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Messaggio concernente la modificazione del Codice penale e del Codice penale militare (Reati contro la vita e l'integrila della persona, il buon costume e la famiglia) del 26 giugno 1985

Onorevoli presidenti e consiglieri, Con il presente messaggio vi sottoponiamo, per approvazione, i disegni di legge volti a modificare e a completare le disposizioni del Codice penale e del Codice penale militare relative ai reati contro la vita e l'integrità della persona, contro il buon costume e contro la famiglia.

Inoltre vi proponiamo di togliere di ruolo i seguenti interventi parlamentari: 1956 P 6989 Misure contro pellicole e scritti immorali (N 18.9.56, Frei) 1962 P 8401 Lotta contro l'omosessualità (N 5.12.62, Schmid Philipp) 1973 P 11524 Reati contro il buon costume (N 25.6.73, Tanner-Zurigo) 1981 P 80.521 Omissione di soccorso a persone in pericolo (N 19.6.81, Crevoisier) 1983 M 82.598 Pellicole video. Scene di violenza (S 9.3.83, Zbinden, N 5.10.83) 1983 M 82.927 Messa in circolazione di pellicole video (S 9. 3. 83, Guntern, N 5.10. 83) 1983 P 82.950 Pellicole video. Scene brutali (N 18. 3. 83, Jaggi) 1984 M 83.378 Reati contro il buon costume. Revisione del Codice penale (N 14.12.84, Christinat, S 6.6.85) Gradite, onorevoli presidenti e consiglieri, l'espressione della nostra alta considerazione.

26 giugno 1985

1985 -- 506 60

Foglio federale. 68° anno. Voi. II

In nome del Consiglio federale svizzero: II presidente della Confederazione, Furgler II cancelliere della Confederazione, Buser 901

Compendìo La revisione proposta costituisce la seconda tappa della riforma del diritto penale, dopo quella relativa alle disposizioni sugli atti di violenza criminale.

Essa tocca anche le disposizioni corrispondenti del diritto penale militare. Suo scopo è di adattare alle attuali necessità della politica criminologica le fattispecie legali dei reati contro la vita e l'integrità della persona, contro il buon costume e contro la famiglia.

Per non compromettere la libera formazione della volontà politica, vi sottoponiamo due distinti disegni di legge. Il disegno A concerne i reati contro la vita e l'integrità della persona nonché i reati contro la famiglia. Il disegno B si riferisce invece ai reati contro il buon costume (diritto penale sessuale).

Il disegno A impone innanzitutto alle competenti autorità l'obbligo generale di abbandonare il procedimento o di mandare esente da pena chi sia stato sì duramente colpito dalle conseguenze dirette del suo atto da far apparire inappropriata l'irrogazione di una pena. Questa innovazione potrà svolgere un ruolo non trascurabile proprio nelle materie trattate dalla presente revisione.

Per quanto concerne le disposizioni speciali, il disegno A propone delle modifiche che, sostanzialmente, possono essere riassunte come segue: Gli elementi costitutivi dell'assassinio sono stati ridefiniti e la sanzione comminata è stata resa più flessibile. Essa potrà infatti variare da un minimo di dieci anni di reclusione fino alla reclusione perpetua. La fattispecie privilegiata dell'omicidio passionale sarà realizzata non solo quando il colpevole ha agito «cedendo ad una violenta commozione dell'animo scusabile per le circostanze», ma anche quando, al momento dell'atto, il colpevole si trovava «in stato di profonda prostrazione». Inoltre, la pena della detenzione comminata per l'omicìdio del consenziente sarà riservata solo a chi ha agito per motivi onorevoli.

Tra le modifiche più importanti in materia di lesioni personali e di esposizione a pericolo della vita o della salute altrui, va segnalata una migliore protezione dei fanciulli e degli adulti bisognosi d'assistenza. Il potenziamento di questa protezione si esprime segnatamente con il perseguimento d'ufficio delle lesioni semplici e delle vie di fatto reiterate commesse in danno di fanciulli o di adulti bisognosi di
assistenza. Vengono poi ampliati gli elementi costitutivi del reato consistente nel procurare a fanciulli sostanze nocive alla salute. Anche la nuova disposizione penale concernente la rappresentazione di atti di cruda violenza è destinata a proteggere soprattutto i fanciulli e gli adolescenti.

Queste modifiche rendono superflua l'attuale disposizione sui «maltrattamenti e trascuranza in danno di fanciulli» nonché quella concernente I'«abuso delle forze di lavoro dei fanciulli e delle persone dipendenti», che d'altronde si sono rivelate ben poco efficaci. Anche l'attuale disposizione sull'«omissione di soccorso ad un ferito» è stata ampliata. Essa crea ora un obbligo generate d'assistenza e punisce anche chi omette di soccorrere una persona che si trova

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in imminente pericolo di morte e chi impedisce ad un terzo di prestare soccorso. Anche gli elementi costitutivi della rissa sono stati ampliati e la protezione penale completata con l'introduzione di una nuova fattispecie penale relativa all'aggressione. Le disposizioni speciali che oggi fanno del duello un caso privilegiato rispetto all'omicidio e ad altre forme di lesioni personali sono state invece soppresse. Vengono parimente abrogate -- ed è questa un' altra modifica importante -- tutte le disposizioni che, contrariamente al principio di un diritto penale fondato sulla colpevolezza, prevedono un aggravamento della pena per i reati qualificati in funzione dell'evento.

La nuova disposizione sulla rappresentazione di atti di cruda violenza, a cui abbiamo già fatto allusione, costituisce uno dei punti centrali della revisione.

La sua ragion d'essere consiste nel fatto che la rappresentazione di atti brutali può produrre, particolarmente sui giovani, effetti per lo meno altrettanto negativi quanto quelli della pornografia. Simili rappresentazioni devono inoltre essere confiscate e sequestrate a titolo provvisorio già alla frontiera, il che comporta anche una modificazione della legge federale sulle dogane.

Tra le disposizioni relative ai reati contro la famiglia, quelle inerenti all'incesto e alla bigamia non hanno subito modifiche fondamentali. In entrambi i casi, ci si è essenzialmente limitati ad attenuare le rispettive sanzioni. Il nuovo diritto della filiazione, entrato in vigore il 1° gennaio 1978, ha permesso di semplificare notevolmente e di limitare la portata dell'attuale disposizione sulla trascuranza dei doveri di assistenza familiare: il debitore è ora punibile solo se l'obbligo di assistenza gli è imposto dal diritto di famiglia ed egli ha o potrebbe avere i mezzi per adempierlo. La disposizione relativa alla violazione dei doveri dei genitori è stata completamente riveduta: essa concerne ora i genitori, i tutori e gli insegnanti e potenzia la protezione dei fanciulli e degli adolescenti. A tale protezione contribuiscono pure le due nuove disposizioni che obbligano la magistratura penale -- rispettivamente autorizzano le persone tenute al segreto professionale o d'ufficio -- a denunciare all'autorità tutoria gli atti punibili commessi contro un minorenne. D'altro canto, le disposizioni
penali che incriminano l'adulterio, l'abbandono d'una donna incinta e la soppressione o l'alterazione dello stato civile sono state soppresse.

Il disegno B concerne le modifiche relative ai reati in campo sessuale. Anche qui per meglio proteggere la gioventù abbiamo scelto una linea dura per quanto concerne la pornografia e optato per una prudente liberalizzazione negli altri settori. A questa scelta si ispirano anche le nuove disposizioni sulle pratiche sessuali con fanciulli o con persone dipendenti. Il nuovo disciplinamento concerne tanto i rapporti eterosessuali quanto quelli omosessuali. L'età limite della protezione è mantenuta a 16 anni e le persone dipendenti restano protette fino alla maggiore età.

Secondo la nuova disposizione sulla violenza carnale, la vittima potenziale non è più soltanto la donna di almeno 16 anni, ma ogni persona di sesso femminile, sempre esclusa tuttavia la moglie dell'autore. La violenza carnale

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omosessuale è punibile in quanto coazione ad altro atto sessuale ed è passibile della stessa pena massima (dieci anni di reclusione).

Le pene attualmente comminate per tutta una serie di reati sono state ridotte, poiché riteniamo che le nuove pene edittali bastino a garantire una punizione adeguata alla colpevolezza.

L'oltraggio pubblico al pudore previsto dal diritto vigente diventa punibile sotto forma di esibizionismo o di molestia sessuale. Il procedimento penale può essere sospeso se l'esibizionista si sottopone a un trattamento medico.

1 reati di lenocinlo, sfruttamento della prostituzione e favoreggiamento della libidine vengono riassunti in un'unica e nuova fattispecie penale: il promovimento della prostituzione. Questa nuova disposizione protegge, da un canto, la libertà di decisione delle persone dedite alla prostituzione e, d'altro canto, fa in modo che altre persone non siano indotte, loro malgrado, a prostituirsi. I Cantoni possono emanare disposizioni per regolamentare i luoghi, le ore e le modalità d'esercizio della prostituzione, nonché punire i contravventori con l'arresto o con la multa. Questa normativa permette di eliminare dal Codice penale tutte le disposizioni sulle contravvenzioni contro i buoni costumi (sollecitazioni disoneste, adescamento, molestia cagionata ai vicini con la prostituzione, tolleranza del lenocinlo in locali dati in locazione, pubblicità di occasioni di libidine), che si sono peraltro dimostrate poco efficaci.

La pornografia -- il diritto attuale parla di pubblicazioni oscene -- è disciplinata da una nuova disposizione che distingue tra pornografia «dura» e no. La nuova normativa mira in genere a proteggere i giovani fino ai 16 anni. L'importazione e la messa in circolazione della pornografia dura -- cioè vertente su atti sessuali con fanciulli, animali, escrementi umani o comportante scene di violenza -- sono invece punibili indipendentemente dall'età dei destinatari.

Come per le rappresentazioni di scene violente non pornografiche, si prescrive imperativamente che il corpo del reato sia confiscato e sequestrato provvisoriamente già alla frontiera.

Al giudice viene inoltre conferita la possibilità di aggravare la pena quando il reato sessuale sia stato commesso insieme ad una o più altre persone.

Nel disegno C, che rientra nell'ambito della revisione
parallela del Codice penale militare, proponiamo di modificare gli articoli 218 e 219 CPM onde conferire al comandante competenze disciplinari nei confronti di consumatori di quantità esigue di stupefacenti.

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I

Parte generale

II

Interventi parlamentari

I seguenti interventi parlamentari hanno sottolineato la necessità di una revisione: Postulato Frei (6989; N 18.9.56) concernente le misure da adottare contro le pellicole e gli scritti osceni: Larghi strati della popolazione sono preoccupati nel vedere il Paese inondato da una letteratura dozzinale e da pellicole di infimo valore. Il Consiglio federale è quindi pregato di presentare alle Camere un rapporto e proposte per introdurre misure giuridiche che permettano di lottare efficacemente contro la diffusione di questo genere di letteratura e di pellicole.

Postulato Schmid Philipp (8401; N 5.12.62) concernente la lotta contro l'omosessualità (depositato sotto forma di mozione il 13 dicembre 1961): Nel contesto della revisione del Codice penale, il Consiglio federale è invitato a proporre una modifica dell'articolo 194, in modo da prevedere pene più severe in caso di atti di libidine contro natura e da permettere una lotta più efficace contro l'omossessualità.

Postulato Tanner-Zurigo (11524; N 25.6.73) concernente i reati contro il buon costume: II Consiglio federale è invitato a rivedere e a modernizzare il titolo quinto del Codice penale «Reati contro il buon costume». In tale occasione bisognerà tenere particolarmente conto dell'evoluzione intervenuta in campo morale e sociale, nonché dell'accelerazione del processo di maturità osservabile presso i giovani. Soprattutto gli articoli 204, 211 e 212 CP dovranno essere riformulati; lo stesso dicasi per le altre disposizioni in materia contenute in altre leggi o ordinanze.

Postulato Crevoisier (80.521; N 19.6.81) concernente l'omissione di soccorso a persone in pericolo (depositato sotto forma di mozione il 1° ottobre 1980).

Il Consiglio federale è invitato ad esaminare l'opportunità di completare il Codice penale con una disposizione che preveda, a certe condizioni, k possibilità di perseguire penalmente coloro che si rendessero colpevoli di omissione di soccorso a una persona in pericolo. In particolare, si dovranno precisare gli obblighi delle persone professionalmente tenute a prestare soccorso (p. es. polizia e medici).

Mozione Zbinden del 30 novembre 1982 (82.598; S 9.3.83; N 5.10.83) relativa alle scene di violenza nelle pellicole video: II Consiglio federale è pregato di presentare alle Camere un progetto di revisione del Codice penale,
della legge sulle dogane e, se necessario, di altri leggi, volto a vietare, a tutela della gioventù, l'importazione, la fabbricazione, il commercio e ogni forma di diffusione di videocassette comportanti scene di violenza e di brutalità offensive della dignità umana.

Mozione Guntern del 14 dicembre 1982 (82.927; S 9.3.83; N 5.10.83) concernente la messa in circolazione di pellicole video: 905

/

Il Consiglio federale è incaricato di: 1. presentare un progetto che limiti o proibisca la vendita, il noleggio o lo scambio di pellicole (video) crudeli e perverse; 2. prendere misure che permettano una protezione efficace della gioventù in questo settore.

Postulato Jaggi (82.950; N 16.12.82) concernente pellicole video contenenti scene di violenza: II Consiglio federale è incaricato di esaminare se le disposizioni legali attuali (in particolare il recente art. 259 cpv. 2 CP) siano sufficienti a controllare le pellicole video raffiguranti scene di violenza e di brutalità verso donne. Nulle dal punto di vista culturale, queste pellicole costituiscono un vero e proprio incitamento alla violenza e presentano un'immagine totalmente degradante tanto della donna, ridotta ad oggetto destinato a subire le pratiche più atroci, quanto dell'uomo, rappresentato come un bruto che ha bisogno di appagare i suoi inverecondi fantasmi.

Mozione Christinat del 16 marzo 1983 (83.378; N 14.12.84; S 6.6.85) concernente i reati contro il buon costume: II Consiglio federale è pregato di: 1. approntare una modifica del Codice penale al fine di introdurre circostanze aggravanti per le violenze carnali commesse da individui che agiscono in banda; 2. estendere la nozione di banda a tutti gli articoli del titolo quinto concernenti i reati contro il buon costume.

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Commissione peritale

Nel 1971, il Dipartimento federale di giustizia e polizia incaricava una commissione peritale 1}, presieduta dal Prof. Hans Schultz, di esaminare in differenti tappe le disposizioni della parte speciale del Codice penale svizzero. La commissione si occupò dapprima delle disposizioni relative all'interruzione della gravidanza, la cui sorte è ben nota a tutti, per poi esaminare i reati contro la vita e l'integrità personale, il buon costume e la famiglia.

Nel gennaio del 1977, la commissione ha presentato il suo rapporto, unitamente ad un avamprogetto, al Dipartimento federale di giustizia e polizia.

Vi sottoponiamo solo ora il pertinente disegno di legge in quanto la precedenza è stata accordata alla revisione delle disposizioni concernenti gli atti di violenza criminale, iniziata nel 1977 ed entrata in vigore il 1° ottobre 1982.

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Procedura di consultazione

Nel 1981, il Dipartimento federale di giustizia e polizia ha sottoposto l'avamprogetto della commissione peritale alla procedura di consultazione presso i Governi cantonali, i partiti politici rappresentati nell'Assemblea federale e le organizzazioni interessate2'. I risultati di questa consultazione -- 54 enti interpellati hanno risposto -- possono essere compendiati come segue.

Mentre le proposte concernenti i reati contro la vita e l'integrità della perD

Le note sono recate alla fine del messaggio.

906

sona e contro la famiglia hanno trovato per lo più positiva accoglienza, una parte delle modifiche proposte nel campo dei reati contro il buon costume è stata criticata vivamente.

Si è invero riconosciuto che in questo settore le mutate concezioni sociali esigono una revisione delle norme in vigore. Tutti hanno per esempio approvato la proposta di far capo al nuovo termine unitario e neutrale di «atti sessuali» in luogo della locuzione «atti di libidine». D'altro canto però la schiacciante maggioranza degli interpellati si è schierata decisamente contro l'estesa depenalizzazione proposta dalla commissione peritale. I punti più criticati sono stati l'abbassamento dell'età protetta ai 14 anni (cfr. art. 187, 188 e 197 del disegno), la disposizione sull'incesto e l'assenza di una norma penale sull'incriminazione della violenza in quanto tale. Sui diversi pareri espressi in merito ci pronunceremo commentando le singole disposizioni del disegno di legge.

Un gruppo di lavoro interdipartimentale composto di rappresentanti del Dipartimento federale di giustizia e polizia, del Dipartimento dell'interno e del Dipartimento militare federale ha analizzato i risultati della procedura di consultazione e, nel 1983, ne ha informato il nostro Collegio per il tramite del Dipartimento federale di giustizia e polizia. Conosciuti i risultati, abbiamo formulato le nostre opzioni preliminari su alcuni dei punti più controversi e politicamente più rilevanti (p. es. età limite di protezione, incesto, atti di libidine contro natura, pornografia e atti di violenza) ed incaricato il gruppo di lavoro di rimaneggiare l'avamprogetto tenendo conto dei risultati della procedura di consultazione e delle opzioni suddette. I disegni che vi sottoponiamo oggi sono appunto il frutto di questo lavoro.

2

Parte speciale

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Commento al disegno di legge A concernente la revisione del Codice penale (Disposizione generale; reati contro la vita e l'integrità della persona e contro la famiglia)

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Impunità (art. 66bis)

Cenni generali Le conseguenze di un reato possono talvolta colpire non solo terzi ma anche, o addirittura soltanto, l'autore stesso del reato, e con tale intensità che questi appare così già sufficientemente «punito». Una sanzione penale sarebbe allora priva di senso e inopportuna. È questo per esempio il caso quando il responsabile di un incendio colposo non causa a terzi danni importanti ma ne esce gravemente ustionato. Il diritto vigente non permette in generale di tener sufficientemente conto di questi casi particolari e di rinunciare quindi ad ogni sanzione. Fino ad oggi, soltanto alcuni codici di procedura prevedono la possibilità di simili eccezioni, segnatamente nei Cantoni che si attengono rigorosamente al principio dell'opportunità (Vaud, Neuchâtel e Ginevra).

907

Questa situazione è particolarmente insoddisfacente per le autorità giudiziarie: spesso, esse devono infatti far ricorso a pene puramente simboliche, il che in fin dei conti risulta nocivo alla credibilità della giustizia. Il nuovo articolo 66Ms, che riprende testualmente la proposta formulata dalla commissione peritale, intende appunto porre rimedio a questo inconveniente A prima vista, può sembrare sorprendente che l'introduzione di un nuovo articolo nella parte generale del codice venga proposta nel contesto di una revisione concernente la parte speciale. Ed infatti, in un primo tempo, la commissione peritale aveva esaminato la questione nell'ambito dell'omicidio e delle lesioni colposi, proponendosi semplicemente di completare in questo senso gli articoli 117 e 125 CP. Dopo riflessione, la commissione si è tuttavia resa conto del carattere generale di questa norma e, pertanto, della necessità di inserirla nella parte generale del Codice. Una soluzione diversa comporterebbe infatti non poche incongruenze: per esempio, chi diventasse invalido a causa di un incidente della circolazione dovuto a propria colpa andrebbe esente da pena per l'omicidio colposo o le lesioni colpose causate a un terzo, ma resterebbe punibile per la violazione delle regole della circolazione stradale e, magari, anche in virtù dell'articolo 239 numero 2 CP se con l'incidente avesse anche perturbato l'esercizio di un'impresa pubblica danneggiando per esempio una linea telefonica.

Il fulcro della nuova disposizione, cioè l'impunità dell'autore che è stato duramente colpito dalle conseguenze del suo atto, ha sollevato vasti consensi nel corso della procedura di consultazione. Gli oppositori hanno però obiettato che questa norma introduce in pratica, per lo meno parzialmente, il principio dell'opportunità. In altri termini, essa porterebbe un duro colpo al principio della legalità e, di conseguenza, alla sovranità processuale della maggior parte dei Cantoni. Il nuovo disciplinamento rappresenterebbe poi un pericolo per l'uguaglianza di trattamento e per la certezza del diritto.

Considerando le conseguenze del reato quali elemento determinante per la sua repressione, ci si allontanerebbe dal diritto penale fondato sulla colpevolezza. I casi limiti potrebbero d'altronde trovare una soluzione nell'istituto della grazia.

A queste
critiche si può rispondere che non è vero che la norma proposta tende anzitutto a introdurre, perlomeno in parte, il principio dell'opportunità.

Sarebbe infatti più giusto compararla con altri motivi d'impunità, per esempio con la la prescrizione. Determinare se, in certe situazioni personali, una pena sia o no giustificata e appropriata è una questione di diritto sostanziale.

È inoltre errato vedere nel disciplinamento proposto un pericolo per l'uguaglianza di trattamento e per la certezza del diritto. Al contrario, la nuova norma intende permettere di tener conto in maggior misura delle particolarità di ogni singolo caso e di meglio conformarsi al principio secondo il quale situazioni identiche devono essere risolte nello stesso modo e situazioni differenti in modo diverso. Se il potere discrezionale così conferito alle autorità preposte al perseguimento penale fosse atto a compromettere la certezza del diritto, lo stesso si potrebbe dire per analoghe decisioni per le quali queste autorità dispongono da tempo di un tale potere di apprezzamento. Ritorneremo su questo punto.

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Va- da ultimo rilevato che il disciplinamento proposto non è per niente estraneo al nostro sistema di diritto penale fondato sulla colpevolezza. Il risultato considerato concerne solo le conseguenze sopportate personalmente dall'autore del reato e non già le conseguenze per la vittima. D'altronde, la decisione sull'inopportunità della pena dipende essenzialmente dalla colpa dell' autore, come avremo modo di esporre ancora in dettaglio.

Condizioni Secondo il tenore della disposizione proposta, l'impunità è subordinata alla condizione che le conseguenze dirette del reato si ripercuotano duramente sul suo autore. Ciò esclude dunque che l'autore del reato possa sfuggire al perseguimento o alla pena invocando d'aver patito gravi conseguenze indirette del reato. Simili conseguenze indirette sono soprattutto quelle che risultano dall'istruzione e dal processo, quali gli incomodi e la lunghezza della procedura, la severità della pena, le spese giudiziarie e il risarcimento del danno.

La norma proposta esclude anche le conseguenze che intervengono solo molto tempo dopo la commissione del reato. D'altro canto, le conseguenze dirette possono per esempio essere costituite dalle lesioni subite dall'autore nel corso di un incidente della circolazione o nella preparazione di esplosivi, oppure dagli effetti di un incendio o di una caduta durante la scalata di una facciata. Tra le conseguenze dirette possono essere annoverate anche le sofferenze psichiche (morali) subite dal colpevole per via della morte o delle lesioni causate a terzi, soprattutto quando si tratta di vittime a cui l'autore è particolarmente vicino.

La determinazione dell'intensità con la quale l'autore deve essere .stato colpito, fisicamente o psichicamente, per meritare l'impunità dipende dalle circostanze concrete del caso particolare, il cui apprezzamento compete in ultima analisi alle autorità giudiziarie. La loro decisione dipenderà essenzialmente dalla gravita del reato e dunque anche dalla colpevolezza dell'autore.

Più la colpa è grave, più le ripercussioni sul colpevole dovranno essere gravi affinchè si possa prescindere dalla pena. Pertanto, chi ha causato la morte o lesioni personali a un terzo e ne ha riportato lui stesso una turbe psichica dovrebbe di regola beneficiare dell'impunità solo in caso di reato colposo; casi simili si
verificano principalmente nell'ambito di incidenti della circolazione o di reati di comune pericolo (cfr. art. 221 segg. CP). In caso di reato intenzionale, invece, solo eccezionalmente il colpevole andrà esente da pena, poco importa se si dimostri pentito ed afflitto. Gli atti commessi per disperazione potrebbero forse costituire una tale eccezione: per esempio nel caso della madre che, volendo suicidarsi con il proprio figlio, sopravvive mentre il figlio muore oppure nel caso di un suicidio preparato e messo in atto da due persone, delle quali solo una muore mentre l'altra sopravvive e si rende punibile di istigazione e aiuto al suicidio (art. 115 CP). L'impunità dovrà invece essere verosimilmente concessa qualora l'autore del reato intenzionale riporti lui stesso lesioni gravissime.

Le fattispecie cui si riferisce la nuova disposizione sono generalmente casi limite per i quali il senso comune di giustizia impone di rinunciare alla repressione. Come già detto, questa norma trova giustificazione soprattutto nel 909

fatto che l'autore è già stato sufficientemente punito; la funzione espiatoria della pena è dunque già soddisfatta. È evidente che l'esenzione dalla pena può entrare in linea di conto solo se la repressione penale del reato appare inappropriata da tutti i punti di vista, quindi anche da quello della prevenzione speciale e generale.

Autorità competenti Quando le condizioni previste dalla nuova norma sono soddisfatte, l'autorità competente non solo può ma deve rinunciare a perseguire penalmente l'autore del reato, a deferirlo a un tribunale o a irrogare una pena. Molti partecipanti alla procedura di consultazione hanno criticato questa formulazione, temendo che si possa dedurne la facoltà, per gli organi della polizia giudiziaria, di non denunciare un reato al magistrato inquirente. Hanno quindi proposto di sopprimere perlomeno il passaggio concernente l'esenzione dal «procedimento penale». A tal proposito va precisato chiaramente che, nonostante le differenti denominazioni presenti nei vari codici di procedura cantonali, l'espressione «autorità competente» si riferisce esclusivamente agli organi incaricati dell'amministrazion'e della giustizia, cioè alle autorità investite della sovranità giudiziaria (autorità giudiziarie). A queste autorità appartengono segnatamente i magistrati preposti all'istruzione, all'accusa e al giudizio, ad esclusione degli agenti di polizia. Anche la commissione peritale aveva d'altronde posto le stesse esigenze. II tenore della nuova disposizione permette di tener conto di tutte le particolarità dei codici cantonali di procedura penale, soprattutto per quanto concerne la ripartizione dei compiti tra autorità inquirenti e requirenti.

Alcuni awersari del nuovo disciplinamento si spingono fino a preconizzare che la competenza di prescindere dal perseguimento o dalla pena sia attribuita unicamente al giudice del merito. Ritengono infatti che solo questi sia in grado di decidere se una sanzione sia o no appropriata, visto che si tratta di una questione d'apprezzamento molto delicata. Secondo loro, il nuovo articolo 66bis CP aprirebbe una breccia nell'attuale sistematica del Codice penale che, in varie sue disposizioni, conferisce al solo giudice la competenza di decidere se si debba, a certe condizioni, rinunciare all'irrogazione di una pena. È vero che il fatto di conferire
questa competenza anche alle altre autorità che intervengono nel processo penale costituisce una novità per il nostro codice, ma una simile estensione è già conosciuta dalla legislazione penale accessoria dove il termine «autorità competente» è diventato usuale (cfr. p. es. art. 19a n. 2 della legge federale sugli stupefacenti; RS 812.121). L'espressione «autorità competente» è per altro già stata consacrata dal diritto penale minorile.

Sarebbe assurdo negare al giudice istruttore e alla pubblica accusa ogni competenza in questioni così importanti, quando queste stesse autorità devono ogni giorno decidere se aprire il procedimento penale o se rinunciarvi in considerazione di fattori giustificativi (quali la legittima difesa o lo stato di necessità) o di altri elementi che comportano l'impunità (p. es. in caso di intervenuta prescrizione). Tutte queste decisioni sono spesso altrettanto importanti e difficili quanto quelle derivanti dall'applicazione del nuovo articolo 66Ms.

Quanto precede infirma anche la tesi secondo cui l'introduzione di questa 910

nuova competenza condurrà probabilmente ad una maggiore incertezza giuridica e alla disparità di trattamento. Chi sostiene questa teoria dovrebbe esigere, coerentemente, anche la restrizione delle competenze che il diritto vigente attribuisce alle autorità d'istruzione e d'accusa in casi altrettanto complessi. Si può certamente supporre che né il giudice istnittore né il procuratore pubblico rinunceranno alla leggera al perseguimento di un reato e che, in caso di dubbio, lasceranno la decisione al giudice del merito. Nei casi in cui emerga fin dall'inizio e in modo chiaro che una pena sarebbe inappropriata, è invece auspicabile che il magistrato inquirente possa rinunciare al perseguimento, risparmiando così all'interessato le lungaggini e il costo di una procedura che talvolta può risultare altrettanto scomoda quanto una condanna.

Questa soluzione corrisponde d'altronde a una preoccupazione d'economia procedurale e salvaguarda pertanto anche l'interesse dello Stato. Si può comunque supporre che simili casi saranno rari, o che perlomeno non saranno all'ordine del giorno nell'attività giudiziaria.

Impunità obbligatoria o facoltativa Se giunge alla conclusione che l'autore del reato è sì duramente colpito dalle conseguenze del suo atto che una pena risulterebbe inappropriata, l'autorità competente deve rinunciare al procedimento penale, al rinvio a giudizio o all irrogazione di una pena. Certi partecipanti alla procedura di consultazione hanno contestato questo obbligo, segnatamente per quanto concerne i crimini particolarmente gravi, preferendo una prescrizione facoltativa che lasci all autorità competente un ampio potere d'apprezzamento. Il fatto di far dipendere l'impunità dall'inopportunità di una pena rende superflua una formulazione facoltativa. Essa sarebbe d'altronde contraddittoria: permetterebbe infatti all'autorità competente di continuare la procedura e di infliggere una pena considerata nondimeno inappropriata. Ed è proprio ciò che la nuova disposizione vuole evitare: l'autorità competente deve rinunciare ad ogni pena quando questa appaia veramente inappropriata; analogamente, l'autorità rinuncerà a continuare un procedimento nel corso del quale ha potuto convincersi che una pena sarebbe inappropriata. Per poter giungere ad una decisione chiara e fondata, l'autorità può e deve fare
uso del proprio potere d'apprezzamento per interpretare le nozioni giuridiche indeterminate contenute nei termini «così duramente colpito» e «inappropriata». Se si adottasse invece una formulazione facoltativa, il giudice potrebbe sottrarsi a una simile valutazione e pronunciare una condanna fondata su criteri arbitrari.

212

Omicidio

212.1

Assassinio (art. 112)

II nuovo tenore dell'articolo 112 comporta due innovazioni rispetto al diritto vigente: da un canto, da una nuova definizione degli elementi costitutivi dell'assassinio, quelli cioè che caratterizzano l'atto come omicidio qualificato

911

particolarmente riprensibile; d'altro canto, attenua di un poco la sanzione comminata.

L'attuale formulazione dell'articolo 112 è insoddisfacente: si rende colpevole d'assassinio chi ha ucciso in circostanze o con una premeditazione che rivelino in lui una particolare pericolosità o perversità. Questi criteri hanno suscitato frequenti difficoltà nella prassi e hanno dato luogo a interpretazioni che la dottrina ha duramente criticato a più riprese. Anzitutto, le tre versioni linguistiche di questo testo divergono: quella italiana e francese parlano di «premeditazione», rispettivamente di «préméditation», mentre il testo tedesco di «Ueberlegung». Si aggiunga che le interpretazioni date a questa disposizione non sono compatibili con il principio «nulla poena sine culpa» che regge tutto il nostro diritto penale. Il Tribunale federale ha infatti precisato, in diverse sentenze, che bisogna interpretare la legge in modo letterale laddove parla degli elementi costitutivi configurati dalla particolare pericolosità o perversità, i quali sono dunque condizioni alternative e non cumulative (cfr. DTF 106 IV 344 e giurisprudenza ivi citata). Una particolare pericolosità basta dunque a trasformare un omicidio intenzionale in assassinio, poco importa che il reato commesso denoti anche il carattere particolarmente perverso dell'autore e, di conseguenza, che vi sia colpa di quest'ultimo.

La pericolosità dell'autore può così essere dedotta anche da circostanze meramente oggettive, senza rapporto con l'intenzione, il che è in palese contraddizione con il principio che vuole il diritto penale fondato sulla colpevolezza.

Altri problemi sorgono dal fatto che la giurisprudenza considera denotanti particolare pericolosità o perversità non solo le circostanze dell'atto propriamente detto, cioè le circostanze o riflessioni al momento dell'atto medesimo, ma anche quelle che lo hanno preceduto o seguito, in quanto possano contribuire a focalizzare la personalità dell'autore al momento del reato. Può quindi capitare che l'elemento pericolosità non sia desunto dall'atteggiamento dell'autore al momento dell'atto, bensì da quello che egli può avere avuto molto tempo prima o molto tempo dopo. In un certo senso l'autore viene così reso penalmente responsabile del suo modo di vita e non solo di quanto egli ha concretamente fatto. È
vero che, per la commisurazione della pena, bisogna tener conto della vita anteriore dell'autore, conformemente all'articolo 63 CP, ma essa non deve essere rilevante per la qualificazione giuridica del reato.

La nuova versione dell'articolo 112 CP pone rimedio a questi inconvenienti.

Poiché una soluzione compatibile con il principio «nulla poena sine culpa» è praticabile solo se è il comportamento particolarmente perverso dell'autore che ne fa denotare la pericolosità, quest'ultima può essere sottaciuta negli elementi costitutivi del reato. La versione proposta si riferisce dunque solo alla particolare perversità dell'autore, impiegando tuttavia un'altra terminologia.

Viene infatti usata l'espressione «particolare mancanza di scrupoli», realizzata segnatamente quando il movente, lo scopo o il modo d'agire dell'autore sono particolarmente riprensibili. Si tratta di criteri non limitativi, che evitano nondimeno al giudice di doversi fondare unicamente su una clausola generale (la particolare mancanza di scrupoli), la cui interpretazione e delimitazione potrebbero creare nuove difficoltà. Detti criteri per individuare le cir912

costanze che denotano tipicamente la particolare perversità dell'autore sono già stati per altro impiegati dalla dottrina e dalla giurisprudenza nell'ambito del diritto vigente:3).

Rispetto all'attuale disciplinamento, la formulazione proposta mette chiaramente in evidenza che soltanto le circostanze dell'atto, quelle cioè direttamente connesse alla sua commissione, devono essere prese in considerazione per determinare se gli elementi costitutivi dell'assassinio siano o no realizzati. Questa soluzione è d'altronde l'unica compatibile con il principio dell' effettività della colpa che regge il nostro sistema penale. Il tipo d'assassino cui si riferisce la norma penale è esclusivamente quello descritto dallo psichiatra Hans Binder: una persona senza scrupoli, che agisce a sangue freddo, di un egoismo primitivo e crasso, priva di sentimenti sociali, che non tiene dunque in nessun conto la vita altrui pur di realizzare il proprio interesse 4'.

La proposta della commissione peritale è stata ripresa senza modifiche. Essa ha infatti suscitato vasti consensi nel corso della procedura di consultazione.

I pochi oppositori hanno invocato l'inutilità della revisione e auspicato che l'elemento costitutivo della pericolosità sia mantenuto: i problemi sollevati da questo criterio non sarebbero così importanti da non poter essere superati.

La reclusione perpetua, unica pena comminata dall'articolo 112 CP, ha sempre dato adito a discussioni. I suoi oppositori la considerano, oltre che inumana, poco compatibile con la politica, la psicologia e la pedagogia criminali. Poiché i suoi effetti variano secondo l'età del delinquente, essa non è commisurata alla colpa commessa e può essere dunque fonte di gravi disparità di trattamento. Tuttavia, poiché è prevista nella parte generale del Codice penale (art. 35), un'eventuale sua eliminazione potrà tutt'al più essere esaminata nel quadro di una prossima revisione della parte generale. Per il momento, conformemente al parere della commissione peritale, riteniamo che la sanzione prevista per l'assassinio dal diritto vigente sia comunque troppo rigida. Vi proponiamo quindi di dare al giudice la facoltà di pronunciare, invece della reclusione perpetua, una pena di reclusione di durata determinata, non inferiore ai 10 anni. L'elasticità di questa soluzione dovrebbe permettere
di attenuare notevolmente gli inconvenienti ai quali abbiamo accennato. Inoltre, il giudice sarà probabilmente meno tentato di ammettere dei motivi d'attenuazione della pena talvolta piuttosto artificiosi per evitare di dover pronunciare la reclusione perpetua. Le statistiche criminali indicano d'altronde che, anche secondo il diritto attuale, l'assassino è raramente condannato alla reclusione perpetua.

Le critiche sollevate nel corso della procedura di consultazione contro l'introduzione di una sanzione più elastica sono state più numerose di quelle relative alla nuova formulazione degli elementi costitutivi dell'assassinio.

Parte degli oppositori combattono il principio stesso di un allentamento della sanzione attualmente prevista, temendo che mediante ulteriori motivi d'attenuazione si giunga a pronunciare pene sensibilmente inferiori ai dieci anni. Pene così basse sarebbero inadeguate se si tiene conto del continuo aumento degli atti di violenza criminale e, del fatto che soltanto gli omicidi più gravi e commessi senza alcun scrupolo possono essere qualificati d'assassi913

nio. Svanirebbe così ogni demarcazione tra assassinio e omicidio intenzionale e la classificazione tripartita dei reati d'omicidio perderebbe ogni senso.

Altri partecipanti alla procedura di consultazione, pur approvando l'allentamento della sanzione, propongono una pena minima superiore (12 o 15 anni). Malgrado tutte queste obiezioni, preferiamo attenerci alla pena minima di 10 anni. Essa ci sembra tanto più giustificata e appropriata visto che rappresenta la pena minima più alta di tutto il Codice penale ed è comunque il doppio di quella prevista per l'omicidio intenzionale.

212.2

Omicidio passionale (art. 113)

L'unica modifica sostanziale rispetto all'attuale tenore dell'articolo 113 consiste in un complemento: si fende d'ora in poi colpevole di questa forma privilegiata d'omicidio non solo chi ha ucciso cedendo ad una violenta commozione dell'animo scusabile per le circostanze, ma anche chi, al momento dell'atto, si trovava «in stato di profonda prostrazione». Questa formulazione comprende dunque situazioni nelle quali l'autore non ha agito né per passione né sotto l'effetto di violente emozioni manifestatesi in modo relativamente repentino, bensì in uno stato emozionale maturato progressivamente su di un lungo arco di tempo e altrettanto scusabile. Si tratta dunque di stati psichici cronici che, per così dire, covano a lungo, fino a che l'autore sia completamente disperato e non veda altra possibilità che l'omicidio. Si può citare quale esempio il caso della madre che decide di uccidere il proprio figlio incurabile perché non ce la fa più a vederlo soffrire e non può più sopportare tale situazione. Simili stati di profonda prostrazione potrebbero però anche essere causati da relazioni o da rapporti familiari gravemente turbati.

Questo complemento agli elementi costitutivi dell'omicidio passionale è tanto più giustificato se si considera che, al momento dell'elaborazione della disposizione attualmente vigente, il legislatore intendeva coprire anche questa casistica. Nei lavori preparatori ricorre infatti più volte l'esempio della vedova che, in preda alla disperazione, si getta in acqua con il proprio bambino. Anche nella prassi, l'articolo 113 CP è stato occasionalmente applicato ad omicidi commessi in simili circostanze. Il complemento proposto dovrebbe così permettere una maggiore trasparenza nell'applicazione di questa disposizione.

