04.072 Messaggio concernente l'approvazione e l'attuazione della Convenzione penale del Consiglio d'Europa sulla corruzione e del relativo Protocollo aggiuntivo (Modifica del Codice penale e della legge federale contro la concorrenza sleale) del 10 novembre 2004

Onorevoli presidenti e consiglieri, con il presente messaggio vi sottoponiamo, per approvazione, un disegno di decreto federale concernente l'approvazione e l'attuazione della Convenzione penale del Consiglio d'Europa sulla corruzione e del relativo Protocollo aggiuntivo nonché la revisione del Codice penale e della legge contro la concorrenza sleale.

Vogliate gradire, onorevoli presidenti e consiglieri, l'espressione della nostra alta considerazione.

10 novembre 2004

In nome del Consiglio federale svizzero: Il presidente della Confederazione, Joseph Deiss La cancelliera della Confederazione, Annemarie Huber-Hotz

2004-0640

6189

Compendio Gli sforzi internazionali volti a migliorare la prevenzione e la lotta contro la corruzione hanno consentito in questi ultimi anni di concludere numerosi accordi multilaterali. Dopo la Convenzione dell'OCSE sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali, alla quale la Svizzera ha aderito nel 2000, la Convenzione penale del Consiglio d'Europa sulla corruzione costituisce una seconda importante tappa nella prevenzione e repressione della corruzione. Essa persegue due scopi: armonizzare le pertinenti norme giuridiche in vigore negli Stati membri del Consiglio d'Europa e rafforzare la cooperazione internazionale in materia di lotta alla corruzione.

L'aspetto centrale della Convenzione è costituito dalle disposizioni concernenti i comportamenti che i legislatori degli Stati contraenti devono sanzionare. Si tratta in particolare della corruzione attiva e passiva di pubblici ufficiali, di membri delle autorità e di parlamentari, nazionali e stranieri, e di funzionari delle organizzazioni internazionali e di agenti delle corti di giustizia internazionali. Vanno inoltre puniti la corruzione attiva e passiva nel settore privato e gli altri atti connessi, in particolare il riciclaggio di denaro provento di corruzione. Gli Stati contraenti devono inoltre prendere i necessari provvedimenti affinché persone giuridiche siano penalmente perseguibili in caso di corruzione attiva di pubblici ufficiali o di corruzione nel settore privato. Tali Stati sono tenuti alla massima assistenza giudiziaria. Un altro aspetto fondamentale della Convenzione concerne la sua piena attuazione in tutti gli Stati contraenti. Allo scopo la Convenzione prevede valutazioni reciproche della legislazione e della prassi d'applicazione degli Stati contraenti, valutazioni che sono poi discusse da una commissione appositamente istituita e denominata GRECO.

Gli obiettivi della Convenzione e del Protocollo aggiuntivo coincidono con quelli perseguiti dalla politica svizzera in materia di diritto penale. Siccome il diritto penale applicabile alla corruzione è stato riveduto nel 2000 per consentire l'adesione alla Convenzione dell'OCSE, la legislazione svizzera in vigore soddisfa già molte delle esigenze poste dalla Convenzione del Consiglio d'Europa e, in alcuni punti, si spinge
perfino oltre. Ciononostante l'adesione offre l'opportunità di colmare alcune lacune tuttora esistenti nel nostro diritto penale in materia di corruzione.

Questo concerne innanzitutto la corruzione nel settore privato, che nella legge federale contro la concorrenza sleale è trattata soltanto in modo frammentario. In detta legge si dovrebbe prevedere una pena anche per l'accettazione di relativi vantaggi, vale a dire per la corruzione passiva nel settore privato. Inoltre sarebbe opportuno formulare la descrizione della fattispecie di corruzione nel settore privato sul modello della disposizione che definisce la corruzione di pubblici ufficiali.

Per contro, anche in avvenire, la corruzione nel settore privato dovrebbe essere punibile solo a querela di parte, poiché la scoperta di tali reati esige di norma la cooperazione delle persone coinvolte. Come ulteriore innovazione il disegno di modifica del Codice penale propone di punire, oltre a quella attiva, anche la corruzione passiva di funzionari stranieri e internazionali. Infine la lista dei reati per i quali è ingaggiata la responsabilità primaria dell'impresa (art. 100quater cpv. 2 CP)

6190

va completata con la fattispecie della corruzione attiva nel settore privato. Il Protocollo aggiuntivo completa la Convenzione estendendone il campo d'applicazione alla corruzione dei giurati e degli arbitri che sono chiamati a dirimere i litigi. I settori marginali previsti dal Protocollo aggiuntivo non rendono necessari provvedimenti d'attuazione a livello interno.

6191

Indice Compendio

6190

1 Parte generale 1.1 Introduzione 1.2 I lavori del Consiglio d'Europa nell'ambito della lotta contro la corruzione 1.3 Le linee fondamentali della Convenzione penale sulla corruzione e del relativo Protocollo aggiuntivo 1.4 Apprezzamento dei due strumenti internazionali 1.5 Risultati della procedura di consultazione

6195 6195

2 Le singole disposizioni della Convenzione e del Protocollo aggiuntivo e la loro attuazione nel diritto nazionale 2.1 Terminologia (art. 1 Conv.)

2.2 Provvedimenti da adottare a livello nazionale (art. 2­23 Conv.)

2.2.1 Corruzione di pubblici ufficiali (art. 2­6 e 9­11 Conv.)

2.2.1.1 Corruzione attiva di pubblici ufficiali nazionali (art. 2 Conv.)

2.2.1.2 Corruzione passiva di pubblici ufficiali nazionali (art. 3 Conv.)

2.2.1.3 Corruzione di membri delle assemblee pubbliche nazionali (art. 4 Conv.)

2.2.1.4 Corruzione di pubblici ufficiali stranieri (art. 5 Conv.)

2.2.1.5 Corruzione di membri di assemblee pubbliche straniere (art. 6 Conv.)

2.2.1.6 Corruzione di pubblici ufficiali delle organizzazioni internazionali (art. 9­11 Conv.)

2.2.2 La nuova disposizione penale sulla corruzione passiva di pubblici ufficiali stranieri (art. 322septies n. 2 D-CP) 2.2.3 Corruzione nel settore privato (art. 7 e 8 Conv.)

2.2.3.1 Introduzione 2.2.3.2 Esigenze degli articoli 7 e 8 della Convenzione 2.2.4 La nuova disposizione penale sulla corruzione attiva e passiva nel settore privato (art. 4a e 23 D-LCSI) 2.2.4.1 Collocazione sistematica 2.2.4.2 Mantenimento dell'esigenza della querela 2.2.4.3 Altri elementi del nuovo articolo 4a D-LCSl 2.2.5 Traffico d'influenza (art. 12 Conv.)

2.2.5.1 Esigenze 2.2.5.2 Confronto con il diritto svizzero 2.2.5.3 Sulla necessità di legiferare 2.2.6 Riciclaggio di denaro (art. 13 Conv.)

2.2.6.1 Esigenze 2.2.6.2 Confronto con il diritto svizzero 2.2.7 Reati contabili (art. 14 Conv.)

6192

6196 6197 6199 6199 6201 6201 6202 6202 6203 6205 6205 6206 6208 6209 6210 6211 6211 6213 6213 6213 6215 6215 6219 6219 6219 6221 6222 6222 6223 6223

2.3

2.4 2.5 2.6

2.2.7.1 Esigenze 2.2.7.2 Confronto con il diritto svizzero 2.2.8 Atti di partecipazione (art. 15 Conv.)

2.2.9 Immunità (art. 16 Conv.)

2.2.10 Competenza giurisdizionale (art. 17 Conv.)

2.2.10.1 Esigenze 2.2.10.2 Confronto con il diritto svizzero 2.2.10.3 In conclusione 2.2.11 Responsabilità delle persone giuridiche (art. 18 Conv.)

2.2.11.1 Esigenze 2.2.11.2 Confronto con il diritto svizzero 2.2.11.3 Necessità di completare l'articolo 100quater capoverso 2 CP 2.2.12 Sanzioni e misure (art. 19 Conv.)

2.2.13.Autorità specializzate (art. 20 Conv.)

2.2.14 Cooperazione fra autorità nazionali (art. 21 Conv.)

2.2.14.1 Contenuto ed esigenze 2.2.14.2 La situazione nel diritto svizzero 2.2.15 Protezione dei collaboratori di giustizia e dei testimoni (art. 22 Conv.)

2.2.15.1 Esigenze 2.2.15.2 La situazione nel diritto svizzero 2.2.16 Misure intese ad agevolare l'assunzione di prove e la confisca dei proventi (art. 23 Conv.)

2.2.16.1 Esigenze 2.2.16.2 La situazione nel diritto svizzero Cooperazione internazionale (art. 25­31 Conv.)

2.3.1 Principi generali e misure applicabili alla cooperazione internazionale (art. 25 Conv.)

2.3.2 Assistenza giudiziaria (art. 26 Conv.)

2.3.2.1 Obblighi imposti agli Stati contraenti 2.3.2.2 Compatibilità con il diritto svizzero 2.3.3 Estradizione (art. 27 Conv.)

2.3.4 Informazioni spontanee (art. 28 Conv.)

2.3.5 Autorità centrale (art. 29 Conv.)

2.3.6 Corrispondenza diretta (art. 30 Conv.)

2.3.7 Informazione (art. 31 Conv.)

Controllo dell'attuazione della Convenzione (art. 24 Conv.)

Disposizioni finali (art. 32­42 Conv.)

Il Protocollo aggiuntivo 2.6.1 Terminologia (art. 1 PA) 2.6.2 Provvedimenti da adottare a livello nazionale (art. 2­6 PA) 2.6.3 Altre disposizioni del Protocollo aggiuntivo

3 Ripercussioni 3.1 Ripercussioni per la Confederazione 3.2 Ripercussioni economiche 3.3 Ripercussioni per i Cantoni

6223 6224 6224 6225 6225 6225 6226 6227 6228 6228 6228 6229 6230 6231 6231 6231 6232 6232 6232 6232 6233 6233 6234 6235 6235 6235 6235 6236 6238 6239 6239 6240 6240 6240 6242 6243 6243 6244 6245 6245 6245 6246 6246 6193

4 Rapporto con il programma di legislatura

6246

5 Aspetti giuridici 5.1 Costituzionalità 5.2 Rapporti con il diritto europeo

6247 6247 6247

Allegati: Decreto federale concernente l'approvazione e l'attuazione della Convenzione penale del Consiglio d'Europa sulla corruzione e del relativo Protocollo aggiuntivo (Disegno)

6249

Convenzione penale sulla corruzione

6253

Protocollo aggiuntivo alla Convenzione penale sulla corruzione

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6194

Messaggio 1

Parte generale

1.1

Introduzione

Da qualche anno la corruzione è uno dei temi principali della politica in materia di criminalità. L'impegno profuso per la prevenzione e la repressione della corruzione ha, fra l'altro, portato a tutta una serie di convenzioni internazionali: oltre alle convenzioni del Consiglio d'Europa1, dell'Unione europea2 e dell'Organizzazione degli Stati americani3, è in particolare degna di menzione la Convenzione dell'OCSE del 17 dicembre 19974 sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali, che la Svizzera ha ratificato il 31 maggio 20005. Infine la Convenzione dell'ONU contro la corruzione è uno strumento globale contro la corruzione. Aperta alla firma nel dicembre del 2003, è stata da allora firmata da oltre 100 Stati. La Svizzera l'ha firmata il 10 dicembre 2003, in occasione della Conferenza per la firma.

In Svizzera, in questi ultimi anni, il nostro Collegio e il Parlamento hanno adottato varie misure intese a migliorare la prevenzione e la repressione della corruzione.

Vanno menzionati innanzitutto il nuovo diritto penale in materia di corruzione6, entrato in vigore il 1° maggio 2000, che è senza dubbio lo strumento principale, e la legge federale sulla deducibilità fiscale delle retribuzioni corruttive7, entrata in vigore all'inizio del 2001. Senza dimenticare l'analisi circostanziata sui rischi di corruzione e sulle misure di sicurezza in seno all'Amministrazione federale, effettuata nel 1998, il Codice di comportamento degli agenti della Confederazione e il nostro rapporto del 16 giugno 20038 sulla prevenzione della corruzione. Per quanto riguarda la procedura penale, il ruolo della Confederazione nel perseguimento della criminalità organizzata e di quella economica è stato rafforzato all'inizio del 2002 grazie al cosiddetto «Progetto efficienza»9: in virtù dell'articolo 340bis del Codice penale sono ora sottoposti alla giurisdizione federale anche i reati di corruzione.

Grazie alla già menzionata revisione del diritto penale in materia di corruzione, le disposizioni penali applicabili alla corruzione di pubblici ufficiali sono state completamente rivedute e permettono di far fronte alle sfide della corruzione strutturale e

1 2

3 4 5

6 7 8 9

Cfr. n. 1.2.

Accordo del 26 maggio 1997 sulla lotta alla corruzione che coinvolge funzionari della CE o degli Stati membri dell'UE. Cfr. anche la Convenzione del 26 luglio 1995 relativa alla tutela degli interessi finanziari delle comunità e i due Protocolli aggiuntivi del 27 settembre 1996 e del 19 giugno 1997.

Convenzione interamericana del 29 marzo 1996 contro la corruzione.

RS 0.311.21 Cfr. in proposito il nostro messaggio del 19 aprile 1999 concernente la modifica del Codice penale svizzero e del Codice penale militare (revisione delle disposizioni penali in materia di corruzione) nonché l'adesione della Svizzera alla Convenzione sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali, FF 1999 4721 segg.

Art. 322ter segg. CP; cfr. RU 2000 1121 segg. e FF 1999 4721 segg.

RU 2000 2147 segg.

FF 2003 4454 segg.

RU 2001 3071 segg. e FF 1998 1095 segg.

6195

transnazionale. Ciononostante avevamo già indicato nel nostro messaggio10 che, per soddisfare le esigenze della Convenzione penale del Consiglio d'Europa, sarebbero state necessarie altre modifiche, in particolare nel campo della lotta contro la corruzione nel settore privato. Una procedura a tappe si rivelò necessaria perché altrimenti l'allora prioritaria ratifica della Convenzione dell'OCSE avrebbe subito un ritardo troppo importante.

1.2

I lavori del Consiglio d'Europa nell'ambito della lotta contro la corruzione

Nell'ambito delle iniziative internazionali di lotta contro la corruzione, il Consiglio d'Europa ha fornito un lavoro sostanziale. A dare l'avvio ai suoi lavori fu la 19a Conferenza europea dei ministri di giustizia, nel 1994. Un gruppo di lavoro interdisciplinare (Groupe multidisciplinaire sur la corruption, GMC), appositamente istituito dal Comitato dei ministri e nel quale la Svizzera cooperò attivamente, approntò in seguito un vasto programma d'azione contro la corruzione11 e si occupò quindi della sua attuazione. I lavori del GMC, che si conclusero nell'ottobre del 2001, produssero vari strumenti internazionali.

Fra questi, i principali sono la Convenzione penale sulla corruzione, presentemente sottoposta a ratifica, e la Convenzione civile del 4 novembre 199912 sulla corruzione. Quest'ultimo strumento costituisce un primo tentativo di stabilire, grazie a un trattato multilaterale, norme minime di diritto civile concernenti l'indennizzo delle vittime della corruzione. Già nel 1997 il Comitato dei ministri licenziò 20 principi direttivi per la lotta alla corruzione13. Si tratta di principi piuttosto generali e giuridicamente non vincolanti che si rivolgono in parte al legislatore e in parte alle autorità giudiziarie dei singoli Stati. Nel 1999, nell'ambito di un accordo parziale allargato del Consiglio d'Europa14, fu istituito un meccanismo di sorveglianza per garantire l'attuazione e l'applicazione delle convenzioni e degli altri strumenti esistenti nel campo della lotta contro la corruzione. L'attività della relativa commissione (Gruppo di Stati contro la Corruzione, GRECO) consiste nella valutazione delle misure per la lotta alla corruzione adottate negli Stati membri e, in particolare, dell'attuazione delle convenzioni europee sulla lotta alla corruzione. Allo scopo, il GRECO svolge procedure di valutazione reciproche di Paesi, sul modello del Gruppo di lavoro per la lotta al riciclaggio di denaro denominato «Gruppo di azione finanziaria internazionale sul riciclaggio dei capitali» (GAFI). Il GRECO è aperto a tutti gli Stati membri del Consiglio d'Europa e agli altri 8 Stati che hanno partecipato come osservatori all'elaborazione del suo statuto. L'appartenenza al GRECO è fondata sia sulla semplice adesione al suo statuto sia sulla ratifica della Convenzione penale o della Convenzione
civile. Il commento all'articolo 24 della Convenzione penale fornisce informazioni più precise15. Inoltre, nel maggio del 2000, il Comitato dei ministri licenziò una raccomandazione nella quale figura un modello di codice di

10 11 12 13 14 15

Cfr. FF 1999 4721 segg,. pag. 4736 e 4746 seg.

Programme d'action contre la corruption, Strasburgo 1996.

Convenzione n. 174 del Consiglio d'Europa; 17 Stati l'hanno già firmata e 21 l'hanno ratificata. La Convenzione è entrata in vigore il 1° novembre 2003.

Risoluzione (97)24 del 6 novembre 1997.

Risoluzioni (98)7 del 4 e 5 maggio 1998 e (99)5 del 1° maggio 1999.

Cfr. n. 2.4

6196

comportamento per i pubblici ufficiali16. Infine, il GMC elaborò sia una raccomandazione che stabilisce regole comuni contro la corruzione nel finanziamento dei partiti politici e delle campagne elettorali sia il Protocollo aggiuntivo alla Convenzione penale sulla corruzione. Tale Protocollo estende il campo d'applicazione della Convenzione penale alla corruzione di arbitri e giurati.

1.3

Le linee fondamentali della Convenzione penale sulla corruzione e del relativo Protocollo aggiuntivo

La Convenzione penale sulla corruzione è stata elaborata fra il febbraio 1996 e il settembre 1998 dal GMC e dal suo gruppo di lavoro sul diritto penale (GMCP). Per la messa a punto del testo sono state necessarie, in totale, 14 sessioni. Nel novembre 1998 il Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa ha approvato tale strumento, aperto alla firma il 27 gennaio 1999. La Convenzione è entrata in vigore il 1° luglio 2002 e finora (stato novembre 2004) è stata ratificata da 30 Stati e firmata da altri 16. La Svizzera ha firmato la Convenzione il 26 febbraio 2001.

Per quanto concerne il contenuto, la Convenzione penale del Consiglio d'Europa sulla corruzione va ben oltre rispetto ad altri strumenti internazionali di lotta contro la corruzione, e segnatamente rispetto alla Convenzione dell'OCSE già ratificata dal nostro Paese: mentre quest'ultimo strumento tratta unicamente il tema della corruzione attiva di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali, la Convenzione penale del Consiglio d'Europa sulla corruzione definisce esigenze minime che devono essere soddisfatte nella repressione penale delle varie forme di corruzione sia nel settore pubblico che in quello privato.

Le principali esigenze e disposizioni della Convenzione sono le seguenti:

16

­

nel capitolo consacrato ai provvedimenti da prendere a livello nazionale, costituito dagli articoli 2­14 che sono la parte essenziale della Convenzione, sono enumerati i comportamenti per i quali i legislatori nazionali devono prevedere una sanzione penale: la corruzione attiva e passiva di pubblici ufficiali nazionali (art. 2­4), di pubblici ufficiali stranieri (art. 5 e 6), di funzionari internazionali, di giudici e agenti delle corti di giustizia internazionali (art. 9­11), la corruzione attiva e passiva nel settore privato (art. 7 e 8), il traffico d'influenza (art. 12) che costituisce una sorta di tappa intermedia della corruzione a livello nazionale e transnazionale, il riciclaggio di denaro provento della corruzione (art. 13) e le manipolazioni contabili destinate a commettere o dissimulare atti di corruzione (art. 14). Inoltre l'articolo 18 obbliga gli Stati contraenti a prendere i provvedimenti necessari affinché anche le persone giuridiche possano essere chiamate a rispondere penalmente di reati di corruzione;

­

il capitolo sulla cooperazione internazionale si apre enunciando il principio che gli Stati contraenti cooperano nella misura più ampia possibile sulla base degli accordi multilaterali e bilaterali esistenti e del loro diritto interno (art. 25). Le disposizioni particolari degli articoli 26­31 prevedono tuttavia norme minime di cooperazione che, nei loro effetti, non vanno oltre alle norme del diritto svizzero in vigore in materia d'assistenza giudiziaria. Questo Raccomandazione (2000)10 dell'11 maggio 2000.

6197

vale segnatamente anche per l'articolo 26 paragrafo 3 in base al quale l'assistenza giudiziaria non può essere negata facendo appello al segreto bancario; ­

nelle disposizioni finali, l'articolo 32 prevede che per l'entrata in vigore della Convenzione sono necessarie 14 ratifiche. Inoltre, come già detto in precedenza, questo stesso articolo prevede che l'adesione alla Convenzione comporta automaticamente l'appartenenza al GRECO per gli Stati che ­ come la Svizzera ­ non ne sono ancora membri. Al fine di garantire la massima uniformità possibile nell'applicazione degli obblighi della Convenzione da parte degli Stati contraenti, la possibilità di formulare riserve alla Convenzione è vincolata a una duplice restrizione: da un canto, possono essere formulate riserve (art. 4­12, 17 e 26) o dichiarazioni (art. 36 e 37) soltanto in merito a determinate disposizioni della Convenzione e, dall'altro, il numero complessivo di riserve o dichiarazioni che uno Stato può formulare è limitato a 5 (art. 37 par. 4).

Il Protocollo aggiuntivo, che completa la Convenzione in settori marginali, è stato aperto alla firma il 15 maggio 2003 e finora è stato ratificato da 7 Stati (Albania, Bulgaria, Norvegia, Regno Unito, Romania, Slovenia e Svezia) e firmato da altri 20 Stati. La Svizzera l'ha firmato il 3 giugno 2004.

Sotto il profilo del contenuto, il Protocollo aggiuntivo estende il campo d'applicazione della Convenzione alla corruzione di arbitri e giurati. Iniziando con la definizione di alcuni termini (art. 1), il Protocollo statuisce in seguito (cap. II art. 2­6) sui provvedimenti da prendere a livello nazionale: rendere punibile, da un canto, la corruzione attiva e passiva di arbitri nazionali e stranieri, definiti come persone che, in virtù di un accordo di arbitrato, sono chiamate a rendere una decisione giuridicamente vincolante su un litigio che è loro sottoposto e, dall'altro, la corruzione attiva e passiva di giurati nazionali e stranieri, vale a dire di persone che agiscono in qualità di membri non professionali di un organo collegiale chiamato a pronunciarsi, nel quadro di una procedura penale, sulla colpevolezza di un imputato. Tutti gli altri elementi costitutivi dei reati di cui agli articoli 2­6 sono conformi alle norme sulla corruzione che figurano nella Convenzione.

