ad 01.3268 Rapporto del Consiglio federale sulle opportunità e sui limiti di un servizio volontario all'estero nel contesto di missioni pace in ambito civile (in adempimento al postulato della Commissione della politica di sicurezza del Consiglio nazionale «Servizio civile per la pace» del 28 maggio 2001) del 23 ottobre 2002

Onorevoli presidenti e consiglieri, sottoponiamo il presente rapporto sulle opportunità e sui limiti di un servizio volontario all'estero nel contesto di missioni di pace in ambito civile perché ne prendiate atto.

Gradite, onorevoli presidenti e consiglieri, l'espressione della nostra alta considerazione.

23 ottobre 2002

A nome del Consiglio federale: Il presidente della Confederazione, Kaspar Villiger La cancelliera della Confederazione, Annemarie Huber-Hotz

2002-1691

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Compendio Negli ultimi dieci anni, la promozione della pace in ambito civile ha conosciuto notevoli progressi. Gli operatori in suo favore, sia su un piano nazionale, sia su un piano internazionale, hanno adeguato le basi concettuali del proprio lavoro, i propri metodi e strumenti alle mutate condizioni quadro internazionali ed alle sfide dei conflitti odierni. Anche gli operatori multilaterali importanti, come ad esempio la United Nations Organisation (ONU) e l'Organizzazione sulla sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), negli anni Novanta hanno ampliato in maniera notevole la gamma dei loro strumenti di prevenzione delle crisi. Gli aspetti civili nelle missioni globali per la promozione della pace hanno acquistato peso e significato. Le collaborazioni con le organizzazioni non governative (ONG) sono diventate un elemento centrale delle missioni di questo tipo.

Anche il Consiglio federale ha continuato a potenziare negli ultimi anni i propri strumenti di promozione della pace. A dicembre 2000 ha deciso di costituire il pool svizzero di esperti per la promozione civile della pace (PSEP), creando una solida base che permette alla Direzione politica del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) di migliorare ulteriormente l'invio di esperti e di ampliare passo dopo passo il PESP fino a farne uno strumento efficace.

Il PSEP è stato programmato in base ad un'analisi delle esigenze delle maggiori organizzazioni partner, quali l'ONU e l'OCSE. Le esperienze fatte dalla Direzione politica dalla costituzione del PSEP inviando cittadini svizzeri in missione con queste organizzazioni risultano molto positive. Ciononostante, il Consiglio federale continua a cercare di migliorare i preparativi, l'assistenza e la valutazione degli invii di personale aumentando al contempo la qualità del lavoro degli esperti svizzeri. Come successo finora, intende attenersi al principio secondo il quale la qualità deve precedere la quantità, anche perché le opportunità di impegnarsi nell'ambito di missioni di pace civili e multilaterali sono numericamente limitate.

Ma gli Svizzeri che intendono impegnarsi per un servizio civile in favore della pace non hanno solo il PSEP a loro disposizione. Quanti svolgono il servizio civile hanno in più la possibilità di prestarlo all'estero nell'ambito della cooperazione allo
sviluppo e dell'aiuto umanitario. Il 5 o il 6 percento dei giorni di servizio civile da prestare in un anno sono svolti in questo quadro. Queste missioni esigono da coloro che prestano il servizio civile molto più impegno. In futuro questo aspetto resterà immutato, anche se le condizioni generali per le missioni all'estero verranno migliorate nel quadro della revisione della legge sul servizio civile.

Il Consiglio federale partecipa inoltre in maniera attiva ai programmi per gli Junior Professional Officers (JPO) e gli United Nations Volunteers (UNV) dell'ONU. Questi programmi offrono a giovani che intendono svolgere una carriera nel settore della cooperazione internazionale la possibilità di partecipare a condizioni di ammissione relativamente miti.

La disponibilità di giovani svizzeri ad impegnarsi a favore della pace mondiale può essere valutata solo in maniera approssimativa. I dati a disposizione indicano come tra la disponibilità in linea di principio e quella reale sembri sussistere un divario

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non indifferente. In base ad un sondaggio non rappresentativo si può affermare che il numero di giovani che chiedono informazioni presso le organizzazioni non governative (ONG) per svolgere una missione all'estero è chiaramente superiore a quello dei posti disponibili.

Ad eccezione della Repubblica federale di Germania, nessuno degli Stati presi in esame ha un servizio civile di pace sovvenzionato con mezzi statali. L'obiettivo del servizio di pace tedesco consiste nel professionalizzare l'invio di periti altamente qualificati e di provata esperienza in missioni da svolgersi soprattutto nel settore della cooperazione allo sviluppo. Il servizio civile per la pace è stato introdotto in Germania nel 1999: è ancora presto per valutarne le esperienze e analizzarne i risultati.

7243

Rapporto 1

Introduzione

In occasione del dibattito sull'iniziativa popolare «la solidarietà crea sicurezza: per un servizio civile volontario per la pace (SCP) (00.059)» la Commissione della politica di sicurezza ha formulato, il 28 maggio 2001, il postulato «servizio civile per la pace» (01.3268) con il quale chiede al Consiglio federale di presentare un rapporto completo su: ­

il servizio civile, il suo funzionamento attuale, segnatamente eventuali missioni all'estero;

­

il numero di esperti nell'ambito della pace, i criteri di eleggibilità, le procedure di cui si servono ed i relativi risultati;

­

la disponibilità delle persone giovani in Svizzera ad impegnarsi per la pace mondiale;

­

le attuali possibilità di concretizzare un'eventuale missione in particolare nell'ambito di organizzazioni non governative;

­

il coordinamento tra le attività statali e quelle organizzate da enti privati;

­

gli elementi fondamentali e gli obiettivi politici e strategici perseguiti nel loro contesto globale con l'aiuto degli strumenti;

­

i piani relativi al servizio civile per la pace in altri Paesi, soprattutto quelli limitrofi.

Il presente rapporto è stato elaborato dal DFAE in stretta collaborazione con il Dipartimento di giustizia e polizia (DFGP), il Dipartimento della difesa, della protezione della popolazione e dello sport (DDPS), il Dipartimento delle finanze (DFF) ed il Dipartimento dell'economia (DFE). Sono state consultate anche ONG attive in vari settori della promozione civile della pace. Il rapporto si fonda sui risultati di un sondaggio effettuato con l'aiuto di un modulo scritto e su interviste approfondite con gli interessati.

Il rapporto parte dai seguenti presupposti e utilizza le definizioni: ­

il luogo delle attività di promozione della pace: poiché il postulato mira implicitamente all'impegno all'estero, il rapporto si concentra solo sulle missioni al di fuori della Svizzera.