Il nuovo tenore dell'articolo 113, che riprende testualmente quello dell' avamprogetto della commissione peritale, è stato recepito molto favorevolmente nel corso della procedura di consultazione. Solo alcuni partecipanti ritengono che il complemento proposto sia inutile, oppure ne criticano la formulazione, troppo generica, che renderebbe estremamente vaghi gli elementi costitutivi del reato. Essi temono che, in simili casi, tutta la responsabilità del giudizio venga addossata allo psichiatra chiamato in causa come perito. L'omicidio passionale perderebbe così il suo
carattere d'eccezione, conferitogli dalla classificazione tripartita dei reati d'omicidio. I casi contemplati dal complemento proposto pootrebbero d'altronde essere giudicati 914

in modo altrettanto equo facendo ricorso alle circostanze attenuanti di cui all'articolo 64 CP. La nuova disposizione dovrebbe poi perlomeno precisare che l'autore non deve avere causato personalmente lo stato di profonda prostrazione nel quale è venuto a trovarsi. Dopo esame approfondito, riteniamo di non potere condividere queste critiche, tanto più che abbiamo avuto modo di illustrare, in modo ancor più preciso di quanto esposto nel rapporto della commissione peritale, le situazioni che il complemento proposto intende coprire.

212.3

Omicidio del consenziente (art. 114)

Anche per l'articolo 114 CP proponiamo un complemento: chi uccide una persona dietro domanda di lei sarà d'ora in poi soggetto a questa forma privilegiata di omicidio solo se ha agito «per motivi onorevoli, segnatamente per pietà». Questa definizione più restrittiva degli elementi costitutivi del reato corrisponde meglio al principio di un diritto penale fondato sulla colpa che non la disposizione attuale, secondo la quale è necessario e basta che l'autore abbia agito dietro seria e insistente richiesta della vittima. Se questa condizione è soddisfatta, l'autore è attualmente passibile di una pena di al massimo tre anni di detenzione, indipendentemente dal movente, onorevole o meno, al quale ha ceduto. Una simile sanzione è manifestamente incompatibile con l'articolo 115 .CP che reprime con la detenzione o la reclusione fino a 5 anni il comportamento di chi, spinto da motivi egoistici, ha istigato una persona al suicidio o l'ha aiutata a suicidarsi. La sproporzione appare tanto più evidente se si pensa che, in quest'ultimo caso, la vittima resta libera di decidere se vuole o non vuole uccidersi, mentre nel caso dell' omicidio del consenziente, punito molto meno severamente, si è in presenza di un vero e proprio omicidio intenzionale. È quindi giusto che soltanto chi ha ceduto a un movente onorevole venga trattato in modo privilegiato. Il senso della disposizione proposta viene precisato citando a titolo d'esempio il movente della pietà.

Questa innovazione, che corrisponde anch'essa a quanto proposto nell'avamprogetto della commissione peritale, è stata approvata quasi all'unanimità nel corso della procedura di consultazione.

Un'osservazione per quanto concerne il testo tedesco: l'espressione «ernstliches und dringendes» riferita alla domanda della vittima è stata sostituita con i termini più usuali «ernsthaftes und eindringliches». Questa modifica, seppur meramente redazionale. ha qualche incidenza dal punto di vista sostanziale. L'aggettivo «eindringlich» esprime infatti più chiaramente l'insistenza e l'intensità della domanda con la quale la vittima intende far pressione sull'autore. La commissione peritale, in un primo tempo, aveva adottato questa stessa formulazione. L'aveva poi abbandonata ritenendo sufficiente caratterizzare la domanda della vittima con il solo aggettivo «ernsthaft»,
espressione alla quale il termine «eindringlich» non aggiungerebbe nulla di nuovo (per il testo italiano: «seria» e «insistente»). Da parte nostra abbiamo tuttavia ritenuto che la semplificazione proposta dalla commissione

915

potesse venire mal interpretata, per esempio nel senso che la domanda della vittima non debba più essere necessariamente così insistente come nel diritto vigente. Lo stesso timóre è stato d'altronde espresso da numerosi partecipanti alla procedura di consultazione.

Nel contesto dell'articolo 114 è stato affrontato anche il problema dell' eutanasia e della necessità di prevedere una disposizione che definisca i limiti della sua impunibilità. La commissione peritale aveva fin dall'inizio deciso che una tale disposizione fosse tutt'al più concepibile per l'eutanasia passiva -- cioè l'astensione da ogni intervento medico suscettibile di prolungare la vita di un malato incurabile, vicino alla morte e afflitto da gravi sofferenze -- escludendo così il disciplinamento dell'eutanasia attiva -- cioè l'omicidio commesso per abbreviare la vita di un malato -- la quale costituisce un atto inaccettabile, indipendentemente dalle sue circostanze, e deve pertanto restare punibile. La commissione ha nondimeno sottolineato la necessità di esaminare nel caso di specie se sia realizzato uno dei motivi di attenuazione della pena ai sensi dell'articolo 64 CP o se ci si trovi invece in presenza di una forma privilegiata d'omicidio (omicidio passionale o omicidio del consenziente). Condividiamo senza riserve la posizione della commissione peritale. Abbiamo d'altronde già esposto la nostra opinione in proposito in varie altre occasioni 5). Dopo avere esaminato in modo approfondito gli aspetti più importanti del problema, la commissione peritale era giunta alla conclusione che l'ammissibilità dell'eutanasia,passiva dipendeva a tal punto dalle circostanze del caso di specie che sarebbe stato impossibile elaborare una norma generale soddisfacente; una simile norma garantirebbe d'altronde solo in apparenza la certezza del diritto. Spetta infatti al medico decidere, alla luce delle circostanze concrete, quali misure siano indispensabili oppure inutili. Condividiamo questa opinione, che non ha d'altronde sollevato critiche nel corso della procedura di consultazione.

212.4

Infanticidio (art. 116)

Questo articolo ha subito un'unica modifica: la madre che uccide l'infante nelle circostanze previste dalla legge beneficerà d'ora in poi di una pena più mite. L'infanticidio è attualmente punito con la reclusione fino a tre anni o con la detenzione di almeno 6 mesi; con la revisione proposta, esso diventerà passibile della sola detenzione, senza minimo di pena particolare. L'infanticidio sarà così un delitto e non più un crimine. Sostituire la pena massima di tre anni di reclusione con quella di tre anni di detenzione, come proposto da taluni, non avrebbe una grande incidenza visto che la revisione parziale del 1971 ha soppresso ogni differenza tra l'esecuzione della reclusione e quella della detenzione (cfr. art. 37 CP). Dal canto suo la soppressione della pena minima si inserisce nella tendenza attuale in questo settore. Segnaliamo da ultimo che in tal modo si eliminerà una differenza poco giustificabile rispetto all'articolo 115 CP (istigazione e aiuto al suicidio), il quale prevede una pena massima ma non prescrive una pena minima.

916

Questa modifica dell'articolo 116, che corrisponde alla proposta della commissione peritale, è stata nondimeno criticata da una minoranza di partecipanti alla procedura di consultazione. Per taluni, trasformare questo crimine in delitto equivarrebbe a sopprimere la protezione che la legge offre attualmente ai neonati; l'infanticidio resta tutto sommato un omicidio che il diritto vigente privilegia già in modo sufficiente. Analoghi argomenti sono stati invocati, anche se soltanto contro la soppressione della pena minima, da un altro gruppo di partecipanti, di stessa importanza numerica, con riferimento alla sanzione prevista per certi reati contro il patrimonio. Altri hanno invece proposto di sminuire la pena minima prevedendo la possibilità di pronunciare l'arresto e, a certe condizioni, di prescindere da ogni pena. Ma, in definitiva, la maggioranza si è dichiarata favorevole alla proposta formulata dalla commissione peritale; taluni hanno anzi espressamente sottolineato l'eccezionaiità della situazione nella quale viene a trovarsi una madre durante e poco dopo il parto.

Rileviamo da ultimo che, se la definizione degli elementi costitutivi dell'infanticidio non è stata modificata, l'avverbio «intenzionalmente» è stato nondimeno soppresso. Esso è infatti superfluo dato che l'articolo 18 capoverso 1 CP prevede che è punibile solo colui che ha agito intenzionalmente, salvo che la legge disponga espressamente in altro modo. Questa modifica, puramente redazionale, va quindi da sé e non ha peraltro sollevato obiezioni nel corso della procedura di consultazione.

212.5

Omicidio colposo (art. 117)

Non riteniamo necessario modificare l'attuale tenore della disposizione che disciplina l'omicidio per negligenza. La commissione peritale aveva però proposto di completare questa disposizione con un secondo capoverso che, seguendo la formulazione dell'articolo 60bis, prevedesse l'impunità in caso di negligenza particolarmente leggera. Essa pensava soprattutto agli incidenti della circolazione stradale, dove è sovente il puro caso a determinare le conseguenze di un comportamento colposo; in presenza di una colpa leggera, la sanzione prevista dalla legge sulla circolazione stradale sarebbe dovuta quindi bastare. La commissione riteneva inoltre che questo nuovo disciplinamento potesse risparmiare al Pubblico ministero il compito di decidere, in casi limite, se la morte della vittima fosse o meno dovuta a una negligenza particolarmente leggera. Si sarebbero così indotti gli interessati a far valere fin dall'inizio le loro pretese davanti al giudice civile. Pur ammettendo che una simile disposizione avrebbe dovuto appartenere alla parte generale del Codice penale, la commissione aveva nondimeno deciso di restringerla a questa fattispecie della parte speciale, ritenendo che i suoi effetti generali sul diritto penale accessorio non fossero ancora sufficientemente chiari e meritassero dunque un esame più approfondito.

La proposta è stata comunque respinta dalla maggiotanza dei partecipanti alla procedura di consultazione, soprattutto in base ai seguenti motivi. La nuova nozione di negligenza particolarmente leggera rischierebbe di sollevare mol61

Foglio federale. 68° anno. Voi. II

917

te difficoltà pratiche e di compromettere la certezza del diritto. D'altronde, la leggerezza della colpa può anche oggi essere presa in considerazione per la commisurazione della pena. La possibilità di prescindere dal perseguimento penale o dalla pena dovrebbe poi essere prevista anche per altre infrazioni; la disposizione dovrebbe allora essere inserita nella parte generale del codice, di modo che chi ha commesso un omicidio colposo, per esempio violando le regole della circolazione stradale, non ne sia l'unico beneficiario.

Molti partecipanti hanno inoltre auspicato -- come nel caso dell'articolo 66bis -- che sia soltanto il giudice ad essere autorizzato a decidere in merito.

Bisogna ammettere che la necessità di introdurre un simile motivo d'impunità deve essere esaminata nel contesto di una revisione della parte generale del Codice penale. Limitare questo privilegio ai casi d'omicidio colposo o di lesioni personali commesse per negligenza è infatti difficilmente giustificabile. Inoltre, il disciplinamento proposto non sgraverebbe il giudice da casi limiti spesso molto difficili: il problema risulterebbe soltanto spostato, in quanto non sarebbe più necessario distinguere la negligenza particolarmente leggera dall'assenza di colpa, ma si dovrebbe comunque distinguere la negligenza leggera da quella particolarmente leggera.

213 213.1

Lesioni personali Lesioni gravi (art. 122)

La disposizione che disciplina le lesioni gravi deve innanzitutto subire due modifiche puramente linguistiche, la prima concernente i testi italiano e tedesco, la seconda il solto testo tedesco: proponiamo di sostituire il termine «parte del corpo» («Körperteil») con «corpo» «Körper» e l'aggettivo «siech» con «gebrechlich», termine più moderno e più comprensibile. Come per il termine italiano «infermità» e quello francese «infirmité», la nuova espressione tedesca copre tutte le malattie e altri durevoli pregiudizi alla salute, come per esempio gli avvelenamenti e non da ultimo la tossicomania.

La nostra terza proposta comporta invece un'importante modifica sostanziale: è infatti volta a sopprimere il numero 2 che prevede un aggravamento della pena se la vittima è morta in conseguenza della lesione e se il colpevole ha potuto prevedere questo risultato. Si tratta infatti di un cosiddetto reato aggravato dall'evento, composto di un reato base intenzionale e da gravi conseguenze provocate per negligenza. Questa disposizione -- come d'altronde anche altre -- è un retaggio della responsabilità oggettiva e dunque in contrasto col principio di un diritto penale basato sulla colpevolezza. Pertanto, se l'autore ha voluto provocare soltanto delle lesioni personali senza voler causare la morte, l'evento verificatosi, se prevedibile, può essergli imputato solo a titolo di negligenza. L'unica soluzione compatibile con il principio della colpevolezza consisterebbe dunque nel condannarlo per lesioni intenzionali gravi e per omicidio colposo, conformemente ai disposti dell' articolo 68 n. l CP concernente il concorso di reati. L'autore sarebbe così passibile di una pena massima di 15 anni di reclusione, mentre secondo l'at918

tuale numero 2 dell'articolo 122 -- che noi intendiamo appunto sopprimere -- rischia una pena che va fino ai 20 anni di reclusione. In caso di morte della vittima per dolo eventuale, rimarrebbe comunque poziore l'articolo 111 (omicidio intenzionale).

L'abrogazione di detta disposizione corrisponde meglio alla logica e alla sistematica del nostro Codice penale, fondato sulla gerarchla dei beni giuridici protetti: i reati intenzionali contro la vita altrui sono in linea di principio passibili della reclusione fino a 20 anni, mentre i reati intenzionali contro l'integrità personale sono passibili della reclusione fino a 15 anni.

Questa proposta di abrogazione è stata formulata anche dalla commissione peritale e ha sollevato poche opposizioni nel corso della procedura di consultazione. I suoi avversari ritengono che il numero 2 dell'articolo 122 CP permetta di disciplinare i casi gravi e che non si debba pertanto sopprimerlo senza necessità, tanto più che i comportamenti repressi da questo disposto si avvicinano ai reati commessi per dolo eventuale. Altri oppositori temono che il colpevole venga giudicato con troppa clemenza, dato che in pratica si esiterà ad applicare cumulativamente gli articoli 122 e 117 CP.

Si è parlato anche di incoerenza, ma la critica non è pertinente: tutte le disposizioni toccate dalla presente revisione che prevedono ancora reati aggravati dall'evento (art. 123 n. 2 e 3; 127 n. 2; 129 cpv. 3; 134 n. l, cpv. 2 e 3; 135 n. l, cpv. 2 e 3; 195) saranno infatti soppresse. Dal canto loro, le conseguenze letali previste dagli articoli 133 (rissa) e 134 (aggressione) del disegno costituiscono una condizione oggettiva per la punibilità degli atti ivi sanzionati e hanno dunque tutt'altro significato (cfr. n. 214.4). In ogni caso, non si può difendere il mantenimento di queste disposizioni, o di altre simili prescrizioni, pretendendo che gli atti ivi sanzionati si avvicinino a dei reati commessi per dolo eventuale. Anche questo argomento sarebbe infatti contrario al principio della colpevolezza. Il nostro diritto penale non conosce d'altronde una forma di colpa situata tra la negligenza e l'intenzionalità (compreso il dolo eventuale.) Quando l'intenzionalità non può essere provata, l'autore deve essere tutt'al più punito per la negligenza commessa. In presenza di difficoltà di prova
non si possono tuttavia instaurare pene leggermente più miti per reprimere un comportamento semplicemente presunto intenzionale.

Per tutti questi motivi ribadiamo l'opportunità di abrogare il numero 2 dell' articolo 122.

213.2

Lesioni semplici (art. 123)

L'attuale articolo 123 relativo alle lesioni semplici deve subire un certo numero di modifiche. La più importante è certamente l'abrogazione dei reati aggravati dall'evento previsti nei numeri 2 e 3. Questi disposti prevedono pene più severe per chi, volendo arrecare lesioni semplici, ha causato lesioni gravi o la morte della vittima e poteva prevedere questo risultato. Le ragioni che militano a favore di questa soppressione sono le stesse di quelle addotte per l'abrogazione del numero 2 dell'articolo 122 (cfr. n. 213.1).

919

Nei casi suddetti, l'applicazione dell'articolo 68 numero 1 CP, disposizione che in caso di concorso vincola il giudice al massimo legale della specie di pena, consentirà d'ora in poi di pronunciare al massimo una pena detentiva di 3 anni, dato che le disposizioni relative all'omicidio colposo e alle lesioni colpose (art. 117 CP e art. 125 del disegno) prevedono, come il nuovo articolo 123, la detenzione quale pena massima. Inoltre, il reato sarà perseguito d'ufficio solo se la vittima è morta in seguito alla lesione.

La proposta di suddividere il primo capoverso del numero 1 in due commi distinti non comporta alcuna modifica sostanziale ma vuole semplicemente mettere in evidenza che si tratta di due tematiche differenti.

La fattispecie qualificata del reato, attualmente prevista dal secondo capoverso del numero 1, è stata sostanzialmente modificata e completata (nuovo n. 2). Oltre all'uso del veleno o di un'arma, il nuovo testo parla ora dell'uso di un «oggetto» pericoloso e non più di uno «strumento» pericoloso. Da molto tempo infatti la giurisprudenza ha giustamente ammesso che non bisogna intendere esclusivamente gli strumenti nell'accezione stretta del termine. In una recente sentenza (DTF 101 IV 285), il Tribunale federale ha qualificato come strumento pericoloso un bicchiere di birra lanciato da una distanza di 4 metri contro la testa della vittima.

D'altro canto, sempre secondo il nuovo numero 2, il perseguimento delle lesioni semplici avverrà d'ufficio non solo quando il colpevole abbia agito contro una persona incapace di difendersi, ma anche quando la vittima sia una persona, segnatamente un fanciullo, della quale egli aveva la custodia o doveva aver cura. Questa aggiunta si ispira al numero 1 dell'articolo 127 CP che punisce l'esposizione a pericolo della vita o salute altrui. Essa si propone di proteggere meglio i fanciulli dai maltrattamenti, per quanto tale obiettivo sia raggiungibile attraverso il diritto penale. Un'efficace protezione penale in questo campo presuppone infatti che i maltrattamenti siano rapidamente denunciati alle autorità, il che purtroppo si verifica raramente. L'esperienza ha mostrato che la maggior parte dei maltrattamenti sono inflitt dai genitori, dai maestri o da altri educatori. Costoro non potrebbero comunque giustificare il loro operato prevalendosi
del diritto di correzione: l'educazione di un fanciullo non giustifica mai che gli si infliggano lesioni personali.

L'aggiunta che vi proponiamo rende superfluo l'articolo 134 numero 1 capoverso 1 CP per quanto attiene al danno causato alla salute di un fanciullo dai propri educatori (cfr. n. 214.7). Rileviamo da ultimo che il nuovo articolo 123 numero 2 capoverso 3 protegge anche gli adulti, se dipendono dal colpevole in quanto bisognosi di cure, quali gli ospiti di un ricovero per anziani o i pazienti ospedalizzati. La disposizione torna d'altronde applicabile anche nei confronti di chiunque si trovi sottoposto alla custodia di un terzo o che benefici di un obbligo di assistenza, poco importa se in virtù o meno del diritto di famiglia.

Queste modifiche seguono le proposte formulate dalla commissione peritale, che hanno ottenuto ampi consensi nel corso della procedura di consultazione. Qualche rara critica è stata emessa nei confronti della sanzione edittale che, rispetto al vigente articolo 134, sarebbe troppo mite. Non condivi920

diamo questa obiezione: se la lesione subita è grave, si applica l'articolo 122 che prevede una pena fino a dieci anni di reclusione; se il fanciullo muore in seguito ai maltrattamenti subiti, il giudice può pronunciare persino una pena di reclusione di 15 anni in virtù dell'articolo 68 numero 1 CP.

Altri partecipanti alla consultazione, ma poco numerosi, hanno deplorato che il campo d'applicazione dell'articolo 123 numero 2 capoverso 3 dell'avamprogetto fosse più limitato di quello dell'articolo 134 CP, il quale, oltre ai danni causati alla salute del fanciullo, copre anche la grave esposizione a pericolo per semplice trascuratezza. Per quanto concerne l'esposizione a pericolo, bisogna costatare che l'articolo 134 CP è rimasto inefficace, soprattutto a causa delle difficoltà pratiche di provare l'intenzione (cfr. n. 214.7).

Non vi è d'altronde nessun dubbio che l'articolo 123 numero 2 capoverso 3 del disegno si applicherà anche alla commissione del reato per omissione -- e cioè alla trascuratezza -- quando questa sia intenzionale e provochi effettivamente una lesione personale.

Alcune riserve sono poi state espresse quanto alla soppressione dell'articolo 134 concernente i maltrattamenti e la trascurarla in danno di fanciulli, materia ora disciplinata dall'articolo 123 numero 2 capoverso 3. Gli oppositori temono che abbandonando l'esplicita e diretta proibizione dei maltrattamenti in danno di fanciulli si comprometta l'effetto preventivo generale. Condividiamo questa preoccupazione ed abbiamo di conseguenza aggiunto alla versione proposta dalla commissione peritale l'espresso riferimento ai fanciulli.

Pur non modificando la sostanza di questa disposizione, il riferimento mette in evidenza che nella cerchia delle persone lese affidate alla custodia o alle cure del colpevole rientrano soprattutto i fanciulli maltrattati.

213.3

Conseguenze accidentali delle lesioni personali (art. 124: abrogazione)

L'articolo 124 CP deve essere soppresso. Esso dispone che «quando il colpevole non abbia voluto cagionare né abbia potuto prevedere le conseguenze gravi da lui cagionate, è punito per la lesione personale da lui voluta». Questa disposizione non fa dunque che confermare, nell'ambito delle lesioni personali, il principio fondamentale del nostro Codice penale in virtù del quale non vi è pena senza colpa. Consacrato dall'articolo 18 CP, tale principio significa che nessuno può essere punito per conseguenze che non ha provocato né intenzionalmente né per negligenza. L'articolo 124 è pertanto superfluo. Mantenerlo non contribuirebbe a precisare il principio, potrebbe anzi avere l'effetto contrario. La sua abrogazione è d'altronde stata quasi unanimemente approvata dai partecipanti alla procedura di consultazione.

213.4

Lesioni colpose (art. 125)

L'articolo 125, che disciplina la punibilità delle lesioni colpose, prevede nel suo secondo capoverso che il colpevole è perseguito d'ufficio se la lesio921

ne è grave. Vi proponiamo di sopprimere questo capoverso, di modo che le lesioni personali colpose siano d'ora in poi perseguite solo a querela di parte, indipendentemente dalla loro gravita. Questa modificazione è opportuna innanzitutto perché la gravita di una lesione prodotta per negligenza dipende quasi sempre dal caso. La distinzione attuale tra lesioni colpose leggere e gravi è un retaggio del sistema repressivo fondato sul risultato.

Bisogna poi ammettere che per le autorità incaricate del perseguimento penale è spesso difficile decidere se la lesione sia grave ai sensi della legge e, di conseguenza, se l'azione penale debba essere esercitata d'ufficio. Nella maggior parte dei casi, questa decisione non può essere presa senza un referto medico, il che presuppone che il ferito abbia liberato il proprio medico dal segreto professionale. In caso contrario, nemmeno i vari criteri ritenuti determinanti dal Tribunale federale per stabilire se la lesione sia grave -- quali la lunga durata dell'infermità, la sua gravita o i trattamenti che essa richiede -- potrebbero di regola essere d'aiuto visto che la decisione d'avviare o meno il perseguimento d'ufficio deve di solito essere presa abbastanza in fretta. È però vero che le stesse difficoltà sorgono nei confronti delle lesioni personali causate intenzionalmente: anche in questo caso può capitare che sia la sola gravita della lesione a determinare se l'azione penale debba essere esercitata d'ufficio o a querela di parte. Questa situazione va nondimeno accettata poiché è la colpa, certamente maggiore, di chi provoca intenzionalmente la lesione che richiede il perseguimento d'ufficio nonché eventuali indagini per chiarire l'entità della lesione. Nel caso di semplice negligenza, invece, è opportuno indagare sullo stato di salute della vittima solo se quest'ultima evidenzia con la querela di voler avviare un procedimento penale e d'essere disposta dunque a sopportare eventuali ingerenze nella sua sfera privata.

Poiché l'azione penale non sarà più promossa d'ufficio, l'autore di una lesione colposa resterà impunito se la vittima non sporge querela. Il rischio è tuttavia minimo poiché in questo contesto si realizzano spesso anche gli elementi costitutivi di altri reati, per esempio la violazione di regole della circolazione stradale (art. 90 n. l e 2
della legge sulla circolazione stradale) o un reato di comune pericolo (art. 222, 223, 225, 227-231, 234, 237 e 238 CP), i quali restano perseguibili d'ufficio anche se commessi per negligenza.

In tutti questi casi, è evidente che si dovranno rilevare tutti gli indizi importanti per la causa, ivi compresi quelli concernenti la lesione personale. Questi accertamenti non potranno essere omessi con il pretesto che non è ancora stata sporta querela. D'altronde non è sempre possibile stabilire fin dall' inizio se un atto sia stato commesso intenzionalmente o per negligenza.

In presenza di lesioni manifestamente gravi bisognerà dunque procedere alle necessarie investigazioni e assicurare tutti gli indizi. Se la vittima, in seguito alle lesioni gravi, rimane incosciente o incapace di discernimento durante un certo tempo, il suo diritto di sporgere querela non si prescrive. Secondo l'articolo 29 CP, il termine per sporgere querela decorre infatti solo dal giorno in cui l'evente diritto ha avuto conoscenza del reato e del suo autore. Se l'incapacità di discernimento dura per un certo tempo o è addirittura permanente, l'articolo 28 capoverso 2 CP prevede che il diritto di querela spetta al rappresentante legale della vittima o, se questa è sotto tutela, all'autorità tutoria.

922

Per queste considerazioni abbiamo ripreso la proposta dell'avamprogetto della commissione peritale, che ci sembra più convincente delle numerose obiezioni formulate dai suoi avversari nel corso della procedura di consultazione. Questi ultimi ritengono che la modifica prevista sia contraria agli interessi della vittima, la quale può spesso trovarsi sminuita nella sua capacità di agire pur senza essere incapace di discernimento. Inoltre, la gravita delle conseguenze di una lesione potrebbe spesso risultare chiaramente solo dopo un certo lasso di tempo. Una lesione grave potrebbe dunque compromettere considerevolmente la certezza del diritto; non si dovrebbe d'altronde sottovalutare l'effetto dissuasivo del perseguimento d'ufficio. Sempre secondo gli oppositori, la nostra proposta sarebbe poi in contraddizione con la tendenza già manifestatasi di sopprimere il principio stesso della querela in tutti i settori dove sussiste il rischio di usarne a mo' di rappresaglia. Dato che le lesioni colpose gravi sono il corollario dell'omicidio colposo represso dall'articolo 117 CP, bisognerebbe, foss'anche solo in nome dell'uguaglianza di trattamento, mantenere il perseguimento d'ufficio. I termini di questo paragone ci sembrano tuttavia mal posti. Torneremo sull'argomento nel seguito del nostro commento.

Come nel caso dell'omicidio colposo, la commissione peritale proponeva anche per le lesioni colpose di prescindere dal perseguimento penale o dalla pena nei casi di negligenza particolarmente leggera. Non abbiamo ripreso questa proposta per gli stessi motivi enunciati a proposito dell'articolo 117 (cfr. n. 212.5).

213.5

Vie di fatto (art. 126)

II nuovo articolo 126 è suddiviso in due capoversi: nel primo viene ripresa senza modifiche la disposizione attualmente vigente; il secondo prevede che le vie di fatto saranno perseguite d'ufficio se il colpevole ha agito reiteratamente contro una persona della quale aveva la custodia o doveva aver cura.

La formulazione adottata è simile a quella relativa alle lesioni semplici qualificate (art. 123 n. 2 cpv. 3; cfr. n. 213.2). Queste due disposizioni si prefiggono innanzitutto di assicurare ai fanciulli una migliore protezione dai maltrattamenti ed in ciò si sostituiscono all'attuale articolo 134 CP (cfr.

n. 214.7). Anche in questo contesto la protezione penale dei fanciulli ha urgentemente bisogno di essere sviluppata, dato che il Tribunale federale considera che le vie di fatto non possono conformare da sole un maltrattamento ai sensi dell'articolo 134 numero 1 capoverso 1 CP (cfr. DTF 80 IV 107 e 85 IV 126). D'ora in poi, per essere punibili secondo il nuovo articolo 126 capoverso 2, le vie di fatto dovranno essere state commesse reiteratamente, essere cioè perpetrate più volte contro la stessa vittima e denotare così una certa abitudine. Le vie di fatto reiterate contro fanciulli presentano forti analogie con il reato di maltrattamento (art. 134 CP) a causa degli effetti altamente pregiudizievoli che possono avere sulla psiche del bambino 6) . Come detto, con l'introduzione del secondo capoverso dell'articolo 126 si intende appunto creare una disposizione sostitutiva dell'articolo 134 CP.

923

Come per il nuovo articolo 123 numero 2 capoverso 3, la protezione prevista dall'articolo 126 capoverso 2 si estenderà non solo ai fanciulli, ma anche agli adulti che dipendono dall'autore per le cure di cui abbisognano.

Questa modifica -- che riprende integralmente le proposte della commissione peritale -- ha sollevato qualche obiezione nel corso della procedura di consultazione. Solo pochissimi partecipanti hanno però completamente rifiutato il nuovo capoverso. Molti hanno invece chiesto che il diritto di correzione dei genitori sia espressamente riservato. Riteniamo però che questa riserva sia del tutto superflua. Per quanto concerne i genitori, il diritto di correzione deriva segnatamente dall'articolo 302 del Codice civile (CC).

Nella misura in cui tale diritto sussiste, l'impunità dell'atto è garantita dall' articolo 32 CP (atti leciti). Prevedere espressamente una riserva non sarebbe d'altronde indicato dato che, come già detto, la norma si riferisce anche agli adulti sottoposti alla custodia di una persona e verso i quali quest'ultima non ha evidentemente alcun diritto di correzione.

I pochi partecipanti che respingono totalmente la nuova disposizione temono che questa possa dar luogo a una criticabile ingerenza dello Stato nella vita familiare e nell'educazione dei fanciulli. Secondo loro, essa rischia di moltiplicare le denunce infondate e abusive contro i genitori ed altri educatori. Rilevano inoltre che per il magistrato sarà molto difficile distinguere tra vie di fatto lecite ed illecite nel campo dell'educazione.

Non possiamo assolutamente condividere questi dubbi. Le autorità preposte al perseguimento penale dispongono di una ricca esperienza e sono perfettamente in grado di accertare, entro un lasso di tempo relativamente breve, sia la fondatezza di una querela sia gli abusi manifesti del diritto di correzione e di educazione. D'altronde, già il vigente articolo 134 non può escludere il rischio di una querela abusiva nei confronti degli educatori, ma nella prassi casi di questo genere sono stati assai rari. Del tutto infondata è l'obiezione secondo cui la nuova disposizione costituirebbe un'ingerenza inammissibile nella vita familiare e nell'educazione dei figli. Percosse reiterate, quasi abituali o sistematiche, eccedono manifestamente il diritto di correzione e di educazione
anche se i loro effetti pregiudizievoli non sono immediatamente visibili. Ci sembra pertanto non solo opportuno, ma anche necessario che simili comportamenti vengano perseguiti d'ufficio. Un bambino bistrattato in tal modo non osa generalmente lamentarsi apertamente, non da ultimo a causa del timore di rappresaglie. Lo stesso dicasi per le persone anziane o bisognose di cura. Quanto abbiamo esposto dovrebbe dissipare ogni dubbio in chi teme che un paio di schiaffi rappresentino già una via di fatto perseguibile d'ufficio. Come detto, il termine «reiteratamente» esige ben di più. Per prevenire un'interpretazione troppo restrittiva, da varie parti si è suggerito di sostituire il termine «reiteratamente» con «continuamente» o «sistematicamente». Dopo attento esame, abbiamo deciso di attenerci alla versione proposta poiché le altre formulazioni potevano essere interpretate in modo troppo estensivo. Occorre in particolare evitare che la nuova disposizione torni applicabile solo alle vie di fatto perpetrate su un lungo arco di tempo. Questo non è infatti il suo unico scopo: il nuovo disciplinamento 924

vuole proteggere anche chi ha subito, in modo sistematico, parecchie percosse, fosse anche solo nell'arco di qualche ora o di qualche giorno.

214

Esposizione a pericolo della vita o della salute altrui

214.1

Abbandono (art. 127)

Conformemente al parere della commissione peritale, proponiamo di sostituire l'attuale numero 1 dell'articolo 127 -- i cui due capo versi circoscrivono, con inutili ripetizioni, gli elementi costitutivi dell'abbandono -- con una formulazione più semplice e concisa. Proponiamo inoltre di rinunciare alla pena minima di un mese di detenzione; quest'unica modifica sostanziale corrisponde d'altronde alla tendenza generale che si delinea oggi.

Alcuni partecipanti alla procedura di consultazione vedono nella soppressione del minimo di pena un indebolimento ingiustificato della protezione penale. Temono che ciò possa con il tempo comportare una notevole riduzione delle pene medie e che, in virtù delle circostanze attenuanti previste dall' articolo 65 CP, il giudice giunga a pronunciare solo la pena dell'arresto o della multa, il che sarebbe perlomeno inappropriato vista la gravita di questi reati. Non condividiamo queste preoccupazioni, ritenendo che ci si possa fidare del buon senso e dell'esperienza dei nostri giudici per quanto concerne la commisurazione della pena. Ribadiamo dunque che il minimo di pena previsto dal diritto vigente è superfluo.

Proponiamo inoltre l'abrogazione pura e semplice del numero 2 secondo cui la pena è della reclusione se la vittima è morta in conseguenza del reato e se il colpevole poteva prevedere questo risultato. Anche questo è un reato qualificato in funzione dell'evento, proprio come nel caso dell'articolo 122 numero 2, al cui commento rinviamo (cfr. n. 213.1).

214.2

Omissione di soccorso (art. 128)

L'attuale articolo 128 punisce con la detenzione o con la multa chiunque abbandona senza soccorso una persona da lui ferita o ferita da un veicolo, da un animale da sella o da tiro di cui egli si serviva. Questa disposizione dev'essere modificata in diversi punti pur mantenendone intatta l'idea centrale: resta passibile della detenzione o della multa chi ferisce una persona abbandonandola poi al suo destino. Contrariamente al tenore attuale, occorre tuttavia rinunciare ad enumerare espressamente i vari mezzi di cui l'autore può essersi servito, cioè un veicolo oppure un animale da sella o da tiro. Menzionare il veicolo è divenuto del tutto superfluo visto che l'articolo 92 capoverso 1, combinato con l'articolo 51 capoverso 2 della legge federale sulla circolazione stradale (RS 741.01), impone al conducente, con comminatoria di sanzioni penali, di soccorrere la persona da lui ferita. Quanto agli animali da sella o da tiro, oggi essi non sono quasi più utilizzati come mezzo di trasporto. Menzionarli sarebbe quindi un po' anacronistico, oltre che inutile 925

dato che essi sono solo dei mezzi di cui si è servito l'autore, il quale resta comunque responsabile in quanto autore mediato della lesione così prodotta.

Inoltre l'espressione «chiunque abbandona» va sostituita da «chiunque omette di prestare soccorso». Si tratta di una semplice modificazione redazionale, resasi necessaria dal punto di vista linguistico per via dell'estensione degli elementi costitutivi, sulla quale torneremo. Il nuovo tenore descrive poi il comportamento punibile in modo più preciso e mette meglio in evidenza che si tratta di un vero e proprio delitto per omissione: poco importa ciò che il colpevole ha fatto invece di venire in soccorso della vittima.

Con l'introduzione di un obbligo generale di prestar soccorso in caso d'urgenza abbiamo voluto dar seguito ad un suggerimento fatto a più riprese dalla dottrina. Molti Paesi prevedono già questo obbligo generale ed alcuni Cantoni l'hanno introdotto reprimendone le violazioni con pene contravvenzionali. Anche chi omette di soccorrere una persona in pericolo di morte imminente sarà dunque passibile della detenzione o della multa. Questa innovazione riprende quasi letteralmente una disposizione già prevista dall'avamprogetto di Codice penale del 1918, che fu però abbandonata per ragioni politiche, in particolare per parare al rischio di un referendum. Dato che questo obbligo di assistenza incombe ad ogni persona, indipendentemente dal fatto che essa sia o no responsabile del pericolo in cui si trova la vittima, la sua portata non deve essere eccessivamente estesa. Non si richiede quindi di soccorrere una persona in caso di «semplice» pericolo, bensì in imminente pericolo di morte. Questo disciplinamento vuole per esempio proteggere la persona che sta annegando o che viene colpita da una crisi cardiaca od ancora quella che, completamente ubriaca, rimane sdraiata sulla carreggiata stradale. È però necessario che, tenuto conto delle circostanze, l'intervento sia ragionevolmente esigibile dal soccorritore potenziale. Questa condizione -- che restringe ulteriormente l'obbligo di assistenza -- esclude per esempio la punibilità di chi, intervenendo, correrebbe egli stesso un serio pericolo. Questa restrizione, e la nuova disposizione Io prevede chiaramente, vale anche nei confronti dell'autore del ferimento. In simili casi, la ragionevole
esigibilità dell'obbligo d'assistenza era fino ad oggi una condizione non scritta di punibilità. Chi ha causato per propria colpa la situazione di pericolo e omette di prestare soccorso è nondimeno doppiamente responsabile: da un canto come colpevole del ferimento, dall'altro per avere violato l'obbligo generale di prestare soccorso. In linea generale il suo intervento va dunque considerato ragionevolmente esigibile.

La proposta di comminare la stessa pena anche a chi ha ostacolato o impedito ad un terzo di soccorrere la vittima rappresenta un ulteriore e importante ampliamento degli elementi costitutivi del reato. Le ragioni che dettano di punire tale comportamento sono quelle già esposte per l'omissione stessa. Anche questa disposizione era già prevista nel summenzionato avamprogetto del 1918.

Vediamo ora come è disciplinato il rapporto tra questa nuova disposizione e gli articoli 92 e 51 capoverso 2 della legge federale sulla circolazione stradale. Secondo quest'ultima disposizione, chiunque è coinvolto in un incidente della circolazione deve soccorrere gli eventuali feriti; quest'obbligo in926

combe anche alle persone non coinvolte «nella misura che si può esigere da esse». Conformemente all'articolo 92 capoverso 1 LCS, la violazione di quest'obbligo è passibile dell'arresto o della multa. Il conducente che si è dato alla fuga dopo avere ucciso o ferito una persona è invece passibile della detenzione (art. 92 cpv. 2 LCS). Viene generalmente ammesso che vi è concorso improprio tra queste due disposizioni e l'articolo 128 CP quando, nel caso di specie, tutti gli elementi costitutivi dei rispettivi reati siano .realizzati. Conformemente alle regole generali sul concorso torna dunque applicabile solo la disposizione che prevede la pena più severa. Il reato di tuga ricade quindi sempre nel campo d'applicazione dell'articolo 92 capoverso 2 LCS, il quale prevede una pena edittale più severa, consistente unicamente nella detenzione. Sarà invece applicabile il nuovo articolo 128 CP allorquando una persona, coinvolta in un incidente della circolazione e responsabile per una ragione o per un'altra delle ferite causate ad una o più vittime, avrà omesso, pur senza darsi alla fuga, di prestare il soccorso che si poteva ragionevolmente pretendere da lei. Lo stesso dicasi per chi, pur essendo implicato nell'incidente, non è responsabile delle lesioni verificatesi o di chi, totalmente estraneo all'incidente (p. es. un curioso), sia rimasto inattivo di fronte a feriti che si trovavano in imminente pericolo di morte. Tornano invece esclusivamente applicabili le disposizioni della legge sulla circolazione stradale -- cioè l'articolo 92 capoverso 1 in relazione con l'articolo 51 capoverso 2 -- se il pericolo di morte non era imminente.