Fra le altre disposizioni del Protocollo aggiuntivo sono degni di menzione l'articolo 8 (applicabilità per analogia delle disposizioni della Convenzione, per esempio, per quanto concerne l'assistenza giudiziaria), l'articolo 9 (possibilità per gli Stati contraenti che hanno formulato dichiarazioni o riserve alla Convenzione di estenderle o applicarle alle disposizioni parallele del Protocollo aggiuntivo) e l'articolo 10 (ratifica di 5 Stati come condizione per l'entrata in vigore del Protocollo aggiuntivo).

La ragione dell'elaborazione separata del Protocollo aggiuntivo va ricercata nel fatto che ­ a differenza di quanto avviene in Svizzera ­ in alcuni Stati il diritto penale in materia di corruzione tratta arbitri e giurati in modo parzialmente diverso dai giudici oppure non li contempla affatto17.

17

Cfr. Protocollo aggiuntivo, rapporto esplicativo n. 35 (www.coe.int, legal affairs, treaty office).

6198

1.4

Apprezzamento dei due strumenti internazionali

Nell'ambito degli sforzi internazionali per un'efficace repressione della corruzione, la Convenzione penale del Consiglio d'Europa sulla corruzione rappresenta un importante progresso. I suoi obiettivi principali, ovvero rafforzare e armonizzare negli Stati membri del Consiglio d'Europa le norme penali di lotta contro la corruzione e, di conseguenza, agevolare la cooperazione internazionale in tale ambito, coincidono con la politica svizzera in materia penale. Il gran numero di Stati membri del Consiglio d'Europa e di altri Stati che hanno già ratificato o firmato la Convenzione testimonia la sua importanza. A parer nostro, l'adesione della Svizzera si impone se non altro perché il nostro Paese ha collaborato attivamente all'elaborazione della Convenzione. Del resto il vigente diritto svizzero corrisponde già in ampia misura alle esigenze della Convenzione; anzi, per certi aspetti, va anche oltre.

L'adesione alla Convenzione offre parimenti l'occasione di colmare alcune lacune del nostro diritto nazionale, segnatamente introducendo nel Codice penale la fattispecie della corruzione passiva di pubblici ufficiali stranieri e di funzionari internazionali e inasprendo le disposizioni contenute nella legge federale contro la concorrenza sleale e relative alla lotta contro la corruzione nel settore privato.

L'adesione al Protocollo aggiuntivo non comporta alcun obbligo supplementare per il nostro Paese, visto che le norme penali in materia di corruzione, che figurano negli articoli 322ter segg. del Codice penale, sono esplicitamente applicabili agli arbitri, indipendentemente dal fatto che si tratti di corruzione attiva o passiva, e che il termine di «autorità giudiziaria» comprende senza ombra di dubbio anche i giurati e i giudici non professionali. È pertanto evidente che insieme alla Convenzione vada ratificato anche il Protocollo aggiuntivo.

1.5

Risultati della procedura di consultazione

Con decisione del 20 agosto 2003 abbiamo preso atto del rapporto e dell'avamprogetto relativo all'adesione alla Convenzione penale del Consiglio d'Europa sulla corruzione e al relativo Protocollo aggiuntivo nonché alla modifica del Codice penale (CP) e della legge federale contro la concorrenza sleale (LCSl), incaricando il DFGP di avviare la procedura di consultazione. Lo stesso giorno il DFGP ha inviato il progetto ai Cantoni, ai partiti rappresentati nell'Assemblea federale, alle associazioni e alle organizzazioni interessate nonché ai tribunali federali, chiedendo loro di pronunciarsi entro la fine di novembre 2003.

I partecipanti alla consultazione sono stati 45 (24 Cantoni, tutti i partiti del Consiglio federale, 8 organizzazioni economiche e altre 9 organizzazioni interessate)18. La grande maggioranza ha accolto favorevolmente l'adesione della Svizzera alla Convenzione e al suo Protocollo aggiuntivo. Soltanto due partiti e alcune associazioni hanno espresso un'opinione contraria19. Anche le modifiche legislative proposte hanno incontrato il favore della maggioranza dei partecipanti alla consultazione. Una

18 19

Per i dettagli, cfr. i risultati della procedura di consultazione, Ufficio federale di giustizia, marzo 2004.

Il PPD e l'UDC nonché il Centro padronale, la Fédération des Entreprises romandes, la Chambre Vaudoise des Arts et Métiers. Critici sono stati anche l'Unione svizzera delle arti e mestieri e la FMH.

6199

minoranza giudica l'avamprogetto troppo moderato20: da un lato, auspica che la corruzione nel settore privato venga disciplinata nel Codice penale piuttosto che nella LCSl e sia sanzionata o punita d'ufficio come reato, dall'altro chiede di punire il traffico d'influenza ai sensi dell'articolo 12 della Convenzione. Soltanto alcuni fautori dell'adesione vorrebbero un'attuazione più restrittiva della Convenzione e deplorano segnatamente la rinuncia all'introduzione della responsabilità primaria dell'impresa per la corruzione attiva nel settore privato21.

Per quanto concerne le singole proposte legislative dell'avamprogetto, i risultati sono i seguenti: le nuove incriminazioni proposte della corruzione passiva di pubblici ufficiali stranieri (art. 322 cpv. 2 AP-CP) e della corruzione passiva nel settore privato (art. 4a cpv. 1 lett. b AP-LCSl) non hanno incontrato praticamente nessuna opposizione. Questo vale anche per l'accoglienza riservata all'introduzione della corruzione attiva nel settore privato (art. 4 cpv. 1 lett. a AP-LCSl) nel catalogo delle infrazioni relative alla responsabilità delle imprese secondo l'articolo 100quater capoverso 2 CP.

Riguardo alla formulazione concreta della nuova disposizione sulla corruzione nel settore privato le opinioni sono in parte molto divergenti; il primo punto controverso è il seguente: determinare se la corruzione nel settore privato ­ come definita nel diritto vigente e nell'avamprogetto ­ debba o meno essere perseguita d'ufficio. Mentre una minoranza importante è favorevole al perseguimento d'ufficio, la maggioranza auspica che essa mantenga il suo statuto di delitto perseguibile soltanto su querela di parte. Per alcuni si tratta addirittura di una condizione per poter accettare l'avamprogetto. Mentre una maggioranza si è pronunciata in favore del mantenimento della corruzione privata nella LCSl, una minoranza esige che questa materia sia disciplinata nel Codice penale. Un inasprimento penale (definizione della corruzione privata in quanto reato, in modo tale da considerarla come atto preliminare al riciclaggio di denaro) o un'estensione della prevenzione (segnatamente alle semplici concessioni di vantaggi) è stato richiesto soltanto da alcuni partecipanti.

Discussa è stata anche la proposta contenuta nell'avamprogetto di rinunciare a incriminare il
traffico d'influenza, che impone la formulazione di una riserva alla Convenzione da parte della Svizzera. Mentre alcuni partecipanti hanno criticato questa posizione, la maggioranza di essi ha sostenuto l'avamprogetto, talvolta facendo addirittura di questa riserva una condizione necessaria alla loro approvazione generale del progetto.

Dalla consultazione sono scaturite inoltre diverse indicazioni, proposte o riserve su alcuni singoli punti.

Con decisione del 28 aprile 2004 abbiamo preso atto dei risultati della procedura di consultazione e definito il seguito della procedura. Incoraggiati dalla consultazione a mantenere la nostra posizione iniziale, ossia aderire alla Convenzione e al Protocollo aggiuntivo e lottare ancora più efficacemente contro la corruzione per mezzo di un miglioramento del dispositivo penale, abbiamo incaricato il DFGP di elaborare il messaggio e il disegno sulla scorta dei risultati della consultazione. Abbiamo deciso in particolare di continuare a trattare la corruzione nel settore privato in seno alla LCSl, di non prevederne il perseguimento d'ufficio e infine di non introdurre la

20 21

Cinque Cantoni, il PSS e alcuni altri partecipanti.

Swiss banking e la Società svizzera degli impresari costruttori.

6200

punibilità del traffico d'influenza. In vista della ratifica, abbiamo inoltre deciso di firmare il Protocollo aggiuntivo, cosa avvenuta il 3 giugno 2004.

2

Le singole disposizioni della Convenzione e del Protocollo aggiuntivo e la loro attuazione nel diritto nazionale

2.1

Terminologia (art. 1 Conv.)

Secondo la lettera a dell'articolo 1, l'espressione «pubblico ufficiale», utilizzata negli articoli 2, 3 e 5 della Convenzione (Conv.), è interpretata con riferimento alla definizione di «funzionario», «pubblico ufficiale», «sindaco», «ministro» o «giudice» nel diritto nazionale dello Stato nel quale la persona in questione esercita tale funzione. Determinante in proposito è la definizione di diritto penale della legislazione nazionale.

Nonostante il rinvio ai diritti nazionali, con tale descrizione la Convenzione mira a evitare nella massima misura possibile lacune nella criminalizzazione della corruzione di pubblici ufficiali. Si tratta, in particolare, di comprendere in questa categoria non soltanto i funzionari, ma anche i membri di un esecutivo e le persone aventi funzioni giudiziarie.

Le definizioni circostanziate dei termini di «funzionario» e di «pubblico ufficiale» date nel diritto penale svizzero, rispettivamente nell'articolo 110 numero 4 del Codice penale (CP) e nelle disposizioni penali vigenti in materia di corruzione (art. 322ter segg. CP) risponde perfettamente alle esigenze della Convenzione; infatti le norme penali sulla corruzione comprendono, sotto la menzione di pubblico ufficiale, i membri di un'autorità giudiziaria o di un'altra autorità e tutte le persone che detengono un mandato esecutivo o legislativo22 come possibili autori o persone oggetto di un atto di corruzione. Il significato che il diritto penale svizzero dà al termine di pubblico ufficiale è dunque più esteso di quello dato dalla Convenzione.

La lettera b dell'articolo 1 precisa che il termine «giudice», utilizzato alla lettera a, comprende i membri del ministero pubblico e le persone che esercitano funzioni giudiziarie. Tale precisazione non pone problemi nel diritto svizzero dove in pratica non v'è distinzione fra la corruzione di un giudice e quella di un pubblico ufficiale.

Benché, quando agisce secondo le istruzioni che riceve, un procuratore generale non sia considerato come «membro di un'autorità giudiziaria», egli sottostà comunque alle medesime disposizioni penali in materia di corruzione in quanto «funzionario».

La lettera c conferisce allo Stato che promuove il procedimento penale la competenza di applicare la sua definizione penale di pubblico ufficiale anche quando il procedimento riguarda un
pubblico ufficiale di un altro Stato. In altre parole, in caso di corruzione di un pubblico ufficiale straniero ai sensi dell'articolo 5 della Convenzione, uno Stato contraente deve avviare un procedimento unicamente se la persona perseguita occupa una posizione o esercita una funzione che, nello Stato che conduce la procedura penale, è coperta dalla definizione penale del termine di pubblico ufficiale.

22

Cfr. FF 1999 4721 segg,. pag. 4721 segg. e 4748.

6201

Infine la lettera d dell'articolo 1 definisce il termine di «persona giuridica» utilizzato all'articolo 18 della Convenzione (responsabilità dell'impresa). Ai sensi di tale definizione va considerata persone giuridica qualsiasi entità avente detto statuto in virtù del diritto nazionale applicabile. Anche in questo caso la Convenzione rinuncia a proporre una propria definizione, limitandosi a un rinvio ai diritti nazionali. Precisa tuttavia che gli Stati, gli altri enti pubblici nell'esercizio delle loro prerogative di potere pubblico e le organizzazioni internazionali pubbliche non sono compresi in tale definizione. Anche su questo punto, il diritto nazionale di uno Stato contraente può andare oltre rispetto alla Convenzione23.

2.2

Provvedimenti da adottare a livello nazionale (art. 2­23 Conv.)

2.2.1

Corruzione di pubblici ufficiali (art. 2­6 e 9­11 Conv.)

L'obbligo di prevedere sanzioni penali per le varie forme di corruzione di pubblici ufficiali e di parlamentari costituisce il nucleo vero e proprio della Convenzione. Gli articoli 2 e 3, che trattano della corruzione attiva e passiva di pubblici ufficiali nazionali, contengono i differenti elementi dei comportamenti da sanzionare con una pena, mentre le altre disposizioni che trattano della corruzione di pubblici ufficiali in senso lato (art. 4­6 e 9­11 Conv.) estendono l'applicazione di tali definizioni ad altre categorie di persone suscettibili di essere oggetto o autori di atti di corruzione.

L'articolo 4 è pertanto consacrato alla corruzione attiva e passiva di membri delle assemblee pubbliche nazionali, vale a dire in particolare di parlamentari. Gli articoli 5 e 6 prescrivono di punire la corruzione attiva e passiva di pubblici ufficiali stranieri e di membri delle assemblee pubbliche straniere. Gli articoli 9­11, infine, concernono la corruzione attiva e passiva di funzionari delle organizzazioni internazionali, distinguendo fra funzionari delle organizzazioni internazionali (art. 9), membri delle assemblee parlamentari internazionali (art. 10) e giudici e agenti delle corti di giustizia internazionali (art. 11).

Questa tecnica di regolamentazione dipende dall'ordinamento giuridico di alcuni Paesi nei quali, a volte, è fatta una distinzione a seconda che l'atto di corruzione coinvolga un funzionario, un giudice o un parlamentare24. Per contro, il vigente diritto penale svizzero non prevede reati differenti a seconda delle categorie di pubblici ufficiali e, per giunta, riunisce in una sola norma penale (art. 322septies CP) la corruzione (attiva) delle persone che agiscono per conto di uno Stato straniero o di un'organizzazione internazionale. Come dimostreremo in seguito, la differenza d'approccio normativo non pone problemi.

23 24

Cfr. Convenzione, rapporto esplicativo n. 31.

Cfr. p.es. Codice civile tedesco § 331 segg.

6202

2.2.1.1

Corruzione attiva di pubblici ufficiali nazionali (art. 2 Conv.)

Secondo la norma di base dell'articolo 2 Conv., ciascuno Stato contraente adotta i provvedimenti legislativi e di altro genere necessari per comminare una pena conformemente al suo diritto interno a ogni persona che abbia intenzionalmente corrotto un suo pubblico ufficiale. Il reato come tale consiste, secondo la definizione della Convenzione, nel promettere, offrire o procurare, direttamente o indirettamente, un indebito profitto allo stesso pubblico ufficiale o a un'altra persona affinché il pubblico ufficiale, nell'esercizio delle sue funzione, compia od ometta di compiere un atto di servizio.

Come già rilevato25, la definizione molto completa che il diritto penale svizzero dà della nozione di pubblico ufficiale risponde perfettamente a quella data dalla Convenzione: in particolare il termine si applica non soltanto ai funzionari propriamente detti, ma anche ai membri di un esecutivo e alle persone che esercitano funzioni giudiziarie, conformemente alle intenzioni della Convenzione.

Per quanto riguarda i differenti elementi del reato, va innanzitutto costatato che sia l'articolo 2 Conv. sia le pertinenti fattispecie del Codice penale svizzero26 menzionano l'idea di proporre, di offrire e di procurare. Sebbene il Codice penale non lo menzioni esplicitamente, la colpevolezza dell'autore è la medesima sia che abbia trasmesso egli stesso l'indebito vantaggio sia che l'abbia trasmesso indirettamente servendosi di una terza persona27.

La nozione di vantaggio nel diritto penale svizzero in materia di corruzione comprende tutte le liberalità di natura materiale o immateriale, fatte a titolo gratuito, purché oggettivamente misurabili28 e comprende così qualsiasi profitto ai sensi della Convenzione. D'altronde, sia la Convenzione sia il Codice penale svizzero utilizzano la medesima espressione di «indebito» riferito rispettivamente a profitto e a vantaggio, che va dunque interpretata nello stesso modo. La Convenzione prevede, come il Codice penale svizzero, che non siano punibili i profitti (CP: vantaggi) che la legge o le prescrizioni amministrative permettono di accettare o le concessioni di profitti di lieve entità, usuali nelle relazioni sociali29. Infine, la definizione di corruzione che danno la Convenzione e le pertinenti norme penali svizzere menziona esplicitamente la concessione di profitti
a terzi. Pertanto il fatto che il profitto vada o sia supposto andare a beneficio di un terzo o del pubblico ufficiale stesso non ha alcuna rilevanza purché esista un nesso sufficiente fra tale profitto e l'atto amministrativo.

Secondo la Convenzione, la prestazione chiesta in cambio del profitto concesso consiste, per il pubblico ufficiale, nel compiere o nell'astenersi dal compiere un atto nell'esercizio delle sue funzioni. Per il reato di corruzione attiva secondo l'articolo 322ter del Codice penale (e secondo art. 322septies CP) il vantaggio concesso mira a ottenere dal pubblico ufficiale l'esecuzione o l'omissione di un atto in relazione con la sua attività ufficiale e contrastante con i doveri d'ufficio o sottostante al suo potere d'apprezzamento.

25 26 27 28 29

Cfr. n. 2.1.

Cfr. art. 322ter, 322quinquies e 322septies CP.

Cfr. FF 1999 4721 segg, pag. 4752 e 4764.

Cfr. FF 1999 4721 segg, pag. 4751 seg.

Cfr. Convenzione, rapporto esplicativo n. 38; cfr. art. 322octies n. 2 CP.

6203

A parte un'eccezione, la definizione della controprestazione nel reato di corruzione attiva di cui all'articolo 322ter del Codice penale è comparabile a quella data nell'articolo 2 della Convenzione, o addirittura più ampia. Le due definizioni fanno così menzione esplicita del fatto che la controprestazione può consistere, per il pubblico ufficiale, nell'astenersi dall'agire: si pensi ad esempio a un organo di perseguimento penale che rimanga inattivo nonostante sussistano sospetti fondati.

Le norme penali svizzere in materia di corruzione comprendono inoltre atti del pubblico ufficiale per i quali questi non è affatto competente o che non sono previsti dalla legge, come la divulgazione di segreti d'ufficio30. In altri termini, il nesso che deve necessariamente essere stabilito fra il comportamento del pubblico ufficiale in seguito alla concessione di un indebito vantaggio o profitto e la sua funzione è espresso in maniera meno restrittiva nel diritto svizzero che nell'articolo 2 della Convenzione. Inoltre le norme penali svizzere comprendono parimenti, dopo la loro revisione, le liberalità assegnate a posteriori, a titolo di ricompensa per atti od omissione di atti del pubblico ufficiale.

Secondo la Convenzione un atto amministrativo (qualunque) può essere oggetto di corruzione. Perché vi sia reato è pertanto sufficiente che il pubblico ufficiale abbia ricevuto un profitto per agire conformemente ai doveri della sua funzione. Non è dunque necessario che l'atto per il quale il pubblico ufficiale è stato sollecitato contrasti con i suoi doveri d'ufficio o sottostia al suo potere d'apprezzamento31.

Occorrerebbe pertanto contemplare anche il caso (invero poco probabile) in cui una liberalità ­ che deve tuttavia essere abbastanza consistente da costituire un indebito profitto ­ sia concessa per un atto amministrativo che il pubblico ufficiale è comunque tenuto a compiere.

Secondo le pertinenti disposizioni penali svizzere, il reato di corruzione attiva concerne gli atti contrastanti con i doveri d'ufficio del pubblico ufficiale o sottostanti al suo potere d'apprezzamento. Così l'articolo 322ter del Codice penale contempla non soltanto i casi nei quali il pubblico ufficiale va oltre o abusa del suo potere d'apprezzamento, fatto che ovviamente costituisce una violazione dei doveri d'ufficio, ma
ugualmente il caso in cui agisca entro il margine d'apprezzamento che gli è conferito. Gli elementi costitutivi del reato di corruzione attiva secondo la norma penale svizzera non sono tuttavia dati per i casi, contemplati dalla Convenzione, in cui l'atto per il quale il pubblico ufficiale è sollecitato è conforme ai suoi doveri e non sottostà al suo potere d'apprezzamento. Nel diritto penale svizzero, tali casi sono retti dall'articolo 322quinquies del Codice penale che va nettamente oltre l'articolo 2 della Convenzione poiché punisce in maniera generale la concessione di indebiti vantaggi, anche senza un nesso con un atto amministrativo concreto, contemplando pertanto anche i casi detti di «preparazione del terreno» o «alimentazione progressiva»32.

In conclusione, le attuali norme penali in materia di corruzione soddisfano interamente le esigenze dell'articolo 2 della Convenzione.

30 31 32

Cfr. FF 1999 4721 segg, pag. 4754.

Cfr. Convenzione, rapporto esplicativo n. 39.

Cfr. FF 1999 4721 segg, pag. 4760.

6204

2.2.1.2

Corruzione passiva di pubblici ufficiali nazionali (art. 3 Conv.)

L'articolo 3 della Convenzione fa da pendant all'articolo 2 in quanto obbliga gli Stati contraenti a punire penalmente il fatto che un loro pubblico ufficiale solleciti o riceva un indebito profitto o che ne accetti l'offerta o la promessa. Eccettuato l'atto propriamente detto, i vari elementi dell'articolo 3 sono identici a quelli dell'articolo 2. Un analogo parallelismo si riscontra fra l'articolo 322quater del Codice penale che sanziona la corruzione passiva e l'articolo 322ter del Codice penale che sanziona la corruzione attiva. La norma penale svizzera sulla corruzione passiva utilizza, per descrivere il reato, i termini «domanda, si fa promettere o accetta».

Siccome i reati di corruzione attiva e di corruzione passiva sono formulati in maniera parallela sia nella Convenzione sia nel diritto penale svizzero, rimandiamo alle spiegazioni date in precedenza in merito all'articolo 2 della Convenzione per tutti gli altri elementi costitutivi del reato, segnatamente per la definizione dei termini di pubblico ufficiale e di profitto, per l'intenzione e per la contropartita attesa dal pubblico ufficiale33: salvo un'eccezione, la definizione della corruzione passiva secondo l'articolo 322quater del Codice penale è identica a quella dell'articolo 3 della Convenzione, o va addirittura oltre. Anche qui l'eccezione riguarda il caso in cui il pubblico ufficiale si lascia corrompere per compiere un atto che è comunque tenuto a compiere. Nel diritto penale svizzero, tale comportamento è sanzionato non dall'articolo 322quater, ma dall'articolo 322sexies del Codice penale (accettazione di vantaggi). Così come l'articolo 322quinquies del Codice penale, di cui fa da pendant, anche l'articolo 322quater va ben oltre l'articolo 3 della Convenzione.

