Esame dei contatti del Servizio informazioni svizzero con il Sudafrica ai tempi dell'apartheid Rapporto della Delegazione delle Commissioni della gestione delle Camere federali (DCG) del 18 agosto 2003

2003-1959

1981

L'essenziale in breve A intervalli regolari le relazioni tra il Servizio informazioni svizzero e il regime sudafricano dell'apartheid sono oggetto di polemiche sia nei media che nell'opinione pubblica. In particolare, si rimprovera a talune persone e servizi del Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport (DDPS) di aver collaborato con l'esercito sudafricano e di aver contribuito allo sviluppo del suo programma biologico e chimico (il cosiddetto progetto «Coast»).

Uno degli obiettivi di tale programma segreto era la fabbricazione di sostanze selettive dal punto di vista etnico destinate a essere impiegate contro la popolazione nera. Al Servizio informazioni del DDPS si rimprovera inoltre di aver cooperato con il Sudafrica all'insaputa delle autorità politiche competenti.

In proposito in Parlamento sono stati presentati numerosi interventi parlamentari.

La Delegazione delle Commissioni della gestione delle Camere federali (DCG) ha svolto varie inchieste, i cui risultati sono stati pubblicati nel 1993 e nel 1999. Nei suoi due rapporti, la DCG ha descritto i contatti del Servizio informazioni del DDPS con il Sudafrica al tempo dell'apartheid. Nel rapporto del 1999 la DCG ha ritenuto prive di fondamento le accuse di coinvolgimento dei servizi del DDPS nel progetto «Coast».

Nel corso del 2001 in Sudafrica sono affiorati nuovi elementi a carico del DDPS e più precisamente dell'ultimo capo del Gruppo servizio informazioni, il divisionario Peter Regli. Il medico sudafricano Wouter Basson, ex capo del progetto «Coast», ha dichiarato in occasione del processo a suo carico di aver beneficiato, nell'ambito di tale progetto, dell'appoggio del Servizio informazioni svizzero e del divisionario Regli. Altre fonti hanno riferito dell'esistenza di un accordo segreto tra la Svizzera e il Sudafrica in materia biologica e chimica.

Poiché tali nuovi elementi lasciavano supporre che i suoi precedenti rapporti fossero incompleti, nel novembre 2001 la DCG ha deciso di riprendere il dossier.

La DCG ha indagato, per due anni sentendo circa una cinquantina di persone e analizzando tutti i documenti cui ha potuto accedere. Essa ha chiesto rapporti scritti all'Amministrazione federale, ad alcuni governi cantonali e a privati. Quando non disponeva di documenti per ricostruire
determinate circostanze, la DCG si è dovuta fondare sui ricordi delle persone coinvolte.

La DCG ha indagato in modo sistematico e imparziale. Essa ha esaminato in dettaglio ogni pista; nel rapporto sono tuttavia menzionati unicamente gli elementi suffragati da prove. La DCG si è attenuta ai fatti, distanziandosi dalle polemiche e dalle voci incontrollate; ha dovuto dipanare un intrico di informazioni fra le quali si confondevano sovente menzogna e verità. Il compito si è rivelato arduo. Se per parte dei casi le prove erano evidenti e incontestabili, per il resto sussistevano soltanto supposizioni e contraddizioni che verosimilmente non potranno mai essere accertate poiché i documenti che potrebbero fare chiarezza non esistono o sono stati distrutti.

1982

La DCG ha attinto a tutte le fonti d'informazione disponibili in Svizzera. Essa non è invece stata autorizzata a effettuare ricerche in Sudafrica. La domanda ufficiale inoltrata al governo sudafricano è stata infatti dichiarata irricevibile dal presidente Thabo Mbeki. Questi riteneva che le indagini della DCG relative al passato non erano nell'interesse del suo Paese e avrebbero costituito un ostacolo per il proposito del Governo sudafricano di concentrarsi sul futuro.

Il presente rapporto presenta un'immagine ­ precisa per quanto possibile ­ del ruolo svolto dal Servizio informazioni svizzero nelle sue relazioni con il Sudafrica dalla fine degli anni Settanta esso fornisce una risposta definitiva alle numerose accuse rivolte a talune persone e a taluni servizi.

I primi contatti regolari tra il Servizio informazioni svizzero e il Sudafrica risalgono al 1977. Tra il 1977 e il 2001 vi sono stati oltre 100 incontri, svoltisi alternativamente in Svizzera e in Sudafrica. Più della metà degli incontri ha avuto luogo tra il 1977 e il 1991, in un periodo in cui in Sudafrica vigeva il regime di discriminazione razziale dell'apartheid. Il Servizio informazioni ha inoltre intrattenuto relazioni con rappresentanti dell'UNITA in un periodo in cui tale movimento ribelle angolano ­ sostenuto dal Sudafrica ­ era in aperto conflitto con il Governo ufficiale dell'Angola.

Oggi è impossibile sapere con sicurezza se i contatti del Servizio informazioni con il Governo di Pretoria si erano svolti con l'avallo del capo del dipartimento competente o del Consiglio federale. La DCG ha accertato che in due casi, nel 1986 e nel 1987, il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) era intervenuto ufficialmente presso il capo del DDPS per invitarlo a dare prova di maggiore moderazione nei confronti del Sudafrica. Né il DDPS né il DFAE hanno avvertito il bisogno di sottoporre la questione al Consiglio federale. In tali circostanze il Servizio informazioni del DDPS ha potuto sviluppare con il Sudafrica una sorta di diplomazia parallela, che di fatto sfuggiva a ogni controllo politico.

Il Servizio informazioni ha avuto un atteggiamento poco critico e talvolta addirittura benevolo nei confronti del Governo di Pretoria. Il vivo interesse dei militari svizzeri per il Sudafrica ha sicuramente contribuito ad aumentare
l'autorevolezza e la rispettabilità del Governo sudafricano allora in carica. L'atteggiamento del Servizio informazioni era tuttavia in completa opposizione con la politica ufficiale del Consiglio federale, che dalla fine degli anni Sessanta aveva a più riprese condannato il sistema di segregazione razziale vigente in Sudafrica. È altresì vero che quest'ultimo rappresentava sul piano militare un'importante fonte d'informazioni.

L'impegno militare in Angola, Namibia e in Mozambico contro forze equipaggiate dall'Unione Sovietica metteranno a disposizione del Sudafrica informazioni sulle armi e sui metodi dei Paesi del blocco dell'Est. Nel contesto della guerra fredda, il Servizio informazioni riteneva che il possesso di tali informazioni fosse indispensabile per la preparazione dell'esercito svizzero, anche se ne derivava necessariamente uno scostamento dalla linea politica ufficiale. Per il Servizio informazioni la lotta contro i regimi comunisti aveva la priorità assoluta; ogni altro aspetto, in particolare in materia di politica estera o di diritti dell'uomo, doveva esserle subordinato.

1983

La DCG ritiene che i contatti tra il Servizio informazioni svizzeri e il Sudafrica siano spiegabili considerate le circostanze dell'epoca. Potevano apparire comprensibili nel contesto della guerra fredda, ma tale collaborazione era sicuramente molto criticabile dal punto di vista della politica di neutralità e della politica estera svizzere. A tal proposito è interessante notare che all'inizio degli anni Ottanta la Svizzera era il solo Stato europeo ad aver accreditato un addetto alla difesa sudafricano. Dopo le varie risoluzioni dell'ONU tutti gli altri Paesi europei avevano rifiutato di accreditare gli addetti alla difesa sudafricani o avevano ritirato loro l'accreditamento.

