13.078 Messaggio concernente l'approvazione di una nuova proroga dell'impiego dell'esercito in servizio d'appoggio all'estero per la protezione dell'Ambasciata di Svizzera a Tripoli del 20 settembre 2013

Onorevoli presidenti e consiglieri, conformemente all'articolo 70 capoverso 2 della legge militare, vi sottoponiamo per approvazione un disegno di decreto federale concernente l'approvazione di una nuova proroga dell'impiego dell'esercito in servizio d'appoggio all'estero per la protezione dell'Ambasciata di Svizzera a Tripoli (periodo da febbraio 2014 a gennaio 2016).

Gradite, onorevoli presidenti e consiglieri, l'espressione della nostra alta considerazione.

20 settembre 2013

In nome del Consiglio federale svizzero: Il presidente della Confederazione, Ueli Maurer La cancelliera della Confederazione, Corina Casanova

2013-2009

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Compendio Situazione iniziale L'Assemblea federale ha approvato con decreto federale del 3 dicembre 2012 la proposta del Consiglio federale di rinnovare il mandato di protezione dell'Ambasciata di Svizzera a Tripoli, conferito alle forze speciali dell'esercito (approvazione per un periodo di sei mesi, rinnovabili dal Consiglio federale; periodo complessivo: da febbraio 2013 a gennaio 2014). La proposta che il Consiglio federale aveva sottoposto al Parlamento era motivata dall'esistenza di rischi reali ai quali era esposto il personale dell'Ambasciata e dall'impossibilità per lo Stato libico di garantire una protezione alle ambasciate straniere a Tripoli.

Dalla fine della guerra civile la Libia ha compiuto un certo numero di progressi lungo il cammino della transizione e della costruzione di istituzioni democratiche.

L'elezione di un Parlamento e di un Governo provvisori rappresenta un passo importante su tale cammino. Le autorità libiche devono conciliare numerosi interessi divergenti e il processo di transizione procede quindi lentamente e con alcune difficoltà. La promulgazione della legge sull'isolamento politico, che esclude per dieci anni dalle cariche pubbliche chiunque abbia avuto un ruolo nel regime precedente, ha monopolizzato il dialogo per mesi; l'entrata in vigore della legge avrà senza dubbio ripercussioni durature sulla vita politica del Paese.

Per avanzare sul cammino della transizione la Libia non può prescindere dal sostegno della comunità internazionale. Tenendo conto del ruolo che tale Paese riveste e della sua funzione di ponte tra Europa, Africa del Nord e Africa subsahariana, la Svizzera ha tutto l'interesse a partecipare attivamente al processo di stabilizzazione della Libia, ampliando le relazioni diplomatiche ed economiche e lanciando un programma di cooperazione efficace per quanto concerne alcuni aspetti istituzionali.

In Libia la situazione in materia di sicurezza resta globalmente tesa. La natura e l'intensità delle minacce variano a seconda delle regioni. L'uccisione dell'ambasciatore americano a Bengasi nel settembre 2012, l'attentato dinamitardo contro l'Ambasciata francese e altre aggressioni recenti contro rappresentanze straniere e organizzazioni internazionali dimostrano che le capacità di provocare azioni violente e mirate di determinati ambienti sono tuttora
elevate. Una criminalità in crescita e una violenza rivolta sempre più contro le donne rappresentano altre forme di minacce correnti, in aumento sia nella capitale sia nel resto del Paese. I rappresentanti di Paesi stranieri si trovano dunque tuttora a fronteggiare minacce reali.

Per le autorità libiche la sfida maggiore risiede nel riuscire ad assumere quanto più rapidamente possibile il monopolio reale della gestione della sicurezza nel Paese.

Non esiste ancora una vera integrazione delle varie forze di sicurezza sotto un comando unico. Allo stato attuale le rappresentanze straniere devono contare soprattutto sui propri dispositivi di protezione.

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Finora il personale dell'Ambasciata di Svizzera a Tripoli non è incorso in incidenti di sicurezza. I distaccamenti di protezione hanno tuttavia dovuto procedere a ripetute evacuazioni di emergenza per evitare che il personale si trovasse in una situazione di pericolo.

Il Consiglio federale giudica molto positivamente l'esperienza maturata nei primi 18 mesi dell'impiego delle forze speciali. Il dispositivo di protezione messo in atto soddisfa le esigenze e viene costantemente adattato in funzione dell'evoluzione della situazione. Non dovrebbe subire modiche importanti nell'arco dei prossimi mesi.