Per quanto riguarda il reato propriamente detto, i termini utilizzati nella Convenzione e nel diritto penale svizzero presentano grande similitudine. Il parallelismo è evidente fra «sollecitare» e «ricevere», nella Convenzione, e «domanda» e «accetta», nell'articolo 322quater del Codice penale. Ma nemmeno le formulazioni «accettare l'offerta o la promessa» (Convenzione) e «si fa promettere» (Codice penale) presentano differenze di significato: si tratta, in entrambi i casi, per il pubblico ufficiale corrotto, di accettare un accordo illegale, senza che sia necessario,
perché il reato sussista, che il profitto o il vantaggio promesso venga realmente concesso o che il pubblico ufficiale compia realmente l'atto preteso.

In conclusione, le attuali norme penali in materia di corruzione soddisfano interamente le esigenze dell'articolo 3 della Convenzione.

2.2.1.3

Corruzione di membri delle assemblee pubbliche nazionali (art. 4 Conv.)

L'articolo 4 della Convenzione esige che la corruzione attiva e passiva ai sensi dei due articoli precedenti sia punita penalmente anche quando l'oggetto o l'autore del reato è un membro di un'assemblea pubblica nazionale. La disposizione riguarda in primo luogo i parlamentari, non soltanto a livello nazionale, ma anche ai livelli regionale e locale. Comprende inoltre tutti gli altri membri eletti o nominati delle autorità collegiali che esercitano poteri legislativi o esecutivi. In Svizzera, si può per

33

Cfr. n. 2.2.1.1.

6205

esempio pensare alle numerose commissioni che esistono a livello comunale, come quelle scolastiche e delle opere sociali.

Le persone di cui all'articolo 4 della Convenzione sono tutte contemplate nella nozione di pubblico ufficiale del diritto penale svizzero. Siccome, in linea di principio, tali persone non sono in un rapporto di dipendenza nei confronti della collettività pubblica, esse sono considerate, ai sensi dell'articolo 322ter e seguenti del Codice penale non come funzionari, ma come «membri di un'altra autorità»34.

2.2.1.4

Corruzione di pubblici ufficiali stranieri (art. 5 Conv.)

Partendo dal principio che la corruzione è un reato grave che deve essere punito non soltanto dallo Stato che ne è vittima, ma anche da tutti gli Stati contraenti, l'articolo 5 della Convenzione estende i reati di corruzione attiva e passiva di pubblici ufficiali, secondo gli articoli 2 e 3, per contemplare tutti i casi in cui il pubblico ufficiale corrotto è di un qualsivoglia altro Paese. Rispetto alla fattispecie di corruzione di pubblici ufficiali stranieri secondo l'articolo 1 della Convenzione dell'OCSE sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali, già ratificata dalla Svizzera, la presente Convenzione va oltre sotto due aspetti: il primo perché contempla anche la corruzione passiva di pubblici ufficiali stranieri, il secondo perché non si limita alle operazioni economiche internazionali.

Eccezion fatta per quanto riguarda la definizione delle persone corrotte (pubblici ufficiali di un altro Stato), gli elementi costitutivi del reato di cui all'articolo 5 della Convenzione sono identici a quelli dell'articolo 2 (corruzione attiva di pubblici ufficiali nazionali) e dell'articolo 3 (corruzione passiva di pubblici ufficiali nazionali).

Nel diritto penale svizzero, la corruzione attiva di pubblici ufficiali stranieri è punibile, dal 1° maggio 2000, in virtù dell'articolo 322septies del Codice penale. Questa disposizione, concepita esplicitamente in riferimento alle esigenze della Convenzione del Consiglio d'Europa35, sta all'articolo 322ter del Codice penale (corruzione attiva di pubblici ufficiali nazionali) come l'articolo 5 della Convenzione al suo articolo 2: eccezion fatta per quanto riguarda le persone corrotte, gli elementi costitutivi del reato sono identici.

L'articolo 322septies del Codice penale definisce il pubblico ufficiale straniero come un membro di un'autorità giudiziaria o di un'altra autorità, un funzionario, un perito, traduttore o interprete delegato dall'autorità, un arbitro o un militare di un Paese straniero o di un'organizzazione internazionale. Questa definizione estremamente completa corrisponde perfettamente alle intenzioni della Convenzione. Va inoltre ricordato che l'articolo 1 lettera c della Convenzione consente allo Stato che avvia

34 35

Cfr. Günter Stratenwerth, Schweizerisches Strafrecht, Besonderer Teil II, 5a ed. Berna 2000, n. 6 seg. ad § 57.

Cfr. FF 1999 4721 segg, pag. 4736. È segnatamente per questo motivo che si è rinunciato a limitare il campo d'applicazione della norma alle operazioni economiche internazionali ai sensi della Convenzione dell'OCSE, op. cit., pag. 4740.

6206

un procedimento per corruzione contro un pubblico ufficiale straniero di richiamarsi alla definizione di pubblico ufficiale che dà il suo diritto penale36.

Siccome gli altri elementi costitutivi dei reati di cui agli articoli 2 e 5 della Convenzione, da un canto, e agli articoli 322ter e 322septies del Codice penale, dall'altro, sono identici, per esaminare la conformità dell'articolo 322septies del Codice penale alla Convenzione, ci si ritrova nella medesima situazione che al numero 2.2.1.1 dove si trattava di esaminare la conformità dell'articolo 322ter del Codice penale alla Convenzione: salvo un'eccezione, la disposizione sulla corruzione attiva di pubblici ufficiali stranieri secondo l'articolo 322septies del Codice penale ha un campo d'applicazione paragonabile a quello della norma sulla corruzione attiva di pubblici ufficiali stranieri secondo l'articolo 5 (in combinazione con l'art. 2) della Convenzione, o va addirittura oltre. Anche qui l'eccezione riguarda il caso in cui il profitto è concesso in vista di un atto amministrativo legale e obbligatorio o, in altre parole, quando il comportamento che il corruttore vuole ottenere dal pubblico ufficiale non costituisce una violazione dei doveri d'ufficio e non sottostà al potere d'apprezzamento di quest'ultimo. Contrariamente alle corrispondenti liberalità versate a pubblici ufficiali svizzeri, il versamento di tali «tangenti o bustarelle» (in inglese si parla di «facilitation payments») a pubblici ufficiali stranieri non è punibile secondo il Codice penale perché gli articoli 322quinquies e 322sexies (concessione di vantaggi e accettazione di vantaggi) si riferiscono unicamente ai pubblici ufficiali svizzeri. Ci si può chiedere se tale distinzione sia giustificata. Concludere che il versamento di «tangenti o bustarelle» non è condannabile fintanto che a beneficiarne sono pubblici ufficiali stranieri, sarebbe senza dubbio sbagliato. Occorre invece riconoscere che le disposizioni del Codice penale relative alla concessione e all'accettazione di un vantaggio vanno ben oltre rispetto a quanto esige la Convenzione, perché rinunciano alla cosiddetta equivalenza, vale a dire che non è necessario alcun nesso fra il vantaggio concesso e l'atto specifico del pubblico ufficiale, contemplando in tal modo il caso di liberalità destinate semplicemente a
«mantenere buoni rapporti». Le norme penali degli articoli 322quinquies e 322sexies del Codice penale sono concepite per standard svizzeri particolarmente severi e non possono essere facilmente trasposte tali e quali in altri contesti culturali.

L'essenziale è tuttavia che nella prassi le situazioni contemplate dall'articolo 5 (in combinazione con l'art. 2) della Convenzione, ma non dall'articolo 322septies del Codice penale, dovrebbero essere piuttosto rare. E questo perché l'articolo 322septies menziona non soltanto gli atti contrastanti con i doveri d'ufficio del pubblico ufficiale, ma anche quelli che sottostanno al suo potere d'apprezzamento. Di fatto si tratta unicamente del versamento di tangenti o bustarelle a funzionari locali sottopagati. E secondo la Convenzione, tali liberalità vanno punite soltanto se si tratta di «indebiti profitti», vale a dire di profitti che non hanno il carattere di bagatella37. Nella prassi però, le liberalità concesse per atti amministrativi che il pubblico ufficiale è comunque tenuto a compiere non dovrebbero superare sovente tale soglia.

36 37

Cfr. n. 2.1.

Cfr. Convenzione, rapporto esplicativo n. 38.

6207

Inoltre, come la Convenzione dell'OCSE38, anche la presente Convenzione permette esplicitamente che l'articolo 5 (come gli art. 9 e 11) possa essere attuato nel diritto degli Stati contraenti da disposizioni penali che prevedono che vi è corruzione attiva o passiva del pubblico ufficiale straniero soltanto nella misura in cui vi sia anche violazione dei doveri d'ufficio. Al momento della ratifica occorrerà pertanto formulare una dichiarazione ai sensi dell'articolo 36 della Convenzione39.

A differenza di quella attiva, attualmente la corruzione passiva di pubblici ufficiali stranieri non è ancora punibile secondo il diritto svizzero. Il nuovo articolo 322septies capoverso 2 del disegno di modifica del Codice penale è destinato a colmare tale lacuna40. Considerato che la nuova norma è formulata sul modello della norma di corruzione attiva dell'articolo 322septies del Codice penale e che, eccezion fatta per la descrizione del pubblico ufficiale corrotto, coincide con la norma di corruzione passiva di pubblici ufficiali nazionali dell'articolo 322quater, ne consegue che, in base alle precedenti spiegazioni, con l'entrata in vigore di tale nuova disposizione le esigenze dell'articolo 5 della Convenzione saranno perfettamente adempiute anche per quanto concerne la corruzione passiva.

2.2.1.5

Corruzione di membri di assemblee pubbliche straniere (art. 6 Conv.)

Questa disposizione della Convenzione ­ esattamente come l'articolo 4 fa per la corruzione sul piano nazionale ­ estende la punibilità della corruzione attiva e passiva di pubblici ufficiali stranieri in virtù dell'articolo 5 ai membri delle assemblee pubbliche straniere. Tale parallelismo ha per conseguenza che anche l'articolo 6 della Convenzione è coperto dall'articolo 322septies del Codice penale e ­ per quanto riguarda l'aspetto della corruzione passiva ­ dall'articolo 322septies numero 2 D-CP.

Inoltre, contrariamente al caso di corruzione di pubblici ufficiali ai sensi dell'articolo 5 della Convenzione, non vi sono lacune nemmeno a livello teorico perché l'articolo 6 concerne unicamente membri eletti o nominati delle autorità collegiali che, per definizione, non sono subordinati alla collettività pubblica. Di conseguenza i membri di tali autorità non sono tenuti a compiere atti amministrativi vincolati che potrebbero essere oggetto di tangenti o bustarelle. La corruzione può pertanto mirare unicamente un atto che comporta una violazione dei doveri d'ufficio o, più particolarmente, un atto dipendente dal potere d'apprezzamento: tali casi saranno perfettamente coperti dall'articolo 322septies del Codice penale non appena questo sarà completato con il numero 2 D-CP. Per questo motivo la dichiarazione prevista dall'articolo 36 della Convenzione non concerne l'articolo 6 (e nemmeno l'articolo 10, Corruzione di membri delle assemblee parlamentari internazionali).

38

39 40

L'art. 1 par. 1 della Convenzione sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali descrive l'influenza esercitata sul pubblico ufficiale in maniera altrettanto aperta che la presente Convenzione («affinché l'ufficiale compia o si astenga dal compiere atti in relazione ai doveri d'ufficio»). Secondo il commento alla Convenzione dell'OCSE anche le norme penali nazionali che fanno dipendere la sussistenza del reato dalla condizione che i doveri d'ufficio siano stati violati possono adempire le esigenze di questa Convenzione, cfr. FF 1999 4721 segg, pag. 4765.

Cfr. n. 2.5.

Cfr. n. 2.2.2.

6208

2.2.1.6

Corruzione di pubblici ufficiali delle organizzazioni internazionali (art. 9­11 Conv.)

Gli articoli 9­11 della Convenzione estendono l'obbligo di punire la corruzione attiva e passiva di cui agli articoli 2 e 3 alle varie categorie di pubblici ufficiali delle organizzazioni internazionali (art. 9 e 10) e di agenti delle corti di giustizia internazionali (art. 11).

Oggetto o autore del reato di cui all'articolo 9 sono, da un canto, i funzionari e gli altri impiegati contrattuali di un'organizzazione internazionale e, dall'altra, ogni persona che esercita funzioni corrispondenti per tale organizzazione. La seconda categoria comprende in primo luogo le persone rimunerate dagli Stati membri di un'organizzazione internazionale o sopranazionale e messe a disposizione di quest'ultima per l'adempimento dei suoi compiti. La norma penale corrispondente deve dunque applicarsi agli impiegati dell'organizzazione ­ che ne sono i funzionari istituzionali (funzionari stricto sensu) ­ e alle altre persone che esercitano per essa funzioni statuali. Il diritto penale svizzero fa tale distinzione visto che mira sia i funzionari istituzionali sia le persone che esercitano funzioni statuali41.

La nozione di organizzazione pubblica internazionale o sopranazionale ai sensi della Convenzione è leggermente più restrittiva della nozione di organizzazione internazionale ai sensi dell'articolo 322septies del Codice penale (così come della Convenzione dell'OCSE) in quanto concerne soltanto le organizzazioni di cui lo Stato contraente è membro. Per il resto vi è concordanza: sia la Convenzione che il diritto penale svizzero fanno riferimento unicamente ai pubblici ufficiali delle organizzazioni intergovernative, escludendo in tal modo i funzionari delle organizzazioni non governative (ONG)42.

Secondo l'articolo 10, le norme penali sulla corruzione devono essere applicabili anche ai membri delle assemblee parlamentari delle organizzazioni internazionali o sopranazionali di cui sopra, come per esempio dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa. Le persone di cui all'articolo 10 della Convenzione sono comprese nell'articolo 322septies del Codice penale in quanto persone che agiscono per un'organizzazione internazionale come membri di un'altra autorità.

Infine, secondo l'articolo 11, gli Stati contraenti devono essere anche in grado di punire la corruzione attiva e passiva di giudici e di agenti delle
corti di giustizia internazionali di cui riconoscono la giurisdizione. Si tratta segnatamente della Corte europea dei diritti dell'uomo, della Corte penale internazionale e dei tribunali ad hoc dell'ONU per il perseguimento di gravi violazioni del diritto internazionale umanitario. L'articolo 322septies CP e il D-CP adempiono tale esigenza: le persone con funzioni giudiziarie sono infatti coperte dalla nozione di autorità giudiziaria, mentre gli altri pubblici ufficiali, come per esempio i procuratori dei tribunali delle Nazioni Unite, i cancellieri o il personale di cancelleria, dalla nozione di funzionario definita dal Codice penale. Inoltre le corti di giustizia citate, che sono organizzazioni facenti parte dell'ONU o del Consiglio d'Europa, possono senz'altro essere considerate come coperte dalla nozione di organizzazioni internazionali ai sensi dell'articolo 322septies CP.

41 42

Cfr. FF 1999 4721 segg, pag. 4748 segg.

Cfr. Convenzione, rapporto esplicativo n. 61 e FF 1999 4721 segg, pag. 4764.

6209

Tutti gli altri elementi costitutivi dei reati di cui agli articoli 9­11 sono identici a quelli dei reati di corruzione attiva e passiva di pubblici ufficiali di cui agli articoli precedenti della Convenzione. Pertanto, per quanto riguarda la conformità del diritto penale svizzero alla Convenzione, restano valide le spiegazioni date in precedenza43: gli articoli 322septies CP e 322septies numero 2 D-CP adempiono parimenti le esigenze degli articoli 9­11 della Convenzione. Per gli articoli 9 e 11, la Svizzera dovrà formulare la dichiarazione prevista all'articolo 36 (applicazione del principio di violazione dei doveri d'ufficio)44, mentre, in relazione all'articolo 10, il versamento di tangenti o bustarelle per atti amministrativi vincolati non è pertinente per gli stessi motivi che all'articolo 645.

2.2.2

La nuova disposizione penale sulla corruzione passiva di pubblici ufficiali stranieri (art. 322septies n. 2 D-CP)

Nel messaggio sulla revisione delle disposizioni penali in materia di corruzione46 avevamo annunciato di voler estendere la punibilità anche alla corruzione passiva di pubblici ufficiali stranieri, indicando le ragioni in favore di un tale provvedimento: contrariamente a quanto si pensa comunemente, il perseguimento penale dei funzionari corrotti non spetta alla sola collettività lesa. L'intervento degli Stati è particolarmente necessario nel caso delle organizzazioni internazionali, perché queste ultime non dispongono di competenze penali proprie. La comunità degli Stati è pertanto chiamata ad agire anche se gli Stati che ­ come la Svizzera ­ accolgono sul loro territorio la sede di numerose organizzazioni internazionali hanno una particolare responsabilità. Ma possono sorgere problemi anche in casi di corruzione in cui più Stati sono coinvolti: il pubblico ufficiale corrotto di uno Stato straniero potrebbe, per esempio, sfuggire a una punizione perché lo Stato leso non è in grado di perseguirlo penalmente o non vuole farlo, oppure ancora perché non è possibile estradare il pubblico ufficiale verso il suo Paese d'origine. Pertanto deve esistere ­ foss'anche a titolo sussidiario ­ la possibilità di perseguire penalmente il reato di corruzione passiva d'un funzionario di un altro Stato.

Appare ovvio, come per la corruzione sul piano nazionale, formulare la nuova norma di corruzione passiva sul modello della norma di corruzione attiva di pubblici ufficiali stranieri. Nel numero 2 dell'articolo 322sepies le nozioni di pubblico ufficiale, di scambio della prestazione e di controprestazione sono dunque le medesime che nel numero 1 di tale articolo. Anche la pena comminata (reclusione sino a 5 anni o detenzione) è la stessa che nelle altre norme applicabili alla corruzione. In tal modo è fra l'altro garantito che anche i termini di prescrizione siano gli stessi e che anche la corruzione passiva di pubblici ufficiali stranieri costituisca un atto preliminare del riciclaggio di denaro. Infine per quanto concerne il comportamento incriminato non vi è alcun motivo per scostarsi dalla formulazione utilizzata per la corruzione passiva sul piano nazionale nell'articolo 322quater del Codice penale («domanda, si fa promettere o accetta»). Questa maniera di formulare la fattispecie garantisce, come

43 44 45 46

Cfr. in particolare n. 2.2.1.4.

Cfr. n. 2.2.1.4 e 2.5.

Cfr. n. 2.2.1.5.

Cfr. FF 1999 4721 segg, pag. 4740 seg.

6210

già spiegato precedentemente, che siano adempiute le esigenze della Convenzione relative ai vari aspetti della corruzione passiva contemplati dagli articoli 5, 6 e 9­11.

2.2.3

Corruzione nel settore privato (art. 7 e 8 Conv.)

2.2.3.1

Introduzione

La corruzione nel settore privato consiste principalmente in una relazione triangolare nella quale una persona legata a un'altra da un rapporto di fiducia e lealtà riceve un indebito profitto da terzi per agire, nell'ambito delle sue attività, in violazione dell'obbligo di fedeltà nei confronti segnatamente del suo datore di lavoro, del suo mandante o del suo socio.

Diritto svizzero vigente L'articolo 4 lettera b della legge federale del 19 dicembre 198647 contro la concorrenza sleale (LCSI) in combinato disposto con l'articolo 23 punisce, a querela di parte, con la detenzione o con la multa sino a 100 000 franchi, il fatto di offrire o accordare vantaggi illegittimi a lavoratori, mandatari o altri ausiliari di un terzo, idonei a indurre tali persone a violazioni dei loro doveri nell'ambito delle loro incombenze di servizio o d'affari, per procurare un profitto a sé stessi o ad altri.

La LCSI non prevede dunque la punibilità della corruzione passiva, vale a dire del comportamento del beneficiario del vantaggio.

Delimitazione della corruzione pubblica di funzionari Benché la struttura e il meccanismo della corruzione nel settore privato siano simili a quelli della corruzione di pubblici ufficiali, i beni giuridici minacciati sono notevolmente diversi: la punibilità della corruzione nel settore privato, proteggendo un contratto con terzi o i doveri professionali48, garantisce soprattutto la libera concorrenza e le leggi del mercato, mentre le disposizioni penali relative alla corruzione pubblica proteggono in maniera generale la fiducia che ciascuno deve poter riporre nell'oggettività e nell'imparzialità degli atti statuali.

Tuttavia la privatizzazione e la delega di compiti dello Stato rendono la delimitazione fra corruzione nel settore pubblico e corruzione nel settore privato più difficile. Infatti è considerato funzionario anche chi adempie compiti pubblici demandati dallo Stato49, e non soltanto chi beneficia formalmente di un tale statuto. Pertanto è importante stabilire per ogni caso se il mandato affidato costituisca un compito dello Stato o no50.

Punibilità della corruzione passiva nel settore privato in virtù di altre disposizioni penali Il comportamento della persona corrotta, che esula dal campo d'applicazione della vigente LCSI, può, a certe condizioni, essere sanzionato grazie ad altre disposizioni penali. L'articolo 158 del Codice penale (amministrazione infedele), ad esempio, 47 48 49 50

RS 241 Nicolas Queloz, Processus de corruption en Suisse, Helbing & Lichtenhahn 2000, pag. 352.

Cfr. FF 1999 4721 segg, pag. 4749.

Cfr. relativo esempio in FF 1999 4721 segg, pag. 4749 seg.

6211

può essere applicato in determinati casi, ma certamente non in maniera sistematica.

Questa disposizione esige parimenti l'esistenza di un dovere di fedeltà, ma presuppone anche la violazione di tale dovere da parte di una persona che svolge una funzione di garante per la salvaguardia e l'aumento del patrimonio altrui (n. 1). Il numero 2 disciplina i casi particolari di abuso di potere specifico del rappresentante.

L'articolo 168 del Codice penale, che punisce la corruzione nell'esecuzione forzata, si riferisce esplicitamente a un accordo di corruzione privato mediante il quale un debitore concede o promette vantaggi particolari a un creditore al fine di comprare il suo consenso in relazione a un concordato giudiziario, o a un membro dell'amministrazione del fallimento, a un commissario o al liquidatore per influenzare la loro decisione51. Per il fatto di essere limitata all'esecuzione forzata, tale norma contro la corruzione ha un impatto molto puntuale.