Secondo la DCG il Consiglio federale avrebbe dovuto valutare la legittimità dal profilo militare dei contatti con il Sudafrica e la loro opportunità politica. Tali questioni sono state invece prevalentemente lasciate all'apprezzamento del Servizio informazioni, il quale ha fatto prevalere la logica militare su quella delle autorità politiche.

La DCG si è inoltre interrogata sulla necessità del Servizio informazioni di collaborare con altri servizi all'estero. Di regola tali contatti possono rivelarsi utili, in particolare se consentono al nostro Paese di disporre di informazioni che altrimenti non sarebbe in grado di procurarsi. Occorre tuttavia che tali informazioni siano utili alla politica di sicurezza della Svizzera e che i contatti siano rispettosi della politica estera della Confederazione. Nel caso concreto dei contatti con il Sudafrica, a prescindere dalla loro opportunità politica, è attualmente difficile valutarne l'utilità. In linea di massima la DCG ha potuto accertare che le informazioni raccolte grazie a tali contatti presentavano scarso interesse se raffrontate ai notevoli mezzi impiegati e ai rischi politici corsi. Oltre alla lodevole intenzione di raccogliere informazioni concernenti il blocco dei Paesi dell'Est, dietro ai contatti con il Sudafrica vi erano in parte anche motivazioni personali.

La DCG non ha trovato nessun indizio che confermi l'esistenza di un accordo segreto ­ orale o scritto ­ tra il Servizio informazioni svizzero e il Sudafrica in ambito biologico e chimico. L'unico accordo segreto tra la Svizzera e il Sudafrica è una convenzione di protezione delle informazioni, analoga a quelle
esistenti con molti altri Paesi. Tale accordo, concluso nel 1983, ha consentito alla Svizzera di scambiare con il Sudafrica informazioni concernenti gli aerei di tipo Mirage; si trattava di un accordo di natura tecnica che non fu approvato né dal dipartimento né dal Consiglio federale. Dal punto di vista giuridico, detto accordo era compatibile con gli embarghi decisi dal Consiglio federale nel 1963 e dall'ONU nel 1977. La DCG ritiene invece che le informazioni fornite dalla Svizzera al Sudafrica rappresentassero un problema sotto il profilo della politica di neutralità e della politica estera.

La DCG non ha scoperto nessun elemento di prova che corrobori l'ipotesi di una qualsivoglia implicazione del divisionario Regli o dei servizi della Confederazione nell'istituzione del programma biologico e chimico sudafricano (progetto «Coast»).

Nessun impiegato e nessun servizio della Confederazione è stato implicato in altri atti che hanno causato o contribuito a causare violazioni dei diritti dell'uomo in Sudafrica. Se è indiscutibile che il divisionario Regli ha ricevuto almeno una volta la visita di Wouter Basson, la DCG non ha trovato prove di ulteriori contatti. Del

1984

resto, a prescindere dal numero degli incontri, la DCG è intimamente convinta che il divisionario Regli non è mai stato a conoscenza delle attività segrete di Basson prima che fossero denunciate in Sudafrica dalla Commissione per la verità e la riconciliazione. Le accuse proferite da Wouter Basson durante il suo processo, in generale all'indirizzo del Servizio informazioni svizzero e in particolare all'indirizzo del divisionario Regli, sono inconsistenti.

Il divisionario Regli ha accordato troppa fiducia al suo vecchio compagno di servizio militare Jürg Jacomet (deceduto nel 1998). A quanto pare questo uomo d'affari e commerciante d'armi disponeva di contatti nell'Africa meridionale, nei Balcani e in taluni Paesi dell'Est che ha reso accessibili a Peter Regli. Nonostante fosse reiteratamente stato messo in guardia da varie persone sul carattere dubbio degli affari di Jürg Jacomet, il divisionario Regli intrattenne contatti regolari con quest'ultimo sino al 1993. È stato appurato che Jürg Jacomet si è incontrato numerose volte con Wouter Basson e che da lui venne la proposta d'incontro tra Regli e Basson.

Secondo la DCG le relazioni del divisionario Regli con Jürg Jacomet erano incompatibili con la funzione di capo del Servizio informazioni. Tutto lascia supporre che l'opportunismo di Jürg Jacomet da un lato e l'interesse di Peter Regli di disporre di fonti d'informazione proprie dall'altro siano stati complementari per anni. La DCG ritiene che il divisionario Regli abbia riposto fiducia in Jürg Jacomet in modo assolutamente ingiustificato. Tale atteggiamento compiacente ha contribuito ad alimentare le voci di una possibile implicazione del Servizio informazioni svizzero in affari che gli erano totalmente estranei.

La DCG rimprovera imprudenza e leggerezza a Peter Regli che ­ nonostante la sua posizione di capo del Servizio informazioni ­ manteneva contatti, anche se soltanto sporadici, con una persona le cui attività apparivano dubbie. Non vi sono tuttavia indizi che inducono a dubitare della rettitudine del divisionario Regli.

La DCG ha inoltre accertato che Peter Regli ha evitato numerose domande o ha omesso di menzionare fatti in occasione delle sue precedenti inchieste, segnatamente per quanto concerne l'acquisto da parte del Gruppo servizio informazioni di due missili terra-aria SA-18 di
fabbricazione sovietica. Nel 1993 il divisionario Regli ha infatti omesso d'informare la DCG di detta discutibile acquisizione, nonostante ne avesse ricevuto l'ordine formale dal capo del dipartimento e dal capo dello Stato maggiore generale. In tale affare il divisionario Regli ha svolto un ruolo importante, che ha in seguito cercato di sminuire. Ha inoltre nascosto alla DCG le relazioni del Servizio informazioni con l'UNITA angolana.

Le relazioni tra il Servizio informazioni e il regime dell'apartheid sudafricano hanno occupato gli organi di vigilanza parlamentare negli ultimi dieci anni; esse hanno gravato sul funzionamento del Servizio informazioni e hanno nuociuto alla reputazione del nostro Paese. I pur manifesti errori commessi negli anni Ottanta e Novanta non giustificano in nessun modo le accuse ­ in parte diffamatorie ­ che sono state rivolte contro alcune persone e segnatamente contro il divisionario Regli.

La DCG ritiene di aver vagliato e valutato la totalità delle informazioni disponibili in Svizzera. I suoi accertamenti e raccomandazioni sono presentati in modo detta-

1985

gliato nel presente rapporto. Essa crede che si debba ora chiudere definitivamente il capitolo delle relazioni tra il Servizio informazioni svizzero e il regime dell'apartheid del Sudafrica.

Per la DCG, da questo affare sono già stati tratti i necessari insegnamenti. Da allora il controllo politico e parlamentare sul Servizio informazioni è stato considerevolmente sviluppato. Le attività del Servizio informazioni sono oggi allineate ai principi di politica estera del Consiglio federale, che è tenuto ad autorizzare ogni contatto regolare con i Servizi d'informazione esteri.

1986

Rapporto 1

Situazione iniziale

Le relazioni tra la Svizzera e il Sudafrica dei tempi dell'apartheid sono un argomento che, in un modo o nell'altro, ritorna frequentemente alla ribalta politica e mediatica.

Tali relazioni sono state oggetto di vari interventi parlamentari e hanno dato adito a numerosi rapporti nell'Amministrazione.

La Delegazione delle Commissioni della gestione delle Camere federali (DCG) si è ripetutamente chinata sulla questione, in particolare nel 1993, nel 1997 e nel 1999.

