente indiano e la regione del Mekong per quanto attiene all'Asia. Nel settore della cooperazione con l'Europa dell'Est, le priorità riguardano l'Europa sudorientale, la Russia, l'Ucraina e ­ procedendo progressivamente ­ gli Stati partner in seno al gruppo di voto svizzero19 delle istituzioni di Bretton Woods. Laddove necessario a causa di avvenimenti e bisogni attuali, saranno ancora attuati programmi speciali.

Nel settore della cooperazione economica, le priorità dipenderanno dagli strumenti da impiegare: secondo il livello di sviluppo dello Stato interessato, si potranno adottare misure di sdebitamento, aiuti alla bilancia dei pagamenti e aiuti al budget, finanziamenti di progetti o ancora misure di promozione del commercio e degli investimenti. Il nostro Paese continuerà inoltre ad impegnarsi in prima linea a favore della riduzione del debito dei Paesi in sviluppo e in transizione fortemente indebitati e disposti ad attuare riforme.

Il rafforzamento del ruolo della politica multilaterale nel settore dello sviluppo rivestirà un'importanza particolare. Presteremo particolare attenzione al coordinamento fra la cooperazione allo sviluppo multilaterale e bilaterale, perché siamo convinti che gli obiettivi di sviluppo stabiliti dalla comunità internazionale, ossia realizzare «un mondo migliore per tutti» entro il 2015, possono essere raggiunti soltanto se la cooperazione internazionale sarà intensificata. A livello multilaterale ci impegneremo quindi in particolare a favore dei seguenti principi: ­

19

250

le organizzazioni internazionali dovrebbero concentrarsi sui settori d'attività nei quali esse dispongono di punti di forza particolari, al fine di assicurare un uso efficace delle risorse; Il gruppo di voto svizzero comprende i seguenti Stati dell'Asia centrale: l'Azerbaigian, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan, Uzbekistan.

­

lo scambio di esperienze e la cooperazione fra le organizzazioni determinanti nonché fra queste organizzazioni e i donatori bilaterali devono essere intensificati;

­

occorre tenere ancora maggiormente conto delle esigenze particolari dei differenti Paesi in sviluppo;

­

occorre accrescere adeguatamente la rappresentanza dei Paesi in sviluppo in seno agli organi direttori delle organizzazioni determinanti.

3.2.5

Salvaguardia delle risorse naturali

Priorità: Nel quadro della propria politica ambientale internazionale, il Consiglio federale intende impegnarsi a favore dello sviluppo e dell'impiego di strumenti giuridici atti a instaurare un sistema ambientale internazionale forte. Le priorità riguardano l'estensione degli accordi esistenti, segnatamente nel settore del clima, della diversità biologica e dei prodotti chimici, nonché l'introduzione di norme internazionali sulla protezione delle foreste e dell'acqua.

Impegno a favore di una politica ambientale internazionale sostenibile La politica ambientale è un pilastro portante di ogni strategia di sviluppo sostenibile. Per risolvere i problemi ambientali globali sarà necessario sviluppare strategie e adottare misure internazionali. A causa delle difficoltà nel trovare un consenso generale, parteciperemo nel contempo maggiormente a iniziative regionali che perseguono obiettivi di politica ambientale.

I problemi ambientali globali riguardano in particolare le conseguenze del cambiamento climatico, la riduzione della diversità biologica e il modo di trattare le sostanze tossiche. Anche la carenza di acqua in numerosi Paesi costituirà in futuro un problema serio sia per l'ambiente sia per la sicurezza e la pace nelle regioni interessate.

Si stima che circa un terzo della popolazione mondiale viva in Paesi le cui riserve d'acqua sono in diminuzione.

Nel corso dei prossimi dieci anni, il nostro Paese dovrà ­ così come gli altri Paesi industrializzati forti consumatori di risorse ­ sforzarsi ulteriormente di assumere un comportamento sostenibile in materia di consumi. Rivolgeremo la nostra attenzione allo sviluppo delle convenzioni nei settori del clima, della diversità biologica e dei prodotti chimici ­ in particolare con la ratifica del protocollo di Kyoto e del protocollo sulla sicurezza biologica ­ e alla considerazione da riservare alle esigenze di politica ambientale nelle norme commerciali dell'OMC.

La conferenza di aggiornamento di Rio prevista nel 2002, dieci anni dopo il Vertice sulla terra, fornirà l'occasione per definire la direzione da seguire per salvaguardare anche in futuro le risorse naturali. In occasione di questa conferenza ci impegneremo affinché vengano adottati con coerenza gli strumenti internazionali in materia di protezione ambientale. Inoltre auspichiamo l'ampliamento dell'arsenale giuridico internazionale volto a garantire uno sfruttamento sostenibile delle foreste e dell'acqua.

251

Tali attività corrispondono agli interessi della Svizzera. Non è sufficiente occupare una posizione di punta a livello nazionale rispetto agli altri Paesi. È noto infatti che i problemi ambientali non si fermano alle frontiere nazionali. Anche per ragioni di competitività internazionale, il nostro Paese è interessato all'adozione di standard e di norme di responsabilità applicabili a livello internazionale che stabiliscano condizioni quadro identiche per tutti.

3.3

Strumenti istituzionali per l'attuazione delle priorità

3.3.1

Politica multilaterale

Priorità: Il Consiglio federale in futuro intende attribuire un ruolo chiave alle attività multilaterali della Svizzera. A tal fine persegue l'obiettivo di aderire all'ONU nel corso dell'attuale legislatura. Il Consiglio federale vuole inoltre consolidare ulteriormente il ruolo della Svizzera quale luogo di incontri, strumento tradizionale della sua politica multilaterale.

3.3.1.1

Crescente importanza della cooperazione multilaterale

La Svizzera difende i propri interessi e l'attuazione delle proprie priorità nel quadro delle relazioni bilaterali nonché in organismi e istituzioni multilaterali. In questi due ambiti, tale cooperazione ha le sue regole, i suoi meccanismi e le sue tradizioni. A causa della crescente globalizzazione, la politica multilaterale si è sviluppata fortemente; per quanto riguarda i problemi di natura transfrontaliera, si è formata un'intensa rete di organizzazioni internazionali dalle caratteristiche molto diverse sia a livello globale, sia a livello regionale e locale, nelle quali gli Stati cercano soluzioni a problemi globali e regionali. Grazie all'importanza dei loro mezzi finanziari e anche intellettuali, le organizzazioni internazionali forniscono un contributo determinante alla ricerca di soluzioni ai problemi globali; esse rappresentano generalmente l'ambito di discussione utilizzato dalla comunità internazionale. È spesso al loro interno che le proposte di soluzioni sono elaborate e attuate.

Oltre alle relazioni bilaterali tradizionali, anche il livello particolarmente dinamico della politica multilaterale si è così fortemente sviluppato. Una politica di salvaguardia efficace degli interessi a questo livello deve tener conto delle rispettive caratteristiche e particolarità. Si pensi segnatamente: ­

alle esperienze connesse al coordinamento fra le strutture e gli organi delle organizzazioni internazionali nonché alla composizione e alle competenze di queste organizzazioni;

­

alla conoscenza dei processi formali e informali nonché dei Paesi e gruppi di Paesi determinanti nel quadro del processo decisionale; di conseguenza anche alla necessità di coordinare maggiormente la salvaguardia bilaterale e multilaterale degli interessi;

252

­

all'intensificazione delle relazioni con partner di coalizioni con i quali ­ sulla base di interessi identici o complementari ­ è possibile giungere a decisioni suscettibili di raccogliere una maggioranza di voti.

La politica multilaterale deve pure tener conto del fatto che le organizzazioni internazionali offrono innanzitutto una piattaforma per la difesa di determinati interessi.

Raramente si riesce a far valere pienamente e integralmente i propri interessi. La formazione di coalizioni, la capacità di cercare compromessi e la disponibilità a impegnarsi concretamente rappresentano dunque elementi assolutamente fondamentali della politica multilaterale, che la distinguono dalle relazioni bilaterali nel quadro delle quali sono determinanti la struttura degli Stati interessati e i rapporti di forza oggettivi. Infine, la politica multilaterale è molto più accessibile all'opinione pubblica e integra maggiormente la società civile nelle proprie attività.

In futuro sarà necessario accordare maggiore attenzione alla salvaguardia multilaterale degli interessi e inserire meglio quest'ultima nelle strutture di lavoro della politica estera svizzera. Questa rivalutazione della politica multilaterale della Svizzera può e deve avvenire negli organismi dei quali essa è membro, come il Consiglio d'Europa, dove il nostro Paese continuerà a essere particolarmente attivo, o l'Organizzazione internazionale della Francofonia. Dove è riuscita a farsi rappresentare negli organi direttivi di organizzazioni internazionali, come nelle istituzioni di Bretton Woods o in certe istituzioni specializzate dell'ONU, la Svizzera può partecipare alle decisioni e alle attività. Grazie all'influenza esercitata sulla politica dell'organizzazione interessata è possibile ottenere, a favore degli interessi svizzeri, un risultato più efficace rispetto a quello che si otterrebbe con negoziati bilaterali.

Una salvaguardia multilaterale e veramente duratura degli interessi sarà possibile tuttavia unicamente quando la Svizzera sarà rappresentata a pieno titolo negli organi principali dell'ONU, crocevia determinante della politica mondiale.

3.3.1.2

Adesione all'ONU

Nel corso dell'ultimo decennio, l'ONU ha assunto nel mondo un ruolo sempre più importante. Inoltre, questa organizzazione ha potuto migliorare la cooperazione internazionale nel quadro di conferenze tematiche mondiali e di conferenze periodiche di approfondimento destinate a verificare i risultati ottenuti. L'ONU continua tuttavia a rispecchiare gli interessi divergenti e il peso ineguale dei suoi Stati membri e dei gruppi di Stati di cui è composta.

Non essendo membro dell'ONU, la Svizzera manca di uno strumento importante di salvaguardia dei propri interessi. Il nostro Paese è parte contraente della maggior parte dei trattati dell'ONU, coopera su base di parità in tutte le istituzioni specializzate dell'ONU e nella maggior parte dei programmi dell'ONU e sostiene il sistema dell'ONU nonché il gruppo della Banca mondiale con quasi 500 milioni di franchi all'anno; la Svizzera non ha tuttavia ancora varcato la soglia che la separa dall'adesione all'organo supremo dell'ONU.

Questa situazione deve cambiare. L'adesione del nostro Paese all'ONU è assurta quindi a obiettivo principale della nostra politica estera nel corso dell'attuale legislatura. Un obiettivo, questo, supportato dall'iniziativa popolare federale «per l'adesione della Svizzera all'ONU», presentata il 6 marzo 2000. Anche il Parlamento va nella medesima direzione: in seguito all'adozione di una mozione del consigliere 253

nazionale Remo Gysin, siamo stati incaricati di intraprendere i preparativi in vista dell'adesione all'ONU.

Soltanto un membro dell'ONU può utilizzare sistematicamente questo foro per presentare i propri valori e difendere i propri interessi. Finora questo è stato possibile alla Svizzera soltanto saltuariamente a causa della limitazione del suo diritto di parola all'Assemblea generale dell'ONU.

­

Grazie al suo lavoro in seno all'ONU, la Svizzera avrà maggiori possibilità di stabilire contatti in materia di politica estera; per quanto riguarda in particolare le attività di mediazione e i buoni uffici, l'ONU è diventato l'attore principale in seno alla comunità internazionale.

­

L'adesione all'ONU migliorerà l'immagine della Svizzera; l'immagine di una Svizzera solidale e umanitaria può essere meglio diffusa se il nostro Paese è membro dell'ONU.

­

Un'attenzione particolare sarà riservata allo sviluppo del diritto internazionale. L'ONU riveste un ruolo fondamentale in questo settore. Più di 150 trattati sono stati portati a termine al suo interno. Questa funzione legislativa dell'ONU corrisponde a un interesse fondamentale della Svizzera. Paese di dimensioni medie, la Svizzera può far valere la preminenza del diritto unicamente associandosi ad altri Stati che condividono gli stessi punti di vista.

­

Grazie alla rete dell'ONU, il nostro Paese potrà incrementare l'efficacia dei propri sforzi in vista di un maggiore impegno di cittadini svizzeri in seno a organizzazioni internazionali.

­

La Svizzera continuerà a prendere parte attivamente alle attività operative dell'ONU. Queste sono molto diverse e comprendono i diritti dell'uomo, l'ambiente, la sicurezza e la pace nonché la cooperazione allo sviluppo e l'aiuto umanitario. In veste di unica organizzazione di dimensioni mondiali, l'ONU occupa una posizione di primo piano in questi settori.

­

L'ONU riveste un ruolo fondamentale per quanto riguarda la creazione di condizioni quadro internazionali; di tali condizioni quadro beneficia l'economia svizzera che per sua natura è orientata a livello globale.

­

L'adesione all'ONU, infine, permetterà alla Svizzera di difendere meglio gli interessi della Ginevra internazionale, grazie alla propria partecipazione a comitati dell'ONU.

Nell'ambito delle priorità enunciate nel presente rapporto, quale membro dell'ONU la Svizzera diventerebbe particolarmente attiva nei settori della politica di pace e di sicurezza, dei diritti umani, della cooperazione allo sviluppo, degli aiuti umanitari e della politica ambientale dell'ONU. In seno all'Assemblea generale e, all'occorrenza, ad altri organi principali dell'organizzazione, potrebbe votare ed eleggere dando espressione alla sua volontà di partecipare attivamente alla politica internazionale, garantendosi così un maggior margine d'azione sul piano della politica estera. La Svizzera utilizzerebbe tali accresciute possibilità di partecipazione soprattutto per rafforzare il diritto internazionale e in particolare la sua dimensione umana.

Quale membro dell'ONU, la Svizzera diventerebbe in futuro più profilata politicamente, specie nell'ambito dei diritti umani e della dimensione umanitaria.

254

3.3.1.3

Mantenimento del ruolo della Svizzera quale luogo di incontri

Continueremo ad accordare tutta la nostra attenzione al mantenimento del ruolo della Svizzera in quanto luogo di incontri e al miglioramento della competitività della Ginevra internazionale. Ci impegneremo innanzitutto a consolidare i differenti luoghi di incontri in Svizzera, come il Forum economico mondiale di Davos. D'altra parte, proseguiremo gli sforzi per offrire le migliori condizioni quadro su scala mondiale per l'insediamento di organizzazioni internazionali e di organizzazioni non governative. Nuove disposizioni legislative a questo scopo sono in fase di elaborazione.

Non intendiamo tuttavia partecipare a una concorrenza internazionale rovinosa concernente le condizioni quadro più vantaggiose possibili per l'insediamento di organizzazioni internazionali. Nel corso dei prossimi dieci anni, ci concentreremo su un miglioramento pragmatico delle relazioni fra le organizzazioni con sede in Svizzera nonché sulle relazioni con la società civile.

3.3.2

Politica sovranazionale: adesione all'UE

Priorità: L'adesione all'UE è l'obiettivo del Consiglio federale. Preparerà pertanto l'adesione all'UE in modo tale da poter decidere sull'apertura di negoziati di adesione al più tardi nel corso della prossima legislatura. Allo scopo esaminerà le conseguenze di un'adesione all'UE in certi settori politici fondamentali fra i quali, in particolare, il federalismo, i diritti popolari, il regime finanziario nonché la politica economica e monetaria. Inoltre il Consiglio federale intende ampliare e modernizzare la rete contrattuale fra la Svizzera e l'UE.

Parallelamente alla maggiore importanza che la politica multilaterale ha assunto a livello mondiale, anche forme regionali di cooperazione hanno acquistato maggior peso. La forma più intensa di cooperazione a livello regionale è rappresentata dall'Unione europea, nella quale gli Stati membri hanno delegato ampi settori delle loro politiche nazionali a organi decisionali sovranazionali, ma partecipano in compenso pienamente a tutte le decisioni politicamente importanti.