Su di un punto la nostra proposta si spinge più lontano di quella della commissione peritale. Nella versione elaborata da quest'ultima, chi abbandona senza soccorrerla una persona da lui ferita è passibile di pena solo se infrange in tal modo l'obbligo generale d'assistenza nei confronti di un ferito in imminente pericolo di morte. La commissione era convinta che in pratica casi simili sarebbero stati comunque coperti dall'articolo 92 della legge sulla circolazione stradale. Riteneva inoltre che il responsabile dell'incidente, in virtù appunto di questa sua responsabilità, sarebbe stato punibile anche per le lesioni personali causate per omissione, per esempio quando le ferite
della vittima si aggravassero in seguito alla violazione del dovere di assistenza.

Nella procedura di consultazione sono state tuttavia sollevate varie obiezioni su questo punto. Non si capisce perché si voglia imporre a chiunque l'obbligo di soccorrere una persona in grave pericolo, indipendentemente dal fatto che sia o meno responsabile della situazione in cui questa si trova. Si rileva inoltre che le lesioni causate a terzi nella pratica di sport quali Io sci, l'alpinismo, gli sport nautici o durante una rissa non sarebbero coperte dalla legge sulla circolazione stradale. La grande maggioranza di chi ha formulato queste critiche ha pertanto chiesto la conservazione dell'attuale articolo 128, completato però con due nuovi capoversi riproducenti la disposizione proposta dalla commissione peritale. È infatti stata largamente approvata l'idea di punire chiunque rinuncia a soccorrere una persona in imminente pericolo di morte quando il suo intervento sia possibile e ragionevolmente esigibile, come pure chiunque impedisce od ostacola il compimento di questo dovere.

Il testo da noi proposto indica che abbiamo tenuto largamente conto di queste obiezioni del tutto giustificate. Come già detto, abbiamo ripreso il con927

tenuto dell'attuale articolo 128, completandolo con quanto proposto dalla commissione. Un'altra possibilità, suggerita da numerosi partecipanti alla procedura di consultazione, sarebbe stata quella di punire ogni violazione del dovere generale d'assistenza e di estendere questo obbligo a tutte le situazioni dove la salute di una persona sia in «semplice» pericolo. Anche la commissione peritale aveva in un primo tempo esaminato questa possibilità. Sebbene tale soluzione comporti il vantaggio che una persona non potrebbe sottrarsi alle sue responsabilità pretendendo di non aver saputo che il ferito era in imminente pericolo di morte, il campo d'applicazione di una disposizione così formulata sarebbe troppo indeterminato: il dovere di assistenza si estenderebbe verosimilmente ben oltre a quello prescritto dalla norma attuale, dato che il pericolo per la salute non consiste sempre e soltanto in una ferita di cui soffre la vittima. Questa osservazione vale anche per la formulazione proposta da alcuni altri partecipanti, i quali vorrebbero che si parli di «pericolo grave per la salute». È vero che ogni adulto ha il dovere morale di impedire per esempio a dei bambini di duellare con bastoni appuntiti, onde evitare che si feriscano gravemente agli occhi. Ma sarebbe esagerato punire la violazione di questo dovere con una pena che va fino ai 3 anni di detenzione. Riteniamo dunque giustificata la nostra proposta: chi ha ferito altrui soggiace a un obbligo d'assistenza più severo rispetto ad un terzo non implicato, cui incombe il dovere di prestar soccorso soltanto in caso di imminente pericolo di morte.

214.3

Esposizione a pericolo della vita altrui (art. 129)

Per l'attuale articolo 129 capoverso 1 -- che punisce con la reclusione fino a 3 anni o con la detenzione non inferiore a un mese chi scientemente e senza scrupoli mette in pericolo imminente la vita altrui -- si propongono due modifiche principali. La prima consiste nella soppressione del termine «scientemente» riferito al modo d'agire dell'autore. La seconda è volta ad aggravare la pena, il cui massimo viene portato da 3 a 5 anni di reclusione ed il minimo soppresso.

Mentre un tempo il termine «scientemente» qualificava una forma di colpevolezza situata tra l'intenzione e la negligenza, segnatamente la colpa cosciente, secondo la recente giurisprudenza del Tribunale federale (cfr. DTF 94 IV 60), esso è semplicemente espressione del dolo diretto e non dunque del dolo eventuale. Poiché chi agisce per dolo eventuale non può comunque creare un pericolo di morte imminente, ma tutt'al più possibile, il termine «scientemente» non ha più alcun senso e può dunque essere eliminato.

Un'altra modifica concerne esclusivamente il testo tedesco (sostituzione del termine «gewissenlos» con «in skrupelloser Weise»). Secondo il Tribunale federale agisce «gewissenlos» chi si comporta in modo moralmente riprovevole (cfr. DTF 94 IV 65) o il cui comportamento non è giustificato da alcun motivo comprensibile (cfr. DTF 100 IV 215). Condividiamo l'opinione della commissione peritale e di parte della dottrina le quali ritengono che, così concepito, l'elemento costitutivo della «Gewissenlosigkeit» è superfluo. Va 928

infatti da sé che ogni esposizione a imminente pericolo di morte è moralmente riprovevole se non vi è un motivo che la giustifichi. A maggior ragione, l'assenza di una motivazione comprensibile non può dare una connotazione particolare a un comportamento riprovevole. L'interpretazione del Tribunale federale ha fatto dunque di questo elemento costitutivo una nozione troppo indeterminata e imprecisa. Il termine tedesco è poi correntemente applicato ad una moltitudine di comportamenti. Le espressioni italiana («senza scrupoli») e francese («sans scrupule») mettono invece chiaramente in evidenza il carattere particolarmente riprensibile che il comportamento incriminato deve avere; esse confermano così che questa fattispecie legale intende colpire solo i casi gravi. È dunque opportuno adattare la versione tedesca a quelle latine e punire d'ora in poi chi «in skrupelloser Weise» espone un terzo a un pericolo imminente di morte. L'articolo 129 colpirà dunque solo il colpevole che, manifestando disprezzo per la vita umana e agendo deliberatamente, mette la vita altrui in pericolo. Così definito, questo comportamento presenta alcune similitudini con quello di chi commette un omicidio intenzionale. La modifica proposta assomiglia infatti alla nuova definizione degli elementi costitutivi dell'assassinio, che usa l'espressione «particolare mancanza di scrupoli» (cfr. n. 212.1). In questa forma modificata, la nuova norma intende colpire casi tipici, quali lo sparare da corta distanza in direzione di una persona, mancandola per poco, oppure il dirigere un veicolo, senza rallentare, verso un gruppo di persone, per esempio per forzare un posto di blocco, o il far lavorare degli operai in condizioni che non corrispondono alle norme di sicurezza. Si tratta dunque di situazioni nelle quali la vita umana è messa seriamente in pericolo anche se l'intenzione di commettere un omicidio non può essere provata.

La modifica della pena edittale corrisponde alla proposta della commissione peritale e non ha praticamente sollevato obiezioni nel corso della procedura di consultazione.

La gravita del reato giustifica che il minimo di pena sia portato da 3 a 5 anni di reclusione. Questa maggiore severità è tanto più necessaria visto che la disposizione è ora diretta contro casi veramente gravi, quali quelli esemplificati più
sopra. Essa consente d'altronde un'armonizzazione certamente auspicabile con la pena prevista per il reato di abbandono (cfr. n. 214.1). L'aggravamento della pena edittale non ha sollevato obiezioni nel corso della procedura di consultazione. Alcuni partecipanti hanno anzi proposto d'aumentare ulteriormente la pena massima o addirittura di prevedere semplicemente la reclusione senza massimo specifico. Come nel caso degli articoli 116 e 127 (cfr. n. 212.4 e 214.1), la soppressione della pena minima ha suscitato solo qualche rara critica. Forti dell'appoggio di una larga maggioranza, confermiamo quindi la nostra proposta, rinviando per i motivi al numero 214.1.

Un'ulteriore modifica dell'articolo 129 consiste nella soppressione dei capoversi 2 e 3. Il capoverso 3 commina la pena della reclusione fino a 10 anni quando il reato ha avuto esito letale: siamo quindi in presenza di un reato aggravato dall'evento, come nel caso dell'articolo 122 numero 2, al cui commento rinviamo (cfr. n. 213.1). Il capoverso 2 impone al giudice di cumulare la multa con la pena privativa della libertà se il colpevole ha agito per fine 929

di lucro. Questo disposto può sembrare strano per un reato quale quello previsto dall'articolo 129. Esso ha finora trovato giustificazione nella preoccupazione del legislatore di proteggere in modo particolare i lavoratori. Ma questa protezione oggi non è più necessaria. I casi tipici di esposizione a pericolo della vita altrui sono infatti solo raramente commessi a scopo di lucro. E anche se questa evenienza dovesse verificarsi il giudice potrà sempre cumulare la multa con la pena privativa di libertà, in applicazione dell'articolo 50 capoverso 1 CP. La proposta di abrogare questo secondo capoverso ha d'altronde raccolto consensi quasi unanimi nel corso della procedura di consultazione.

214.4

Duello; sfida e incitamento a duello (art. 130-132: abrogazione)

Gli attuali articoli 130-132 devono essere completamente eliminati. Le tre disposizioni disciplinano infatti la forma tradizionale del duello, definibile come il combattimento pattuito tra due persone secondo regole determinate e ad armi pari. Mentre l'articolo 131 concerne il duello in quanto tale, l'articolo 130 sanziona la sfida a duello e la relativa accettazione. L'articolo 132 punisce invece l'incitamento al duello. Queste disposizioni, in particolare l'articolo 131, sono molto più clementi del diritto comune, privilegio questo che al giorno d'oggi non è più giustificato, in ogni caso quando il duello conduce o dovrebbe condurre a lesioni personali gravi o alla morte di un partecipante. Malgrado la gravita di queste conseguenze, l'articolo 131 numero 1 commina per il duello una pena massima di soli 5 anni di detersione, considerandolo dunque un semplice delitto. D'altra parte, l'articolo 131 numero 2 lo derubrica in contravvenzione quando i duellanti hanno preso le dovute precauzioni per evitare il pericolo di morte, come per esempio nei duelli studenteschi. Conformemente all'articolo 131 numero 3, le disposizioni generali relative all'omicidio o alle lesioni personali sono applicabili soltanto se uno dei duellanti ha scientemente violato le regole del combattimento. Il trattamento privilegiato non è d'altronde compensato dal fatto che il duello è di per sé già punibile in quanto esposizione a pericolo, anche se nessuno degli antagonisti rimane ferito. Simili casi si configurerebbero infatti spesso come tentativi d'omicidio o di lesioni corporali a tenore delle disposizioni generali.

Oltre ai duellanti, viene privilegiato anche chi incita altrui a battersi in duello. Nella misura in cui gli elementi costitutivi dell'articolo 132 corrispondono a un'istigazione ai sensi dell'articolo 24 CP, il privilegio può diventare persino maggiore. La disposizione consente infatti di punire soltanto con l'arresto chi ha incitato altrui al duello. È però vero che, sopprimento l'articolo 132, alcuni comportamenti resteranno impuniti. Quando il duello non si è verificato l'incitamento non sarà infatti più punibile poiché, secondo l'articolo 24 capoverso 2 CP, è punibile solo il tentativo di istigazione a un crimine, non a un delitto.

Anche le persone che prendono parte in modo marginale al duello -- quali i secondi, i testimoni o i medici -- sono attualmente privilegiate: l'articolo 131 930

numero 4 reprime il loro comportamento solo se hanno incitato i duellanti a battersi. Ogni complicità al duello resta così totalmente impunita.

Va ancora rilevato che le statistiche annue dei tribunali svizzeri indicano che il duello è praticamente caduto in desuetudine: Anche per questo motivo si può dunque sostenere che esso debba essere d'ora in poi regolato dalle disposizioni normalmente applicabili all'omicidio e alle lesioni personali intenzionali. Potranno inoltre trovare applicazione le norme generali sul tentativo, sulla partecipazione e sull'attenuazione della pena, nonché il giustificativo extralegale, riconosciuto dalla giurisprudenza e dalla dottrina, costituito dal consenso della vittima. I duelli tra studenti, gli unici ad avere conservato una certa importanza pratica, resteranno impuniti purché abbiano per conseguenza solo lesioni leggere. Conformemente al parere della dottrina oggi dominante, la vittima non può invece dare validamente il proprio consenso ad eventuali lesioni gravi, visto che la finalità intrinseca del duello non è degna di protezione. In simili casi l'autore non potrebbe dunque invocare nessuna scusante e sarebbe dunque punibile per lesioni gravi.

La revisione da noi proposta non segue quanto auspicato dalla commissione peritale la quale, per motivi di prevenzione generale, intendeva non solo conservare la disposizione sulla sfida a duello (art. 130), ma anzi trasformarla in un delitto passibile della detenzione. Considerato l'anacronismo del trattamento privilegiato che il nostro Codice penale riserva al duello -- d'altronde sottolineato anche dalla commissione peritale -- riteniamo più logico abrogare tutte queste disposizioni specifiche. Sarebbe infatti incoerente sottoporre all'ordinamento generale del codice il duello in quanto tale, le sue conseguenze e l'incitamento al duello, ma sanzionare atti preparatori quali la sfida a duello e la sua accettazione con una pena particolare, ancora più severa di quella prevista attualmente. Se si decide di non più privilegiare il duello non si può neppure continuare a reprimere atti puramente preparatori con sanzioni più severe di quelle previste dal diritto penale comune. Non vi è d'altronde nessuna necessità di politica criminale che perori il mantenimento delle attuali disposizioni, ormai prive di importanza pratica.
L'abrogazione degli articoli 131 e 132 ha raccolto consensi quasi unanimi nel corso della procedura di consultazione. La maggioranza degli interpellati si era invece dichiarata d'accordo con il mantenimento dell'articolo 130.

214.5

Rissa (art. 133)

L'attuale articolo 133 punisce con la detenzione o con la multa chi prende parte ad una rissa nella quale una persona rimanga uccisa o riporti lesioni personali. Per quanto concerne il testo italiano, la disposizione subisce un' unica modificazione sostanziale: mentre ora, secondo un'interpretazione letterale, la morte o la lesione dovrebbe verificarsi nel corso della rissa medesima («nella quale»), il nuovo tenore prevede ch'essa può verificarsi anche dopo («in seguito alla quale»); su questo punto il testo italiano si conforma alle attuali versioni tedesca e francese. Viceversa, il testo tedesco e francese si conformano al testo italiano per quanto concerne la persona della vittima.

931

Contrariamente ai testi tedesco e francese, il vigente testo italiano non esige infatti che la vittima sia uno dei partecipanti alla rissa: potrebbe trattarsi per esempio anche di uno spettatore o di un agente di polizia intervenuto per ristabilire l'ordine; in altri termini, secondo il testo italiano, la disposizione è applicabile anche se un terzo qualsiasi rimane ucciso o ferito. Queste più estese condizioni oggettive di punibilità corrispondono invero al senso e allo scopo della norma. Essa punisce infatti l'autore sulla sola base della sua partecipazione alla rissa, cioè del carattere tipicamente pericoloso di questo comportamento, e non in funzione del risultato. Quest'ultimo è una condizione di punibilità solo nella misura in cui limita gli elementi costitutivi della rissa, onde colpire solo i casi in cui la pericolosità dell'azione sia particolarmente evidente e si manifesti appunto con conseguenze quali la morte o le lesioni personali. Per altro, quando più persone si battono fra di loro, è spesso impossibile trovare chi è il vero colpevole della morte o delle lesioni così provocate.

È quindi giustificato punire anche la semplice partecipazione, incriminando l'esposizione a pericolo della vita e dell'integrità fisica mediante una disposizione speciale. Ciò vale anche quando la vittima sia una persona estranea alla rissa. È vero che questa probabilità è assai minore, ma in presenza di una rissa è spesso difficile distinguere chiaramente i partecipanti dagli estranei. Se per esempio la rissa si svolge in un ristorante, si trovano esposti a pericolo anche i semplici astanti. Queste condizioni oggettive di punibilità differenziano per altro la fattispecie della rissa da quella, nuova, dell'aggressione (cfr.n. 214.6).

Le altre modifiche proposte sono puramente redazionali. L'espressione «per tale partecipazione» è soppressa visto che la disposizione precisa con sufficiente chiarezza che è la partecipazione alla rissa ad essere sanzionata penalmente. Inoltre, per maggiore chiarezza, vi proponiamo di inserire in un secondo capoverso il disposto che sancisce l'impunibilità di chi si limita a difendersi o a separare i contendenti. Si potrebbe sostenere che questa precisazione sia superflua data la presenza dell'articolo 33 CP sulla legittima difesa.

Ma l'applicazione di questo articolo a chi
cerca solo di porre fine alla rissa è perlomeno discutibile. Il nuovo capoverso 2 ha il merito di indicare chiaramente che un tale comportamento non configura gli elementi costitutivi del reato e che non è pertanto punibile in quanto tale.

Queste proposte hanno raccolto consensi unanimi nel corso della procedura di consultazione.

214.6

Aggressione (art. 134 [nuovo])

Secondo l'opinione dominante nella dottrina e nella giurisprudenza, non vi è rissa ai sensi dell'articolo 133 CP quando non sono due fazioni che si affrontano, ma vi è un'aggressione da parte di più individui su di una o più persone che restano passive. Rispetto ai partecipanti alla rissa, gli aggressori sarebbero così privilegiati in modo ingiustificato. Il loro comportamento è infatti per lo meno altrettanto pericoloso e, come nel caso della rissa, è spesso difficile determinare chi ha ferito o ucciso la o le persone aggredite. In questi casi 932

non si può neppure ammettere che vi sia complicità tra tutti i partecipanti in primo luogo perché l'aggressione può essere stata commessa spontaneamente, senza la cooperazione cosciente e voluta che caratterizza la complicità; inoltre è molto difficile provare che gli aggressori avevano l'intenzione di provocare la morte o le lesioni.

Questa lacuna deve essere colmata mediante l'introduzione di un nuovo articolo 134, tanto più che le aggressioni commesse da gruppi di picchiatori contro persone isolate o gruppi di persone numericamente molto inferiori sono purtroppo divenute un fenomeno frequente al giorno d'oggi. Alcuni Paesi vicini hanno già promulgato analoghe diposizioni 7) .

Secondo la nuova disposizione, chi partecipa all'aggressione di una o più persone in seguito alla quale una di esse rimanga uccisa o riporti una lesione personale è punito con la detenzione fino a 5 anni. La nozione di partecipazione presuppone più autori, cioè almeno due aggressori. Non si può invece parlare di partecipazione quando l'aggressione è commessa da un'unica persona. Anche la commissione peritale aveva ritenuto sufficiente l'intervento di due aggressori per soddisfare questo elemento costitutivo del reato. Il testo da essa proposto «chiunque prende parte ad un'aggressione attuata da più persone» lasciava però sussistere il dubbio che fosse necessario l'intervento di almeno tre aggressori. Abbiamo quindi preferito modificare il tenore della nuova disposizione per chiarire questo punto. Il carattere particolarmente pericoloso e le difficoltà di prova che possono sussistere già con un numero ridotto di partecipanti giustificano questa soluzione. Due persone sono d'altronde sufficienti per costituire una banda (cfr. DTF 100 IV 220).

Anche per la rissa, reato che presenta qualche analogia con l'aggressione, è ammesso che bastano tre partecipanti e che quindi una delle parti abbia almeno due avversari. Come per la rissa, la nuova disposizione proposta è applicabile anche a chi prende parte a un'aggressione già in atto.

Come la rissa, anche l'aggressione è un reato di esposizione a pericolo. I colpevoli sono passibili di pena per il solo fatto della loro partecipazione all'aggressione: la morte o le lesioni personali subite da una o più persone aggredite sono condizioni oggettive di punibilità. Di conseguenza,
basta provare l'intenzione del colpevole di partecipare all'aggressione, senza bisogno di dimostrare che ha voluto provocare la morte o le lesioni.

Contrariamente al tenore della disposizione sulla rissa, dove anche un estraneo può essere vittima (cfr. n. 214.5), la condizione oggettiva di punibilità presuppone qui che sia una delle persone aggredite ad essere ferita o uccisa.

La rissa è infatti una lotta generale e reciproca, mentre l'aggressione è perpetrata contro un numero ristretto di vittime, determinate previamente, che possono essere facilmente distinte dagli estranei. Contrariamente alla rissa, è dunque molto poco probabile che un estraneo rimanga vittima di un'aggressione.

Solo pochi partecipanti alla procedura di consultazione hanno rifiutato il principio stesso dell'introduzione di questa nuova disposizione. Essi considerano che le attuali disposizioni sulla partecipazione al reato da parte di coautori, sulla rissa, sulla sommossa e sulla rapina bastino a reprimere simili casi. Ritengono pure che estendere la punibilità alla semplice esposizione a 62

Foglio federale. 68° anno. Voi. II

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pericolo sarebbe problematico e che la prova della partecipazione può rivelarsi difficile. Intravedono poi nella nuova disposizione un reato aggravato dall'evento, il che sarebbe contrario al principio della colpevolezza. Quest'ultimo argomento non è certamente pertinente, come anche la dottrina dominante ammette, dato che il colpevole risponde solo della propria partecipazione e non della morte o del ferimento di una delle persone aggredite. Per rispondere alle altre obiezioni richiamiamo semplicemente quanto già detto sopra.

Alcuni partecipanti alla procedura di consultazione, pur approvandone il principio, hanno emesso qualche riserva in merito alla nuova disposizione, in particolare per quanto concerne la sanzione prevista. La pena massima di 5 anni di detenzione sarebbe troppo mite talché si dovrebbe portarla fino a 10 anni di reclusione. Inversamente, due partecipanti domandano che la sanzione sia resa più mite abbassandone il minimo fino alla pena pecuniaria. La pena prevista dal disegno ci sembra tuttavia quella più appropriata al particolare carattere del reato, anche rispetto ad altre infrazioni dello stesso genere. Non si dimentichi che siamo in presenza di un reato d'esposizione a pericolo e non di un reato di lesione. La sua perpetrazione non esige, come detto, l'intenzione di dare la morte o di provocare ferite. La sanzione prevista non può quindi essere simile a quella per le lesioni personali gravi commesse intenzionalmente (art. 122 CP) o per l'omicidio intenzionale (art. Ili CP), a meno di prendere in considerazione soprattutto l'esito finale del comportamento proibito. Ma così si creerebbe un altro di quei reati qualificati in funzione dell'evento che noi intendiamo appunto sopprimere a causa della loro incompatibilità con il principio della colpevolezza.

214.7

Maltrattamenti e trascuranza in danno di fanciulli (art. 134 del diritto vigente: abrogazione)

L'attuale articolo 134 deve essere soppresso e sostituito da altre disposizioni, come già ripetutamente sottolineato (cfr. n. 213.2 e 213.5). Visto che si tratta di maltrattamenti e di trascuranza in danno di fanciulli, questa proposta di stralcio merita qualche precisazione, in particolare per quanto concerne la fattispècie di base prevista dal numero 1 capoverso 1. Questo capoverso punisce con la detenzione chi, avendo l'obbligo della cura o della custodia di un fanciullo minore di 16 anni, lo maltratta, lo trascura o lo tratta crudelmente in guisa da recar danno o pericolo grave alla sua salute o al suo sviluppo intellettuale. L'interpretazione di questa norma ha da sempre sollevato difficoltà, vista la complessità del suo tenore. Quanto al comportamento punibile, cioè l'atto del maltrattare, trascurare o trattare crudelmente un fanciullo, non è necessario delimitarne la portata o precisarne il contenuto. Per determinare il comportamento punibile basta infatti considerarne le conseguenze, cioè il fatto che esso abbia danneggiato o gravemente compromesso la salute o lo sviluppo intellettuale del fanciullo. Secondo la recente giurisprudenza del Tribunale federale (DTF105 IV 25 segg.), ogni maltrattamento costitutivo di lesioni personali ai sensi dell'articolo 123 numero 1 capoverso 1 rappresenta un danno alla salute, esclusa per esempio la rapatura dei capelli. In sentenze ante934

riori (DTF 80 IV 106 e 85 IV 126), il Tribunale federale si era attenuto a un'interpretazione più restrittiva e di conseguenza escluso anche le lesioni personali molto leggere, come tumefazioni, lividi, graffi o manifestazioni di vomito. D'altro canto, neppure il riferimento ad uno sviluppo intellettuale compromesso può assumere significato autonomo. Secondo la dottrina dominante, il danno allo sviluppo intellettuale deve di regola anche configurare un danno alla salute; in caso contrario i comportamenti vietati dall'articolo 134 sarebbero praticamente illimitati, tanto più che questa disposizione punisce anche la semplice trascuranza.

Già l'opportunità di creare maggiore chiarezza suggerisce di rinunciare al disciplinamento particolare previsto dall'articolo 134, ricorrendo invece all' articolo 123 sulle lesioni semplici.

Affinchè la protezione sia equivalente a quella attuale (perseguimento d'ufficio), l'articolo 123 è stato completato (cfr. n. 213.2) con una nuova fattispecie qualificata (n. 2 cpv. 3). Per quanto concerne le lesioni gravi, la protezione dei fanciulli è come finora assicurata dall'articolo 122 che, contrariamente all'articolo 123, è poziore al vigente articolo 134.

Per quanto concerne l'esposizione a un pericolo grave ai sensi dell'articolo 134, il Tribunale federale ha posto esigenze tali (DTF 98 IV 186) da far perdere a questa nozione ogni importanza pratica. Nella maggior parte dei casi è d'altronde estremamente difficile provare che l'autore sia stato cosciente del pericolo ed ancora più difficile provare che egli l'abbia voluto. È dunque opportuno sopprimere questa fattispecie, per lo meno nella sua forma attuale.

Vi proponiamo invece di sostituirla con una soluzione più efficace, facendo ricorso in primo luogo al nuovo articolo 126 capoverso 2 (cfr. n. 213.5) che prevede il perseguimento d'ufficio quando le vie di fatto vengono commesse in modo reiterato, segnatamente contro fanciulli. Nella maggior parte dei casi, mezzi correttivi di questo genere possono senz'altro mettere in pericolo 10 sviluppo intellettuale del fanciullo. In secondo luogo, proponiamo di riformulare il disposto dell'articolo 219, il quale concerne parimenti un'esposizione a pericolo, in modo da ovviare alle difficoltà d'applicazione dell'attuale articolo 134 (cfr. n. 215.7). In questo contesto va
poi richiamato quanto detto a proposito dell'articolo 127 concernente l'abbandono (cfr. n. 214.1).

La soppressione dei capoversi 2 e 3 del numero 1 dell'articolo 134 si giustifica già per il fatto che essi reprimono un tipico reato aggravato dall'evento, 11 che contravviene al principio della colpevolezza (cfr. n. 213.1).

La situazione è invece diversa per il numero 2 dell'attuale articolo 134, il quale impone al giudice di segnalare alle autorità di tutela ogni atto punibile ai sensi del numero 1, affinchè prendano le misure necessarie per la protezione del fanciullo. Questo disposto verrà sostituito dagli articoli 358bis e 358ter, perlomeno equivalenti (cfr. n. 216.1 e 216.2).

La proposta di abrogare l'articolo 134 ha sollevato vasti consensi nel corso della procedura di consultazione, anche se nella maggior parte dei casi con la riserva che le nuove disposizioni sostitutive (art. 123 n. 2 cpv. 3, art. 126 cpv. 2 e art. 219) vengano effettivamente adottate. Una piccola minoranza vi si è tuttavia opposta, facendo valere l'insufficienza delle disposizioni sosti935

tutive tanto dal punto di vista sostanziale quanto per il loro effetto psicologico o di prevenzione generale. Abbiamo già risposto a queste obiezioni nei commenti relativi alle summenzionate disposizioni sostitutive (cfr. n. 213.1 e 215.7). Teniamo nondimeno a sottolineare che gli articoli destinati a sostituire l'attuale articolo 134 consentono una migliore protezione del fanciullo dai maltrattamenti e dall'esposizione a pericolo poiché definiscono in modo più chiaro ed in parte meno restrittivo i presupposti per l'intervento penale.

214.8

Abuso delle forze di lavoro dei facìulli e delle persone dipendenti (art. 135 del diritto vigente: abrogazione)

Come l'articolo 134, anche l'articolo 135 deve essere interamente abrogato.

Secondo il primo capoverso del numero 1, è punibile chi «per egoismo o malvagità sottopone ad eccessiva fatica le forze fisiche o mentali dei propri figli minorenni, o quelle di minorenni o di donne o di persone deboli di corpo e di mente da lui dipendenti in qualità di impiegati, operai, apprendisti, domestici, allievi o di affidati alle sue cure, in guisa da recar danno o grave pericolo alla loro salute». Anche in questo caso non sono dunque le modalità del comportamento incriminato, d'altronde descritte in modo piuttosto complicato, ad essere decisive., ma piuttosto il fatto che la vittima abbia subito un danno o corso un grave pericolo per la propria salute. Quanto abbiamo detto a proposito della soppressione dell'articolo 134 (cfr. n. 214.7) vale per analogia anche nei confronti dell'articolo 135, quando la vittima sia il figlio del colpevole oppure sia stata affidata alla sua cura o alla sua custodia per altri motivi. Ogni danno o esposizione a pericolo è ora sanzionata in modo più chiaro dalle nuove disposizioni degli articoli 123 numero 2 capoverso 3 e 219. Rispetto all'attuale articolo 135, queste offrono una protezione certamente più efficace per le vittime suindicate; la punizione del colpevole non dipende infatti dal suo «egoismo» o dalla sua «malvagità».

Rispetto agli abusi nei confronti dei dipendenti, l'articolo 135 appare poi superato. La protezione dei lavoratori è attualmente disciplinata innanzitutto dal diritto pubblico del lavoro. L'articolo 62 capoverso 1 della legge federale sul lavoro (RS 822.11) riserva d'altronde espressamente le disposizioni del Codice penale quando le cattive condizioni di lavoro hanno causato danni alla salute a tenore degli articoli 122 segg. CP. L'assimilazione discriminatoria delle donne ai lavoratori minorenni, oppure deboli di corpo o di mente, non corrisponde più ai nostri tempi. Bisogna infine costatare che questa disposizione ha sempre avuto una portata pratica estremamente ridotta.

Per quanto concerne la soppressione del numero 1 capoversi 2 e 3 e del numero 2 dell'articolo 135 richiamiamo quanto detto a proposito del numero 1 capoversi 2 e 3 e del numero 2 dell'articolo 134 (cfr. n. 214.7), visto che si tratta di disposizioni del tutto simili.

Nel corso della procedura di consultazione l'abrogazione dell'articolo 135 ha sollevato ancora meno opposizioni di quelle manifestate a proposito dell' articolo 134.

936

214.9

Rappresentazione di atti di cruda violenza (art. 135 [nuovo])

II nuovo articolo 135 costituisce una novità per il nostro Codice penale: esso punisce con la detenzione o con la multa la fabbricazione o qualsivoglia forma di trasmissione, di pubblicazione o di diffusione di scene particolarmente violente, come pure una serie di atti preparatori.

La definizione degli elementi costitutivi riguardanti i mezzi utilizzati (massmedia o altri supporti) e il comportamento punibile corrisponde testualmente a quella utilizzata nel nuovo articolo sulla pornografia (art. 197), al quale rinviamo (cfr. n. 232.41). Queste due disposizioni differiscono dunque solo per la natura delle rappresentazioni punibili: in un caso si tratta della pornografia, nell'altro della brutalità. Il nuovo articolo 135 richiede conseguentemente qualche spiegazione solo per quanto attiene alla natura delle rappresentazioni che intende proibire. Queste sono definite dal testo di legge come «rappresentazioni mostranti con insistenza atti di cruda violenza verso uomini o animali e privi di valore culturale o scientifico degno di protezione». Questa formulazione esplica l'idea centrale che ha ispirato l'introduzione della nuova fattispecie: esattamente come per la pornografia, le rappresentazioni di atti brutali possono urtare profondamente il senso morale o, ciò che è più grave, influenzare il comportamento, in particolare dei giovani, in modo nefasto tanto per questi che per la società. Vi è da temere che simili rappresentazioni possano incitare ad un comportamento grossolanamente brutale verso gli altri esseri umani. Ciò non può essere tollerato, tanto più che numerose disposizioni penali proibiscono di ricorrere alla violenza.

Quanto precede lascia intuire che non tutte le rappresentazioni di atti di violenza sono passibili di pena, ma soltanto quelle che possono provocare negli osservatori gli effetti negativi summenzionati. La repressione deve quindi essere limitata alla raffigurazione della violenza nelle sue forme estreme, cioè della brutalità nell'accezione stretta del termine. Il richiamo al termine «crudeltà» (atti di «cruda» violenza) presente in altre disposizioni del Codice penale (cfr. art. 139 n. 3 e 195 cpv. 3; rispettivamente art. 189 e 190 del disegno; vedi n. 232.21 e 232.22) ci sembra perfettamente indicato.

Un atto è di cruda violenza se nella realtà causerebbe alla vittima
sofferenze particolarmente intense, sia fisiche che morali. Molto spesso queste sofferenze non sono causate dall'intensità di un unico atto di violenza, ma dal modo in cui la violenza è esercitata, dalla sua durata o dalla sua ripetizione.

Ciò presuppone inoltre che l'autore sia alieno da qualsiasi forma di emozione umana. L'insistenza, altra caratteristica della rappresentazione illecita, richiede che questa sia destinata a rimanere impressa nella coscienza dell' osservatore. La rappresentazione non deve però essere necessariamente lunga o reiterata: una rappresentazione unica, se intensa, può parimenti soddisfare alle condizioni della legge.

Dette rappresentazioni devono d'altra parte essere prive di valore culturale o scientifico. Soltanto in questi casi comportano intatti quel potenziale pericolo -- perlomeno rispetto all'osservatore adulto -- che giustifica la repres937

sione penale. Sono prive di valore culturale le rappresentazioni che illustrano atti di cruda violenza a mero scopo di svago o di divertimento. Non devono essere confuse con i documentari o le opere artistiche il cui scopo è di illustrare, in modo da prevenire, le conseguenze della violenza individuale o collettiva e di suscitare o rafforzare il senso critico dell'osservatore. Quando la rappresentazione della violenza rimane in questo contesto, senza cioè né glorificarla né minimizzarla, si può dire ch'essa riveste valore culturale.

Affinchè abbia valore scientifico, la rappresentazione della violenza dev' essere indispensabile all'insegnamento o alla ricerca.

La rappresentazione di atti di cruda violenza su animali -- ai sensi dell' articolo 2 della legge sulla protezione degli animali (RS 455) -- è suscettibile di pena come quella che illustra atti di cruda violenza su esseri umani.

Queste due forme di rappresentazione della violenza possono infatti incitare a un comportamento brutale verso altri esseri umani. La disposizione reprime dunque anche la rappresentazione degli atti di violenza sugli animali per meglio proteggere l'essere umano, di modo che la nuova disposizione non concorre con quella dell'articolo 27 della legge sulla protezione degli animali.

È ormai assodato che le rappresentazioni brutali possono avere, particolarmente sui giovani, un effetto perlomeno nefasto quanto quello della pornografia. Il nuovo articolo 135 corrisponde dunque certamente a un bisogno che era da lungo tempo latente. Era tuttavia diffilcile trovare una formulazione e una limitazione idonee e principalmente per questo si è rinunciato finora a una pertinente norma penale. La necessità di un intervento si è fatta particolarmente sentire in questi ultimi tre o quattro anni, nei quali l'abitudine di guardare in privato pellicole registrate su videocassette si è rapidamente e ampiamente diffusa. Le videocassette con scene brutali hanno un mercato sempre più vasto e, fatto particolarmente inquietante, i giovani ne sono tutt'altro che esclusi. Anche se gli attuali articoli 204 (pubblicazioni oscene) e 212 CP (traviamento dei minorenni mediante scritti o immagini immorali) permettono già d'intervenire penalmente quando simili prodotti contengono scene brutali associate a pornografia punibile, la repressione delle
mere rappresentazioni di cruda violenza si limita a quei Cantoni che puniscono a titolo di contravvenzione di polizia la diffusione di scritti, film, ecc., degeneri.

L'opinione pubblica ha subito manifestato il desiderio di vedere rapidamente colmata questa lacuna della legge. Vari interventi parlamentari, di ogni tendenza politica, sono stati depositati presso le vostre Camere (interrogazione ordinaria Oester del 20 settembre 1982; mozione Zbinden del 30 novembre 1982; mozione Guntern del 14 dicembre 1982 e postulato Jaggi del 16 dicembre 1982).

Secondo il numero 1 capoverso 2, le rappresentazioni di atti di cruda violenza devono essere confiscate dal giudice senza bisogno di provare, conformemente all'articolo 58 CP, che simili prodotti compromettano la sicurezza personale, la morale o l'ordine pubblico. Lo stesso disciplinamento è peraltro previsto per la confisca delle rappresentazioni di pornografia «dura» (cfr.

n. 232.41).

938

Se il colpevole ha agito per fine di lucro, il giudice dovrà infliggere, oltre alla pena della detezione, anche la multa. Proponiamo questa norma speciale perché l'articolo 50 CP prevede semplicemente la facoltà per il giudice di cumulare la multa con la pena privativa della libertà.

Riteniamo che l'avamprogetto presentato dalla commissione peritale non contenga nessuna disposizione che consenta, senza ombra di dubbio, di reprimere come reato a sé stante la rappresentazione della violenza brutale.

Non possiamo infatti condividere pienamente il parere secondo cui l'articolo 204 numero 4 dell'avamprogetto, relativo alla pornografia dura, coprirebbe anche i meri atti di cruda violenza8'. Anche la procedura di consultazione ha rilevato che in generale questo articolo non è stato interpretato in tale senso. Numerosi partecipanti hanno pertanto chiesto l'introduzione di una disposizione supplementare specificatamente rivolta alla repressione delle rappresentazioni di atti violenti.

È stata effettuata un'ampia ricerca di diritto comparato, che non ha però dato grandi risultati. Tra tutti i Paesi d'Europa oggetto dell'inchiesta, soltanto la Repubblica federale di Germania e la Svezia prevedono norme che reprimono in modo generale la diffusione di certe scene violente. La Repubblica federale di Germania si accinge a render più severo l'attuale disciplinamento, che si è rivelato troppo poco efficace a causa del carattere vago di certe definizioni. La Francia, la Gran Bretagna e l'Italia prevedono solo disposizioni volte a proteggere la gioventù, mentre l'Austria, il Belgio e i Paesi Bassi si limitano a prevedere la repressione penale quando le rappresentazioni della violenza sono combinate con la pornografia.

Lo studio della sistematica del libro secondo del Codice penale mostra chiaramente che, tra i suoi 19 titoli, soltanto il primo (reati contro la vita e l'integrità della persona) o il dodicesimo (reati contro la tranquillità pubblica) possono essere seriamente presi in considerazione per integrarvi il nuovo articolo. Siamo finalmente giunti alla conclusione di inserirlo nel titolo primo, tra i reati concernenti la «esposizione a pericolo della vita o salute altrui» (4° sottotitolo), dato che il motivo principale della repressione di scene violente consiste nel possibile effetto che queste possono
produrre su certi spettatori, rendendoli propensi alla violenza verso terzi o, per lo meno, favorendo l'indifferenza generale verso gli atti violenti. Ciò non è altro che un'esposizione a pericolo astratto della vita e dell'integrità personale altrui.

214.10

Somministrazione a fanciulli di sostanze pericolose per la salute (art. 136)

L'attuale articolo 136 punisce con l'arresto o con la multa chi somministra, fa somministrare o permette che siano somministrate ad un fanciullo minore degli anni 16 bevande alcooliche che, per la loro qualità o quantità, sono di danno o di pericolo alla sua salute. Proponiamo di modificare questo testo in tre punti essenziali, tutti diretti verso un rafforzamento della repressione. Verrà così ad aggiungersi un elemento supplementare nella protezione della gioventù, il cui miglioramento è uno degli scopi principali di questo progetto.