Nei suoi rapporti essa ha descritto i contatti che taluni servizi del Dipartimento militare federale (oggi Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport [DDPS]) avevano avuto con il Sudafrica in un periodo in cui il regime di quel Paese era al bando della comunità internazionale.

Nel corso del 2001 sono emersi in Sudafrica nuovi elementi a carico del DDPS, più in particolare del Gruppo servizio informazioni e del suo ex capo, il divisionario Peter Regli. Alcuni particolari lasciano supporre che i precedenti rapporti della DCG erano incompleti e che talune persone da essa interrogate negli anni Novanta non avevano detto tutto ciò che sapevano sulla questione. Per questo la DCG ha deciso nella sua seduta del 12 novembre 2001 di riesaminare tutta la questione.

Con il presente rapporto la DCG intende completare la sue precedenti investigazioni e verificare certe asserzioni formulate da persone sentite nel 1997 e nel 1999. Da un lato, essa intende stabilire i fatti nel modo più preciso e definitivo possibile e, dall'altro, procedere a una valutazione politica sul ruolo del Servizio informazioni svizzero nelle relazioni tra la Svizzera e il Sudafrica all'epoca dell'apartheid.

Il presente rapporto è espressione della volontà della DCG di garantire, con la trasparenza, il controllo delle attività dell'Amministrazione, e più particolarmente del Servizio informazioni.

2

Accertamenti precedenti sulle relazioni Svizzera-Sudafrica

2.1

Interventi parlamentari e accertamenti interni all'Amministrazione

Nel contesto delle discussioni concernenti la rilettura della storia della Svizzera durante la Seconda guerra mondiale, nel marzo del 1997 era stata presentata una prima interrogazione parlamentare1 sulle relazioni fra la Svizzera e il Sudafrica ai tempi del regime dell'apartheid. Nella sua risposta del 29 settembre 19972, il Consi1 2

97.1031 Interrogazione ordinaria. Chiarimento delle relazioni tra la Svizzera e il Sudafrica all'epoca dell'apartheid, del 20 marzo 1997 (Boll. Uff. 1997 N 2331).

Risposta del Consiglio federale del 29 settembre 1997 all'interrogazione ordinaria 97.1031. Chiarimento delle relazioni tra la Svizzera e il Sudafrica all'epoca dell'apartheid, del 20 marzo 1997 (Boll. Uff. 1997 N 2332).

1987

glio federale ritenne che non sussistesse la necessità di un'indagine storica ordinata dalla Confederazione su queste relazioni. I fatti erano sufficientemente noti e il Consiglio federale aveva esaurientemente esposto la sua politica di allora nei confronti del Sudafrica nelle sue risposte a numerosi interventi parlamentari, nel suo messaggio concernente l'adesione della Svizzera all'ONU del 21 dicembre 1981 e nella sua dichiarazione del 22 settembre 1986. Il Consiglio federale riteneva tuttavia che si sarebbero dovuti analizzare tali fatti in un'ottica odierna.

I contatti tra il Servizio informazioni svizzero e il Sudafrica sono ridivenuti d'attualità il 29 ottobre 1998, in occasione della pubblicazione del rapporto finale della Commissione sudafricana per la verità e la riconciliazione (Truth & Reconciliation Commission [TCR]) e il 4 ottobre 1999, in occasione dell'inizio del processo dinanzi alla High Court di Pretoria del generale di brigata Wouter Basson, ex capo del progetto segreto «Coast»3 dell'esercito sudafricano. In questo contesto, all'inizio del 1999, era stata fra l'altro ripresa dai media anche la questione delle relazioni fra il Servizio informazioni4 ­ e in particolare del suo capo, il divisionario Peter Regli ­ e le autorità del regime sudafricano.

Il 3 marzo 1999 il Consiglio nazionale respinse un'iniziativa parlamentare5 che chiedeva di riesaminare le relazioni Svizzera-Sudafrica negli anni fra il 1948 e il 1994. Il Consiglio nazionale accolse però nel contempo un postulato6 in cui si chiedeva se il Fondo nazionale svizzero svolgesse un'indagine sulle relazioni politiche ed economiche fra la Svizzera e il Sudafrica negli anni 1948-1994.

In risposta a varie interpellanze del marzo 19997, il 19 maggio 1999 il Consiglio federale rese noto che il capo del DDPS aveva ordinato un riesame interno delle relazioni del Servizio informazioni svizzero con il Sudafrica e con altri Paesi. Esso annunciò che la DCG sarebbe stata ampiamente informata sui risultati degli accertamenti interni. Tale rapporto è stato redatto dal Gruppo servizio informazioni ed è stato consegnato al capo del DDPS il 6 giugno 1999; è stato classificato segreto (cfr.

n. 6.2).

Dal 1963 il Consiglio federale si è espresso in merito a 150 interventi parlamentari concernenti il tema Svizzera-Sudafrica. In seguito al riaffiorare nell'opinione pubblica e in Parlamento di questioni su questo tema, esso dichiarava il 23 giugno 1999

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4

5 6 7

Nel corso delle sue indagini la Commissione sudafricana per la verità e la riconciliazione ha constatato che nel 1982 l'esercito sudafricano aveva avviato un progetto volto ad attrezzare il Sudafrica per una guerra biologica e chimica difensiva e ­ in modo limitato ­ offensiva. Tale progetto, il cui nome in codice era «Coast», era formalmente posto sotto la direzione del generale Niel Knobel, medico in capo dell'esercito sudafricano. Il responsabile del progetto era tuttavia Wouter Basson, che in qualità di direttore esecutivo disponeva di grande autonomia in materia di organizzazione e di scelta delle modalità del progetto (cfr. n. 9).

Il termine «Servizio informazioni» comprende tutte le forme messe in atto dalla Confederazione per acquisire e valutare sistematicamente informazioni sui Paesi esteri, al fine di garantire la sicurezza esterna della Svizzera. Si rinvia al n. 4.3 per quanto concerne l'organizzazione del Servizio informazioni.

98.412 Iniziativa parlamentare. Relazioni tra la Svizzera e il Sudafrica negli anni 1948­1994, del 20 marzo 1998 (Boll. Uff. 1999 N 94).

99.3002 Postulato. Esame delle relazioni politiche ed economiche della Svizzera con il Sudafrica negli anni 1948­1994, del 25 gennaio 1999 (Boll. Uff. 1999 N 100).

Parere del Consiglio federale del 19 maggio 1999 in merito all'interpellanza 99.3097.

Informazioni militari con il Sudafrica, del 17 marzo 1999 (Boll. Uff. 1999 S 453).

1988

­ in risposta8 a un'ulteriore interrogazione ordinaria9 ­ di aver nominato l'8 marzo 1999 un gruppo di lavoro interdipartimentale incaricato di accertare nei singoli dipartimenti e uffici quali informazioni esistevano ancora su tali relazioni durante gli anni critici e quale era il quadro giuridico-politico dell'epoca in cui erano stati presi i vari provvedimenti. Tali accertamenti avrebbero dovuto consentire di evidenziare se e in quali settori erano auspicabili ulteriori approfondimenti o la formulazione di domande specifiche, e quali conclusioni sarebbe stato possibile trarre. Il 1° ottobre 1999 il Consiglio federale autorizzava la pubblicazione del rapporto di questo gruppo di lavoro, che si occupa delle relazioni generali fra la Svizzera e il Sudafrica ed esclude volutamente le relazioni specifiche del Gruppo servizio informazioni svizzero con servizi e persone sudafricane (cfr. n. 5.2).