­

Gli operatori: il postulato non definisce esplicitamente quali siano gli operatori che devono essere esaminati. Il rapporto verte sugli operatori della Confederazione e su ONG importanti attive nell'ambito della promozione civile della pace.

­

Promozione civile della pace: la definizione e l'idea di un servizio civile per la pace sono state lanciate e dibattute in Germania nel 1991 da ambienti non statali. Dibattiti analoghi ebbero luogo in seguito anche in numerosi altri Paesi. In parte avevano comunque connotazioni molto diverse per quanto riguarda le aspettative e le esigenze collegate all'idea di un servizio civile per la pace. Solo in Germania esiste oggi un servizio civile per la pace nel

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senso di un partenariato organizzato su basi statali e non. In vari altri Stati i dibattiti in merito tuttavia hanno contribuito allo sviluppo ed alla professionalizzazione delle strutture statali di invio.

Sulla scia della prassi tedesca, con il termine «servizio civile per la pace» si intendono nella maggior parte dei casi missioni civili volontarie svolte con o senza l'appoggio statale all'interno del Paese o all'estero con l'assistenza delle ONG. Per le missioni all'estero si tratta in genere di missioni nell'ambito della promozione civile della pace o della cooperazione allo sviluppo. Spesso questi interventi sono in stretta correlazione con offerte formative. In determinati Paesi, il servizio civile per la pace è connesso con il servizio civile sostitutivo, offrendo l'opportunità di riconoscere il periodo di servizio civile sostitutivo dell'obbligo del servizio militare nel quadro di partecipazione ad una missione civile di pace.

L'ambiente internazionale in cui si muovono gli operatori della promozione civile della pace è profondamente mutato negli ultimi anni. Tanto gli operatori multilaterali, in particolare l'ONU e la OCSE, ma anche le ONG hanno ampliato e professionalizzato i propri mezzi e dunque anche le proprie strutture per l'invio di personale all'estero. Di fronte alle condizioni quadro internazionali ormai mutate ed alle nuove sfide che si presentano agli operatori attivi in favore della pace, la professionalizzazione era divenuta necessaria. Soprattutto perché strettamente connessa alla consapevolezza che a volte può essere opportuno o addirittura necessario ricorrere in modo complementare a varie soluzioni, tanto statali che non, per la promozione civile della pace con i relativi metodi e strumenti diversi. In particolare l'UNO e l'OCSE si sono profondamente impegnate negli ultimi anni perché le organizzazioni non governative partecipassero maggiormente alle loro missioni.

2

Spiegazioni sul paragrafo 1: «il servizio civile, il suo funzionamento attuale, segnatamente eventuali missioni all'estero»

2.1

Il numero dei giovani che prestano servizio civile in missioni all'estero e nell'ambito della «cooperazione allo sviluppo ed aiuto umanitario» in generale

Coloro che sono stati ammessi al servizio civile vengono introdotti alla loro nuova attività e preparati alle missioni durante una giornata informativa. Chi deve prestare il servizio sostitutivo sceglie e pianifica personalmente il proprio intervento. Può scegliere liberamente il tipo, la durata ed il momento della missione, nel quadro delle disposizioni legali. Questo permette un elevato livello di motivazione tra gli obiettori di coscienza in servizio civile. Le missioni sono organizzate in aziende riconosciute nell'ambito di otto settori di attività fissati dalla legge: il settore sanitario, sociale, della protezione delle opere d'arte, della ricerca, della protezione dell'ambiente e della natura, della tutela del paesaggio, della selvicoltura, dell'agricoltura, della cooperazione allo sviluppo e dell'aiuto umanitario, dell'aiuto in caso di catastrofi.

7245

Numero dei giorni di servizio nei vari settori di attività (2001) Settore di attività

Numero di giorni di servizio

sanità settore sociale tutela dei beni culturali/ricerca ambiente/protezione della natura/tutela del paesaggio selvicoltura agricoltura cooperazione allo sviluppo ed aiuto umanitario

20 024 127 252 20 802 28 308 1 158 6 969 12 319

Totale

216 832

Nei primi cinque anni di esistenza del servizio civile sostitutivo, nell'ambito della cooperazione per lo sviluppo e dell'aiuto umanitario sono state effettuate 225 missioni di servizio civile in 49 aziende per un totale di 27 965 giorni di servizio.

Durante lo scorso anno ne sono state effettuate 118, 60 delle quali all'estero. La maggior parte degli obiettori di coscienza in servizio civile che si sono impegnati nel quadro della cooperazione allo sviluppo, ha lavorato nell'ambito dello sviluppo sociale, in particolare nei settori della sanità e della formazione, e in quelli del lavoro e dello sviluppo, segnatamente della promozione dell'artigianato e delle piccole e medie industrie (PMI).

Numero di missioni nel quadro del servizio civile all'interno del Paese ed all'estero (2000­2001) Anno

totale delle missioni

numero delle missioni all'estero

2000 2001

2466 2750

50 74

Numero di missioni nell'ambito della cooperazione allo sviluppo e dell'aiuto umanitario, nel Paese e all'estero (2000­2001) Anno

Numero di missioni nell'ambito della cooperazione allo sviluppo e dell'aiuto umanitario

di cui all'estero

2000 2001

91 118

39 60

I 9 risp. 13 obiettori di coscienza che hanno prestato servizio civile al di fuori della cooperazione allo sviluppo e dell'aiuto umanitario sono stati impiegati nell'ambito della ricerca, dell'ambiente e delle strutture sociali. Nel 2000 e nel 2001 l'80 percento delle missioni all'estero è stato condotto nell'ambito della cooperazione allo sviluppo e dell'aiuto umanitario.

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2.2

Requisiti degli obiettori di coscienza in servizio civile per le missioni all'estero ed esperienze fatte finora

Requisiti Le missioni all'estero pongono esigenze elevate alle persone in servizio e deve essere garantito che le attività corrispondano realmente agli obiettivi della cooperazione allo sviluppo ed all'aiuto umanitario svizzeri. Per questa ragione solo un limitato numero di obiettori di coscienza in servizio civile può essere impiegato in queste attività. L'articolo 7 della legge federale sul servizio civile sostitutivo e gli articoli da 10 a 14 dell'ordinanza sul servizio civile sostitutivo sanciscono le condizioni per le missioni all'estero. Da una parte l'ordinanza prevede che l'obiettore di coscienza in servizio civile sia in possesso di una formazione che si riferisca alla prevista attività all'estero (alcuni anni di studio, tirocinio concluso o esperienza pratica pluriennale) o di nozioni corrispondenti (informazioni fondate sul Paese cui si è stati assegnati o su Paesi analoghi), ai sensi dell'articolo 10 dell'ordinanza.