939

Finora era punibile solo il fatto di procurare sostanze alcooliche a un fanciullo. La nuova disposizione vi include invece anche altre sostanze nocive alla salute, come per esempio gli stupefacenti ai sensi dell'articolo 1 della legge federale sugli stupefacenti (RS 812.121.)

Con il termine «altre sostanze» intendiamo comprendere anche le medicine fornite senza ricetta medica e il tabacco. Come è attualmente il caso per l'alcool, il fatto di procurare queste sostanze a fanciulli sarà punibile solo se le quantità fornite possono effettivamente mettere in pericolo la loro salute.

Abbiamo reintrodotto questa precisazione nel testo legale tenendo conto di un desiderio espresso da varie parti nel corso della procedura di consultazione.

Il fatto di mettere a disposizione di fanciulli sostanze stupefacenti, anche in quantità minime, deve comunque essere punito. La legge contiene dunque la presunzione irrefragabile che la droga è pericolosa per i fanciulli, indipendentemente dalla quantità consumata. Ci si scosta così deliberatamente dall' articolo 19b della legge sugli stupefacenti, secondo cui chi rende possibile a terzi il simultaneo consumo in comune di stupefacenti forniti gratuitamente non è punibile se si tratta di esigua quantità. È evidente che l'articolo 136 CP è poziore rispetto a quest'ultima disposizione. L'articolo 196 della legge sugli stupefacenti resta dunque applicabile solo a chi ha fornito gratuitamente tali sostanze a persone di più di 16 anni. Nell'elaborare questo disciplinamento, la commissione peritale aveva già rilevato che la gioventù accede alla droga sempre più presto. Nel frattempo la realtà non è purtroppo sostanzialmente mutata.

Secondo l'attuale articolo 136, come d'altronde anche secondo i vigenti articoli 134 e 135, determinante per la punibilità non è l'azione in quanto tale, ma piuttosto il fatto ch'essa sia stata nefasta o perlomeno concretamente pericolosa per la salute del fanciullo. Finora si doveva quindi sempre provare che vi era intenzione del colpevole anche su questo punto. Questa prova non sarà più necessaria con il nuovo articolo 136 ed è appunto questa la seconda importante innovazione proposta dal disegno di legge. Il reato è commesso già per il solo fatto di procurare sostanze pericolose in quantità atte a mettere in pericolo la salute. Di conseguenza,
siamo ora in presenza di un reato di esposizione a pericolo astratto. I danni effettivamente causati alla salute da un simile comportamento saranno costitutivi del reato concernente le lesioni personali, soluzione questa certamente più adeguata.

La terza importante modifica trasforma questa contravvenzione in delitto, visto che la pena edittale sarà la detenzione o la multa. Questa maggiore severità non richiede commenti particolari se si pensa ai gravi pericoli cui vanno incontro i fanciulli cui vengono deliberatamente messe a disposizione sostanze stupefacenti.

Per quanto concerne il l'mite d'età della protezione penale, ci atteniamo al diritto attualmente vigente. Contro siffatti pericoli, i fanciulli meritano infatti di essere protetti fino ai 16 anni compiuti. Questa età limite corrisponde d'altronde a quella fissata per altri settori, segnatamente nell'ambito dell' articolo 187 del nostro disegno. Si sa che la commissione peritale aveva pro940

posto di abbassare questa età a 14 anni, tanto per l'articolo 136 quanto per l'articolo 187, ma questa soluzione ha suscitato vive critiche da parte di numerosi partecipanti alla procedura di consultazione.

Gran parte degli enti consultati, pur approvando la proposta di reprimere la consegna di droga a fanciulli, auspica che questo disciplinamento sia inserito nella legge federale sugli stupefacenti e non del Codice penale. Questa proposta presenta il vantaggio che tutti i reati concernenti gli stupefacenti sarebbero trattati da una stessa legge. Vi sottoscriveremmo senz'altro se non vi fosse l'articolo 136 CP: il fatto stesso della sua esistenza indica che è opportuno raggruppare in un'unica disposizione tutte le sostanze pericolose per la salute dei fanciulli. Questa soluzione è d'altronde più semplice dal punto di vista della procedura legislativa perché si evita in tal modo di sottoporre ad una revisione parziale anche la legge sugli stupefacenti.

A parte le obiezioni che abbiamo appena commentato, e che sono peraltro settoriali, la disposizione proposta ha suscitato vasti consensi nel corso della procedura di consultazione.

215 215.1

Reati contro la famìglia Incesto (art. 213)

Le quattro modifiche proposte nell'ambito dell'articolo 213, concernente l'incesto, non sono fondamentali: la congiunzione carnale fra ascendenti e discendenti e tra fratelli e sorelle rimane punibile.

Una prima modifica riguarda il titolo marginale nella versione tedesca: il termine «Inzest» risponde meglio al linguaggio moderno di quello di «Blutschande», ormai desueto. Proponiamo pertanto di sostituirlo, anche se così facendo viene introdotta un'altra parola d'origine straniera nella terminologia tedesca.

Anche la sanzione edittale subisce una modifica. L'incesto non sarà più punito con la reclusione sino a 3 anni o con la detenzione non inferiore ad un mese, ma con la detenzione. Da crimine, il reato diventa dunque un delitto. Questa attenuazione, in sé modesta, trova una prima giustificazione nella costatazione che la proposta, formulata dalla commissione peritale, di depenalizzare l'incesto commesso tra persone di più di 18 anni ha riscontrato numerosi consensi nel corso della procedura di consultazione. Inoltre, quanto abbiamo già detto a proposito dell'analoga modifica relativa all' articolo 116 (cfr. n. 212.4) vale anche per l'incesto: non ha più senso prevedere una pena massima di 3 anni di reclusione dopo che la revisione parziale del 1971 ha eliminato ogni differenza nell'esecuzione delle pene di reclusione e di detenzione. Quanto al minimo di pena, la tendenza generale è oggi quella di farne a meno in tutti i casi dove ciò sia possibile. Bisogna poi segnalare che le relazioni incestuose con fanciulli minori di 16 anni possono configurare un concorso ideale con il reato dell'articolo 187 del disegno (atti sessuali con fanciulli), che prevede una pena ben più severa (re941

clusione fino a 5 anni o detenzione; cfr. n. 232.11). In simili casi sarà dunque possibile pronunciare una pena fino ai sette anni e mezzo di reclusione.

Anche così, la pena risulta tuttavia nettamente più mite di quella prevista dall'attuale articolo 191 numero 1 capoverso 2 (atti di libidine su fanciulli), cioè la reclusione da 2 a 20 anni. Tale ragione basta già a giustificare che si rinunci a reprimere con pene aggravate le relazioni incestuose con minorenni di più di sedici anni. Bisógna dunque abrogare l'attuale capoverso 2 dell'articolo 213. Va poi rilevato che le relazioni incestuose possono entrare in concorso ideale con l'articolo 188 del disegno (atti sessuali con persone dipendenti), nella misura in cui l'incesto con il minorenne sia stato realizzato sfruttando la dipendenza di quest'ultimo. Secondo l'ultimo periodo dell'articolo 68 numero 1, in simili casi potrà essere pronunciata tutt'al più una pena di 3 anni di detenzione, dato che tanto l'articolo 213 del disegno (incesto) quanto il nuovo articolo 188 prevedono esclusivamente la pena della detenzione.

D'altra parte, non si vede per quale ragione bisognerebbe lasciare impuniti i minorenni soltanto se sono stati sedotti da un adulto, come prevede il diritto vigente. Può infatti succedere che un giovane sia sedotto dalla sorella o dal fratello maggiore di qualche anno, ma pur sempre minorenne. Logicamente, anche in questo caso le persone sedotte dovrebbero rimanere impunite.

L'avamprogetto della commissione peritale prevedeva una drastica depenalizzazione. La disposizione ivi proposta si limitava a punire con la detenzione la congiunzione carnale con un discendente di età tra i 14 e i 18 anni. L'incesto commesso su un fanciullo minore di 14 anni sarebbe così stato punito dal nuovo articolo 187 relativo agli atti sessuali con fanciulli minori di 14 anni (età limite da noi portata fino ai 16 anni compiuti). Le relazioni incestuose tra adulti consenzienti sarebbero rimaste totalmente impunite, come d'altronde anche quelle tra fratelli e sorelle a partire dai 14 anni, nella misura in cui non sarebbe stato applicabile l'articolo 188 dell'avamprogetto, relativo agli atti sessuali con persone dipendenti.

La commissione peritale aveva motivato queste proposte adducendo essenzialmente che non è provato che l'incesto possa portare a danni
eugenetici.

Le turbe che possono colpire i bambini nati da questo tipo di relazione non sarebbero la conseguenza dell'incesto, ma piuttosto dell'ambiente familiare particolarmente turbato. Questo ragionamento è stato mal recepito nel corso della procedura di consultazione. Non si è infatti capito che la commissione voleva semplicemente dire che l'incesto in quanto tale non causa necessariamente danni eugenetici; con ciò essa non intendeva però contestare che un gran numero di bambini nati da relazioni incestuose soffrono di disturbi genetici. Essa non affermava poi che non si sono mai costatate lesioni psichiche presso giovani incestuosi, bensì presso giovani incestuosi maggiori di 18 anni.

Sempre secondo la commissione, l'incesto non è di solito la causa principale dello squilibrio di una famiglia, ma piuttosto un suo effetto in quanto generalmente si verifica in un ambiente familiare già turbato. Gli esperti ritengono che le azioni penali avviate in seguito a tali atti possono essere estremamente nefaste per la famiglia in questione. La nuova disposizione dovrebbe quindi unicamente servire alla protezione degli adolescenti e assicurare loro un'atmosfera familiare in cui possano sentirsi assistiti, sostenuti -ed aiutati. La 942

famiglia non è più in grado di svolgere questa funzione quando i genitori o i nonni hanno relazioni sessuali con i loro discendenti: il ruolo d'educatore e quello di compagno sessuale non sono compatibili.

Questi ragionamenti sono stati aspramente criticati dai partecipanti alla procedura di consultazione e dall'opinione pubblica. Come detto, le argomentazioni dei periti quanto al rischio di danni eugenetici consecutivi a relazioni incestuose hanno trovato ben poca comprensione. Molti dubbi sono poi stati espressi circa la capacità dei giovani di più di 18 anni di resistere agli atti di seduzione da parte di ascendenti. Anzi, i discendenti adulti, particolarmente le figlie, correrebbero spesso il rischio di dover subire l'atto sessuale a causa del rapporto di dipendenza familiare. Si è poi sottolineato che l'incesto non va condannato solo per i danni psichici ch'esso può causare alle persone in causa, ma piuttosto per il fatto ch'esso mette in questione la famiglia in quanto istituzione. Secondo i partecipanti alla consultazione, le relazioni incestuose tra persone di ogni età possono perturbare profondamente la pace della famiglia. Per proteggerla, ma anche per considerazioni d'ordine morale, l'incesto deve rimaner punibile. Ciò corrisponderebbe d'altronde a una concezione sana e largamente diffusa nella popolazione, della quale bisogna tener conto: la proibizione dell'incesto ha una lunga tradizione e radici profonde nella coscienza popolare. Numerosi enti consultati sottolineano poi l'effetto preventivo dell'incriminazione, effetto che l'alto numero di incesti rimasti impuniti non basterebbe a mettere in questione.

Come detto più sopra, abbiamo tenuto conto dell'opinione negativa espressa con schiacciante maggioranza dai partecipanti alla procedura di consultazione. Le modifiche da noi proposte per l'articolo 213 -- segnatamente l'attenuazione della sanzione e la soppressione delle pene aggravate per l'incesto commesso con giovani dai 16 ai 20 anni -- hanno invece riscontrato ampi consensi nel corso della consultazione.

215.2

Adulterio (art. 214: abrogazione)

L'articolo 214 CP è contestato da tempo. Esso prevede che il coniuge che commette adulterio ed il suo complice sono puniti, a querela del coniuge offeso, con la detenzione fino ad un anno o con la multa, se per questa ragione è stato pronunciato il divorzio o la separazione. È dubbio che questa disposizione abbia qualche utilità sul piano della politica criminale; dal punto di vista sia della prevenzione generale sia di quella speciale non vi sono argomenti che parlino in favore di questo disciplinamento. Le statistiche giudiziarie indicano che in questi ultimi anni l'articolo 214 è stato raramente applicato. Inoltre, questa incriminazione può diventare per il coniuge offeso uno strumento di vendetta non facilmente giustificabile. Le concezioni attuali non ammettono più l'intervento penale in simili casi. Le disposizioni del diritto civile sulla separazione e il divorzio, nonché i loro effetti accessori, sono sufficienti per permettere al coniuge tradito d'ottenere riparazione.

943

La proposta fatta dalla commissione peritale di abrogare questa fattispecie ha d'altronde trovato unanime consenso nel corso della procedura di consultazione.

215.3

Bigamia (art. 215)

Secondo l'attuale articolo 215, chi contrae matrimonio essendo già coniugato è punito con la reclusione sino a 5 anni o con la detenzione non inferiore a 3 mesi. La persona libera che scientemente contrae matrimonio con una persona coniugata è passibile di una pena meno severa poiché personalmente non viola alcun dovere di fedeltà; è pertanto passibile «solo» della reclusione fino a 3 anni o della detenzione.

Entrambe le modifiche sostanziali da noi proposte concernono le sanzioni previste. Intendiamo innanzitutto sopprimere la distinzione fatta dalla legge tra l'autore coniugato e quello non coniugato. La persona coniugata che contrae un nuovo matrimonio non commette necessariamente una colpa più grave del suo partner ancora libero. Ed anche se ciò fosse il caso, sarebbe sempre possibile tenerne conto nella commisurazione della pena. La seconda modifica proposta è volta a derubricare la bigamia da crimine a delitto, prevedendo ormai per tale reato solo la pena della detenzione. Se da un canto la monogamia deve pur sempre essere protetta in quanto costituisce una delle basi della nostra società e della nostra cultura, d'altro canto la sanzione che colpisce la sua trasgressione non sembra oggi più giustificata. Per quanto concerne gli altri motivi che parlano in favore della soppressione di pene di reclusione fino a 3 anni o di pene detentive d'almeno 3 mesi, rinviamo ai commenti già fatti in questo messaggio (cfr. n. 212.4, 214.1 e 215.1).

Poiché il colpevole non coniugato è d'ora in poi equiparato a quello coniugato, i due capoversi dell'attuale articolo 215 possono essere raggruppati in un unico disposto. Ciò permette di semplificare la definizione degli elementi costitutivi del vigente capoverso 2, senza per altro modificarne la sostanza.

Può senz'altro essere eliminata la precisazione secondo cui «la persona libera, che scientemente contrae matrimonio con una persona coniugata» sarà punita. È infatti inutile definire espressamente come «libera» la persona del colpevole: se non lo fosse, il suo caso sarebbe comunque disciplinato dalla prima parte della disposizione, indipendentemente dal fatto che si unisca in matrimonio con una persona già coniugata o no.

È inoltre opportuno sopprimere l'avverbio «scientemente». In quanto sinonimo di «intenzionalmente» esso è superfluo visto che secondo la
parte generale del codice è comunque necessario che l'intenzione del colpevole concerna tutti gli elementi costitutivi del reato e pertanto anche il fatto che il futuro consorte è in realtà già coniugato. Il termine «scientemente» potrebbe però essere interpretato come esplicita esigenza del dolo diretto, ad esclusione di quello eventuale -- come è per esempio il caso nell'attuale articolo 129 (esposizione a pericolo della vita altrui; cfr. n. 214.3) --, ma nella fattispecie non vi è alcun motivo che giustifichi simile esclusione.

944

Le modifiche commentate qui sopra sono state essenzialmente riprese dall' avamprogetto della commissione peritale. Esse sono state approvate quasi senza eccezioni nel corso della procedura di consultazione. La riduzione della pena edittale ha nondimeno sollevato qualche critica; ne abbiamo in parte tenuto conto anche se tale non è l'opinione della maggioranza: mentre l'avamprogetto prevedeva la possibilità di pronunciare anche solo la multa, la sanzione da noi proposta è unicamente la detenzione. La sola sanzione della multa è infatti troppo mite per questo delitto, soprattutto quando i colpevoli dispongono di importanti mezzi finanziari.

Riteniamo invece inutile precisare che il reato può essere realizzato solo da chi è coniugato «secondo il diritto svizzero». Questa precisazione, proposta da un ente consultato, vorrebbe escludere la repressione nei casi in cui la Svizzera permette il divorzio ed il successivo matrimonio di stranieri, anche se, secondo il diritto del Paese d'origine di uno dei coniugi, il divorzio non è riconosciuto e di conseguenza il matrimonio precedente resta valido. Proprio perché il diritto civile svizzero riconosce la validità del divorzio e del successivo matrimonio simili casi non configurano un atto punibile ai sensi dell' articolo 215 CP. D'altro canto, non si vuole circoscrivere il reato unicamente ai casi in cui il matrimonio precedente sia stato contratto in Svizzera, interpretazione alla quale si sarebbe potuti giungere partendo dalla formulazione proposta. La bigamia resta punibile anche se il matrimonio è stato celebrato all'estero ed è riconosciuto dal diritto svizzero. Secondo le regole del diritto internazionale privato, la forma e la validità del matrimonio sono in generale rette dal diritto del luogo dove esso vien celebrato. Ciò significa anche che chi ha validamente contratto più matrimoni all'estero non è punibile ai sensi dell' articolo 215 del nostro Codice penale. Questa disposizione gli proibisce nondimeno di concludere un ulteriore matrimonio in Svizzera.

215.4

Soppressione e alterazione dello stato civile (art. 216: abrogazione)

L'articolo 216 punisce con la detenzione e, in casi gravi, con la reclusione sino a 5 anni chi sopprime o falsifica lo stato civile di una persona, specialmente mediante supposizione o sostituzione di un infante. Questa fattispecie legale non ci sembra più indispensabile: in molti casi il comportamento incriminato è comunque represso dagli articoli 253 (conseguimento fraudolento di una falsa attestazione) e 254 (soppressione di documenti) ed eventualmente anche dall'articolo 317 (falsità) poiché presuppone spesso la falsificazione di un registro. È d'altronde solo a partire da questo momento che simili atti diventano realmente degni di pena. Resterebbero a dire il vero esclusi dalla repressione penale i casi in cui il neonato sia stato abbandonato o scambiato.

Ma questi casi sono da un canto estremamente rari e d'altro canto sarebbero puniti dai nuovi articoli 219 (violazione dei doveri di assistenza o di educazione) o 127 (abbandono) quando la vita del neonato sia stata esposta a pericolo.

Anche la commissione peritale aveva ritenuto opportuno abrogare l'articolo 945

216 e questa sua proposta ha raccolto ampi consensi nel corso della procedura di consultazione. Alcuni specialisti del diritto civile hanno tuttavia formulato qualche riserva; il fatto che i casi di abbandono di un neonato siano estremamente rari e che, se il neonato dovesse soffrirne, essi sarebbero comunque punibili in virtù di altre disposizioni, non sembra loro un argomento sufficiente. Ritengono infatti che se vi è un bene giuridico da proteggere in modo particolare, questo è appunto il rapporto di filiazione che si stabilisce alla nascita nei confronti della madre e, se questa è coniugata, anche nei confronti del padre. Questo elemento capitale nel diritto di filiazione sarebbe rimesso in questione se la madre potesse impunemente sbarazzarsi del proprio neonato. Essi propongono pertanto di conservare l'attuale articolo 216, pur limitandolo alla soppressione dello stato civile e attenuandone la pena.

Per i motivi esposti più sopra riteniamo nondimeno opportuno mantenere la proposta di abrogazione.

215.5

Trascuranza dei doveri di mantenimento (art. 217)

La modifica dell'articolo 217 è soprattutto un adattamento, sia contenutistico che formale, al nuovo diritto di filiazione entrato in vigore il 1° gennaio 1978. La definizione del reato risulta così molto più semplice e concisa.

Il comportamento incriminato consiste come finora nella violazione di un dovere di mantenimento o di assistenza basato sul diritto di famiglia. La pena edittale resta la detenzione e il reato rimane perseguibile a querela di parte.

Mentre la legge vigente enumera espressamente le persone che hanno diritto agli alimenti o ai sussidi, la formulazione da noi proposta parla semplicemente di alimenti o sussidi imposti dal diritto di famiglia ed è sufficientemente esplicita. Si tratta di tutti gli obblighi che, conformemente al libro secondo del Codice civile (CC), derivano dal diritto di famiglia, quali i doveri di mantenimento verso il coniugo (art. 160, 161 e 192 cpv. 2 CC; rispettivamente art. 163 della legge federale del 5 ott. 1984 9>), verso il coniuge divorziato (art. 151 e 152 CC) e verso i figli (art. 276 CC), nonché gli obblighi pecuniari verso la madre nubile (art. 295 CC) e gli obblighi d'assistenza ai parenti (art. 328 e 329 CC). Non è invece compresa l'assistenza dovuta al coniuge nell'adempimento dei suoi obblighi verso i figli nati prima del matrimonio (art. 278 cpv. 2 CC). Poiché tutte queste disposizioni concernono in primo luogo obblighi di mantenimento, ci sembra opportuno modificare il titolo marginale che diventerà, conformemente all'attuale tenore della versione francese, «trascuranza dei doveri di mantenimento».

L'attuale capoverso 2 dell'articolo 217 numero 1 è diventato totalmente superfluo. Esso reprime la violazione degli obblighi pecuniari che, secondo il vecchio diritto civile, il padre di un figlio naturale aveva nei confronti di quest'ultimo e della madre. Il nuovo diritto di filiazione ha tuttavia soppresso questa «paternità tributaria» come pure la distinzione tra figlio legittimo e illegittimo. Quando la paternità è giuridicamente stabilita, anche il legame di filiazione tra padre e figlio è riconosciuto. L'obbligo d'assistenza 946

che deriva da questo legame esiste quindi già in virtù del diritto di famiglia ed è pertanto compreso nel nuovo ed unico capoverso del numero 1. Lo stesso dicasi per le pretese della madre nubile.

Anche le condizioni di punibilità sono state notevolmente modificate. Mentre oggi chi non presta gli alimenti o i sussidi deve agire per malvolere, oziosità o dissolutezza, la nuova disposizione prevede che il reato è realizzato semplicemente quando il colpevole aveva o avrebbe potuto avere i mezzi per adempiere i propri obblighi. Diventa così punibile anche chi, pur essendo sprovvisto dei mezzi necessari, non profitta delle occasioni di guadagno che gli vengono offerte e che potrebbe accettare. Tale modifica degli elementi costitutivi del reato è in fin dei conti un mero adattamento all'interpretazione sostenuta già da vari anni dal Tribunale federale, secondo il quale agisce per malvolere chi, senza valide ragioni, non paga mentre potrebbe farlo (cfr. DTF 73 IV 178). In pratica, solo un'assoluta impossibilità di conseguire i mezzi finanziari sufficienti è considerata valida ragione. Questa giurisprudenza ha di conseguenza svuotato di ogni senso la non assistenza dovuta a «oziosità» o a «dissolutezza».

L'ultima modifica concerne il numero 2, il. quale prevede attualmente che il diritto di sporgere querela spetta -- oltre che alle persone menzionate nell' articolo 28 CP -- anche alle autorità designate dal Cantone. D'ora in poi questo diritto competerà anche ai «servizi» autorizzati, cioè agli uffici pubblici e agli organismi privati che si occupano dell'esazione di simili crediti.

L'avamprogetto della commissione peritale non prevedeva una modifica tanto estesa dell'articolo 217. Va però precisato che la commissione peritale aveva gia lei suggerito la modifica delle condizioni di punibilità relative alla persona del colpevole nonché proposto di estendere agli organismi privati il diritto di sporgere querela. Per il resto, i periti intendevano sopprimere il riferimento al diritto di famiglia contenuto nel numero 1 capoverso 1 e mantenere il capoverso 2 dello stesso numero per quanto concerne l'inadempimento degli obblighi pecuniari verso la donna resa incinta fuori del matrimonio o verso un figlio naturale. Ritenevano infatti che questa disposizione fosse necessaria in quanto permetterebbe di reprimere
anche l'inesecuzione degli obblighi derivanti dalla paternità tributaria del vecchio diritto, obblighi che sussisteranno al più tardi fino al 1996. I civilisti sono tuttavia di altro parere: essi ritengono che questi obblighi possano semplicemente essere assimilati agli alimenti e ai sussidi dovuti in virtù del diritto di famiglia, il che rende superflua ogni regolamentazione transitoria. Così facendo si evita anche di mantenere nel Codice penale la nozione di figlio naturale, ormai abbandonata dal nuovo diritto di filiazione.

Rinunciando a questo secondo capoverso, viene poi giustamente negata protezione penale alle pretese basate su una semplice convenzione, caso che può verificarsi quando la madre nubile abbia rifiutato di rivelare l'identità del padre, impedendo così che la paternità sia giuridicamente accertata e che il rapporto di filiazione prenda origine. Simili pretese convenzionali non meritano più alcuna protezione penale poiché, in virtù del nuovo diritto civile, non esiste più, o non dovrebbe più esistere, nell'interesse stesso del bambino, una paternità puramente tributaria. Reprimendo penalmente l'inesecuzione 947

di questi obblighi si rischierebbe poi di violare il divieto costituzionale dell' arresto personale per debiti (art. 59 cpv. 3 Cost.).

Anche la proposta della commissione peritale di sopprimere il riferimento al diritto di famiglia contenuto nel numero 1 capoverso 1 avrebbe tra l'altro consentito di reprimere l'inesecuzione di doveri d'assistenza puramente convenzionali. Questa soluzione ci avrebbe ancor più avvicinati all'istituzione oggi abolita dell'arresto per debiti. Per tutte queste ragioni abbiamo ritenuto di dover considerevolmente modificare il testo proposto dall'avamprogetto della commissione peritale.

215.6

Abbandono d'una donna incinta (art. 218: abrogazione)

Secondo l'articolo 218, chi abbandona in condizioni difficili una donna non maritata che egli sa di aver resa incinta e che viene perciò a trovarsi in stato di angustia, è punito, a querela di parte, con la detenzione. Questa disposizione, formulata in modo poco felice e praticamente priva di portata pratica, dev'essere soppressa. Il suo contenuto è oltretutto discutibile in quanto reprime la violazione di un dovere morale d'estensione non ben definita.

Inoltre, la revisione del Codice civile ha notevolmente migliorato la situazione della madre nubile per quanto concerne le sue pretese finanziarie (cfr. art. 282, 283 e 295 CC), il che si ripercuote anche sul periodo della gravidanza. La donna nubile che rimane incinta non può più pertanto venire tanto facilmente a trovarsi in uno stato di angustia, anche se bisogna ammettere che l'articolo 218 CP non considera esclusivamente l'angustia economica.

La grande maggioranza dei partecipanti alla procedura di consultazione ha accolto favorevolmente questa proposta d'abrogazione.

215.7

Violazione del dovere di assistenza e di educazione (art. 219)

11 reato previsto dal vigente articolo 219 -- attualmente designato con il titolo marginale «violazione dei doveri dei genitori» -- può essere commesso solo dai genitori che si liberano di un loro figlio, abbandonandolo per lungo tempo alla cura di persone presso le quali essi sanno o devono presumere che è esposto a pericolo morale o fisico. Questo particolare caso di violazione dell'obbligo di educazione ha finora avuto una portata pratica estremamente limitata.

Proponiamo pertanto di sostituirlo con una nuova disposizione. Quest'ultima, a parte la stessa posizione nella sistematica del codice e la similitudine del suo titolo marginale, non ha molti punti in comune con la disposizione attuale. Essa intende infatti sostituire le fattispecie d'esposizione a pericolo previste specialmente dagli articoli 134 e 135, che saranno abrogati (cfr.

n. 214.7 e 214.8). Il nuovo reato consiste nel mancato rispetto di un qualsiasi dovere d'assistenza o d'educazione che una persona ha verso un mino948

renne. La cerchia dei possibili autori comprende dunque tutte le persone che hanno l'obbligo di assistere o di allevare un minorenne in virtù della legge, della loro funzione, della loro professione o di un contratto ovvero quelle che di fatto sono tenute a svolgere questo ruolo. Passibili di pena non sono dunque più soltanto i genitori, ma, per esempio, anche i maestri di scuola e i tutori. D'altro canto, la disposizione non intende proteggere esclusivamente le persone minori di 16 anni, ma tutti i giovani fino alla maggiore età.

È infatti durante tutto questo periodo che le persone incaricate della loro assistenza ed educazione hanno una responsabilità importante, specialmente per quanto concerne la formazione.

La violazione di questi doveri è punibile solo se ha effettivamente messo in pericolo lo sviluppo fisico o psichico del bambino o dell'adolescente. Si tratta dunque di un reato di esposizione a pericolo concreto. Senza questa restrizione, il campo d'applicazione della disposizione sarebbe oltremodo esteso, visto che diventerebbero punibili anche violazioni del tutto veniali.

Affinchè appaia necessaria dal punto di vista della politica criminale, la sanzione penale deve essere irrogata solo quando lo sviluppo fisico o psichico della vittima sia stato realmente messo in pericolo. D'altra parte, si è preferito rinunciare all'esigenza di un pericolo grave. L'esperienza fatta con i vigenti articoli 134 e 135 ha mostrato che questa restrizione ostacola notevolmente l'efficacia dell'intervento penale (cfr. n. 214.7 e 214.8). Per accrescerla, si propone di dichiarare punibile anche la violazione colposa; può infatti essere molto difficile provare che il colpevole ha agito intenzionalmente. Poiché in presenza di una vera e propria negligenza la colpa può essere minima, si è prevista la possibilità di pronunciare semplicemente la pena pecuniaria.

Salvo per quanto concerne il secondo capoverso, che abbiamo reso più chiaro, il nuovo tenore dell'articolo 219 corrisponde al testo dell'avamprogetto peritale. La maggioranza dei partecipanti alla procedura di consultazione lo hanno approvato. Solo alcuni hanno respinto il principio di questa incriminazione, ritenendo ch'essa non soddisfi l'esigenza di precisione derivante dal principio della legalità (art. 1 CP) e consenta pertanto un'ingerenza illimitata
dello Stato nel campo dell'educazione e dell'assistenza. Secondo loro, il diritto civile offre al riguardo sufficienti possibilità di intervento.

Altri hanno auspicato che la punibilità sia subordinata alla gravita della violazione e all'importanza de! pericolo corso. Abbiamo già esposto precedentemente le ragioni che parlano contro questa restrizione. D'altra parte, non è neppure necessario estendere la protezione penale agli adulti assistiti, come proposto da alcuni altri partecipanti. L'adulto assistito è generalmente in grado di difendersi da solo, per lo meno quando è capace di discernimento. Se ciò non fosse il caso, la persona in primo luogo responsabile dell'assistenza dell'incapace sarebbe un tutore che, com'è noto, sottosta alla sorveglianza dello Stato.

La commissione peritale aveva previsto d'aggiungere all'articolo 219 un nuovo capoverso 3 che avrebbe obbligato i magistrati penali a segnalare i reati di cui ai capoversi 1 e 2 alle autorità competenti, affinchè queste potessero adottare, se necessario, le misure appropriate alla protezione del minorenne.

63

Foglio federale. 68° anno. Voi. II

949

La commissione aveva pure proposto un quarto capoverso che avrebbe conferito alle persone tenute al segreto professionale o di ufficio (ai sensi degli art. 320 e 321 CP) il diritto di denunciare le violazioni del dovere d'assistenza o d'educazione alle autorità tutorie o di protezione della gioventù. In merito, proponiamo di estendere questi obblighi e diritti d'informazione anche ad altri reati e di ancorare questo disciplinamento nei due nuovi articoli 358bis e 358ter (cfr. n. 216.1 e 216.2).

215.8

Sottrazione dì minorenne (art. 220)

L'attuale articolo 220 punisce chi sottrae o si rifiuta di restituire un minorenne alla persona che esercita la potestà dei genitori o la tutela. Il tenore tedesco della disposizione è stato modificato nel senso che il verbo «vorenthält» è sostituito dall'espressione «sich weigert, sie ihm zurückzugeben», più conforme alle versioni francese e italiana. Così facendo non abbiamo semplicemente voluto coordinare i tre testi linguistici, ma introdurre una vera e propria modificazione sostanziale che restringe la portata degli elementi costitutivi. Infatti, secondo la giurisprudenza del Tribunale federale (cfr. DTF 99 IV 271 segg.), chi ospita e nutre un giovane in fuga, anche per poco tempo, è attualmente passibile di pena se si rifiuta di restituire il minorenne all'avente diritto. Facendo nostro il parere della commissione peritale, riteniamo che ciò sia eccessivo. A dipendenza delle circostanze, verrebbe infatti criminalizzato chi, per carità e compassione, accoglie per esempio un giovane fuggito da una famiglia perturbata o che, per altre ragioni, attraversa circostanze critiche. All'estremo, questa disposizione impedirebbe di prestare assistenza ad un giovane e obbligherebbe a lasciarlo sulla strada, mentre per esempio proprio il nuovo tenore dell'articolo precedente punisce con la-detenzione chi, venendo meno al proprio dovere d'assistenza, espone a pericolo lo sviluppo fisico e psichico di un minorenne.

È peraltro necessario tener conto degli interessi di chi, in virtù della legge, esercita l'autorità parentale o la tutela. È quindi giustificato garantirgli una protezione penale quando il rifiuto di restituire il minorenne si manifesti in un comportamento attivo paragonabile a una sottrazione. Per soddisfare a questa condizione, oltre ad offrire ospitalità, il colpevole deve esercitare sul minorenne un'influenza decisiva, in un'ultima analisi una violenza effettiva per trattenerlo. Chi rifiuta di restituire un minorenne ai genitori o al tutore manifesta in ogni caso chiaramente la propria consapevolezza e volontà di associarsi alla persistenza dell'illegalità della sottrazione.

Il testo francese ed italiano subiscono soltanto una modifica puramente redazionale: l'espressione «potestà dei genitori» («puissance paternelle») è sostituita con quella di «autorità parentale» («autorité parentale»),
onde ristabilire la concordanza con la terminologia adottata dal Codice civile.

La commissione peritale aveva previsto di limitare il campo d'applicazione di questa disposizione in modo più significativo di quanto qui proposto. Essa intendeva infatti procedere all'eliminazione pura e semplice dell'espressione 950

«si rifiuta di restituire», al fine di eliminare i problemi causati dall'interpretazione estensiva dell'espressione tedesca equivalente «vorenthalten». La commissione aveva inoltre proposto di introdurre un elemento di durata, soprattutto per evitare che i genitori divorziati si trovassero a dover rispondere davanti al giudice penale delle modalità d'esercizio del diritto di visita.

Ma l'obiettivo principale della commissione era di impedire che questa disposizione venisse utilizzata come mezzo di lotta nella procedura relativa alle misure protettive dell'unione coniugale o nella procedura di divorzio.

Per tale ragione, proponeva di limitare espressamente la cerchia dei possibili colpevoli alle persone che non esercitano più l'autorità parentale sul minorenne in questione. Secondo la commissione, era questo appunto il senso originario della disposizione. Queste due restrizioni hanno suscitato parecchie obiezioni nel corso della procedura di consultazione. L'opposizione è stata moderata per quanto concerne la limitazione della cerchia degli autori e la soppressione pura e semplice del verbo «vorenthalten»; le critiche sono invece state più numerose, ancorché non maggioritarie, quanto all'introduzione del criterio della durata.

Se abbiamo finalmente deciso di tenerne largamente conto è perché anche gli specialisti del diritto internazionale privato, particolarmente attenti ai problemi inerenti ai rapimenti di bambini all'estero, hanno espresso seri dubbi nei confronti della fattispecie restrittiva proposta dalla commissione peritale.

Le statistiche mostrano che, in realtà, l'articolo 220 CP è stato applicato quasi esclusivamente in questi ultimi anni a casi in cui erano implicati stranieri che sottraevano o tentavano di sottrarre i loro figli per condurli nel loro Paese d'origine, impedendo così l'esercizio dell'autorità parentale al titolare in Svizzera. Ciò conferma la necessità di mantenere nella sua forma attuale questa incriminazione, soprattutto in considerazione dell'effetto preventivo che essa certamente esercita in simili casi. Le modifiche proposte dalla commissione peritale avrebbero quasi completamente inibito questo effetto. Limitando la cerchia dei possibili autori alle persone non titolari dell'autorità parentale si rischierebbe infatti di lasciare impuniti proprio i casi di
sottrazione più frequenti. Una recente sentenza del Tribunale federale (cfr. DTF 110 IV 35) stabilisce chiaramente che una persona che esercita ancora l'autorità parentale assieme al proprio coniuge può rendersi colpevole di sottrazione di minorenne ai sensi dell'articolo 220 CP. Questa sentenza concerne un padre che, dopo avere esercitato il proprio diritto di visita, aveva rifiutato di restituire il bambino alla madre, dalla quale non era ancora divorziato, ma solo separato legalmente. Con tale comportamento egli aveva violato la decisione giudiziaria che affidava il bambino alla madre durante la procedura di divorzio e che accordava al padre unicamente un diritto di visita.

D'altra parte, anche l'introduzione del criterio della durata avrebbe sensibilmente ridotto l'efficacia di questa incriminazione. Spesso non sarebbe stato infatti più possibile intervenire abbastanza rapidamente contro il presunto colpevole poiché, nel momento decisivo, il sospetto che questi intenda sottrarre durevolmente il bambino non sarebbe ancora sufficiente. È per contro 951

essenziale intervenire prima che il colpevole abbia lasciato la Svizzera con il bambino. Infatti, una volta all'estero, è estremamente difficile farlo ritornare in Svizzera, foss'anche sfrattando tutte le possibilità offerte dall'assistenza giudiziaria internazionale.

Qualche raro partecipante alla procedura di consultazione ha chiesto che sia repressa penalmente anche la sottrazione in caso di «semplice» diritto di custodia. Ciò non è necessario in tutti i casi in cui il minorenne sia sottratto o non sia restituito a un istituto nel quale soggiorna con l'accordo del titolare dell'autorità parentale o tutoria. Secondo la giurisprudenza del Tribunale federale (DTF 99 IV 269 seg.), in simili casi rimane infatti applicabile l'articolo 220 CP. Se invece il minorenne si trova nell'istituto in virtù di una decisione presa dal tribunale dei minorenni, né l'articolo 220 né l'articolo 305 PC concernente il favoreggiamento sono applicabili. Alcuni partecipanti alla procedura di consultazione hanno pertanto chiesto che l'articolo 305 CP sia modificato in conseguenza. Una simile modifica esulerebbe però dal quadro della presente revisione. L'articolo 305 CP intende proteggere l'amministrazione della giustizia, mentre l'articolo 220 CP protegge i diritti di chi esercita l'autorità parentale o tutoria.

Rileviamo da ultimo che non riteniamo necessario proteggere mediante l'articolo 220 CP -- come taluni hanno chiesto -- anche il diritto di visita del genitore che non ha più l'autorità parentale. L'articolo 292 CP (disobbedienza a decisioni dell'autorità) dovrebbe infatti bastare.

216 216.1

Segnalazione di reati commessi contro minorenni Obbligo di avviso (art. 358bis)

Nel corso del perseguimento di reati commessi contro minorenni succede frequentemente che altre misure -- spesso importanti quanto le sanzioni penali -- appaiano necessarie per la protezione del minorenne. L'articolo 358bis del disegno impone pertanto alle autorità penali competenti (cfr.

n. 211) di segnalare immediatamente simili casi alle autorità tutorie.