Nel maggio 2000 il Consiglio federale incaricava il Fondo nazionale svizzero per le ricerche scientifiche di dedicare un modulo supplementare alle relazioni SvizzeraSudafrica (PNR 42+), che programmato su tre anni, analizzerà scientificamente il profilo della politica estera svizzera e del suo commercio estero con il Sudafrica negli ultimi anni. Poiché tali lavori non sono ancora terminati, la DCG non ha potuto tenerne conto nell'ambito della sua indagine.

2.2

Precedenti accertamenti della DCG

Nell'ambito delle sue competenze la DCG di è già chinata su taluni aspetti delle relazioni tra Svizzera e Sudafrica ai tempi dell'apartheid. Essa ha segnatamente svolto tre accertamenti nell'ambito della cooperazione militare.

2.2.1

Scambio di piloti con il Sudafrica (1993)

Nel suo rapporto del 28 settembre 199310, la DCG giunse alla conclusione che lo scambio di piloti fra il 1983 e il 1988 rispondeva a necessità militari e che la Svizzera non aveva quindi violato né il diritto in materia di neutralità né altri obblighi di diritto internazionale. Nel contempo fu fatto notare che lo scambio di piloti non aveva tuttavia rispettato la preminenza degli obiettivi politici rispetto a quelli militari, poiché le relative informazioni erano state tenute nascoste al capo del dipartimento competente pur conoscendo l'importanza politica dell'operazione. La DCG ritenne che le misure prese nel frattempo dal Dipartimento militare federale (DMF; oggi Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport, DDPS) tra il momento dei fatti e la pubblicazione del suo rapporto ­ ossia la creazione di un posto di relatore del capo dipartimento per il Servizio informazioni, di un ispettorato e di un organo direttivo a livello dipartimentale ­ rappresentassero un

8

9 10

Risposta del Consiglio federale del 23 giugno 1999 all'interrogazione ordinaria 99.1054.

Inchiesta sulle relazioni tra la Svizzera e il Sudafrica. Questioni inerenti la politica dello Stato, del 21 aprile 1999 (Boll. Uff. 1999 N 1651).

99.1054 Interrogazione ordinaria. Inchiesta sulle relazioni tra la Svizzera e il Sudafrica.

Questioni inerenti la politica dello Stato, del 21 aprile 1999 (Boll. Uff. 1999 N 1651).

Scambio di piloti con il Sudafrica. Rapporto sull'inchiesta della Delegazione delle Commissioni della gestione del 28 settembre 1993 (FF 1994 I 81).

1989

buon punto di partenza11. Nel contempo chiese però ulteriori provvedimenti volti ad assicurare la direzione e il controllo politici di operazioni, spesso delicate sul piano politico, svolte dal Gruppo servizio informazioni.

2.2.2

Presunto coinvolgimento nell'acquisto di armi chimiche (1997)

A seguito di servizi giornalistici sul presunto coinvolgimento di un agente del Gruppo informazioni e sicurezza (GIS) nell'acquisto di armi chimiche da parte del Sudafrica, la DCG indagò nel 1997 sulle voci relative a presunti contatti del Servizio informazioni svizzero con il Sudafrica. La DCG informò sulle sue indagini mediante un comunicato stampa dell'11 novembre 1997, nel quale constatava: «Informazioni attendibili hanno mostrato che simili sospetti sono infondati. Attualmente, la Delegazione non vede perciò la necessità di far intervenire l'alta vigilanza parlamentare».12

2.2.3

Ruolo del Servizio informazioni svizzero (1999)

La DCG ha già proceduto nel 1999 a un primo esame dei rapporti tra il Servizio informazioni svizzero con il regime dell'apartheid in Sudafrica. Gli accertamenti svolti in tale ambito erano incentrati sui rapporti tra il Servizio informazioni svizzero e il Sudafrica in generale, e in particolare su una possibile partecipazione della Svizzera allo sviluppo di un programma di armamento biologico e chimico del regime dell'apartheid sudafricano alla fine degli anni Ottanta e all'inizio degli anni Novanta. Nel suo rapporto del 12 novembre 199913, la DCG aveva affermato che nessun indizio induceva a pensare che la collaborazione dell'epoca si fosse svolta in modo illegale o in spregio a istruzioni esistenti. Inoltre, le accuse mosse dai media al Gruppo servizio informazioni e segnatamente al suo capo, il divisionario Peter Regli, secondo cui questi avrebbe contribuito al progetto segreto di armi biologiche e chimiche in Sudafrica si erano dimostrate prive di fondamento. Nel suo rapporto la DCG criticava invece il fatto che, in un periodo in cui i pericoli non mancavano, il Gruppo servizio informazioni avesse potuto agire in un ambito tanto sensibile senza ricevere direttive e senza essere guidato dalle autorità politiche responsabili. Anche il ruolo di Jürg Jacomet, ufficiale di milizia dell'esercito svizzero e commerciante d'armi, era stato ritenuto discutibile. Per anni questi si è infatti fatto passare per un collaboratore del Servizio informazioni. La DCG sottolineava infine che il Laboratorio AC di Spiez si era comportato in modo molto riservato, addirittura esemplare, per quanto concerne i tentativi delle cerchie sudafricane di ottenere i risultati dei

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12 13

In proposito cfr. anche il Rapporto finale della Delegazione delle Commissioni della gestione sugli allenamenti di piloti all'estero durante il periodo 1993­2000, del 15 settembre 2002 (FF 2001 83).

Comunicato stampa della Delegazione delle Commissioni della gestione dell'11 novembre 1997.

Relazioni fra la Svizzera e il Sudafrica: ruolo dei Servizi d'informazione svizzeri.

Rapporto della Delegazione delle Commissioni della gestione delle Camere federali del 12 novembre 1999 (FF 2000 479).

1990

lavori di ricerca svizzeri. Secondo la DCG la Svizzera non ha partecipato né attivamente né passivamente al progetto segreto d'armamento sudafricano.

Nel suo rapporto del novembre 1999, fondandosi sui risultati dei suoi accertamenti, la DCG presentava anche alcune raccomandazioni al Consiglio federale. Queste vertevano essenzialmente sul primato della politica nell'ambito dei servizi d'informazione, sulla riorganizzazione dell'acquisizione delle informazioni, sull'uso di informatori e collaboratori informali nonché sull'attuazione della legge sull'archiviazione per quanto concerne i documenti del Servizio informazioni.

Alcuni estratti dei risultati dei lavori della DCG e delle sue raccomandazioni sono elencati nell'allegato 5.

3

Nuove investigazioni intraprese dalla DCG

3.1

Motivi all'origine delle nuove investigazioni della DCG

Nel corso del processo contro Wouter Basson iniziato alla fine di luglio del 2001 sono emersi nuovi indizi sul ruolo del Servizio informazioni svizzero. La DCG si è vista costretta a rivalutare la completezza dei suoi accertamenti del 1999 e, se del caso, ad ampliare le basi del lavoro. Il 12 novembre 2001, essa ha deciso di riprendere le indagini.