3.3.2.1

Sviluppi nell'UE e conseguenze per la Svizzera

L'adesione all'UE rimane il nostro obiettivo, poiché a lungo termine gli interessi del nostro Paese possono essere salvaguardati meglio all'interno dell'UE che non all'esterno. Gli sviluppi europei degli anni Novanta hanno confermato la fondatezza di questo obiettivo ed evidenziano più che mai l'importanza dell'adesione all'UE. I negoziati d'adesione che l'UE sta conducendo con numerosi Stati europei mostrano come l'idea di unificazione che, nel dopoguerra, ha condotto alla riconciliazione degli ex avversari europei costituisca la maggiore forza politica in Europa.

255

Fondamentalmente, l'importanza dell'UE per il nostro Paese cresce man mano che l'Unione si consolida e si espande e così facendo difende più efficacemente i propri interessi nei confronti degli Stati terzi. Il calendario politico dell'UE a medio termine, e quindi le possibilità che la Svizzera avrà di disciplinare interessi reciproci mediante futuri negoziati bilaterali, sarà definito dalle priorità dell'Unione. Tali priorità interessano il processo di allargamento, il consolidamento delle istituzioni e la semplificazione delle procedure decisionali. Nel quadro della politica estera e della politica economica dell'UE, la Svizzera e i suoi interessi particolari non costituiscono una priorità. Tuttavia, quando avanza richieste concrete nei confronti del nostro Paese, come ad esempio nel settore dell'assistenza giudiziaria e amministrativa in materia di circolazione delle merci o di fiscalità del risparmio, l'UE cerca di ottenere soddisfazione con una politica di interessi.

Nel corso dell'ultimo decennio l'UE si è distanziata dalle questioni puramente economiche. Essa si occupa attualmente di problematiche così diverse e varie che l'insieme della sua politica può essere definita senza esagerazioni come «politica interna europea in divenire». Il nostro Paese non può ignorare le decisioni e le posizioni dell'UE. Volente o nolente, la Svizzera ne è coinvolta nella maggior parte dei casi. Non fosse altro che per salvaguardare i propri interessi, il nostro Paese dovrà dunque riprendere «in modo autonomo» numerosi sviluppi dell'UE. Si pensi innanzitutto alla legislazione sul mercato interno, alla sicurezza interna nonché alla politica estera e di sicurezza. Esempi concreti sono i grandi progetti infrastrutturali e di disciplinamento nei settori delle telecomunicazioni, delle ferrovie, della posta e dell'energia nonché i provvedimenti destinati a tracciare uno spazio d'asilo unico o ancora le sanzioni contro gli Stati che violano in modo flagrante il diritto internazionale.

Gli svantaggi per il nostro Paese dettati dalla cooperazione sempre più stretta fra gli Stati membri dell'UE possono venire compensati soltanto parzialmente grazie all'adozione autonoma delle misure dell'Unione, poiché questa procedura non contempla il diritto di partecipazione. Inoltre, essa non garantisce in nessun modo che l'UE,
dal canto suo, onorerà la nostra politica; fintanto che la Svizzera non aderisce all'UE, saranno quindi necessari dei trattati.

L'adesione all'UE non può e non deve essere affrontata unicamente da un punto di vista economico. Tale adesione rappresenta qualcosa di più della somma dei vantaggi e degli svantaggi economici. Soltanto la partecipazione ai processi decisionali dell'UE consentirà al nostro Paese di perseguire i propri obiettivi di politica estera più efficacemente rispetto al presente. Nessuna delle grandi problematiche relative al futuro che si pongono attualmente sia in Europa sia in Svizzera può essere affrontata unilateralmente. La posizione dell'UE in Europa è attualmente così forte e così estesa che uno Stato come la Svizzera rischia, a causa della sua dipendenza nei confronti dell'Unione, di essere condizionato dall'esterno e di diventare vittima di ricatti qualora continuasse a rimanere in disparte. Da questo punto di vista l'adesione all'Unione europea comporta opportunità e dinamiche nuove, maggiore influenza, più partecipazione e quindi un rafforzamento della sovranità.

Come abbiamo già avuto modo di evidenziare nel Rapporto sull'integrazione 1999, riteniamo che un nuovo tentativo svizzero di negoziare con l'UE un Accordo sullo SEE migliorato sarebbe poco appropriato e frutterebbe soltanto vantaggi minimi. Il contenuto di alcuni accordi bilaterali esistenti, come quello sulla libera circolazione delle persone, avvicina già la Svizzera alla situazione giuridica dello SEE. Inoltre, se da un lato lo SEE offre agli Stati non membri dell'UE condizioni analoghe a quelle 256

del mercato interno, dall'altra, continuano a sussistere ostacoli importanti come i controlli alle frontiere. Per di più, a causa della struttura istituzionale particolare dell'Accordo sullo SEE, gli Stati non membri dell'UE non beneficiano mai di una partecipazione alla pari. Infine, l'Accordo sullo Spazio economico europeo non consente in nessun modo alle parti contraenti dell'UE di partecipare alle grandi decisioni concernenti il futuro dell'Europa.

3.3.2.2

I prossimi passi della Svizzera

I prossimi passi sulla via dell'adesione svizzera all'UE sono la preparazione di negoziati, la riattivazione della domanda d'adesione e l'apertura di negoziati d'adesione. Il calendario particolareggiato di tali negoziati è ancora da definire. Nell'ambito della discussione parlamentare sulla posizione del nostro Paese in Europa, tenutasi in occasione dell'esame dell'iniziativa popolare «Sì all'Europa!», per l'avvio di negoziati d'adesione all'UE abbiamo formulato le seguenti condizioni: ­

Innanzitutto occorre che siano state raccolte le prime esperienze maturate con l'attuazione dei sette accordi bilaterali.

­

In secondo luogo bisogna esaminare le conseguenze di un'adesione all'UE per il federalismo, i diritti popolari, l'organizzazione del Governo, il regime finanziario, la politica economica e monetaria, la politica degli stranieri e migratoria, l'agricoltura nonché la politica estera e di sicurezza. Intendiamo studiare questi problemi nel corso della legislatura attuale. Ci riserviamo, eventualmente, di sottoporre le necessarie proposte di riforme. In vista della procedura d'adesione, vogliamo avviare i lavori preparatori necessari per facilitare con misure adeguate l'integrazione della Svizzera nell'UE. Il Rapporto sull'integrazione 1999 evidenzia diversi ostacoli tuttora esistenti in determinati settori. Nell'immediato futuro intendiamo ridurre al minimo i costi d'adeguamento economici, utilizzare il margine d'azione ancora disponibile per ampliare e modernizzare la rete contrattuale che lega la Svizzera all'UE e ­ ove necessario ­ continuare a rafforzare l'eurocompatibilità del diritto e della politica svizzeri. Occorre nel contempo spiegare più chiaramente i vantaggi derivanti alla Svizzera dalla sua partecipazione all'UE e le politiche che il nostro Paese potrebbe meglio attuare in quanto membro dell'UE.

­

In terzo luogo è necessario che la nostra politica di integrazione ottenga un ampio sostegno politico interno.

Queste tre condizioni ci consentono di concludere che i negoziati d'adesione all'UE non potranno probabilmente ancora essere avviati nel corso dell'attuale legislatura.

Forniremo il nostro contributo affinché la Svizzera sia pronta, nel momento opportuno, a prendere la decisione di aderire all'UE conoscendone tutte le conseguenze.

Una meticolosa preparazione dal profilo della politica interna ci deve consentire di prendere una decisione sull'avvio di negoziati d'adesione all'UE al più tardi nel corso della prossima legislatura.

Questo modo di procedere non significa assolutamente una stagnazione nelle nostre relazioni con l'UE. Per quanto riguarda l'estensione e la modernizzazione della rete di accordi bilaterali di cui abbiamo fatto precedentemente menzione, occorre in particolare pensare a due settori:

257

­

innanzitutto, in occasione della conclusione dei sette accordi bilaterali, la Svizzera e l'UE si sono accordate per cercare di concludere accordi supplementari in determinati settori20;

­

in secondo luogo, entrambe le parti hanno espresso l'auspicio di estendere ulteriormente la loro cooperazione. Un'importante richiesta della Svizzera concerne la sicurezza interna: la lotta contro la criminalità organizzata e la cooperazione efficace nel settore dell'asilo e della polizia implicano, oltre ai trattati conclusi con gli Stati confinanti, una cooperazione diretta e di tipo contrattuale con l'attore principale, ossia l'UE. Dal canto suo, l'Unione ha manifestato interesse per negoziati concernenti la lotta alla frode in materia di circolazione dei beni e l'armonizzazione fiscale in materia di redditi dei capitali (interessi).

3.3.2.3

Importanza dell'UE per la sicurezza interna della Svizzera

A causa dell'importanza della sua piazza finanziaria, del suo sistema federale di perseguimento penale, dei suoi limitati mezzi di polizia e dell'assenza di istituzioni europee importanti, la Svizzera è particolarmente minacciata dalla criminalità organizzata. Gli Stati terzi non membri dell'UE sono per il momento ampiamente esclusi dall'edificazione di uno spazio europeo di sicurezza, di libertà e di giustizia, ciò che indebolisce sensibilmente la posizione del nostro Paese in questo importante settore.

Sempre più problematica si rivela in particolare la nostra non partecipazione al «Sistema di informazione di Schengen» applicabile a livello europeo. La Svizzera rischia di diventare una piattaforma per l'immigrazione illegale, la criminalità organizzata e il terrorismo internazionale. Per queste ragioni la priorità della politica estera in materia di sicurezza interna consiste nel favorire lo sviluppo e il consolidamento della cooperazione con gli Stati confinanti, con l'Unione europea e con gli Stati situati in uno spazio europeo più ampio e nei suoi immediati dintorni.

L'avvicinamento della Svizzera allo spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia in fase di costituzione a livello europeo rappresenta l'obiettivo principale di politica estera in materia di sicurezza interna. Vogliamo soprattutto partecipare a pieno titolo agli strumenti giuridici di Schengen, che comprendono in particolare l'accesso al sistema di informazione di Schengen e la partecipazione alla convenzione di Dublino sul primo asilo connessa alla partecipazione al nuovo sistema di registrazione delle impronte digitali «Eurodac».

I negoziati su questi e su altri temi potranno tuttavia essere avviati con successo soltanto in presenza di interessi reciproci equilibrati.

20

258

Sono accordi che concernono soprattutto una maggiore cooperazione nei settori della statistica, dei media, della gioventù, della formazione e dell'ambiente, di una liberalizzazione generalizzata dei servizi, di un migliore accesso per i prodotti agricoli lavorati nonché del disciplinamento dell'imposizione fiscale delle pensioni degli ex funzionari dell'UE domiciliati in Svizzera.

3.4

Priorità geografiche della politica bilaterale

Priorità: Il Consiglio federale intende viepiù fissare priorità geografiche nella sua politica estera bilaterale, pur rispettandone l'universalità. Esse comprendono in particolare l'Europa sudorientale e il bacino del Mediterraneo. Non è però escluso che i singoli settori politici possano stabilire altre priorità.

3.4.1

Relazioni bilaterali in Europa e a livello mondiale

3.4.1.1

Universalità delle relazioni estere svizzere

Per la Svizzera è importante intrattenere relazioni con la quasi totalità degli Stati.

L'universalità della politica estera svizzera è un principio tradizionale che non è messo in discussione. Ai fini di una politica d'interessi più consapevole e con riguardo ai mezzi di cui dispone, non potremo tuttavia fare a meno in futuro di definire priorità anche in ambito geografico. La Svizzera non può accordare la stessa attenzione a tutte le zone problematiche della Terra. Concentrarsi su Stati e regioni prioritari non significa affatto trascurare o tenere in minor conto le relazioni con tutti gli altri Paesi.

Relazioni con gli Stati europei Attribuiamo un'importanza fondamentale al dialogo e al fondamento contrattuale delle relazioni con i 15 Stati membri dell'UE, i nostri partner principali. Nonostante divergenze d'opinione occasionali, le relazioni sono eccellenti, innanzitutto con gli Stati limitrofi, ossia Germania, Francia, Italia e Austria. Con gli Stati limitrofi intendiamo portare avanti in particolare lo sviluppo della collaborazione di polizia bilaterale. Poiché due terzi di tutti i casi di cooperazione internazionale in questo settore si svolgono con questi Paesi, una rete di accordi bilaterali ben sviluppata riveste un'importanza cruciale. Gli accordi conclusi negli ultimi anni si situano tuttavia a differenti livelli. Aspiriamo perciò ad armonizzarli al meglio. Oltre a ciò, va consolidato anche il partenariato di sicurezza dei Paesi alpini, un processo avviato nel 1999 in occasione dell'incontro informale sul Bürgenstock dei Ministri dell'Interno di Germania, Francia, Austria, Italia, Liechtenstein e Svizzera e concretizzato l'anno seguente sul lago di Costanza.

Un'attenzione particolare sarà prestata al dialogo bilaterale a scadenze regolari con le istituzioni europee a Bruxelles. Per finire, sarà rafforzata la cooperazione con i 13 Paesi attualmente candidati all'adesione all'UE. Questo intensificarsi delle relazioni con probabili futuri Stati membri dell'UE include anche la Turchia, con la quale il nostro Paese ha avviato un dialogo più attivo dopo una fase di stallo nelle relazioni.

Relazioni con gli Stati extraeuropei Al di fuori dell'Europa, intendiamo fissare le seguenti priorità geografiche in materia di politica bilaterale: ­

Relazioni con le superpotenze Attribuiamo grande importanza al dialogo e alla cooperazione con gli Stati Uniti. La posizione economica, politica e militare che questa superpotenza 259

occupa nel mondo è unica nel suo genere (cfr. n. 2.1.3.1). L'intensità delle relazioni economiche, politiche, scientifiche e culturali fra i due Paesi fa delle buone relazioni con gli Stati Uniti una nostra priorità. Miriamo anche a continuare a mantenere ad alto livello le relazioni con gli altri Stati del G 8 e con la Cina.

­

Relazioni nel quadro delle priorità tematiche Oltre che sull'Europa sudorientale e sul bacino del Mediterraneo, gli sforzi in materia di politica di pace saranno concentrati in particolare sugli Stati con i quali esiste un programma prioritario della cooperazione allo sviluppo o là dove la Svizzera è già impegnata in attività di mediazione.

Il nostro Paese concentrerà gli sforzi bilaterali in materia di politica economica esterna innanzitutto sugli Stati dove disponiamo di intense relazioni economiche o dove si ravvisa un potenziale per l'ulteriore sviluppo degli interessi economici.

Nel quadro della politica internazionale in materia di ricerca e di formazione, nei Paesi di concentrazione e tenendo conto delle condizioni quadro internazionali in rapido mutamento, occorre adottare misure adeguate alle necessità per allestire e sviluppare la cooperazione scientifica bilaterale.

Le priorità geografiche della cooperazione allo sviluppo, della cooperazione con i Paesi dell'Est e dell'aiuto umanitario sono determinate dalle basi legali. Si tratta dapprima dei presupposti dei Paesi partner, ad esempio l'appartenenza al gruppo dei Paesi in sviluppo più poveri, gli sforzi di sviluppo e il genere di governo del Paese nonché una certa stabilità politica. Vi sono però anche esigenze di tipo pratico quali la disponibilità al dialogo, la definizione di priorità tematiche, l'efficacia, le risorse disponibili.

3.4.1.2

Costituzione di «Presenza Svizzera»

La promozione della Svizzera all'estero diventa sempre più un settore a sé stante della politica estera. Abbiamo quindi deciso di riorganizzare gli sforzi fatti finora («Commissione di coordinamento per la presenza della Svizzera all'estero», COCO) e di aumentare chiaramente i mezzi finanziari a tale scopo. È stato dimostrato che lo strumento della COCO, che a lungo ha dato prova di efficacia, non soddisfa più le attuali esigenze. L'accresciuta concorrenza a livello mondiale in materia di comunicazione statale ci ha convinti dell'utilità di questo passo.

Con l'organizzazione «Presenza Svizzera», di recente costituzione, si intende migliorare la comunicazione della Svizzera all'estero. Presenza Svizzera si prefigge di trasmettere all'estero un'immagine moderna, positiva e attrattiva del nostro Paese.

L'organizzazione servirà anche, in collaborazione con altri servizi, a sviluppare un sistema d'avvertimento tempestivo per possibili problemi nel settore dell'immagine, affinché sia possibile riconoscere per tempo le opportunità e i rischi che potrebbero influire sulla considerazione della Svizzera all'estero.