La nuova disposizione estende l'obbligatorietà dell'avviso attualmente previsto dai numeri 2 degli articoli 134 e 135. Questi due articoli si limitano infatti a imporre al giudice l'obbligo d'avvertire le autorità di tutela in caso di maltrattamenti e trascuranza in danno di fanciulli o di sfruttamento di fanciulli. Abbiamo già indicato che questi due articoli devono essere abrogati. Essi saranno sostituiti fra l'altro dalla fattispecie dell'esposizione a pericolo, ridefinita nel nuovo articolo 219 (cfr. n. 214.7 e 215.7). A tal fine, la commissione peritale aveva proposto di introdurre nell'articolo 219 capoverso 3 un obbligo d'informazione più ampio: in caso di violazione del dovere di assistenza o d'educazione ai sensi dell'articolo 219 capoversi 1 e 2 dell' avamprogetto, ogni autorità giudiziaria penale -- e non più solo il giudice -- avrebbe avuto l'obbligo di informare le autorità competenti, in particolare quelle tutorie, scolastiche, d'assistenza o di protezione della gioventù.

È molto importante estendere l'obbligatorietà dell'avviso a tutta la magistra952

tura penale. Le misure d'assistenza sono infatti spesso tardive se l'autorità competente è informata della loro necessità solo al momento del giudizio.

Non si vede però per quale motivo l'obbligo di informare dovrebbe essere ristretto alla fattispecie dell'articolo 219 del disegno. La segnalazione ci sembra altrettanto indispensabile in presenza di lesioni personali, di vie di fatto, d'abusi d'ordine sessuale o di somministrazione a fanciulli di sostanze pericolose per la salute. Proponiamo quindi d'introdurre un obbligo generale di segnalare tutti i reati commessi contro i minorenni; naturalmente occorrerà che, nel corso del procedimento, le autorità penali possano riconoscere la necessità di adottare misure supplementari che rientrano nella competenza di un'altra autorità. Contrariamente a quanto proposto dalla commissione peritale, limitiamo tuttavia la cerchia dei destinatari dell'obbligo d'avviso alle autorità tutorie, conformemente all'attuale articolo 134 numero 2.

Queste autorità sono infatti quelle più idonee per assicurare la protezione della gioventù. Ad esse spetta decidere di caso in caso se debbano essere adottate misure speciali e se debbano essere informate altre autorità o servizi.

Per quanto concerne la sistematica, la nuova disposizione non può essere integrata nel titolo quarto del libro terzo. Esso tratta infatti dell'assistenza fra Confederazione e Cantoni e dell'assistenza intercantonale. Qui si tratta invece di una specie di assistenza tra autorità civili e penali, generalmente all' interno di uno stesso Cantone. Occorre parimenti rinunciare a inserirla quale nuovo articolo nella parte generale tra le «altre misure» (art. 57-62 CP), per non dare l'impressione che l'obbligo di procedere alla segnalazione sia una specie di sanzione. Neppure inserirla nell'articolo 371 CC sarebbe adeguato, visto che la norma si rivolge alla magistratura penale e non a quella civile.

Per questi motivi, abbiamo deciso di inserirla in un nuovo titolo quarto*1s.

L'avviso obbligatorio, nella forma prevista dall'articolo 219 capoverso 3 dell'avamprogetto, aveva suscitato solo poche osservazioni nel corso della procedura di consultazione. Le rare critiche tendevano tutte ad un rafforzamento dell'obbligo: sia conferendo alla disposizione un carattere generale -- come d'altronde fa il nostro disegno
--, sia prescrivendo al pubblico ministero di presentare ricorso all'autorità di sorveglianza qualora l'obbligo di segnalazione fosse rimasto lettera morta. Quest'ultima soluzione non ci sembra tuttavia opportuna poiché l'autorità a cui il caso è stato segnalato deve poter decidere in piena libertà circa la necessità e il genere di una eventuale misura supplementare.

216.2

Diritto d'avviso (art. 358ter)

Mentre l'articolo 358bis intende sostituire, per lo meno in parte, due disposizioni che verranno abrogate (art. 134 n. 2 e art. 135 n. 2), l'articolo 358ter costituisce una disposizione completamente nuova, anche per quanto riguarda la sostanza. Essa si propone di sciogliere dal segreto professionale o d'ufficio le persone che vi sono normalmente tenute in virtù degli articoli 320 e 321 CP; se vengono a sapere che un reato è stato commesso contro un minorenne, esse potranno pertanto avvisarne l'autorità tutoria. Va detto che già 953

oggi il segreto professionale o d'ufficio non è protetto in modo assoluto, visto che i numeri 2 degli articoli 320 e 321 CP prevedono che esso può essere rivelato con il consenso dell'autorità di vigilanza o dell'interessato.

L'articolo 321 CP riserva inoltre espressamente l'obbligo di dare informazioni o di testimoniare sancito dalla legislazione cantonale o federale.

L'articolo 358ler, come d'altronde l'articolo 14 capoverso 4 della legge federale sulla circolazione stradale (RS 741.01), dispensa gli interessati dall' obbligo di chiedere il consenso dell'autorità superiore e permette loro, in caso d'urgenza, di dar subito le informazioni in questione. Contrariamente all'articolo 358bis, questa disposizione non crea nessun obbligo, ma soltanto il diritto di procedere alla segnalazione. In pratica, solo chi è tenuto al segreto può dunque decidere se una segnalazione all'autorità tutoria sia realmente nell'interesse del minorenne. A tal riguardo va specificato che non viene preso in considerazione esclusivamente l'interesse della vittima, ma anche quello di altri minorenni (p. es. i fratelli e sorelle o i compagni di scuola), la cui protezione può richiedere l'adozione di misure particolari. In ogni singolo caso bisognerà quindi vagliare il prò e il contro: i responsabili non devono fornire informazioni in modo precipitoso -- il che potrebbe avere conseguenze nefaste -- né le autorità competenti intervenire ingiustificatamente nella sfera privata di una famiglia. La persona liberata dal segreto, se commette un errore d'apprezzamento quanto alla necessità di un intervento o all'esistenza del reato, potrà invocare l'errore di fatto ai sensi dell'articolo 19 CP.

La disposizione qui proposta corrisponde all'articolo 219 capoverso 4 dell' avamprogetto della commissione peritale, ma con l'importante differenza che il diritto di procedere alla segnalazione non è limitato alle violazioni del dovere d'assistenza o d'educazione ai sensi del nuovo articolo 219 numeri 1 e 2, ma concerne qualsiasi reato commesso contro un minorenne (cfr.

n. 216.1).

Le osservazioni fatte a proposito dell'articolo 358bis nel corso della procedura di consultazione (cfr. n. 216.1) valgono generalmente anche per l'articolo 358ter.

Considerato che questa disposizione costituisce una deroga agli articoli 320 e 321 CP, si sarebbe
anche potuto inserirla nel contesto di questi due articoli. Abbiamo tuttavia ritenuto più opportuno inserirla subito dopo l'articolo 358bis vista l'analogia tra queste due disposizioni, pur formulando espressamente un rinvio agli articoli 320 e 321 CP. Per quanto concerne l'inopportunità di inserirla nel titolo quarto, rinviamo a quanto detto a proposito dell'articolo 358bls (cfr. n. 216.1).

22

Commento al disegno di legge A relativo al Codice penale militare (disposizione generale; reati contro la vita e l'integrità della persona)

Anche il Codice penale militare deve essere adattato alle modifiche testé proposte per il Codice penale. Questo adattamento concerne la seguente disposizione della parte generale: 954

A rticolo 4 7a (nuovo) (Impunità) II nuovo articolo 47a CPM si ispira allo stesso principio che anima l'articolo 66bis del disegno. Nel contesto del processo penale militare non si può tuttavia parlare di autorità competente che rinuncia al perseguimento. Vi proponiamo dunque la formulazione seguente: «si prescinderà dal rinvio a giudizio o dalla punizione se . . .».

Anche le seguenti disposizioni della parte speciale devono essere adattate: A rticolo 116 capoverso 1 (Assassinio) Articolo 117 (Omicidio passionale) Articolo 118 (Omicidio consensuale) Articolo 121 (Lesioni gravi) Articolo 122 numeri 2 e 3 (Lesioni semplici. Vie di fatto: abrogazione) Articolo 123 (Conseguenze accidentali d'una lesione personale: abrogazione) Articolo 125 (Sfida a duello: abrogazione) Articolo 126 (Incitamento al duello: abrogazione) Articolo 127 (Duello: abrogazione) Articolo 128 (Rissa) Articolo 128a (nuovo) (Aggressione non autorizzata) II nuovo articolo 128a CPM è simile al nuovo articolo 134 CP. Vi proponiamo nondimeno la seguente aggiunta: «chiunque, senza esserne autorizzato, prende parte ad un'aggressione... ». Senza questo complemento, gli elementi costitutivi del reato coprirebbero anche un comportamento che, in caso di guerra, costituirebbe un obbligo per il soldato, come giustamente ha fatto notare il Tribunale militare di cassazione. Con questa precisazione si stabilisce appunto che soltanto l'aggressione commessa illecitamente è punibile. Tale specificazione non è però necessaria per il nuovo articolo 134 CP poiché, in virtù dell'articolo 32 CP, un comportamento ordinato o permesso dalla legge non costituisce reato. La parte generale del Codice penale militare non contempla invece questo elemento giustificativo. Riteniamo però che introdurre simile componente nel Codice penale militare oltrepasserebbe i limiti della presente revisione. La questione deve dunque essere rinviata fino ad una prossima revisione della parte generale del Codice penale militare.

23

Commento al disegno di legge B sulla revisione del Codice penale (Buon costume)

231

Cenni generali

È evidente che l'idea che ci si fa oggi della sessualità è ben diversa da quella dominante ai tempi dell'elaborazione del Codice penale, il cui titolo quinto, dedicato ai reati contro il buon costume, non ne è che un riflesso. Bisogna 955

dunque adattare queste disposizioni penali alle concezioni attualmente vigenti nella nostra società.

La necessità di questo adeguamento è stata riconosciuta nel corso della procedura di consultazione, anche se è emersa, una grande varietà di opinioni su ciò che deve ancora essere considerato degno di pena.

Pur tenendo conto di queste opinioni divergenti, condividiamo le considerazioni di principio della commissione peritale: conformemente alla nostra concezione dello Stato, al cittadino va riconosciuta la libertà di comportarsi come meglio crede, purché così facendo non danneggi il prossimo. Ciò vale particolarmente per il comportamento sessuale, comportamento che appartiene alla sfera intima di ogni individuo. Esso deve quindi essere represso penalmente solo se è o può essere lesivo dei diritti altrui, cioè se una delle persone coinvolte non ha piena facoltà di autodeterminazione rispetto a tale comportamento ovvero se bisogna impedire che un terzo diventi suo malgrado spettatore di atti sessuali.

Questi principi sono stati tenuti in considerazione per la modifica del titolo quinto, specialmente per quanto concerne le proposte seguenti, che ricalcano quelle formulate dalla commissione peritale e che sono state approvate nel corso della procedura di consultazione.

Abbiamo anzitutto dato una nuova denominazione al titolo quinto: la formulazione «Reati contro il buon costume» ha una connotazione alquanto moralistica e vi proponiamo pertanto di sostituirla con la denominazione «Reati nel campo sessuale».

Per le stesse ragioni proponiamo anche di modificare la terminologia ricorrente nelle tre versioni linguistiche: il termine «atti di libidine» è sostituito con «atti sessuali»; i termini «attentat à la pudeur» e «actes contraires à la pudeur» sono sostituiti con «act d'orde sexuel» e quelli di «Unzucht» e «unzüchtige Handlungen» con «geschlechtliche Handlung».

La prima sezione, designata con il titolo marginale «Esposizione a pericolo dello sviluppo di minorenni», concerne la protezione della gioventù, alla quale il diritto penale riserva qui un posto di primo piano. Le due sezioni seguenti contengono disposizioni volte a proteggere la facoltà di autodeterminazione del singolo, da un canto nell'ambito delle «offese alla libertà ed ali' onore sessuali», oggetto della seconda sezione, dall'altro nell'ambito dello «sfruttamento di atti sessuali», oggetto della terza sezione. Questa nuova suddivisione comporta anche una nuova numerazione.

232 232.1 232.11

Reati nel campo sessuale Esposizione a pericolo dello sviluppo di minorenni Atti sessuali con fanciulli (art. 187)

Questa disposizione sostituisce l'attuale articolo 191 CP (atti di libidine su fanciulli).

956

Età limite per la protezione penale Ai fanciulli deve essere garantito uno sviluppo armonioso fino al momento in cui raggiungono la maturità necessaria per accedere in modo responsabile alla sfera sessuale. Proponiamo di assicurare ancora ai fanciulli questa protezione fino all'età di 16 anni.

Il diritto vigente prevede già un limite fisso di età. Questa soluzione, rispetto a quella basata sulla maturità del fanciullo, valutata in funzione del caso concreto, ha il vantaggio, invero decisivo, d'essere univoca. Se la maturità del fanciullo fosse determinante, il colpevole potrebbe facilmente andare esente da pena invocando il proprio errore su questo punto, effettivamente difficile da determinare. D'altra parte, se determinante fosse l'esperienza sessuale del fanciullo, il processo si ritorcerebbe contro la vittima onde provarne la perversione.

Anche la commissione peritale si era pronunciata per il mantenimento di un limite fisso d'età. Considerando però che la maturità fisica, oggi più precoce, comporta anche un'accelerazione dello sviluppo psichico, la commissione, richiamandosi soprattutto a ricerche criminologiche empiriche che dimostrano comportamenti provocatori nelle vittime vicine al limite dell'età protetta 10), preconizzava l'abbassamento di questa età ai 14 anni.

Nel corso della procedura di consultazione, la maggioranza degli interpellati non ha però aderito alla proposta di portare a 14 anni l'età limite di protezione.

Una forte minoranza si è espressa in favore di un'età limite di 15 anni, facendo essenzialmente valere i seguenti argomenti: - questo limite d'età corrisponde a quello relativo alla responsabilità penale del fanciullo (art. 82 e 89 CP); - questa età coincide con la fine dell'obbligo scolastico, momento che separa l'infanzia dall'adolescenza; - il vigente limite d'età non corrisponde comunque più all'attuale modo di vita: tanto il concetto di sessualità quanto il comportamento della gioventù si sono profondamente modificati, tant'è vero che le autorità preposte al perseguimento penale rinunciano sempre più spesso all'azione penale quando l'età della vittima è vicina al limite di protezione. Il grande numero di reati sessuali non perseguiti illustra come sia difficile applicare il diritto attualmente in vigore.

Un'altra importante minoranza si è espressa in favore del
mantenimento dell' attuale limite di 16 anni. Essa contesta che lo sviluppo fisico, oggi più precoce, comporti anche la maturità psichica e rifiuta pertanto un limite d'età inferiore. Il fatto che la gioventù sia oggi informata prima e meglio non garantirebbe di per sé il conseguimento di una maturità sufficiente. Il fatto che i fanciulli vicini all'età limite prendano spesso l'iniziativa in campo sessuale sarebbe poi irrilevante: l'abbassamento del limite d'età comporterebbe il rischio di gravidanze precoci e d'aborti, senza contare che la somministrazione di contraccettivi ormonali agli adolescenti non sarebbe consigliabile dal punto di vista medico; vi sarebbe poi il rischio che la soppressione dell'effetto

957

preventivo inerente all'attuale limite d'età venga compresa come segnale per una maggiore libertà sessuale degli adolescenti.

Tenuto conto dei vari pareri espressi, abbiamo deciso di mantenere il limite d'età di 16 anni. Questa decisione non è stata facile, tanto più che la tendenza politico-giuridica in favore di una liberalizzazione in questo settore ha trovato accoglienza nelle legislazioni straniere n) . Il fatto che larghi strati della popolazione respingano tale liberalizzazione per considerazioni d'ordine etico, d'altronde sorrette da buoni motivi, ci è tuttavia sembrato decisivo.

Comportamento incriminato La nuova fattispecie presuppone in modo generale la partecipazione di un fanciullo a un atto sessuale. Contrariamente all'attuale articolo 191 CP, essa non distingue dunque più tra congiunzione carnale, atti simili e atti di libidine.

L'esperienza mostra che un atto simile alla congiunzione carnale o altri atti sessuali possono traumatizzare il fanciullo ancor più della congiunzione carnale stessa, a dipendenza delle circostanze concrete e delle modalità di commissione. La nozione di atto simile alla congiunzione carnale è stata oggetto di un'interpretazione estensiva (cfr. p. es. DTF 86 IV 178) che ha reso ancor più difficile la sua distinzione rispetto agli altri atti di libidine 12> . La nozione generale di «atti sessuali» elimina tali difficoltà e permette di semplificare, per lo meno in parte, l'interrogatorio del fanciullo nel corso della procedura penale.

Gli atti sessuali comprendono, come attualmente, sia gli atti eterosessuali sia quelli omosessuali.

Per quanto concerne le modalità di commissione del reato, il nuovo articolo 187 numero 1 riprende il contenuto dell'attuale articolo 191 numero 2 CP.

Esso dichiara punibile chi compie un atto sessuale con un fanciullo, lo induce a un tale atto oppure ve lo coinvolge.

Compiere un atto sessuale con un fanciullo significa che questi vi partecipa direttamente, poco importa se attivamente o passivamente.

Indurre un fanciullo ad un atto sessuale significa sospingerlo a compiere atti sessuali con un terzo o su se stesso (p. es. masturbazione). Ovviamente, il maestro che, nell'ambito delle lezioni di educazione sessuale, descrive semplicemente un atto sessuale senza esercitare altri influssi sul bambino non si rende colpevole di
violazione della norma penale.

Coinvolgere un fanciullo in un atto sessuale significa commettere coscientemente quest'atto davanti al fanciullo e volere che questi se ne accorga. Non sono dunque punibili i casi in cui il fanciullo assiste casualmente alle espansioni sessuali di un fratello maggiore con un'amica, o persine quelli in cui, per esempio a causa di problemi di spazio, il fanciullo si trova spettatore delle relazioni sessuali tra i genitori. Il diritto attuale non esclude invece la repressione di simili casi, visto che di per sé si rende colpevole anche colui che compie un atto sessuale benché sappia che un fanciullo potrebbe accorgersene.

Queste proposte sono state riprese dall'avamprogetto peritale e sono state approvate nel corso della procedura di consultazione.

958

Sanzione penale II diritto vigente commina per la congiunzione carnale o per un atto simile commesso su un fanciullo la reclusione fino a 20 anni o la detenzione non inferiore a 6 mesi. Conformemente al parere della commissione peritale e alla maggior parte delle opinioni espresse nel corso della consultazione, riteniamo che la sanzione sia troppo severa. Proponiamo pertanto per ogni atto sessuale con fanciulli la reclusione fino a 5 anni o la detenzione.

Se il fanciullo è stato costretto all'atto sessuale con la violenza o con grave minaccia, sono realizzati simultaneamente gli elementi costitutivi della violenza carnale o della coazione ad altri atti sessuali (art. 189 e 190 del disegno); il colpevole è allora passibile di una pena che va fino ai 15 anni di reclusione in virtù del concorso ideale ai sensi dell'articolo 68 CP. Lo stesso dicasi in caso di concorso ideale con il reato d'incesto (art. 213 del disegno).

Un problema particolare si pone nel caso in cui l'autore si sbagli sull'età del fanciullo. Succede infatti spesso che il prevenuto sostenga di essere stato tratto in inganno dall'apparenza del fanciullo o da false indicazioni. Il nuovo articolo 187 numero 3 recepisce la soluzione prevista dal diritto vigente comminando la pena della detenzione se il colpevole ha agito ritenendo erroneamente che la vittima avesse almeno 16 anni, benché usando la dovuta cautela gli sarebbe stato possibile evitare l'errore. La commissione peritale aveva invece proposto di sopprimere tale normativa, ritenendo che l'abbassamento dell'età minima ai 14 anni avrebbe considerevolmente diminuito le possibilità d'errore; d'altronde, anche in questa evenienza, l'autore sarebbe stato comunque punibile se si fosse reso colpevole di dolo eventuale. Conservando l'età limite di protezione a 16 anni, la possibilità di errore rimane invece molto alta.

Inoltre, l'assenza di una disposizione relativa al reato colposo avrebbe rischiato di indurre ad ammettere il dolo eventuale anche nei casi dubbi.

L'autore-deve prestare particolare attenzione quando la vittima dimostra un' età vicina a quella prevista dal limite legale. Solo se determinati fatti gli facciano ritenere che questa abbia più di 16 anni potrà quindi restare impunito (cfr. DTF 100 IV 230). Lo stesso dicasi per l'autore non più giovane che si accoppia con
una ragazza: l'esperienza ch'egli ha della vita gli impone di procedere con molta cautela (cfr. DTF 85 IV 77). Nei confronti di persone in giovane età, l'attenzione che si può esigere dall'autore circa l'età del compagno sessuale sarà invece minore vista la natura dei rapporti che intercorrono tra loro; in simili casi la legge deve essere applicata in modo flessibile, conformemente a quanto proposto nel nuovo articolo 187 numero 2 13).

Motivi d'impunità Nel numero 2 proponiamo di conferire alle autorità competenti la facoltà di prescindere dal procedimento penale, dal rinvio a giudizio o dalla punizione quando l'autore ha solo pochi anni più della vittima o se ha contratto matrimonio con lei. Questa formulazione è analoga a quella adottata per l'articolo 66bis del disegno (cfr. n. 211), salvo che qui si tratta di una prescrizione facoltativa.

< 959

Il numero 2 privilegia l'autore che, al momento dell'atto, aveva meno di 18 anni e aveva dunque superato solo da poco il limite di protezione legale. Si vogliono così depenalizzare le relazioni sessuali tra giovani della stessa età o quasi, tenendo conto del fatto che è talvolta la persona più giovane che svolge un ruolo attivo, seducendo 1'«autore del reato».

Una minoranza di partecipanti alla consultazione ritiene che siffatta depenalizzazione potrebbe essere semplicemente conseguita applicando gli attuali articoli 97 e 98 CP (rinvio della decisione o rinuncia ad ogni sanzione). Anche se queste disposizioni permettono al giudice di aggiornare la decisione sulla sanzione o di rinunciarvi, è evidente che lo scopo dell'articolo 187 numero 2 sarebbe compromesso. Gli articoli 97 e 98 CP si rivolgono infatti esclusivamente all'autorità giudicante e subordinano l'impunità a determinate condizioni. Il nuovo articolo 187 numero 2 prevede invece già la possibilità di prescindere dal procedimento o dal rinvio a giudizio, escludendo così l'applicazione del diritto penale minorile.

La commissione peritale aveva inoltre proposto di escludere la punibilità quando l'autore è lui stesso un fanciullo. Riteneva infatti illogico trattare come un adulto la persona che, al di sotto dell'età limite di protezione, coinvolge sessualmente un coetaneo quando invece lo scopo della legge è proprio quello di proteggerla dalle sollecitazioni sessuali. Condividiamo tuttavia l'opinione di numerosi partecipanti alla procedura di consultazione; alla rigidità di questa soluzione preferiamo la possibilità, più elastica, di prescindere da ogni pena ai sensi dell'articolo 187 numero 2 del disegno. Questa proposta ha il vantaggio di essere più flessibile e di permettere una soluzione adeguata alle circostanze del caso di specie.

La possibilità di prescindere dal procedimento, dal rinvio a giudizio o dalla punizione vale anche nei confronti dell'autore che ha contratto matrimonio con la vittima. Il diritto attuale prevede un analogo disciplinamento, ma imperativo, negli articoli 196 (seduzione; abrogato secondo il disegno) e 197 (abuso dello stato di bisogno o di dipendenza di una donna; art. 193 del disegno). La possibilità di prescindere da ogni sanzione deve essere presa in considerazione anche in presenza di una seria relazione
d'amore tra un adolescente e una fanciulla in età protetta, se la relazione sfocia in un matrimonio.

L'avvenuto matrimonio tra l'autore e la vittima non comporta necessariamente l'impunità. Ciò dovrebbe rassicurare chi, nella procedura di consultazione, ha espresso il timore che il colpevole possa esercitare pressioni sulla vittima costringendola al matrimonio solo per poter beneficiare di un trattamento di favore. Il nuovo disciplinamento è stato approvato dalla maggioranza dei partecipanti alla consultazione, i quali considerano che sarebbe aberrante punire un uomo per avere avuto relazioni sessuali con la propria moglie prima del matrimonio.

Come vedremo più sotto, l'azione penale si prescrive in due anni. La possibilità di prescindere dal procedimento, dal rinvio a giudizio o dalla punizione, prevista dal nuovo articolo 187 numero 2, esplica dunque i suoi effetti solo per una durata limitata. Se è di sesso femminile, la vittima può, secondo il 960

diritto svizzero, contrarre matrimonio soltanto dopo il compimento del 17° anno e sempreché siano adempiute determinate condizioni (art. 96 cpv. 2 CC).

Affinchè l'autore possa eventualmente beneficiare dell'impunità in virtù dell' avvenuto matrimonio, è quindi necessario che la vittima abbia avuto almeno 15 anni al momento del reato.

Prescrizione Secondo il numero 4 il normale termine di prescrizione di dieci anni (art. 70 CP) è ridotto a 2 anni. Questa modifica è nell'interesse della vittima e corrisponde a quanto previsto nell'avamprogetto della commissione peritale, che intendeva così tener conto delle esperienze fatte da psicologi e psichiatri in questo settore. Lo scopo è quello dì evitare alla vittima che abbia ritrovato il proprio equilibrio psichico un nuovo sconvolgimento dovuto alle necessità dell'inchiesta e dell'istruzione. Il termine di prescrizione molto breve tiene anche conto delle grandi difficoltà di prova in questo settore.

232.12

Atti sessuali con persone dipendenti (art. 188)

Una protezione penale dagli abusi sessuali è necessaria anche per i giovani maggiori di 16 anni quando si trovano in un rapporto di dipendenza che ne sminuisce la libertà decisionale fino al punto da renderli incapaci di resistere a sollecitazioni sessuali. Finora questa protezione era assicurata loro dall' articolo 192 CP.

Vi proponiamo una nuova disposizione che non distingue più tra congiunzione carnale e altri atti di libidine, ma, come già l'articolo 187 del disegno, ricorre ad un'unica nozione: quella di atti sessuali. Il nuovo articolo non enumera poi più in modo limitativo le persone dette dipendenti, ma introduce una clausola generale protettiva di tutti i minorenni che si trovano in qualsivoglia stato di dipendenza, comprese dunque anche tutte le persone indicate esaustivamente dal diritto vigente.

Lo stato di dipendenza può derivare in primo luogo da un rapporto d'educazione o di fiducia, esempio espressamente citato dalla nuova disposizione.

Per non lasciare impuniti taluni casi, il rapporto di fiducia è presunto quando chi ne abusa è una persona che ha il dovere di sorvegliare il minorenne, pur non essendone un educatore. Si pensi per esempio agli assistenti sociali (impegnati con tossicodipendenti ecc.), ai responsabili di colonie estive o all'amico di famiglia cui i coniugi hanno affidato la propria figlia per andare in vacanza (vedi p. es. DTF 99IV 265).

Riferendosi in generale ad altri possibili rapporti di dipendenza, la nuova disposizione intende applicarsi anche a situazioni in cui non vi è un rapporto d'educazione o di fiducia, ma nelle quali il fatto di sfruttare il rapporto di dipendenza per influenzare l'adolescente sarebbe comunque degno di pena.

La condizione consistente nell'approfittare del rapporto di dipendenza deve essere realizzata concretamente; non deriva quindi automaticamente da tale

961

rapporto. In caso contrario verrebbe limitato oltremodo il diritto di autodeterminazione sessuale delle persone maggiori di 16 anni.

Chi profitta dello stato di dipendenza in cui si trova il minorenne per indurlo ad un atto sessuale con un'altra persona è punibile anche se non vi è rapporto di dipendenza tra la vittima e il terzo. Questo elemento costitutivo è state ripreso dal diritto vigente (art. 192 n. 2 cpv. 2 CP).

La commissione peritale aveva proposto di abbassare a 18 anni il limite massimo d'età, che nel diritto in vigore coincide con la maggiore età. Essa riteneva infatti che a partire dai 18 anni i giovani siano ormai abbastanza indipendenti per salvaguardare i loro diritti, anche se si trovano in un rapporto di dipendenza. Abbiamo nondimeno preferito conservare l'attuale limite poiché il rapporto di dipendenza, che può per esempio risultare dall'educazione o dalla formazione professionale, si spinge spesso oltre i 18 anni.

Sanzione penale Seguendo il parere della commissione peritale, proponiamo che la pena edittale sia la detenzione. Questa sanzione, più mite di quella comminata dall' articolo 187 del disegno, è giustificata dal fatto che la vittima ha comunque già compiuto i 16 anni. Nonostante la loro similitudine, le due fattispecie sono passibili di sanzioni differenziate anche nel diritto vigente. Il concorso ideale con l'articolo 213 del disegno (incesto) è possibile se, nel caso di specie, l'atto sessuale si spinge fino alla congiunzione carnale.

Impunità La possibilità di prescindere dal procedimento, dal rinvio a giudizio o dalla punizione nei confronti del colpevole che ha contratto matrimonio con la vittima corrisponde al disciplinamento già previsto dall'articolo 187 numero 2 del disegno. Più la vittima è vicina alla maggiore età, e dunque all'età nubile, più l'impunità è giustificata.

Prescrizione II termine di prescrizione è ridotto a 2 anni come nel caso dell'articolo 187 numero 4 del disegno, al cui commento rinviamo (cfr. n. 232.11). Quel che più conta è che l'azione penale sia avviata al più presto; solo in tal modo si può impedire al colpevole di commettere altri reati. Non possiamo quindi aderire alla proposta, formulata da alcuni enti consultati, di far decorrere il termine di prescrizione solo dal giorno in cui è cessato il rapporto di dipendenza, dando così
agli adolescenti la possibilità di sporgere querela penale anche dopo la fine del tirocinio. Questa proposta necessiterebbe d'altronde una modifica dell'articolo 71 CP, la quale esulerebbe notevolmente dai limiti della presente revisione.

962

232.2

Offese alla libertà e all'onore sessuali

232.21

Violenza carnale (art. 189)

La fattispecie della violenza carnale -- nella versione tedesca, il termine un po' arcaico di «Notzucht» è sostituito con quello di «Vergewaltigung» -- occupa, come il vigente articolo 187, un posto di primo piano fra le «offese alla libertà e all'onore sessuali».

Quanto alle modifiche sostanziali, la nuova disposizione rinuncia a distinguere la violenza carnale semplice da quella qualificata. Questa distinzione ha infatti suscitato parecchie difficoltà nell'applicazione del diritto vigente.

Il capoverso 1 dell'attuale articolo 187 CP punisce chi, usando violenza o grave minaccia, costringe una donna a congiunzione carnale fuori del matrimonio. Non è necessario che la donna resista fino al limite delle proprie forze. Ciò non vale però per il reato qualificato di cui al capoverso 2, nel quale la condizione di «averla . .. ridotta in uno stato di incoscienza o di impossibilità a resistere» implica, secondo la dottrina e la giurisprudenza, l'impossibilità assoluta della' donna di difendersi. Solo in questo caso è giustificata la severa pena minima di 3 anni di reclusione 14) (cfr. DTF 107 IV 180). Come ammesso dalla giurisprudenza (cfr, p. es. DTF 98 IV 100 segg.), è tuttavia praticamente impossibile fare una valida distinzione tra queste due fattispecie.

Conformemente alla proposta della commissione peritale, approvata nel corso della procedura di consultazione, abbiamo pertanto riunito gli elementi costitutivi della violenza carnale semplice e qualificata. La nuova disposizione riprende le modalità di perpetrazione attualmente previste, cioè l'uso della violenza o di una grave minaccia. Si noti in proposito che non è indispensabile minacciare la vittima d'un pericolo imminente per la vita o l'integrità personale, come nel caso dell'articolo 139 CP concernente la rapina.

Puo esservi violenza carnale per esempio anche quando il datore di lavoro minaccia di licenziamento una propria dipendente.

Bisogna però che la violenza o la grave minaccia abbiano influito in modo rilevante sulla capacità di resistenza della vittima, altrimenti si dovrebbe presumere che questa sia stata consenziente. Onde coprire anche i casi in cui la vittima è stata resa incosciente mediante la somministrazione di sonniferi o di droghe o è stata comunque impedita di resistere, il testo del disegno riprende anche l'attuale
elemento costitutivo dell'impossibilità a resistere (« . .. o dopo di averla resa inetta a resistere»). Viene però lasciata cadere la precisazione, d'altronde presente solo nell'attuale tenore francese e tedesco, secondo cui la vittima è stata resa incapace di difendersi «de toute autre manière» («auf andere Weise»), oltre il caso della violenza o delle minacce gravi. Questa specificazione potrebbe infatti essere interpretata, come nel caso della rapina, nel senso che soltanto violenza o minacce gravi che abbiano reso la vittima completamente incapace di resistere configurino il reato (cfr. DTF 81 IV 226).

Il diritto vigente pone un'ulteriore difficoltà. Secondo l'articolo 187 CP, 963

soltanto una donna può essere vittima di una violenza carnale. Ai sensi dell' articolo 110 numero 1 CP per donna s'intende una persona di sesso femminile di almeno 16 anni. Chi violenta una ragazza di meno di 16 anni è dunque oggi punibile solo in virtù dell'articolo 191 numero 1 CP (atti di libidine su fanciulli) combinato con l'articolo 181 CP (coazione). Quando poi si è sbagliato sull'età della giovane vittima, il colpevole è punibile unicamente per reato impossibile di violenza carnale -- il che permette al giudice d'attenuare liberamente la pena (art. 23 combinato con l'art. 66 CP) -- o in base all'articolo 191 numero 3 CP (atti di libidine su fanciulli ritenuti erroneamente maggiori di 16 anni).

Per evitare questi problemi, la nuova disposizione non prevede più alcun limite d'età della vittima, ma considera ogni «persona di sesso femminile».

Ciò implica peraltro che viene repressa solo la congiunzione carnale tra uomo e donna. La violenza omosessuale è invece punibile, secondo il nuovo articolo 190, in quanto «coazione ad altri atti sessuali» ed è comunque passibile della stessa pena massima di 10 anni di reclusione. Già la commissione peritale aveva così voluto escludere ogni identità tra violenza carnale omosessuale ed eterosessuale, soprattutto per motivi psicologici.

Violenza carnale tra coniugi La violenza carnale nel matrimonio non ricade sotto il disposto del vigente articolo 187 CP. La situazione non cambierà nemmeno secondo l'articolo 189 del disegno in quanto la punibilità è ancora limitata alla violenza carnale extraconiugale. Ci scostiamo così dalla proposta della commissione peritale la quale prevedeva anche la procedibilità e la punibilità, a querela di parte, della violenza carnale commessa nei confronti della moglie. Una siffatta innovazione, ancorché comprensibile ed accolta alquanto favorevolmente dagli enti interpellati nell'ambito della procedura di consultazione, si troverebbe però infirmata dalle seguenti argomentazioni, che riteniamo preponderanti: la prassi ha dimostrato che in simili casi è oltremodo difficile amministrare le prove; spesso risulterebbe impossibile dimostrare, con forza giuridicamente probante, elemento questo indispensabile vista la severità della pena comminata, che il marito ha commesso una vera e propria violenza carnale; la magistratura inquirente
sarebbe costretta a procedere a penose indagini attinenti alla sfera più intima degli interessati, a scapito certamente della possibilità di salvare ancora l'unione coniugale; anche volendo ammettere che una disposizione di tal genere già presuppone un matrimonio non più intatto, non si potrebbe escludere ch'essa venga abusivamente invocata dalla moglie per dar man forte alla sua azione di separazione o di divorzio. In questo contesto va pure osservato che spesso non si potrebbe fare a meno di chiamare in causa anche i figli per interrogarli sull'asserita violenza carnale subita dalla madre. Ricordiamo infine che la restrizione della punibilità alla violenza carnale fuori del matrimonio non ha mai posto seri problemi. Né ci è noto che negli ultimi anni sia mai stato presentato un intervento parlamentare inteso ad introdurre la punibilità della violenza carnale anche nei rapporti fra coniugi.

Pressoché tutte queste considerazioni stroncano anche la proposta, fatta

964

da parecchi enti consultati, di dichiarare punibile la violenza carnale nel matrimonio per lo meno nei casi in cui i coniugi vivano già separati.

La normativa prevista dal disegno non esclude d'altronde che la moglie possa invocare anche contro il proprio marito le disposizioni sulla protezione generale della libertà personale (art. 180 segg. CP) e dell'integrità fisica (art. 122 segg. CP).

Sanzione penale La pena attualmente prevista per la violenza carnale semplice è la reclusione da 1 a 20 anni (art. 187 cpv. 1 CP); quella per la violenza carnale qualificata, la reclusione non inferiore a 3 anni (art. 187 cpv. 2 CP). Proponiamo di ridurre la severità davvero eccessiva di queste sanzioni prevedendo una pena da 1 a 10 anni di reclusione quando non vi siano circostanze attenuanti (art. 189 cpv. 1 del disegno).

Conformemente all'articolo 68 numero 1 CP, questa pena può essere aumentata fino a 20 anni di reclusione se vi è concorso con l'omicidio intenzionale (art. Ili CP), sia esso commesso per dolo diretto o eventuale. In caso di concorso con lesioni personali gravi (art. 122 CP) la pena può essere aggravata fino a 15 anni di reclusione.

- Circostanze attenuanti Anche l'autore di una violenza carnale può beneficiare di circostanze attenuanti. La norma attuale non permette però di tenerne conto adeguatamente.

Anche se il giudice può attenuare la pena quando il colpevole «è stato indotto in grave tentazione dalla condotta della vttima» (art. 64 CP), questa circostanza attenuante non è specifica alla violenza carnale ed è d'altronde stata interpretata dalla giurisprudenza in modo molto restrittivo (cfr. DTF 97 IV 76; 98 IV 67). Bisognerebbe nondimeno tenere conto delle particolarità della situazione quando, prima del reato, il colpevole e la vittima intrattenevano rapporti abbastanza stretti, per esempio quando fra di loro intercorrevano già da tempo relazioni sessuali non coatte.

In simili casi appare equo punire il colpevole con una pena più mite. Abbiamo dunque ripreso la proposta della commissione peritale, che ha d'altronde raccolto l'approvazione della maggioranza dei partecipanti alla procedura di consultazione: secondo il nuovo articolo 189 capoverso 2, il colpevole è passibile solo della detenzione da 3 giorni a 3 anni -- invece della reclusione fino a 10 anni -- se tra lui e la vittima
intercorrevano relazioni personali tali da sminuire la gravita dell'atto.

La nozione di relazione personale implica che la coppia colpevole/vittima sia stata in precedenza legata intimamente durante un certo lasso di tempo, non necessariamente lungo, ma comunque più intenso di un semplice incontro casuale. Il fatto che la donna sia una prostituta non costituisce di per sé una circostanza attenuante; il fatto invece che l'autore sia sposato con la vittima o viva con lei in concubinato sminuisce in linea di principio la gravita del reato. Ma anche in questo caso la protezione della donna può essere affievolita solo se, nel quadro della relazione con il colpevole, essa si sia spinta 64

Foglio federale. 68° anno. Voi. II

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molto lontano nella sua disponibilità a concedergli i suoi favori e improvvisamente gli si rifiuta. Anche se può risultare più difficile distinguere gl'i elementi concernenti la colpa del colpevole e la colpa concomitante della vittima quando tra di loro intercorre una relazione personale, si può supporre che la giurisprudenza non ammetterrà alla leggera l'esistenza di questa circostanza attenuante.