Il 4 ottobre 2001 è stata depositata al Consiglio nazionale un'iniziativa parlamentare che chiedeva l'istituzione di una commissione d'inchiesta parlamentare incaricata di far luce sulla natura e sulle modalità dei rapporti tra il Servizio informazioni svizzero e i servizi segreti sudafricani al tempo dell'apartheid. Il 18 marzo 2002 il Consiglio nazionale ha deciso di non dare seguito all'iniziativa, poiché l'inchiesta della DCG era ancora in corso.14 Nel novembre 2001, indipendentemente dagli accertamenti della DCG, il capo del DDPS aveva inoltre ordinato un'inchiesta amministrativa. Il mandato era stato affidato nel febbraio del 2002 e il rapporto finale è stato pubblicato il 20 dicembre 2002. Parallelamente a tali inchieste il Ministero pubblico della Confederazione aveva aperto un'inchiesta contro ignoti per presunta infrazione, fra l'altro, alla legge sul controllo dei beni a duplice impiego e alla legge sul materiale bellico. Nel frattempo è stata conclusa anche l'inchiesta della polizia giudiziaria; l'inchiesta preliminare è pendente presso il giudice istruttore federale dall'8 gennaio 2003.

Mentre la procedura d'inchiesta del Ministero pubblico della Confederazione non ha suscitato problemi, la DCG ha avuto notevoli difficoltà in relazione all'inchiesta amministrativa effettuata simultaneamente dal DDPS. Per poter fare il punto su tali impedimenti e per creare un contesto più favorevole alle inchieste future, la DCG ha deciso di scindere il suo rapporto in due parti. Mentre il presente rapporto elucida i rapporti del Servizio informazioni svizzero con il Sudafrica, è in discussione un secondo rapporto che si occupa della problematica generale della delimitazione delle indagini della DCG rispetto alle inchieste amministrative interne.

14

01.448 Iniziativa parlamentare. CPI. Servizio informazioni e apartheid, del 4 ottobre 2001 (Boll. Uff. 2002 N 310).

1991

3.2

Competenze della DCG

La Delegazione delle Commissioni della gestione delle Camere federali ha il compito di esaminare «regolarmente in dettaglio l'attività nel settore della protezione dello Stato e dei servizi d'informazione»15.

Per poter svolgere tale incarico la DCG ha «il diritto, sentito il Consiglio federale e indipendentemente dal segreto d'ufficio o militare, di esigere l'esibizione di documenti da parte di autorità della Confederazione, dei Cantoni o da parte di privati, nonché di interrogare privati e funzionari federali in qualità di persone chiamate a dare informazioni o di testimoni. Può inoltre interrogare funzionari cantonali in qualità di persone chiamate a dare informazioni.»16 Per gli agenti della Confederazione l'obbligo di dare informazioni è disciplinato dalle «Istruzioni concernenti la comunicazione di informazioni, l'autorizzazione a consultare documenti e la trasmissione di documenti ai membri dei Consigli legislativi, alle commissioni parlamentari e ai Servizi del Parlamento» del 29 ottobre 197517 e dalle «Istruzioni concernenti il segreto d'ufficio e il segreto militare nei rapporti con la Delegazione delle Commissioni della gestione» del 16 ottobre 199618. Il Consiglio federale può riservare la protezione della fonte soltanto «per comunicazioni di servizi esteri ufficiali».19

3.3

Limitazione dell'oggetto dell'inchiesta

La DCG ha il compito di esaminare regolarmente l'attività nel settore della protezione dello Stato e dei servizi d'informazione. Al suo controllo non sottostanno unicamente i servizi d'informazione della Confederazione e i loro esponenti, ma anche e le rispettive autorità di vigilanza dei dipartimenti e del Consiglio federale.

Nell'ambito delle sue indagini la DCG non ha esaminato né il ruolo generale della Svizzera nelle complesse relazioni con il regime sudafricano dell'apartheid né le questioni relative alle attività economiche in Sudafrica di imprese o di privati svizzeri. I suoi lavori erano volti esclusivamente a chiarire per quanto possibile e a valutare i contatti e il comportamento del Servizio informazioni svizzero e dei collaboratori di questo. Non si è mai trattato di estendere le indagini a tutte le persone o alle istituzioni che in un modo o nell'altro hanno avuto contatti con il Sudafrica. Se non vi erano legami apparenti con il Servizio informazioni svizzero o con i rappresentanti di quest'ultimo la DCG non ha approfondito l'esame del comportamento di società o di privati, anche se i media li hanno menzionati nel contesto delle relazioni con il Sudafrica.

15 16 17 18 19

Art. 47quinquies cpv. 2 della legge sui rapporti tra i Consigli (LRC).

Art. 47quinquies cpv. 4 LRC.

FF 1975 II 2101 FF 1996 IV 1143 Art. 47quinquies cpv. 4 LRC. La riserva relativa alla protezione della fonte per quanto concerne comunicazioni di servizi esteri ufficiali è stata stralciata nella nuova legge federale sull'Assemblea federale del 13 dicembre 2002 (legge sul Parlamento, LParl) al fine di garantire il rispetto dell'art. 169 cpv. 2 della Costituzione federale (Cost.). La nuova legge sul Parlamento entrerà probabilmente in vigore nel dicembre 2003.

1992

I nuovi elementi emersi nel processo contro Wouter Basson sono stati un fattore determinante per la ripresa delle indagini da parte della DCG. Il processo è iniziato il 4 ottobre 1999 in Sudafrica e si è concluso l'11 aprile 2002 con l'assoluzione dell'imputato in primo grado. L'affare è stato definitivamente chiuso il 3 giugno 2003 con la reiezione della domanda di revisione del processo (cfr. anche il n. 10.2).

La DCG ha seguito il processo con grande interesse, in particolare per quanto concerneva la Svizzera. Nel rispetto della sovranità nazionale del Sudafrica e delle sue autorità giudiziarie, la DCG non si permette di commentare la decisione della High Court of Pretoria o di valutarne l'aspetto materiale. Per questo essa si astiene anche dal commentare i reati per cui Wouter Basson è stato perseguito in Sudafrica.

3.4

Approccio metodologico

Per la DCG era essenziale impostare su basi per quanto possibile ampie le proprie indagini sulle relazioni Svizzera­Sudafrica ed esaminare oltre che l'insieme dei fatti, anche le semplici supposizioni. A tal proposito essa ha cominciato con una panoramica sulle affermazioni e sulle voci in circolazione riguardo al ruolo svolto dal Servizio informazioni svizzero in Sudafrica. In primo luogo la DCG ha sentito alcuni giornalisti che avevano trattato l'argomento di recente. Sulla base dei risultati di tali audizioni e di altri accertamenti condotti nel frattempo, essa ha proceduto nel gennaio 2002 all'aggiornamento dell'oggetto dell'indagine e ha adottato un programma dettagliato d'inchiesta.

In seguito è stata definita la cerchia di persone da sentire, sono stati elaborati voluminosi cataloghi di domande e sono state presentate richieste per la consegna di documenti all'indirizzo di vari dipartimenti federali e di governi cantonali. Da sole, le richieste presentate al DDPS concernevano 50 problematiche specifiche e comportavano un gran numero di domande dettagliate. Nel corso dei lavori il programma d'inchiesta è stato adeguato in funzione delle conoscenze acquisite. Sono state sentite ulteriori persone e sono stati chiesti pareri completivi.

La DCG ha sia il compito di fare luce sui fatti sia di valutarli sotto il profilo politico.

Per quanto concerne i fatti incontestati, il presente rapporto si limita a una presentazione descrittiva. Quando invece i fatti sono controversi la DCG prende posizione sulle dichiarazioni poco chiare o contestate e le valuta in funzione delle prove disponibili. Soltanto tale modo di procedere consente in seguito una valutazione dal profilo politico.