Dall'altra i piani progettuali relativi alle missioni previste devono essere analizzati da un ente ufficiale esperto in materia. Nel caso della cooperazione allo sviluppo e dell'aiuto umanitario, l'ente ufficiale è la Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC) che controlla tra l'altro, come previsto all'articolo 11 dell'ordinanza, se le missioni corrispondono agli obiettivi della cooperazione allo sviluppo e dell'aiuto umanitario svizzeri, se l'organo d'impiego può garantire che gli obiettivi vengano raggiunti, se è possibile effettuare controlli e se l'obiettore di coscienza in servizio civile è eventualmente esposto a rischi elevati.

Di norma le missioni all'estero durano più a lungo di quelle che si svolgono in Svizzera, conformemente alle esigenze dell'organo d'impiego e per compensare le elevate spese necessarie per la preparazione e per il viaggio. Nel 2000 le missioni interne sono durante in media 100, quelle all'estero 185 giorni.

Esperienze fatte finora Il bilancio delle missioni all'estero svolte negli ultimi cinque anni è in larga parte positivo, come confermano le relative ONG interpellate. Questo risultato è dovuto tra l'altro alle esigenze elevate che gli obiettori di coscienza e gli organi d'impiego devono soddisfare. Ne consegue che l'età media degli obiettori di coscienza in servizio civile all'estero si situa al di sopra della media.

Per quel
che riguarda la distribuzione geografica delle missioni all'estero, la maggior parte di queste è stata effettuata in Africa. Al secondo posto troviamo l'America latina e quindi l'Europa sudorientale. Negli scorsi anni, gli obiettori di coscienza in servizio civile hanno svolto compiti di responsabilità, ad esempio quali collaboratori progettuali, amministratori o addetti alla logistica. L'affidamento di mansioni di responsabilità soddisfa nel modo migliore anche il criterio dell'impiego utile.

Il 75 percento delle organizzazioni che la DSC ha esaminato negli ultimi anni per accertarne l'idoneità quale organo di impiego, ai sensi dell'ordinanza sul servizio civile sostitutivo, erano ONG, mentre per il 25 percento si trattava di istituti pubblici, ivi compresa la DSC stessa.

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Prospettive per il futuro Anche in futuro la cooperazione allo sviluppo e l'aiuto umanitario avranno bisogno di professionisti esperti disposti ad impegnarsi in missioni a lungo termine. La revisione della legge federale sul servizio civile sostitutivo ai sensi del messaggio corrispondente del 21 settembre 2001, crea i presupposti perché queste missioni siano garantite nonostante l'abbassamento del limite di età per il servizio obbligatorio. Le formulazioni restrittive esistenti sulle missioni all'estero verranno stralciate. Inoltre saranno permessi ulteriori periodi di servizio civile volontario (ai sensi dell'art. 8 del progetto di legge) all'estero e la proroga volontaria di 12 mesi del servizio obbligatorio oltre al limite di età consueto (ai sensi dell'art. 11 del progetto di legge) se l'obiettore di coscienza in servizio civile si impegna in una missione all'estero. Le elevate esigenze che gli obiettori di coscienza in servizio civile devono soddisfare all'estero saranno mantenute peraltro anche in futuro. Questa decisione è necessaria al fine di adempiere al mandato legale di uno svolgimento del servizio civile nell'interesse pubblico, efficace e nel rispetto della politica estera svizzera di sicurezza e di cooperazione allo sviluppo. La revisione della legge sul servizio civile prevede in futuro anche che quest'ultimo possa contribuire a creare strutture atte a promuovere la pace e a ridurre il potenziale di violenza (art. 3a cpv. 1a del progetto di legge). Al fine di estendere la portata dell'offerta d'impiego, il servizio civile prevede anche la possibilità per persone che svolgono il servizio civile di partecipare al pool svizzero di esperti per la promozione civile della pace.

3

Spiegazioni sul punto 2: «sul numero di esperti della pace, sui criteri di eleggibilità e sul loro modo di procedere e sui risultati raggiunti»

Qui di seguito ci occuperemo esclusivamente di operatori statali che inviano persone all'estero nell'ambito di missioni civili con lo scopo di promuovere la pace. Gli impieghi nell'ambito del servizio civile sono esclusi perché già trattati. Le strutture di invio non statali sono descritte al paragrafo 5.

3.1

Pool svizzero di esperti per la promozione civile della pace (PSEP)

3.1.1

Esperti della promozione della pace del PSEP

Con la creazione del PSEP, la Direzione politica ha fatto un passo importante verso una pianificazione, uno svolgimento ed un'assistenza efficienti delle missioni all'estero e di una valida formazione degli esperti. In generale, il PSEP contribuisce a rendere la Svizzera maggiormente presente negli sforzi internazionali per la pace.

Negli anni passati la Direzione politica ha speso un terzo dei mezzi a sua disposizione per la promozione della pace per missioni di esperti. Nel 2001 questa quota si elevava a circa 13 milioni di franchi.

7248

Statistica degli invii Il numero di esperti impegnati è salito da 473 nel 1998 a 582 alla fine del 2001.

88 di loro sono stati messi a disposizione dall'Amministrazione federale delle dogane (AFD) e 59 dall'Ufficio federale di polizia (UFP). Le relative spese che i due uffici hanno dovuto affrontare sono state assunte per intero dalla Direzione politica. Queste persone sono soprattutto osservatori della polizia (CIVPOL), assistiti dall'AFD e dall'UFP. In più, l'AFD recluta ed assiste anche esperti doganali. In tutto nel 2001 sono stati impiegati 213 membri del PSEP.

Numero di missioni dei membri del PSEP (1994­2001) Anno

Numero di esperti in missione permanente

Numero dei Paesi di destinazione

1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001

40* 45* 60* 60* 50* 70* 75* 80*

10 13 9 9 11 19 20 23

* valori approssimativi

L'83 percento dei membri del PSEP è in possesso di un titolo di studio, a parte gli esperti assistiti dall'AFD e dall'UFP. Il restante 17 percento dispone di esperienze importanti per un impiego nella promozione civile della pace. La prassi ha dimostrato come il 95 percento degli esperti impiegati effettivamente disponga di un titolo universitario, a parte quelli assistiti dall'AFD e dall'UFP. L'elevata quota di accademici è dovuta all'esigente profilo richiesto dall'organizzazione delle missioni.

La durata media di una missione è aumentata dal 1998 al 2001 da 90 a 130 giorni, fatto che dimostra come gli esperti vengano impiegati sempre più nell'ambito di progetti a lungo termine. Negli scorsi anni invece, il numero delle missioni a breve termine, ad esempio in occasione di monitoraggi elettorali, è diminuito. A proposito del periodo medio di impiego, gli esperti dell'AFD e dell'UFP presentano valori leggermente differenti con circa nove mesi di missione.