Nei casi in cui la vittima abbia realmente provocato il colpevole, la circostanza attenuante prevista dall'articolo 64 CP dovrebbe invece bastare. Secondo questa disposizione la vittima deve avere un comportamento attivo o esercitare una pressione psichica per indurre il colpevole in tentazione grave, comportamento che, nel caso della violenza carnale, può tuttavia assumere forme molto sottili. La commissione peritale aveva pertanto previsto, nell' articolo 190 dell'avamprogetto, un'attenuante specifica laddove la vittima avesse, con il suo comportamento iniziale, lasciato credere al colpevole che sarebbe stata consenziente. Questo potrebbe per esempio essere il caso quando essa si dichiari subito d'accordo con un'attività sessuale preliminare o vi incoraggi addirittura l'autore. Nel corso della procedura di consultazione, questa proposta ha tuttavia dato luogo a varie obiezioni, che possono essere così riassunte: - Anche la persona che all'inizio è spontaneamente venuta incontro ai desideri del colpevole rifiutandosi però in seguito di congiungersi carnalmente con lui merita piena protezione penale; non è il modo in cui una donna si comporta prima della violenza ad essere determinante, ma il fatto che essa consenti o meno all'atto sessuale; ogni persona ha il diritto di dire in qualsiasi momento che non intende andare oltre.

- Nel corso del procedimento penale il colpevole potrebbe sempre sostenere che la vittima gli ha lasciato credere che sarebbe stata consenziente, il che può favorire atteggiamenti misogeni; in fin dei conti questa circostanza attenuante significherebbe che la donna è deliberatamente andata incontro alla violenza carnale o ne ha perlomeno accettato l'eventualità; la vittima si troverebbe così di colpo sul banco degli accusati, dovendo essa provare di non avere dato adito a malintesi.

- La donna, che ha tutte le ragioni per temere che la pubblicità del processo comprometta la
propria reputazione, non dovrebbe oltretutto essere intimidita dalla prospettiva di una denuncia penale; le normali circostanze attenuanti permettono di meglio tener conto delle particolarità del caso concreto e evitano alla vittima il rischio di una condanna morale.

Abbiamo fatto nostre queste obiezioni e abbiamo di conseguenza preferito rinunciare a introdurre nell'articolo 189 del disegno una circostanza attenuante specifica fondata sulla provocazione. Conformemente agli articoli 64 e 65 CP, se la vittima ha provocato l'autore, la pena potrà comunque essere ridotta alla detenzione da sei mesi a cinque anni.

- Aggravamento della pena in caso di reato commesso con crudeltà Contrariamente a quanto proposto dalla commissione peritale, il nostro disegno prevede, nel capoverso 3, una fattispecie qualificata di violenza carnale quando il colpevole ha agito con crudeltà. Questo reato qualificato, ripre-

966

so dall'attuale articolo 195 capoverso 3 CP, è punito con la reclusione non inferiore a 3 anni. La crudeltà, definibile come brutalità, assenza di sentimenti o tortura, è un'intensificazione della violenza sia fisica che psichica. Vi è crudeltà quando il colpevole infligge coscientemente e volontariamente alla vittima sofferenze particolari, che eccedono quanto sarebbe bastato alla realizzazione degli elementi costitutivi del reato di base (cfr. DTF 106 IV 367 seg., relativa al precedente tenore dell'art. 182 n. 2 cpv. 3 CP).

La crudeltà deve sempre essere ammessa se il colpevole ha minacciato la vittima con un'arma da fuoco o con un'altra arma pericolsa. Nel formulare questa circostanza aggravante ci siamo ispirati al disciplinamento concernente l'uso di armi in caso di furto o di rapina (art. 137 n. 2 cpv. 3 e 139 n. bis CP).

A seconda delle circostanze, l'elemento costitutivo della crudeltà può anche risultare dalla perpetrazione in comune della violenza carnale. Abbiamo d'altronde previsto di creare una circostanza aggravante comune a tutti i reati sessuali commessi in comune (cfr. il commento all'art. 200 del disegno; n. 232.6).

La circostanza aggravante della crudeltà qualifica il reato indipendentemente dalle circostanze attenuanti che possono subentrare (art. 189 cpv. 2 del disegno). La crudeltà con la quale il colpevole ha agito non impedisce però un'attenuazione della pena secondo gli articoli 64 e 65 CP, applicabili a tutti i reati previsti dal Codice penale.

232.22

Coazione ad altri atti sessuali (art. 190)

L'articolo 190 del disegno riprende l'attuale articolo 188 CP, con poche modifiche sostanziali. Come nel caso della disposizione concernente la violenza carnale, gli elementi costitutivi del reato sono precisati nel senso che il fatto di rendere la vittima inetta a resistere diventa una forma di coazione autonoma, indipendente dalle modalità della violenza o della minaccia grave. Per tale ragione l'espressione «in altro modo» è stata eliminata. Non è necessario che il colpevole abbia usato violenza o minacce gravi per mettere la vittima nell'impossibilità di resistere (cfr. DTF 75 IV 116); basta per esempio ch'egli l'abbia resa incosciente somministrandole un narcotico. Abbiamo peraltro ritenuto inutile menzionare espressamente le due varianti della coazione (costringere a fare o a subire un atto): il reato è realizzato anche se la vittima subisce l'atto sessuale. I mezzi messi in atto per costringere la vittima sono così definiti nello stesso modo come per la violenza carnale.

Il comportamento qui incriminato concerne qualsiasi atto sessuale, ad esclusione della congiunzione carnale (art. 189 del disegno.) Ci si può chiedere se sia opportuno distinguere tra atti simili alla congiunzione carnale e altri atti sessuali. Proponiamo di rinunciare a questa distinzione poiché le nozioni sulle quali è basata sono troppo imprecise ai fini della commisurazione della pena.

Abbiamo tenuto conto del carattere altamente riprovevole degli atti eteroses967

suali o omosessuali coatti, equivalenti alla violenza carnale, prevedendo una pena che può andare fino ai 10 anni di reclusione, come per la violenza carnale medesima. Abbiamo così aumentato di 5 anni la pena massima prevista dall'articolo 188 CP. La coazione ad atti sessuali che, pur essendo di una certa gravita, rivestono un carattere relativamente inoffensivo sarà invece passibile della detenzione. Rimane salva l'applicazione degli articoli 177 CP (ingiuria mediante vie di fatto) o 198 del disegno (molestie sessuali) ai casi che non soddisfano le condizioni previste dall'articolo 190 del disegno.

Tutte queste modifiche, riprese dall'avamprogetto della commissione peritale, hanno raccolto vasta approvazione nel corso della procedura di consultazione.

Per quanto concerne la persona della vittima, va rilevato che l'articolo 190 del disegno -- come d'altronde anche l'articolo 188 CP -- protegge tutti gli individui in generale. La vittima di una coazione può dunque essere un uomo e non è comunque necessario che il colpevole e la vittima siano di sesso differente. Questo articolo protegge d'altronde anche le persone di sesso femminile minori di 16 anni, il che in casi gravi permette d'aggravare la pena pronunciata in virtù dell'articolo 187 del disegno (concorso ideale tra le due disposizioni).

A nostra conoscenza, e benché il suo tenore di per sé lo consenta, il vigente articolo 188 CP non è mai stato finora applicato a fattispecie della vita coniugale. Siffatta possibilità permane anche secondo l'articolo 190 del disegno. Diversamente dall'ayamprogetto, abbiamo però rinunciato a prevedere esplicitamente la punibilità (a querela di parte) dell'atto commesso nei confronti del coniuge.

Circostanze attenuanti Va da sé che il colpevole può beneficiare di circostanze attenuanti anche nel caso dell'articolo 190 del disegno. Anche in questo caso può infatti esservi una stretta relazione personale tra la vittima e il colpevole (può trattarsi anche di relazioni omosessuali durature). Su questo punto rinviamo a quanto esposto in merito all'articolo 189 del disegno (cfr. n. 232.21).

Aggravamento della pena in caso di reato commesso con crudeltà Come per l'articolo 189 capoverso 3 del disegno (violenza carnale), abbiamo previsto anche qui una circostanza aggravante quando il colpevole ha agito con crudeltà. Questa fattispecie qualificata del reato è punibile con una pena minima di 3 anni di reclusione (cfr. n. 232.21).

232.23

Atti sessuali con persone incapaci di discernimento o inette a resistere (art. 191)

Questa disposizione sostituisce gli attuali articoli 189 e 190 CP, relativi agli atti di libidine su donna inetta a resistere o su persona debole di mente. La distinzione tra queste due fattispecie ha sollevato critiche che non si sono anco-

968

ra spente: lo stato che caratterizza la vittima bisognosa di protezione in queste due differenti disposizioni presenta diversità che non sono facilmente accertabili. La nozione di debolezza di mente, che corrisponde a quella di idiozia dell'articolo 189 CP, non procura particolari problemi. È invece molto difficile accertare il grado di debolezza di mente necessario per escludere l'applicazione dell'articolo 189 CP -- che prevede la reclusione fino a dieci anni --, ma comunque rilevante a tal punto da giustificare l'applicazione dell'articolo 190 capoverso 1 CP, che prevede la reclusione fino a cinque anni o la detenzione non inferiore a 1 mese. Vi sono poi altri problemi sollevati dall'articolo 190 CP: per mancanza d'intelligenza, il colpevole è spesso lui stesso incapace di costatare la debolezza mentale della vittima. È quindi molto difficile provare che egli avrebbe potuto rendersi conto del carattere illecito dell'atto. Anche un individuo d'intelligenza media può non rendersi conto di uno stato di leggera debilità, soprattutto quando il colpevole e la vittima si conoscono appena 15) (cfr. DTF 82IV 153).

La commissione peritale ha pertanto risolto di riunire gli attuali articoli 189 e 190 CP in unica disposizione che protegge tutte le persone psichicamente o fisicamente inette a difendersi da sollecitazioni sessuali. Abbiamo fondamentalmente ripreso questa proposta.

Secondo la nuova disposizione, la vittima è una persona, giovane o adulta, di sesso femminile o maschile, incapace di discernimento o inetta a resistere, sulla quale il colpevole, approfittando di questo stato, compie un atto sessuale.

Contrariamente al diritto vigente e in consonanza con quanto proposto dalla commissione peritale, la nuova disposizione non verte più esclusivamente sugli atti commessi fuori del matrimonio. Chi abusa sessualmente del proprio coniuge incapace di discernimento o inetto a resistere viola a tal punto il dovere coniugale di fedeltà e assistenza reciproca da non poter essere dichiarato esente da pena. Le considerazioni addotte a sostegno dell'impunibilità della violenza carnale commessa nel matrimonio non possono qui essere invocate. Rinunciamo nondimeno a prevedere esplicitamente un diritto di querela in favore del coniuge.

L'incapacità di resistere può essere tanto mentale che fisica, come risulta
dagli attuali articoli 189 e 190 CP che parlano di idiozia, incoscienza, debilità mentale ecc. Questi stati hanno in comune il fatto di escludere la capacità di acconsentire validamente all'attività sessuale e di esserne pertanto responsabili. Abbiamo quindi ritenuto di poter ricorrere alla nozione di incapacità di discernimento tratta dal diritto civile per definire le conseguenze di queste alterazioni. È incapace di discernimento chi non possiede la facoltà di agire in modo ragionevole, durevolmente o anche provvisoriamente, come per esempio dopo aver assorbito sostanze stupefacenti o alcool oppure in seguito ad un incidente 16).

La nuova disposizione definisce in modo più chiaro gli elementi costitutivi: l'azione di congiungersi carnalmente o di procedere ad altri atti di libidine con una persona inetta a resistere o debole di mente è ora sostituita dallo sfruttamento dello stato della vittima per compiere un atto sessuale qualsiasi. La 969

nuova formulazione prevede esplicitamente che l'autore deve avere agito sfruttando l'incapacità della vittima di resistere alle sollecitazioni sessuali. Il reato non è quindi consumato se la vittima, anche se mentalmente carente, non è incapace di difendersi nel campo sessuale. Questa disposizione non potrà dunque essere invocata per proibire ogni attività sessuale con persone affette da certe deficienze mentali.

Sanzione penale e delimitazione rispetto all'articolo 187 del disegno La pena è della reclusione fino a 5 anni o della detenzione. Rispetto alla pena prevista per la violenza carnale (art. 189 del disegno), la sanzione è più mite perché in questo caso l'autore profitta di un'incapacità preesistente della vittima, mentre per la violenza carnale è l'autore stesso ad avere provocato questa incapacità contro la volontà della vittima. L'atto commesso su una persona che, nonostante la sua limitata capacità di discernimento, riesce a difendersi dimostrando così di capire la portata dell'atto costituisce una violenza carnale 17) .

Quando la vittima è un fanciullo affetto da una malattia mentale, non è sempre facile decidere se il comportamento dell'autore sia illecito ai sensi dell' articolo 191 del disegno. Infatti, più il fanciullo è giovane, più è difficile distinguere tra l'incapacità di determinarsi dovuta all'età e l'incapacità di discernimento dovuta ad una deficienza mentale. La commissione peritale aveva quindi previsto che tutti i casi d'incapacità di discernimento fino all età di 14 anni (limite d'età per la protezione penale secondo le sue proposte) sarebbero stati compresi nel campo d'applicazione dell'articolo 187 dell' avamprogetto concernente gli atti sessuali con fanciulli. Ci'scostiamo però da questa proposta poiché essa non tien conto delle intenzioni dell'autore.

L'articolo 187 del disegno sarà dunque applicabile quando l'incapacità di discernimento della vittima deriva soprattutto dal fatto ch'essa non ha ancora compiuto i 16 anni. Sarà invece applicabile l'articolo 191 del disegno quando il colpevole approfitta soprattutto dell'incapacità di discernimento o di resistenza della vittima. Pensiamo specialmente al caso in cui l'autore abbia sfruttato lo stato d'incoscienza di una persona, per esempio di un adolescente in preda all'effetto di una droga.

232.24

Atti sessuali con persone ricoverate, detenute od imputate (art. 192)

Questa disposizione riprende l'attuale articolo 193 CP, dal quale si distingue tuttavia in quanto il dovere di sorveglianza del colpevole sulla vittima non è più una condizione sufficiente per la punibilità dell'atto; bisogna infatti che il colpevole abbia sfruttato il rapporto di dipendenza nel quale si trovava la vittima per ottenerne il consenso.

L'articolo 192 del disegno punisce anche chi, profittando di questo rapporto di dipendenza, incita la vittima a commettere un atto sessuale con un terzo.

Parlando di «persona ricoverata o collocata in uno stabilimento» si evita l'attuale enumerazione dei differenti tipi di stabilimenti. Una persona è per 970

esempio protetta ai sensi dell'articolo 192 del disegno quando è stata collocata in una casa di salute o di custodia perché mette gravemente in pericolo la sicurezza pubblica (art. 43 n. l cpv. 2 CP). Poiché la disposizione richiede lo sfruttamento del rapporto di dipendenza, in ultima analisi non è determinante se la vittima sia stata ricoverata o collocata in uno stabilimento su decisione dell'autorità, cioè di forza, oppure se vi soggiorni per libera scelta, per esempio in un ricovero per anziani.

Anche per questa incriminazione si è ricorso alla nozione unitaria di atti sessuali (cfr. n. 232.11). La pena è la detenzione, come attualmente previsto dall'articolo 193 capoverso 2 CP.

Per quanto concerne la facoltà di prescindere dal perseguimento o dalla pena, sancita nel secondo capoverso, rimandiamo al commento relativo agli articoli 187 e 188 del disegno (atti sessuali con fanciulli o persone dipendenti).

232.25

Sfruttamento dello stato di bisogno (art. 193)

Questa disposizione sostituisce l'attuale articolo 197 CP (abuso dello stato di bisogno o di dipendenza di una donna) a sua volta ispirato ad un'idea analoga a quella contenuta nell'articolo 194 capoverso 2 CP (atti di libidine contro natura). Queste due disposizioni del Codice penale differiscono infatti su un solo punto: mentre nel caso dell'articolo 194 capoverso 2 CP la vittima e il colpevole sono dello stesso sesso, per l'articolo 197 CP la vittima può essere solo una donna e il colpevole solo un uomo. Al fine di mettere sullo stesso piano i comportamenti eterosessuali ed omosessuali, abbiamo soppresso la fattispecie degli atti di libidine contro natura (cfr. n. 232.33) ed allargato conseguentemente la protezione penale prevista dall'articolo 193 del disegno: non più la donna soltanto, ma qualsiasi persona può ora essere vittima di un abuso dello stato di bisogno; elemento costitutivo del reato non è più soltanto la congiunzione carnale, ma qualsiasi atto sessuale.

Abbiamo soppresso la condizione prevista dall'articolo 197 CP, secondo cui la vittima deve trovarsi in un rapporto di dipendenza per ragioni d'ufficio, di servizio o simili. Vi sono infatti altre disposizioni che bastano largamente ad assicurare la protezione delle persone dette dipendenti: l'articolo 188 del disegno per i minorenni, l'articolo 192 del disegno per le persone ricoverate o detenute, senza contare l'articolo 312 CP che reprime l'abuso di autorità.

Anche qui sono del resto poziori gli articoli 189 e 191 del disegno (violenza carnale e atti sessuali con persona inetta a resistere).

La nuova disposizione limita la protezione penale alle persone che si trovano in grave stato di bisogno e sono state determinate a compiere o a subire atti sessuali. Non possono infatti essere considerate vittime le persone che, per risolvere un loro problema, accordano i propri favori alla leggera o prendono addirittura l'iniziativa. Non sarebbe però questo il caso di una donna divorziata che, dovendo far fronte a pesanti impegni familiari, cedesse alle sollecitazioni sessuali del futuro datore di lavoro/ per ottenere l'impiego di 971

cui ha urgente bisogno. Non potendo vantare alcun diritto all'assunzione, essa non sarebbe peraltro protetta dall'articolo 181 CP (coazione) poiché il rifiuto di assumerla non può costituire una minaccia. La nuova disposizione protegge anche l'adolescente che è fuggito da casa e che, alla ricerca di un tetto e di un lavoro, viene raccolto da un omosessuale che lo mantiene per un certo tempo in campio di prestazioni sessuali.

La pena della detenzione prevista dall'attuale articolo 197 CP viene mantenuta, come pure la facoltà di prescindere dal perseguimento o dalla pena se la vittima ha contratto matrimonio con il colpevole, conformemente alla soluzione adottata per gli articoli 187,188 e 192 del disegno.

232.26

Esibizionismo (art. 194)

Questa disposizione sostituisce in parte l'articolo 203 CP (oltraggio pubblico al pudore), restringendone anche il campo d'applicazione. Gli attuali limiti della punibilità sono difficilmente individuabili e i tribunali hanno interpretato in modo estensivo l'oltraggio pubblico al pudore. Anche azioni alle quali l'autore non attribuiva alcun contenuto sessuale sono state considerate contrarie al pudore perché urtavano la concezione generale della decenza e del buon costume (cfr. DTF 89 IV 131). La dottrina ha invece obiettato che atti privi di qualsiasi portata sessuale non possono mai costituire un'offesa al pudore 18). Essa ritiene poi errato il criterio basato sui concetti generali di decenza e di buon costume19).

Per evitare al giudice penale di doversi trasformare in censore (cfr. DTF 103 IV 171; 104 IV 258), la commissione peritale si è attenuta a un unico comportamento configurabile come punibile sotto il profilo dell'articolo 203 CP. Si tratta dell'esibizionismo, considerato come reato autonomo. Abbiamo fatto nostra questa proposta, che è stata peraltro approvata dalla maggioranza dei partecipanti alla procedura di consultazione. Le considerazioni che seguono dovrebbero d'altronde dissipare i dubbi espressi quanto alla sua applicazione pratica.

È un atto esibizionistico ai sensi dell'articolo 194 del disegno il fatto di mettere coscientemente in mostra i genitali per moventi d'ordine sessuale. Preso alla lettera, l'esibizionismo consiste nella specifica volontà dell'agente di essere osservato durante la sua esibizione. Se tale comportamento è soltanto un atto preparatorio dell'aggressione sessuale che seguirà, per esempio di una violenza carnale, esso non è compreso nella summenzionata definizione.

D'altra parte, neppure chi si esibisce per provocazione o per soddisfare un bisogno corporale non commette un atto esibizionistico se non è spinto da un movente d'ordine sessuale 20'. Simili comportamenti possono però essere sanzionati dall'articolo 198 del disegno (molestie sessuali; cfr. n. 232.51).

L'elemento della pubblicità non è rilevante per il nuovo reato; poco importa che l'esibizione abbia luogo in un vestibolo, un ascensore, un compartimento di un vagone ferroviario o in una strada molto frequentata.

U esibizionista è un deliquente piuttosto inoffensivo. Il suo comportamento 972

è considerato dagli specialisti come un sostitutivo volto a compensare una deficienza sessuale. Il soggetto agisce soprattutto sotto l'influenza di impulsi inconsci; soffre spesso delle proprie tendenze che vive lui stesso come uno scacco alla sua sessualità. Sono rari i casi in cui l'esibizionista passi violentemente all'azione. Secondo le ricerche più recenti, sono altrettanto rari i i casi in cui l'esibizionismo è soltanto una fase transitoria verso una criminalità sessuale violenta 21).

Querela, sanzioni e procedura penale Secondo il diritto vigente, l'oltraggio pubblico al pudore è perseguito d'ufficio. Limitato ora agli atti esibizionistici, diventa un delitto perseguibile a querela di parte. Il bene giuridico protetto non è infatti più il buon costume, ma la libertà sessuale della vittima disturbata dall'esibizione; la vittima deve quindi poter decidere da sola se si sente lesa. Con ciò si è voluto escludere che chi non ha accordato un'importanza particolare all'esibizione e ha superato lo «schoc» si ritrovi suo malgrado nuovamente messo di fronte a quel malaugurato incidente nel corso della procedura penale.

Medici e giuristi concordano nel riconoscere che una breve pena privativa di libertà, alla quale l'esibizionista viene generalmente condannato, è controindicata per questo tipo di delinquente. È stato parimenti messo in dubbio l'effetto preventivo generale e speciale di una simile pena. Sarebbe preferibile una psicoterapia che, secondo un parere quasi unanime, offre molte più probabilità di successo, soprattutto perché in genere l'esibizionista desidera essere curato. Il rischio di recidiva dovrebbe essere ridotto da questo trattamento medico, purché l'esibizionista vi collabori senza esservi costretto 22).

Per questi motivi, ancorché il capoverso 1 commini una pena all'esibizionista, il capoverso 2 prevede la possibilità di sospendere il procedimento penale se il colpevole si sottopone a trattamento medico. Ciò presuppone tuttavia che l'autorità istruttoria sorvegli il caso in collaborazione con il medico curante.

Poiché generalmente l'atto illecito non è grave e il danno subito dalla vittima leggero, la sanzione può essere mite. Di conseguenza il giudice che ritenga inopportuno un trattamento medico può condannare il colpevole a una pena massima di sei mesi di detenzione o a una
multa. Questa sanzione è tuttavia ancora abbastanza severa per indurre l'esibizionista a collaborare alla terapia. Quando l'esibizionista spaventa o intimorisce la vittima il giudice può, in base all'articolo 180 CP (minaccia), condannarlo sino ad una pena di tre anni di detenzione.

Il disciplinamento previsto nel capoverso 2 si ispira all'articolo 19a numero 3 della legge federale sugli stupefacenti (RS 812.121)TM. I metodi di reinserimento sociale messi in atto sotto controllo medico nei confronti dei tossicodipendenti sono infatti indicati anche per gli esibizionisti. È quindi opportuno conferire alla magistratura la competenza di sospendere provvisoriamente il procedimento, e di riprenderlo se i presupposti della sospensione vengono a cessare. L'autorità competente sarà in primo luogo il magistrato inquirente, che deve però controllare diligentemente se l'interessato si trovi già in trattamento o desideri effettivamente farsi curare. Qualora

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il magistrato sia convinto che questi due requisiti non sono più realizzati, la procedura dovrà riprendere il proprio corso. Ciò significa che la polizia non può pronunciarsi in modo autonomo. Non è tuttavia necessario che la decisione di sospendere la procedura sia presa dal giudice del merito.

Per essere in grado di decidere di riattivare il procedimento, l'autorità competente deve esercitare una certa sorveglianza, come nel caso di un trattamento al metadone seguito da un tossicodipendente, durante il quale il procedimento può analogamente essere sospeso (cfr. art. 19a n. 3 LStup). In smili casi il magistrato dovrebbe quindi accordarsi con il medico circa le modalità d'esecuzione del trattamento, ricordandogli per esempio l'impegno di seguire il paziente durante il trattamento e di informarne prontamente l'autorità se questo dovesse essere interrotto prematuramente.

Anche per questo reato, l'azione penale si prescrive in due anni. Non sarebbe infatti giustificato prevedere un regime diverso da quello di altri reati, quali gli atti sessuali con fanciulli o con persone dipendenti (art. 187 n. 4 e 188 n. 3 del disegno).

232.3 232.31

Sfruttamento di atti sessuali Promovimento della prostituzione (art. 195)

Conformemente al parere della commissione peritale, riteniamo che le disposizioni attuali sul lenocinio e sul favoreggiamento della libidine non costituiscano dei veri e propri reati sessuali, ma reprimano vari tipi di comportamento consistenti quasi sempre nello sfruttamento dell'attività sessuale altrui. Secondo la dottrina, gli elementi costitutivi del lenocinio (favoreggiamento degli atti di libidine extramatrimoniali; art. 198 e 199 CP) non indicano chiaramente quale sia il bene giuridico protetto. La legge reprime infatti la partecipazione a un comportamento che è forse immorale, ma generalmente impunibile. La questione non è stata risolta neppure dall'interpretazione restrittiva data dal Tribunale federale (cfr. DTF 71 IV 95 e 98 IV 256). L'avversione suscitata da chi fa commercio degli appetiti sessuali altrui non basta a giustificarne la repressione. Neanche la disposizione sullo sfruttamento della prostituzione (art. 201 CP) è soddisfacente, segnatamente quando lo sfruttamento si limiti a un ruolo passivo. L'elemento determinante dovrebbe consistere nello sfruttamento della prostituzione (maschile o femminile) dovuto a uno stato di dipendenza o a restrizioni fatte alla libertà d'azione di un individuo, ma in pratica questo criterio scompare dietro considerazioni puramente pecuniarie e patrimoniali 24) .

L'intervento del diritto penale in questo settore è giustificato solo se è volto a proteggere la libertà personale. Proponiamo dunque di sostituire gli articoli 198, 199, 200 e 201 CP con un'unica disposizione denominata «promovimento della prostituzione». Vi si dichiara punibile chi sospinge una persona minorenne alla prostituzione o la mantiene in tale stato oppure sfrutta a tal fine la dipendenza altrui. È anche punibile chi, per trame profitto pecuniario, sospinge una persona alla prostituzione o la mantiene in tale stato oppure ne lede la libertà d'azione sorvegliandola nella sua attività.

974

Questa nuova disposizione protegge dunque, da un canto, la libertà di decisione della persona che si prostituisce e, d'altro canto, quella della persona che è sospinta suo malgrado a prostituirsi. Le legislazioni straniere conoscono un analogo disciplinamento 25).

Che cosa bisogna intendere per prostituzione? La prostituzione, che può essere sia eterosessuale sia omosessuale, consiste nell'offrire e nel mettere a disposizione il proprio corpo, occasionalmente o per mestiere, per il piacere sessuale altrui in cambio di soldi o di altri vantaggi economici. Non è necessario che si giunga alla congiunzione carnale.

Sospinge alla prostituzione chi inizia una persona a questo mestiere e la convince a esercitarlo. Considerati i differenti modi di influenzare una persona, che vanno dal semplice consiglio alla pressione massiccia, bisogna almeno richiedere che l'influenza sia esercitata con una certa intensità. Sospingere una persona alla prostituzione oltrepassa il semplice incitarla.

Una persona che si è già data alla prostituzione può infatti essere incitata a prestarsi ad un atto di prostituzione determinato, per esempio per procurarsi la somma necessaria all'acquisto di un'automobile. Solo una persona che non si è ancora prostituita può quindi essere sospinta alla prostituzione.

La locuzione mantenere in stato di prostituzione si riferisce a qualsiasi mezzo messo in atto a tale scopo, per esempio la violenza, le minacce e la dipendenza, in particolare anche quella finanziaria.

11 capoverso 1 del nuovo articolo protegge in primo luogo i minorenni. La loro capacità di autodeterminarsi non è ancora completamente sviluppata ed è dunque opportuno istituire una protezione generale nei loro confronti.

Questa disposizione ha tuttavia una portata autonoma solo se la vittima ha almeno 16 anni: il sospingere persone più giovani a prostituirsi è infatti in concorso ideale con l'articolo 187 numero 1 capoverso 2 del disegno, che punisce chi induce un fanciullo a un atto sessuale.

Se l'autore sfrutta lo stato di dipendenza di una persona che ha già compiuto i 16 anni, ma è ancora minorenne, non vi è concorso ideale con l'articolo 188 numero 1 capoverso 2 del disegno. Solo il nuovo articolo 195, che prevede una pena sensibilmente più severa, è dunque applicabile; il promovimento della prostituzione, più
resprensibile, assorbe infatti gli elementi costitutivi dell'indurre una persona ad un atto sessuale.

L'articolo 200 CP (favoreggiamento della libidine) diventa per altro superfluo.

Esso punisce chi senza fine di lucro favorisce la libidine con persone di età minore degli anni diciotto o eccita tali persone alla libidine. Questo comportamento è infatti punibile quale partecipazione ai reati previsti dagli articoli 188 (atti sessuali con persone dipendenti) e 193 (sfruttamento dello stato di bisogno) del disegno. Riteniamo poi che il campo d'applicazione dell'articolo 200 CP sia troppo esteso dato che permette di incriminare anche i genitori o gli insegnanti qualora essi non impediscano atti di «libidine» che avrebbero potuto prevedere tra giovani della stessa età. Per quanto concerne la prostituzione, la protezione della gioventù sarà assicurata dal nuovo articolo 195.

Secondo il capoverso 1 dell'articolo 195 del disegno, costituisce promovi975

mento della prostituzione anche il comportamento di chi sospinge alla prostituzione o mantiene in tale stato una persona la cui libertà decisionale risulti limitata da uno stato di dipendenza. Come per la variante che protegge specificatamente i minorenni, anche qui i moventi dell'autore non sono determinanti.

La nozione di dipendenza deve essere compresa in senso lato. Il testo legale non la definisce in modo preciso, lasciando al giudice il compito di apprezzare la situazione. Essa può già essere ammessa quando la vittima sia succube del colpevole. Ma l'esempio più tipico di sfruttamento della dipendenza è certamente costituito da chi gestisce un postribolo. Come nel diritto attuale (art. 199 cpv. 1 CP), lo sfruttamento di una casa di tolleranza resta dunque punibile. L'unica differenza è che la nuova disposizione definisce in modo più chiaro il bene giuridico protetto, cioè la libertà sessuale delle persone che vengono sospinte alla prostituzione o che intendono abbandonare questo mestiere. Stabilimenti di vario genere possono essere considerati postriboli, ivi compreso, secondo le circostanze, un istituto di massaggi (cfr. DTF 98 IV 255, che non si riferisce tuttavia all'art. 199 cpv. 1 CP). Il postribolo non deve essere però necessariamente uno stabile: è possibile sfruttare la dipendenza altrui anche mediante un'agenzia di ragazze squillo. Gli «Eros-Center», manifestamente affermatisi rispetto alla prostituzione sulla pubblica via, sono invece stabilimenti relativamente liberi dove lo prostitute non sono generalmente sottoposte alla sorveglianza e al dirigismo tipici delle case chiuse. Non si può tuttavia escludere che certe forme di dipendenza si sviluppino anche in questi centri. Poiché la nuova disposizione erige lo stato di dipendenza a condizione per la repressione, la polizia potrà effettuare controlli regolari in questi centri per verificare se si è sviluppata una certa dipendenza. Nell'ipotesi negativa il gerente di un Eros-Center non sarà punibile.

L'articolo 195 capo verso 2 del disegno definisce una seconda forma di promovimento della prostituzione, subordinata alla condizione che l'autore intenda trame un profitto pecuniario. Il movente diventa quindi qui un elemento costitutivo del reato.

Questa disposizione intende innanzitutto sostituire l'attuale disciplinamento dello
sfruttamento della prostituzione mettendo l'accento sulla punibilità di chi sfrutta attivamente la prostituzione altrui. Non sarà dunque punibile chi accetta prestazioni pecuniarie che una prostituta (femmina o maschio) preleva dai suoi guadagni, quando egli non l'ha né sospinta alla prostituzione, né mantenuta in tale stato a scopo di lucro, in altri termini quando la prostituta può disporre liberamente dei propri guadagni.

La disposizione dichiara punibile anche chi, per trame profitto, limita la libertà d'azione di una persona dedita alla prostituzione, costringendola a esercitare il proprio mestiere in modo contrario alla sua volontà. Questa clausola generale definisce una forma particolare del mantenimento nello stato di prostituzione. Ciò si verifica quando la prostituta (femmina o maschio) venga costretta a continuare la propria attività pur desiderando interromperla, anche solo provvisoriamente, o limitarla, per esempio rinunciando a cercare nuovi clienti, o ancora quando la si costringa a prestarsi a atti sessuali che disdegna. Non è necessario che la prostituta desideri ab976

bandonare il mestiere: basta ch'essa non intenda piegarsi a certe condizioni d'esercizio che le vengono imposte. La lesione della sua libertà d'azione può quindi essere meno intensa rispetto a quanto richiesto per le altre fattispecie previste dai capoversi 1 e 2 dell'articolo 195 del disegno.

In tutti questi casi, la persona dedita alla prostituzione subisce una certa pressione ed è più o meno dipendente dal colpevole. Non è tuttavia necessario provare che si trovi in uno stato di dipendenza propriamente detto; basta provare che il colpevole ottiene dalla prostituta un certo comportamento per trame un profitto pecuniario. Anche se questa prova non è facilmente conseguibile -- nella maggior parte dei casi è possibile solo quando la prostituta ha cessato la propria attività o si è separata dal lenone --, questa difficoltà sussiste anche nel diritto vigente ed ha finora impedito una repressione efficace dello sfruttamento della prostituzione.

Sanzione penale I reati previsti dai capoversi 1 e 2 sono passibili della stessa pena poiché si tratta di due comportamenti alternativi: sospingere una persona alla prostituzione o mantenerla in questo stato. Il giudice potrà dunque tener conto delle circostanze concrete. La pena prevista è la reclusione fino a cinque ·anni o la detenzione. Il limite massimo corrisponde a quello previsto per i reati qualificati dagli articoli 198 capoverso 2 e 199 capoverso 1 CP. La giurisprudenza aveva peraltro già suggerito l'opportunità di riesaminare l'entità della pena comminata dall'articolo 199 capoverso 2, che può andare fino a un massimo di dieci anni di reclusione nei confronti di chi, per mestiere, sfrutta la prostituzione di una persona minorenne (cfr. DTF 106 IV 121). Abbiamo rinunciato a fissare un minimo di pena specifico (cfr. art. 198 cpv. 2 e 201 CP), conformemente alla tendenza generale in materia. Quando il delinquente ha agito per fine di lucro, l'articolo 50 capoverso 1 CP prevede d'altronde che il giudice può infliggere, oltre la pena privativa di libertà, anche la multa. Egli può inoltre confiscare l'illecito profitto così realizzato (art.

58 cpv. 1 lett. a CP).

L'espulsione -- che secondo l'articolo 199 capoverso 3 CP è obbligatoria quando il colpevole è straniero -- può essere decisa dal giudice penale già in base all'attuale articolo 55 capoverso
1 CP. La nazionalità in quanto tale ha poca importanza in questo contesto; se il colpevole si è integrato nel nostro Paese, la sua risocializzazione deve aver luogo in Svizzera (cfr. DTF 104 Ib 154). Un disciplinamento che preveda l'espulsione obbligatoria si giustifica solo quando il colpevole abbia agito contro la Svizzera.

Non nascondiamo infine che l'articolo 195 del disegno è contrario alla concezione adottata nella convenzione dell'ONU del 21 marzo 1950 sulla repressione della tratta degli esseri umani e dello sfruttamento della prostituzione altrui in quanto si incentra sulla libertà d'azione delle prostitute e comporta la repressione delle case di tolleranza solo se in esse viene sfruttato un rapporto di dipendenza. La ratificazione di questa convenzione da parte svizzera non è comunque stata finora possibile, onde salvaguardare la sovranità dei Cantoni (l'art. 6 della convenzione proibisce il censimento amministrativo e 977

poliziesco delle prostitute, come pure la loro sorveglianza e il loro controllo).

La convenzione non è stata ratificata nemmeno da Stati vicini quali la Repubblica federale di Germania, l'Italia e l'Austria.

232.32

Tratta di esseri umani (art. 196)

Proponiamo di sostituire l'attuale articolo 202 (tratta delle donne e dei minorenni) con una disposizione più concisa, ripresa dall'avamprogetto della commissione peritale, la quale si è sforzata di tener conto delle convenzioni ratificate dalla Svizzera in questo settore26'. L'espressione «per favorire l'altrui libidine» è ricorrente in queste convenzioni per definire l'intenzione dell'autore.

La nuova disposizione allarga la cerchia delle vittime potenziali. La protezione che l'articolo 202 CP accorda oggi alle donne e ai minorenni sarà d'ora in poi estesa a tutti gli esseri umani-, cioè a ogni individuo indipendentemente dall'età e dal sesso. Come finora, il colpevole deve agire per favorire l'altrui libidine e non per un altro fine. Alcuni partecipanti alla procedura di consultazione hanno giustamente rilevato che esistono altre forme di tratta di esseri umani, utilizzati come vere e proprie mercanzie, come nel caso di certi lavoratori stranieri sul mercato del lavoro. Il problema era già stato discusso in seno alla commissione peritale. Esso non può tuttavia essere risolto nel contesto dei reati contro il buon costume, ma tutt'al più in quello dei reati contro la libertà; d'altronde gli articoli 180 e seguenti del Codice penale permettono già di reprimere taluni di questi comportamenti.

Conformemente al tenore delle convenzioni applicabili in questo settore, il numero 1 dell'attuale articolo 202 CP menziona i comportamenti che costituiscono le varie fasi della tratta (cfr. DTF 96 IV 118 segg.), cioè il fatto di arruolare, allettare o rapire. Questa enumerazione viene ora soppressa. Per quanto concerne l'arruolamento, il testo attuale non precisa che la vittima deve essere all'oscuro di ciò che l'attende. È così punibile anche l'arruolamento di prostitute che sono perfettamente d'accordo di cambiar luogo di lavoro. Menzionare espressamente l'arruolamento è poi superfluo in quanto l'articolo 195 capoverso 2 del disegno punisce ora il comportamento di chi, per trame profitto, sospinge altri alla prostituzione.

L'allettamento e il rapimento sono azioni che l'articolo 183 CP (sequestro di persona e rapimento) punisce già con una pena fino a 5 anni di reclusione o con la detenzione. Questo disciplinamento basta dunque anche nel caso della tratta di esseri umani.

Nella misura in cui costituiscono
atti preparatori in vista della tratta, le tre suddette azioni ricadono sotto il capoverso 2 della nuova disposizione, che corrisponde all'attuale numero 3 dell'articolo 202 CP. Il suo campo d'applicazione è stato tuttavia esteso a tutti gli esseri umani e la pena prevista resa più mite.

Il campo d'applicazione della nuova disposizione comprende anche comportamenti che meritano una pena più leggera di quella prevista dal diritto vi978

gente: il capoverso 1 del nuovo articolo 196 sostituisce dunque alla reclusione, unica pena attualmente possibile, la pena della reclusione o della detenzione non inferiore a 6 mesi; per gli atti preparatori, il capoverso 2 prevede invece la reclusione fino a 5 anni o la detenzione.