3.4.1

Audizioni e documenti consultati

Nel corso della sua inchiesta la DCG ha totalizzato 30 giorni di sedute, ha sentito 46 persone ­ talune anche più volte ­ e ha consultato numerosi documenti provenienti da diversi servizi. La lista delle persone sentite e quella dei documenti consultati sono allegate al presente rapporto (allegati 1 e 2).

1993

3.4.2

Rapporti ufficiali

Nel marzo 2002 la DCG si è rivolta al DDPS e gli ha trasmesso un voluminoso catalogo di domande (che comprendeva domande dettagliate sul Servizio informazioni, sul Protocollo militare, sull'Ufficio federale del materiale dell'esercito e delle costruzioni, sul comando delle Forze aeree e sul capo del Gruppo della sanità). Essa ha inoltre chiesto al Dipartimento federale di giustizia e polizia (DFGP: Ministero pubblico della Confederazione e Ufficio federale di polizia), al Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE), al Dipartimento federale dell'economia (DFE) e ai Governi dei Cantoni di Zurigo e Turgovia di rispondere a numerose domande. I dipartimenti e i Governi cantonali interessati hanno risposto per scritto alle domande formulate e hanno trasmesso alla DCG i documenti richiesti ­ se disponibili ­ nel corso del mese di aprile 2002. In alcuni casi è stato necessario chiedere ulteriori precisazioni o pareri complementari.

Per il completamento delle sue indagini la DCG ha impiegato diversi rapporti elaborati in precedenza o commissionati ad hoc. La lista dettagliata di tali rapporti figura nell'allegato 3.

3.4.3

Perizia giuridica

Nel mese di novembre 2002 la DCG ha chiesto all'Ufficio federale di giustizia (UFG) di presentarle una perizia giuridica sul campo d'applicazione e sulla funzione dell'inchiesta amministrativa. L'analisi di detta perizia, consegnata dall'UFG il 19 dicembre 2002, non è di pertinenza del presente rapporto; il lettore interessato è rinviato alla prossima pubblicazione della perizia nella Giurisprudenza delle autorità amministrative della Confederazione (GAAC).

3.4.4

Accertamenti in Sudafrica

Nel febbraio 2002 la DCG ha invitato il Consiglio federale a esaminare la possibilità di procedere ad accertamenti in Sudafrica e, se del caso, a intervenire presso le autorità sudafricane. Nella sua prima risposta del marzo 2002 il Consiglio federale si è limitato a prendere posizione sulla questione dell'opportunità politica, sia interna che estera, di tale azione. La DCG ha in seguito avvicinato rappresentanti del DFAE per informarsi sul modo opportuno di procedere. Nel giugno 2002 essa ha descritto l'oggetto e la procedura dell'inchiesta e ha definito, a destinazione delle autorità sudafricane, la lista delle audizioni alle quali intendeva procedere. Il DFAE ha immediatamente trasmesso la domanda della DCG alle autorità sudafricane competenti. In seguito, per il tramite dell'ambasciata svizzera a Pretoria, il DFAE si è ripetutamente informato presso di queste. Tali negoziati si sono rivelati particolarmente difficili. Contrariamente alle procedure penali della Confederazione e dei Cantoni, non vi sono convenzioni formali sull'assistenza internazionale in materia di inchieste parlamentari; occorreva pertanto trovare una soluzione ad hoc. In occasione dei contatti con le autorità sudafricane il presidente del Consiglio nazionale ha approfittato della sua visita ufficiale dell'ottobre 2002 in Sudafrica per dare maggiore peso alla domanda della DCG. Nel giugno 2003 il presidente sudafricano Thabo Mbeki, in occasione della sua visita ufficiale in Svizzera, ha infine dichiarato che le 1994

indagini auspicate dalla DCG non erano nell'interesse del suo Paese. Da un lato avrebbero potuto creare un precedente per eventuali richieste di altri Paesi nello stesso senso, dall'altro siffatte indagini sarebbero state contrarie a quanto auspicato dal Governo sudafricano, ovvero concentrarsi sul futuro e non occuparsi del passato.

Il presidente Mbeki ha inoltre ricordato che il suo Paese è il solo giudice per quanto concerne il riesame del proprio passato e che la Commissione per la verità e la riconciliazione è stata istituita e ha redatto un rapporto proprio a tale scopo.

La DCG riteneva che sarebbe stato auspicabile condurre direttamente le indagini in Sudafrica poiché si sarebbe certamente potuto fare maggiore chiarezza. La DCG non ha tuttavia avuto altra scelta che quella di accettare il punto di vista del Governo sudafricano.

3.4.5

Ricorso a esperti

Per gli accertamenti e la preparazione della pubblicazione dei risultati dell'inchiesta nell'ambito del presente rapporto, la DCG ha fatto appello a un esperto esterno. Si tratta di Niklaus Oberholzer, dottore in giurisprudenza, giudice d'Appello, presidente della Camera d'accusa del Cantone di San Gallo e incaricato di corsi all'Università di San Gallo.

3.4.6

Adozione del rapporto

Di pari passo con l'avanzamento di suoi lavori, la DCG ha discusso i risultati dell'inchiesta. Il 23 giugno 2003 ha adottato il progetto di rapporto e lo ha trasmesso il giorno seguente per parere al Consiglio federale.20 Quest'ultimo si è pronunciato il 2 luglio 2003. Il rapporto finale è pure stato discusso il 18 agosto 2003 con una delegazione del Consiglio federale.

La DCG ha in particolare garantito a Peter Regli il diritto di essere sentito.

Il presente rapporto finale tiene adeguatamente conto del parere del Consiglio federale e delle considerazioni espresse da Peter Regli.

Il 18 agosto 2003 la DCG ha terminato i lavori e ha adottato il rapporto a destinazione delle commissioni plenarie.

Le Commissioni della gestione delle Camere federali hanno preso conoscenza del rapporto il 25 agosto 2003 e hanno deciso di pubblicarlo.

20

Cfr. art. 47quinquies cpv. 7 LRC.

1995

4

Missione generale e organizzazione del Servizio informazioni in seno al DMF/DDPS

4.1

Osservazione preliminare

Nel suo rapporto del 17 novembre 199021, la CPI DMF aveva preso posizione per quanto concerne la missione, l'organizzazione e le attività del Gruppo informazioni e sicurezza (GIS) dell'epoca. Anche se da allora il Servizio informazioni è stato riorganizzato, il rapporto rimane parzialmente attuale, in particolare per quanto concerne i compiti del Servizio informazioni, ai metodi di acquisizione delle informazioni, alle fonti e alla collaborazione con terzi. Il presente rapporto entra nel merito di questioni di natura generica soltanto se queste hanno un rapporto ­ almeno indiretto ­ con l'oggetto in esame, ossia il Sudafrica.

4.2

Basi legali

L'articolo 99 della legge federale sull'esercito e sull'amministrazione militare (LM) costituisce la base legale del Servizio informazioni22: 1 Il

servizio informazioni ha il compito di raccogliere, valutare e diffondere informazioni concernenti l'estero rilevanti sotto il profilo della politica di sicurezza.

2 Ha facoltà di trattare dati personali, compresi quelli particolarmente degni di protezione e profili della personalità, se del caso anche all'insaputa della persona interessata, sempreché e finché i suoi compiti lo esigano. In singoli casi può trasmettere dati personali all'estero, in deroga alle disposizioni in materia di protezione dei dati.

2bis Può trasmettere all'Ufficio federale di polizia informazioni su persone in Svizzera risultanti dalla propria attività di cui al capoverso 1 e che possono essere rilevanti per la sicurezza interna e il perseguimento penale.