Necessità di modificare il diritto vigente Il diritto svizzero in vigore è insufficiente per quanto concerne la lotta alla corruzione nel settore privato. Di fatto, l'aspetto passivo di tale comportamento non è affatto contemplato dalla LCSI e soltanto eccezionalmente dal Codice penale, benché senza ombra di dubbio sia giustificato punire anche il corrotto visto che approfitta della sua situazione nei confronti di un terzo per ottenere vantaggi da un concorrente. Un tale comportamento è reprensibile altrettanto quanto il suo corrispondente attivo. Senza dimenticare che il rafforzamento della repressione della corruzione privata risponde a un'importante preoccupazione del settore privato. Secondo un'inchiesta pubblicata da REVISUISSE nel 1997, il 67 % delle imprese interrogate ammisero di essere state vittime di corruzione per un importo dichiarato di 5 milioni di franchi (secondo REVISUISSE occorre moltiplicare tale somma per 25, per avere un risultato vicino alla realtà)52.

Di fronte a queste cifre, stupisce l'assenza quasi totale di decisioni giudiziarie relative all'articolo 4 lettera b LCSI53. Questa situazione è certamente dovuta, oltre al fatto che la corruzione passiva nel settore privato non è sufficientemente repressa, al campo d'applicazione piuttosto restrittivo del vigente articolo 4 lettera b LCSI. È pertanto giustificato estendere
la portata dell'articolo 4 lettera b LCSI e formulare una norma penale anche per l'aspetto passivo della corruzione nel settore privato.

Per raggiungere questo obiettivo, è opportuno ricalcare la struttura delle norme contro i reati di corruzione di pubblici ufficiali.

Genesi L'avamprogetto di revisione del diritto penale in materia di corruzione, del giugno 1998, propose l'introduzione di un nuovo articolo 4bis LCSI che prevedeva il perseguimento d'ufficio della corruzione privata attiva e passiva nelle relazioni commerciali. Benché la necessità di una revisione delle disposizioni penali relative alla corruzione privata sia stata largamente riconosciuta nella procedura di consul-

51 52 53

Citato in Nicolas Queloz, Processus de corruption en Suisse, pag. 46.

Esempio citato in Nicolas Queloz, op. cit., pag. 352, n. 50.

Cfr. Christof Müller, Die Bestechung gemäss Art. 4 lit. b UWG, Diss. San Gallo 1996, pag. 163.

6212

tazione, il contenuto delle proposte diede adito a prese di posizione contrastanti54. Il nostro Collegio giunse pertanto alla conclusione che un esame approfondito della corruzione privata non era realizzabile nel quadro della revisione 1999/2000, che doveva rispondere a una certa urgenza. Per tale motivo decidemmo di trattare la questione della corruzione privata nell'ambito della ratifica della Convenzione penale del Consiglio d'Europa sulla corruzione55.

2.2.3.2

Esigenze degli articoli 7 e 8 della Convenzione

L'articolo 7 Conv. prevede la possibilità di punire, qualora l'atto sia stato commesso intenzionalmente e nell'ambito di un'operazione commerciale, il fatto di promettere, d'offrire e di procurare, direttamente o indirettamente, un indebito profitto di qualsiasi genere a una persona che dirige un'impresa del settore privato o lavora per tale impresa, per sé stessa o per qualcun altro, affinché detta persona, in violazione dei suoi doveri di servizio, compia o si astenga dal compiere un atto. L'articolo 8 Conv.

tratta, dal canto suo, l'aspetto passivo del reato, segnatamente il chiedere o il ricevere un indebito profitto così come l'accettare l'offerta o la promessa di un tale profitto.

Entrambe le disposizioni della Convenzione estendono al settore privato la possibilità di punire la corruzione56. Mirano a salvaguardare la fiducia e la lealtà senza le quali le relazioni private non potrebbero esistere. La punibilità della corruzione privata ricalca quella della corruzione di pubblici ufficiali prevista agli articoli 2 e seguenti, in particolare per quanto concerne la descrizione del comportamento incriminato, del profitto e degli elementi soggettivi; si distingue da quest'ultima per il suo campo d'applicazione limitato alle operazioni commerciali, per la qualità dei destinatari eventuali del profitto e per la natura della controprestazione chiesta (violazione di doveri)57.

2.2.4

La nuova disposizione penale sulla corruzione attiva e passiva nel settore privato (art. 4a e 23 D-LCSI)

2.2.4.1

Collocazione sistematica

Occorre innanzitutto esaminare dove inserire la disposizione in questione. Il duplice bene giuridico da proteggere (concorrenza e patrimonio) potrebbe giustificare il trasferimento di tali disposizioni nel Codice penale. Tuttavia il bene giuridicamente protetto è soprattutto la lealtà nelle operazioni economiche piuttosto che il patrimonio in quanto tale. Inoltre il Codice penale limita il diritto di querela alla sola parte

54

55 56 57

La procedura di consultazione permise di mostrare l'assenza quasi totale di opposizione all'introduzione della punibilità della corruzione passiva e il rifiuto deciso di sopprimere l'esigenza della querela. Mentre la revisione fu approvata a larga misura dai Cantoni, i partiti e le cerchie economiche si mostrarono piuttosto riluttanti (cfr. il riassunto dei risultati della procedura di consultazione, novembre 1998, pag. 14 seg.).

Cfr. FF 1999 4721 segg, pag. 4746 f. In merito alla genesi di questa proposta, cfr. n. 1.5.

Cfr. Convenzione, rapporto esplicativo n. 52.

Cfr. Convenzione, rapporto esplicativo n. 53, 54 e 55.

6213

lesa (art. 28 n. 1 CP), vale a dire a chiunque è stato effettivamente leso dal reato58. In tal senso è pertanto più restrittivo della LCSl. Di fatto l'articolo 23 LCSl estende il diritto di querela a chiunque è legittimato all'azione civile secondo gli articoli 9 e 10. Secondo detti articoli, la legittimazione all'azione civile spetta non soltanto a chi è leso o minacciato da concorrenza sleale nella clientela, nel credito, nella reputazione professionale, negli affari o in genere negli interessi economici, ma anche al cliente che è leso o minacciato da concorrenza sleale nei suoi interessi economici, alle associazioni professionali ed economiche autorizzate dai loro statuti a difendere gli interessi economici dei loro membri, alle organizzazioni d'importanza nazionale o regionale che per statuto si dedicano alla protezione dei consumatori e, infine, alla Confederazione, se essa ritiene necessario proteggere la reputazione della Svizzera all'estero e se le persone che hanno la legittimazione attiva risiedono all'estero.

Concretamente ciò significa che in caso di introduzione di questo reato nel Codice penale soltanto il concorrente leso o il datore di lavoro/socio/mandante del corrotto potrebbero sporgere querela e permettere di conseguenza l'apertura della procedura penale. Il fatto di estendere al cliente la legittimazione attiva può essere utile nei casi in cui non sia facile produrre la prova del danno59, visto che è sufficiente che il cliente sia minacciato nei suoi interessi economici. Tale legittimazione è accordata anche alle organizzazioni per la protezione dei consumatori e alle associazioni professionali ed economiche. Mentre si può ipotizzare che le prime avranno soltanto un ruolo marginale nell'ambito della corruzione nel settore privato, è invece da ritenere che le associazioni abbiano un interesse affinché le relazioni d'affari nel loro settore di competenza si svolgano senza casi di corruzione privata e che prendano l'iniziativa della procedura qualora vengano a conoscenza di tali casi.

Per questi motivi, introdurre le disposizioni sulla corruzione privata nel Codice penale porterebbe a ridurne il campo d'applicazione, poiché l'esigenza della querela va mantenuta.

Per quanto riguarda le condizioni di luogo di tali disposizioni, queste non sono diverse da quelle del Codice penale,
visto che le disposizioni della parte generale (in particolare art. 3 segg.) si applicano alla LCSl. Anche sotto questo aspetto non vi sono dunque inconvenienti a lasciare tali disposizioni nella LCSl.

Inoltre, contrariamente al sistema degli articoli 322ter segg. del Codice penale, non è fatta alcuna distinzione fra gli atti di corruzione contro un'impresa svizzera e quelli contro un'impresa straniera. In altri termini, la nuova disposizione copre anche la corruzione privata transnazionale a condizione che esista un criterio di collegamento con il diritto svizzero ai sensi dell'articolo 3 segg. del Codice penale. Un atto di corruzione commesso all'estero è soggetto alla LCSl anche se è perpetrato contro una persona fisica o giuridica svizzera (art. 5 CP) o da siffatta persona (art. 6 CP)60.

Un altro vantaggio di lasciare tale norma penale nella LCSl è costituito dalle azioni civili previste nell'articolo 9 (con una legittimazione all'azione più estesa secondo art. 9 e 10 come spiegato in precedenza in relazione al diritto di querela), che possono condurre alla cessazione, alla proibizione o all'accertamento della lesione.

58 59 60

Cfr. DTF 121 IV 258, JT 1997 IV 99, citato da Martin Kilias, Précis de droit pénal général, pag. 129.

Cfr. il nostro messaggio sulla legge federale contro la concorrenza sleale (LCSl), FF 1983 II 985 segg. 1056.

Cfr. anche Christof Müller, op. cit., nota 52, pag. 102 segg.

6214

In considerazione di tutti questi elementi, è proposto di mantenere la LCSl come sedes materiae della corruzione privata. Per contro si rinuncia a introdurre nell'ambito della corruzione privata la punibilità della semplice procura e accettazione di vantaggi ai sensi degli articoli 322quinquies e 322sexies del Codice penale. Di fatto non appare né necessario né auspicabile trasporre nel settore privato tale nozione di «preparazione del terreno» o «alimentazione progressiva» che mira a influenzare un pubblico ufficiale. La differenza fondamentale fra i beni giuridicamente protetti dal divieto della corruzione nel settore pubblico e quelli giuridicamente protetti dal divieto della corruzione nel settore privato giustifica la rinuncia a introdurre tali nozioni nella LCSl. Infatti non è chiaro come gli interessi protetti dalla LCSl potrebbero essere minacciati dal versamento di un vantaggio all'impiegato di un concorrente se tale vantaggio non può essere messo in relazione con un atto o l'omissione dell'atto contrastante con i doveri di servizio dell'impiegato o sottostante al suo potere d'apprezzamento. Anche se un tale comportamento da parte dell'impiegato può, secondo le circostanze, non essere conforme alle disposizioni in materia di diritto sul lavoro, tuttavia non è sufficientemente grave da giustificare il ricorso a strumenti del diritto penale. In fin dei conti anche gli articoli 7 e 8 della Convenzione considerano unicamente la violazione dei doveri da parte del privato corrotto.

2.2.4.2

Mantenimento dell'esigenza della querela

Diversamente da quello del 1998, il presente disegno non prevede di fare della corruzione nel settore privato un reato perseguito d'ufficio. Occorre partire dal presupposto che di solito tali reati possono essere perseguiti soltanto su querela di parte e grazie alla collaborazione della persona lesa o interessata. È infatti improbabile che un caso di corruzione privata giunga a conoscenza delle autorità di perseguimento penale senza la collaborazione delle persone direttamente coinvolte.

Inoltre, come già rilevato, il mantenimento della norma penale nella LCSl ha come conseguenza che una più ampia cerchia di persone o associazioni può essere all'origine dell'apertura di una procedura. Ma anche la natura stessa dei beni giuridicamente protetti e la minore gravità della corruzione privata rispetto a quella di pubblici ufficiali fanno pensare che il mantenimento dell'esigenza della querela sia ragionevole.

Infine la formulazione della corruzione privata come reato punibile a querela di parte è compatibile con le esigenze della Convenzione. Infatti né il testo della Convenzione né le spiegazioni del rapporto limitano in proposito la libertà degli Stati contraenti.

2.2.4.3

Altri elementi del nuovo articolo 4a D-LCSl

Per quanto concerne il campo d'applicazione, l'articolo 2 LCSl precisa che la legge si applica a ogni comportamento o pratica d'affari ingannevole o altrimenti lesivo delle norme della buona fede, che influisce sui rapporti tra concorrenti o tra fornitori e clienti. Per commettere un tale atto non è necessario che le persone coinvolte si trovino in un rapporto di concorrenza, visto che anche un terzo è suscettibile di influire sul rapporto di concorrenza. Di conseguenza è ipotizzabile che organizza-

6215

zioni per la protezione dei consumatori agiscano in maniera sleale, per esempio, pubblicando test comparativi61.

In tale contesto ci si può chiedere se la LCSl, e quindi le nuove norme sulla corruzione privata sono applicabili a organizzazioni senza scopo di lucro (segnatamente ONG). In generale non dovrebbe essere il caso poiché fra due ONG non dovrebbe esistere, per definizione, un rapporto di concorrenza sul piano economico. Tuttavia se una ONG dovesse interferire in un rapporto di concorrenza fra due altre imprese a carattere commerciale, l'applicazione della LCSl è possibile. Pertanto il rappresentante di un'organizzazione senza scopo di lucro, che procura un vantaggio finanziario a un impiegato di un'impresa affinché questi faccia in modo che la sua impresa non postuli per un incarico e influisca così sulla libera concorrenza, potrebbe essere punito in virtù dell'articolo 4a capoverso 1 lettera a D-LCSl.

In tale contesto ci si può inoltre chiedere se la nuova fattispecie prevista dal D-LCSl potrebbe concernere associazioni e ONG, per esempio associazioni sportive come la FIFA (Federazione internazionale del calcio) o il CIO (Comitato internazionale olimpico). Questo appare dubbio se i membri di una tale associazione accettassero per esempio da una città candidata per l'organizzazione di una manifestazione vantaggi finanziari in cambio del loro voto in favore di tale città. Non è infatti chiaro né che si tratti di un comportamento sanzionato dalla LCSl né che le città candidate siano in un rapporto di concorrenza ai sensi della LCSl. La conclusione sarebbe diversa se il denaro della corruzione fosse versato da o a un'impresa commerciale privata che si trova in un rapporto di concorrenza, per esempio in occasione della firma di un contratto di sponsoring.

Occorre pertanto valutare se sia opportuno estendere esplicitamente la possibilità d'applicazione dell'articolo 4a D-LCSl a tali casi. Anche se si tratta di organismi che perseguono scopi ideali, non si può negare che, a seconda delle circostanze, sono in gioco notevoli interessi finanziari. D'altra parte va ricordato che spetta soprattutto a tali associazioni prendere i provvedimenti idonei a preservare il loro meccanismo interno d'elezione e di votazione da qualsiasi influsso illecito. E infatti alcuni di tali organismi si sono dotati di
procedure disciplinari interne e di altre misure per garantire l'imparzialità62. Nel complesso non vi è dunque motivo di estendere esplicitamente la possibilità d'applicazione della LCSl alle ONG nell'ambito della presente revisione ovvero di derogare ai principi generali della LCSl.

E questo a maggior ragione visto che anche la Convenzione esclude esplicitamente dal suo campo d'applicazione le ONG e le associazioni senza scopo di lucro63.

La cerchia degli autori comprende come finora il lavoratore, il mandatario e altri ausiliari e, come innovazione prevede anche il socio. In tal modo si intende qualsiasi persona che collabora con un terzo al servizio di quest'ultimo, a qualsivoglia titolo.

È determinante unicamente l'esistenza di una relazione triangolare nella quale uno degli autori è legato alla vittima da un obbligo generale di lealtà.

Pertanto l'operatore del mercato che procura un vantaggio direttamente a un altro concorrente (capo di un'impresa) continua a non essere punibile per corruzione privata. Da un canto si tratta spesso della concessione pura e semplice di sconti e, dall'altro, manca completamente la violazione di un obbligo di lealtà. Se una tale 61 62 63

Cfr. messaggio sulla LCSl, FF 1983 II 1040.

Cfr. p. es. la Carta olimpica del 14 luglio 2001.

Secondo il rapporto esplicativo n. 53 è contemplato unicamente qualsiasi tipo di attività commerciale, in particolare il commercio di beni e la fornitura di servizi.

6216

operazione dovesse pregiudicare gli interessi dei creditori, a seconda delle circostanze, sarebbero applicabili le disposizioni del Codice penale sulla protezione del patrimonio. Se invece si tratta piuttosto di un accordo relativo a limitazioni illecite della concorrenza, potrebbe essere applicata la legge sui cartelli.

I comportamenti incriminati, segnatamente offrire, promettere o procurare (aspetto attivo) e domandare, farsi promettere o accettare (aspetto passivo) corrispondono a quelli della corruzione di pubblici ufficiali (art. 322ter segg. CP). Sotto il profilo materiale, tali modifiche non si discostano nemmeno dal tenore del vigente articolo 4 lettera b LCSl.

La nozione di indebito vantaggio riprende parimenti la terminologia utilizzata negli articoli 322ter segg. del Codice penale e sostituisce, senza modificarne il senso, quella di «profitto» dell'attuale articolo 4 lettera b LCSl. Deve trattarsi di un vantaggio materiale o immateriale cui il corrotto non ha diritto. A titolo di esempio, il lavoratore ha l'obbligo di consegnare al suo datore di lavoro tutto quello che riceve da terzi nell'ambito dell'esecuzione del suo lavoro, fatta eccezione delle mance (art. 321b CO64); il medesimo obbligo incombe al mandatario in virtù dell'articolo 400 capoverso 1 del Codice delle obbligazioni (CO).

Il capoverso 2 del nuovo articolo 4a D-LCSl precisa la portata di tale nozione ed esclude dal campo d'applicazione della LCSl i vantaggi di lieve entità, usuali nelle relazioni sociali, e quelli autorizzati per contratto. Si tratta, in modo analogo all'articolo 322octies numero 2 del Codice penale, di concretare nella legge il limite inferiore dell'illiceità. La formulazione è ripresa dall'articolo 322octies numero 2 del Codice penale, previo adeguamento ai rapporti di diritto privato, ragion per cui non si parla di vantaggi ammessi dalle norme in materia di rapporti di servizio ma di vantaggi autorizzati per contratto. Per vantaggi autorizzati per contratto si intende tutto quello che è stato concordato dalle parti - ossia tra l'impiegato, l'associato, il mandatario o un altro ausiliario da un lato e il terzo dall'altra - anche implicitamente; non è necessario che la cosa sia esplicitamente prevista in una clausola del contratto.

La nozione di vantaggio di lieve entità usuale nelle relazioni sociali
è conforme al vigente diritto penale in materia di corruzione (art. 322octies n. 2 CP). Nell'ambito della corruzione nel settore privato il criterio dell'usualità sarà tuttavia adempiuto soltanto in rari casi eccezionali, poiché l'articolo 4a D-LCSl prevede soltanto la corruzione in senso stretto. La questione dell'usualità si pone in primo luogo unicamente nel caso della concessione o dell'accettazione di vantaggi, non punibile tra privati.

Per contro si è rinunciato a introdurre una clausola che sancisca il principio d'opportunità specifica, sul modello dell'articolo 322octies numero 1 del Codice penale. Da un canto, rispetto alla corruzione di pubblici ufficiali, la necessità di una tale clausola è meno sentita, anche perché non sono state riprese, per quanto attiene alla corruzione privata, le disposizioni relative alla procura e all'accettazione di liberalità.

Dall'altro, la riveduta parte generale del Codice penale65 prevede già, all'articolo 52, l'introduzione di una clausola d'opportunità generale.

64 65

RS 220 FF 2002 7351

6217

Quando il vantaggio non è direttamente versato dall'autore al destinatario, ma per mezzo di un terzo, sono dati i presupposti della liberalità mediata. La punibilità resta comunque immutata, anche quando il vantaggio non è versato direttamente al corrotto, ma a un terzo. Anche qui la formulazione corrisponde a quella per la corruzione di pubblici ufficiali.

La formulazione di contrario ai suoi doveri di servizio o sottostante al suo potere d'apprezzamento è stata parimenti ripresa dagli articoli 322ter segg. del Codice penale e sostituisce quella meno precisa del vigente diritto la quale esige che i vantaggi siano idonei ad indurre queste persone a violazioni dei loro doveri nell'ambito delle loro incombenze di servizio o d'affari.

Per «atto contrario ai doveri di servizio» si intende la violazione degli obblighi contrattuali, anche impliciti. Ma si può trattare anche di un obbligo più generale come l'obbligo di diligenza e fedeltà del lavoratore nei confronti del suo datore di lavoro66, gli obblighi del mandatario67 o ancora la misura della diligenza fra soci68.

La nozione di «atto sottostante al potere d'apprezzamento» copre i casi in cui il lavoratore/socio/mandatario/altri ausiliari, senza violare espressamente un obbligo contrattuale, esercita, contro rimunerazione, il suo potere d'apprezzamento in favore del corruttore, scegliendo per esempio una determinata offerta fra altre equivalenti.

È rilevante che la scelta non si fondi su criteri oggettivi, ma che viceversa sia stata falsata dal versamento di un vantaggio, ledendo in tal modo gli interessi degli altri concorrenti e in maniera generale pregiudicando il mercato. Senza l'introduzione della nozione di «esercizio del potere d'apprezzamento» numerosi reati di corruzione non potrebbero essere puniti69.

Per quanto concerne il nesso fra il vantaggio ricevuto e l'atto, parimenti a quanto è previsto nei casi di corruzione di pubblici ufficiali, è sufficiente che gli atti del corrotto siano quantomeno genericamente determinabili. La prova concreta di un accordo illecito non è richiesta, ma occorre tuttavia che una relazione d'equivalenza fra l'atto contrario ai doveri d'ufficio e il vantaggio sia determinabile70. Se manca la relazione d'equivalenza fra il vantaggio e l'atto/l'omissione, non vi è reato perché, contrariamente ai casi di
corruzione di pubblici ufficiali (art. 322quinquies e 322sexies CP), la procura e l'accettazione di liberalità nella corruzione privata non è punibile.

Da ultimo è necessario che l'atto o l'omissione in questione siano in relazione con i doveri di servizio o d'affari del corrotto71. La corruzione privata è punibile soltanto se è stata commessa intenzionalmente, come del resto previsto anche dalla Convenzione. La pena prevista rimane la stessa che nel diritto vigente (detenzione o multa fino a 100 000 franchi). Il termine per presentare querela è di 3 mesi (art. 29 CP) e quello di prescrizione di 7 anni (art. 70 CP).

66 67 68 69 70 71

Cfr. art. 321a CO.

Cfr. art. 397 CO.

Per la società semplice: art. 538 CO.

Hans Dubs, Strafbarkeit der Privatbestechung, FS Niklaus Schmid, Zurigo 2001, pag. 390.

Cfr. FF 1999 4721 segg, pag. 4757.

DTF 118 IV 316

6218

2.2.5

Traffico d'influenza (art. 12 Conv.)