I costi del personale dei distaccamenti di protezione sono a carico del DDPS. Il DFAE mette a disposizione le risorse specificamente legate all'impiego. In particolare finanzia i mezzi di trasporto (aerei e in loco), si occupa della messa a disposizione dell'alloggio per i distaccamenti di protezione e si fa carico delle spese per il vitto e la comunicazione nonché dei costi delle indennità di rischio.

Contenuto del disegno Il Consiglio federale ritiene che tali rischi esistano tuttora e che pertanto sia necessario rinnovare il mandato delle forze speciali dell'esercito per un ulteriore periodo di due anni (da febbraio 2014 a gennaio 2016). La nuova proroga, chiesta dal Consiglio federale con il presente messaggio, necessita dell'accordo dell'Assemblea federale. Le risorse specificamente legate all'impiego per il periodo compreso tra febbraio 2014 e gennaio 2016 saranno iscritte nel bilancio ordinario del DFAE.

Un'approvazione da parte dell'Assemblea federale per un periodo di due anni è giustificata dal tempo necessario a stabilizzare il Paese dal punto di vista politico e della sicurezza. Essa permetterà al Consiglio federale e al Parlamento di trattare questo dossier a intervalli regolari meglio distribuiti nel tempo. Il DFAE e il DDPS seguono l'evoluzione della situazione in Libia e, se le circostanze lo permetteranno, proporranno al Consiglio federale l'interruzione o la sospensione definitiva dell'impegno delle forze speciali prima del termine previsto.

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Messaggio 1

Situazione iniziale

L'Assemblea federale ha approvato con decreto federale del 15 marzo 20121 la proposta del nostro Consiglio di affidare a distaccamenti dell'esercito la protezione dell'Ambasciata di Svizzera a Tripoli. Secondo l'articolo 1 capoverso 2 del decreto, lo spiegamento dell'esercito era limitato a sei mesi; il Consiglio federale era tuttavia autorizzato a prolungare il mandato di altri sei mesi qualora la situazione di sicurezza in loco lo richiedesse. Ai sensi dell'articolo 2 del decreto, il Consiglio federale poteva decidere in ogni momento d'interrompere l'impiego o porvi fine se lo giudicava necessario. La proroga del mandato è stata decisa dal nostro Collegio in data 4 luglio 2012.

L'Assemblea federale ha approvato con decreto federale del 3 dicembre 20122 il rinnovo dell'impiego delle forze speciali sulla stessa base (sei mesi, da febbraio 2013 a luglio 2013, rinnovabili dal Consiglio federale). La proroga fino a gennaio 2014 è stata decisa dal nostro Consiglio in data 26 giugno 2013.

Il personale di tali distaccamenti di protezione proviene dal Comando delle forze speciali dell'esercito e, più precisamente, sopratutto dal Distaccamento d'esplorazione dell'esercito 10 e dal Distaccamento speciale della polizia militare.

Reputiamo che a tutt'oggi esistano rischi concreti e reali ai quali il personale dell'Ambasciata è e sarà esposto a medio termine; constatiamo inoltre che le autorità libiche non sono ancora in grado di assicurare la protezione delle rappresentanze straniere a Tripoli e nel resto del Paese.

È dunque necessario rinnovare il mandato delle forze speciali dell'esercito per un periodo di due anni. Un'approvazione da parte dell'Assemblea federale per un periodo di due anni è giustificata dal tempo necessario a stabilizzare il Paese dal punto di vista politico e della sicurezza. Essa permetterà al Consiglio federale e al Parlamento di trattare questo dossier a intervalli regolari meglio distribuiti nel tempo. Il DFAE e il DDPS seguono l'evoluzione della situazione in Libia. Se nel corso di tale periodo il nostro Collegio dovesse constatare che l'impiego non è più necessario, lo interromperà o vi porrà fine.

Con il presente messaggio chiediamo all'Assemblea federale una nuova autorizzazione.

1.1

La nuova Libia sul cammino della democrazia (evoluzione e sfide)

Dopo la caduta del regime avvenuta a metà 2011, già nel luglio 2012 si sono tenute con successo le elezioni per un Parlamento di transizione, vale a dire per l'odierno Congresso nazionale. Dal novembre 2012 il Paese ha un Governo provvisorio, che si adopera per estendere la sovranità statale all'intero territorio nazionale nonché per far progredire il processo di transizione.