In tale contesto è necessario sottolineare una particolarità del CIVPOL svizzero: gli specialisti, reclutati in genere dai corpi di polizia cantonali e comunali e dal corpo delle guardie di confine, sono richiesti a livello internazionale. Il notevole fabbisogno di agenti di polizia, istruttori e membri del corpo delle guardie di confine esperti probabilmente aumenterà ulteriormente nei prossimi anni. Nonostante ciò, il Consiglio federale finora poteva impiegare, nel migliore dei casi, venti Svizzeri del CIVPOL contemporaneamente perché le strutture cantonali e comunali e il corpo delle guardie di confine sono in grado di mettere a disposizione solo un determinato contingente personale esperto per una missione all'estero a causa delle risorse limitate di cui dispongono.

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Negli scorsi anni la maggior parte degli esperti del PSEP è stata inviata in missione nell'ambito degli sforzi per la pace della OCSE, che nel 2000 aveva circa 875 posti di questo genere da affidare mentre nel 2001 968. Questi posti non vengono offerti sul mercato del lavoro; i ministeri degli esteri dei Paesi membri dell'OCSE sono invitati piuttosto a presentare candidature di persone idonee.

Modalità di invio e organizzazione delle missioni In genere, gli esperti di pace assistiti dal PSEP vengono inviati nell'ambito dei cosiddetti distaccamenti («secondments»). Questa modalità di assunzione prevede che gli esperti vengano messi a disposizione delle organizzazioni di impiego, ma remunerati e alloggiati dal DFAE.

Contrariamente all'OCSE, l'UNO recluta i propri esperti nell'ambito di bandi pubblici e in base a candidature individuali. Anche la remunerazione e l'assistenza si basano sulle direttive ONU. In genere, all'ONU i distaccamenti non sono possibili.

La Direzione politica tuttavia sta cercando di rendere possibile la candidatura di cittadini svizzeri a posti presso le Nazioni Unite con strumenti politici. Attualmente circa 170 Svizzeri sono attivi nel sistema ONU.

Circa la metà di tutti gli esperti svizzeri inviati nel 2001 è stata messa a disposizione dell'OCSE. Il 21 percento è stato messo a disposizione dell'ONU e quasi tutti sono stati impiegati come CIVPOL o esperti doganali. Il 9 percento è stato impiegato per rafforzare la Temporary International Presence in the City of Hebron (TIPH). Il restante 20 percento ha svolto la propria missione in seno ad altre organizzazioni o strutture internazionali, ad esempio al patto di stabilità per l'Europa sudorientale, per l'Unione europea (UE), per il Consiglio d'Europa oppure per l'ufficio dell'Alto Rappresentante della Bosnia ed Erzegovina (OHR).

Per affidare i posti che servono ad un'organizzazione civile, ma che a causa del profilo particolare devono essere assegnati a persone con esperienza militare, come ad esempio gli osservatori militari, è necessaria una stretta collaborazione tra il DFAE ed il Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport (DDPS).

3.1.2

Scelta, formazione e impiego di membri del PSEP

Scelta e reclutamento Da quando è stato creato il PSEP, il numero di coloro che desiderano entrarvi è rimasto alto. Tuttavia, a causa dei criteri selettivi in vigore, solo il 40 percento circa delle candidature inviate può essere preso in considerazione. Dei candidati invitati e sottoposti ad ampi esami e valutazioni nell'ambito di una procedura di reclutamento, in media solo il 60 percento soddisfa i criteri di ammissione. Anche il numero delle persone interessate che si informano presso l'AFD o l'UFP sulle possibilità di andare in missione all'estero è aumentato costantemente negli ultimi anni. Si tratta soprattutto di persone giovani al di sotto dei 30 anni.

I requisiti per i membri del PSEP si conformano ampiamente alle esigenze delle organizzazioni d'impiego, cioè a quelli dell'OCSE e dell'ONU. Negli ultimi anni, i requisiti di queste organizzazioni internazionali ai propri collaboratori sono divenuti sempre più severi. Oggi si cercano perlopiù consulenti competenti, in grado di for7250

mare e consigliare gli organi locali nella zona d'intervento. In numerosi Stati europei negli ultimi anni sono stati creati pool di personale qualificato capaci di mettere a disposizione gli esperti necessari. Il DFAE, prima di fondare il PSEP, si è informato sui pool esistenti in altri Paesi per assicurarsi, discutendone con i relativi Stati e le corrispondenti organizzazioni d'intervento, che la soluzione svizzera poteva completare strutture già esistenti ed essere all'altezza degli standard richiesti.

Nel 2001 la Direzione politica ha sviluppato, in collaborazione con una ditta di consulenza sul personale, una strategia sulla quale si fonda la procedura di reclutamento del PSEP. In questo documento sono definiti i talenti professionali e personali dei membri del PSEP. Inoltre è stato fissato un procedimento con il quale provare questi talenti. Il documento sottolinea, oltre alle nozioni specializzate, anche altre esperienze professionali importanti (all'estero) e conoscenze linguistiche. Inoltre è molto importante la personalità del candidato.

I motivi principali per un rifiuto di ammissione finora erano da ricercarsi nel fatto che le persone interessate non disponevano di sufficiente esperienza professionale oppure che le loro conoscenze linguistiche o competenze sociali erano lacunose.

Con il PSEP, il DFAE ha creato uno strumento efficace in grado di fornire ottime prestazioni. Una banca dati concepita espressamente allo scopo permette di confrontare in maniera veloce ed affidabile il profilo del posto inoltrato con quello degli esperti nel PSEP. Oggi, diversamente da quanto succedeva in passato, il DFAE è in grado di rispondere alla maggior parte delle candidature pervenute e di inoltrare dossier qualificati di esperti svizzeri. Grazie alla qualità dei dossier, ormai gli Svizzeri sono scelti sempre più spesso anche per funzioni di responsabilità e posti di gestione, ad esempio nel settore della democratizzazione, della legalità, dell'osservazione del rispetto dei diritti umani, dei media o nel management.