2.2.5.1

Esigenze

L'articolo 12 della Convenzione prescrive di punire il traffico d'influenza attivo e passivo intenzionale. Per traffico d'influenza attivo si deve intendere il fatto di promettere, offrire o procurare, direttamente o indirettamente, un indebito profitto a titolo di remunerazione a chiunque affermi o confermi di essere in grado di esercitare un'influenza (impropria)72 sulla decisione di una persona designata agli articoli 2, 4­6 e 9­11. Per traffico d'influenza passivo si deve intendere il fatto di domandare o accettare un tale profitto nonché di accettarne l'offerta o la promessa come controprestazione per una tale influenza. I comportamenti di cui all'articolo 12 sono punibili sia che l'influenza sia stata esercitata o meno, sia che la presunta influenza produca il risultato voluto o meno.

Il reato presuppone dunque una relazione triangolare nella quale una persona capace di esercitare un'influenza reale o presunta su un pubblico ufficiale riceve un profitto da un terzo in cambio della sua influenza.

Una tale fattispecie è data, per esempio, quando un parlamentare riceve vantaggi finanziari da un'impresa perché eserciti la sua influenza su due consiglieri comunali, membri del suo partito, affinché questi scelgano l'impresa in questione nell'ambito dell'aggiudicazione di un appalto pubblico73.

Secondo il rapporto esplicativo relativo alla Convenzione, la punibilità del traffico d'influenza mira a colpire l'ambiente del pubblico ufficiale o il partito politico al quale appartiene e a sanzionare il comportamento delle persone che, essendo vicine al potere, tentano di ottenere profitti dalla loro situazione, contribuendo in tal modo a instaurare un clima di corruzione. La disposizione non concerne le forme note di lobbying: il traffico d'influenza implica da parte della persona che esercita l'influenza l'intenzione di corrompere. Di conseguenza tale persona ha soltanto la posizione di un estraneo e non può prendere essa stessa nessuna decisione, ma abusa della sua reale o presunta influenza su altre persone. Come già detto, è irrilevante che l'influenza sia esercitata veramente oppure che porti al risultato voluto. Il bene giuridicamente protetto è il medesimo che nel caso di corruzione vera e propria, ovvero la trasparenza e l'imparzialità nei processi decisionali delle amministrazioni pubbliche74.

2.2.5.2

Confronto con il diritto svizzero 322ter

Gli articoli segg. del Codice penale non prevedono specificamente il traffico d'influenza così come descritto più sopra. Vale tuttavia la pena di esaminare in che misura il Codice penale svizzero contempli ciononostante i comportamenti di cui all'articolo 12 della Convezione. Allo scopo è necessario esaminare separatamente i casi in cui l'intermediario (vale a dire la persona alla quale è concesso un vantaggio perché eserciti la sua influenza reale o presunta) è un pubblico ufficiale e quelli in cui l'intermediario è un privato.

72 73 74

Il testo inglese della Convenzione parla di improper influence, mentre nel testo francese manca una corrispondente qualificazione.

Esempio citato da Nicolas Queloz, Processus de corruption en Suisse, cit., pag. 375.

Cfr. Convenzione, rapporto esplicativo n. 64 segg.

6219

L'intermediario è un pubblico ufficiale Nella maggior parte dei casi, il pubblico ufficiale che accetta un vantaggio per esercitare la sua influenza su un terzo che riveste anch'egli una carica pubblica si rende colpevole di corruzione passiva (art. 322quater CP) o di accettazione di vantaggi (art. 322sexies CP). La persona che concede il vantaggio, dal canto suo, si rende punibile secondo l'articolo 322ter del Codice penale (corruzione attiva) o secondo l'articolo 322quinquies del Codice penale (concessione di vantaggi).

Ai fini della punibilità è tuttavia necessario che il vantaggio concesso sia in relazione con l'attività ufficiale e non possa essere considerato come liberalità privata. In altre parole è considerato reato ogni caso in cui un pubblico ufficiale svizzero domanda a un privato o si lascia dare da questi un indebito vantaggio allo scopo di abusare della propria influenza su un altro pubblico ufficiale o membro di un'autorità, nella misura in cui tale influenza sia esercitata in considerazione dell'espletamento della propria attività ufficiale.

Per contro, se il vantaggio è concesso in ragione di un'altra qualità, come per esempio l'appartenenza a un partito politico o a un'associazione, tale comportamento esula dal Codice penale. È il caso, per esempio, quando un impiegato della Confederazione riceve da un privato una somma di denaro per esercitare la propria influenza su un consigliere di Stato cantonale che è un suo vicino di casa e un suo compagno di tennis affinché questi accordi un permesso di soggiorno al privato in questione.

L'intermediario è un privato Il privato che riceve un vantaggio da un terzo per esercitare la sua influenza su un pubblico ufficiale non è punibile, salvo qualora sia previsto di includere nell'affare il pubblico ufficiale da influenzare. Se così è, in particolare quando il pubblico ufficiale entra nel patto di corruzione e lo accetta, nella maggior parte dei casi la fattispecie di corruzione è data. A seconda del contenuto dell'accordo concluso tra i partecipanti, il terzo si rende colpevole di corruzione attiva (o di istigazione a tale reato), il pubblico ufficiale di corruzione passiva e l'intermediario di corruzione attiva (o istigazione o complicità).

Quando la persona che promette il vantaggio si accorda con l'intermediario affinché questi
corrompa direttamente il pubblico ufficiale, ma l'intermediario non agisce come convenuto, detta persona si rende colpevole del reato di tentativo d'istigazione alla corruzione attiva, punibile in virtù dell'articolo 24 numero 2 del Codice penale.

In conclusione Appare chiaro che il vigente diritto svizzero si incentra sul comportamento dell'ultimo anello della catena, ovvero il pubblico ufficiale, estendendo il campo d'applicazione del Codice penale ai casi di concessione di vantaggi e accettazione di vantaggi. Per contro, se è previsto che il pubblico ufficiale non riceva vantaggi e se questi non è a conoscenza dell'accordo concluso fra altri privati che egli conosce fuori dell'ambiente dei compiti pubblici, tali comportamenti non sono sanzionati dal Codice penale. Il diritto vigente si è concentrato sui comportamenti che ritiene più pericolosi, ovvero su quelli che minacciano la fiducia che i cittadini devono poter riporre nell'amministrazione pubblica, nella giustizia e nelle autorità in generale.

Occorre pertanto constatare che il diritto svizzero non soddisfa pienamente le esigenze dell'articolo 12 della Convenzione penale del Consiglio d'Europa, anche se gli atti più gravi del traffico d'influenza sono sanzionati dal Codice penale.

6220

2.2.5.3

Sulla necessità di legiferare

Nella misura in cui il diritto svizzero non corrisponde pienamente al testo della Convenzione penale del Consiglio d'Europa occorre esaminare la necessità di una modifica dell'attuale legislazione. La questione dell'opportunità di punire il traffico d'influenza è tuttavia controversa e nemmeno la dottrina fornisce una risposta unanime.

Taluni, esprimendo insoddisfazione per il fatto che il Codice penale svizzero ignori quasi completamente il traffico d'influenza75, vorrebbero che la Svizzera si dotasse, sull'esempio della Francia76, di norme penali complementari. Secondo la loro opinione la nuova fattispecie di traffico d'influenza consentirebbe di intervenire alla radice delle classiche forme di manifestazione del clientelismo e di far fronte a un tipo di relazioni pernicioso e subdolo che si riscontra anche nelle relazioni elvetiche di amicizia, di sostegno e di interdipendenza77.

Altri autori ritengono invece che l'estensione del diritto penale in materia di corruzione a un numero sempre maggiore di comportamenti non si giustifichi. Ricordano la carente efficacia di una tale norma penale e si pronunciano in favore della prevenzione, della pubblicazione di regole deontologiche e del ricorso a sanzioni civili, amministrative e politiche78.

Le relazioni personali e sociali descritte esistono ovunque e non si può pertanto escludere che una stretta connessione fra politica, economia e amministrazione pubblica, come la conosciamo anche in Svizzera, porti a una sorta di cameratismo o addirittura, in casi particolari, al traffico d'influenza. Tali legami si instaurano soprattutto nell'ambito di amicizie reciproche o della comune appartenenza a gruppi d'interesse e costituiscono anzitutto un fenomeno di società che non dovrebbe necessariamente diventare oggetto di un intervento del diritto penale.

D'altro canto, considerando il sistema politico della Svizzera, l'influenza di tali legami va relativizzata. Di fatto il principio di collegialità del Governo, il sistema partitico pluralistico e la democrazia diretta sono altrettanti baluardi contro l'emergenza di un clientelismo generalizzato. Inoltre non va dimenticato che l'attività politica sottostà a determinate esigenze di trasparenza. Secondo l'articolo 161 capoverso 2 della Costituzione federale79 e l'articolo 11 della legge federale sull'Assemblea
federale (legge sul Parlamento)80 i parlamentari hanno l'obbligo di dichiarare le loro relazioni d'interesse in modo da informare il corpo elettorale sulle loro motivazioni.

Tali disposizioni sono state riprese anche dalla maggior parte dei Cantoni81. Inoltre

75 76 77 78

79 80 81

Cfr. Nicolas Queloz, Processus de corruption en Suisse, cit., pag. 377.

Cfr. art. 432-11 ­ 432-13 (Corruzione e traffico d'influenza da parte di pubblici ufficiali) e art. 433-2 (Traffico d'influenza da parte di privati) del Codice penale francese.

Cfr. Nicolas Queloz, op. cit., pag. 377.

Cfr. Maria Luisa Cesoni, «Corruption et trafic d'influence en Suisse, une Italie en puissance? », in: Criminalité économique, Groupe suisse de travail de criminologie, 1999, pag. 184.

RS 101 RS 171.11 Cfr. p.es. Zurigo: art. 5 lett. a Gesetz über die Organisation und die Geschäftsordnung des Kantonsrates del 1° luglio 2002; Berna: art. 7 Gesetz über den Grossen Rat del 1° novembre 1993; Neuchâtel: art. 5 lettere c e d Loi sur l'organisation du Grand Conseil del 22 marzo 1993.

6221

l'attuale arsenale legislativo, sia per quanto concerne gli acquisti pubblici82, il controllo giudiziario delle decisioni amministrative, le disposizioni sui servizi pubblici83 o ancora i controlli interni sull'attività dell'amministrazione84, permette di impedire che certe situazioni dette di cameratismo degenerino e provochino un aumento della corruzione.

Pertanto non è necessario introdurre nuove norme penali per reprimere il traffico d'influenza ai sensi della Convenzione penale del Consiglio d'Europa. Inoltre la nozione di traffico d'influenza che si può desumere dal testo della Convenzione non è sufficientemente precisa e rischia di penalizzare il semplice lobbying che in fondo è prassi corrente in Svizzera e in tutto il mondo. La delimitazione fra i comportamenti ammissibili e quelli non ammissibili potrebbe rivelarsi come un'impresa assai ardua e complessa. Inoltre vi sarebbero, quasi certamente, notevoli difficoltà a livello probatorio. E da ultimo appare illusorio voler porre fine a tali intrecci sociali indesiderati mediante l'introduzione di una nuova norma penale. Una tale norma si rivelerebbe ben presto poco efficace. In proposito va ricordato che, in ultima analisi, l'accumulazione di nuove norme penali piuttosto simboliche rischia di avere come conseguenza l'indebolimento dell'intero impianto del diritto penale.

La risposta da dare deve essere soprattutto di natura preventiva e non repressiva. Il diritto penale dovrebbe concentrarsi sulla corruzione in senso stretto, intesa come concessione o accettazione di indebiti vantaggi a o da parte di pubblici ufficiali, in modo da contemplare prima di tutto il comportamento di coloro che sono i depositari della fiducia dei cittadini, invece di criminalizzare tutti i comportamenti collaterali al reato vero e proprio della corruzione.

Considerando tutti questi elementi, appare opportuno fare uso della possibilità di formulare una riserva all'articolo 12 della Convenzione, come del resto hanno già fatto il Belgio, la Bulgaria, la Danimarca, l'Estonia, i Paesi Bassi, il Regno Unito, la Slovenia e la Svezia85.

2.2.6

Riciclaggio di denaro (art. 13 Conv.)

2.2.6.1

Esigenze

L'articolo 13 della Convenzione impone agli Stati contraenti di punire il riciclaggio di denaro conformemente all'articolo 6 della Convenzione n. 141 del Consiglio d'Europa86, qualora l'atto preliminare sia costituito da un reato ai sensi degli articoli 2­12 della presente Convenzione. Questo a condizione che lo Stato contraente non 82

83

84 85

86

Cfr. p.es. la legge federale del 16 dicembre 1994 sugli acquisti pubblici (LAPub, RS 172.056.1), che intende disciplinare e strutturare in maniera trasparente la procedura per l'aggiudicazione di commesse pubbliche di forniture, di servizi e di costruzioni e rafforzare la libera concorrenza tra gli offerenti.

Cfr. l'ordinanza del 3 luglio 2001 sul personale della Confederazione, che impone agli impiegati l'obbligo di annunciare ogni occupazione accessoria e di versare alla Confederazione, in certi casi, determinati redditi e, ovviamente il divieto di accettare vantaggi.

P. es. grazie al Controllo delle finanze.

In vista della ratifica della Convenzione, la Francia, che conosce il reato del traffico d'influenza nel suo diritto interno, prevede parimenti di fare una riserva all'art. 12. Essa rinuncia a punire gli atti volti a influenzare le decisioni di un agente pubblico straniero o di un membro di un'assemblea politica straniera (cfr. Rapport n° 1424 de Marc Reymann au nom de la commission des affaires étrangères du 11 février 2004).

RS 0.311.53

6222

abbia formulato riserve o dichiarazioni relative a tali reati e li consideri come gravi ai sensi della sua legislazione in materia di riciclaggio di denaro.

Stando al rapporto esplicativo, lo stretto nesso esistente fra corruzione e riciclaggio di denaro giustifica che la Convenzione consideri reato anche il riciclaggio di denaro. La Convenzione sancisce il principio secondo cui gli Stati contraenti devono considerare i reati di corruzione ai sensi degli articoli 2­12 della presente Convenzione come atti preliminari nell'ambito della legislazione in materia di riciclaggio di denaro. Il rinvio al diritto nazionale fa tuttavia sì che gli Stati contraenti siano di fatto liberi di determinare quali reati di corruzione intendono considerare come atto preliminare.

2.2.6.2

Confronto con il diritto svizzero

L'articolo 305bis del Codice penale, in vigore dal 1° agosto 1990, punisce il riciclaggio di denaro, ovvero l'atto suscettibile di vanificare l'accertamento dell'origine, il ritrovamento o la confisca di valori patrimoniali di cui l'autore sa o deve presumere che provengano da un crimine. Secondo l'articolo 305bis numero 3 del Codice penale, l'autore è punibile anche se l'atto principale è stato commesso all'estero, purché costituisca reato anche nel luogo in cui è stato compiuto. La norma penale svizzera sul riciclaggio di denaro è del resto perfettamente compatibile con la Convenzione del Consiglio d'Europa dell'8 novembre 199087 sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato88.

Nel diritto vigente, la corruzione attiva e passiva di pubblici ufficiali svizzeri e la corruzione attiva di pubblici ufficiali stranieri sono crimini ai sensi dell'articolo 9 del Codice penale e costituiscono pertanto un atto preliminare suscettibile di dar luogo a riciclaggio di denaro. Inoltre nel presente avamprogetto anche la corruzione passiva di pubblici ufficiali stranieri è qualificata come crimine. Per contro la corruzione privata e la concessione o l'accettazione di vantaggi ai sensi degli articoli 322quinquies e 322sexies del Codice penale, qualificate come semplici delitti, non possono essere considerate come atti preliminari al riciclaggio di denaro.

Questo è perfettamente conforme alle esigenze dell'articolo 13 della Convenzione che lascia agli Stati contraenti piena libertà per quanto riguarda la determinazione degli atti preliminari da considerare.

2.2.7

Reati contabili (art. 14 Conv.)

2.2.7.1

Esigenze

L'articolo 14 prevede la punibilità di atti od omissioni contabili allo scopo di compiere, nascondere o mascherare atti di corruzione, producendo o utilizzando una fattura o altri documenti contabili contenenti indicazioni false o incomplete (lett. a) oppure omettendo illecitamente di contabilizzare un versamento (lett. b).

87 88

RS 0.311.53 Cfr. il nostro messaggio concernente la ratificazione della Convenzione n. 141, FF 1992 VI, 9 segg. e 18 segg.

6223

Secondo il rapporto esplicativo relativo alla Convenzione, i reati contabili possono costituire o atti preliminari a reati di corruzione o atti intesi a mascherare i reati di corruzione. L'articolo 14 contempla entrambi i nessi e copre tutti i reati di corruzione trattati nella Convenzione89. Il comportamento incriminato può concretarsi in due modi differenti: l'uno, positivo, consistente nel produrre o utilizzare fatture o altre pezze giustificative contenenti indicazioni false. Questo comportamento mira a ingannare una persona al fine di nascondere un reato di corruzione. L'altro, passivo, consistente in un atto d'omissione illecita quando le persone in questione hanno l'obbligo legale di registrare i versamenti.

2.2.7.2

Confronto con il diritto svizzero

Il diritto svizzero adempie le esigenze della Convenzione. L'articolo 957 del Codice delle obbligazioni90 e l'articolo 52 dell'ordinanza sul registro di commercio91 sanciscono che chi ha l'obbligo di far iscrivere la propria ditta nel registro di commercio deve tenere e conservare regolarmente i libri che sono richiesti dalla natura e dall'estensione della sua azienda e dai quali si possono rilevare lo stato patrimoniale di questa, i rapporti di debito e di credito derivanti dal corso degli affari e il risultato dei singoli esercizi annuali.

Sul piano penale, l'articolo 325 del Codice penale commina la pena dell'arresto o della multa a chiunque intenzionalmente o per negligenza non ottempera all'obbligo imposto dalla legge di tenere regolarmente i libri di commercio. La contabilità e i documenti che ne fanno parte ­ anche fuori dell'obbligo legale di tenere la contabilità ­ sono inoltre protetti dalle falsificazioni in virtù dell'articolo 251 del Codice penale (falsità in documenti). Qualora documenti contabili siano utilizzati per ingannare, si possono inoltre supporre reati contro il patrimonio. Da ultimo, il fatto di utilizzare una fattura falsa per dissimulare un reato commesso da terzi potrebbe rientrare nell'ambito dell'articolo 305 del Codice penale (favoreggiamento) o costituire un atto di complicità in corruzione.

2.2.8

Atti di partecipazione (art. 15 Conv.)

A tenore dell'articolo 15 della Convenzione, ogni atto di complicità intenzionale nei reati contemplati dalla Convenzione deve essere punibile. L'articolo 25 del Codice penale prevede appunto la punibilità della complicità internazionale. Questa forma di partecipazione è applicabile tanto alle disposizioni penali in vigore quanto a quelle presentemente proposte e, pertanto, le esigenze dell'articolo 15 della Convenzione sono pienamente adempiute.

89 90 91

Cfr. Convenzione, rapporto esplicativo n. 71.

RS 220 RS 221.411

6224

2.2.9

Immunità (art. 16 Conv.)

L'articolo 16 precisa che la presente Convenzione non pregiudica né le disposizioni di trattati, protocolli o statuti né i loro testi d'applicazione, per quanto concerne la revoca dell'immunità.

Questa disposizione riguarda in primo luogo il personale delle organizzazioni pubbliche internazionali e sopranazionali, i membri delle assemblee parlamentari internazionali così come i giudici e gli agenti delle corti di giustizia internazionali. Queste categorie di persone godono di privilegi e immunità, segnatamente anche dell'immunità giurisdizionale, che si fondano sugli statuti dell'organizzazione internazionale in questione, su accordi multilaterali o su accordi conclusi fra lo Stato di sede e l'organizzazione. La revoca dell'immunità conformemente alle regole particolari applicabili a ciascuna delle categorie di persone di cui sopra è dunque una condizione per l'apertura di una procedura penale nazionale.

Sotto il profilo pratico, la questione dell'immunità è importante soprattutto per quanto riguarda i pubblici ufficiali delle organizzazioni internazionali con sede in Svizzera, come per esempio l'Organizzazione delle Nazioni Unite con sede a Ginevra o l'Organizzazione mondiale del commercio. Lo statuto giuridico di tali organizzazioni e del loro personale in Svizzera è retto da accordi di sede conclusi con il Consiglio federale. Gli alti funzionari di tali organizzazioni beneficiano dell'immunità giurisdizionale sia nel quadro dell'esercizio delle loro funzioni sia per gli atti compiuti a titolo privato. Gli altri pubblici ufficiali godono di tale immunità soltanto per gli atti compiuti nell'esercizio delle loro funzioni. L'immunità per gli atti compiuti nell'esercizio delle proprie funzioni sussiste anche dopo la fine del mandato.

Spetta a ciascuna organizzazione designare, nel proprio ambito, la persona autorizzata a pronunciarsi sulla revoca dell'immunità di un proprio funzionario. Di norma si tratta del direttore generale o del segretario generale dell'organizzazione in questione.

2.2.10

Competenza giurisdizionale (art. 17 Conv.)

2.2.10.1

Esigenze

L'articolo 17 prevede che ogni Stato contraente debba motivare la sua competenza giurisdizionale in relazione ai reati secondo gli articoli 2­14 della Convenzione qualora l'atto sia commesso totalmente o parzialmente sul suo territorio (lett. a), l'autore sia un suo cittadino, un suo pubblico ufficiale o un membro di una sua associazione pubblica nazionale (lett. b) oppure ancora qualora nel reato sia coinvolto un suo pubblico ufficiale o un membro di una sua associazione pubblica nazionale o una qualsiasi delle persone di cui agli articoli 9­11 (lett. c).

Il paragrafo 1 lettera a dell'articolo 17 sancisce il principio della territorialità, proponendone tuttavia un'interpretazione più ampia in base alla quale, per fondare la competenza giurisdizionale di uno Stato, è sufficiente che una parte del reato (p. es.

la consegna del denaro della corruzione) sia stata commessa sul suo territorio92.

92

Cfr. Convenzione, rapporto esplicativo n. 79.

6225

Il paragrafo 1 lettera b sancisce il principio della personalità attiva. Inoltre, secondo la Convenzione, la competenza giurisdizionale di uno Stato contraente è data anche quando un suo pubblico ufficiale o un suo membro di un'assemblea pubblica nazionale, autore di un tale reato, non è egli stesso un suo cittadino93.

Il paragrafo 1 lettera c sancisce il principio della tutela degli interessi nazionali e il principio della personalità, in base ai quali la competenza giurisdizionale di uno Stato si fonda sullo statuto della persona che si è lasciata corrompere. Tale persona può essere o un pubblico ufficiale o un membro di un'assemblea pubblica nazionale dello Stato contraente (senza esserne necessariamente un cittadino) o un cittadino dello Stato contraente e parimenti funzionario internazionale, membro di un'assemblea parlamentare internazionale oppure giudice o agente di una corte di giustizia internazionale94.