1 2

FF 2012 3447 FF 2013 231

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Uno degli obiettivi del Congresso nazionale è la rielaborazione degli eventi. In tale ottica risulta centrale anche l'esclusione dalle cariche pubbliche delle persone con responsabilità nel regime passato. A tal fine il 5 maggio 2013 il Congresso nazionale ha promulgato una legge sull'isolamento politico. La promulgazione era stata preceduta da mesi di discussioni. I dibattiti avevano avuto per oggetto la definizione delle persone attive sotto il regime di Gheddafi.

La soluzione prescelta interessa tutte le persone che tra il 1969 e il 2011 hanno ricoperto incarichi di alto livello, senza distinzioni per chi era passato all'opposizione già nelle fasi iniziali del passato regime o per chi ha avuto un ruolo decisivo nella rivoluzione del 2011. Le persone interessate dal provvedimento dovrebbero dunque dimettersi dalle loro odierne funzioni direttive. Tra di esse vi sono anche politici che hanno avuto successo nelle elezioni dell'estate 2012 e che grazie alla loro esperienza hanno garantito una certa stabilità al Paese nell'attuale delicata fase di transizione. Queste persone potrebbero tornare ad occupare posti di responsabilità solo nell'estate 2023. Formalmente la legge è entrata in vigore già nel mese di giugno, ma una sua attuazione integrale è lungi dall'essere garantita. Tale circostanza sembra indicare che i contenuti dell'atto legislativo in questione siano destinati a essere edulcorati.

Allo stato attuale non è ancora possibile prevedere le esatte conseguenze della rielaborazione degli eventi, tanto più alla luce dello schieramento delle milizie armate che aveva segnato la vigilia della promulgazione della legge a Tripoli. La ragione principale della mobilitazione delle milizie armate risiede tuttavia piuttosto nel fatto che il Governo inizia gradualmente a imporsi e ad allontanare, soprattutto dalla capitale, gli elementi armati irregolari. Per spingere le milizie a ritirarsi il Governo punta sul dialogo. Il dato positivo è che le città e i quartieri interessati insorgono contro le milizie, seppur spesso ricorrendo a contro-milizie e non al potenziamento delle forze di sicurezza regolari.

La transizione rivoluzionaria procede caratterizzata da una continuità piuttosto fragile. Sebbene, a prescindere dall'età e dal sesso, statisticamente ogni cittadino libico possiede più di tre armi,
il ricorso alla violenza resta limitato. A dispetto o proprio grazie alla debole autorità statale, la popolazione continua a sottostare a un forte controllo sociale interno. Va inoltre sottolineato che rispetto a quanto accade in Tunisia ed Egitto, finora il partito islamico della Libia ha assunto una linea moderata, anche in considerazione del fatto che, contrariamente alle aspettative, nelle elezioni del luglio 2012 ha ottenuto un risultato modesto e alcuni dei suoi stessi dirigenti sono colpiti dalla legge sull'isolamento politico. Nell'area settentrionale del Paese, l'organizzazione Al-Qaïda del Maghreb islamico (AQIM) vanta solo presenze isolate. Risulta inoltre quasi impossibile controllare i confini libici che si estendono per migliaia di chilometri. Soprattutto nella parte meridionale del Paese gli attraversamenti illegali delle frontiere, il contrabbando, il traffico d'armi e l'immigrazione clandestina diretta in Europa sono all'ordine del giorno. Tale realtà è particolarmente delicata soprattutto alla luce dell'attività armata degli islamici nella regione del Sahel.

Il principale problema politico della Libia risiede nella relativa lentezza con cui avanzano la trasformazione dello Stato e della società nonché la costruzione di istituzioni funzionanti. La causa va individuata tra l'altro nel fatto che la fragile classe politica è fortemente assorbita da trattative interne e pertanto il margine di manovra per affrontare parallelamente l'elevato numero di questioni irrisolte è minimo. Tali questioni includono da una parte il recupero dell'intero monopolio del 6257

potere statale e la stabilizzazione della provincia della Cirenaica, comprensiva della città di Bengasi. Dall'altra, è necessario anche colmare il vuoto di sicurezza sopra descritto nelle regioni di frontiera vicine ad Algeria, Niger e Ciad, rafforzare la società civile e il settore privato nonché portare avanti i numerosi progetti infrastrutturali fermi dallo scoppio della rivoluzione.