Come nel diritto vigente, il giudice deve sempre infliggere anche una pena pecuniaria (cfr. art. 202 n. 3 CP; art. 196 cpv. 3 del disegno). Abbiamo per contro rinunciato ad obbligare il giudice ad espellere il colpevole straniero, analogamente a quanto proposto per il promovimento della prostituzione (cfr. n. 232.31).

L'articolo 202 numero 2 CP enumera una lunga serie di circostanze che qualificano il reato. Questa casuistica è superflua, considerato il largo potere d'apprezzamento che la nuova disposizione conferisce al giudice per commisurare la pena. Questo ampio potere gli permette dunque anche di tener conto della particolare gravita dell'atto e della colpevolezza dell'autore. La Svizzera non è d'altronde tenuta a prevedere simili circostanze aggravanti in virtù del diritto internazionale pubblico.

L'attuale numero 5 dell'articolo 202 CP rende la tratta delle donne e dei minorenni perseguibile sulla base del principio dell'universalità; questa disposizione è divenuta superflua in seguito all'adozione dell'articolo 6bis CP, che disciplina appunto questa materia.

232.33

Atti di libidine contro natura (art. 194 del diritto vigente: abrogazione)

Attualmente la legge non punisce le attività omosessuali tra persone maggiorenni. Questo comportamento sessuale non è dunque considerato illecito in quanto tale, ma è punito solo quando tre condizioni sono soddisfatte alternativamente: quando un minorenne di più di 16 anni è stato indotto a commettere o a subire un atto omosessuale (cpv. 1); quando simili atti sono stati commessi abusando dello stato di angustia o di dipendenza della vittima (cpv. 2) oppure quando l'autore commette atti omosessuali per mestiere (cpv. 3).

La commissione peritale ha proposto di abrogare questo articolo, ritenendo che i comportamenti eterosessuali ed omosessuali devono essere trattati in modo uniforme e che le nuove disposizioni in campo sessuale rappresentano una protezione sufficiente. Questa proposta ha sollevato vasti consensi nel corso della procedura di consultazione; alcuni partecipanti hanno tuttavia espresso il desiderio che la protezione penale della gioventù sia assicurata fino a 18 o a 20 anni. Abbiamo però preferito riprendere la soluzione proposta dalla commissione peritale, poiché un limite d'età differenziato per le pratiche omosessuali sarebbe incompatibile con il principio dell'uguaglianza di trattamento.

Il fatto di indurre un minorenne in età tra i 16 e i 20 anni a compiere un atto omosessuale sarà punibile in virtù del nuovo articolo 188 numero 1 capoverso 2 (atti sessuali con persone dipendenti) quando tutti i requisiti legali siano riuniti; combinata con l'articolo 193 del disegno di legge (sfrutta979

mento dello stato di bisogno), la disposizione sostituisce l'articolo 194 capoverso 2 CP in modo più che soddisfacente.

Abbiamo rinunciato a riprendere dal diritto vigente l'elemento costitutivo consistente nell'indurre una persona minorenne a commettere un atto di libidine. Recenti ricerche in materia, delle quali la commissione peritale ha tenuto conto, indicano che i contatti omosessuali di adolescenti di più di 16 anni (l'art. 187 del disegno è applicabile agli individui più giovani) non possono più influenzare il loro futuro comportamento sessuale. Sembra infatti che lo sviluppo sessuale quanto all'eterosessualità, all'omosessualità o alla bisessualità sia ormai terminato a quest'età. Le pratiche omosessuali tra adolescenti dello stesso gruppo d'età possono anche essere una manifestazione legata alla pubertà o allo sviluppo e non generano dunque conseguenze durevoli. Neppure le misure previste dal diritto penale minorile dovrebbero quindi entrare in considerazione per simili casi.

La nuova disposizione assimila poi la prostituzione maschile a quella femminile. La repressione soggiace alle condizioni previste dall'articolo 195 del disegno (promovimento della prostituzione). Anche il capoverso 3 dell'attuale articolo 194 CP diventa così privo d'oggetto.

232.34

Circostanze aggravanti (art. 195 del diritto vigente: abrogazione)

Tra le circostanze aggravanti attualmente previste dall'articolo 195 CP abbiamo ritenuto solo quella contemplata dal capoverso 3, concernente la crudeltà. Ricordiamo che il disegno di legge considera la violenza carnale (art. 189) e la coazione ad altri atti sessuali (art. 190) come reati qualificati quando il colpevole ha agito con crudeltà. Tutte le altre circostanze aggravanti possono essere soppresse. Quando il reato sessuale ha causato la morte della vittima e il colpevole poteva prevedere questo risultato (art. 195 cpv.

2 CP), si è in presenza di un concorso ideale con l'omicidio colposo (art. 117 CP) e la pena può essere conseguentemente aggravata (cfr. il commento all' art. 122 CP; n. 213.1). La sanzione può parimenti essere aggravata se il reato sessuale ha recato grave danno alla salute della vittima e se il colpevole poteva prevederlo (art. 195 cpv. 3 CP), poiché vi può essere concorso ideale con le lesioni colpose gravi (art. 125 CP), presupposto che sia stata sporta querela penale.

232.35

Seduzione (art. 196 del diritto vigente: abrogazione)

II diritto attuale punisce chi induce a congiungersi carnalmente con lui una minorenne di età superiore agli anni 16 ma inferiore ai 18, abusando dell' inesperienza o della fiducia di lei. Abbiamo seguito la proposta della commissione peritale d'abrogare questa disposizione, conformemente all'opinione della maggioranza dei partecipanti alla procedura di consultazione.

Alcuni comportamenti attualmente puniti dall'articolo 196 CP dovrebbero 980

rientrare nel campo d'applicazione del nuovo articolo 188 del disegno. Conservare un'incriminazione più estesa sarebbe in contraddizione con la maggiore capacità di autodeterminarsi oggi riconosciuta agli adolescenti di più di 16 anni. Non si dimentichi poi che l'articolo 196 CP, che dovrebbe proteggere gli adolescenti, ha in realtà per conseguenza l'apertura di un processo in cui l'integrità e l'onorabilità della vittima sono messe in causa.

232.4

Pornografia (art. 197)

L'articolo 197 del disegno tratta della pornografia e sostituisce l'attuale articolo 204 CP (pubblicazioni oscene).

Secondo la giurisprudenza, un oggetto è osceno ai sensi dell'articolo 204 CP quando offende in modo rilevante il senso della decenza. È quindi la pornografia ad essere presa di mira in primo luogo. Quando non si è in presenza di una pubblicazione veramente pornografica, il giudice penale deve applicare con moderazione l'articolo 204 CP e soltanto se la rappresentazione dell' attività sessuale è manifestamente contraria alle concezioni morali della grande maggioranza della popolazione e può così turbare o molestare l'ordine sociale (cfr. DTF 96IV 68 cons. 3; 100 Ib 395).

Il concetto di pornografia ha il vantaggio, rispetto a quello di oscenità, di indicare chiaramente che si tratta di pubblicazioni o di rappresentazioni con contenuto sessuale. Si tratterà generalmente di scene in cui l'attività sessuale è tolta dal contesto delle relazioni umane che normalmente l'accompagnano, rendendola così volgare e importuna. Si dovrebbe per esempio considerare pornografica la rappresentazione di pratiche sessuali che si intensificano progressivamente fino a ridursi all'espressione della sola sessualità 27*. Bisogna tuttavia ammettere che, nei casi limiti, anche la nozione di pornografia non eviterà al giudice il compito di precisare l'estensione della punibilità. Anche se, come oggi, non sarà sempre facile determinare il carattere pornografico d'una rappresentazione, il margine d'interpretazione sarà tuttavia ridotto rispetto al diritto vigente 28).

L'articolo 197 del disegno corrisponde in ampia misura alla proposta formulata dalla commissione peritale; si è tuttavia tenuto conto delle obiezioni emesse nel corso della procedura di consultazione. Il diritto penale deve assolvere tre compiti in questo settore: deve proteggere i giovani dalla pornografia, impedire che una persona venga costretta a prendere conoscenza di rappresentazioni di contenuto sessuale e proscrivere le forme di pornografia troppo degradanti, cioè la pornografia detta «dura», che la commissione peritale intendeva semplicemente limitare.

Per quanto concerne il disciplinamento messo in atto dalle legislazioni straniere in materia di pornografia, rinviamo alla nota 29.

La proibizione sancita al numero 1 della nuova disposizione
concerne tanto la pornografia leggera quanto quella dura. Quest'ultima, definita in modo esaustivo nel numero 3, verte su pratiche sessuali con fanciulli, animali, escrementi umani o atti violenti. Le altre rappresentazioni o oggetti sono 65

Foglio federale. 68° anno. Voi. II

981

dunque considerati pornografia «leggera». Il bene giuridico che il numero 1 intende proteggere consiste nello sviluppo sessuale armonioso degli adolescenti; per tale ragione viene proibita qualsiasi forma di pornografia, anche leggera, destinata ai giovani di meno di 16 anni. La pornografia dura è invece sottoposta a una proibizione generale. Affinchè la protezione penale sia pienamente efficace, è necessario proibire anche la diffusione della pornografia alla radio e alla televisione. Non è infatti possibile limitare la cerchia dei destinatari di questi mass-media e quindi neppure evitare che dei fanciulli ascoltino o guardino simili trasmissioni. Il capoverso 3 del numero 1 prevede dunque una proibizione generale delle emissioni radiofoniche o televisive di contenuto pornografico. Non è invece punibile il comportamento di chi offre, mostra, lascia o rende accessibili a una persona di più di 16 anni rappresentazioni o oggetti di pornografia leggera.

L'incriminazione prevista nel numero 1 costituisce un reato di esposizione a pericolo astratto; non è dunque necessario che lo sviluppo dell'adolescente sia effettivamente stato compromesso. L'età limite della protezione penale è fissato a 16 anni e corrisponde all'età prevista dall'articolo 187 del disegno (atti sessuali con fanciulli). Infatti, se si ammette che i giovani di più di 16 anni sono capaci di assumere le proprie responsabilità in campo sessuale, non si può negare loro questa maturità per quanto concerne la pornografia leggera.

La fabbricazione e l'importazione d'oggetti o di rappresentazioni pornografiche leggere non è punibile. Si tratta infatti di attività che in sé stesse sono poco riprensibili, a meno che il colpevole sappia o debba supporre che serviranno a consumare il reato definito nel numero 1, per esempio rendendo la pornografia leggera accessibile a persone di meno di 16 anni. In pratica, sarà però molto difficile provare questo elemento soggettivo; abbiamo pertanto preferito rinunciare a punire queste attività preparatorie (per quanto concerne la pornografia dura, vedi invece il n. 3 dell'art 197 del disegno).

Il numero 2 punisce con la pena pecuniaria chi espone o mostra in pubblico oggetti o rappresentazioni a tenore del numero 1 o li offre ad una persona che non gliene abbia fatto richiesta. Il bene giuridico protetto
è qui il diritto di ogni persona di non essere importunata suo malgrado con la pornografia, il che sarebbe lesivo della sua sfera intima. Non si può costringere una persona a prendere conoscenza di ciò che non desidera.

È per esempio importunato suo malgrado il destinatario di oggetti pornografici speditigli per posta ma non richiesti. Esporre o mostrare in pubblico oggetti pornografici può per esempio consistere nel presentare fotografie o cartelloni pubblicitari per un cinema; se questa pubblicità è esposta in un luogo abitualmente frequentato da minori di 16 anni, ciò basta a configurare anche la fattispecie del numero 1. Anche il fatto di esporre oggetti o immagini pornografici mettendoli in evidenza nella vetrina di un negozio realizza l'una o l'altra incriminazione.

La proibizione dell'articolo 204 numero 1 capoverso 3 CP di presentare in pubblico scene pornografiche viene mantenuta. Secondo la giurisprudenza, la proiezione di pellicole in una sala cinematografica realizza la fattispecie dell'esposizione in pubblico. La proiezione è pubblica quando il film può 982

essere visto da una cerchia indeterminata di persone. Il Tribunale federale aveva già dichiarato punibile il comportamento ora esplicitamente incriminato nel numero 2 dell'articolo 197 del disegno. Nella sentenza DTF 96 IV 70, la nostra Corte suprema affermava infatti: «Nel campo delle proiezioni cinematografiche, contrariamente a quanto succede per gli scritti o le immagini accessibili a tutti, è minimo il rischio che il pubblico si trovi involontariamente posto di fronte a temi sessuali, segnatamente allorquando una pubblicità appropriata attira fin dall'inizio l'attenzione degli spettatori sul genere di film proiettato. Gli adulti che, in simili condizioni, assistono deliberatamente alla proiezione di una pellicola che contiene scene spinte, generalmente accettano questo genere di spettacolo, o per lo meno non ne sono turbati; di conseguenza, il loro bisogno di protezione è ridotto e i limiti di tolleranza possono essere più estesi di quelli di pubblicazioni sulle quali non è possibile esercitare un controllo preventivo» (traduzione).

In quanto siano annunciate in quanto tali e lo spettatore sia di conseguenza avvisato e preparato a questo genere di spettacolo, le rappresentazioni pornografiche non realizzano gli elementi costitutivi del reato. Devono però essere proibite laddove si debba ritenere che una cerchia indeterminata di persone, anche se ristretta, non si aspetta un simile contenuto dallo spettacolo offerto. Ciò potrebbe per esempio essere il caso di una sala cinematografica non specializzata in film pornografici che, contrariamente a quanto annunciato, proietta una pellicola di questo genere. È compito dei Cantoni promulgare prescrizioni a tale riguardo. Le disposizioni cantonali relative alle rappresentazioni cinematografiche sono espressamente salvaguardate dal numero 2 capoverso 2 dell'articolo 197 del disegno. Si tratta in particolare della regolamentazione dell'età a partire dalla quale gli adolescenti possono assistere a queste proiezioni, età che deve comunque essere superiore ai 16 anni. Ai Cantoni resta dunque soltanto una competenza restrittiva.

Va da sé che essi conservano la facoltà di prevedere pene per contravvenzione di diritto cantonale e non soltanto semplici misure amministrative (cfr. art. 335 n. l CP).

Il numero 3 prevede la proibizione assoluta della pornografia
dura. Come detto, questa comprende -- si tratta di un'enumerazione esaustiva -- atti sessuali con fanciulli, animali, escrementi umani o atti violenti (la rappresentazione della violenza senza sfondo sessuale è oggetto dell'articolo 135 del disegno; cfr. n. 214.9). La pornografia dura può avere per supporto ogni genere di scritti, fotografie, immagini, oggetti o rappresentazioni che mostrano o hanno per contenuto i suddetti atti sessuali. Anche se lo scopo principale della disposizione consiste nella protezione preventiva della gioventù, la protezione si estende anche agli adulti. Il numero 3 si sospinge infatti oltre a quanto proposto dalla commissione peritale, la quale intendeva limitare la proibizione della pornografia dura alle persone minori di 18 anni. La nuova disposizione non contiene poi nessuna regolamentazione d'eccezione, contrariamente a quanto proponeva l'avamprogetto peritale per la diffusione della pornografia dura tra persone di più di 18 anni facenti parte della famiglia o di un gruppo di amici. Riteniamo infatti che la visione di oggetti o rappresentazioni pornografiche effettuata in un piccolo gruppo non sia meno nociva 983

di quella che coinvolge una cerchia più vasta di persone. La proibizione generale della pornografia dura facilita del resto una protezione efficace della gioventù, escludendo la possibilità di rivendicazioni abusive da parte di persone che pretendono beneficiare di un'eccezione.

L'enumerazione che figura nel numero 3 è esaustiva; in altri termini tutto ciò che non vi è esplicitamente previsto va considerato come pornografia leggera. Questa soluzione presenta alcuni inconvenienti: probabilmente l'enumerazione non è completa e, d'altra parte, potrebbe comprendere anche casi poco gravi. Abbiamo tuttavia preferito rinunciare ad una clausola generale, poiché questa non avrebbe permesso di distinguere in modo chiaro tra pornografia dura e pornografia leggera.

Contrariamente al numero 1, il numero 3 reprime anche gli atti preparatori.

La menzione della fabbricazione, importazione, messa in circolazione e deposito esclude eventuali scappatoie legali. La messa in circolazione comprende anche la commercializzazione e la norma prende dunque di mira anche i fornitori e i distributori.

Gli oggetti pornografici devono essere confiscati. Si vuole in tal modo assicurare che i supporti della pornografia dura vengano in ogni caso confiscati senza che sia necessario riunire le prove inerenti alle condizioni previste dall'articolo 58 capoverso 1 CP, in particolare quella della lettera b, secondo la quale gli oggetti da confiscare devono compromettere la sicurezza delle persone, la moralità o l'ordine pubblico.

Sanzione penale La pena della detenzione o della multa prevista dai numeri 1 e 3 dell'articolo 197 del disegno corrisponde nella sua entità a quella prevista dall'articolo 204 CP. Il fatto d'offrire oggetti o rappresentazioni pornografici a una persona che non li ha richiesti (n. 2) causa quasi sempre un danno esiguo, che si avvicina ad una semplice molestia, ed è quindi punito con una pena contravvenzionale: riteniamo qui indicata la pena pecuniaria. Secondo il numero 4, il colpevole che ha agito per fine di lucro è punito con la detenzione e con la multa. D'altra parte, indipendentemente dalla punibilità, il guadagno realizzato grazie a un reato può essere confiscato se appare necessario sopprimere un profitto o una situazione illecita (art. 58 cpv. 1 lett. a e cpv. 4 CP).

La nuova disposizione permette
di rinunciare alla protezione speciale della gioventù sancita dall'articolo 212 CP (traviamento dei minorenni mediante scritti e immagini immorali). La portata dell'articolo 212 è difficilmente valutabile in quanto il concetto di immoralità ivi contenuto è ancora più vasto di quello di oscenità ai sensi dell'articolo 204 CP (cfr. a tal proposito DTF 103 IV 175).

984

232.5

Contravvenzioni nel campo sessuale

232.51

Molestie sessuali (art. 198)

L'articolo 198 del disegno reprime due contravvenzioni, entrambe lesive dell' integrità personale e della facoltà di autodeterminarsi nel campo sessuale.

Combinato con il nuovo articolo 194 concernente l'esibizionismo, l'articolo 198 sostituisce gli attuali articoli 203 CP (oltraggio pubblico al pudore) e 205 CP (sollecitazioni disoneste).

È punibile secondo l'articolo 198 capoverso 1 del disegno chi causa scandalo compiendo un atto sessuale davanti a una persona che non poteva aspettarselo, purché tale comportamento non sia punibile in quanto esibizionismo (art. 194 del disegno). La fattispecie legale richiede dunque che la vittima sia stata messa di fronte suo malgrado ad un atto sessuale al quale ha dovuto assistere e dal quale è stata scandalizzata. È parimenti necessario che l'autore abbia voluto causar scandalo, foss'anche solo per dolo eventuale. Non è dunque punibile il comportamento di chi non poteva aspettarsi che qualcuno si trovasse a dover assistere alla sua attività sessuale, per esempio nel caso di una coppia di innamorati sorpresi da terzi mentre si trovano in un'automobile parcheggiata in un luogo appartato. Poco importa che l'atto sia stato commesso in pubblico o che un numero indeterminato di persone, casualmente presenti o sopraggiunte, abbiano potuto osservare l'attività sessuale (sul concetto di pubblicità ai sensi dell'articolo 203 CP cfr. DTF 89IV 331) oppure che esso si sia svolto in un luogo inaccessibile ad altre persone. In tale senso la nuova disposizione va dunque più lontano dell'articolo 203 del diritto vigente.

Contrariamente a quanto previsto per l'esibizionismo (art. 194 del disegno; n. 232.26), per realizzare questa fattispecie penale non è necessario esibire gli organi sessuali. Poco importa inoltre che il colpevole abbia agito per motivi sessuali o per un altro scopo (p. es. per turbare la vittima): basta infatti che egli abbia causato scandalo.

Per quanto concerne il disciplinamento previsto dalle legislazioni straniere, rinviamo alla nota 30.

Il capoverso 2 punisce chi, mediante vie di fatto d'ordine sessuale, molesta una persona senza che questa gliene abbia dato l'occasione. Esso sostituisce l'attuale articolo 205 CP (sollecitazioni disoneste).

La fattispecie è ora definita in modo più preciso: contrariamente all'articolo 205 CP, dove anche una semplice
sollecitazione verbale basta (cfr. DTF 90 IV 205), le molestie possono essere realizzate solo mediante vie di fatto e queste devono essere di ordine sessuale. L'accento è dunque ora messo sulla forma nella quale la vittima è stata importunata e non più soltanto sull'intenzione dell'autore.

Sono segnatamente presi di mira i casi in cui una persona mette mano all'improvviso agli organi sessuali di un'altra persona. Simile attività è chiaramente reprensibile anche se non è commessa in pubblico. In definitiva, la nuova disposizione intende proteggere non tanto il buon costume quanto il pudore 985

individuale e l'onore della vittima. La giurisprudenza l'aveva d'altronde già sottolineato a proposito dell'attuale articolo 205 CP (cfr. DTF 70 IV 85) L'atto punibile non consiste in vie di fatto ai sensi dell'articolo 126 CP, che protegge l'integrità personale della vittima, né in una coazione ad un atto sessuale ai sensi dell'articolo 190 del disegno.

232.52

Esercizio illecito della prostituzione (art. 199)

II diritto attuale non punisce la prostituzione in quanto tale, perlomeno non quella eterosessuale. Esso reprime invece, erigendole a contravvenzioni, diverse manifestazioni concomitanti che possono essere fonte di disturbo: l'adescamento (art. 206 CP), la molestia cagionata ai vicini (art. 207 CP) e la pubblicità di occasioni di libidine (art. 210 CP).

È estremamente difficile limitare efficacemente l'esercizio della prostituzione, in sé lecito; le condizioni divergono infatti non solo da un Cantone all' altro, ma spesso, ed in modo notevole, anche all'interno d'uno stesso Cantone, da una località all'altra. Le disposizioni vigenti non sono state in grado di conseguire il loro scopo. L'articolo 206 CP punisce unicamente le prostitute che scandalizzano altrui con atteggiamenti sfrontati (cfr. DTF 95 IV 132 segg.). La contravvenzione dell'articolo 207 CP può essere realizzata sono da prostitute, quindi non dai clienti o dai protettori, il cui comportamento può nondimeno causare molestie ancora più imbarazzanti (cfr. DTF 89 IV 201).

Per combattere quest'ultimo genere di molestie si è ricorso a mezzi indiretti, che sono però semplici palliativi, come per esempio la condanna di clienti per il loro inutile va e vieni31) o per disturbo della quiete notturna, conformemente alle contravvenzioni di diritto cantonale. Nelle grandi città, queste esperienze hanno portato la polizia a spostare le prostitute in aree lontane dai quartieri residenziali, dalle chiese, dalle scuole o dagli ospedali (così p. es. a Zurigo e a Berna). Questa soluzione è conforme all'articolo 31 della Costituzione federale (restrizioni amministrative in materia di commercio ed industria). L'esercizio della prostituzione è considerato un'attività economica; esso è dunque protetto dall'articolo 31 capoverso 1 della Costituzione federale purché non realizzi la fattispecie dell'articolo 206 CP (cfr. DTF 99 la 504 segg.; 101 la 473 segg.).

Anche se poco efficaci, non si può rinunciare agli articoli 206 e 207 CP senza nel contempo autorizzare espressamente i Cantoni a legiferare in questo settore: una tale rinuncia potrebbe essere interpretata come un silenzio qualificato del legislatore, come la volontà di lasciare impuniti simili atti. È quindi necessario creare una norma federale quadro per la competenza dei Cantoni d'intervenire con
prescrizioni che vadano al di là delle semplici necessità di polizia, purché questo disciplinamento rispetti il principio della proporzionalità.

La commissione peritale ha pertanto proposto una disposizione che da ai Cantoni la competenza di emanare prescrizioni sul luogo, il tempo o le modalità d'esercizio della prostituzione, nonché sulle molestie che possono deri986

varne. Secondo la commissione peritale, sarebbe poi stato compito dei Cantoni precisare la sanzione comminata per la violazione di tali norme.

Nonostante le critiche sollevate contro il capoverso 1 -- che taluni considerano una riserva impropria del legislatore a favore dei Cantoni -- la disposizione è stata ben accolta dai partecipanti alla procedura di consultazione.

L'abbiamo pertanto ripresa, aggiungendo tuttavia l'obbligo per i Cantoni di riferirsi alla pena contravvenzionale ivi prevista.

La competenza conferita ai Cantoni resterà dunque nei limiti tracciati dal diritto federale, che vieta la repressione della prostituzione in quanto tale.

Le prescrizioni cantonali su il luogo, il tempo o le modalità d'esercizio della prostituzione permettono d'intervenire contro le prostitute stesse, quelle concernenti i fenomeni molesti collaterali permettono invece d'agire contro i clienti e soprattutto anche contro chiunque, in questo contesto, disturbi la collettività (p. es. andando e venendo inutilmente o sbattendo le porte dell' automobile).

I Cantoni hanno facoltà di delegare le proprie competenze ai Comuni. Pensiamo in particolare alle grandi città e agli agglomerati formatisi alla loro periferia.

Le prescrizioni relative alle molestie derivanti dalla prostituzione devono dunque tener conto, nella misura del possibile, della situazione locale. È inoltre necessario che le sanzioni previste siano uniformi in tutti i Cantoni. Per tale motivo, il nuovo articolo 199 è stato concepito come norma-quadro, nel senso che impone ai Cantoni di comminare una pena contravvenzionale (arresto o multa). Questa sanzione di diritto federale deve dunque venire ripresa nelle disposizioni cantonali. È quanto vuole esprimere il passaggio «comminando la pena prevista nel presente articolo». Si tratta di una normativa analoga a quella prevista per la disobbedienza a decisioni dell'autorità (art. 292 CP; cfr. DTF 68 IV 47).

La norma introdotta dal disegno di legge permette d'abrogare gli articoli 206 e 207 CP, nonché l'articolo 208 CP (disposizioni speciali per i minorenni), divenuto superfluo in seguito alla modifica degli articoli 100 e 100bis CP relativi ai giovani adulti.

Poiché la prostituzione in quanto tale non è punibile, deve essere soppresso anche l'articolo 210 CP (pubblicità di occasioni di libidine)
che reprime gli atti preparatori della prostituzione, ivi comprese le segnalazioni con le quali una persona manifesta che è disposta a prostituirsi (cfr. DTF 108 IV 173).

232.6

Reato collettivo (art. 200)

La più recente esperienza criminologica insegna che certi reati vengono sempre più spesso commessi collettivamente, non solo per quanto riguarda l'ambito patrimoniale, ma anche in campo sessuale dove questa tendenza si è fatta viepiù sensibile. L'attuale revisione intende tener conto di questo fenomeno.

L'articolo 200 del disegno di legge conferisce al giudice la facoltà di aggra987

vare la pena quando un reato in campo sessuale è stato commesso collettivamente. La pena aggravata non può tuttavia superare di più della metà il massimo di pena previsto in generale per il reato. Il giudice è poi vincolato dal massimo legale del genere di pena (20 anni per la reclusione, 3 anni per la detenzione e 3 mesi per l'arresto). Si tratta dunque di una nuova circostanza aggravante che qualifica il reato sessuale e che comporta conseguenze analoghe a quelle previste dall'articolo 68 numero 1 CP (concorso di reati o di disposizioni penali). Questa circostanza aggravante non è peraltro prevista tra quelle dell'articolo 195 CP.

Invece di far consistere la circostanza aggravante nel fatto che il colpevole ha agito in qualità di associato ad una banda (cfr. i n. 2 cpv. 2 degli art. 137 e 139 sul furto e la rapina), abbiamo preferito basarci sull'intervento di più persone. Secondo la giurisprudenza è una banda la «riunione di due o più individui che, espressamente o tacitamente, si associano per commettere reati la cui natura non è necessariamente determinata in anticipo» (cfr. DTF 100 IV 220). Ma il carattere collettivo dei reati sessuali risulta spesso da un incontro fortuito tra i colpevoli. La soluzione proposta permette quindi di coprire anche i casi in cui l'intervento collettivo non era previsto.

Questa perpetrazione in comune comprende tutte le forme di cooperazione cosciente e voluta: essa trova espressione nella nozione di coautore. È coautore chi si associa alla decisione che sta alla base del reato o alla sua esecuzione, con un'intensità tale da far apparire la sua partecipazione come principale e non come subordinata quale quella dell'istigatore o del complice (DTF 77IV 91; 104IV 170).

La nuova circostanza aggravante sarà particolarmente significativa in materia di violenza carnale. La giurisprudenza non ha infatti sempre considerato la violenza carnale commessa collettivamente come un reato qualificato ai sensi dell'articolo 187 capoverso 2 CP (cfr. n. 232.21), poiché l'unico criterio per applicare questa disposizione è la capacità di resistenza di cui disponeva ancora la vittima (cfr. DTF 89IV 85 e 98IV 97).

La violenza carnale, come d'altronde la coazione ad un altro atto sessuale, se perpetrata in comune potrà essere punita con la reclusione fino a 15 anni (la pena minima
non sarà inferiore ai 3 anni di reclusione se l'atto è stato commesso con crudeltà). L'attività sessuale esercitata in comune su una persona incapace di discernimento o inetta a resistere sarà passibile della reclusione fino a 7 anni e mezzo.

Per i pochi reati passibili soltanto della detenzione -- p. es. un atto sessuale esercitato su persone dipendenti (art. 188 del disegno) -- la circostanza aggravante da noi proposta non può tuttavia produrre tutti i suoi effetti. Il giudice è infatti vincolato dal massimo legale del genere di pena, che per la detenzione è fissato a 3 anni. Il fatto che il reato sia stato commesso da più persone dovrebbe nondimeno portare il giudice a pronunciare una pena generalmente compresa tra i due e i tre anni.

988

232.7

Pubblicità contraria ai buoni costumi (art. 211 del diritto vigente: abrogazione)

L'abrogazione di questa disposizione era già prevista dall'articolo 16 capoverso 1 della legge del 24 giugno 1977 sulla protezione della gravidanza e la punibilità dell'aborto (FF 7977 III 93), legge che fu respinta dal popolo il 28 maggio 1978.

232.8

Avviso in caso di pornografia (art. 358)

Questa disposizione, di cui solo la terminologia è stata modificata, tiene conto degli obblighi assunti dalla Svizzera con la ratificazione della Convenzione internazionale del 12 settembre 1923 per la repressione della circolazione e del traffico delle pubblicazioni oscene (RS 0.311.42).

232.9

Definizioni legali (art. 110 n. l del diritto vigente: abrogazione)

Nel Codice penale, il termine donna designa ogni persona di sesso femminile che ha compiuto il sedicesimo anno di età. Con la revisione concernente la «criminalità violenta», la protezione penale prevista dalla normativa sul sequestro di persona e il rapimento (art. 183 CP) è stata estesa ad ogni individuo ed il termine «donna» è stato conseguentemente soppresso dal tenore di questo articolo. Se le nostre proposte di modificazione del titolo concernente i reati contro il buon costume verranno accettate, la protezione penale finora riservata alla donna verrà estesa ad ogni individuo in quanto tale (art. 189, 191, 193 e 196 del disegno concernenti rispettivamente la violenza carnale, gli altri atti sessuali commessi su persone incapaci di discernimento o inette a resistere e la tratta di esseri umani). Il termine «donna» sparirà così completamente dal Codice penale. Anche se soltanto una persona di sesso femminile può essere vittima di una violenza carnale (art. 189 del disegno), questa restrizione non implica alcun limite d'età. Il numero 1 dell'articolo 110 CP può dunque essere soppresso.

24

Commento al disegno di legge B relativo al Codice penale militare (Buon costume)

II Codice penale militare deve essere adattato alle modifiche introdotte in questo settore nel Codice penale.

Titoli e struttura del capo dodicesimo: Capo dodicesimo (Dei reati nel campo sessuale) Articolo 153 (Violenza carnale) 989

Articolo 154

(Coazione ad altri atti sessuali)

Articolo 155

(Atti sessuali con persone incapaci di discernimento o inette a resistere)

Articolo 156

(Atti sessuali con fanciulli)

Articolo 157 (Atti omosessuali) Abbiamo ripreso qui la soluzione proposta dalla commissione peritale, alla quale non fanno ostacolo i risultati della procedura di consultazione. La proposta di sopprimere l'articolo 157 numero 1 CPM era d'altronde già stata respinta dal Consiglio nazionale, con 62 voti contro 37, nel corso del dibattito parlamentare del 1979 relativo alla modifica del Codice penale militare (Boll, uff., CN 1978 p. 125). Poiché l'esercito è composto principalmente di uomini, le relazioni omosessuali sarebbero incompatibili con la disciplina e con l'ordine militari.

Secondo il numero 1 di questa disposizione, gli atti omosessuali tra persone sottoposte al diritto penale militare permangono dunque punibili. Il numero.

2, che è stato riformulato, prevede una circostanza aggravante per il colpevole che ha approfittato dalla propria posizione militare.

Articolo 158

(Circostanze aggravanti: abrogazione)

Articolo 159 (Esibizionismo) Poiché il diritto penale militare non prevede reati punibili a querela di parte, eccettuati i reati contro l'onore, l'esibizionismo sarà perseguito d'ufficio, non da ultimo anche perché questo reato può perturbare l'ordine e la disciplina militari in seno alla truppa.

Articolo 159a 25

(Reato collettivo)

Modificazione dalla legge federale sulle dogane

Articolo 36 capoverso 4 della legge federale sulle dogane (Sequestro alla frontiera) Secondo l'attuale disposizione, le pubblicazioni e gli oggetti immorali scoperti in occasione di un controllo doganale vengono sequestrati e il Ministero pubblico della Confederazione dev'esserne avvisato. Questa disposizione deve essere adattata agli articoli 135 e 197 del disegno, prevedendo il sequestro per tutti gli oggetti o rappresentazioni che illustrano con insistenza atti di cruda violenza (cfr. art. 135 del disegno), come pure per quelli relativi alla pornografia «dura» (cfr. art. 197 n. 3 del disegno). Per praticità, è opportuno sgravare il Ministero pubblico della Confederazione dal compito di pronunciarsi sul carattere illecito degli oggetti sequestrati alla frontiera. Il nuovo tenore dell'articolo 36 capoverso 4 prevede dunque che tali oggetti saranno trasmessi dal competente ufficio doganale al pubblico ministero del Cantone in questione. La decisione dovrà essere presa da un'autorità giudiziaria e non da un'autorità amministrativa.

990

Le pellicole che beneficiano di un permesso d'importazione non possono essere oggetto di un sequestro provvisorio. Questa riserva intende garantire la certezza del diritto.

26

Commento al disegno di legge C relativo alla modifica del Codice penale militare (Repressione in via disciplinare del consumo di esigue quantità di stupefacenti)

Articolo 218 (Giurisdizione militare) e articolo 219

(Giurisdizione ordinaria)

Ci è sembrato opportuno profittare dell'occasione offerta dalla revisione del Codice penale militare per inserirvi una nuova disposizione che conferisce al comandante di truppa competenze disciplinari che gli permettono d'intervenire direttamente contro il consumo di esigue quantità di stupefacenti. Questa nuova competenza corrisponde ad un bisogno reale. II problema è peraltro strettamente legato alla problematica dei reati contro la vita e l'integrità personale.

Secondo gli articoli 7 e 219 del Codice penale militare, le autorità giudiziarie civili sono competenti per giudicare le infrazioni alla legge del 3 ottobre 1951 sugli stupefacenti (RS 812.121) commesse durante il servizio militare. L'articolo 19a di questa legge dichiara passibile dell'arresto o della multa «chiunque, senza essere autorizzato, consuma intenzionalmente stupefacenti oppure chiunque commette un'infrazione giusta l'articolo 19 per assicurarsi il proprio consumo», per esempio fabbricando, depositando, trasportando, comprando, vendendo, distribuendo, procurando ecc. stupefacenti. La stessa disposizione (n. 2) prevede che «nei casi poco gravi si può abbandonare il procedimento o prescindere da ogni pena». Quanto all'articolo 196, esso dichiara non punibile il comportamento di chi «prepara stupefacenti soltanto per il proprio consumo o consegna gratuitamente stupefacenti per renderne possibile il simultaneo consumo in comune», purché si tratti di quantità esigue.

Considerato quanto precede, il consumo di droghe in quantità esigue durante il servizio militare non è punibile.

Soltanto le seguenti fattispecie del Codice penale militare permettono di punire il consumo di stupefacenti: - crimini o delitti commessi in stato di irresponsabilità causata da ubriachezza o intossicazione colpevoli (art. 80 n. 2 CPM); - il comportamento di chi, con una mutuazione o qualsiasi altro procedimento, si rende inabile al servizio militare in modo permanente o provvisorio, se la sostanza stupefacente è stata assorbita a tale scopo (art. 95 CPM); - conducente che si trova sotto l'effetto di uno stupefacente (art. 31 della legge sulla circolazione stradale e art. 2 dell'ordinanza sulle norme della circolazione stradale); 991

- persone sotto l'effetto di uno stupefacente che si rendono incapaci di compiere i doveri inerenti al servizio di guardia (art. 76 n. 1 cpv. l CPM).

In conclusione, se gli elementi costitutivi del consumo di stupefacenti non sono realizzati -- il che si verifica già quando la quantità assorbita è esigua -- l'atto non può essere perseguito secondo il diritto penale militare.

11 consumo di quantità esigue di stupefacenti è relativamente frequente durante la scuola reclute, più raro invece nei corsi di ripetizione. Rare sono anche le infrazioni che, ai sensi dell'articolo 19 della legge federale sugli stupefacenti, richiedono il rinvio del colpevole ai tribunali ordinari. Il consumo di quantità esigue di stupefacenti non provoca alcuna inabilità al servizio; chi lo pratica è generalmente ben integrato dal punto di vista sociale. Ciò non esclude tuttavia la possibilità di situazioni pericolose, tanto per il soldato che ha assorbito lo stupefacente, anche se in quantità minime, quanto per le persone che gli stanno vicino, per esempio durante un esercizio di tiro.

Il soldato sotto l'influsso di stupefacenti rappresenta poi un rischio per la disciplina e per la sicurezza della truppa, nonché per la capacità difensiva dell'esercito.

Abbiamo studiato questo problema, sollevato dai comandanti di truppa, e siamo giunti alla conclusione che il diritto vigente presenti una lacuna che bisogna colmare. Abbiamo pertanto previsto di estendere la giurisdizione militare anche ai casi di consumo non autorizzato di quantità esigue di stupefacenti durante il servizio (cfr. art. 218 cpv. 4 e art. 219 cpv. 1 del disegno C relativo alla revisione del Codice penale militare).

3

Conseguenze finanziarie e ripercussioni sull'effettivo del personale per la Confederazione e i Cantoni

La revisione proposta non comporta nessuna spesa supplementare e non esplica effetti sullo stato del personale.

4

Linee direttive della politica di governo

La revisione del Codice penale e del Codice penale militare concernente i reati contro la vita, l'integrità personale, il buon costume e la famiglia è stata preannunciata nelle linee direttive della politica di governo per la legislatura 1983-1987 (FF 19841151, n. 36).

5

Costituzionalità

11 disegno di legge si fonda sugli articoli 20 e 64bis della Costituzione federale, i quali conferiscono alla Confederazione la competenza di legiferare in materia di organizzazione dell'esercito e di diritto penale.