Formazione e perfezionamento dei membri PSEP Nel 2001 la Direzione politica ha svolto per la prima volta un corso di introduzione per membri del PSEP, durato due settimane e organizzato in collaborazione con la Divisione Aiuto umanitario e Corpo svizzero di aiuto in caso di catastrofe
(ASC) della DSC e della Divisione delle operazioni per il mantenimento della pace del DDPS. Sotto la guida di esperti e specialisti della formazione nazionali ed esteri i 24 membri del PSEP hanno potuto seguire un perfezionamento in vari settori tra i quali quelli dell'analisi dei conflitti, della promozione della pace e dei diritti umani, delle regole e dei principi del diritto internazionale umanitario, della legalità o della democratizzazione, imparare il funzionamento delle organizzazioni internazionali, le tecniche di negoziazione e di mediazione, approfondire argomenti come la comunicazione interculturale, la conduzione di un gruppo, la gestione dello stress o la protezione contro le mine. Una parte importante del corso consisteva nell'imparare come applicare le nozioni teoriche apprese esercitandole in giochi di ruolo e situazioni di crisi simulate il più possibile vicine alla realtà. Il corso ha ricevuto giudizi positivi e verrà ripetuto a giugno e a novembre 2002. Per i nuovi membri del PSEP la frequenza del corso di norma è obbligatoria.

I membri del CIVPOL assolvono inoltre un corso speciale in Svezia. Per quel che riguarda il personale doganale e di polizia, il DFAE assume i costi di una formazione linguistica di base in inglese se i candidati si impegnano a svolgere una missione a lungo termine.

7251

Assistenza durante la missione La Direzione politica ha elaborato un piano di intervento in cui ha definito in maniera più dettagliata i criteri in base ai quali vengono scelti i membri del PSEP per le missioni, quali settori di attività sono congeniali a quale tipo di esperti e come procedere nella collaborazione e nel transfer informativo con le organizzazioni di impiego affinché possano essere raggiunti i risultati migliori. Il piano di intervento permette un impiego ancora più appropriato ed efficace delle perizie disponibili e contribuisce al contempo ad un migliore scambio di informazioni con le organizzazioni che inviano il personale.

3.1.3

Settori di attività e di intervento degli esperti del PSEP

I settori di attività degli esperti del PSEP si conformano in primo luogo alle esigenze delle organizzazioni d'impiego. Il DFAE, tuttavia, può partecipare alle decisioni sulle candidature e sulla pianificazione delle missioni per quel che riguarda le missioni dei membri del PSEP.

Nell'ambito di questa partecipazione alle decisioni, la Direzione politica segue in linea di massima gli obiettivi di politica estera e di promozione della pace e le priorità della Svizzera. In alcuni casi invia gli esperti espressamente in regioni o settori in cui è possibile sfruttare effetti di sinergia con altre attività a favore della pace del DFAE o con altri agenti della Confederazione. In passato i settori di attività principale della Direzione politica erano: funzioni di stato maggiore e di controllo, democrazia e legalità, in particolare giustizia, esecuzione penale e polizia, osservazione del rispetto dei diritti dell'uomo, monitoraggio elettorale, CIVPOL, indagini di medicina legale, media e amministrazioni civili. In parte, i singoli settori di intervento vengono definiti dalle varie organizzazioni internazionali d'invio in maniera non unitaria. Per questa ragione, un'attribuzione dei giorni di intervento in base ai settori è possibile solo in maniera approssimativa.

Missioni di membri del PSEP in base a settori di intervento scelti (2001) Settore di intervento

giorni di missione

Diritti umani 6 700 Compiti di polizia (CIVPOL) 6 700 Legalità 2 400 Mansioni doganali 1 800 Democratizzazione 1 800 Gender e misure contro la tratta di esseri umani 1 600 Monitoraggio ed organizzazione elettorali 1 200 Mediazione 900 Media 800 Interventi diversi o intersettoriali 6 073 Totale

7252

30 273

percentuale dei giorni di missione

persone invitate

22 percento 22 percento 8 percento 6 percento 6 percento

37 34 12 13 9

5 percento 4 percento 3 percento 3 percento 20 percento

6 50 10 4 25

100 percento

213

I risultati di questa statistica confermano che gli esperti del PSEP in genere restano in missione sempre più a lungo e possono dunque assumere sempre più spesso posizioni dirigenziali.

L'analisi delle zone di intervento mostra come queste concordino ampiamente con le regioni sulle quali si concentra la politica estera e di promozione della pace del Consiglio federale. La maggior parte delle missioni si è svolta nell'Europa meridionale e orientale (nel 2000: l'80 percento; nel 2001: il 72 percento), in Medio Oriente (nel 2000: il 7 percento; nel 2001: il 12,6 percento) ed in Asia, soprattutto nelle regioni centrali (nel 2000: l'8,4 percento; nel 2001: il 5,7 percento).

I mezzi a disposizione sono stati suddivisi come segue: nel 2001 il 60 percento è stato assegnato a missioni in Europa, soprattutto nelle regioni sudorientali, circa il 16 percento è andato a missioni in Asia e nel Medio Oriente e circa il 4 percento a missioni in Africa e in America latina. Circa il 20 percento degli aiuti è confluito in missioni e misure collaterali che non possono essere suddivisi in chiave geografica.

3.1.4

Valutazione delle missioni degli esperti del PSEP

Dopo o durante un intervento gli esperti del PSEP informano la Direzione politica ed altri organi federali interessati sullo svolgimento della missione, sia durante un incontro per dibattito, sia con un rapporto scritto dettagliato. Queste forme istituzionalizzate di rapporto permettono alla Direzione politica di mettere a frutto le esperienze positive raccolte e di imparare dagli errori.

Presso le organizzazioni di impiego e nelle zone di intervento, di norma gli esperti del PSEP godono di un'ottima fama. La Direzione politica riceve regolarmente, in via formale ed informale, comunicazioni che sottolineano la qualità del lavoro svolto dai membri del pool di esperti.

3.2

Missioni volontarie nel quadro della cooperazione allo sviluppo

Fino ad oggi l'associazione mantello Unité, nella quale sono rappresentate più di 30 ONG svizzere, ha gestito i mezzi messi a disposizione dalla DSC per esperti volontari (nel 2001: 9,5 milioni) ridistribuendoli alle ONG. Al momento il settore è in via di ristrutturazione: la somma programmata per il periodo dal 2002 al 2004 ammonta a 28,5 milioni di franchi. Secondo questa ristrutturazione, le ONG maggiori negozieranno tramite programmi istituzionali direttamente con la DSC la distribuzione dei mezzi, mentre solo una parte minore (circa il 30 percento) dei fondi sarà aggiudicata da una commissione indipendente a singole missioni di volontari. Questo modo di procedere risolverebbe in particolare il problema di Unité di essere contemporaneamente l'organo preposto alla ridistribuzione dei mezzi e la lobby delle ONG. D'altra parte permette un dialogo ancora più diretto tra le ONG e la DSC.

Nel 2000, con i mezzi della DSC, Unité ha finanziato in 43 Paesi in Africa, America Latina e Asia circa 200 volontari attivi in parte nella promozione della pace.