Malgrado gli ostacoli illustrati, il nucleo dell'economia libica, vale a dire la produzione di petrolio e gas, ha nuovamente raggiunto i livelli pre-rivoluzione già alla fine del 2012, con un aumento del PIL pari al 100 per cento rispetto all'anno precedente la caduta del regime. Dall'inizio del 2013 alcuni gruppi con interessi interni particolari hanno tuttavia scoperto di poter utilizzare la vitale produzione petrolifera come strumento di pressione nei confronti dello Stato e delle società nazionali e internazionali interessate. Tali gruppi sono formati ad esempio da milizie addette alla protezione degli impianti, autisti di camion, singole minoranze e dipendenti locali.

La produzione ha dunque subito una contrazione fino al 40 per cento. Dall'estate 2013 la produzione ha registrato una leggera ripresa, benché si attesti tuttora a un livello inferiore alle capacità effettive e in tal modo indebolisca la forza economica del Paese.

Attualmente sono in corso i lavori preparatori per l'elezione di un organo di 60 membri, incaricato di elaborare un progetto di Costituzione. Il popolo libico sarà poi chiamato a esprimersi sul testo costituzionale nel quadro di un referendum.

Seguiranno quindi le elezioni per un Parlamento conforme alla Costituzione.

L'assemblea parlamentare così eletta dovrebbe poi designare il primo Governo regolare dal 1969. Alla luce del fatto che l'eredità istituzionale, culturale e mentale di quattro decenni di dittatura non può essere superata in pochi mesi, l'intervallo temporale di tale evoluzione politica globale dovrebbe estendersi fino alla fine del 2015 circa.

1.2

La presenza attiva della Svizzera

Grazie alla sua posizione sul Mediterraneo, alla sua grande estensione geografica abbinata a una popolazione numericamente contenuta e alle riserve petrolifere più consistenti di tutta l'Africa, la Libia svolge un importante ruolo di ponte tra l'Europa e l'area subsahariana, ma anche all'interno dell'Africa del Nord. La Svizzera ha vari legami diretti e indiretti con la Libia e pertanto ha un interesse immediato a una stabilizzazione dell'attuale situazione di fragilità. La crisi interstatale che aveva caratterizzato la fase finale del regime di Gheddafi sembra superata e il nostro Paese gode di grande considerazione. Non si sono tuttavia ancora tenuti incontri a livello governativo che formalizzino questa evoluzione bilaterale positiva.

Lo sviluppo delle nostre relazioni beneficia senza dubbio dell'impegno «pionieristico» del nostro Paese nell'ambito dell'aiuto umanitario durante la rivoluzione e del lavoro successivamente svolto dalla Divisione Sicurezza umana (DSU) e dalla Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC) del DFAE. I bisogni sono tuttavia ancora immensi, poiché in Libia tutto è da rifare.

La comunità internazionale riveste un ruolo importante in questa fase di trasformazione della Libia e nel suo processo di transizione verso uno Stato di diritto. In tale ottica l'impegno della Svizzera s'inquadra in uno sforzo comune, guidato dalla missione coordinatrice delle Nazioni Unite in Libia (UNSMIL).

6258

Le linee d'azione della Svizzera nell'Africa del Nord sono fissate nella strategia adottata l'11 marzo 2011 dal Consiglio federale. La strategia in oggetto trova applicazione anche per la Libia. Le attività della DSU nel Paese si concentrano sui settori chiave 1 (transizione democratica e diritti dell'uomo) e 3 (migrazione e protezione di persone, gruppi e minoranze vulnerabili). Esse riguardano i seguenti ambiti: promozione dei diritti dell'uomo, rielaborazione degli eventi (sostegno su cui le autorità libiche contano molto), assistenza elettorale e riforma del processo costituzionale, gestione degli ordigni inesplosi (sminamento), sostegno alla società civile e riforma del settore della sicurezza. I contatti che la DSU ha stretto con il Governo libico dovrebbero consentire d'identificare nuovi assi di cooperazione e in particolare progetti statali il cui finanziamento nel tempo potrebbe essere ripreso e assicurato dal Governo libico.