Presenza Svizzera deve in particolare trasmettere all'estero i seguenti valori tipici del nostro Paese: diversità, tradizione umanitaria, apertura alle esigenze dei cittadini, senso della qualità e innovazione. A tale scopo, l'organizzazione svilupperà una moderna piattaforma d'informazione chiamata SwissInfo, nonché programmi e

260

azioni rivolti a Paesi prioritari. Quale primo Paese di concentrazione sono stati scelti gli Stati Uniti poiché in questo Paese vi è una necessità di ricupero a causa delle controversie sul ruolo svolto dalla Svizzera durante la Seconda Guerra mondiale. Altri Stati seguiranno.

3.4.1.3

Rete di rappresentanze svizzere

Le relazioni bilaterali poggiano su reti di relazioni sviluppate. Nel decennio appena trascorso abbiamo quindi intrapreso sforzi considerevoli per consolidare la presenza svizzera sul posto. Negli ultimi dieci anni abbiamo progressivamente aperto ambasciate o consolati generali là dove gli interessi svizzeri giustificavano simili onerose misure21. Parte integrante della rete di relazioni sono poi gli uffici di coordinamento della cooperazione allo sviluppo, della cooperazione con i Paesi dell'Est e dell'aiuto umanitario svizzeri, le antenne di Pro Helvetia e le missioni presso le organizzazioni internazionali.

A causa delle risorse finanziarie limitate, in linea di massima occorre compensare i mezzi investiti per nuove rappresentanze mediante razionalizzazioni. Negli ultimi dieci anni, 18 rappresentanze con funzionari trasferibili sono state perciò chiuse e sostituite da consolati onorari con consoli onorari che esercitavano quest'attività a titolo accessorio.

Nei prossimi anni, baderemo particolarmente alle esigenze in materia di rappresentanze nell'Est dell'Europa e nel bacino del Mediterraneo, in quanto siamo convinti che i problemi in queste regioni porteranno il nostro Paese a dover affrontare sfide particolari.

3.4.2

Europa sudorientale e dell'Est

Europa sudorientale Con la sua adesione al Patto di stabilità per l'Europa sudorientale, alla Svizzera è stata offerta la possibilità di fare beneficiare la comunità internazionale delle esperienze fatte durante lunghi anni nel lavoro progettuale bilaterale. Nei prossimi anni, la parte preponderante degli aiuti tecnici e finanziari previsti nel quadro dell'aiuto ai Paesi dell'Europa dell'Est sarà impiegata nei Balcani.

Le priorità tematiche riguarderanno innanzitutto i settori della protezione delle minoranze e dei diritti umani, del decentramento, della riforma della polizia e della giustizia, degli aiuti alla costituzione di media indipendenti, della ricostruzione delle infrastrutture, del promovimento dell'economia privata, della costituzione di un sistema creditizio funzionante e infine del promovimento di un moderno sistema sanitario. Oltre a ciò, la Svizzera continuerà a partecipare ai progetti transfrontalieri del Patto di stabilità.

21

Kuwait, Riga, Tirana, Kiev, Tashkent, Shanghai, Skopje, San Pietroburgo, Bratislava, Sarajevo, Ufficio di collegamento a Pristina. A Ljubljana e Tbilisi, rappresentanze svizzera entreranno in servizio nel 2001.

261

Il programma speciale in favore del Kosovo sarà portato avanti. In primo piano vi sono gli sforzi nell'aiuto al ritorno e nello sviluppo di condizioni quadro politiche, economiche e sociali atte a diminuire la migrazione. A tale scopo e qualora le condizioni politiche lo consentano, sosterremo anche il Montenegro e la Serbia mediante programmi speciali, al fine di contribuire a stabilizzare a lungo termine la regione.

La Svizzera proseguirà poi la collaborazione con la società civile serba, onde appoggiare il processo di democratizzazione di questo Paese.

Gli Stati dell'Europa sudorientale costituiscono inoltre una priorità per la cooperazione nel settore della sicurezza interna. In questo ulteriore settore d'interesse, l'obiettivo è di consolidare la cooperazione in materia di sicurezza concludendo accordi bilaterali di riammissione, mediante lo stazionamento, nell'ambito delle possibilità, di agenti di collegamento e sostenendo la costituzione di un sistema giudiziario e di polizia.

Europa dell'Est Continueremo a sostenere la Russia nei suoi sforzi per portare avanti le necessarie riforme politiche, istituzionali, economiche e sociali. Il sostegno comprende in particolare misure nei settori dei diritti umani, della sicurezza nucleare e dell'ambiente.

Oltre a ciò, la Svizzera è interessata a una stretta collaborazione nel settore dell'applicazione del diritto e dell'azione penale, poiché la criminalità organizzata proveniente proprio da questo Paese costituisce una potenziale fonte di pericolo per la Svizzera, in particolare abusando della nostra piazza finanziaria per compiere reati.

Per l'Ucraina sono previsti programmi analoghi a quelli già attuati con la Russia.

Questa scelta deriva dalla consapevolezza che in avvenire questo Paese svolgerà un ruolo essenziale nella stabilizzazione dell'Europa orientale.

I membri del gruppo di voto della Svizzera nel Fondo monetario internazionale e nella Banca mondiale, in una procedura progressiva ­ dapprima in particolare Kirghizistan e Tagikistan ­ continueranno a essere Paesi prioritari della nostra cooperazione. Questi Paesi partner consentono alla Svizzera di rivendicare un seggio nei Consigli esecutivi di queste due istituzioni finanziarie globali e quindi di influenzare le decisioni in materia finanziaria e di politica di sviluppo. La cooperazione
con questi Paesi si concentra attualmente sui settori della salute, dello Stato di diritto e dei diritti umani, del promovimento delle PMI, dell'agricoltura e della silvicoltura.

3.4.3

Bacino del Mediterraneo

Gli sviluppi nel Sud e nell'Est del bacino del Mediterraneo richiedono la completa attenzione della politica estera e di sicurezza svizzera. La Svizzera ha ottimi motivi per prendere maggiore coscienza in futuro dell'importanza di questa regione, i cui Paesi costituiscono parte del suo vicinato indiretto. Ha un interesse strategico nella stabilità politica, nello sviluppo economico e nella coesione di questi Stati. Solamente migliorando le prospettive economiche e favorendo adeguamenti sociali nel Sud del Mediterraneo è possibile stabilizzare a lungo termine la regione, il che si ripercuoterà anche sulla situazione della sicurezza e sull'immigrazione proveniente dalla parte meridionale del bacino del Mediterraneo.

262

Il nostro Paese dispone di alcuni punti di forza che intendiamo mettere viepiù in risalto nei prossimi anni. Per tradizione, la Svizzera, sia a livello bilaterale sia multilaterale, intrattiene buone relazioni con la maggior parte degli Stati della regione ed è attiva economicamente nel Sud del bacino mediterraneo. In considerazione delle importanti sfide che rappresentano per il nostro Paese le questioni insolute di questa regione, la Svizzera deve tuttavia attivarsi maggiormente sul posto e coordinare meglio la sua politica regionale. Inoltre, intensificando lo scambio di informazioni e concludendo accordi di riammissione, intendiamo adoperarci anche nel settore della sicurezza interna.

Per il bacino del Mediterraneo stiamo mettendo in atto una strategia, che include il coordinamento delle misure e degli strumenti bilaterali e multilaterali, per consentire al nostro Paese di promuovere meglio gli interessi svizzeri. Così si dovrebbe riuscire anche a compensare la mancata partecipazione al «processo di Barcellona» dell'UE.

4

Conclusioni

La politica estera di ogni Paese necessita di un quadro concettuale. Essa deve orientarsi su obiettivi a lungo termine e nel contempo deve fissare priorità operative se vuole garantirne efficacemente gli interessi. D'altro canto, gli sviluppi internazionali sono costantemente caratterizzati dall'imprevedibilità. Anche la politica estera svizzera deve venire a capo di questi paradossi fra l'esigenza di un quadro concettuale e di obiettivi chiari, da un lato, e l'imprevedibilità degli sviluppi di politica estera, dall'altro.

Le tensioni fra l'esigenza concettuale e la realtà della politica estera si manifestano in vari ambiti. Ad esempio, la nostra politica estera intende improntare le relazioni estere sul principio dell'universalità, ma nel contempo, tenendo conto degli interessi e dei mezzi della Svizzera, è costretta a fissare priorità anche dal profilo geografico.

Simili tensioni non sono peculiari della politica estera svizzera. A livello mondiale vi è infatti una necessità di gestire gli sviluppi globali; eppure, se comparate a tale esigenza, le possibilità della politica estera e della diplomazia internazionale paiono ridotte e inadeguate. In materia di politica estera, all'idea di fattibilità sono spesso posti dei limiti.

Questo si evidenzia in modo particolarmente chiaro nella politica di pace. Chiunque intenda prevenire lo scoppio di conflitti latenti o offrire una mediazione in situazioni di conflitto necessita di perseveranza, di mezzi adeguati e quasi sempre della stretta cooperazione con altri Stati. Occorre prendere in considerazione la possibilità di un fallimento dopo lunghi anni di sforzi. Oggi la Svizzera fornisce in tutto il mondo notevoli contributi alla promozione e al mantenimento della pace. Se per decenni la politica dei buoni uffici ha significato un comportamento di attesa finché da parte di terzi non veniva chiesto alla Svizzera di attivarsi, da tempo oramai questo atteggiamento ha fatto posto a una politica di impegno attivo in favore della pace. Tuttavia, attendersi rapidi e brillanti successi significa ignorare le cause complesse e sovente strutturali delle situazioni di conflitto. Nonostante ciò, nel prossimo decennio intendiamo portare avanti e ampliare il nostro impegno in favore della pace e del rispetto della dignità umana. I valori che servono da fondamento alla politica estera svizzera devono diventare più visibili.

263

La constatazione secondo cui l'efficacia e la forza di persuasione della politica estera dipende più che mai dalla capacità di uno Stato di salvaguardare i propri interessi in ambito multilaterale o, se riferito all'Europa, sovranazionale, si ritrova già nel Rapporto sulla politica estera del 1993 ed è valida oggi come allora. Il divenire membro dell'ONU e l'adesione all'Unione europea, da perseguire nel prossimo decennio, non costituiscono perciò uno scopo proprio della politica estera, bensì si situano nel segno di una strategia intesa a tutelare gli interessi del Paese e ad accrescere l'efficacia della nostra politica estera.

2430

264

Allegato

Retrospettiva della politica estera della Svizzera negli anni Novanta 1

Posizione e immagine della Svizzera nel mondo

Oggi la posizione, l'immagine e l'influsso di uno Stato nel mondo non sono tanto determinati dalla grandezza del suo esercito o del suo territorio quanto da fattori diversi, tra cui vanno annoverati: ­

la produttività economica,

­

la dinamica sociale, che permette un rapido ed efficace adeguamento a mutamenti del contesto internazionale,

­

il potenziale integrativo della struttura sociale, che permette di ridurre le tensioni interne,

­

la stabilità democratica,

­

la qualità del sistema di formazione, segnatamente la padronanza delle tecnologie moderne e l'uso adeguato del sapere,

­

l'influsso culturale (il cosiddetto «soft-power»).

Valutata secondo alcuni dei suoi dati economici di base quali la competitività22, le spese per la ricerca e lo sviluppo23 e il numero di utenti Internet24, la Svizzera si situa nel gruppo dei Paesi in testa alla classifica. L'economia svizzera occupa un posto di rilievo nell'ambito degli investimenti transfrontalieri diretti. Tuttavia questo quadro positivo mostra anche alcuni punti negativi: per quel che concerne la crescita economica il nostro Paese non figura tra gli Stati in testa alla classifica e anche in merito alla quota fiscale e statale e al debito pubblico nell'ultimo decennio la Svizzera ha perso parte del vantaggio di cui disponeva in passato.

Per quel che concerne l'importanza economica, la Svizzera occupa verosimilmente un posto tra i primi venti Stati nel contesto delle 190 nazioni del mondo, presentandosi quindi come una potenza economica di medie dimensioni. In alcuni settori economici, ad esempio nel settore dei servizi finanziari o degli investimenti diretti, il nostro Paese non deve temere il paragone con le grandi potenze europee o mondiali.

Per quel che concerne l'influsso in materia di politica estera, inteso come capacità del Paese di influire sugli sviluppi nel mondo tramite la collaborazione multilaterale, si constata invece che la Svizzera occupa un posto di minor rilievo rispetto a quanto corrisponderebbe alla sua capacità economica. Senza dubbio negli ultimi decenni l'influsso della Svizzera nel campo della politica estera è diminuito. La collaborazione bilaterale tradizionale non può più compensare questa perdita, cui si deve far fronte tramite una maggiore collaborazione a livello multilaterale e sovranazionale, soprattutto nell'ambito dell'ONU e dell'UE.

22 23 24

Secondo «The World Competitiveness Yearbook 2000»: 5° posto su 47 Paesi.

Secondo «The World Competitiveness Yearbook 2000»: in base alle spese pro capite: 1° posto su 47 Paesi; in base alla percentuale del PNL: 4° posto su 47 Paesi.

Secondo il Computer Industry Almanac: USA 29% della popolazione; UE: 9%; Svizzera 19%.

265

Per molti anni il nostro Paese ha goduto all'estero di una reputazione buona anche se non priva di elementi stereotipati: montagne, cioccolata e orologi, ma anche stabilità politica, benessere e pace del lavoro hanno caratterizzato l'immagine tipica della Svizzera. Tuttavia ultimamente altre particolarità svizzere vanno viepiù attirando l'attenzione dell'opinione pubblica internazionale: la grande importanza della piazza finanziaria rispetto alle dimensioni del Paese, il segreto bancario e l'atteggiamento di chiusura verso l'esterno assunto dalla maggioranza della popolazione del Paese, come si è manifestato ad esempio nelle votazioni sullo SEE e sui «caschi blu», sono elementi percepiti negativamente all'estero. Per contro, sono spesso citati con ammirazione la struttura federalista del nostro Paese, la democrazia diretta, la certezza del diritto, l'efficacia delle infrastrutture statali e la forza innovativa del nostro pluralismo culturale.

L'immagine del nostro Paese ha sofferto delle controversie in parte molto aspre circa il ruolo della Svizzera nella Seconda Guerra mondiale. Con l'accordo tra le banche svizzere, i rappresentanti legali e le organizzazioni ebraiche, e con la dichiarazione congiunta del Governo degli Stati Uniti e del Consiglio federale nel 1999 si è raggiunta una soluzione che ha tenuto adeguatamente conto degli interessi di tutte le parti coinvolte. Le misure di ampia portata che la Svizzera ha adottato in seguito a questa problematica (lavoro della commissione indipendente di esperti «SvizzeraSeconda guerra mondiale» e pubblicazione di vari rapporti, annuncio della Fondazione Svizzera solidale ecc.) sono state valutate positivamente anche all'estero. Il profondo lavoro di rivalutazione del proprio passato ha contribuito a distendere la situazione a livello nazionale e internazionale.

Tuttavia, rimediare alle turbolenze con gli Stati Uniti ha richiesto uno sforzo particolare da parte del nostro Paese. La problematica ha confermato che oggi la politica estera non è più di esclusiva competenza dei governi ma che è necessario tenere conto di attori diversi con un forte influsso sulla politica e sui media internazionali.

Gli avvenimenti hanno provato che anche una pluriennale tradizione di rapporti amichevoli non impedisce a uno Stato di perseguire con decisione i propri
interessi di politica interna. Il Consiglio federale ne ha tratto la conclusione che la vulnerabilità internazionale della Svizzera è considerevole ed è aumentata nel corso degli ultimi anni.

L'immagine di un Paese non si forgia da un giorno all'altro ma rispecchia i suoi valori, la sua storia, le esperienze riportate dagli stranieri che vi soggiornano, le notizie diffuse dai mass media e simili. Sarebbe illusorio credere che l'immagine di una nazione possa essere migliorata durevolmente con il solo aiuto di campagne pubblicitarie. L'impressione di egoismo è confutata solamente tramite una politica solidale fondata su principi etici; si può lottare contro l'impressione di isolamento solamente aprendosi e assumendo responsabilità. Oggi è quindi essenziale non solo la politica praticata da uno Stato ma anche la sua capacità di comunicare questa politica verso l'esterno. Sulla base di queste considerazioni il Consiglio federale ha deciso l'istituzione di una nuova organizzazione denominata «Presenza Svizzera» per permettere un impegno più attivo in questo ambito.