992

Note " Hanno fatto parte della Commissione peritale per questa fase della revisione del Codice penale i seguenti periti: Arthur Bachmann t, capo del Dipartimento di giustizia del Canton Zurigo (Winterthur); Monique Barrelet, dottore in medicina (Neuchâtel); Max Berger, professore di medicina (Berna) fino al 1973; JeanClaude Chappuis, segretario gen. del Dipartimento di giustizia, di polizia e degli affari militari del Canton Vaud (Morges); François Clerc, professore emerito di diritto penale (Saint-Biaise); Ita Maria Eisenring, giudice cantonale (Rorschach); Peter Fink, giudice cantonale (Zurigo); Jean Gauthier, professore di diritto penale (Losanna); Philippe Graven, professore di diritto penale (Ginevra); Rudolf Gerber, procuratore generale della Confederazione (Berna) dal novembre 1973; Alois Grendelmeier t, avvocato (Zurigo); Georges-André Hauser, professore di medicina (Lucerna); Valentine Lenoir-Degoumois, professore di diritto (Ginevra); Ruth Levi-Anliker, dottore in legge (Pully); Ernst Lohner, brigadiere, ex uditore in capo dell'esercito (Berna); Peter Noli t, professore di diritto penale (Gossau/ZH); Willy Padrutt, procuratore generale (Coirà); Dominique Poncet, avvocato (Ginevra); Marco Ramelli, giudice d'appello (Locamo); Louis Rumpf, professore di teologia (Losanna); Vital Schwander, giudice federale (Losanna); Heinrich Stamm, professore di medicina (Baden); Judith Stamm, dottore in legge (Lucerna); Hans-Martin Steinbrück t, giudice cantonale (Aarau), fino al nov.

1976; Günter Stratenwerth, professore di diritto penale (Reinach/BL); Antoinette Stucki-Lanzrein, avvocato, (Muri presso Berna); Alois Sustar, professore di teologia (Coirà); Hans Walder, ex procuratore generale della Confederazione (Seftigen), fino all'agosto 1973; Hans Wieland, ex procuratore generale (Basilea); Rudolf Wyss, professore di medicina (Münsingen).

2)

Federazione svizzera degli avvocati; Società svizzera di diritto penale (comitato); Giuristi democratici svizzeri; Federazione delle chiese protestanti della svizzera; Conferenza dei vescovi svizzeri; Chiesa cattolico-cristiana svizzera; Federazione svizzera delle comunità israelite; Alleanza delle società femminili svizzere; Federazione svizzera delle donne protestanti; Lega svizzera delle donne cattoliche; Società d'utilità pubblica delle donne svizzere; Commissione federale per le questioni femminili; Commissione federale per la gioventù; Pro Juventute; Associazione svizzera degli assistenti sociali e educatori diplomati; Organizzazione svizzera degli omofili; Coordinazione omosessuale svizzera; Tribunale militare di cassazione.

3>

Cfr. p. es. Rehberg, Strafrecht III, Zurigo 1983, p. 3.

4>

Binder, Der juristische und psychiatrische Massstab bei der Beurteilung der Tötungsdelikte, Rivista penale svizzera, 67, 1952, p. 313 segg. e 324 segg.

51

Boll. uff. CN 1979, 34 seg.; CS 1979, 250 seg.; FF 1983 II 28, n. 722.

6)

Rivista svizzera di giurisprudenza 51, 1955, p. 141 n. 96; Ammon, Betschart, Corboz ed altri, Kindsmisshandlung, Diessenhofen 1983.

7>

Cfr. per esempio § 227 Codice penale germanico; § 91 Codice penale austriaco.

81

Rivista svizzera di giurisprudenza 78, 1982, p. 252, nota 41.

9)

101

Cfr. FF 1984 III 17.

Reinhardt Heinz, Die Bestrafung der Unzucht mit Kindern unter besonderer Berücksichtigung des Verhaltens und der Persönlichkeit des Opfers, tesi, Berna 1967, p. 46 segg.

"' Tra le normative straniere inerenti al limite d'età, cfr. in particolare: § 176 del Codice penale germanico: 14 anni; art. 331 del Codice penale francese: 15 anni; art. 245/247 del Codice penale olandese: 16 anni; § 206-208 del Codice penale austriaco: 14 anni; VI capitolo, § 3, § 6 cpv. 1 del Codice penale svedese: 15 anni.

993

121

Jenny Guido, Angriffe auf die sexuelle Freiheit: Art. 187 und 188 StGB, tesi, Basilea, 1975, p. 172 segg.

13)

Girardin Michel, Les dispositions de l'article 191 CPS et la jurisprudence qui s'y rapporte sont-elles encore en harmonie avec la notion actuelle de la morale et des bonnes moeurs? Rivista penale svizzera, vol. 86 (1970), p. 207.

14> Stratenwerth, Schweiz. Strafrecht BTII, 3a ediz. (1984), § 24, nota 14.

15)

Gartmann H., Zur Praxis der psychiatrischen Begutachtung Schwachsinniger gemäss Art. 190 StGB, Rivista penale svizzera, vol. 67 (1952), p. 101.

16)

In proposito vedi anche Bucher, Commentario bernese, diritto delle persone, 1976, n. 3, 6, 67 segg.; 87 ad art. 16 CC.

17)

Jenny, op. cit., p. 177, nota 1.

181

Peter Strasser, Die öffentlichen unzüchtigen Handlungen nach Schweiz. Strafrecht, Art. 203 StGB, tesi, Berna 1951, p. 46; Stratenwerth, Schweiz. Strafrecht, op. cit., § 27 nota marginale 6.

19>

Schultz, ad DTF 89 IV 129, Rivista della società dei giuristi bernesi, 101 (1965), p.29.

M)

Lenckner ad § 183 Codice penale germanico, nota marginale 3 nel commentario Schönke-Schröder, 21a ediz. (1982).

21>

Jürg Schaufelberger, Die öffentlichen unzüchtigen Handlungen, Eine kriminologische Darstellung unter besonderer Berücksichtigung der in den Jahren 1967/ 68 im Kanton Zürich strafrechtlich beurteilten Fälle, tesi, Zurigo 1973, p. 100 segg.

221

Schaufelberger, op. cit., p. 154/55; per quanto concerne la castrazione a titolo terapeutico cfr. anche Rivista svizzera di giurisprudenza 65 (1969), p. 71.

23)

LStup art. 19a n. 3: «Si può prescindere dall'azione penale se il colpevole, per aver consumato stupefacenti, sottosta o si sottopone a un'assistenza sorvegliata del medico. L'azione penale viene ripresa se il colpevole si sottrae al trattamento medico».

241

Hafter, Lehrbuch des Schweiz. Straf rechts, Parte speciale, p. 147/148; Stratenwerth, op. cit., § 26 note marginali 53/54; Schultz, ad DTF 105 IV 197, Rivista della società dei giuristi bernesi, 117 (1981), p. 33; Schultz, Die Revision des schweizerischen Sexualstrafrechts, Rivista svizzera di giurisprudenza 78 (1982, p. 252.

25>

Codice penale germanico, § 180a, «Förderung der Prostitution», e § 181a «Zuhälterei», disposizioni che sono entrambe inserite nel titolo relativo ai «Straftaten gegen die sexuelle Selbstbestimmung»; Codice penale austriaco, § 213-215.

28)

Cfr. i protocolli dell'ONU del 12 novembre 1947 concernenti le convenzioni internazionali ratificate dalla Svizzera concernenti: - una protezione efficace contro il traffico criminale conosciuto sotto il nome di tratta delle bianche (del 18 maggio 1904; senza obbligo di emanare disposizioni penali; RS 0.311.31), - la repressione della tratta delle bianche (del 4 maggio 1910; RS 0.311.32), - la repressione della tratta delle donne e dei fanciulli (del 30 settembre 1921; convenzione addizionale della Società delle Nazioni che estende la repressione alla tratta dei fanciulli di entrambi i sessi e che fissa l'età limite a 21 anni; RS 0.311.33), - la repressione della tratta delle donne maggiorenni (dell'I 1 ottobre 1933; RS 0.311.34).

La Convenzione delle Nazioni Unite concernente la repressione della tratta degli

994

esseri umani e dello sfruttamento della prostituzione altrui (del 21 marzo 1950), destinata a sostituire le convenzioni summenzionate, non è stata ratificata dal nostro Paese.

La legge federale del 30 settembre 1925 concernente la repressione della tratta delle donne e dei fanciulli fu promulgata per ratificare le convenzioni del 1910 e del 1921 (cfr. art. 398 cpv. 2 lett. m CP).

27> Hanack, Gutachten zum 47. Deutsches Juristentag 1968, p. 240.

28) Lenckner, op. cit., ad § 184 del Codice penale germanico, nota 4.

29)

Repubblica federale di Germania La diffusione delle pubblicazioni di carattere pornografico (pornografia «leggera») è punibile nei casi enumerati dal § 184 cpv. 1 del Codice penale. La fabbricazione e la diffusione della pornografia «dura» è invece sempre punibile (§ 184 cpv. 3 del Codice penale). La pornografia è «dura» quando contiene atti di violenza o rappresenta l'abuso sessuale di fanciulli o atti sessuali con animali.

La legge del 29 aprile 1961 sulla diffusione di pubblicazioni pericolose per la gioventù prevede l'istituzione di una lista di tutte le pubblicazioni che, dal punto di vista morale, rappresentano un pericolo per i fanciulli e per gli adolescenti. Si tratta soprattutto di pubblicazioni immorali, che inducono alla brutalità o alla violenza. Le registrazioni sonore o visive nonché le altre forme di illustrazione o rappresentazione sono assimilate alle pubblicazioni; è quindi proibito diffondere o fare pubblicità di una pubblicazione iscritta nella lista summenzionata. Questa lista viene tenuta à giorno da una commissione federale espressamente incaricata della sorveglianza e del controllo delle pubblicazioni destinate alla gioventù.

Francia Per la commercializzazione mediante la stampa di opere di carattere pornografico è in generale comminata una pena detentiva compresa fra un mese e due anni, nonché una multa tra 360 e 30 000 FF (art. 283 del Codice penale).

Prima di decidere di dare avvio all'azione penale il pubblico ministero tiene nondimeno conto dell'evoluzione dei costumi, così che questa disposizione è ora applicata solo per opere pornografiche che contengono o rappresentano attività sessuali con fanciulli o animali.

Il Ministero degli interni può limitare la diffusione di opere di carattere pornografico, segnatamente proibendone la pubblicazione e la vendita ai minori di 18 anni.

Sono poi proibiti gli inserti pornografici in pubblicazioni il cui contenuto è destinato soprattutto agli adolescenti e ai fanciulli.

La legge del 30 settembre 1975 prevede uno speciale disciplinamento per le pellicole pornografiche: la tassa sul valore aggiunto è accresciuta, l'importazione è soggetta a un'imposta speciale ed è esclusa qualsiasi sovvenzione statale per il produttore e per il proprietario della sala cinematografica. Una commissione di sorveglianza classifica le pellicole
secondo un criterio oggettivo: ogni pellicola che rappresenta atti sessuali non simulati, segnatamente la congiunzione carnale, è considerata pornografica.

Il diritto francese non conosce la nozione di pornografia «leggera».

Paesi Bassi Gli articoli 240 e 240 bis del Codice penale olandese reprimono la diffusione della pornografia. Queste disposizioni non distinguono tra pornografia dura e leggera. Dal 1979 si sta tuttavia studiando un nuovo disciplinamento: il disegno di legge, che non è ancora stato approvato dal Parlamento, prevede di restringere la repressione della pornografia al fatto di trovarsi inopinatamente confrontato con illustrazioni e oggetti pornografici nonché alla loro distribuzione ai minori di 16 anni.

995

Austria La pornografia non è libera ma sottosta alle disposizioni penali della legge sulla pornografia del 1950. Mentre queste disposizioni parlano semplicemente di «pubblicazioni, illustrazioni, registrazioni visive o altri oggetti contrari al pudore», la Corte suprema ha interpretato la nozione di impudicizia in modo sempre più restrittivo. Così, da quasi dieci anni, la pornografia «leggera» non è più repressa in quanto tale, ma solo a determinate condizioni inerenti al suo carattere molesto e alla protezione della gioventù (p. es. in caso di commercializzazione nei supermercati -- ma non nei sex-shops -- e di rappresentazioni sessuali oscene fini a sè stesse, cioè tolte dal contesto delle relazioni umane). D'altra parte, la giurisprudenza considera contrarie al pudore ai sensi del § 1 della legge sulla pornografia le illustrazioni e le altre raffigurazioni di attività sessuali con fanciulli oppure combinate con la violenza o l'omosessualità, pur senza qualificarle formalmente di pornografia «dura».

Svezia Neppure in Svezia la pornografia è completamente libera. Le rappresentazioni pornografiche che coinvolgono fanciulli sono proibite. Il § 10a del Capitolo XVI del Codice penale svedese prevede: «Chiunque rappresenta un fanciullo in una scena pornografica nell'intento di diffondere questa rappresentazione, oppure chiunque diffonde tale rappresentazione si rende colpevole, salve circostanze giustificative, del delitto di pornografia con fanciulli ed è punito con la multa o con la detenzione fino a 6 mesi».

Il § 11 del capitolo XVI prevede: «Chiunque espone rappresentazioni pornografiche, segnatamente in vetrina o agendo analogamente, in modo proprio da dar pubblico scandalo, si rende colpevole di esposizione illecita di rappresentazioni pornografiche ed è punito con la multa o con la detenzione fino a 6 mesi.

Chiunque spedisce, tramite la posta o in qualsiasi altro modo, rappresentazioni pornografiche a una persona che non le ha richieste è passibile della stessa pena».

30>

Repubblica federale di Germania: § 183a CP «Erregung öffentlichen Aergernisses»; Austria: § 128 CP «Oeffentliche unzüchtige Handlungen»; Italia: art.

527 «atti osceni» e art. 726 CP «atti contrari alla pubblica decenza. Turpiloquio» (Contravvenzione di polizia); Francia: art. 330 CP compreso nella sezione relativa agli «attentats aux moeurs».

31)

Art. 33 lett, d dell'ordinanza del 13 novembre 1962 sulle norme della circolazione stradale (RS 741.11; DTF 91 IV 151 cons. le).

996

Codice penale svizzero Codice penale militare

Disegno A

(Reati contro la vita e l'integrità della persona e contro la famiglia) Modificazione del

L'Assemblea federale della Confederazione Svizzera, visto il messaggio del Consiglio federale del 26 giugno 1985 *>, decreta:

I

II Codice penale svizzero2) è modificato come segue :

impunità

Assassinio

Omicidio passionale

Art. 66bis (nuovo) Se l'agente è stato sì duramente colpito dalle conseguenze dirette del suo atto che una pena risulterebbe inappropriata, l'autorità competente prescinde dal procedimento penale, dal rinvio a giudizio o dalla punizione.

2 Nelle stesse circostanze, si prescinderà dalla revoca della sospensione condizionale della pena o dalla revoca della liberazione condizionale.

1

Art. 112 Se il colpevole ha agito con particolare mancanza di scrupoli, segnatamente con movente, scopo o modalità particolarmente riprensibili, la pena è della reclusione perpetua o della reclusione non inferiore a dieci anni.

Art. 113 Se il colpevole ha agito cedendo a una violenta commozione dell'animo scusabile per le circostanze o in stato di profonda prostrazione, la pena è della reclusione sino a dieci anni o della detenzione da uno a cinque anni.

" FF 1985 II 901 RS 311.0

2)

66

Foglio federale. 68° anno. Voi. II

997

CP/CPM

Omicidio del consenziente

Art. 114 Chiunque, per motivi onorevoli, segnatamente per pietà, cagiona la morte di una persona dietro seria e insistente richiesta di lei, è punito con la detenzione.

infanticìdio

Art. 116 La madre che, durante il parto o finché si trova sotto l'influenza del puerperio, uccide l'infante, è punita con la detenzione.

3. Lesioni personali.

Lesioni gravi

Lesioni semplici

Art. 122 Chiunque intenzionalmente ferisce una persona mettendone in pericolo la vita, chiunque intenzionalmente mutila il corpo, un organo o arto importante di una persona, o le produce la perdita dell'uso di un tale organo o arto, o le cagiona permanentemente incapacità al lavoro, infermità o malattia mentale, o le sfregia in modo grave e permanente il viso, chiunque intenzionalmente cagiona un altro grave danno al corpo od alla salute fisica o mentale di una persona, è punito con la reclusione sino a dieci anni o con la detenzione da sei mesi a cinque anni.

Art. 123 1. Chiunque intenzionalmente cagiona un danno in altro modo al corpo od alla salute di una persona, è punito, a querela di parte, con la detenzione.

Nei casi poco gravi, il giudice può attenuare la pena secondo il suo libero apprezzamento (art. 66).

2. La pena è della detenzione e il colpevole è perseguito d'ufficio, se egli ha fatto uso di veleno, di un'arma o di un oggetto pericoloso, se egli ha agito contro una persona incapace di difendersi o contro una persona, segnatamente un fanciullo, della quale aveva la custodia o doveva aver cura.

Art. 124 e 125 cpv. 2 Abrogati

Art. 126 cpv. 2 (nuovo) 2 II colpevole è perseguito d'ufficio se ha agito reiteratamente

998

CP/CPM

contro una persona, segnatamente un fanciullo, della quale aveva la custodia o doveva aver cura.

Art. 127 4. Esposizione a pericolo della vita o salute altrui.

Abbandono

Omissione di soccorso

Esposizione a pericolo della vita altrui

Chiunque espone a pericolo di morte od a grave imminente pericolo di perdita della salute una persona incapace di provvedere a se stessa e della quale egli ha la custodia o deve aver cura, ovvero l'abbandona in siffatto pericolo, è punito con la reclusione sino a cinque anni o con la detenzione.

Art. 128 Chiunque omette di prestare soccorso a una persona da lui ferita o in imminente pericolo di morte, ancorché, secondo le circostanze, si potesse ragionevolmente pretenderlo da lui, chiunque impedisce ad un terzo di prestare soccorso o lo ostacola nell'adempimento di tale dovere, è punito con la detenzione o con la multa.

Art. 129 Chiunque, senza scrupoli, mette in pericolo imminente la vita di alcuno, è punito con la reclusione sino a cinque anni o con la detenzione.

Art. 130 a 132 Abrogati

Rissa

Aggressione

Art. 133 ! Chiunque prende parte ad una rissa in seguito alla quale alcuno rimanga ucciso o riporti una lesione personale, è punito con la detenzione o con la multa.

" Non è punibile chi si limiti a respingere gli attacchi od a separare i contendenti.

Art. 134 Chiunque prende parte ad un'aggressione a danno di una o più persone e in seguito alla quale un aggredito rimanga ucciso o riporti una lesione personale, è punito con la detenzione sino a cinque anni.

999

CP/CPM

Rappresentazione di atti di cruda violenza

Somministrazione a fanciulli di sostanze pericolose per la salute

incesto

Art. 135 1 Chiunque fabbrica, importa, tiene in deposito, mette in circolazione, propaganda, espone, offre, mostra, lascia o rende accessibili scritti, registrazioni sonore o visive, immagini o altri oggetti o rappresentazioni mostranti con insistenza atti di cruda violenza verso uomini o animali e privi di valore culturale o scientifico degno di protezione, è punito con la detenzione o con la multa.

3 Gli oggetti sono confiscati.

3 Se il colpevole ha agito per fine di lucro, la pena è della detenzione e della multa.

Art. 136 Chiunque somministra o lascia consumare a un fanciullo minore degli anni sedici bevande alcoliche o altre sostanze in quantità pericolose per la salute, o stupefacenti a tenore della legge federale del 3 ottobre 1951 l) sugli stupefacenti, è punito con la detenzione o con la multa.

Art. 213 ! Chiunque compie la congiunzione carnale con un proprio ascendente o discendente o con un fratello o sorella germano, consanguineo o uterino, è punito con la detenzione.

2 II minorenne va esente da pena se è stato sedotto.

3 L'azione penale si prescrive in due anni.

Art. 214 Abrogato

Bigamia

Art. 215 Chiunque contrae matrimonio essendo già coniugato, chiunque contrae matrimonio con una persona coniugata, è punito con la detenzione.

Art. 216 Abrogato

" RS 812.121

1000

CP/CPM

Art. 217 Trascuranza Chiunque non presta gli alimenti o i sussidi che gli sono imd e i doveri d i . . . . . .

. . - . . . 1 , 1 * .

mantenimento posti dal diritto di famiglia, benché abbia o possa avere i mezzi per farlo, è punito, a querela di parte, con la detenzione.

2 Possono presentare querela anche le autorità e i servizi designati dai Cantoni.

1

Art. 218 Abrogato

Violazione del dovere d'assistenza o educazione

Sottrazione di minorenne

Art. 219 1 Chiunque viola o trascura il suo dovere d'assistenza o educazione verso un minorenne e in tal modo ne espone a pericolo lo sviluppo fisico o psichico, è punito con la detenzione.

2 Se il colpevole ha agito per negligenza, invece della detenzione può essere pronunciata la multa.

Art. 220 Chiunque sottrae o si rifiuta di restituire un minorenne alla persona che esercita l'autorità parentale o la tutela, è punito, a querela di parte, con la detenzione o con la multa.

Titolo quarto1"8: Dell'avviso concernente i reati commessi contro minorenni

(nuovo) Obbligo d'avviso

Diritto d'avviso

Art. 358bis Se nell'ambito di un procedimento inerente a un reato commesso contro un minorenne risulti che sono necessari ulteriori provvedimenti, l'autorità competente ne informa immediatamente le autorità tutorie.

Art. 15Ster Se è stato commesso un reato contro un minorenne, le persone tenute al segreto d'ufficio o professionale (art. 320 e 321) hanno il diritto, nell'interesse del minorenne, di avvisarne le autorità tutorie.

1001

CP/CPM II

II Codice penale militare1) è modificato come segue :

impunità

Assassìnio

Art. 47a (nuovo) * Si prescinderà dal rinvio a giudizio o dalla punizione se l'agente è stato sì duramente colpito dalle conseguenze dirette del suo atto che una pena risulterebbe inappropriata.

2 Nelle stesse circostanze, si prescinderà dalla revoca della sospensione condizionale della pena o dalla revoca della liberazione condizionale.

Art. 116 Se il colpevole ha agito con particolare mancanza di scrupoli, segnatamente con movente, scopo o modalità particolarmente riprensibili, la pena è della reclusione perpetua o della reclusione non inferiore a dieci anni.

Art. 117

Omicidio passionale

Se il colpevole ha agito cedendo ad una violenta commozione dell'animo scusabile per le circostanze o in stato di profonda prostrazione, la pena è della reclusione sino a dieci anni o della detenzione da uno a cinque anni.

Art. 118

Omicidio del consenziente

Chiunque, per motivi onorevoli, segnatamente per pietà, cagiona la morte di una persona dietro seria e insistente richiesta di lei, è punito con la detenzione.

Art. 121

2. Lesioni personali.

Lesioni gravi

» RS 321.0

1002

Chiunque intenzionalmente ferisce una persona mettendone in pericolo la vita, chiunque intenzionalmente mutila il corpo, un organo o arto importante di una persona, o le produce la perdita dell'uso di un tale organo o arto, o le cagiona permanentemente incapacità al lavoro, infermità o malattia mentale, o le sfregia in modo grave e permanente il viso, chiunque intenzionalmente cagiona un altro grave danno al corpo od alla salute fisica o mentale di una persona,

CP/CPM è punito con la reclusione sino a dieci anni o con la detenzione da sei mesi a cinque anni.

Art. 122 n. 2 e 3, 123 e 125 a 127 Abrogati Art. 128

Rissa

* Chiunque prende parte ad una rissa in seguito alla quale alcuno rimanga ucciso o riporti una lesione personale, è punito con la detenzione o con la multa.

2 Non è punibile chi si limiti a respingere gli attacchi od a separare i contendenti.

3 Nei casi poco gravi si applica una pena disciplinare.

Aggressione zata autonz"

1

Art. 128a (nuovo)

Chiunque, senza esserne autorizzato, prende parte ad un'aggressione di una o più persone e in seguito alla quale un aggredito rimanga ucciso o riporti una lesione personale, è punito con la detenzione sino a cinque anni.

2 Nei casi poco gravi si applica una pena disciplinare.

Ili

La legge federale sulle dogane 1' è modificata come segue : Art. 36 cpv. 4 4

Se scoperte nell'eseguire la visita, le merci contenenti rappresentazioni punibili pornografiche o violente (art. 135 e 197 n. 3 CP 2)) e perciò presumibilmente confiscabili devono essere sequestrate provvisoriamente e trasmesse al pubblico ministero del Cantone di domicilio o di sede del destinatario dell'invio o al pubblico ministero competente per territorio. Le pellicole cinematografiche per le quali è stato accordato un permesso d'importazione non sottostanno a questo sequestro provvisorio. Circa il mantenimento del sequestro decidono in competenza esclusiva e secondo il diritto processuale cantonale le competenti autorità penali del Cantone. Il ricorso contro i provvedimenti dell'Amministrazione delle dogane è escluso.

» RS 631.0 2> RS 311.0; RU . . .

1003

CP/CPM IV

Referendum ed entrata in vigore 1 La presente legge sottosta al referendum facoltativo.

2 II Consiglio federale ne determina l'entrata in vigore.

1004

Codice penale svizzero Codice penale militare (Reati nel campo sessuale)

Disegno B

Modificazione del

L'Assemblea federale della Confederazione Svizzera, visto il messaggio del Consiglio federale del 26 giugno 1985 1>, decreta: I

II Codice penale svizzero 2> è modificato come segue :

Art. 110 n. l Abrogato Titolo quinto: Dei reati nel campo sessuale

Art. 187 (191) 3> i. Esposizione 1. Chiunque compie un atto sessuale con una persona minore a pericolo dello sviluppo degli anni sedici, di minorenni Atti sessuali induce una tale persona ad un atto sessuale, con fanciulli .

.

coinvolge una tale persona in un atto sessuale, è punito con la reclusione sino a cinque anni o con la detenzione.

2. Se il colpevole, al momento dell'atto, non aveva ancora compiuto gli anni diciotto o se la vittima ha contratto matrimonio con lui, l'autorità competente può prescindere dal procedimento penale, dal rinvio a giudizio o dalla punizione.

3. La pena è della detenzione se il colpevole ha agito ritenendo erroneamente che la vittima avesse l'età di sedici anni almeno, benché usando la dovuta cautela gli fosse possibile evitare l'errore.

4. L'azione penale si prescrive in due anni.

" FF 1985 II 901 311.0 Gli articoli parentetici rinviano alle disposizioni ancora vigenti del CP.

2) RS 3)

1005

CP/CPM

Atti sessuali con persone dipendenti

Art. 188 (192) 1. Chiunque, profittando di rapporti di educazione, di fiducia 0 comunque di dipendenza, compie un atto sessuale con un minorenne di età superiore agli anni sedici, chiunque induce una tale persona ad un atto sessuale, profittando della dipendenza in cui essa si trova, è punito con la detenzione.

2. Se la vittima ha contratto matrimonio con il colpevole, l'autorità competente può prescindere dal procedimento penale, dal rinvio a giudizio o dalla punizione.

3. L'azione penale si prescrive in due anni.

2. Offese alla libertà ed all onore sessuali.

Violenza carnale

Coazione ad altri atti sessuali

Atti sessuali con persone incapaci di discernimento o inette a resistere

1006

Art. 189 (187, 195) 1 Chiunque, usando violenza o grave minaccia ad una persona di sesso femminile o dopo di averla resa inetta a resistere, la costringe alla congiunzione carnale fuori del matrimonio, è punito con la reclusione sino a dieci anni.

2 Se circostanze inerenti alla relazione personale tra la vittima e il colpevole sminuiscono la gravita dell'atto, la pena è della detenzione.

3 Se il colpevole ha agito con crudeltà, segnatamente facendo uso di un'arma da fuoco o di un'altra arma pericolosa, la pena è della reclusione non inferiore a tre anni.

Art. 190 (188, 195) 1 Chiunque, usando violenza o grave minaccia ad una persona o dopo di averla resa inetta a resistere, la costringe ad un altro atto sessuale, è punito con la reclusione sino a dieci anni o con la detenzione.

2 Se circostanze inerenti alla relazione personale tra la vittima e il colpevole sminuiscono la gravita dell'atto, la pena è della detenzione.

3 Se il colpevole ha agito con crudeltà, segnatamente facendo uso di un'arma da fuoco o di un'altra arma pericolosa, la pena è della reclusione non inferiore a tre anni.

Art. 191 (189, 190) 1 Chiunque, conoscendone e sfruttandone lo stato, compie un atto sessuale con una persona incapace di discernimento od inetta a resistere, è punito con la reclusione sino a cinque anni o con la detenzione.

CP/CPM 2

Se circostanze inerenti alla relazione personale tra la vittima e il colpevole sminuiscono la gravita dell'atto, la pena è della detenzione.

Art. 192 (193) Atti sessuali con persone ricoverate, detenute od imputate

Sfruttamento dello stato di bisogno

1

Chiunque, profittando di un rapporto di dipendenza, compie un atto sessuale con una persona ricoverata o collocata in uno stabilimento, detenuta, incarcerata o imputata o la induce a compierlo, è punito con la detenzione.

2 Se la vittima ha contratto matrimonio con il colpevole, l'autorità competente può prescindere dal procedimento penale, dal rinvio a giudizio o dalla punizione.

Art. 193 (194, 197) 1 Chiunque, sfruttandone il grave stato di bisogno, determina una persona a compiere o a subire un atto sessuale, è punito con la detenzione.

2 Se la vittima ha contratto matrimonio con il colpevole, l'autorità competente può prescindere dal procedimento penale, dal rinvio a giudizio o dalla punizione.

Art. 194 (203)

Esibizionismo

3. Sfruttamento di atti sessuali.

Promovimento della prostituzione

1

Chiunque compie un atto esibizionistico è punito, a querela di parte, con la detenzione sino a sei mesi o con la multa.

2 Se il colpevole si sottopone a trattamento medico, il procedimento penale può essere sospeso. Esso sarà ripreso se il colpevole si sarà sottratto al trattamento.

3 L'azione penale si prescrive in due anni.

Art. 195 (198-201) 1 Chiunque sospinge alla prostituzione o mantiene in tale stato un minorenne o sfrutta a tal fine la dipendenza altrui, è punito con la reclusione sino a cinque anni o con la detenzione.

2 È parimente punibile chiunque, per trame un profitto pecuniario, sospinge alla prostituzione o. man tiene in tale stato una persona o lede la libertà d'azione di una persona dedita alla prostituzione sorvegliandola in questa sua attività o imponendole il luogo, il tempo, l'estensione od altre circostanze inerenti all'esercizio della prostituzione.

1007

CP/CPM Art. 196 (202) Tratta di esseri umani

1

Chiunque, per favorire l'altrui libidine, esercita la tratta di esseri umani, è punito con la reclusione o con la detenzione non inferiore a sei mesi.

2

Chiunque compie atti preparatori per la tratta di esseri umani, è punito con la reclusione sino a cinque anni o con la detenzione.

3

In tutti i casi, il colpevole è inoltre punito con la multa.

Art. 197 (204, 212) 4. Porno-

1 Chiunque offre, mostra, lascia o rende accessibili a una persona di età inferiore agli anni sedici, scritti, registrazioni sonore o visive, immagini o altri oggetti o rappresentazioni pornografici, 0 li diffonde per mezzo della radio o della televisione, è punito con la detenzione o con la multa.

2. Chiunque espone o mostra in pubblico oggetti o rappresentazioni a tenore del numero 1 o li offre ad una persona che non gliene ha fatto richiesta, è punito con la multa.

1 Cantoni possono emanare prescrizioni più restrittive in materia di proiezioni cinematografiche.

3. Chiunque fabbrica, importa, tiene in deposito, mette in circolazione, propaganda, espone, offre, mostra, lascia o rende accessibili oggetti o rappresentazioni a tenore del numero 1, vertenti su atti sessuali con fanciulli, animali, escrementi umani o atti violenti, è punito con la detenzione o con la multa.

Gli oggetti sono confiscati.

4. Se il colpevole ha agito per fine di lucro, la pena è della detenzione e della multa.

Art. 198 (203, 205) 5. Contrawen- Chiunque causa scandalo compiendo un atto sessuale in presenza po nel campo sessuale di una persona che non se lo aspettava, molestie sessuali chiunque, mediante vie di fatto d'ordine sessuale, molesta una persona senza che essa gliene abbia dato l'occasione, è punito, a querela di parte, con l'arresto o con la multa.

Esercizio illecito della prostituzione

1008

Art. 199 (206-210) 1 1 Cantoni possono emanare, comminando la pena prevista nel presente articolo, prescrizioni su il luogo, il tempo o le modalità

CP/CPM d'esercizio della prostituzione, nonché contro molesti fenomeni concomitanti. Essi possono delegare questa competenza ai Comuni.

2 Chiunque infrange una tale prescrizione è punito con l'arresto o con la multa.

6. Reato collettivo

Art. 200 Se un reato previsto nel presente titolo è stato commesso insieme a una o più altre persone, il giudice può aumentare la pena sino a una volta e mezzo quella comminata, ma senza andar oltre al massimo legale della specie di pena.

Art. 201-212 Abrogati

Avviso in caso di pornografia

Art. 358 L'autorità istruttoria, se accerta che oggetti pornografici (art.

197 n. 3) sono stati fabbricati all'estero o importati, ne informa immediatamente l'ufficio centrale per la repressione della pornografia, istituito presso il Ministero pubblico della Confederazione.

II II Codice penale militare 2> è modificato come segue: Capo dodicesimo: Dei reati nel campo sessuale

Violenza carnale

Art. 153 1 Chiunque, usando violenza o grave minaccia ad una persona di sesso femminile o dopo di averla resa inetta a resistere, la costringe alla congiunzione carnale fuori del matrimonio, è punito con la reclusione sino a dieci anni.

2 Se circostanze inerenti alla relazione personale tra la vittima e il colpevole sminuiscono la gravita dell'atto, la pena è della detenzione.

11

Questi articoli (salvo l'art. 211) sono sostituiti dagli articoli 195-199 (cfr. commento nel n. 23 del messaggio). L'articolo 211 è semplicemente stralciato.

2 » RS 321.0 1009

CP/CPM 3

Se il colpevole ha agito con crudeltà, segnatamente facendo uso di un'arma da fuoco o di un'altra arma pericolosa, la pena è della reclusione non inferiore a tre anni.

coazione ad sessuali'

Atti sessuali con persone incapaci di discernimento o inette a resistere

Atti sessuali con fanciulli

Art. 154 i Chiunque, usando violenza o grave minaccia ad una persona o dopo di averla resa inetta a resistere, la costringe ad un altro atto sessuale, è punito con la reclusione sino a dieci anni o con la detenzione.

2 Se circostanze inerenti alla relazione personale tra la vittima e il colpevole sminuiscono la gravita dell'atto, la pena è della detenzione.

3 Se il colpevole ha agito con crudeltà, segnatamente facendo uso di un'arma da fuoco o di un'altra arma pericolosa, la pena è della reclusione non inferiore a tre anni.

Art. 155 1 Chiunque, conoscendone e sfruttandone lo stato, compie un atto sessuale con una persona incapace di discernimento od inetta a resistere, è punito con la reclusione sino a cinque anni o con la detenzione.

2 Se circostanze inerenti alla relazione personale tra la vittima e il colpevole sminuiscono la gravita dell'atto, la pena è della detenzione.

Art. 156 1. Chiunque compie un atto sessuale con una persona minore degli anni sedici, induce una tale persona ad un atto sessuale, coinvolge una tale persona in un atto sessuale, è punito con la reclusione sino a cinque anni o con la detenzione.

2. Se il colpevole, al momento dell'atto, non aveva ancora compiuto gli anni diciotto o se la vittima ha contratto matrimonio con lui, l'autorità competente può prescindere dal procedimento penale, dal rinvio a giudizio o dalla punizione.

3. La pena è della detenzione se il colpevole ha agito ritenendo erroneamente che la vittima avesse l'età di sedici anni almeno, benché usando la dovuta cautela gli fosse possibile evitare l'errore.

4. L'azione penale si prescrive in due anni.

1010

CP/CPM

Atti omosessuali

Art. 157 1. Chiunque compie un atto sessuale con una persona del medesimo sesso, è punito con la detenzione.

Nei casi poco gravi si applica una pena disciplinare.

2. Chiunque, profittando della sua posizione militare, fa subire 0 compiere un atto sessuale a una persona del medesimo sesso, è punito con la detenzione non inferiore ad un mese.

Art. 158 Abrogato

Esibizionismo

Reato commesso da più persone

Art. 159 1 Chiunque compie un atto esibizionistico è punito con la detenzione sino a sei mesi o con la multa.

2 Se il colpevole si sottopone a trattamento medico, il procedimento penale può essere sospeso. Esso sarà ripreso se il colpevole si sarà sottratto al trattamento.

3 L'azione penale si prescrive in due anni.

4 Nei casi poco gravi si applica una pena disciplinare.

Art. 159a (nuovo) Se un reato previsto nel presente capo è stato commesso insieme a una o più altre persone, il giudice può aumentare la pena sino a una volta e mezzo quella comminata, ma senza andar oltre al massimo legale della specie di pena.

Ili La legge federale sulle dogane 1> è modificata come segue : Art. 36 cpv. 4 4 Se scoperte nell'eseguire la visita, le merci contenenti rappresentazioni punibili pornografiche o violente (art. 135 e 197 n. 3 CP 2>) e perciò presumibilmente confiscabili devono essere sequestrate provvisoriamente e trasmesse al pubblico ministero del Cantone di domicilio o di sede del destinatario dell'invio o al pubblico ministero competente per territorio. Le pellicole cinematografiche per le quali è stato accordato un permesso d'importazione » RS 631.0 RS 311.0; RU . . .

2)

1011

CP/CPM non sottostanno a questo sequestro provvisorio. Circa il mantenimento del sequestro decidono in competenza esclusiva e secondo il diritto processuale cantonale le competenti autorità penali del Cantone. Il ricorso contro i provvedimenti dell'Amministrazione delle dogane è escluso.

IV

Referendum ed entrata in vigore 1 La presente legge sottosta al referendum facoltativo.

2 II Consiglio federale ne determina l'entrata in vigore.

1012

Codice penale militare

Disegno e

(Repressione in via disciplinare del consumo di esigue quantità di stupefacenti) Modificazione del

L'Assemblea federale della Confederazione Svizzera, visto il messaggio del Consiglio federale del 26 giugno 1985 1>, decreta: I

II Codice penale militare 2> è modificato come segue: Art. 218 cpv. 4 (nuovo) Soggiace alla giurisdizione militare anche chi, durante il servizio, consuma o possiede intenzionalmente e senza esserne autorizzato esigue quantità di stupefacenti a tenore dell'articolo 1 della legge federale sugli stupefacenti del 3 ottobre 19513> o, per assicurare il proprio consumo, commette un'infrazione di cui all'articolo 19 della medesima legge. L'autore è punito in via disciplinare.

4

Art. 219 cpv. 1 1

Riservato l'articolo 218 capoversi 3 e 4, le persone sottoposte al diritto penale militare rimangono soggette alla giurisdizione ordinaria per i reati che non sono previsti dal presente Codice.

II

Referendum ed entrata in vigore 1 La presente legge sottosta al referendum facoltativo.

2 II Consiglio federale ne determina l'entrata in vigore.

» FF 1985 II 901 RS 321.0 RS 812.121

2>

3)

67

Foglio federale. 68° anno. Voi. II

1013

Schweizerisches Bundesarchiv, Digitale Amtsdruckschriften Archives fédérales suisses, Publications officielles numérisées Archivio federale svizzero, Pubblicazioni ufficiali digitali

Messaggio concernente la modificazione del Codice penale e del Codice penale militare (Reati contro la vita e l'integrila della persona, il buon costume e la famiglia) del 26 giugno 1985

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1985

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85.047

Numéro d'affaire Numero dell'oggetto Datum

10.09.1985

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901-1013

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