Le attività della DSC hanno carattere complementare e sono focalizzate sui seguenti ambiti: sostegno alla società civile e al settore della sicurezza nonché ai media, rafforzamento delle strutture statali e promozione della fiducia della popolazione nei servizi pubblici (ad esempio in materia di riabilitazione medica) nonché protezione delle persone vulnerabili («internally displaced persons, IDPs»).

La Svizzera mette a disposizione della UNSMIL un esperto di polizia nell'ambito della promozione civile della pace. Una partecipazione alla Integrated Border Management Assistance Mission della UE (EUBAM Libia) è in fase di pianificazione. Il DCAF (Centro per il controllo democratico delle forze armate con sede a Ginevra) svolge un ruolo importante nella riforma delle forze di sicurezza.

Sul piano economico il volume degli scambi tra Libia e Svizzera è stato caratterizzato da uno sviluppo molto positivo dopo il 2011. Gli sforzi attualmente intrapresi da vari attori svizzeri, tra cui Switzerland Global Enterprise, l'Ambasciata e la SECO, si concentrano su un miglioramento delle condizioni di avvio di un'attività per le imprese private e in particolare per le PMI. A seguito della crisi bilaterale, e prima di essere rovesciato, il regime libico aveva prelevato importanti capitali dalla Svizzera. Il nostro Paese è stato dunque interessato solo in misura relativamente
marginale dal blocco degli averi libici. Oggi risultano bloccati ancora circa 100 milioni di franchi. La Svizzera ha offerto un sostegno attivo alla Libia in vista di eventuali procedure di restituzione future.

2

La protezione dell'Ambasciata di Svizzera a Tripoli

2.1

La situazione in materia di sicurezza in Libia

In Libia la situazione in materia di sicurezza resta globalmente tesa. La natura e l'intensità delle minacce variano tuttavia a seconda delle regioni. Spesso risulta difficile reperire informazioni affidabili sulla natura degli incidenti di sicurezza e sulle responsabilità. Le informazioni devono sempre essere verificate più volte prima di essere considerate attendibili.

La situazione a Bengasi è fortemente instabile. Da tempo è caratterizzata da numerosi attentati contro bersagli occidentali come il CICR e le rappresentanze straniere.

In questi ultimi mesi la città e l'intera regione sono state teatro di numerosi attacchi contro le forze di sicurezza dello Stato sotto forma di aggressioni contro posti di polizia, caserme o posti di controllo. L'area meridionale del Paese è stata scossa da violenze dovute a vecchie rivalità tra tribù o provocate dalle attività legate al con6259

trabbando e al traffico di armi e droga. Città come Sirte o Bani Walid sono tuttora teatro di frizioni tra fazioni rivali (rivoluzionarie, lealiste). Dai primi mesi del 2013 la situazione nella capitale è fortemente influenzata dall'avvio dell'Operazione Tripoli, lanciata dal Congresso nazionale e dal Governo per disarmare, sciogliere o allontanare le milizie illegali che sfuggono al controllo dello Stato. Tale operazione di «pulizia» ha provocato numerosi conflitti, in parte armati, tra le forze di sicurezza dello Stato (circa 3000 uomini) e le milizie interessate.

L'uccisione dell'ambasciatore americano a Bengasi nel settembre 2012, l'attentato dinamitardo contro l'Ambasciata francese, il fallito attentato contro l'ufficio del British Council a Tripoli nell'aprile 2013 e altre aggressioni recenti contro rappresentanze straniere e organizzazioni internazionali (tra cui un ordigno piazzato sotto un'auto dell'Ambasciata italiana e attacchi contro le infrastrutture dell'ONU) dimostrano che le capacità di determinati ambienti di pianificare e realizzare atti di violenza mirati sono tuttora elevate. Le forze di sicurezza sequestrano regolarmente quantitativi impressionanti di armi ed esplosivi. Una criminalità crescente e una violenza rivolta sempre più contro le donne rappresentano altre forme di minacce correnti, in aumento nella capitale e nel resto del Paese. I furti d'auto a mano armata («carjacking») sono diventati un fenomeno relativamente frequente in Libia. I rappresentanti di Paesi stranieri devono quindi fronteggiare minacce reali.