3 Il Consiglio federale disciplina: a. i compiti in dettaglio e l'organizzazione del servizio informazioni, nonché la protezione dei dati; b. l'attività del servizio informazioni nel servizio d'appoggio e nel servizio attivo; c. la collaborazione del servizio informazioni con i servizi interessati della Confederazione e dei Cantoni nonché con i servizi esteri; d. le eccezioni alle prescrizioni concernenti la registrazione di collezioni di dati, quando queste pregiudicassero la raccolta d'informazioni.

4 La tutela delle fonti dev'essere in ogni caso garantita.

5 Il servizio informazioni è direttamente subordinato al capo del Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport.

Questo articolo è completato dall'ordinanza del 4 dicembre 2000 sul servizio informazioni del Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport (Ordinanza sul servizio informazioni, OSINF)23. Le disposizioni d'esecuzione per il settore del Servizio informazioni strategico sono contenute in un rego21

22

23

Rapporto della Commissione parlamentare d'inchiesta sugli avvenimenti di grande portata in seno al Dipartimento militare federale (CPI DMF) del 17 novembre 1990 (FF 1990 III 1061).

Legge federale del 3 febbraio 1995 sull'esercito e sull'amministrazione militare (legge militare, LM), RS 510.10 (con la modifica del 4 ottobre 2002; l'art. 99 cpv. 2bis, cpv. 3 lett. b e c, cpv. 4 e cpv. 5 entreranno verosimilmente in vigore il 1° gennaio 2004).

RS 510.291

1996

lamento del 12 dicembre 2001 (Geschäftsordnung für die Direktion Strategischer Nachrichtendienst, esiste solo in tedesco).

4.3

Struttura, organizzazione e delimitazione del Servizio informazioni

4.3.1

Struttura generale e delimitazione

Situazione attuale: Attualmente il DDPS dispone di tre servizi d'informazione, i cui compiti possono essere descritti come segue (cfr. figura 1): ­

la Direzione del Servizio informazioni strategico (SIS) assicura in permanenza il servizio informazioni concernente l'estero. In stretta collaborazione con altri organi federali raccoglie, per la direzione politica e militare, le informazioni rilevanti per la sicurezza della Confederazione, le valuta e le diffonde.

S'interessa agli sviluppi politici, militari, tecnologici ed economici all'estero. Oltre all'osservazione dell'evoluzione a lungo termine, è responsabile del riconoscimento precoce. A tal proposito dispone di un centro d'analisi della situazione e d'allarme;

­

il Servizio informazioni militare (SIM) gestisce le attività d'informazione sul piano operativo e tattico per quanto concerne l'esercito. Nei settori d'interesse dell'esercito esso acquisisce, valuta e diffonde informazioni necessarie per l'impiego dell'esercito;

­

il Servizio informazioni delle Forze aeree (SIFA) gestisce le attività d'informazione sul piano operativo, tattico e tecnico necessarie per l'impiego delle Forze aeree. Nei settori d'interesse dell'esercito esso acquisisce inoltre le informazioni necessarie per l'adempimento della sua missione, le valuta e le trasmette al SIM.

Dalla Seconda Guerra mondiale, al fine di soddisfare le specifiche necessità, le Forze aeree dispongono di un proprio servizio informazioni. Gli altri due servizi d'informazione sono unità organizzative dello Stato maggiore generale.

1997

Rappresentazione schematica dell'organizzazione attuale del Servizio informazioni in seno al DDPS (stato nel 2003) Figura 1 Capo del DDPS

Segreteria generale

Stato maggiore generale

Forze aree

Servizio informazioni militare (SIM)

Servizio informazioni delle Forze aeree (SIFA)

Valutazione (SISV)

Direzione del Servizio informazioni strategico (SIS)

Acquisizione (SISA)

Supporto (SRSS)

Evoluzione storica: Il passaggio del Gruppo informazioni e sicurezza (GIS) al Gruppo servizio informazioni può essere riassunto nel modo seguente: ­

Gruppo informazioni e sicurezza (GIS)

Il GIS è esistito sino al 1993. La subordinazione, l'organizzazione e i compiti del GIS, delle sue divisioni e delle sue sezioni erano disciplinate dal regolamento dello Stato maggiore dell'Aggruppamento dello Stato maggiore generale (ve ne sono state varie versioni nel corso degli anni).

Il GIS era un'unità organizzativa in seno allo Stato maggiore dell'Aggruppamento dello Stato maggiore generale. Il suo capo (il sottocapo di Stato maggiore del Gruppo informazioni e sicurezza, SCSM SI) era direttamente subordinato al capo di Stato maggiore generale. Il GIS disponeva di uno stato maggiore e di due divisioni ­ la Divisione Servizio informazioni e la Divisione sicurezza ­ nonché della Sezione tecnica e del Protocollo militare (cfr. figura 2).

La Divisione Servizio informazioni era responsabile della concezione e dell'organizzazione del servizio informazioni strategico e operativo nonché del servizio informazioni della truppa. Il suo compito principale consisteva nell'acquisire, valutare e 1998

diffondere le informazioni relative alla situazione in materia di politica di sicurezza e di minacce militari. La Divisione Servizio informazioni forniva anche le basi di pianificazione militare globale e gestiva il servizio informazioni della truppa, in particolare nell'ambito dell'istruzione e dell'aiuto all'istruzione. Essa lavorava all'epoca in un'atmosfera influenzata dalle minacce della guerra fredda.

La Divisione sicurezza era incaricata di vigilare sulla tutela del segreto militare e di prevenire, o se del caso chiarire, azioni pregiudizievoli ai militari o alle installazioni militari. Tale divisione era pure responsabile della trattazione centralizzata dei casi di manovre contro l'esercito. Essa gestiva inoltre la Sezione della tutela del segreto e il Servizio di sicurezza dell'esercito.

Rappresentazione schematica dell'organizzazione del Servizio informazioni in seno al DMF (stato nel 1985) Figura 2 Capo del DMF [Capo del DDPS] Segreteria generale

Aggr. dello Stato maggiore generale [Stato maggiore generale]

Comando delle truppe d'aviazione e di difesa contraerea [Forze aeree]

Gruppo informazioni e sicurezza (GIS)

Servizio informazioni delle truppe d'aviazione e di difesa contraerea (SIADCA) [Servizio informazioni delle Forze aeree (SIFA)]

Divisione servizio informazioni

Valutazione

Divisione sicurezza poi

Divisione della sicurezza militare

Acquisizione

Tutela del segreto

Sezione tecnica [Sostegno]

Protocollo

militare

Servizi di sicurezza militare

1999

­

Gruppo servizio informazioni

Nel 1993, in seguito alla CPI DMF, la Divisione sicurezza è stata ribattezzata Divisione della sicurezza militare ed è stata separata dal GIS. Il Gruppo servizio informazioni così istituito è esistito sino alla fine del 2000 (cfr. figura 3).

La Divisione Servizio informazioni è stata cambiata in Servizio informazioni strategico (SIS). Sin dall'inizio l'orientamento del SIS è stato progressivamente adeguato all'evoluzione strategica e politica mondiale. Oltre al SIS vi era anche il nuovo Servizio d'informazione dell'esercito, che ha assunto i compiti del Servizio informazioni della truppa. La Sezione tecnica (supporto), il Protocollo militare e gli addetti alla difesa erano pure subordinati al SCSM SI.