7253

3.3

Fondo per giovani della DSC/DCEE

Il Fondo, creato nel 1990, viene gestito in comune dall'Associazione Svizzera delle Associazioni Giovanili (FSAG) e da Intermundo e viene messo a disposizione dalla Divisione per la cooperazione con l'Europa dell'Est e la CSI della DSC (DCEE). I contributi ammontano a 1 milione di franchi ogni biennio. I mezzi confluiscono in progetti di piccole dimensioni (scambio tra giovani, campi e seminari per giovani) e in contributi a programmi: spesso sono utilizzati per creare strutture per giovani.

3.4

Junior Professional Officers (JPO)

Dal 1972 la DSC realizza un programma per giovani leve JPO, che offre ai giovani laureati la possibilità di raccogliere esperienze collaborando a progetti di cooperazione allo sviluppo nell'ambito di missioni all'estero presso organizzazioni internazionali ed ONG. Questa esperienza rappresenta un presupposto importante per un futuro impiego presso un'ONG o la DSC.

Per essere ammessi al programma per giovani leve, è necessario essere in possesso di un titolo di studio, vantare un'esperienza biennale e risultare idonei. La scelta dei candidati segue un assessment di selezione di più giorni. Ogni anno, dalle 8 alle 10 persone vengono scelte per il programma per giovani leve. Alla fine del 2001, più di 40 persone erano in servizio presso organizzazioni internazionali o in centri di coordinamento della DSC. In futuro si intende aumentare ulteriormente il numero degli interventi.

Il servizio nel quadro del programma per giovani leve dura normalmente dai 2 ai 3 anni. I tre quarti di loro trova poi un impiego presso un organo di collaborazione internazionale.

3.5

United Nations Volunteers (UNV)

Le missioni come membro dell'UNV offrono un'interessante introduzione al lato pratico della promozione internazionale della pace per persone interessate, giovani e di mezza età, che dispongono già di una certa esperienza. L'età media dei membri UNV al momento è sui 37 anni. Le missioni nel quadro dell'UNV vengono remunerate. Ogni anno, più di 5000 volontari qualificati nei campi più disparati prestano servizio in tutto il mondo come membri dell'UNV, in attività di promozione della pace, in progetti nel settore dell'aiuto umanitario, del rispetto dei diritti umani o del supporto o monitoraggio elettorale.

In Svizzera, la mediazione dei UNV è ormai coordinata dall'ONG Centro d'informazione, di consulenza e di formazione Professioni della cooperazione internazionale (cinfo) con sede a Biel. Il cinfo dispone di tutte le informazioni importanti per le persone interessate, pubblica ad intervalli regolari tutti i posti a disposizione per gli UNV, sottopone i candidati svizzeri ad una selezione preliminare e si impegna nell'ambito dei lavori di preparazione e conclusione delle missioni UNV. Attualmente, circa una dozzina di cittadini svizzeri sono attivi come membri dell'UNV.

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4

Spiegazioni sul punto 3: «la disponibilità dei giovani in Svizzera ad impegnarsi per la pace nel mondo»

La disponibilità di giovani svizzeri ad impegnarsi per la pace nel mondo nel quadro di una missione all'estero può essere quantificata solo in maniera approssimativa, tenendo conto dei risultati delle indagini su argomenti correlati. Dal punto di vista della metodologia, la difficoltà maggiore consiste nel fatto che da un atteggiamento fondamentalmente positivo nei confronti della promozione della pace non si può dedurre automaticamente una reale disponibilità per una missione all'estero in favore della pace. Comunque, in base alle statistiche degli ultimi anni si può constatare che i giovani svizzeri che cercano attivamente informazioni per un'eventuale missione sono sempre più numerosi. Questa tendenza non sembra essere strettamente collegata agli sviluppi della congiuntura sul mercato del lavoro, sviluppi di cui si deve tenere sempre maggior conto nell'analisi dei dati statistici.

4.1

Risultati del sondaggio

Una categoria di sondaggi in grado eventualmente di offrire indicazioni sul cosmopolitismo dei giovani svizzeri, sulla loro solidarietà e perciò eventualmente anche sulla disponibilità ad impegnarsi in una missione all'estero a favore della pace sono le interviste annuali alle nuove reclute. Nel 2000 queste sono state estese per la prima volta anche a giovani svizzeri di ambo i sessi non sottoposti all'obbligo militare. In questo modo è stato possibile raccogliere i dati di circa 20 000 persone formando il quadro seguente: ­

il 45 percento dei giovani ritiene di essere progressista e cosmopolita. La maggior parte di loro ha un elevato livello di formazione.

­

il 27 percento dei giovani di lingua tedesca, il 38 percento di quelli di lingua francese, il 31 percento di quelli di lingua italiana ed il 18 percento di quelli di lingua romancia ritiene di avere «radici più in Europa e nel mondo».

­

il 10 percento dei giovani intervistati può immaginarsi di abitare in futuro tanto in Svizzera, quanto all'estero. Il 57 percento di loro ha affermato che passare il confine con l'estero li fa sentire più liberi; il 18 percento preferirebbe stabilirsi all'estero.

­

il 60 percento dei giovani approva in linea di massima rapporti (più) stretti con i Paesi più poveri ed instabili del mondo.

Nel 1999, la società svizzera per la ricerca sociale (Schweizerische Gesellschaft für praktische Sozialforschung, GfS) ha pubblicato uno studio svolto su vari anni con il quale voleva tra l'altro approfondire in che modo gli intervistati fossero disposti a contribuire personalmente alla soluzione degli attuali problemi mondiali. Secondo i risultati, la quota di persone eventualmente disposte a contribuire personalmente con una missione volontaria tra il 1994 e il 1999 è salita dal 22 al 36 percento. Per il presente rapporto è necessario relativizzare queste cifre poiché lo studio non era incentrato sui giovani svizzeri e non differenziava esplicitamente tra attività di volontariato in Svizzera o all'estero. Tuttavia, l'aumento della percentuale permette determinate conclusioni sulla disponibilità dei giovani in Svizzera ad impegnarsi in missioni all'estero.

7255

4.2

Il Centro d'informazione, di consulenza e di formazione Professioni della cooperazione internazionale (cinfo)

Questa tendenza, risultante da sondaggi empirici, è confermata dal cinfo, il centro svizzero di informazioni, consulenza e formazione per professioni della cooperazione internazionale. L'analisi di dati significativi mostra come la ricerca di informazioni sulle possibilità di effettuare missioni o sull'offerta di perfezionamento all'estero sia aumentata negli ultimi anni: ­

mentre nel 1999 solo 1300 persone hanno ordinato la pubblicazione del cinfo sulle possibilità e le alternative per i giovani, il loro numero si è elevato a più di 1700 nel 2000. Nel 2001 erano già più di 5000.