266

2

Attività della politica estera della Svizzera negli anni Novanta

La presente retrospettiva delle strategie e attività della politica estera della Svizzera durante gli anni Novanta è impostata attorno ai cinque obiettivi di politica estera svizzera definiti nel Rapporto sulla politica estera del 1993 (cfr. n. 1.1).

2.1

Mantenimento e promovimento della sicurezza e della pace

Obiettivo: «La politica estera contribuisce (...) ad aumentare la sicurezza intesa in senso globale, in particolare mediante una politica attiva e preventiva di promovimento della pace, il rafforzamento dell'ordine giuridico internazionale e la partecipazione all'edificazione e allo sviluppo di un sistema di sicurezza collettiva.» (Rapporto sulla politica estera 93)

2.1.1

Politica di sicurezza

A causa della sua mancata adesione all'ONU e all'UE, la Svizzera svolge la sua intensa attività negli ambiti della prevenzione dei conflitti e della ricostruzione in seguito a conflitti tramite la partecipazione all'OSCE e al Partenariato per la pace (PfP) nonché in qualità di membro del Consiglio di partenariato euroatlantico (EAPC) e del Consiglio d'Europa.

La partecipazione al PfP lanciato dalla NATO (1996) e all'EAPC (1997) sono due elementi chiave dell'evoluzione della politica di sicurezza della Svizzera. Il nostro Paese trae frutto dallo scambio regolare di opinioni in merito alla politica di sicurezza che avviene a livello dei ministri degli esteri e della difesa nel contesto dell'EAPC. Per quel che concerne PfP ed EAPC la Svizzera è libera di definire tipo e ampiezza della partecipazione.

Esempi: Nel 1999 la Svizzera ha partecipato a circa 250 attività del PfP e ha presentato 25 offerte, in particolare negli ambiti del rafforzamento del diritto internazionale umanitario, della collaborazione civile e militare, dell'aiuto in caso di catastrofi e delle moderne tecnologie di informazione. Il nostro Paese ha inoltre partecipato a programmi del PfP volti alla stabilizzazione delle forze armate in Albania e in Macedonia.

A Ginevra la Svizzera mette a disposizione della comunità internazionale tre centri: il Centro per la politica di sicurezza, attivo nella formazione nell'ambito della politica di sicurezza, il Centro per lo sminamento umanitario e il Centro per il controllo democratico delle forze armate.

267

L'uso mirato di strumenti del PfP consente all'esercito svizzero di partecipare ad azioni internazionali di mantenimento della pace o al sostegno di operazioni umanitarie nell'ambito di un mandato dell'ONU o dell'OSCE.

Esempi: In occasione della crisi nel Kosovo, la Svizzera durante tre mesi ha messo a disposizione dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (ACNUR) diversi elicotteri militari. Nell'ottobre 1999 il Consiglio federale ha inoltre deciso la partecipazione della Svizzera a un'operazione del PfP condotta dalla NATO sotto l'egida dell'ONU («Kosovo Force», KFOR), mettendo a disposizione della KFOR un'unità logistica svizzera.

Il nostro Paese continua il suo impegno sostanziale in seno all'OSCE, una delle più importanti organizzazioni per la soluzione pacifica di conflitti che riveste un ruolo centrale nel riconoscimento tempestivo dei conflitti, nella loro prevenzione e nella normalizzazione della situazione in seguito a conflitti. Negli ultimi anni l'OSCE ha ampliato notevolmente le sue potenzialità operative. Nel 1996 la Svizzera assunse la presidenza dell'OSCE in un periodo in cui l'organizzazione era confrontata con grandi sfide soprattutto in Bosnia-Erzegovina e in Cecenia. Con l'Accordo di Dayton all'OSCE veniva attribuito un mandato importante, segnatamente in relazione con lo svolgimento di elezioni. La presidenza svizzera decise di svolgere queste elezioni nel settembre 1996, una decisione difficile ma giusta, come si rivelò in seguito.

Esempi: Dal 1996 al 2000 la Svizzera ha messo a disposizione della missione dell'OSCE in Bosnia-Erzegovina un'unità logistica di circa 50 persone («berretti gialli»). Dal dicembre 1998 al marzo 1999 quaranta Svizzeri hanno partecipato alla Missione di verifica nel Kosovo («Kosovo Verification Mission», KVM). Nel 2000 la Svizzera ha inviato una quarantina di esperti civili in missioni dell'OSCE e osservatori elettorali in diversi Paesi dell'Europa sudorientale e dell'Asia centrale. Inoltre le missioni dell'OSCE in Cecenia, in Croazia e nell'Ucraina sono attualmente dirette o sono state dirette da Svizzeri.

Dal 1997 la direzione dell'Ufficio dell'OSCE per le istituzioni democratiche e per i diritti umani a Varsavia è affidata a uno Svizzero. Alla fine del 1999 una Svizzera è stata nominata rappresentante personale della presidenza
in carica dell'OSCE per le missioni nel Caucaso.

Nell'ambito della sicurezza interna, per il nostro Paese sono determinanti soprattutto le attività dell'Unione europea, in continuo aumento. L'UE è andata successivamente costituendo (con la libera circolazione delle persone, l'Accordo di Schengen, la Convenzione di Dublino sul primo asilo, Europol, il Trattato di Amsterdam) uno spazio di libertà, sicurezza e diritto volto a proteggere gli abitanti dell'Unione dalle conseguenze della criminalità organizzata e della migrazione indesiderata.

Dalla metà degli anni Novanta la Svizzera si trova dunque circondata da uno spazio comune europeo di sicurezza cui però non partecipa. Questo si ripercuote a vari livelli, ad esempio con un aumento delle domande di asilo inoltrate da persone le cui domande sono state rifiutate nell'UE, svantaggi nel settore turistico legati alla politica dei visti dell'UE e difficoltà nella collaborazione degli organi di polizia.

268

Considerato il forte interesse della Svizzera a coordinare la propria sicurezza interna con l'attività dell'UE per evitare di trasformarsi in un'isola di insicurezza, sin dall'inizio degli anni Novanta il nostro Paese ha manifestato agli Stati limitrofi e all'UE il proprio interesse per una collaborazione più intensa. Finora tuttavia l'UE non ha potuto decidersi a collaborare con il nostro Paese in questo a mbito.

Per questo motivo il Consiglio federale ha deciso di rafforzare la sicurezza interna della Svizzera mediante una più stretta collaborazione con i Paesi confinanti. In una prima tappa sono stati conclusi con la Germania, la Francia, l'Italia, l'Austria e il Liechtenstein accordi sull'assistenza giudiziaria, la collaborazione degli organi di polizia e di giustizia e la riammissione di cittadini esteri. Oltre a sviluppare e rafforzare la tradizionale collaborazione con i nostri Stati limitrofi, questi accordi consentono di intensificare la collaborazione nel campo della sicurezza interna nell'interesse di tutte le parti, compensando perlomeno in parte la mancata partecipazione della Svizzera al sistema di sicurezza europeo.

Esempio: Gli accordi bilaterali con gli Stati confinanti coprono, in misura diversa, i seguenti ambiti: collaborazione diretta tra le autorità competenti, prestazione di aiuto in caso di eventi di grande impatto dal punto di vista della politica di sicurezza, catastrofi e incidenti gravi, trasmissione di informazioni secondo procedure automatizzate, trasmissione diretta di atti giudiziari e di autorità nonché consegna controllata, inseguimento e osservazione.

L'introduzione del cosiddetto «progetto sull'efficienza» (art. 340bis CP), che estende in determinate condizioni la giurisdizione penale della Confederazione a delitti nell'ambito della criminalità organizzata e della criminalità economica, ha inoltre portato a una centralizzazione delle risorse che permette di lottare più efficacemente contro casi complessi di criminalità organizzata a livello internazionale.

La messa in atto degli accordi bilaterali sulla cooperazione giudiziaria e in materia di polizia con i nostri Paesi limitrofi permetterà tra l'altro un'ampia cooperazione e uno scambio rapido di informazioni.

Non è per contro stato possibile concludere accordi concernenti i rapporti con l'UE nell'ambito
della sicurezza interna. L'isolamento della Svizzera rispetto al costruendo spazio di sicurezza europeo comporta svantaggi per il lavoro degli organi di polizia: non sono ad esempio possibili analisi criminalistiche su larga scala o una partecipazione del nostro Paese allo scambio di informazioni in seno all'UE. Perlomeno, la Svizzera è uno degli Stati terzi con cui Europol intende concludere in via prioritaria un accordo di cooperazione. Anche nell'ambito dell'asilo la Svizzera è in grado di stabilizzare l'immigrazione a lungo termine unicamente in collaborazione con l'UE.

2.1.2

Politica di controllo degli armamenti e di disarmo

Nell'ambito del controllo degli armamenti e del disarmo la Svizzera ha aderito a tutti i trattati bilaterali che le sono attualmente accessibili. Partecipa inoltre agli accordi multilaterali informali volti alla non proliferazione di armi di distruzione di massa.

269

La fine dell'antagonismo tra Est e Ovest ha reso possibili notevoli successi in seno agli organi convenzionali di trattative: nell'ambito delle armi nucleari è stato possibile concludere i negoziati su un trattato per un divieto globale degli esperimenti nucleari. Nell'ambito delle armi chimiche si segnala un passo particolarmente importante legato alla Convenzione sul divieto delle armi chimiche, che vieta in modo globale e controllabile un'intera classe di armi di distruzione di massa.

Esempio: Grazie alla sua alta competenza specifica nel settore chimico e alla sua tradizionale fama di Paese indipendente e affidabile, la Svizzera può svolgere un ruolo significativo nella lotta contro la proliferazione delle armi chimiche, come dimostra l'esempio del laboratorio AC di Spiez, attivo a livello mondiale. Il nostro Paese ha inoltre contribuito in maniera incisiva alla configurazione dell'ispettorato dell'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPCW). Oltre cento ispettori internazionali sono stati formati in Svizzera con l'appoggio attivo dell'industria chimica svizzera.

Non da ultimo a causa dei progressi registrati nella biotecnologia le armi biologiche sono oggi considerate un pericolo particolarmente difficile da controllare. A Ginevra attualmente sono in corso trattative su un protocollo aggiuntivo concernente il rafforzamento e il controllo della Convenzione sulle armi biologiche.

Parallelamente agli organi tradizionali negli ultimi anni è stata istituita una nuova forma di politica di controllo degli armamenti e di disarmo che si propone di migliorare la «sicurezza umana» e che si svolge nell'ambito di reti di contatto informali al di fuori delle organizzazioni internazionali riconosciute.

Esempio: In breve tempo, una coalizione mondiale di Stati che condividono gli stessi principi, del cui gruppo centrale fa parte anche la Svizzera, ha potuto elaborare e adottare in collaborazione con il CICR e con organizzazioni non governative la Convenzione sul divieto totale delle mine antiuomo.

In seguito all'adozione della Convenzione sul divieto delle mine antiuomo la Svizzera si impegna in una nuova rete di contatti che riunisce una dozzina di Stati («Human Security Network») e si occupa tra l'altro della complessa problematica delle armi leggere.

Nell'ambito delle armi convenzionali
il nostro Paese si impegna nel quadro dell'OSCE e dell'ONU in favore di una maggiore trasparenza delle esportazioni e importazioni di materiale bellico. Per molto tempo le nostre esportazioni di materiale bellico sono state oggetto di discussione anche a livello di politica interna. In relazione con questo tipo di esportazioni vi è il rischio di un conflitto di interessi tra la garanzia di posti di lavoro in Svizzera e il mantenimento di un'industria nazionale degli armamenti, da un lato, e la promozione dei diritti umani, della pace e della sicurezza, dall'altro. La problematica è stata in gran parte risolta nel 1996 con la legge sul materiale bellico, la quale ha introdotto un severo regime di controllo che impedisce l'esportazione di armi svizzere in zone esposte al pericolo di conflitti.

270

2.1.3

Promovimento della pace

Il Rapporto sulla politica estera 93 aveva rilevato lacune negli strumenti di politica di pace della Svizzera e si era prefissato di migliorare e ampliare le possibilità operative nell'ambito multilaterale e bilaterale. In merito, nell'ultimo decennio sono da segnalare gli seguenti sviluppi: ­

Il «credito per misure di promovimento della pace» è passato da 14 milioni di franchi nel 1993 a 38 milioni per il 2000. Nel 1993 l'85 per cento dei mezzi previsti per contributi finanziari era destinato all'ONU e il 15 per cento per l'impiego di personale e per progetti. Nel 1999 il rapporto risultava invertito, con l'85 per cento destinato all'impiego di personale e ai progetti. Nel 1999, 235 periti civili hanno partecipato a missioni internazionali di mantenimento della pace. Sull'arco dell'anno ciò corrisponde a 70 collaboratori specializzati in servizio permanente in 19 Paesi. Per un totale di poco meno di 20 milioni di franchi è stato possibile finanziare in 29 Paesi progetti di varia entità, tra cui colloqui di pace, sminamento, elaborazione di atti normativi e indagini in merito a crimini di guerra. Le esperienze raccolte permettono al nostro Paese di ampliare e migliorare continuamente gli strumenti in questo ambito.

Esempio: Nel cosiddetto «Processo di Interlaken» (1997-1999) il nostro Paese, in collaborazione con il segretariato dell'ONU, si è occupato di chiarire le possibilità di limitare gli effetti collaterali indesiderati di talune sanzioni dell'ONU sulla popolazione civile e sull'economia. Sono state elaborate una risoluzione e una legge modello in grado di permettere in futuro all'ONU di adottare sanzioni più differenziate («smart sanctions»).

­

Il promovimento di taluni aspetti della «sicurezza umana» è l'obiettivo di un gruppo di 13 Stati riuniti nel cosiddetto «Human Security Network» (Processo di Lysøen). Il gruppo si occupa in particolare di un maggior rispetto del diritto internazionale umanitario, di un migliore controllo del commercio di armi leggere, del divieto dell'impiego di fanciulli soldato, del ruolo degli attori non statali in situazioni di conflitto e della messa in atto del divieto di mine antiuomo. Il gruppo opera su più livelli, sia intervenendo per favorire il trattamento di queste tematiche in seno all'ONU, sia con iniziative proprie.

Esempio: Nel maggio 2000 la Svizzera ha organizzato a Lucerna il secondo incontro ministeriale del gruppo «Human Security Network» da cui sono scaturiti importanti impulsi per la conferenza dell'ONU sulle armi leggere prevista nel 2001 e per la collaborazione futura con gli attori non statali.

­

Nonostante gli sforzi di pace a livello multilaterale, permane la necessità di iniziative bilaterali volte a contribuire alla soluzione di conflitti. Le esperienze dell'ultimo decennio hanno mostrato che anche Stati di piccole e me271

die dimensioni possono svolgere un ruolo decisivo in questo ambito. Considerata la complessità degli attuali conflitti interni, questo tipo di iniziative può far leva su margini di azione altrimenti lasciati inutilizzati e rafforzare la disponibilità di determinati interlocutori a trattative e al dialogo. In questo contesto la Svizzera può mettere a frutto la sua tradizione dei buoni uffici.

Il fatto che la maggior parte dei conflitti odierni sia di natura interna richiede però nuovi metodi, segnatamente un lavoro di gestione del conflitto sistematico e a lungo termine e la costituzione di una rete di contatti con i singoli attori. Diverse forme di «facilitation» e di mediazione sono gli strumenti con cui si cerca di convincere le parti in conflitto a cercare una soluzione pacifica.

Esempi: La Svizzera attribuisce grande importanza alla componente culturale della promozione della pace e appoggia ad esempio la «rivitalizzazione» di ambienti culturali locali colpiti o minacciati da conflitti. Così, nel 1999 Pro Helvetia ha accettato l'incarico di aprire antenne culturali in Macedonia, in Albania, in Romania, in Ucraina e in Bulgaria.