2.2.10.2

Confronto con il diritto svizzero

Il campo d'applicazione territoriale del Codice penale svizzero è retto da tre principi, quello della territorialità95, quello della personalità96 e quello dell'universalità97.

Occorre esaminare se il diritto svizzero permette di coprire tutti i casi di specie previsti nell'articolo 17 paragrafo 1 della Convenzione:

93 94 95 96 97 98

99

­

in virtù degli articoli 3 e 7 del Codice penale, la competenza giurisdizionale svizzera è data per tutti i reati di corruzione commessi totalmente o parzialmente in Svizzera. Su questo punto, le esigenze della Convenzione sono pienamente adempiute;

­

reati commessi all'estero da uno Svizzero: secondo l'articolo 6 del Codice penale, la Svizzera riconosce la propria competenza giurisdizionale con la riserva che i reati siano punibili in entrambi gli Stati;

­

atto di corruzione commesso all'estero da un pubblico ufficiale svizzero di cittadinanza straniera: molte cariche pubbliche non implicano necessariamente la cittadinanza svizzera. Di conseguenza è possibile che un pubblico ufficiale svizzero abbia una cittadinanza straniera e commetta un reato all'estero. Può, per esempio, essere il caso di un impiegato straniero presso un'ambasciata svizzera98. In tal caso è applicabile l'articolo 6bis del Codice penale, sempre che vi siano la doppia punibilità e un impegno preso dalla Svizzera sul piano internazionale;

­

atto di corruzione commesso all'estero da un membro straniero di un'assemblea pubblica svizzera: nell'ambito dell'estensione del diritto di eleggibilità cantonale o comunale agli stranieri99, non si può escludere che

Cfr. Convenzione, rapporto esplicativo n. 80.

Cfr. Convenzione, rapporto esplicativo n. 81.

Art. 3 CP, completato dall'art. 7 CP.

Art. 5 e 6 CP.

Art. 6bis CP.

Il territorio svizzero comprende anche le ambasciate estere in Svizzera (DTF 109 IV 156, JT 1984 IV 121, cit. da Martin Kilias, Précis de droit pénal général, Stämpfli 1998, pag. 256, n. 1602.

Come il Cantone di Vaud.

6226

un simile caso si produca. Anche in questo caso è applicabile l'articolo 6bis del Codice penale alle citate condizioni; ­

atto di corruzione commesso all'estero con la complicità di un pubblico ufficiale svizzero, di un membro di un'assemblea pubblica svizzera o di un pubblico ufficiale, parlamentare o giudice di un'organizzazione internazionale, che abbia la cittadinanza svizzera: anche in tal caso è applicabile l'articolo 6 o 6bis del Codice penale.

La riveduta parte generale del Codice penale100 prevede un nuovo articolo 7, che estende il campo d'applicazione ai casi in cui il reato è stato commesso all'estero da uno straniero e contro uno straniero, se l'atto è punibile anche nel luogo in cui è stato commesso o questo luogo non soggiace ad alcuna giurisdizione penale, se l'autore si trova in Svizzera o, per questo suo atto, è estradato nella Confederazione e se, secondo il diritto svizzero, l'atto consente l'estradizione, ma l'autore non viene estradato. Il numero 2 precisa che, se l'autore non è svizzero e il crimine o il delitto non è stato commesso contro uno Svizzero, il numero 1 è applicabile soltanto se la richiesta di estradizione è stata respinta per un motivo non inerente alla natura dell'atto.

In tal modo il nuovo diritto estende leggermente il campo d'applicazione del Codice penale rispetto al diritto attuale, conservando il principio della doppia punibilità.

2.2.10.3

In conclusione

Il Codice penale svizzero non va così lontano come la Convenzione, che impone un concetto più ampio della competenza giurisdizionale. Ciononostante non sembra opportuno creare nuove disposizioni legali al solo fine di soddisfare tutte le esigenze dell'articolo 17 paragrafo 1 lettere b e c fino negli ultimi elementi che, nella pratica, hanno comunque una rilevanza molto limitata. In particolare, gli atti di corruzione commessi all'estero non giustificano, né in ragione della loro gravità né in ragione delle loro caratteristiche, una rinuncia al principio della doppia punibilità101. È invece indicato, nella misura consentita dall'articolo 17 paragrafo 2 della Convenzione, formulare una riserva, come hanno già fatto la Danimarca, la Finlandia, i Paesi Bassi, il Portogallo, il Regno Unito e la Svezia.

100

FF 2000 7351. Queste disposizioni rivedute fanno una nuova distinzione fra crimini o delitti commessi all'estero contro lo Stato (art. 4), reati commessi all'estero su minorenni (art. 5), reati commessi all'estero e perseguiti in conformità di un obbligo internazionale (art. 6) e altri reati commessi all'estero (art. 7). Il nuovo art. 6 riprende in sostanza il contenuto dell'attuale art. 6bis CP, mantenendo il principio della doppia punibilità.

101 Contrariamente ai reati per i quali il campo d'applicazione è stato esteso, come per esempio per la presa d'ostaggio (art. 185 n. 5 CP).

6227

2.2.11

Responsabilità delle persone giuridiche (art. 18 Conv.)

2.2.11.1

Esigenze

L'articolo 18 obbliga gli Stati contraenti a garantire che anche le persone giuridiche possano essere dichiarate responsabili dei reati di corruzione attiva, di traffico d'influenza e di riciclaggio di denaro ai sensi della presente Convenzione, a condizione che l'atto sia commesso in favore della persona giuridica e che la persona fisica che agisce occupi una funzione di dirigente fondata su un potere di rappresentanza, di decisione o di controllo (art. 18 par. 1). La persona giuridica deve inoltre poter essere dichiarata responsabile anche se l'atto è stato reso possibile dalla mancanza di sorveglianza o controllo da parte della persona fisica. In questo secondo caso di specie, l'autore è un'altra persona fisica che occupa una funzione subalterna nell'impresa (art. 18 par. 2). Inoltre la responsabilità della persona giuridica non deve escludere il perseguimento penale delle persone fisiche che hanno commesso i reati in questione (art. 18 par. 3).

Questa disposizione corrisponde all'attuale tendenza di includere, nelle convenzioni internazionali in materia di diritto penale, la responsabilità delle imprese, come è il caso, per esempio, nella Convenzione dell'OCSE sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali102.

2.2.11.2

Confronto con il diritto svizzero

Nell'ambito della revisione della parte generale del Codice penale, le Camere federali hanno approvato gli articoli 102 e 102a del nuovo Codice penale che introducono la responsabilità penale dell'impresa103. Per garantire che tali disposizioni possano entrare in vigore in tempo per l'attuazione della Convenzione dell'ONU per la repressione del finanziamento del terrorismo, le norme relative alla responsabilità dell'impresa (compresa la lista dei reati aggiornata) sono state integrate nella revisione di cui sopra104 e approvate dal Parlamento nella primavera del 2003105. Dopo la loro entrata in vigore il 1° ottobre 2003, le disposizioni sulla responsabilità penale dell'impresa sono pertanto state introdotte nell'attuale parte generale del Codice penale come articoli 100quater e 100quinquies106.

Il nuovo articolo 100quater del Codice penale introduce una responsabilità penale sussidiaria generale della persona giuridica (se per carente organizzazione interna l'atto non può essere ascritto a una persona fisica determinata, art. 100quater cpv. 1) e una responsabilità primaria per determinate categorie di reati qualora si possa rim-

102

103 104

105 106

Così come, p. es., nella Convenzione internazionale per la repressione del finanziamento del terrorismo, FF 2002 4885 segg., nella Convenzione dell'ONU contro la criminalità organizzata transnazionale e nella Convenzione del Consiglio d'Europa contro la cibercriminalità.

FF 2002 7351 segg.

Messaggio concernente le Convenzioni internazionali per la repressione del finanziamento del terrorismo e per la repressione degli attentati terroristici con esplosivo, FF 2002 4815 segg.

FF 2003 2475 segg.

RU 2003 3043 segg.

6228

proverare all'impresa di non aver preso tutte le misure organizzative ragionevoli e indispensabili per impedire un simile reato (art. 100quater cpv. 2).

Nell'ambito dell'esame della conformità del riveduto diritto penale svizzero con la Convenzione va innanzitutto rilevato che l'articolo 100quater del Codice penale ha un campo d'applicazione più ampio di quello dell'articolo 18 della Convenzione in quanto quest'ultimo si limita ai reati commessi in favore della persona giuridica e implica il coinvolgimento di quadri dell'impresa. Per quanto riguarda le altre condizioni, la responsabilità sussidiaria dell'impresa ai sensi dell'articolo 100quater capoverso 1 del Codice penale non è certo conforme alle intenzioni della Convenzione poiché tale numero non prevede la possibilità del perseguimento penale parallelo delle persone giuridiche e delle persone fisiche. Per contro, le condizioni poste secondo il numero 2 in relazione alla responsabilità primaria dell'impresa (rimprovero di non aver preso tutte le misure organizzative ragionevoli e indispensabili per impedire un simile reato) coprono tutti i reati di cui all'articolo 18 paragrafo 2 della Convenzione: se un reato previsto dalla Convenzione è commesso a causa di una mancanza di controllo o di sorveglianza da parte di un quadro, si deduce che l'impresa non ha preso tutti i provvedimenti necessari per impedirlo. Questo vale di massima anche per il caso in cui l'atto sia stato commesso direttamente da un dirigente (art. 18 par. 1 Conv.); sarebbe diverso soltanto se il dirigente elude tutti i provvedimenti di prevenzione necessari e ragionevoli in modo tale che il suo comportamento appaia, dal punto di vista dell'impresa, imprevedibile e inevitabile107. Se l'infrazione è stata commessa nell'interesse dell'impresa, siffatto caso è tuttavia praticamente impensabile. Parallelamente, vi sono fattispecie che rientrano nel campo d'applicazione dell'articolo 100quater capoverso 2 CP senza però adempiere le condizioni della Convenzione; un esempio: se un collaboratore senza funzioni direttive commette un reato di corruzione attiva e all'impresa può essere imputata una mancanza per quanto concerne la sua assunzione o istruzione. Non è necessario, come già citato, che il reato sia commesso a beneficio dell'impresa.

La lista dei reati per i quali è prevista
una responsabilità primaria dell'impresa, lista che è inclusa nell'articolo 100quater capoverso 2 del Codice penale, copre tutti i reati di corruzione attiva di pubblici ufficiali ai sensi della Convenzione, poiché comprende la corruzione attiva di pubblici ufficiali svizzeri (art. 322ter CP), la concessione di vantaggi (art. 322quinquies CP) e la corruzione attiva di pubblici ufficiali stranieri (art. 322septies CP). Inoltre la responsabilità primaria dell'impresa si estende anche al riciclaggio di denaro (art. 305bis CP).

2.2.11.3

Necessità di completare l'articolo 100quater capoverso 2 CP

Nella lista dei reati per i quali è prevista una responsabilità primaria dell'impresa non figura il reato di corruzione attiva nel settore privato, che in avvenire sarà sanzionato dall'articolo 4a capoverso 1 lettera a LCSl108. Sarebbe tuttavia indicato introdurre la responsabilità primaria dell'impresa anche nel caso di corruzione attiva nel settore privato. E questo non soltanto per soddisfare le esigenze della Convenzione, ma soprattutto per motivi di coerenza della legislazione: la corruzione attiva 107 108

Cfr. Alain Macaluso, La responsabilité pénale de l'entreprise, Zurigo 2004, pag. 155.

Cfr. n. 2.2.4.

6229

nel settore privato mira a ottenere indebiti vantaggi in un contesto di concorrenza economica. È evidente che la persona che in ultima analisi trae beneficio dal reato è di norma la persona giuridica in favore della quale agisce il corruttore attivo. In altri termini, la questione della responsabilità dell'impresa ha un ruolo centrale negli affari di corruzione, e in particolare quando riguardano il settore privato. Questo vale anche e soprattutto ai fini della prevenzione. Da qui la proposta di completare la lista dei reati di cui all'articolo 100quater capoverso 2 del Codice penale, introducendo il reato di corruzione attiva nel settore privato ai sensi dell'articolo 4a capoverso 1 lettera a D-LCSl.

Una modifica puramente redazionale della lista dei reati di cui all'articolo 100quater capoverso 2 del Codice penale concerne la corruzione attiva di pubblici ufficiali stranieri che sarà ora sanzionata dal nuovo articolo 322septies numero 1 del Codice penale109.

Considerando che sarà formulata una riserva in merito alla fattispecie di traffico d'influenza ai sensi dell'articolo 12 della Convenzione110, tale norma rimane, logicamente, irrilevante anche per quanto riguarda la responsabilità dell'impresa.

2.2.12

Sanzioni e misure (art. 19 Conv.)

L'articolo 19 impone agli Stati contraenti di adottare per i reati previsti dalla Convenzione sanzioni e misure efficaci, proporzionate e dissuasive, ivi comprese sanzioni privative della libertà che consentano l'estradizione, qualora si tratti di persone fisiche, e sanzioni pecuniarie, qualora si tratti di persone giuridiche. Va inoltre prevista la confisca di oggetti e valori patrimoniali costituenti il provento dei reati previsti dalla Convenzione.

La corruzione attiva e passiva di pubblici ufficiali così come la corruzione attiva di pubblici ufficiali stranieri sono qualificate come crimine e la pena applicabile è di fino a cinque anni di reclusione. Il disegno di revisione dell'articolo 322septies numero 2 prevede di qualificare come crimine anche la corruzione passiva di pubblici ufficiali stranieri. La concessione e l'accettazione di vantaggi e la corruzione nel settore privato sono qualificate come delitto e la pena applicabile è di fino a tre anni di carcere. Si tratta dunque di reati motivanti l'estradizione conformemente all'articolo 35 della legge federale sull'assistenza internazionale in materia penale111. Trattandosi di imprese, la pena applicabile è la multa fino a 5 milioni di franchi. Di conseguenza, le esigenze della Convenzione sono pienamente soddisfatte.

Per quanto concerne la confisca, gli articoli 58 segg. del Codice penale forniscono i necessari strumenti112.

109

A causa della nuova fattispecie di corruzione passiva di pubblici ufficiali stranieri proposta come numero 2 dell'art. 322septies cfr. n. 2.2.2.

110 Cfr. n. 2.2.5.3.

111 AIMP; RS 351.1 112 Cfr. in proposito il messaggio FF 1999 4721 segg, pag. 4768 seg.

6230

2.2.13

Autorità specializzate (art. 20 Conv.)

In base a questo articolo, gli Stati contraenti sono tenuti a promuovere la specializzazione delle persone o delle unità indipendenti incaricate della repressione della corruzione e a garantire che tali persone o unità dispongano dei mezzi e dell'indipendenza necessari all'adempimento dei loro compiti.

La competenza di perseguire e giudicare atti di corruzione spetta ai Cantoni oppure alla Confederazione qualora siano date le condizioni di cui agli articoli 340 o 340bis del Codice penale.

La maggior parte dei Cantoni ha unità specializzate nella lotta contro la criminalità economica, che sono parimenti incaricate di trattare i casi di corruzione. Tali unità specializzate si trovano nei diversi stadi della procedura, sia a quello istruttorio (brigata finanziaria113 e giudici istruttori specializzati114) sia a quello deliberatorio (tribunale penale economico115).

Presso l'Ufficio federale di polizia è stata istituita una divisione «Indagini protezione dello Stato/Compiti speciali», suddivisa in vari sottogruppi, dei quali uno si occupa in modo specifico della lotta alla corruzione. Attualmente tale unità si compone di cinque persone. Presso il Ministero pubblico della Confederazione 17 squadre sono attive nell'ambito delle nuove competenze, ossia criminalità organizzata, riciclaggio di denaro, corruzione e criminalità economica.

2.2.14

Cooperazione fra autorità nazionali (art. 21 Conv.)

2.2.14.1

Contenuto ed esigenze

L'articolo 21 della Convenzione prevede, con riserva dell'applicazione del diritto nazionale, un obbligo generale di garantire la cooperazione delle autorità statuali e dei pubblici ufficiali con le autorità preposte alle indagini e al perseguimento dei reati penali. La portata dell'obbligo di cooperare con le autorità di perseguimento penale deve essere definita dal diritto interno. Non è dunque imposto agli Stati contraenti di introdurre un obbligo generale per i loro pubblici ufficiali di segnalare i reati116. Il pubblico ufficiale può pertanto assolvere il suo obbligo di cooperazione sia segnalando di propria iniziativa l'esistenza di motivi fondati per supporre che è stato commesso un reato, sia fornendo alle autorità di perseguimento penale le informazioni da loro chieste117. Inoltre possono essere previste deroghe all'obbligo di fornire informazioni118.

113 114

115 116 117 118

P. es. nei Cantoni di Ginevra, Zurigo e Neuchâtel.

Cfr. p. es. l'art. 47a della legge sull'organizzazione giudiziaria del Cantone di Ginevra (RSG E. 2 05) o l'art. 102 cpv. 2 del codice di procedura penale del Cantone di Neuchâtel (CPPN; RSN 322.0).

Anche qui come esempio fra molti Neuchâtel (art. 33 CPPN; RSN 322.0).

Cfr. Convenzione, rapporto esplicativo n. 102.

Cfr. Convenzione, rapporto esplicativo n. 103.

Cfr. Convenzione, rapporto esplicativo n. 106.

6231

2.2.14.2

La situazione nel diritto svizzero

Mentre soltanto alcuni Cantoni hanno istituito un obbligo generale di denuncia per i pubblici ufficiali119, per contro tutti i Cantoni prevedono la possibilità di interrogare come testimone un pubblico ufficiale dopo averlo prosciolto dal segreto d'ufficio120.

La procedura penale federale non prevede alcun obbligo generale di denuncia.

Stabilisce tuttavia che nessun funzionario può, senza il consenso dell'autorità da cui dipende, essere interrogato come testimone intorno ad un segreto d'ufficio o essere obbligato a produrre documenti ufficiali121. Nell'ambito del progetto d'unificazione della procedura penale è previsto che i funzionari che sottostanno all'obbligo di denuncia sono obbligati a testimoniare, mentre per gli altri è necessario il consenso dell'autorità da cui dipendono. Quest'ultima concede l'autorizzazione a deporre se l'interesse all'accertamento della verità prevale sull'interesse al mantenimento del segreto122.

2.2.15

Protezione dei collaboratori di giustizia e dei testimoni (art. 22 Conv.)

2.2.15.1

Esigenze

Secondo questa disposizione formulata in modo generale vanno presi provvedimenti per garantire una protezione effettiva e adeguata ai collaboratori di giustizia e ai testimoni che forniscono alle autorità preposte al perseguimento penale informazioni relative ai reati contemplati dalla Convenzione. Secondo il rapporto esplicativo relativo alla Convenzione123, per collaboratore di giustizia si intende una persona nei confronti della quale sono in corso indagini oppure che è stata condannata per aver partecipato a un reato di corruzione e che si dichiara disposta a collaborare con le autorità preposte al perseguimento penale, segnatamente fornendo informazioni sui reati ai quali ha partecipato e sostenendo in tal modo il perseguimento penale.

2.2.15.2

La situazione nel diritto svizzero

Per quanto riguarda la protezione dei testimoni e di altre persone, vi sono varie disposizioni sia nei codici di procedura penale cantonali sia nella legge federale sulla procedura penale. Sono molto diffuse le regole che accordano ai testimoni il diritto di non deporre qualora la deposizione pregiudicherebbe il loro onore o li esporrebbe a gravi inconvenienti124; tali regole offrono ai testimoni una protezione effettiva, ma possono intralciare la ricerca della verità. La giurisprudenza del Tribunale federale si è pronunciata a più riprese sulle condizioni di ammissibilità dei testimoni anoni-

119 120 121 122 123 124

Cfr. p. es. l'art. 6 del codice di procedura penale del Cantone di Neuchâtel e l'art. 11 del codice di procedura penale del Cantone di Ginevra.

Cfr. l'art. 102 cpv. 8 e l'art. 115 del codice di procedura penale del Cantone di Berna.

Cfr. l'art. 78 della legge federale sulla procedura penale (RS 312.0).

Cfr. l'art. 177 AP-CPP.

Op. cit. n. 110.

Cfr. p. es. l'art. 48 del codice di procedura penale del Cantone di Ginevra.

6232

mi125. Inoltre sono possibili provvedimenti di protezione materiali dei testimoni e di altre persone (protezione di polizia) anche senza una specifica base legale. Per contro la Svizzera non conosce provvedimenti di protezione extragiudiziari come, per esempio, il cambiamento dell'identità126. Tali provvedimenti, concepiti appositamente per gravi casi di criminalità, appaiono comunque sproporzionati in relazione con reati di corruzione.

L'avamprogetto d'unificazione della procedura penale svizzera prevede particolari disposizioni per la protezione di testimoni, persone informate sui fatti, coimputati, periti e traduttori, che impongono alle autorità giudiziarie, qualora vi sia motivo di supporre che le persone sopra menzionate possano trovarsi esposte a un rischio considerevole per la vita e l'integrità corporale o a un altro grave pregiudizio, di prendere i necessari provvedimenti. Tali provvedimenti possono consistere in particolare nel sottoporre ad audizione la persona in questione o nell'accertarne le generalità in assenza delle parti, nel concederle l'anonimato o nel modificare o camuffare l'aspetto e la voce di tale persona durante la sua audizione davanti al tribunale127.

2.2.16

Misure intese ad agevolare l'assunzione di prove e la confisca dei proventi (art. 23 Conv.)

2.2.16.1

Esigenze

Il paragrafo 1 del presente articolo invita gli Stati contraenti a prendere provvedimenti per agevolare l'assunzione di prove relative ai reati contemplati dalla Convezione e la confisca ai sensi dell'articolo 19 paragrafo 3 della Convenzione. Inclusi in tali provvedimenti vi sono i metodi speciali d'inchiesta previsti dal diritto interno, anche se qui si pensa soprattutto all'impiego di persone infiltrate, alla sorveglianza delle telecomunicazioni e all'accesso ai sistemi informatici.

Gli Stati contraenti sono tuttavia liberi di escludere il ricorso a tali metodi o di subordinare a prescrizioni di protezione l'ordine di ricorrere a tali metodi128.

Il paragrafo 2 prevede il sequestro da parte delle autorità giudiziarie di documenti bancari, finanziari o commerciali. Il segreto bancario non deve costituire un ostacolo ai provvedimenti coattivi processuali di cui ai paragrafi 1 e 2 (par. 3).

125

DTF 118 Ia 457, DTF 118 Ia 327, DTF 125 I 127; il Tribunale federale ritiene ammissibile l'audizione di un agente infiltrato a condizione che questi non sia né visto né riconoscibile dalla voce.