­

Il 6 percento delle persone che nel 2000 ha fatto ricorso ai servizi di consulenza del cinfo era al di sotto dei 25 anni. Il 25 percento era tra i 26 e i 30 anni ed il 30 percento tra i 31 e i 35. Già nel 1999 più del 60 percento delle consulenze era stato offerto a persone al di sotto dei 35 anni.

4.3

Esperienze di altre ONG

I risultati del cinfo sono confermati da altre ONG intervistate: negli scorsi anni il numero delle domande ha superato di gran lunga l'offerta di posti. Le domande ricevute dalle ONG intervistate erano circa il triplo dei posti per missioni a disposizione.

Per quel che riguarda le categorie di persone disposte a partecipare a missioni all'estero, dal punto di vista delle ONG è necessario sottolineare chiaramente un dato di fatto: mentre sono soprattutto giovani al di sotto dei 30 anni senza esperienza ad interessarsi a queste attività, le organizzazioni locali che collaborano con le ONG hanno sempre più bisogno di esperti qualificati.

5

Spiegazioni sul punto 4: «... le attuali possibilità di concretizzare un'eventuale missione in particolare nell'ambito di organizzazioni non governative»

Al fine di valutare le attuali possibilità di intervento, nell'ambito di un sondaggio non rappresentativo sono state interpellate alcune ONG scelte. Rimandiamo ai capitoli 2 e 3 per informazioni sulle possibilità di invio statali.

Nel 2000 circa 150 esperti qualificati hanno effettuato interventi a lungo termine partecipando a progetti all'estero con l'assistenza delle ONG intervistate. Nel 2001 il numero degli Svizzeri inviati è leggermente aumentato.

Queste cifre non comprendono gli interventi in ambito lavorativo, sociale ed ambientale, in maggior parte di breve durata, effettuati da giovani nel quadro di campi giovanili o programmi di scambio di ONG.

7256

I dati delle ONG in merito alle attuali possibilità di essere inviati in missione sono molto omogenei e corrispondono in ampia parte a quelli degli organi di invio statali: il fabbisogno di persone con una buona formazione e una significativa esperienza all'estero continua ad aumentare, mentre sono sempre più difficili da collocare le persone inesperte o non abbastanza qualificate con conoscenze linguistiche lacunose. Numerose ONG hanno affermato che i partner locali da una parte non dispongono delle risorse necessarie ad introdurre e assistere con la dovuta responsabilità apprendisti inesperti, dall'altra nella maggior parte dei casi non hanno bisogno di forza lavoro bensì di know-how.

Per i volontari privi di esperienza inviati all'estero nell'ambito di attività a favore della pace, queste missioni rappresentano spesso un'occasione per raccogliere interessanti esperienze e per conseguire preziose qualifiche supplementari. Spesso, in simili occasioni, è più importante l'insegnamento che il singolo volontario può trarne dell'efficienza e dell'utilità dal punto di vista del partner locale. Sempre più raramente questo obiettivo tuttavia coincide con le esigenze odierne di una promozione della pace efficace e professionale.

6

Spiegazioni sul punto 5: «... il coordinamento tra le attività statali e quelle organizzate da enti privati»

Negli ultimi trenta anni il numero dei conflitti è aumentato notevolmente, in particolare quello dei conflitti interni e regionali. La richiesta di contributi di vario tipo a favore della pace è aumentata proporzionalmente. Negli ultimi anni le autorità e le ONG hanno continuato ad intensificare le attività nel settore. Nonostante lo scambio tra gli operatori statali e non abbia continuato ad intensificarsi, a causa del legittimo desiderio degli organi non statali di rimanere autonomi non è possibile o auspicabile cercare di ottenere un coordinamento completo. Questo vale tanto per il settore dell'invio di volontari nell'ambito di interventi a favore della pace quanto per altre attività di promozione della pace. Nella prassi, tuttavia, in quest'ambito assistiamo ad una collaborazione sempre più stretta tra la Confederazione e le ONG, simile a quella già esistente da tempo per le regioni meridionali ed orientali.

A maggio 2001 è stato creato il centro di competenze per la promozione della pace presso la Fondazione svizzera per la pace con il compito di contribuire a consolidare il coordinamento tra gli operatori svizzeri a favore della pace e sfruttare le eventuali sinergie. Tuttavia, il coordinamento dell'invio di personale rappresenta nell'ambito del centro di competenze solo un compito marginale. Finora né i rappresentanti statali né quelli non statali hanno annunciato il bisogno di creare ulteriori meccanismi di coordinamento in questo settore.

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7

Spiegazioni sul punto 6: «... gli elementi fondamentali e gli obiettivi politici e strategici perseguiti nel loro contesto globale con l'aiuto degli strumenti»

Il Consiglio federale ha indicato esaurientemente i contenuti degli obiettivi di politica estera, da ultimo nel rapporto di politica estera del 2000. La partecipazione degli esperti, assistiti ed inviati dallo Stato, contribuisce alla realizzazione di questi obiettivi. Nel campo della promozione civile della pace i loro interventi rappresentano uno degli strumenti per il raggiungimento degli obiettivi prefissati. Il Consiglio federale, parallelamente al presente rapporto, ha trasmesso alle Camere federali un messaggio per un credito quadro concernente misure di promozione civile della pace e di consolidamento del rispetto dei diritti umani in cui ha spiegato in modo particolareggiato quali siano gli obiettivi politici e strategici e gli elementi fondamentali sui quali si basa nel settore politico menzionato.

8

Spiegazioni sul punto 7: «... i piani relativi al servizio civile per la pace in altri Paesi, soprattutto quelli limitrofi»

Negli ultimi tempi, piani per un servizio civile per la pace sono stati dibattuti a più riprese in vari Stati. Tuttavia finora solo la Germania ha creato un servizio per la pace assistito da autorità statali. Si tratta del «Friedensfachdienst», un servizio specializzato destinato ad assicurare l'invio a livello professionale di esperti di pace volontari ma qualificati. L'Austria e la Svezia stanno studiando piani analoghi.

In altri Stati, come ad esempio la Gran Bretagna o i Paesi Bassi, i dibattiti interni sono condotti soprattutto sotto l'aspetto dell'educazione e della formazione alla pace. Quelli in Francia e in Italia mostrano come in questi Paesi il servizio civile per la pace sia visto soprattutto come strumento atto a sensibilizzare l'opinione pubblica a forme di confronto non violento.