Negli ultimi anni si è provveduto a estendere le potenzialità in questo ambito sulla base del programma di promozione della pace approvato dal Consiglio federale nel 1999. La Svizzera ha potuto raccogliere le prime esperienze con il nuovo tipo di gestione di conflitti in Burundi, in Colombia e in Afghanistan.

Mentre l'aiuto umanitario della Svizzera è già da tempo volto alla prevenzione e al superamento di conflitti, nella cooperazione allo sviluppo e con i Paesi dell'Est le questioni di pace in senso stretto hanno acquisito importanza solamente nel corso degli anni Novanta. Con i loro obiettivi di lotta alla povertà, promozione della buona gestione degli affari pubblici e ricostruzione dopo i conflitti, la cooperazione allo sviluppo e la cooperazione con i Paesi dell'Est rappresentano uno strumento importante di una politica di pace lungimirante e finalizzata alla prevenzione dei conflitti.

Esempi: Attività della cooperazione allo sviluppo legate a conflitti nel M ozambico: ­ sostegno allo svolgimento di elezioni; ­ consulenza/assistenza in caso di conflitti e questioni giuridiche legati alla suddivisione del territorio; ­ consulenza/assistenza per le misure di
smobilitazione; ­ ricostruzione di infrastrutture fisiche; ­ diritti dell'uomo, ricostruzione nel settore della giustizia/sicurezza.

Queste attività e attività simili in altri sei Paesi (Angola, Bosnia, Nicaragua, Nigeria, Rwanda, Sri Lanka) corrispondono a un impegno finanziario di circa 240 milioni di franchi distribuiti sull'arco di oltre dieci anni.

272

2.1.4

Buoni uffici

Da tempo i buoni uffici offerti dal nostro Paese sono parte integrante della politica estera della Svizzera. In Svizzera è tuttora diffusa l'idea che i servizi del nostro Paese quale mediatore o promotore della pace siano richiesti su larga scala. La realtà oggi è ben diversa, in quanto la maggior parte dei conflitti è di tipo interno e sovente il governo coinvolto nel conflitto rifiuta una mediazione da parte di terzi, considerata un'ingerenza in una questione interna. Per questo motivo, i buoni uffici sono spesso affidati a un'organizzazione internazionale quale l'ONU o l'OSCE, che su mandato incarica singole persone o Stati membri di mediare in un dato conflitto. In tal modo si riesce più facilmente a costringere alla collaborazione i governi coinvolti in un conflitto interno. Spesso, inoltre, tali compiti di mediazione sono svolti da superpotenze come gli Stati Uniti o l'UE in quanto sono gli unici a disporre dei mezzi, anche militari, necessari per convincere le parti a un compromesso.

A ciò si aggiunge che con la fine dell'antagonismo tra Est e Ovest il nostro statuto di neutralità ha perso una parte della sua importanza anche in relazione con i buoni uffici.

Esempio: Il conflitto nel Kosovo ha confermato che l'offerta di buoni uffici non è ormai più una prerogativa degli Stati neutrali. Le attività svolte dalla Svizzera durante la crisi nel Kosovo mostrano che, nell'ambito della soluzione di gravi conflitti politici o della promozione della pace, i classici buoni uffici svolgono raramente un ruolo importante e costituiscono solamente una parte modesta della politica estera e di sicurezza della Svizzera, viepiù sostituita da una politica attiva di pace.

2.1.5

Cooperazione con i Paesi dell'Est

Da alcuni anni a questa parte la cooperazione con l'Europa dell'Est costituisce una delle priorità della politica estera della Svizzera. Nel decennio scorso il nostro Paese ha appoggiato soprattutto la Polonia, la Repubblica Ceca, l'Ungheria e gli Stati baltici. In questi Stati il processo di riforma è ormai stabilizzato. Inoltre, essi sono attualmente candidati all'adesione all'UE e possono quindi beneficiare di sostanziali appoggi finanziari da parte di quest'ultima. Per questo motivo le attività della Svizzera nella cooperazione con l'Est si concentrano ora su quei Paesi in cui il processo di riforma è appena agli inizi, ha subito rallentamenti o non ha ancora potuto essere avviato a causa di guerre civili.

Europa sudorientale A causa delle diverse crisi e del perdurare dell'insicurezza in questa regione, l'Europa sudorientale da tempo è al centro delle attività di politica estera della Svizzera.

Sin dal 1995 la regione dell'ex Jugoslavia costituisce un punto centrale dell'aiuto umanitario della Svizzera. Il nostro Paese ha accolto innumerevoli profughi di guerra, appoggiato attivamente il loro rientro in patria e contribuito alla ricostruzione.

Nel 1996 la Svizzera ha assunto la presidenza dell'OSCE e in tale funzione è stata in grado di fornire un aiuto essenziale. Il nostro Paese continua il suo forte impegno in Bosnia-Erzegovina con un ampio programma.

273

Esempio: Radio libera in Bosnia-Erzegovina (FERN) Il progetto è finanziato dalla Svizzera e realizzato in collaborazione con l'OSCE. La presenza di un'emittente indipendente contribuisce alla comprensione reciproca fra le tre etnie. Dal 15 luglio 1996 Radio FERN manda in onda ventiquattr'ore su ventiquattro un programma elaborato da una redazione bosniaca multietnica. Sono attualmente in corso i preparativi per permettere la gestione dell'emittente da parte di un organismo locale.

Recentemente Radio FERN è stata scelta dall'associazione dei giornalisti della Bosnia-Erzegovina quale radio dell'anno 1999.

Per poter prestare un aiuto e una collaborazione possibilmente efficaci in vista del processo di stabilizzazione nell'Europa sudorientale, la Svizzera ha sviluppato un vasto catalogo di misure. Il nostro Paese è presente in tutti i Paesi della regione con ambasciate e ha aperto in tutti i Paesi di concentrazione della cooperazione con l'Est degli uffici di coordinamento incaricati di verificare l'impiego del cospicuo aiuto finanziario e personale messo a disposizione a livello bilaterale e multilaterale.

La Svizzera collabora con tutte le strutture e organizzazioni internazionali attive nella regione e mantiene intensi contatti con le varie organizzazioni non governative. La collaborazione con il Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia rappresenta una delle priorità; al Tribunale è stato messo a disposizione un procuratore pubblico generale svizzero. Inoltre una compagnia di soldati svizzeri non armati («Swisscoy») appoggia la missione della NATO in Kosovo.

Esempio: Sostegno dell'agricoltura e delle PMI in Romania Con il sostegno e lo sviluppo dell'agricoltura privata e delle piccole e medie imprese (PMI) nei distretti di Covasna e Mures sono stati creati e mantenuti circa 5000 posti di lavoro. Ditte e famiglie di contadini usufruiscono di una consulenza specifica e ottengono crediti di investimento. Sino ad oggi sono stati concessi circa 1200 crediti finalizzati alla creazione di aziende artigianali e di servizi e all'acquisto di beni d'investimento, animali, semi ecc. Annualmente è restituito e ridistribuito circa il 20-25 per cento dell'ammontare totale del credito (1999: 4,2 milioni di do llari USA).

Stati successori dell'Unione Sovietica A causa della sua situazione interna
poco consolidata la Russia rappresenta una sfida importante per la sicurezza e la pace in Europa. Per questo motivo è anche nell'interesse della Svizzera che questo Paese possa trovare, con ordine, la via verso una democrazia moderna e strutturata secondo i principi dell'economia di mercato. Il nostro Paese contribuisce in quei settori in cui dispone di conoscenze e competenze specifiche, ad esempio nell'ambito delle riforme economiche, del rafforzamento dello Stato di diritto e del sistema giudiziario e nella riduzione della perdita di competenza nella ricerca scientifica. Un discorso analogo vale per l'impegno della Svizzera in Ucraina e nell'area caucasica, dove la presenza del nostro Paese è stata rafforzata.

274

Un altro punto chiave della collaborazione è situato nella regione dell'Asia centrale che a causa della distribuzione non omogenea delle risorse naturali e della configurazione arbitraria dei confini rappresenta un potenziale focolaio di guerra. Anche in questa regione la Svizzera ha ampliato le proprie strutture, segnatamente nel Kirghizistan e nel Tagikistan. In quanto membri del gruppo di voto diretto dalla Svizzera in seno alle istituzioni di Bretton Woods, questi Stati rivestono importanza per il nostro Paese non solo come interlocutori nella cooperazione allo sviluppo.

2.1.6

Aiuto umanitario

Dall'inizio degli anni Novanta l'aiuto umanitario della Svizzera si trova a dover affrontare sfide difficili legate a nuovi focolai di crisi e di conflitti. Concentrando l'intervento in determinate regioni geografiche e in singoli conflitti si è cercato di impiegare in maniera ottimale i mezzi limitati a disposizione. L'attenzione è stata posta principalmente sulla Bosnia-Erzegovina, il Kosovo e la Serbia nonché sulla regione dei Grandi laghi in Africa, in particolare il Rwanda. Altri punti di concentrazione dell'aiuto umanitario prestato dal nostro Paese hanno riguardato il Caucaso, il Sudan, l'Eritrea e l'Angola.

Esempi: Nonostante la guerra civile, in Sudan è stato costruito un sistema di approvvigionamento di acqua potabile; in Rwanda l'appoggio fornito nell'ambito della formazione medica ha facilitato il ritorno di rifugiati; in Liberia si è provveduto al risanamento di strade.

Tramite una migliore coordinazione con la politica estera della Svizzera e con altre azioni è stato possibile migliorare l'efficacia delle azioni umanitarie. È stata inoltre ottenuta una migliore coordinazione con altre organizzazioni dell'aiuto umanitario e avviata la collaborazione con organizzazioni non governative svizzere e organizzazioni umanitarie internazionali quali il CICR, l'Ufficio delle Nazioni Unite per le questioni umanitarie, l'ACNUR e il programma di alimentazione mondiale dell'ONU.

Esempi: L'aiuto umanitario della Svizzera comprende anche interventi del Corpo svizzero di aiuto in caso di catastrofe, che conta attualmente 1500 collaboratori volontari. Nel 1999, 547 membri del Corpo sono stati attivi per un totale di circa 40 500 giorni di servizio.

2.1.7

Politica della migrazione

Mercato del lavoro Nel nostro Paese, la maggioranza della popolazione straniera (58,3% nel 1999) proviene dagli Stati membri dell'UE e dello SEE. I nuovi permessi contingentati per manodopera proveniente da quest'area corrispondono circa all'80 per cento del totale dei permessi. Cresce tuttavia l'importanza dell'immigrazione da Paesi non 275

membri dell'UE, legata soprattutto al ricongiungimento familiare e ad altri fattori quali il trasferimento dei quadri, soggiorni di studio, motivi umanitari ecc. Per questo motivo alla fine degli anni Novanta la politica svizzera della migrazione è stata impostata su un modello dicotomico di autorizzazione.

Attualmente sul mercato del lavoro la manodopera proveniente dagli Stati dell'UE e dell'AELS ha la priorità, dopo i cittadini svizzeri e gli stranieri residenti in Svizzera con permesso regolare. Sulla base degli accordi bilaterali con l'UE, dopo un periodo di transizione di alcuni anni la circolazione dei cittadini tra l'UE e la Svizzera sarà completamente liberalizzata. Per quel che concerne i cittadini provenienti dagli altri Stati, di massima l'ammissione al mercato del lavoro svizzero è prevista solamente per le persone con buone qualificazioni.

Asilo Spesso, per giungere nel luogo di destinazione scelto, gli emigranti si affidano a bande organizzate di passatori. Queste bande chiedono ai rifugiati ed emigranti una cospicua somma in cambio dei loro servizi, somma che aumenta con il grado di sorveglianza dei confini e la severità delle condizioni di ammissione del Paese di destinazione scelto. A livello mondiale la cifra d'affari delle bande di passatori è stimata a oltre cinque miliardi di dollari americani. Spesso queste bande fanno parte di gruppi mafiosi.

Esempio: La situazione in Svizzera segue la tendenza a livello internazionale. L'anno scorso il corpo di guardia di confine svizzero ha fermato oltre 1000 passatori; nel 1999, l'84 per cento delle persone che hanno tentato di ottenere asilo in Svizzera è entrato illegalmente nel nostro Paese.

Per quel che concerne l'ambito dell'asilo in Svizzera, in due occasioni il decennio passato ha fatto registrare cifre da record: la prima volta nella fase iniziale del conflitto dei Balcani con oltre 41 000 richieste d'asilo, la seconda volta durante il conflitto nel Kosovo. Per quel che concerne la densità, con 6,5 domande d'asilo su 1000 abitanti la Svizzera nel 1999 ha occupato una posizione di punta tra i tradizionali Stati ospitanti dell'Europa occidentale, preceduta solo da Lussemburgo e Principato del Liechtenstein. Per quel che concerne il numero in assoluto, nel 1999, un anno tuttavia eccezionale, con 46 100 domande d'asilo la Svizzera
ha occupato il terzo posto tra gli Stati europei, preceduta dalla Germania e dalla Gran Bretagna con ciascuna il doppio di domande rispetto alla Svizzera. Nel frattempo il numero di domande d'asilo in Svizzera è di nuovo sceso al livello registrato a metà degli anni Novanta.

Confrontata con il numero eccezionale di entrate causato dalle guerre in BosniaErzegovina e nel Kosovo, la Svizzera ha applicato il principio dell'ammissione collettiva provvisoria. Questo principio, applicabile a persone bisognose di protezione, è nel frattempo sancito nel nuovo diritto d'asilo. Inoltre si è provveduto ad accelerare la procedura d'asilo, a diminuire l'attrattiva della domanda d'asilo e a rafforzare l'esecuzione dell'allontanamento.

La tratta di donne praticata da organizzazioni criminali attive a livello internazionale è un fenomeno particolarmente preoccupante. La tratta di esseri umani può essere circoscritta efficacemente, oltre che tramite un inasprimento del perseguimento pe276

nale dei colpevoli e un'informazione sui pericoli nei Paesi di provenienza, solo mediante una migliore protezione delle vittime.

Esempio: La Svizzera ha sperimentato forme di collaborazione nuove e innovative: per le persone accolte provvisoriamente sono stati messi in atto, sia per la BosniaErzegovina che per il Kosovo, programmi di aiuto al rimpatrio che hanno registrato notevoli successi. L'aiuto al rimpatrio è combinato con l'aiuto umanitario e la cooperazione con i Paesi dell'Est nell'intento di appoggiare la ricostruzione e la reintegrazione di coloro che ritornano in patria.

2.2

Impegno a favore dei diritti dell'uomo, della democrazia e dei principi dello Stato di diritto

Obiettivo: «(...) pace e sicurezza possono in ultima analisi essere garantite nel tempo solo in una comunità di Stati che rispettino anche all'interno i diritti dell'uomo e le libertà fondamentali, riconoscano la priorità del diritto rispetto all'arbitrio e sottopongano il potere politico al controllo democratico.» (Rapporto sulla politica estera 93)

2.2.1

Buona gestione degli affari pubblici, principi dello Stato di diritto e democrazia

Negli ultimi anni la Svizzera ha profuso, sia in seno alle corrispondenti organizzazioni, sia nella sua collaborazione bilaterale allo sviluppo, un impegno importante di sostegno dei principi dello Stato di diritto nei Paesi partner, segnatamente negli ambiti dell'organizzazione dello Stato, del governo e dell'amministrazione, con particolare attenzione agli sforzi volti alla decentralizzazione. Si è inoltre particolarmente impegnata nell'organizzazione e nella formazione di giustizia e polizia e per favorire l'accesso di gruppi svantaggiati a giustizia e amministrazione.

Esempio: La Svizzera ha appoggiato il processo di riforma del sistema giudiziario in Bolivia (accesso gratuito per persone bisognose, miglioramento della formazione dei giudici, appoggio della difesa d'ufficio nelle zone di campagna, consulenza tecnica nell'ambito di una nuova legge sul riciclaggio di denaro).

La Svizzera sostiene il rafforzamento di strutture e processi democratici in vari Paesi, ad esempio durante i preparativi e lo svolgimento di elezioni. Anche l'invio di osservatori elettorali fa parte degli strumenti tradizionali in questo ambito. Infine, va ricordato l'appoggio di organizzazioni della società civile che nei rispettivi Paesi si impegnano per una maggiore partecipazione della popolazione civile ai processi decisionali a livello politico ed economico.