La popolazione libica è sempre più critica nei confronti dei responsabili veri o presunti della diffusa insicurezza, colpevoli di compromettere la stabilità del Paese (che si tratti di milizie o ambienti integralisti). A volte le proteste della popolazione sfociano in situazioni drammatiche, com'è avvenuto ad esempio all'inizio del mese di giugno, quando a Bengasi le milizie hanno aperto il fuoco contro i manifestanti, uccidendo una trentina di persone. La popolazione condanna apertamente anche i rappresentanti di uno Stato giudicato incapace di assicurare la protezione dei propri cittadini. La sfida maggiore che le autorità libiche devono fronteggiare consiste dunque nel garantire quanto più rapidamente possibile un monopolio reale della gestione della sicurezza
nel Paese. Tale sfida è lungi dall'essere banale: da una parte le autorità libiche devono ancora contare sull'appoggio delle milizie per garantire la sicurezza dello Stato e dall'altra devono operare in vista del loro scioglimento e della loro integrazione nella polizia o nell'esercito.

L'azione volta a disarmare, mettere sotto tutela o dissolvere le milizie prosegue da mesi. Essa ha già portato ai primi risultati positivi, soprattutto a livello di meccanismi di coordinamento dei vari attori (polizia, esercito, milizie) che sono stati posti sotto l'autorità statale. Tale fenomeno di consolidamento del controllo dello Stato può causare una certa destabilizzazione delle milizie, rendendole diffidenti. Le milizie non intendono farsi privare troppo rapidamente delle loro armi, senza la garanzia di poter preservare le loro conquiste e assicurazioni sul piano istituzionale.

Il loro obiettivo è mantenere una certa visibilità e influire sul processo di transizione.

Non esiste pertanto ancora una vera integrazione delle varie forze di sicurezza sotto un comando unico.

La creazione di una polizia diplomatica incaricata di proteggere le rappresentanze straniere è un'iniziativa molto recente. Tale corpo si trova nella fase di costituzione iniziale e non sono ancora noti i suoi compiti e la sua organizzazione. Le prime esperienze di collaborazione con la polizia diplomatica sono state maturate dopo l'attentato contro l'Ambasciata francese. Lo Stato libico ha dislocato un determinato numero di pattuglie di questo nuovo corpo di polizia a difesa di alcune ambasciate, tra cui l'Ambasciata di Svizzera. Le prime impressioni a livello di disciplina e grado 6260

di formazione dei suoi membri sono state piuttosto incoraggianti. È comunque troppo presto per trarre conclusioni sulla capacità delle autorità di garantire la sicurezza delle rappresentanze straniere a breve e medio termine. Allo stato attuale le rappresentanze straniere devono dunque contare soprattutto sui propri dispositivi di protezione.

2.2

Il mandato dei distaccamenti di protezione

2.2.1

Il bilancio dei primi 18 mesi dell'impiego

I rischi concreti ai quali è esposto il personale dell'Ambasciata sono in gran parte rimasti inalterati dalla fine della guerra civile, seppur con sfumature e accenti diversi a seconda della situazione: manifestazioni violente, attacchi contro rappresentanze straniere, scaramucce o combattimenti in cui il personale dell'Ambasciata e dei distaccamenti di protezione potrebbe rimanere involontariamente coinvolto nonché rischi legati al banditismo e alla criminalità. Finora il personale dell'Ambasciata non è incorso in incidenti di sicurezza. I distaccamenti di protezione hanno tuttavia dovuto procedere ad evacuazioni di emergenza per evitare che il personale si trovasse in una situazione di pericolo. Il dispositivo di sicurezza viene regolarmente modificato in funzione della situazione. Dopo l'attentato contro l'Ambasciata francese, le misure di sicurezza sono state adeguate ancora una volta: rafforzamento del perimetro dell'Ambasciata, intensificazione dei controlli dei veicoli, verifica sistematica di borse e bagagli e contributo della polizia libica alla sorveglianza dell'Ambasciata.

In base al mandato attuale, i distaccamenti di protezione hanno il compito di proteggere il personale e l'infrastruttura del DFAE (cancelleria, residenza, uffici della DSC e della DSU). Devono garantire la protezione del personale dell'Ambasciata anche durante i suoi spostamenti, in base al grado di sicurezza del percorso prescelto. La loro missione prevede inoltre di offrire al capo della missione e ai servizi di sicurezza del DFAE la consulenza necessaria per ottimizzare le misure di protezione in tempi normali e nelle situazioni di crisi. L'elenco dei compiti include anche il monitoraggio della situazione, l'analisi permanente dei rischi e i contatti con i servizi di sicurezza di altre ambasciate.