Esperienze nella Repubblica federale di Germania Nel 1999 la Repubblica federale di Germania ha introdotto il servizio civile per la pace, dopo un dibattito sulla struttura da dargli ed i principi su cui basarlo.

Tutti gli esperti tedeschi, inviati nell'ambito del servizio civile per la pace, devono dimostrare le proprie capacità durante una procedura di reclutamento. I requisiti da soddisfare per l'ammissione sono elevati: oltre ad una formazione professionale conclusa, un'esperienza pluriennale significativa e buone conoscenze linguistiche, vengono richieste competenze sociali. Inoltre, i candidati devono dichiararsi disposti a prestare servizio per almeno due anni. Conseguentemente, l'età media degli esperti di pace tedeschi si aggira sui 40 anni.

Il Bundesministerium für wirtschaftliche Zusammenarbeit und Entwicklung (BMZ), il ministero federale per la collaborazione economica e lo sviluppo, nella sua funzione di centro di coordinamento, è il responsabile principale del corretto funzionamento del servizio civile di pace. Tuttavia, ha delegato una gran parte delle incombenze di organizzazione e assistenza a organizzazioni non statali con le quali collabora, in primo luogo al servizio tedesco per lo sviluppo, il Deutscher Entwicklungsdienst (DED), che coordina e concorda le missioni con i cinque servizi per 7258

lo sviluppo1 riconosciuti in Germania. L'ufficio degli affari esteri, l'Auswärtige Amt (AA), stabilisce i parametri della politica estera cui il BMZ e le organizzazioni con cui collabora devono attenersi nell'invio di esperti della pace.

Gli esperti tedeschi vengono preparati al loro intervento con una formazione di varie settimane per la quale vengono scelte solo persone destinate ad effettuare realmente una missione. Dalla creazione del servizio civile di pace sono state formate ed inviate in tutto circa 120 esperti. Altre 15 o 20 persone sono state ammesse nell'ambito di progetti ONG tramite una procedura particolare e inviate in qualità di membri del servizio per la pace.

Parallelamente al servizio civile per la pace, l'AA dispone di un pool di personale indipendente analogo sotto molti aspetti al PSEP svizzero. Il pool di personale dell'AA comprende circa 500 esperti altamente qualificati.

Esperienze in altri Paesi In Austria non esiste un servizio civile per la pace assistito da enti statali. Tuttavia, nel quadro della legge sul servizio civile sostitutivo, è previsto un certo sostegno finanziario alle organizzazioni attive nel settore. Analogamente al servizio civile in Svizzera, Austriaci soggetti all'obbligo militare possono prestare servizio nell'ambito di missioni all'estero. La legge austriaca sul servizio civile prevede interventi in tre settori: «servizio di commemorazione», «servizio sociale» e «servizio per la pace». La maggior parte degli interventi nell'ambito del servizio sostitutivo è prestata nel quadro del servizio sociale. Il servizio per la pace riveste un'importanza minore.

In Francia non esiste un servizio civile per la pace e le autorità non hanno intenzione di istituirlo. Non dispongono neanche di un pool di esperti appoggiati da enti statali come il pool di esperti svizzero per la promozione civile della pace. Le domande concernenti l'impiego di esperti all'estero vengono esaminate e trattate caso per caso dalle istanze competenti.

Neanche in Italia esiste un servizio civile per la pace appoggiato da enti statali. A livello non statale, la CRI, la Croce Rossa Italiana, ha lanciato qualche tempo fa un'iniziativa per l'introduzione di un servizio civile per la pace. Inoltre, il movimento «Caschi Bianchi» è attivo per l'introduzione di un corpo civile per la pace.
Gli Italiani soggetti all'obbligo militare possono prestare il loro servizio nell'ambito di un servizio civile all'estero solo in casi eccezionali. Una riorganizzazione dell'esercito italiano è prevista entro il 2007. Nel quadro di questo processo dovrà essere riesaminata la questione se gli obiettori di coscienza italiani debbano avere a disposizione un servizio sostitutivo ed eventualmente per quali attività. Attualmente è in preparazione in Italia un disegno di legge sull'introduzione di un «servizio civile».

Nei Paesi Bassi non esiste un servizio civile per la pace appoggiato da enti statali.

Attualmente non sono in elaborazione piani concreti per introdurre un servizio di questo tipo.

1

Arbeitsgemeinschaft für Entwicklungshilfe (AGEH), Dienst in Uebersee (DUE), Eirene, Weltfriedensrat e Christliche Fachkräfte International (CFI), Forum Ziviler Friedensdienst e Arbeitsgemeinschaft Dienst für den Frieden.

7259

In Svezia non esiste un servizio civile per la pace appoggiato da enti statali. Invece, il «Swedish Peace Team Forum», una rete di circa 50 ONG, cerca di elaborare nuovi piani di formazione e di missione nel settore della promozione civile della pace.

Questi sforzi vengono sostenuti dal Governo svedese.

In Gran Bretagna, l'ONG «Peace Workers UK» ha lanciato un'iniziativa per un servizio civile per la pace. Le ONG britanniche attive nel settore dell'invio di persone per attività di promozione della pace si stanno collegando in rete e stanno precisando la struttura che desiderano dare ad un servizio per la pace assistito dagli enti statali.

In Canada nessun piano per un servizio civile per la pace ha potuto imporsi finora, nonostante gli organi interessati, statali e non, discutano da lungo tempo come coordinare ed organizzare meglio l'invio di personale civile per la promozione della pace. Dal 1997 in Canada esiste invece il «Canadem-Roster», uno strumento che permette di mettere a disposizione in modo efficiente esperti per missioni di pace all'estero. Si tratta di una banca di dati di persone gestita da organizzazioni non statali, ma finanziata da enti pubblici, nella quale sono registrati più di 2800 nomi. Già nel 1994 è stato costituito il «Lester B. Pearson Canadian International Peacekeeping Training Centre», anch'esso finanziato da enti statali, che offre a militari e a civili perfezionamenti nel quadro della promozione della pace.

Iniziative interstatali A maggio 1999 è stata costituita la rete europea dei servizi civili per la pace, destinata a promuovere uno scambio di informazioni tra le relative iniziative nei vari Paesi europei e ad elaborare basi comuni per i servizi civili per la pace. Gli operatori di questa rete cercano di influenzare anche i dibattiti e gli accertamenti che hanno luogo al momento all'interno dell'Unione europea. Di recente, in seno al Parlamento europeo sono stati lanciati numerosi interventi al fine di creare un corpo civile per la pace europeo.

A livello globale la rete appoggia l'organizzazione americana Peaceworkers nello sforzo di costituire un esercito internazionale non violento per la promozione della pace (Global Peace Force).

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