277

2.2.2

Politica dei diritti dell'uomo

Nel decennio passato la Svizzera ha adottato numerosi accordi internazionali nell'ambito dei diritti umani, ad esempio i Patti dell'ONU sui diritti civili e politici (1992), sui diritti economici, sociali e culturali (1992), la Convenzione sui diritti del fanciullo (1993), le Convenzioni contro la discriminazione razziale (1994) e contro la discriminazione della donna (1997), nonché la Convenzione quadro del Consiglio d'Europa sulla protezione delle minoranze nazionali (1998).

Varie e di ampia portata sono le attività multilaterali del nostro Paese, soprattutto per quel che concerne l'abolizione della tortura, la protezione delle minoranze e il miglioramento delle condizioni dei fanciulli nei conflitti armati.

Esempi: Nell'ambito dell'ONU la Svizzera ha elaborato un progetto di protocollo per la prevenzione della tortura e ha profuso un impegno sostanziale a favore dell'adozione di un Protocollo aggiuntivo sul divieto dei fanciulli soldato.

Si deve a un'iniziativa della Svizzera la «Convenzione europea per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti», adottata dal Consiglio d'Europa alla fine del 1987 in seguito a intense discussioni. Introduce un nuovo meccanismo di sorveglianza secondo cui un comitato di controllo può, all'interno degli Stati membri, effettuare visite in qualsiasi luogo in cui siano detenute persone e pubblicare rapporti in merito. Questo meccanismo è d'altronde servito quale modello per un dispositivo simile nell'ambito dell'ONU, pure sostenuto attivamente dalla Svizzera.

Per quel che concerne la protezione delle minoranze, la Svizzera sostiene soprattutto le attività del Consiglio d'Europa e dell'OSCE. Va segnalata inoltre l'attività della Svizzera nella Commissione dei diritti umani dell'ONU e nell'Organizzazione internazionale del lavoro, che ha permesso di integrare una parte cospicua di atti normativi.

Esempio: «Corte europea dei diritti dell'uomo» In occasione della riunione ministeriale del Consiglio d'Europa del 1985 la Svizzera propose una semplificazione del dispositivo di sorveglianza della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU), tramite l'unione dei due organi (Commissione e Corte) in un'unica Corte europea dei diritti dell'uomo.

Dopo lunghe trattative, il corrispondente Protocollo aggiuntivo alla CEDU è entrato in
vigore alla fine del 1998. La Corte è presieduta dallo Svizzero Luzius Wildhaber.

È stato ampliato l'impegno svizzero a livello bilaterale: oltre ai tradizionali interventi a livello governativo sotto forma di passi diplomatici, gli strumenti della Svizzera comprendono ora misure positive suscettibili di contribuire a migliorare nell'ambito bilaterale la situazione dei diritti umani in singoli Stati. Questo approccio si basa sull'idea che l'obiettivo è in ogni caso un miglioramento concreto della situazione in uno Stato determinato, non la sua condanna. La componente dei diritti 278

umani è stata rafforzata anche nella cooperazione allo sviluppo e in quella con i Paesi dell'Est.

Rivestono inoltre un'importanza particolare i dialoghi istituzionalizzati sui diritti dell'uomo condotti dalla Svizzera con Paesi quali la Cina, il Pakistan e il Vietnam.

L'obiettivo principale è garantire un dialogo duraturo su determinati temi e programmi, ad esempio i diritti della donna o le condizioni di detenzione.

2.2.3

Diritto internazionale umanitario

Il diritto internazionale umanitario comprende le regole internazionali volte a diminuire le ripercussioni di conflitti armati su persone e beni e a proteggere segnatamente i membri più deboli della società. Alla base di questi sforzi vi è la convinzione che in occasione di conflitti armati il comportamento delle forze armate va sottoposto a determinate regole che garantiscano un minimo rispetto della vita umana e impediscano sofferenze inutili.

Il diritto internazionale umanitario è attualmente oggetto di intense discussioni a livello multilaterale, in particolare nell'ambito delle Conferenze internazionali della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa e nell'ambito dell'ONU. Mentre il Consiglio federale da sempre attribuisce grande priorità allo sviluppo ulteriore del «diritto di Ginevra», attualmente si osserva che il diritto internazionale umanitario ha acquistato maggior peso anche nell'ambito dell'ONU.

Il bilancio degli ultimi anni porta a constatare che è fortemente aumentato il numero di violazioni gravi delle convenzioni nel settore del diritto internazionale umanitario, e sono aumentati in particolare i pericoli cui è esposta deliberatamente e in modo spregiudicato la popolazione civile. All'origine di questi sviluppi preoccupanti vi è un cambiamento degli atteggiamenti tipici legati ai conflitti (cfr.

n. 2.1.2.2).

A livello internazionale trova ampio riconoscimento il ruolo preminente svolto dalla Svizzera, anche in qualità di depositario delle Convenzioni di Ginevra, unitamente ad altri Stati nel rafforzamento e nello sviluppo del diritto internazionale umanitario.

Negli ultimi anni il nostro Paese ha contribuito concretamente all'attuazione e allo sviluppo del diritto internazionale umanitario.

Esempio: Considerate le conseguenze disastrose delle mine antiuomo sulla popolazione civile, la Svizzera si è impegnata con successo a livello internazionale per un divieto su larga scala dell'uso, della produzione, dello stoccaggio e della diffusione di queste mine. Con l'apertura del Centro internazionale per lo sminamento umanitario a Ginevra, il nostro Paese ha inoltre sottolineato il proprio impegno a favore della riduzione degli effetti di questa subdola arma.

Il Consiglio federale si impegna per la limitazione della diffusione incontrollata e illegale di armi leggere e di piccolo
calibro e per coinvolgere gruppi armati non statali nel sistema giuridico internazionale. Secondo il Consiglio federale vi è necessità di agire ad esempio nella problematica delle bombe a grappoli, che, lanciate dall'aria, non esplodono all'impatto con la terra e possono avere un effetto paragonabile alle mine antiuomo.

279

Nonostante le norme di diritto penale già vigenti in questo ambito, anche in tempi recenti milioni di bambini, donne e uomini sono diventati vittime di atrocità. Tuttavia il problema non risiede tanto nella lacunosità del diritto umanitario internazionale, quanto nell'applicazione poco efficace delle norme pertinenti. Mediante l'istituzione di una Corte penale internazionale la comunità internazionale intende contribuire a un maggior rispetto universale del diritto penale internazionale. La Svizzera ha partecipato in misura considerevole alla stesura dello statuto della Corte penale. Competente per il giudizio di crimini particolarmente atroci quali il genocidio, i crimini contro l'umanità e i crimini di guerra, essa contribuirà in futuro a impedire che i responsabili di tali crimini rimangano impuniti. La Corte disporrà tuttavia solamente di un potere sussidiario; il perseguimento penale degli autori di questo tipo di crimini rimarrà in primo luogo di competenza dei singoli Stati.

La collaborazione segnatamente con il CICR è molto stretta, nel pieno rispetto dell'indipendenza di questa organizzazione. Il CICR ha ricevuto dalla comunità internazionale il mandato di sorvegliare il rispetto del diritto internazionale umanitario.

Gli strumenti a disposizione del CICR, della Svizzera e di altri Stati parte alle Convenzioni di Ginevra possono completarsi a vicenda secondo le possibilità date nei singoli casi.

2.3

Accrescimento della prosperità comune

Obiettivo: «Occorre (...) garantire a livello multilaterale e bilaterale i vantaggi della divisione internazionale del lavoro. (...) La prosperità degli uni dipende in misura determinante dalla prosperità degli altri. L'impegno a favore dell'eliminazione dell'ingiustizia sociale assume quindi un'importante dimensione nella politica volta all'accrescimento del benessere.» (Rapporto sulla politica estera 93)

2.3.1

La piazza economica e finanziaria svizzera

Gli anni Novanta sono stati caratterizzati da un'ondata di deregolamentazioni e privatizzazioni a livello mondiale. La tendenza alla liberalizzazione ha portato a un'apertura su vasta scala dei mercati nel settore dei servizi e delle infrastrutture (settore bancario e assicurativo, telecomunicazioni, energia ecc.) e coinvolge viepiù i mercati agricoli, in passato fortemente protetti. Questi mutamenti delle strutture economiche a livello mondiale hanno aperto nuovi mercati alle imprese svizzere ma hanno anche portato a una concorrenza più severa. In particolare, gli alti costi di produzione della nostra economia non risultano più concorrenziali nell'ambito internazionale.

Esempio: Tra il 1990 e il 1997 la Svizzera ha registrato una crescita economica zero, accompagnata da un aumento del tasso di disoccupazione, da un peggioramento delle condizioni delle finanze statali con raddoppio del deficit statale e da una recessione, soprattutto nel settore edile.

280

Conformemente al motto «maggiore competitività verso l'esterno mediante una maggiore concorrenza all'interno» il Consiglio federale ha avviato un processo di reimpostazione della sua politica economica interna ed estera 25.

Esempio: L'attrattività della Svizzera quale piazza finanziaria e centro di produzione e di servizi è stata rafforzata mediante le seguenti misure economiche: legge sui cartelli, legge sul mercato interno, legge sugli ostacoli tecnici al commercio e legge sugli acquisti pubblici. La liberalizzazione del mercato delle telecomunicazioni, il risanamento delle finanze della Confederazione e la nuova regolamentazione del settore dei trasporti pubblici e della formazione professionale hanno pure migliorato l'attrattiva. Un'altra componente importante dell'economia svizzera resta legata alla competitività dell'offerta nell'ambito della formazione, della ricerca e delle tecnologie e in particolare della piazza finanziaria. Nuove disposizioni volte a impedire l'abuso del segreto bancario e il rafforzamento delle disposizioni sulla lotta al riciclaggio di denaro sono da considerare fattori positivi in questo contesto.

A livello mondiale la piazza finanziaria svizzera occupa un posto di rilievo. Secondo un sondaggio della Banca nazionale svizzera, alla fine di aprile 2000 le banche svizzere gestivano titoli di credito per un totale di quasi 3400 miliardi di franchi, di cui oltre la metà di proprietà di clienti esteri. A ciò si aggiungevano ulteriori beni per oltre 1200 miliardi di franchi, depositati su conti bancari svizzeri.

Il nostro Paese si trova confrontato con sfide particolari legate a un maggiore contatto con investimenti di fondi di provenienza dubbia: alla stessa stregua di altre piazze finanziarie, anche la Svizzera attira infatti, oltre ai beni ottenuti con mezzi legali, anche denaro proveniente da reati. Questo dato di fatto come pure l'elevata importanza della piazza finanziaria rispetto alle dimensioni del nostro Paese e il segreto bancario svizzero hanno dato luogo a critiche all'estero. Per reagire a questa tendenza, negli ultimi anni la Svizzera ha profuso sforzi notevoli volti a impedire l'abuso della piazza finanziaria (legge sul riciclaggio di denaro, norme di diritto penale concernenti la criminalità organizzata e la corruzione). Il nostro Paese detiene oggi un
ruolo importante nell'ambito della regolamentazione del mercato finanziario e della lotta agli abusi e partecipa attivamente alla lotta contro il riciclaggio di denaro e altri delitti.

Nel 1999 le Camere federali hanno approvato un aiuto finanziario di 190 milioni di franchi per cinque anni destinato a Svizzera Turismo, con cui sarà mantenuta una rete internazionale di agenzie che hanno lo scopo di rafforzare la presenza della Svizzera all'estero.

Tra i vantaggi dell'economia svizzera va annoverato senz'altro il sistema di formazione e di ricerca di alto livello e lo sviluppo di tecnologie di punta. La buona reputazione e la competitività a livello internazionale sono tuttavia viepiù minacciate se, dopo anni di stagnazione negli investimenti all'interno del Paese e considerati i mezzi crescenti che le altre nazioni devolvono a questo settore, non si provvederà a rafforzare l'attrattività della piazza svizzera in questo campo.

25

Cfr. Rapporto sulla politica economica esterna 91 1 +2.

281

2.3.2

Politica d'integrazione europea

Dopo il rifiuto dell'Accordo sullo SEE il 6 dicembre 1992, il Consiglio federale ha riconsiderato la propria posizione in merito alla politica d'integrazione. Per il Consiglio federale era escluso continuare il processo di adesione analogamente ai Paesi dell'AELS Austria, Finlandia, Svezia e Norvegia, ma era altrettanto esclusa una posizione passiva, considerati i molteplici problemi legati ai rapporti con l'UE, il nostro più importante partner economico e commerciale, di cui urgeva la soluzione. Il mantenimento dello status quo avrebbe portato a un continuo peggioramento della qualità della Svizzera quale piazza finanziaria e industriale. Da queste considerazioni è scaturita all'inizio del 1993 la decisione del Consiglio federale di approfondire dapprima a livello bilaterale le relazioni contrattuali con l'UE.

Alla fine del 1993 l'UE si è dichiarata disposta ad avviare negoziati con la Svizzera in sette settori26, ponendo due condizioni: ­

i negoziati relativi ai vari settori avrebbero dovuto iniziare e concludersi parallelamente e contemporaneamente; con questa condizione l'UE intendeva garantire l'equilibrio degli interessi nell'approccio bilaterale ed evitare che la Svizzera potesse «limitarsi a prendere il meglio»;

­

dove possibile, la ricerca di soluzioni eurocompatibili orientate secondo l'«acquis communautaire», l'insieme delle normative dell'UE.

Tra la Svizzera e l'UE vi era inoltre consenso sul fatto che i negoziati bilaterali non rappresentavano un tentativo di riedizione indiretta dell'Accordo sullo SEE.

L'accettazione dell'iniziativa delle Alpi ha rallentato l'avvio dei negoziati, iniziati nel dicembre 1994. Nel 1996 si è riusciti a trovare un consenso nella difficile questione della libera circolazione delle persone, alla fine del 1998 sono stati superati gli ultimi ostacoli nei settori dei trasporti e dell'agricoltura.

La sera del 21 maggio 2000 il Consiglio federale ha preso atto con soddisfazione del fatto che una larga maggioranza del popolo e dei Cantoni ha condiviso la sua valutazione positiva del risultato delle trattative: oltre il 67 per cento dei votanti e 24 Cantoni hanno approvato gli accordi bilaterali. Gli accordi rappresentano un successo per la politica europea del Consiglio federale per due motivi: ­

gli accordi migliorano considerevolmente le condizioni generali dell'economia svizzera e in vari ambiti avvicinano il nostro Paese all'Europa;

­

in settori sensibili di politica interna quali la circolazione delle persone e il trasporto terrestre è stato possibile trovare soluzioni eurocompatibili ma adattate ai bisogni della Svizzera.

Esempio: In materia di circolazione delle persone è previsto un periodo di transizione di 12 anni per l'introduzione della libera circolazione delle persone. La Svizzera ha inoltre adottato una serie di misure di accompagnamento interne ­ ad esempio misure di sostegno a favore dell'obbligatorietà generale di contratti collettivi di lavoro o la legge sui lavoratori distaccati ­ volte a mitigare le potenziali ripercussioni della libera circolazione delle persone sul livello salariale.

26

282

Trasporti terrestri e trasporto aereo, circolazione delle persone, ricerca, agricoltura, ostacoli tecnici al commercio, appalti pubblici.

Tuttavia, i sette accordi non coprono né l'intera gamma delle quattro libertà dell'Unione europea (circolazione di beni, persone, capitali e servizi) né le politiche di accompagnamento del diritto economico dell'UE (ad es. la politica sociale, il diritto delle società, la politica ambientale, il diritto della concorrenza, la politica energetica, la politica economica estera e la politica monetaria). Gli accordi lasciano inoltre aperte diverse questioni future essenziali per la Svizzera: la partecipazione equiparata allo spazio europeo di libertà, di sicurezza e di diritto, alla politica europea di difesa nonché ad accordi dell'UE con altre regioni del mondo quali l'America latina, l'Asia o l'area mediterranea.