126 Cfr. «Aus 29 mach 1», rapporto della commissione peritale «Vereinheitlichung des Strafprozessrechts», DFGP 1997, pag. 61 segg.

127 Cfr. art.160­162 AP-CPP così come le disposizioni proposte nel messaggio del 19 dicembre 2003 concernente la modifica della procedura penale militare (protezione dei testimoni), FF 2003 7137 segg., in vigore dal 1° giugno 2004, cfr. RU 2004 2691.

128 Cfr. Convenzione, rapporto esplicativo n. 114.

6233

2.2.16.2

La situazione nel diritto svizzero

Mezzi di prova La Confederazione e i Cantoni dispongono di una vasta scelta di mezzi di prova atti a soddisfare le esigenze poste dalla Convenzione. Sono in particolare degni di nota l'audizione di testimoni, l'audizione di persone informate sui fatti, la perizia, il sopralluogo, la perquisizione, il sequestro e la confisca.

Infine, l'articolo 47 capoverso 4 della legge sulle banche129 proscioglie gli istituti bancari dal segreto bancario nei casi in cui sottostanno all'obbligo di dare informazioni all'autorità o di testimoniare in giudizio. Pertanto il diritto svizzero adempie anche le esigenze dell'articolo 23 della Convenzione.

Metodi speciali d'inchiesta La legge federale sulla sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni (LSCPT)130, in vigore dal 1° gennaio 2002, autorizza tali provvedimenti di sorveglianza segnatamente nei casi di corruzione attiva e passiva di pubblici ufficiali svizzeri. Nel catalogo dei reati, grazie all'ampliamento approvato il 21 marzo 2003 nell'ambito della legge federale che modifica il Codice penale e la legge sulla sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni (finanziamento del terrorismo)131, figura ora anche l'articolo 322septies del Codice penale (corruzione di pubblici ufficiali stranieri). L'integrazione della corruzione passiva di pubblici ufficiali stranieri nell'articolo 322septies del Codice penale prevista dal presente disegno132 estende automaticamente anche il campo d'applicazione della LSCPT, senza che sia necessario un nuovo adeguamento del catalogo dei reati.

La situazione è fondamentalmente la stessa per quanto riguarda le inchieste mascherate: conformemente alla legge federale sull'inchiesta mascherata (LFIM), approvata dal Parlamento il 20 giugno 2003, tale metodo d'indagine può essere ordinato anche per i casi di corruzione contemplati negli articoli 322ter (corruzione attiva), 322quater (corruzione passiva) e 322septies (corruzione di pubblici ufficiali stranieri) del Codice penale133.

Come già rilevato, l'articolo 23 della Convenzione non impone agli Stati contraenti di introdurre metodi speciali d'inchiesta. Il diritto svizzero va pertanto oltre le esigenze minime della Convenzione.

129 130 131 132 133

Legge federale dell'8 novembre 1934 sulle banche e le casse di risparmio (LBCR, RS 952.0).

RS 780.1 In vigore dal 1° ottobre 2003, RU 2003 3043 segg., cfr. anche il nostro relativo messaggio, FF 2002 4815 segg.

Cfr. n. 2.2.2.

Cfr. l'art. 4 cpv. 2 lett. a LFIM, FF 2003 3865.

6234

2.3

Cooperazione internazionale (art. 25­31 Conv.)

2.3.1

Principi generali e misure applicabili alla cooperazione internazionale (art. 25 Conv.)

L'articolo 25 stabilisce che gli Stati contraenti cooperino nella massima misura possibile conformemente agli impegni assunti nell'ambito della cooperazione internazionale in materia penale. Inoltre definisce il rapporto fra la presente Convenzione e gli altri strumenti internazionali contenenti disposizioni sulla cooperazione in materia penale.

In primo luogo la cooperazione è retta dalle pertinenti disposizioni degli strumenti multilaterali o bilaterali conclusi fra gli Stati contraenti e da quelle del loro diritto nazionale134 (par. 1). Gli articoli 26­31 della Convenzione sono dunque applicabili a titolo sussidiario, ovvero quando fra gli Stati contraenti in questione non è in vigore un accordo o uno strumento internazionale d'assistenza giudiziaria (par. 2).

L'applicazione del principio di sussidiarietà mira a conferire una base legale agli Stati contraenti che, per mancanza di uno strumento internazionale o di un accordo, non sarebbero in grado di cooperare135. Il paragrafo 2 non è rilevante per la Svizzera quando essa è Stato contraente richiesto. Infatti la Svizzera, grazie alla legge sull'assistenza in materia penale136, dispone di una base legale sufficiente per poter cooperare con altri Stati nella lotta contro la corruzione, anche senza strumenti internazionali o accordi.

Allo scopo di favorire la più ampia ed efficace cooperazione possibile, il paragrafo 3 prevede una deroga al principio di sussidiarietà: gli articoli 26­31 della Convenzione sono applicabili nonostante l'esistenza di strumenti internazionali, se sono più favorevoli di tali strumenti in quanto agevolano la cooperazione, accelerano la procedura o sono i soli a permettere una determinata forma di cooperazione.

2.3.2

Assistenza giudiziaria (art. 26 Conv.)

2.3.2.1

Obblighi imposti agli Stati contraenti

L'articolo 26 paragrafo 1 Conv. riprende il principio statuito nell'articolo 25 secondo il quale gli Stati contraenti si accordano la massima assistenza giudiziaria possibile nel campo d'applicazione dalla Convenzione. In tale contesto, gli Stati contraenti sono tenuti a trattare senza indugio le domande delle competenti autorità. In 134

Gli «accordi conclusi in base alle legislazioni uniformi o reciproche», parimenti menzionati nell'articolo, si riferiscono soprattutto ai sistemi di cooperazione sviluppati fra gli Stati nordici. Per la Svizzera sono senza rilevanza.

135 In tale contesto è opportuno ricordare che la Convenzione oggetto del presente rapporto è una cosiddetta «convenzione aperta» o, in altri termini, una convenzione alla quale possono aderire anche Stati che non sono membri del Consiglio d'Europa. Tali Stati non sono necessariamente Parti alle principali Convenzioni del Consiglio d'Europa in materia d'assistenza giudiziaria, come per esempio la Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale (RS 0.351.1) o la Convenzione europea di estradizione (RS 0.353.1).

Senza l'adesione alla Convenzione penale del Consiglio d'Europa sulla corruzione, tali Stati non disporrebbero di una base legale che permetta loro di cooperare.

136 Legge federale del 20 marzo 1981 sull'assistenza internazionale in materia penale (AIMP; RS 351.1).

6235

tal modo si vuole evitare che ritardi impediscano un'inchiesta o addirittura pregiudichino l'obiettivo che essa persegue. Va notato che anche l'articolo 17a AIMP contempla un simile obbligo di celerità137.

Il paragrafo 2 enumera i motivi che lo Stato contraente richiesto può invocare per negare la cooperazione. Si tratta dei motivi classici: occorre che siano minacciati gli interessi essenziali dello Stato contraente richiesto, la sua sovranità nazionale, la sua sicurezza nazionale o il suo ordine pubblico. Allo scopo di assicurare la massima cooperazione possibile, tali motivi di diniego sono formulati nella forma potestativa.

Per contro non è menzionato come motivo di diniego quello del reato politico; se necessario, tale motivo dovrà essere oggetto di una specifica riserva138.

Come già previsto da altri testi in forma analoga139, gli Stati contraenti non possono, secondo il paragrafo 3, appellarsi al segreto bancario per negare l'assistenza giudiziaria. La disposizione non comporta nuovi obblighi per la Svizzera. Di fatto, se le domande indirizzate alla Svizzera concernono reati che possono dar luogo all'assistenza giudiziaria, il segreto bancario, che non costituisce un diritto assoluto, non è già oggi, e non lo sarà nemmeno in avvenire, un ostacolo alla cooperazione140. Nel caso in cui il diritto interno lo preveda, ogni Stato contraente può esigere che una domanda d'assistenza giudiziaria che implica la revoca del segreto bancario venga approvata da un'autorità giudiziaria.

2.3.2.2

Compatibilità con il diritto svizzero

L'articolo 26 della Convenzione è senz'altro compatibile con il diritto svizzero. Il paragrafo 2 non prevede il motivo del reato politico, mentre dal canto suo l'AIMP prevede esplicitamente la regola generale secondo la quale una domanda d'assistenza giudiziaria è irricevibile se il procedimento verte su un reato di carattere preponderatamente politico141.

Ciononostante la Convenzione è compatibile con il diritto svizzero anche per quanto riguarda questo punto, visto che l'articolo 1 AIMP prevede esplicitamente una riserva in favore di convenzioni internazionali che «dispongano altrimenti». Non è questa la prima volta che una convenzione del Consiglio d'Europa limita la possibilità di addurre a motivo il reato politico o la escluda totalmente a certe condizioni142.

137 138 139

140

141 142

A tenore dell'art. 17a AIMP, l'autorità competente tratta le domande con celerità. Essa decide senza indugio.

Conformemente all'art. 37 par. 3 della Convenzione. In merito alla necessità di una tale riserva, cfr. n. 2.3.2.2.

Cfr. fra gli altri l'art. 18 par. 7 della Convenzione sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato (RS 0.311.53) o l'art. 9 par. 3 della Convenzione dell'OCSE del 17 dicembre 1997 sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali (RS 0.311.21).

Cfr. in questo contesto l'art. 47 della legge federale sulle banche e le casse di risparmio (legge sulle banche; RS 952.0), il cui cpv. 4 dice esplicitamente che restano riservate le disposizioni delle legislazioni federali e cantonali sull'obbligo di dare informazioni alle autorità o di testimoniare in giudizio.

Cfr. art. 3 cpv. 1 AIMP.

La riserva del reato politico in relazione con l'estradizione è stata limitata nell'art. 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione europea di estradizione (RS 0.353.11) e nell'art. 1 segg. della Convenzione europea per la repressione del terrorismo (RS 0.353.3).

6236

Il fatto di rinunciare a formulare una riserva ai sensi dell'articolo 37 paragrafo 3 della Convenzione non dovrebbe avere alcuna conseguenza pratica. Già oggi, secondo la giurisprudenza del Tribunale federale, la corruzione attiva e quella passiva non sono considerate come reato politico, anche se spesso sono commesse in un contesto politico143. Pertanto in tali casi l'assistenza giudiziaria non sarà negata. Del resto un tale atteggiamento deriva anche dalla concezione svizzera del reato politico relativo144, concezione che può essere invocata visto che la Convenzione non contempla la definizione del reato politico. D'altra parte i criteri da soddisfare per poter ammettere la fattispecie del reato politico relativo sono talmente severi che, nella prassi, è raro che l'assistenza giudiziaria possa essere negata per questo motivo145.

Se dovesse capitare, fatto perlomeno ipotizzabile, che riceva insieme a una domanda d'assistenza giudiziaria per un reato di corruzione anche una domanda d'assistenza giudiziaria per un reato politico vero e proprio, la Svizzera potrebbe in tal caso prestare assistenza giudiziaria per il reato di corruzione e negare quella per il reato politico formulando una riserva della specialità.

Inoltre non si può escludere completamente che uno Stato estero avvii una procedura per motivi politici e al solo scopo di perseguire o punire una persona per le sue opinioni politiche. Parimenti non è impossibile che la situazione di tale persona si deteriori a causa di tali opinioni politiche. Tali casi, che secondo l'AIMP rendono irricevibile la domanda di cooperazione146, violano, secondo la vigente giurisprudenza, l'ordine pubblico svizzero147. Pertanto, per respingere una tale domanda sarebbe sufficiente appellarsi all'articolo 26 paragrafo 2 della Convenzione invocando la minaccia all'ordine pubblico. Per di più e come riconosciuto esplicitamente nell'ambito dell'elaborazione della presente Convenzione, tali casi potrebbero parimenti minacciare anche gli «interessi essenziali» dello Stato contraente richiesto148, fatto che costituisce anch'esso un motivo di diniego facoltativo ai sensi dell'articolo 26 della Convenzione.

Si può dunque rinunciare a formulare una riserva apposita per il caso di reato politico. Una tale rinuncia è non soltanto adeguata ma anche giustificata se si vuole veramente instaurare la massima cooperazione possibile nell'ambito del Consiglio d'Europa, cosa che richiede una stretta collaborazione fra gli Stati.

143 144

145 146 147 148

DTF 126 II 316 cons. 4b, con rinvio.

Un reato di diritto comune come un reato di corruzione può costituire un reato politico relativo soltanto se, nel caso concreto, l'autore ha agito per motivi preponderatamente politici.

Cfr. in questo contesto la DTF 128 II 355 cons. 4.2, con rinvio.

Art. 2 lettere b e c AIMP.

Cfr. DTF 126 II 324 cons. 4c.

Questo potrebbe essere il caso se dovessero prevalere considerazioni relative ai diritti dell'uomo o se vi sono motivi per supporre che uno Stato, con il pretesto della lotta alla corruzione, abbia presentato abusivamente un domanda d'assistenza giudiziaria prevalendosi di perseguimenti penali che di fatto mirano a tutt'altro scopo che la repressione della corruzione; cfr. rapporto esplicativo n. 125 alla Convenzione. L'uno di tali scopi potrebbe essere, per esempio, di perseguire o punire una persona per le sue opinioni politiche.

6237

2.3.3

Estradizione (art. 27 Conv.)

L'articolo 27 Conv. contiene regole che rendono possibile o agevolano l'estradizione di persone sospettate di aver commesso un reato contemplato dalla Convenzione.

A tal fine gli Stati contraenti sono tenuti a considerare i reati compresi nel campo d'applicazione della Convenzione come reati motivanti l'estradizione. Da un canto tali reati devono essere inclusi in ogni trattato di estradizione, in vigore o futuro, come reati motivanti l'estradizione (par. 1). Dall'altro, gli Stati contraenti che non subordinano l'estradizione all'esistenza di un trattato devono riconoscere i reati contemplati dalla Convenzione come reati motivanti l'estradizione (par. 3).

Come già spiegato nel commento all'articolo 19149, tutte le forme di corruzione sanzionate dal diritto in vigore così come l'insieme dei nuovi reati contemplati dalla Convenzione sono, per principio, reati motivanti l'estradizione150. Pertanto non risultano nuovi obblighi per la Svizzera.

Gli Stati contraenti che subordinano l'estradizione all'esistenza di un trattato possono considerare la Convenzione come base legale per accordare l'estradizione anche in mancanza di un trattato (par. 2)151. Per la Svizzera in quanto Stato contraente richiesto, tale disposizione non è rilevante.

Il fatto che i reati contemplati nel campo d'applicazione della Convenzione devono essere considerati come reati motivanti l'estradizione non significa tuttavia che l'estradizione debba essere sempre accordata quando viene richiesta, ma semplicemente che l'estradizione è teoricamente possibile. Di fatto l'estradizione in sé sottostà alle condizioni previste dal diritto dello Stato contraente richiesto o dai trattati di estradizione applicabili, ivi compresi i motivi per i quali tale Stato può negare l'estradizione (par. 4). La domanda può essere respinta se le condizioni di cui sopra non sono adempiute oppure se sussiste un motivo di diniego. In Svizzera, le condizioni che l'AIMP pone alla ricevibilità di una domanda di estradizione sono segnatamente la doppia punibilità152 e la conformità ai principi procedurali sanciti in particolare dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo o dal Patto internazionale sui diritti civili e politici153.

Il paragrafo 5 è il corollario del principio «aut dedere aut iudicare» che si è imposto a livello
internazionale. Se nega l'estradizione unicamente a causa della cittadinanza della persona oggetto della domanda154 o perché si considera competente nel caso in questione, lo Stato contraente richiesto è tenuto, salvo diversa convenzione con lo

149 150 151 152 153 154

Cfr. n. 2.2.12.

L'art. 35 cpv. 1 lett. a AIMP sancisce che l'estradizione è ammissibile se il reato è passibile di una sanzione restrittiva della libertà per un massimo di almeno un anno.

Questo vale anche nel caso in cui un trattato esistente non contempli la fattispecie della corruzione come reato motivante l'estradizione.

Cfr. art. 35 cpv. 1 lett. a AIMP: il diritto di entrambi gli Stati deve prevedere la necessaria sanzione minima.

Cfr. art. 2 lett. a AIMP (con i relativi rinvii).

Secondo l'art. 25 cpv. 1 Cost. le persone di cittadinanza svizzera possono essere estradate a un'autorità estera soltanto se vi acconsentono. Pertanto l'art. 7 cpv. 1 AIMP sancisce che, salvo che vi acconsenta per scritto, nessuno Svizzero può essere estradato in uno Stato estero.

6238

Stato contraente richiedente, ad avviare esso stesso una procedura penale155. In seguito dovrà informare lo Stato contraente richiedente dell'esito di tale procedura.

2.3.4

Informazioni spontanee (art. 28 Conv.)

L'articolo 28 consente a uno Stato contraente, a determinate condizioni, di comunicare informazioni a un altro Stato contraente senza che quest'ultimo abbia previamente inoltrato una domanda di assistenza giudiziaria.

La disposizione, che ricalca l'articolo 10 della Convenzione sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato156, si fonda sulla convinzione che uno scambio di informazioni quanto più è precoce e rapido tanto più è determinante per il successo nella lotta contro la criminalità. A rendere possibile un tale scambio di informazioni è il fatto che ai giorni nostri la criminalità opera spesso a livello internazionale e di conseguenza le autorità di uno Stato contraente, nell'ambito delle loro proprie indagini, vengono sempre più frequentemente a conoscenza di informazioni che potrebbero interessare anche le autorità di un altro Stato contraente.

La comunicazione di informazioni è facoltativa e non impedisce pertanto allo Stato contraente all'origine della comunicazione di procedere a proprie indagini o di avviare una propria procedura. Sebbene in forma leggermente diversa, l'articolo 67a AIMP prevede già la trasmissione spontanea di informazioni.

2.3.5

Autorità centrale (art. 29 Conv.)

Per assicurare uno svolgimento rapido e corretto delle operazioni, è opportuno che le domande d'assistenza giudiziaria passino attraverso un'autorità centrale. Secondo l'articolo 29 della Convenzione, ciascuno Stato contraente designa un'autorità centrale, o se necessario più autorità centrali, incaricate di inviare le domande d'assistenza giudiziaria, di rispondere a tali domande, di trattarle o di trasmetterle alle autorità competenti per la loro trattazione (par. 1). Per ottemperare a tale obbligo, gli Stati contraenti non devono necessariamente istituire nuove autorità speciali, ma possono usufruire di strutture già esistenti. Per quanto concerne la Svizzera, l'AIMP conferisce all'Ufficio federale di giustizia le attribuzioni di una tale autorità centrale.

Di conseguenza appare logico assegnare a detto Ufficio questa funzione anche per le materie inerenti al campo d'applicazione della Convenzione. Gli Stati contraenti sono tenuti a comunicare al Segretario generale del Consiglio d'Europa la denominazione e l'indirizzo delle autorità centrali che hanno designato (par. 2).

155

Anche senza una tale disposizione e nell'ipotesi che l'estradizione non possa essere accordata, la Svizzera, su domanda dello Stato nel quale è stato commesso un reato, può perseguire l'autore del reato; cosiddetto «perseguimento penale in via sostitutiva» giusta gli art. 85 segg. AIMP.

156 RS 0.311.53; nelle convenzioni multilaterali si trovano sempre più spesso disposizioni analoghe, p. es. l'art. 11 del 2° Protocollo aggiuntivo alla CEDU, che prevede una regolamentazione generale applicabile a tutti i reati.

6239

2.3.6

Corrispondenza diretta (art. 30 Conv.)

L'articolo 30 disciplina la trasmissione delle domande di assistenza giudiziaria e delle relative comunicazioni.

La comunicazione diretta fra le autorità centrali costituisce la norma (par. 1). A titolo derogatorio è tuttavia previsto che in casi urgenti le autorità giudiziarie possano comunicare direttamente fra di loro (par. 2)157. Inoltre le domande la cui esecuzione non esige misure coattive possono essere trasmesse direttamente dall'autorità competente dello Stato contraente richiedente all'autorità competente dello Stato contraente richiesto, anche se non vi è urgenza (par. 5)158. La trasmissione per mezzo di Interpol è parimenti possibile (par. 3). Se una domanda presentata in virtù del paragrafo 2 è stata inviata a un'autorità che si rivela non essere competente per la sua esecuzione, tale autorità deve trasmettere la domanda all'autorità competente e informarne senza indugio lo Stato contraente richiedente (par. 4).

2.3.7

Informazione (art. 31 Conv.)

Secondo l'articolo 31 della Convenzione, lo Stato contraente richiesto ha l'obbligo di informare lo Stato contraente richiedente sul trattamento della domanda di assistenza giudiziaria. In particolare deve comunicargli, in modo circostanziato e senza indugio, i provvedimenti presi, il risultato definitivo di tali provvedimenti così come tutte le circostanze che rendono impossibile o minacciano di ritardare notevolmente l'esecuzione dei provvedimenti chiesti.

2.4

Controllo dell'attuazione della Convenzione (art. 24 Conv.)

L'introduzione di un meccanismo efficace per garantire l'attuazione degli strumenti anticorruzione negli Stati membri ha costituito, fin dall'inizio, un aspetto essenziale dei lavori del Consiglio d'Europa. Come già menzionato159, allo scopo fu istituita un'apposita commissione degli Stati membri, denominata GRECO (Groupe d'Etats contre la Corruption,), che è competente, fra l'altro, di controllare l'attuazione della presente Convenzione.

Per l'entrata in vigore dello statuto del GRECO, che di fatto è un accordo parziale allargato, fu necessaria una decisione in due fasi: la risoluzione (98)7 del Comitato dei ministri, adottata il 4 e 5 maggio 1998, aprì lo statuto all'adesione. Per costituire il GRECO erano necessarie le dichiarazioni d'adesione di almeno 14 Stati membri del Consiglio d'Europa. Adempiuta tale condizione, la risoluzione (99)5 istituì il GRECO con effetto al 1° maggio 1999. Nell'autunno dello stesso anno il GRECO iniziò i suoi lavori. Nel frattempo 35 Stati membri del Consiglio d'Europa e gli Stati Uniti hanno aderito alla commissione. Ratificando la Convenzione penale del Con-

157

In tal caso l'autorità centrale dello Stato contraente richiedente deve informare, mediante copia della domanda o della comunicazione, l'autorità centrale dello Stato contraente richiesto.

158 Cfr. Convenzione, rapporto esplicativo n. 134.

159 Cfr. n. 1.2.

6240

siglio d'Europa sulla corruzione, anche la Svizzera diventerà automaticamente membro del GRECO (cfr. art. 32 par. 4 della Convenzione).