Grazie alla presenza di guardie locali e alla costante ottimizzazione del dispositivo di protezione, il personale militare non ha mai raggiunto il contingente operativo massimo fissato dal Consiglio federale.

Il Consiglio federale giudica molto positivamente l'esperienza maturata nei primi 18 mesi. Il dispositivo instaurato soddisfa le esigenze e viene costantemente adeguato all'evolvere della situazione.

2.2.2

Il mandato per il periodo da febbraio 2014 a gennaio 2016

La missione prevista per tale periodo rientra in un quadro che a grandi linee dovrebbe corrispondere a quello delle operazioni in corso. A livello generale i contenuti dell'ordine di operazione iniziale mantengono la loro validità. Un ordine parziale dello Stato maggiore di condotta dell'esercito coprirà i punti specifici legati alla proroga della missione.

6261

Anche in futuro il dispositivo tattico e gli effettivi dei distaccamenti di protezione saranno costantemente adeguati all'evolvere della situazione e con riferimento a due fattori essenziali: la natura delle minacce e l'intensità della protezione necessaria, da una parte, e il numero dei collaboratori da proteggere, dall'altra.

Altre ambasciate straniere in Libia beneficiano della protezione garantita dalle forze di sicurezza del loro Paese. I Paesi che presentano condizioni di esposizione paragonabili a quelle della Svizzera sono protetti da unità le cui dimensioni corrispondono a grandi linee a quelle dei distaccamenti di protezione svizzeri.

3

Conseguenze finanziarie e ripercussioni sull'effettivo del personale

Come è stato il caso finora, il finanziamento dei costi del personale dei distaccamenti di protezione è a carico del DDPS (Difesa, credito di bilancio A2100.0001).

Il DFAE mette a disposizione le risorse specificamente legate all'impiego. Finanzia i mezzi di trasporto (aerei e in loco), si occupa della messa a disposizione dell'alloggio per i distaccamenti di protezione e si fa carico delle spese per il vitto e la comunicazione nonché dei costi delle indennità di rischio (credito di bilancio A2119.0001).

Per il nuovo periodo di 24 mesi, ammesso che il numero delle persone impiegate resti costante, l'importo previsto corrisponde a 1 935 000 milioni di franchi (vedi tabella qui di seguito).

Costi preventivati per i tre periodi dell'impiego in CHF

Costi pianificati per il periodo da febbraio 2012 a gennaio 2013

Costi pianificati per il periodo da febbraio 2013 a gennaio 2014 (pianificazione aggiornata nel maggio 2013)

Costi pianificati per il periodo da febbraio 2014 a gennaio 2016

Trasporti

250 000

150 000

350 000

Vitto e piccole spese

210 000

180 000

360 000

Indennità di rischio

200 000

170 000

425 000

Personale locale

330 000

400 000

800 000

Totale

990 000

900 000

1 935 000

6262

Spese reali per il primo periodo dell'impiego in CHF

Spese per il periodo da febbraio 2012 a gennaio 2013

Trasporti

197 000

Vitto e piccole spese

208 000

Indennità di rischio

180 000

Personale locale

335 000

Totale

920 000

Tutti i costi risultanti dall'impiego dell'esercito per la protezione dell'Ambasciata svizzera a Tripoli sono iscritti nel bilancio e nella pianificazione finanziaria del DFAE e del DDPS.

4

Aspetti giuridici

4.1

Basi legali

L'impiego si fonda sull'articolo 69 capoverso 2 della legge militare del 3 febbraio 19953 (LM). In virtù dell'articolo 70 capoverso 1 LM, la chiamata in servizio per un simile impiego rientra nella competenza del Consiglio federale. Poiché l'impiego ha una durata superiore a tre settimane, ai sensi dell'articolo 70 capoverso 2 LM è richiesta l'approvazione dell'Assemblea federale.

4.2

Forma dell'atto

Poiché non contiene norme di diritto e quindi non sottostà a referendum facoltativo (art. 163 cpv. 2 della Costituzione federale4 e art. 29 cpv. 1 della LF del 13 dicembre 20025 sul Parlamento), l'atto riveste la forma del decreto federale semplice.

3 4 5

RS 510.10 RS 101 RS 171.10

6263

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