2.3.3

Sistema economico mondiale

La politica economica esterna odierna assume viepiù il carattere di una politica delle condizioni quadro globali. Nell'ambito di un'economia mondiale sempre più interdipendente è essenziale istituire, tramite accordi bilaterali o multilaterali, opportune condizioni quadro per le imprese svizzere sui mercati esteri e contribuire in tal modo a garantire a lungo termine la funzionalità dei mercati27. Con la realizzazione di nuove strutture amministrative il Consiglio federale ha tenuto conto del maggiore bisogno di coordinamento che deriva da questi nuovi compiti.

Con la conclusione dell'Uruguay-Round del GATT e l'adesione della Svizzera all'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) nel 1995, il nostro Paese ha potuto realizzare un importante obiettivo nell'ambito di una politica volta a favorire la prosperità. In particolare si sono potute rafforzare le regole multilaterali del commercio, inclusi i servizi nonché le procedure di composizione delle divergenze. Queste ultime sono particolarmente importanti per il nostro Paese che dipende fortemente dal commercio internazionale e di conseguenza dal rispetto da parte dei suoi partner commerciali delle regole di commercio stabilite. Dal punto di vista della Svizzera è inoltre importante che tutti i membri, in particolare anche i Paesi in sviluppo, appoggino i principi dell'OMC e che questi Paesi non siano ignorati nell'ambito di quest'organizzazione. Da parte sua l'OMC riconosce la legittimità di obiettivi non legati direttamente al commercio, quali l'ambiente, la salute, il rispetto di norme fondamentali del lavoro e la protezione del consumatore.

Questi obiettivi sono parte integrante dell'impegno del Consiglio federale in favore di un quadro regolamentare globale. In questo contesto una componente importante, in parte realizzata nell'ultimo decennio, sono le norme e direttive relative al comportamento degli Stati («buona gestione degli affari pubblici»). Con l'appoggio della Svizzera, organizzazioni internazionali quali l'OCSE, l'OMC e il Fondo monetario internazionale (FMI) hanno avviato diversi lavori in questo ambito. Particolarmente importante è la Convenzione dell'OCSE sulla lotta alla corruzione che impegna gli Stati parte a perseguire penalmente i cittadini colpevoli di corruzione di pubblici ufficiali di altri Stati. Anche la rete di
convenzioni sulla doppia imposizione e sulla protezione degli investimenti concluse dalla Svizzera negli anni Novanta rafforza in diversi mercati la parità di trattamento, la protezione dall'arbitrio, la garanzia della proprietà, l'esclusione della doppia imposizione e l'applicabilità di procedure di composizione, contribuendo così a diminuire le distorsioni della concorrenza e a costituire strutture produttive che in ultima analisi giovano all'economia mondiale nel suo assieme.

27

Cfr. Rapporto sulla politica economica esterna 98 1 +2.

283

Accanto all'ambito multilaterale rimane importante la politica economica esterna bilaterale e regionale. Tuttavia, gli accordi di libero scambio a livello regionale assumono viepiù il carattere di strategie di sostegno dell'ambito multilaterale: contribuiscono a evitare discriminazioni dell'economia svizzera nei rapporti con il maggiore partner commerciale, l'UE.

La Svizzera ambisce a concludere accordi di libero scambio nei settori in cui l'UE ha già instaurato una rete di accordi di questo tipo o ha l'intenzione di avviare trattative in merito. Unitamente ai suoi partner dell'AELS, il nostro Paese è riuscito a concludere accordi di libero scambio con tutti gli attuali candidati all'adesione all'UE. I corrispondenti accordi hanno coperto nel 1999 il 3,8 per cento delle esportazioni svizzere e l'1,7 per cento delle importazioni.

Non solo gli Stati dell'Europa dell'Est ma anche diversi Stati extraeuropei e gruppi di Stati, ad esempio i Paesi del Mediterraneo meridionale, il Sudafrica e il Mercosur, attribuiscono maggiore importanza alle trattative economiche con l'UE che non a quelle con altri interlocutori, tra cui la Svizzera. Tuttavia si intravedono sviluppi positivi nell'ambito delle trattative dell'AELS per la conclusione di accordi di libero scambio con Stati terzi.

Esempi: Il primo caso di negoziati condotti dall'AELS in vista di un accordo di libero scambio con un Paese extraeuropeo è rappresentato dai negoziati con il Canada, peraltro a buon punto. L'AELS ha inoltre avviato trattative con il Messico e si appresta ad avviarne con il Cile.

Al medesimo obiettivo sono finalizzati gli sforzi crescenti prodigati dalla metà degli anni Novanta in favore delle imprese private nei Paesi in sviluppo e negli Stati dell'Europa dell'Est e dell'Asia centrale, sforzi che hanno portato alla fondazione della Società finanziaria svizzera per lo sviluppo (SDFC) e della «Swiss Organisation for Facilitating Investments» (SOFI).

Esempio: In occasione del 700° della Confederazione, la Svizzera nel 1991 ha adottato un credito quadro di 700 milioni di franchi, di cui 400 milioni sono destinati a misure di sdebitamento in favore dei Paesi in sviluppo e 300 milioni a programmi ambientali di importanza globale nei Paesi in sviluppo.

2.3.4

Sistema finanziario internazionale

Quale membro delle Istituzioni di Bretton Woods la Svizzera ha partecipato all'impegno internazionale volto a stabilizzare il sistema finanziario internazionale. Soprattutto durante la crisi in Asia nel 1997/98 si è avuto prova del fatto che singole complicazioni a livello regionale possono costituire una minaccia per l'intera economia mondiale o per parti di essa. La crisi asiatica non è stata causata dalla liberalizzazione del flusso di capitali ma dal cattivo impiego di questi beni, favorito da gravi lacune di regolamentazione. Il forte interesse a sopperire a queste lacune è all'origine degli sforzi intrapresi dall'FMI per aumentare la trasparenza e permettere

284

in tal modo una valutazione più realistica dei rischi, prevenendo repentine crisi di fiducia seguite da fughe di capitali.

Il Consiglio federale ha appoggiato queste misure in quanto combattono le cause dei problemi e rinunciano all'introduzione di strumenti protezionistici quali i controlli del flusso di capitali. Infatti, crisi come quelle avvenute nell'Asia sudorientale, in Russia e in Messico possono essere evitate solamente se il controllo delle finanze viene adattato e il comportamento degli Stati è migliorato con un rafforzamento della buona gestione degli affari pubblici.

L'FMI si è inoltre prefisso, in stretta collaborazione con la Banca mondiale e con le banche regionali per lo sviluppo, di coinvolgere maggiormente i Paesi in sviluppo nel sistema finanziario mondiale. Devono essere aumentati ulteriormente gli stimoli e gli sforzi volti a diminuire la volatilità dei mercati finanziari e le transazioni di capitali a scopo speculativo. La Svizzera ha contribuito a questo processo poiché un sistema finanziario mondiale stabile riveste una grande importanza in vista di rapporti economici regolati a livello mondiale, e di conseguenza corrisponde anche agli interessi del nostro Paese.

Esempi: Nel 1997/98, nel quadro dell'FMI e del G 10 la Svizzera ha messo vari crediti a disposizione degli Stati colpiti dalla crisi in Asia e ha approvato un aumento del volume di crediti dell'FMI. Il nostro Paese ha inoltre svolto un ruolo importante nella realizzazione della cosiddetta iniziativa HIPC (riduzione del debito degli Stati in sviluppo fortemente indebitati).

2.4

Eliminazione dell'ingiustizia sociale

Obiettivo: «L'eliminazione dell'ingiustizia sociale (...) si radica nella convinzione che le disparità e le ingiustizie economiche, ecologiche, politiche e sociali sono all'origine di tensioni che minacciano la pace e la sicurezza fra gli Stati.» (Rapporto sulla politica estera 93) Gli obiettivi della cooperazione svizzera con le regioni meno favorite nel mondo sono stati fissati già venticinque anni fa. Il nostro aiuto «... appoggia gli sforzi dei Paesi in via di sviluppo per migliorare le condizioni di vita delle loro popolazioni.

Essa deve contribuire a permettere a questi Paesi di accrescere il loro sviluppo con le proprie forze. A lungo termine essa persegue un miglior equilibrio nell'ambito della comunità dei popoli. Essa sostiene prioritariamente i Paesi in via di sviluppo, le regioni e i gruppi di popolazione più poveri» 28.

Per quel che concerne la portata finanziaria della cooperazione svizzera allo sviluppo, nel suo messaggio del 15 maggio 1991 concernente l'adesione della Svizzera alle istituzioni di Bretton Woods il Consiglio federale ha stabilito che «l'adesione della Svizzera al gruppo della Banca mondiale si iscrive nella linea della politica del Consiglio federale che consiste nel far partecipare più intensamente il nostro 28

Legge federale del 1976 sull'aiuto allo sviluppo, RS974.0

285

Paese alla cooperazione internazionale allo sviluppo e ad aumentare conseguentemente i mezzi finanziari devoluti all'aiuto pubblico allo sviluppo. Il Consiglio federale prevede infatti di aumentare le somme destinate alla cooperazione svizzera allo sviluppo allo 0,4 per cento del prodotto nazionale lordo entro la seconda metà degli anni `90 (...)».

In seguito questo obiettivo non ha potuto essere raggiunto a causa della precaria situazione finanziaria degli anni Novanta. Grazie ai risparmi attuati nel quadro dell'«obiettivo di bilancio 2001» è ora possibile intraprendere i passi necessari nel settore della cooperazione allo sviluppo.

Nel 1999 la Svizzera occupava, con un aiuto pubblico allo sviluppo pari allo 0,35 per cento del PNL, il settimo posto tra gli Stati dell'OCSE, dopo la Danimarca (1% PNL), la Norvegia (0,91% PNL), i Paesi Bassi (0,79% PNL), la Svezia (0,7% PNL), il Lussemburgo (0,64% PNL) e la Francia (0,38% PNL).

Gli obiettivi, i contenuti e i mezzi della cooperazione svizzera allo sviluppo sono descritti a scadenze regolari nei messaggi concernenti i vari crediti quadro. In questa sede sono segnalati solo i punti essenziali.

A causa dei mezzi limitati, la cooperazione svizzera allo sviluppo è costretta a stabilire priorità geografiche e tematiche.

Esempi: Nel 1999 i seguenti Paesi di concentrazione sono stati i principali destinatari dell'aiuto svizzero allo sviluppo: 1. Jugoslavia (compreso il Kosovo): 41 milioni di dollari USA; 2. Bangladesh: 20 milioni di dollari USA; 3. Mozambico: 20 milioni di dollari USA; 4. India: 20 milioni di dollari USA; 5. Tanzania: 18 milioni di dollari USA.

La cooperazione svizzera allo sviluppo si è scostata dal finanziamento di equipaggiamento e di infrastrutture su cui si basava in passato ed è oggi incentrata invece sulla realizzazione delle necessarie condizioni a livello istituzionale e sui processi di apprendimento e cambiamento nelle società e nelle singole persone. Ha fatto inoltre della lotta contro la povertà un obiettivo centrale.

Le attività multilaterali nell'ambito della politica svizzera di aiuto allo sviluppo durante l'ultimo decennio erano finalizzate a concentrare maggiormente sulla riduzione delle ingiustizie sociali gli sforzi dell'ONU e delle sue organizzazioni specializzate, delle istituzioni di Bretton Woods e delle innumerevoli
banche di sviluppo.

Non essendo membro dell'ONU, il nostro Paese dispone unicamente di possibilità ridotte di partecipare all'Assemblea generale dell'ONU e al Consiglio economico e sociale, competente, tra l'altro, per le questioni dello sviluppo. Dato che le questioni centrali della politica dello sviluppo sono sempre più spesso trattate in seno a questi organi, tale limitazione non è più giustificata.

Negli ultimi anni la Svizzera ha investito tramite organizzazioni multilaterali circa il 30 per cento del volume della sua cooperazione pubblica allo sviluppo; di questo 30 per cento, quasi 200 milioni di franchi sono stati messi a disposizione di organi e programmi dell'ONU, ponendo il nostro Paese tra i dodici finanziatori più importanti delle attività di aiuto allo sviluppo dell'ONU.

286

Secondo l'ottica della Svizzera, la cooperazione allo sviluppo bilaterale e quella multilaterale rappresentano due aspetti complementari di un unico ambito politico.

Tramite la collaborazione multilaterale il nostro Paese intende contribuire alla soluzione di problemi internazionali legati allo sviluppo che a causa della loro complessità, della loro sensibilità politica o del volume di finanziamento richiesto superano le possibilità della cooperazione bilaterale.

Nell'ambito della cooperazione bilaterale, grazie alle priorità geografiche e tematiche e all'orientamento a lungo termine vi è la possibilità di realizzare un rapporto di cooperazione particolare con singoli Stati.

Esempi: Nel 1999 l'aiuto allo sviluppo bilaterale prestato dal nostro Paese, dell'ordine di grandezza di 997 milioni di dollari americani (0,35% del PNL svizzero), è stato attribuito nella misura del 25,7 per cento (257 milioni di dollari USA) all'aiuto multilaterale e del 74,3 per cento (740 milioni di dollari USA) all'aiuto bilaterale.

Esempi: Nel 1999 le due organizzazioni multilaterali più importanti con le quali ha collaborato il nostro Paese sono state l'ONU (88 milioni di dollari USA) e le istituzioni di Bretton Woods (95 milioni di dollari USA).

I mezzi finanziari della cooperazione allo sviluppo bilaterale sono stati ripartiti nella maniera seguente: ­ 34 per cento (162 milioni di dollari USA) all'Africa; ­ 31 per cento (116 milioni di dollari USA) all'Asia; ­ 14 per cento (66 milioni di dollari USA) all'America centrale e latina; ­ 3 per cento (14 milioni di dollari USA) al Vicino Oriente; ­ 26 per cento (126 milioni di dollari USA) all'Europa sudorientale.

Le esperienze raccolte e i nuovi approcci sperimentati in questi Paesi di concentrazione costituiscono una base preziosa per la politica svizzera nell'ambito multilaterale.

Esempi: La Svizzera ha potuto dare impulsi importanti alla discussione internazionale sullo sdebitamento dei Paesi in sviluppo. Dei 700 milioni di franchi del credito quadro accordato nel 1991 in occasione dei festeggiamenti per il 700° della Confederazione, 400 milioni erano previsti per misure di sdebitamento.

Per poter usufruire delle misure di sdebitamento, i partner in questione devono aprire fondi di contropartita in valuta locale gestiti in comune e destinati a ulteriori attività a favore dello sviluppo.

287

2.5

Tutela delle basi vitali naturali

Obiettivo: «Le conseguenze sociali ed economiche dello sfruttamento incontrollato della natura si fanno sentire ben oltre i confini nazionali. La tutela delle basi vitali naturali serve pertanto essenzialmente ad evitare l'insorgere di conflitti nonché a garantire la stabilità e la sicurezza.» (Rapporto sulla politica estera 93) Nell'ultimo decennio la Svizzera ha potuto assumere un ruolo di precursore nell'elaborazione e nello sviluppo di strumenti giuridici internazionali nel settore ambientale, tra cui la Convenzione sul clima, la Convenzione sulla diversità biologica, la Convenzione di Basilea sul controllo dei movimenti oltre frontiera di rifiuti pericolosi e sulla loro eliminazione e vari accordi in ambito chimico. Il nostro Paese ha potuto contribuire alla configurazione della politica ambientale internazionale in seno a tutte le più importanti istituzioni e conferenze internazionali nel settore ambientale, ad esempio nell'ambito del Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (UNEP) e nel programma «Ambiente per l'Europa». L'obiettivo della Svizzera consiste nel rafforzare il sistema internazionale di politica ambientale, in particolare attribuendo all'UNEP il ruolo di istanza centrale nel sistema.

Diversi risultati sono già stati raggiunti. La messa in atto del Protocollo sulla protezione dello strato di ozono dovrebbe permettere di ridurre entro cinquant'anni il tenore di sostanze dannose per lo strato di ozono al livello precedente al 1980. Per quel che concerne il controllo del traffico oltre frontiera di rifiuti pericolosi (Convenzione di Basilea), le disposizioni internazionali sono state rafforzate statuendo il principio della responsabilità, analogamente a quanto avvenuto per il controllo del traffico con organismi modificati geneticamente (Convenzione sulla diversità biologica). Sviluppi positivi sono da segnalare infine nell'ambito del clima (Protocollo di Kyoto) e del controllo di prodotti chimici tossici e per quel che concerne il chiarimento del rapporto futuro tra gli accordi multilaterali in ambito ambientale e l'OMC.