La funzione e l'obiettivo principale del GRECO, la cui sede è a Strasburgo, sono di sostenere e rafforzare la lotta alla corruzione negli Stati membri mediante una procedura dinamica di valutazione reciproca dei Paesi, che ha per oggetto l'attuazione dei 20 principi direttori e degli strumenti giuridici del Consiglio d'Europa (cfr.

art. 1­3 dello statuto). Conformemente agli articoli 6 segg. dello statuto, ogni Stato membro nomina presso il GRECO una delegazione composta di due rappresentanti al massimo. Altri organi del Consiglio d'Europa (CDPC, CDCJ e il Comitato statutario previsto all'art. 18) ne fanno parte in veste di osservatori. Il GRECO si riunisce più o meno quattro volte all'anno in seduta plenaria, a porte chiuse.

Le procedure individuali di valutazione degli Stati membri rappresentano uno fra i compiti principali del GRECO. Essenzialmente tali valutazioni si svolgono sul modello del Gruppo di lavoro per la lotta al riciclaggio di denaro denominato «Gruppo di azione finanziaria internazionale sul riciclaggio dei capitali» (GAFI) (cfr. art. 10­16 dello statuto): questionari standardizzati servono da punto di partenza per verificare come gli Stati membri applicano determinati aspetti dei principi direttori, della Convenzione e delle relative raccomandazioni. Le valutazioni, che di norma comprendono anche sopralluoghi, sono effettuate da esperti di altri Stati membri. I progetti di rapporto redatti dagli esperti sono in seguito emendati insieme ai Paesi oggetto della valutazione prima di essere discussi dal GRECO in seduta plenaria. I rapporti e le eventuali raccomandazioni all'indirizzo dello Stato membro oggetto della valutazione sono confidenziali, ma possono essere pubblicati con il consenso del Paese in questione. A determinate condizioni, il Comitato statutario può fare una dichiarazione pubblica allo scopo di esercitare pressione su uno Stato riluttante a mettere in pratica le raccomandazioni che gli sono state rivolte.

La prima tornata di valutazioni del GRECO, conclusasi alla fine del 2002, aveva per oggetto tre dei 20 principi direttori per la lotta contro la corruzione. La seconda tornata, che ha preso avvio all'inizio del 2003 e dovrebbe
concludersi il 1° luglio del 2005, verte oltre che su altri principi direttori anche su alcune disposizioni della Convenzione penale (art. 13, 14, 18, 19 e 23). I principali temi oggetto della valutazione sono pertanto la confisca e il sequestro, il riciclaggio di denaro, la punibilità delle persone giuridiche in caso di corruzione, il divieto della deducibilità fiscale delle retribuzioni corruttive e i provvedimenti di prevenzione da prendere nell'amministrazione.

Conformemente all'articolo 17 dello statuto, il preventivo del GRECO è finanziato dai contributi annuali degli Stati membri. L'importo di tali contributi e la chiave della loro ripartizione ­ che in linea di principio corrisponde alla chiave generale di ripartizione dei contributi degli Stati membri del Consiglio d'Europa ­ sono definiti dal Comitato statutario (cfr. art. 18 dello statuto). Il preventivo globale del 2002 fu di 1,53 milioni di euro. Su tale base, si può stimare che i contributi annuali della Svizzera si situino fra 50 000 e 100 000 franchi.

6241

2.5

Disposizioni finali (art. 32­42 Conv.)

In virtù dell'articolo 32 Conv., l'adesione è aperta non soltanto agli Stati membri del Consiglio d'Europa, ma anche agli Stati non membri che hanno partecipato all'elaborazione della Convenzione (Bielorussia, Canada, Giappone, Messico, Stati Uniti d'America e Vaticano). Dopo l'entrata in vigore della Convenzione è previsto che altri Stati non membri, che non hanno partecipato alla sua elaborazione, possano essere invitati ad aderire alla Convenzione (cfr. art. 33 Conv.).

La Convenzione è entrata in vigore il 1° luglio 2002, dopo la notifica delle 14 ratificazioni necessarie allo scopo (art. 32 par. 3 Conv.). La ratifica della Convenzione comporta automaticamente l'adesione al «Groupe d'Etats contre la Corruption» (GRECO)160.

Conformemente all'articolo 36, ogni Stato può, al momento dell'adesione alla Convenzione, dichiarare che punirà penalmente nel suo diritto interno la corruzione di pubblici ufficiali ai sensi degli articoli 5, 9 e 11 della Convenzione soltanto se il comportamento del pubblico ufficiale corrotto costituisce una violazione dei suoi doveri d'ufficio. Per i motivi esposti ai numeri 2.2.1.4 e 2.2.1.6, la Svizzera dovrà formulare tale dichiarazione al momento della ratifica della Convenzione.

Un'importante particolarità della presente Convenzione sta nel fatto che il numero di riserve che uno Stato contraente può formulare è limitato (cfr. art. 37 della Convenzione). Da un canto sono ammesse riserve unicamente per i reati di cui agli articoli 4­8, 10 e 12, per la competenza giurisdizionale secondo l'articolo 17 paragrafo 2 e per la possibilità di negare l'assistenza giudiziaria per un reato considerato come reato politico (art. 26 par. 1 in combinazione con par. 2). Dall'altro, il numero complessivo di riserve differenti che uno Stato può formulare è limitato a cinque.

Come già spiegato161, la Svizzera dovrà formulare due riserve, l'una concernente il traffico d'influenza ai sensi dell'articolo 12 della Convenzione, che non sarà punibile penalmente, l'altra concernente alcuni aspetti della competenza giurisdizionale (art. 17 par. 2 della Convenzione). Queste riserve, che figurano nel progetto del decreto federale sull'approvazione della Convenzione, dovranno essere notificate al Segretario generale del Consiglio d'Europa in occasione del deposito dello strumento di ratifica.
L'articolo 38 della Convenzione limita a tre anni la validità delle dichiarazioni e delle riserve formulate da uno Stato al momento della ratifica della Convenzione. Lo Stato che intende mantenere le sue riserve e dichiarazioni deve notificarle di nuovo al Segretario generale del Consiglio d'Europa.

Le altre disposizioni finali della Convenzione sono analoghe a quelle che figurano abitualmente in altre convenzione del Consiglio d'Europa e non danno adito a osservazioni particolari. La Convenzione può essere denunciata in qualsiasi momento mediante notifica al Segretario generale del Consiglio d'Europa; la denuncia ha effetto tre mesi più tardi.

160 161

Cfr. i dettagli in 2.4 Cfr. n. 2.2.5 e 2.2.10.

6242

2.6

Il Protocollo aggiuntivo

2.6.1

Terminologia (art. 1 PA)

Secondo l'articolo 1 paragrafo 1 del Protocollo aggiuntivo (PA) il termine «arbitro» va considerato in riferimento al diritto nazionale dello Stato contraente. Tuttavia, a titolo di standard minimo, il Protocollo aggiuntivo contiene una definizione autonoma di tale termine, secondo la quale per arbitro si deve intendere una persona che, in base a una convenzione arbitrale, è chiamata a pronunciare una decisione (lodo) giuridicamente vincolante su una controversia che le viene sottoposta dalle Parti a detta convenzione. Il paragrafo 2 definisce a sua volta la «convenzione arbitrale» come una convenzione riconosciuta dal diritto nazionale, in base alla quale le Parti convengono di sottoporre per decisione una controversia a un arbitro (o a un tribunale arbitrale).

Sia nell'attuale diritto penale in materia di corruzione, sia in quello precedente162, gli arbitri sono esplicitamente menzionati come oggetto di un atto di corruzione e come autori di un tale atto. La dottrina li considera come giudici privati che vengono ingaggiati dalle Parti al fine di decidere le controversie giuridiche che le oppongono163. Pertanto la definizione di arbitro in senso penale che risulta dal diritto svizzero corrisponde perfettamente a quella data dal Protocollo aggiuntivo.

Per quanto concerne il termine di «giurato», il paragrafo 3, dopo aver parimenti rinviato al diritto nazionale, formula una definizione autonoma secondo la quale per giurato si deve intendere una persona che agisce come membro non professionale di un organo collegiale chiamato a pronunciarsi, nell'ambito di una procedura penale, sulla colpevolezza di un imputato.

Ai sensi delle norme del Codice penale in materia di corruzione, per «autorità giudiziaria» si intendono non soltanto i giurati nel senso stretto del termine, ma anche i giudici non professionali che svolgono la loro funzione presso tribunali di distretto o di circondario, conformemente alla legislazione sull'organizzazione giudiziaria del Cantone considerato. Pertanto il diritto svizzero adempie le esigenze poste dal Protocollo aggiuntivo anche per quanto concerne la nozione di «giurato».

Il paragrafo 4, che si rifà al tenore dell'articolo 1 lettera c della Convenzione (definizione di pubblico ufficiale straniero)164, mira a garantire che, nei casi di corruzione a livello internazionale,
lo Stato che procede penalmente possa applicare la definizione di arbitro o di giurato unicamente nella misura i cui tale definizione è compatibile con il suo diritto nazionale.

162 163

Gli art. 288, 315 e 316 CP, abrogati con effetto al 1° maggio 2000.

Cfr. p. es. Rolf Kaiser, Die Bestechung von Beamten, Diss. Zurigo 1999, pag. 99 seg.

Con rinvii ad altre opere.

164 Cfr. n. 2.1.

6243

2.6.2

Provvedimenti da adottare a livello nazionale (art. 2­6 PA)

Il Protocollo aggiuntivo obbliga gli Stati contraenti a prendere i provvedimenti necessari per poter punire la corruzione attiva e passiva di arbitri nazionali (art. 2 e 3), di arbitri stranieri (art. 4)165, di giurati nazionali (art. 5) e di giurati stranieri (art. 6). Gli articoli 4-6 rinviano alla descrizione del comportamento incriminato che figura agli articoli 2 e 3, descrizione che riprende testualmente gli articoli 2 e 3 della Convenzione. Salvo la categoria dei corrotti (arbitri e giurati), fra il Protocollo aggiuntivo e la Convenzione non vi sono dunque differenze per quanto concerne gli obblighi imposti agli Stati contraenti.

Pertanto, conformemente a quanto esposto nel commento all'articolo 2 della Convenzione166, il diritto penale svizzero adempie allo stesso modo anche le esigenze del Protocollo aggiuntivo, per esempio per quanto concerne la nozione di vantaggio, l'intenzione e il comportamento incriminato. La corruzione attiva e passiva di arbitri e giurati nazionali è punita in virtù degli articoli 322ter/322quinquies rispettivamente 322quater/322sexies del Codice penale167. La corruzione attiva di arbitri e giurati stranieri è sanzionata dal vigente articolo 322septies del Codice penale168, mentre la corruzione passiva di arbitri e giurati stranieri sarà punita in virtù del nuovo capoverso 2 dell'articolo 322septies proposto nel presente disegno169.

Allo stesso modo in cui adempie le norme penali in materia di corruzione di cui agli articoli 2­11 della Convenzione, il vigente diritto penale svizzero e le nuove norme penali proposte nel presente avamprogetto adempiono anche gli articoli 2­6 del Protocollo aggiuntivo, ad eccezione di un punto peraltro marginale. L'eccezione concerne infatti il caso in cui un arbitro o un giurato straniero riceva un indebito vantaggio in cambio di un atto amministrativo legale e obbligatorio170. Tuttavia, trattandosi della corruzione dei giudici in senso lato, tale caso non dovrebbe avere una grande incidenza sotto il profilo pratico visto che gli arbitri e i giurati sono continuamente chiamati a compiere atti ufficiali la cui caratteristica è di essere soggetti a un ampio margine d'apprezzamento. L'articolo 9 paragrafo 1 del Protocollo aggiuntivo prevede che uno Stato contraente che ha formulato, giusta l'articolo 36 della Convenzione, una
dichiarazione secondo la quale intende punire la corruzione di pubblici ufficiali ai sensi degli articoli 5, 9 o 11 della Convenzione soltanto se il comportamento del pubblico ufficiale costituisce una violazione dei suoi doveri, possa formulare una dichiarazione analoga anche in relazione con la corruzione di arbitri o giurati stranieri (art. 4 e 6 del Protocollo aggiuntivo). Nonostante l'esigua rilevanza pratica di tale caso di specie, sembra opportuno che la Svizzera aggiunga alla dichiarazione che intende formulare giusta l'articolo 36 della Convenzione171 una dichiarazione concernente gli articoli 4 e 6 del Protocollo aggiuntivo.

165

166 167 168 169 170 171

Determinante per stabilire se l'arbitro è straniero non è né la sua nazionalità né tanto meno quella delle Parti alla controversia, ma piuttosto il fatto che esercita la sua funzione in base al diritto nazionale di uno Stato diverso da quello che conduce il perseguimento penale; cfr. Protocollo aggiuntivo, rapporto esplicativo n. 33.

Cfr. n. 2.2.1.1.

Cfr. n. 2.2.1.1 e 2.2.1.2.

Cfr. n. 2.2.1.4.

Cfr. n. 2.2.2.

Per più ampi ragguagli, cfr. n. 2.2.1.1 e 2.2.1.4.

Cfr. n. 2.5.

6244

2.6.3

Altre disposizioni del Protocollo aggiuntivo

Secondo l'articolo 7 PA, il GRECO172 ha anche il compito di controllare l'attuazione del Protocollo aggiuntivo.

L'articolo 8 definisce le relazioni fra il Protocollo aggiuntivo e la Convenzione.

Stabilisce che gli articoli 2­6 del Protocollo aggiuntivo vanno considerati come disposizioni aggiuntive alla Convenzione. Dal canto loro, le disposizioni della Convenzione sono applicabili alle materie disciplinate dal Protocollo aggiuntivo soltanto nella misura in cui sono compatibili con le disposizioni di quest'ultimo. In pratica questo significa che, per esempio, le disposizioni della Convenzione riguardanti la competenza, la responsabilità delle persone giuridiche o ancora la cooperazione internazionale sono ugualmente applicabili ai casi di corruzione di arbitri o di giurati. Secondo l'articolo 9, le dichiarazioni e le riserve formulate in merito alla Convenzione hanno effetto anche sull'applicazione del Protocollo aggiuntivo: come già ampiamente spiegato al numero 2.6.2, la dichiarazione formulata giusta l'articolo 36 della Convenzione può essere estesa anche agli articoli 4 e 6 del Protocollo aggiuntivo. Salvo un'eccezione173 ­ peraltro non rilevante per la Svizzera ­ le riserve formulate in merito alla Convenzione valgono anche per il Protocollo aggiuntivo a condizione che al momento della ratifica di quest'ultimo lo Stato contraente non formuli una dichiarazione contraria. Trattandosi della Svizzera, questa disposizione concerne l'esclusione del traffico d'influenza ai sensi dell'articolo 12 della Convenzione così come punti minori riguardanti la competenza giurisdizionale secondo l'articolo 17 paragrafo 2 della Convenzione174. Altre, vale a dire nuove riserve al Protocollo aggiuntivo non sono ammesse.

Le altre disposizioni finali del Protocollo aggiuntivo sono analoghe a quelle della Convenzione e a quelle che figurano abitualmente in altre convenzioni del Consiglio d'Europa. Non danno adito a osservazioni particolari. Per entrare in vigore, il Protocollo aggiuntivo deve essere ratificato da almeno 5 Stati (art. 10 par. 3); inoltre può essere denunciato in qualsiasi momento (art. 13).

3

Ripercussioni

3.1

Ripercussioni per la Confederazione

L'adesione alla Convenzione e al Protocollo aggiuntivo così come l'attuazione di questi strumenti sul piano nazionale comportano soltanto modeste conseguenze finanziarie dirette. Come già esposto, aderendo alla Convenzione, la Svizzera diventa automaticamente membro del GRECO175. Secondo la chiave di ripartizione applicabile, il contributo annuale del nostro Paese al preventivo di detta commissione dovrebbe essere di circa 40 000 franchi176. La partecipazione alle conferenze, 172 173

In merito al GRECO cfr. n. 2.4.

Le riserve relative all'art. 5 della Convenzione concernenti la punizione della corruzione passiva di pubblici ufficiali stranieri devono essere esplicitamente estese alla corruzione passiva di arbitri e giurati stranieri (art. 4 e 6 del Protocollo aggiuntivo).

174 Cfr. n. 2.2.5 e 2.2.10.

175 Cfr. n. 2.4.

176 Sulla scorta del budget 2004 del GRECO e del tasso di contribuzione applicabile alla Svizzera pari all'1,4421%, l'importo dovuto dalla Svizzera sarebbe ammontato per il 2004 a 23'506 euro.

6245

l'organizzazione delle procedure di valutazione in Svizzera così come la messa a disposizione di periti per missioni di valutazione in altri Paesi costituiscono nuovi compiti che esigono la creazione di un posto a metà tempo presso il Dipartimento federale di giustizia e polizia (Ufficio federale di giustizia).

Oltre a queste, il disegno non presenta ripercussioni finanziarie e sull'effettivo del personale dirette e ha conseguenze indirette molto limitate. Il rafforzamento della lotta contro la corruzione potrebbe comportare un aumento della mole di lavoro degli organi preposti al perseguimento penale, che interesserebbe in prima linea i Cantoni177; l'introduzione della punibilità della corruzione passiva di pubblici ufficiali stranieri non dovrebbe praticamente causare un aumento massiccio dei casi a livello della Confederazione, poiché in virtù dell'articolo 340bis CP le autorità federali sono competenti già oggi del perseguimento della corruzione estera attiva. Le risorse attuali dovrebbero pertanto essere sufficienti, almeno a media scadenza, per affrontare questo eventuale maggior onere.

3.2

Ripercussioni economiche

La ratifica dei due strumenti internazionali e il conseguente adeguamento del diritto svizzero non hanno conseguenze economiche dirette. È tuttavia prevedibile che soprattutto il rafforzamento della prevenzione e della repressione della corruzione nel settore privato contribuisca, con il tempo, a diminuire i danni economici connessi con la corruzione.

3.3

Ripercussioni per i Cantoni

L'adesione alla Convenzione e al Protocollo aggiuntivo così come la revisione delle norme penali in materia di corruzione non comportano conseguenze di rilievo nemmeno per i Cantoni. Un aumento del numero delle procedure per corruzione nel settore privato, procedure che sono di competenza dei Cantoni, potrebbe comportare un maggior onere per le autorità cantonali di perseguimento penale. È tuttavia pensabile che anche i Cantoni dovrebbero riuscire a far fronte a tale eventuale aumento del lavoro con le attuali risorse.

4

Rapporto con il programma di legislatura

L'adesione della Svizzera alla Convenzione penale del Consiglio d'Europa sulla corruzione è annunciata nel nostro rapporto del 25 febbraio 2004 sul programma di legislatura 2003-2007178.

177 178

Cfr. 3.3.

FF 2004 969, in particolare pag. 1022.

6246

5

Aspetti giuridici

5.1

Costituzionalità

La costituzionalità del decreto federale relativo all'approvazione della Convenzione e del Protocollo aggiuntivo si fonda sull'articolo 54 capoverso 1 della Costituzione federale (Cost.), che autorizza la Confederazione a concludere trattati internazionali.

Secondo l'articolo 166 capoverso 2 Cost. l'Assemblea federale è competente per l'approvazione dei trattati internazionali.

Secondo l'articolo 141 capoverso 1 lettera d Cost. i trattati internazionali sono sottoposti al referendum facoltativo se sono di durata indeterminata e indenunciabili (n. 1), se prevedono l'adesione a un'organizzazione internazionale (n. 2) o se implicano un'unificazione multilaterale del diritto (n. 3).

Sia la Convenzione sia il Protocollo aggiuntivo sono denunciabili in ogni momento e non prevedono l'adesione a un'organizzazione internazionale. Gli Stati contraenti si impegnano tuttavia a rendere il loro diritto interno compatibile con le esigenze minime poste dai due strumenti e pertanto a prendere i provvedimenti legislativi e di altra natura necessari a tal fine.

L'adesione alla Convenzione e al Protocollo aggiuntivo comporta adeguamenti del Codice penale e della legge federale contro la concorrenza sleale. Il decreto di approvazione deve pertanto essere sottoposto al referendum facoltativo conformemente all'articolo 141 capoverso 1 lettera d numero 3 Cost.

5.2

Rapporti con il diritto europeo

Finora 30 Stati membri del Consiglio d'Europa hanno aderito a questa Convenzione.

L'armonizzazione ­ avviata dalla Convenzione ­ delle norme penali relative alla diverse forme della corruzione di pubblici ufficiali e della corruzione nel settore privato procede a grandi passi. Per esempio, sulla base della formulazione o non formulazione di relative riserve alla Convenzione, si può affermare che almeno 24 Stati contraenti prevedono di punire nel loro diritto interno la corruzione passiva di pubblici ufficiali di uno Stato estero o di un'organizzazione internazionale e la corruzione passiva nel settore privato.

In tale contesto va ricordato che, negli ultimi anni, anche l'Unione europea ha contribuito alla lotta contro la corruzione suo piano internazionale. In effetti, il 27 settembre 1996, il Consiglio dell'Unione europea ha approvato l'Atto che stabilisce un protocollo della convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee179, il quale definisce i reati della corruzione attiva e passiva commessi a detrimento di tali interessi da funzionari dell'UE e dei suoi Stati membri e prevede sanzioni armonizzate. Un secondo protocollo della medesima convenzione è stato approvato il 19 giugno 1997180. Esso introduce la responsabilità penale delle imprese per quanto concerne segnatamente i reati della corruzione attiva; l'approccio è il medesimo che nell'articolo 18 della Convenzione penale del Consiglio d'Europa sulla corruzione.

179 180

GU n. C 313 del 23.10.1996, pag. 2 segg.

GU n. C 221 del 19.7.1997, pag. 12 segg.

6247

Inoltre, il 26 maggio 1997, il Consiglio dell'Unione europea ha approvato l'Atto che stabilisce la convenzione relativa alla lotta contro la corruzione nella quale sono coinvolti funzionari delle Comunità europee o degli Stati membri dell'Unione europea181. Questa convenzione invita gli Stati membri a perseguire penalmente i funzionari nazionali, i funzionari di altri Stati membri così come i funzionari comunitari delle varie istituzioni delle Comunità europee coinvolti in atti di corruzione attiva o passiva. Contiene inoltre regole sulla cooperazione e sull'assistenza giudiziaria.

Infine il Consiglio dell'Unione europea ha approvato il 22 luglio 2003 una decisione quadro relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato182, che obbliga gli Stati membri a punire la corruzione attiva e passiva nel settore privato così come definita nella Convenzione penale del Consiglio d'Europa sulla corruzione.

181 182

GU n. C 195 del 25.6.1997, pag. 2 segg.

GU n. L 192 del 31.7.2003, pag. 54 segg.

6248