Esempi: Quale successo registrato dalla Svizzera nel corso dei negoziati nel settore ambientale va segnalato il Protocollo aggiuntivo sulla sicurezza biologica nel quadro della Convenzione sulla diversità biologica. In tale contesto il nostro Paese ha presieduto
un gruppo di Stati che condividono gli stessi principi («Compromise Group»), che ha contribuito in modo decisivo alla conclusione di questo trattato modello situato al confine tra politica ambientale e politica economica. La conclusione, sotto la presidenza svizzera, di un Protocollo sulla responsabilità nell'ambito della Convenzione di Basilea sul traffico oltre frontiera di rifiuti pericolosi rappresenta un ulteriore successo: è la prima volta, infatti, che si è riusciti a sancire l'importante principio della responsabilità civile in un accordo multilaterale sull'ambiente.

Al di fuori del settore prettamente ambientale la Svizzera favorisce una maggiore attenzione alla problematica dell'ambiente a livello multilaterale in seno a varie organizzazioni e organi internazionali, segnatamente il Fondo globale per l'ambiente, l'Organizzazione mondiale della sanità, le istituzioni di Bretton Woods e l'OMC.

L'obiettivo è da un lato riuscire a coordinare meglio tra di loro i singoli settori della 288

politica svizzera, dall'altro mettere a frutto i numerosi accordi multilaterali in maniera da creare un forte sistema internazionale di politica ambientale, ad esempio intervenendo in ambiti correlati della politica internazionale del clima (Protocollo di Montreal sull'ozono e Convenzione sul clima).

Il nostro Paese continua inoltre il suo impegno bilaterale nel settore ambientale tramite innumerevoli progetti nell'ambito della cooperazione economica e della cooperazione allo sviluppo.

3

Strumenti particolari della politica estera della Svizzera

3.1

Neutralità

La fine del bipolarismo geopolitico ha avuto ripercussioni fondamentali su tutti gli Stati del mondo. Soprattutto gli Stati neutrali europei devono esaminare la portata futura della politica di neutralità quale strumento di politica estera. Nell'ultimo decennio la Svezia e la Finlandia hanno adottato una politica di neutralità adeguata alle nuove condizioni quadro: esse si considerano «Stati non allineati» ma intendono ciononostante partecipare appieno alla politica estera e di sicurezza dell'Unione europea. In Austria una parte considerevole della classe politica attribuisce maggiore importanza ad un'adesione alla NATO che non al mantenimento della neutralità.

Il crescente divario tra il contesto reale della politica di sicurezza e la neutralità riveste un'importanza fondamentale per il nostro Paese. Nemmeno all'epoca della Guerra fredda la neutralità della Svizzera è stata percepita come un ideale a sé o come un obiettivo della politica estera e di sicurezza: essa è da sempre uno degli strumenti volti a garantire la sicurezza del nostro Paese. Fino al 1989 l'obiettivo, chiaramente definito, era quello di evitare, di fronte al pericolo di un conflitto armato su grande scala in Europa, qualsiasi azione politica o militare che avrebbe potuto essere percepita all'estero come presa di posizione a favore dell'una o dell'altra parte. Considerata l'estensione territoriale dell'UE, questo obiettivo ha oggi perso gran parte della sua importanza.

I notevoli cambiamenti del contesto di politica estera e di sicurezza della Svizzera hanno quindi portato negli anni Novanta il Consiglio federale a imprimere un nuovo orientamento alla neutralità svizzera.

­

Da un lato ci si è concentrati nuovamente sulla base giuridica della neutralità, secondo cui, in caso di guerra, lo Stato neutrale deve astenersi dall'appoggiare militarmente una delle parti in conflitto e, in tempo di pace, dall'adottare misure (ad es. adesione a un'alleanza, obblighi di assistenza) suscettibili, in caso di conflitto armato, di impedirgli il rispetto dei suoi obblighi derivanti dal diritto della neutralità.

­

Dall'altro, la Svizzera ha sposato la tesi secondo cui il diritto della neutralità non è applicabile in caso di misure coercitive adottate nell'ambito del sistema di sicurezza collettiva delle Nazioni Unite. Questa decisione è stata presa in base all'idea, convalidata dalla dottrina del diritto internazionale pubblico, che non vi è spazio per la neutralità tra una comunità internazionale che agisce in modo unito e compatto e uno Stato che perturba l'ordinamento pacifico internazionale e infrange il divieto dell'uso della forza su cui esso si fonda.

289

Il diritto della neutralità è applicabile unicamente in caso di conflitti armati tra Stati, la cui importanza è tuttavia andata viepiù scemando negli ultimi anni. De facto nel decennio passato il diritto della neutralità è stato applicato unicamente a guerre nei Paesi in sviluppo, ad esempio quella tra l'Etiopia e l'Eritrea. Oltre 90 conflitti registrati durante l'ultimo decennio non hanno invece interessato il diritto della neutralità in quanto conflitti di natura interna.

Il diritto della neutralità non limita inoltre il margine d'azione politico della Svizzera quando essa agisce nell'ambito di missioni dell'ONU e su mandato del Consiglio di sicurezza dell'ONU. In questi casi, l'ONU interviene su mandato della comunità internazionale contro i «perturbatori della pace mondiale» ai sensi della Carta dell'ONU. In tal modo sono escluse situazioni in cui lo statuto di neutralità impedisce alla Svizzera di prendere posizione. Chi non si pone con la forza dell'ordine, prende posizione a favore di chi perturba la pace.

Esempi: La Svizzera ha partecipato sistematicamente e su base autonoma alle sanzioni di tipo non militare dell'ONU. Vanno ricordate le decisioni del Consiglio federale sulla partecipazione della Svizzera alle sanzioni dell'ONU in relazione con i vari conflitti nell'ex Jugoslavia o in Iraq.

Durante la crisi del Kosovo il nostro Paese ha partecipato a sanzioni di tipo economico che non erano state adottate dall'ONU, segnatamente quelle adottate dall'UE contro la Repubblica federale di Jugoslavia.

Conformemente a quanto annunciato nel Rapporto sulla neutralità del 1993 e confermato nel Rapporto sulla politica di sicurezza 2000, la Svizzera ha in tal modo dato prova della sua disponibilità di massima a partecipare anche a sanzioni di tipo economico adottate al di fuori dell'ambito dell'ONU, a condizione che tali misure siano prese contro un trasgressore del diritto o un perturbatore della pace e siano volte al rispetto o al ristabilimento della pace, della sicurezza e dei diritti umani.

3.2

La Ginevra internazionale

Nelle relazioni internazionali, Ginevra riveste un'importanza particolare: 19 organizzazioni internazionali, oltre 180 rappresentanze permanenti della comunità internazionale, quasi 200 organizzazioni non governative e una presenza internazionale permanente di circa 33'000 persone, cui si aggiungono annualmente circa 100 000 delegati presenti temporaneamente a Ginevra, fanno di questa città ­ assieme a New York, sede principale dell'ONU ­ il centro internazionale di incontri più importante del mondo.

290

Esempi: Nel 1999 a Ginevra, nell'ambito delle organizzazioni internazionali29, si sono svolte oltre 13 300 giornate di sedute, un numero maggiore di quelle svolte a New York. Nello stesso anno il budget totale delle organizzazioni internazionali ammontava a circa 8 miliardi di franchi, di cui 3 miliardi sono stati spesi direttamente a Ginevra (per salari, investimenti ecc.). A Ginevra un posto di lavoro su dieci dipende quindi dalle attività delle organizzazioni internazionali.

La Ginevra internazionale è uno strumento eccezionale per rafforzare la reputazione del nostro Paese. In stretta collaborazione con diversi Cantoni e con la città di Ginevra, il Consiglio federale si impegna quindi per sostenere la piazza ginevrina e da tempo presta particolare attenzione alla competitività internazionale della città.

Esempi: La Svizzera propone Ginevra quale sede della futura organizzazione per la messa in atto della Convenzione sulle armi biologiche, un'organizzazione che completerebbe idealmente le istituzioni della diplomazia del disarmo già presenti a Ginevra. Il Consiglio federale si impegna per mantenere la posizione di Ginevra quale centro della politica internazionale dell'ambiente. Attualmente è pendente la candidatura di Ginevra quale sede di due segretariati per l'ambiente nel settore chimico. La Svizzera ha inoltre intrapreso innumerevoli azioni concrete per aumentare la competitività della città, ad esempio mettendo a disposizione delle organizzazioni attive nel settore ambientale una «Casa internazionale dell'ambiente».

L'impegno materiale e finanziario della Svizzera è notevole e non deve temere il confronto a livello internazionale. Sebbene la concorrenza tra le città si sia molto inasprita e negli ultimi anni alcune organizzazioni di cui il Consiglio federale avrebbe auspicato la presenza a Ginevra abbiano scelto di stabilirsi altrove, Ginevra dispone tuttora di buone carte per accogliere organizzazioni internazionali appena istituite.

29

Tra le organizzazioni internazionali più importanti con sede a Ginevra vanno annoverate: CERN European Organisation for Nuclear Research EFTA European Free Trade Association HCHR UN High Commissioner for Human Rights HCR UN High Commissioner for Refugees ILO International Labour Organisation IOM International Organisation for Migrations ITC International Trade Centre ITU International Telecommunication Union UNCTAD United Nations Conference on Trade and Development UNECE United Nations Economic Commission for Europe UNEP UN Environment Programme UNOG United Nations Office at Geneva WHO World Health Organisation WIPO World Intellectual Property Organisation WMO World Meteorological Organisation WTO World Trade Organisation

291

4

Compiti legati alla tutela degli interessi e servizi

Il compito principale delle rappresentanze svizzere è la tutela degli interessi sul posto. Essa comprende in primo luogo la costituzione e il mantenimento di una rete di contatti, il miglioramento dell'immagine della Svizzera nel Paese ospite e la presentazione e difesa di richieste svizzere presso le istanze decisionali estere. A questo si aggiunge la raccolta di informazioni generali sui mutamenti della politica interna, sulle strategie e le attività di politica estera e sull'evoluzione economica, tecnologica, sociale, culturale e della politica ambientale del Paese ospite. I molteplici progetti e programmi della cooperazione bilaterale allo sviluppo e della cooperazione con l'Europa dell'Est nonché dell'aiuto umanitario sono organizzati tramite gli uffici svizzeri di coordinamento.

La politica estera della Svizzera non persegue solo lo scopo di tutelare nel miglior modo possibile gli interessi del nostro Paese verso l'esterno. La Svizzera è anche responsabile dell'assistenza amministrativa dei cittadini svizzeri residenti all'estero, del rafforzamento dei loro legami con la Svizzera e dell'aiuto a coloro che si trovano in difficoltà. Attualmente sono circa 580 000, cioè quasi il 10 per cento di tutti i cittadini svizzeri, gli Svizzeri registrati presso le nostre rappresentanze. Questo corrisponde alla popolazione di una città che supera di gran lunga le dimensioni di Zurigo.

Le nostre ambasciate, i nostri consolati generali, consolati e rappresentanze onorarie svolgono in questo contesto funzioni paragonabili a quelle di un'amministrazione comunale in Svizzera.

Esempi: Le rappresentanze svizzere sono competenti per questioni relative allo stato civile e al diritto di cittadinanza, per l'assistenza agli Svizzeri all'estero (oltre 500 casi all'anno) e per il rilascio di documenti. Svolgono funzioni essenziali nell'ambito dell'AVS facoltativa e fungono da autorità di sorveglianza per le 17 scuole svizzere all'estero. Sono competenti per il rilascio di visti e per chiarimenti concernenti questioni d'asilo. Infine accordano, laddove è necessario e possibile, protezione diplomatica e consolare.

Il Dipartimento degli affari esteri deve far fronte a un numero crescente di richieste di protezione consolare: basti pensare ai numerosi casi di decessi, incidenti, rapimenti e processi. Nel 1999 sono
stati trattati in totale 800 casi di protezione consolare.

Sebbene concernano spesso questioni di ordinaria amministrazione, le prestazioni consolari impegnano gran parte del personale in servizio all'estero. Negli ultimi anni, non da ultimo a causa di carenze di personale, si è provveduto a un'ampia riorganizzazione delle procedure lavorative, in cui l'impiego di moderni mezzi informatici e di telecomunicazione ha avuto un ruolo importante.

La tutela degli interessi e i servizi svolti dalle rappresentanze svizzere all'estero hanno lo scopo di curare le relazioni con le istanze decisionali estere in modo da garantire la presenza politica, economica e culturale della Svizzera in tutto il mondo e sollecitare ovunque un atteggiamento comprensivo nei confronti dei bisogni del nostro Paese. La tutela e la promozione degli interessi economici rientra in via prioritaria in questo compito. Permane importante anche l'assistenza fornita ai cittadini 292

svizzeri all'estero, inclusa la facilitazione del rientro in patria per i numerosi scienziati attivi all'estero onde diminuire il fenomeno della «fuga dei cervelli». Il Consiglio federale è convinto che l'impegno in questi ambiti corrisponda agli interessi in materia di politica estera nonché alle aspettative e ai desideri dei nostri concittadini.

293

Elenco delle abbreviazioni APEC

Asian Pacific Economic Co-operation Cooperazione economica Asia-Pacifico

art.

articolo

ASEAN

Association of South East Asian Nations Associazione delle nazioni dell'Asia sudorientale

ASEM

Asia Europe Meeting Riunione Asia-Europa

AVS

Assicurazione per la vecchiaia e per i superstiti

CEDU

Convenzione europea dei diritti dell'uomo

CICR

Comitato internazionale della Croce Rossa

COCO

Commissione di coordinamento per la presenza della Svizzera all'estero

Cost.

Costituzione federale della Confederazione Svizzera

cpv.

capoverso

CSI

Comunità di Stati Indipendenti

DFAE

Dipartimento federale degli affari esteri

EAPC

European Atlantic Partnership Council Consiglio di partenariato euroatlantico

EFTA/AELS

European Free Trade Association Associazione europea di libero scambio

euro

unità monetaria europea

Eurodac

Sistema europeo di confronto dei dati segnaletici dattiloscopici

Europol

Ufficio europeo di polizia

G8

Gruppo degli otto Stati industrializzati più importanti (USA, Giappone, Germania, Francia, Italia, Regno Unito, Canada e Russia)

G 10

Gruppo degli undici finanziatori più importanti del Fondo monetario internazionale, tra cui la Svizzera

G 20

Gruppo dei G 8 e alcuni importanti Paesi emergenti (senza la partecipazione della Svizzera)

GATT

General Agreement on Tariffs and Trade Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio

HIPC

Heavily Indebted Poor Countries Iniziativa del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale volta a favorire lo sdebitamento dei Paesi poveri fortemente indebitati

ILO/OIL

294

International Labour Organization Organizzazione internazionale del lavoro

IMF/FMI

International Monetary Fund Fondo monetario internazionale

KFOR

Kosovo Force

lett.

lettera

Mercosur

Mercado Común del Sur Mercato comune dell'America latina

NAFTA

North American Free Trade Agreement Accordo nordamericano di libero scambio

NATO

North Atlantic Treaty Organization Organizzazione del trattato del Nord Atlantico

OAU/OUA

Organization of African Unity Organizzazione dell'unità africana

OECD/OCSE

Organization for Economic Co-operation and Development Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico

OSCE

Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa

PfP

Partnership for Peace Partenariato per la pace

PIL

prodotto interno lordo

PMI

piccole e medie imprese

PNL

prodotto nazionale lordo

SADC

Southern Africa Development Community Comunità per lo sviluppo dell'Africa australe

SDFC

Swiss Development Finance Corporation Società finanziaria svizzera per lo sviluppo

SEE

Spazio economico europeo

SOFI

Swiss Organization for Facilitating Investments

TTPCP

Tassa sul traffico pesante commisurata alle prestazioni

UE

Unione Europea

UNEP

UN Environment Program Programma dell'ONU per l'ambiente

UNHCR/ ACNUR

UN High Commissioner for Refugees Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati

UNO/ONU

United Nations Organization Organizzazione delle Nazioni Unite

WTO/OMC

World Trade Organization Organizzazione mondiale del commercio

295