Nel 1999 e 2000, in seguito a taluni avvenimenti di portata particolare, sono stati redatti diversi rapporti concernenti il lavoro effettuato dal Gruppo servizio informazioni. Essi comportavano un gran numero di raccomandazioni per il futuro orientamento del Servizio informazioni, per esempio: ­

i rapporti della DCG sul Sudafrica e sul caso Bellasi, e

­

il rapporto della Commissione di studio sul Gruppo servizio informazioni.

L'attuazione di tali raccomandazioni è stata esaminata nell'ambito di un vasto progetto denominato «Riorganizzazione del Servizio informazioni» e presentato il 6 settembre 2000 al Consiglio federale. Quest'ultimo ne ha approvato il contenuto.

Essenzialmente il rapporto proponeva: ­

di scorporare il SIS dal Gruppo servizio informazioni e di subordinarlo al segretario generale del DDPS,

­

di subordinare il Protocollo militare e gli addetti alla difesa al capo dello Stato maggiore generale,

­

di mantenere il Servizio informazioni dell'esercito in seno allo Stato maggiore generale e di affidargli la missione di un servizio informazioni militare,

­

di mantenere il Servizio informazioni delle Forze aeree (SIFA) in seno alle Forze aeree.

Tali raccomandazioni hanno condotto alla struttura attuale del Servizio informazioni del DDPS e all'attribuzione di compiti descritti sopra.

2000

Rappresentazione schematica dell'organizzazione del Servizio informazioni in seno al DMF/DDPS (stato nel 1995) Figura 3

Capo del DMF [Capo del DDPS] Segreteria generale

Aggr. dello Stato maggiore generale [Stato maggiore generale]

Comando delle truppe d'aviazione e di difesa contraerea [Forze aeree]

Gruppo servizio informazioni Servizio informazioni delle truppe d'aviazione e di difesa contraerea (SIADCA) [Servizio informazioni delle Forze aeree (SIFA)]

Addetti alla difesa

Divisione Servizio informazioni strategico (SIS) [Direzione del Servizio informazioni strategico (SRS)]

Valutazione (SISV)

Servizio informazioni dell'esercito [Servizio informazioni militare (SIM)]

Sezione tecnica [Sostegno SRSS]

Protocollo militare

Acquisizione (SISA)

2001

­

Servizio informazioni strategico (SIS)

Il SIS è oggi indipendente dallo Stato maggiore generale e (per il momento) direttamente subordinato al segretario generale del DDPS. Con la modifica della legge militare decisa il 4 ottobre 2002, il SIS sarà direttamente subordinato al capo del Dipartimento. Dal punto di vista organizzativo il SIS si compone dei tre ambiti classici, ossia l'«acquisizione», la «valutazione» e il «supporto». È separato dalle sezioni che prima erano integrate al GIS poi al Gruppo servizio informazioni quali il Protocollo militare, la sicurezza militare e la tutela del segreto o il Servizio informazioni dell'esercito (attualmente SIM).

4.3.2

Direzione politica e definizione dei bisogni in materia di informazione

Nel suo rapporto del 12 novembre 1999 la DCG si è già occupata a fondo dell'assenza di direzione politica e di controllo del Servizio informazioni. I recenti lavori della DCG hanno confermato quanto constatato allora. Risulta chiaramente, almeno per quanto concerne il periodo in esame, che le autorità politiche responsabili non avevano formulato un chiaro mandato e che, il GIS prima e il Gruppo servizio informazioni poi, definivano i bisogni in materia d'informazioni in modo ampiamente autonomo. Sia l'uno che l'altro sono stati liberi di concepire a modo loro gli scenari di minaccia e di definire gli assi prioritari della loro azione.

Come spiegato dall'attuale direttore del SIS in un'audizione, la Sezione valutazione definiva i bisogni in materia d'informazioni (segnatamente durante i rapporti di situazione) e su questa base dirigeva l'azione della Sezione acquisizione. L'attuale coordinatore della raccolta informazioni della Confederazione ed ex collaboratore della Sezione acquisizione ha confermato che, almeno fino all'inizio degli anni Novanta, i servizi d'informazione (civili e militari) non sono stati praticamente diretti. I bisogni in materia d'informazioni non sono stati articolati in termini concreti e le autorità politiche superiori non si sono interessate al Servizio informazioni.

Secondo il coordinatore è indispensabile istituire un sistema di controllo della qualità; il Consiglio federale deve inoltre indicare chiaramente cosa si aspetta dal Servizio informazioni.

Nel periodo in esame i responsabili dei dipartimenti interessati e i capi dello Stato maggiore generale o della Segreteria generale del DMF non hanno mai definito obiettivi di prestazione né sottoposto l'attività del GIS o del Gruppo servizio informazioni a un controllo a posteriori. L'ex segretario generale del DMF ha descritto come segue tale atteggiamento, che manifestamente è persistito sino in tempi recenti: «Io con questo non avevo nulla a che vedere e se avessi tentato di immischiarmene sarei senza dubbio stato immediatamente gettato fuori». [traduzione] Sembra che le riforme intraprese ­ in parte in seguito alla CPI DMF, ma più in particolare dopo il cosiddetto «caso Bellasi» ­ abbiano aumentato la sensibilità in seno al SIS, ma anche a livello della direzione del dipartimento. Da qualche anno il direttore del SIS
presenta annualmente al capo del DDPS una lista aggiornata di contatti regolari e occasionali con i servizi omologhi stranieri. Tale prassi è stata istituita già dai tempi di Peter Regli, il suo predecessore. La lista viene in seguito riveduta soprattutto alla luce dell'opportunità politica e dell'intensità dei contatti. La 2002

lista riveduta viene poi portata a conoscenza del Collegio governativo e della DCG.

Attualmente l'instaurazione di contatti regolari con un nuovo servizio necessita dell'avallo del Consiglio federale. Non vi è invece ancora uno scambio continuo d'informazioni con le autorità politiche superiori per quanto concerne i contatti esclusivamente a livello di direzione e gli incontri sporadici o relativi a casi particolari tra collaboratori dei diversi servizi.

Il nuovo mandato del SIS del 3 ottobre 2001, la lista semestrale delle priorità (comunemente denominata PRIOS) nonché la lista mensile di ponderazione delle priorità ­ aggiornata dal 1999 dalla Delegazione del Consiglio federale per la sicurezza in stretta collaborazione con il coordinatore della raccolta informazioni ­ hanno apportato importanti innovazioni. Tali documenti, costantemente aggiornati, stabiliscono da allora i bisogni in materia di informazioni e consentono di dirigere le attività di acquisizione d'informazioni del SIS.

4.3.3

Mezzi a disposizione del SIS

In relazione con l'oggetto dell'inchiesta della DCG, sono anche state fatte diverse congetture sui metodi riservati con i quali il GIS prima e il Gruppo servizio informazioni poi, si sono procurati informazioni. Tali speculazioni vertevano sulle tematiche seguenti ­

ricorso a fonti di informazioni e a informatori esterni dietro pagamento (cfr.

n. 4.3.3.2 e 4.3.3.5);

­

ricorso a ufficiali di milizia (cfr. n. 4.3.3.3);

­

esistenza di «rifugi» (safe houses) (cfr. n.4.3.3.4).

La DCG ha tentato di chiarire adeguatamente questi punti. È pervenuta alle conclusioni seguenti.

4.3.3.1

Acquisizione di informazioni in generale

L'analisi di fonti pubbliche (giornali, periodici, Internet, ecc.) fa parte dei compiti del SIS. La divisione incaricata della valutazione delle informazioni si procura in tal modo le basi che le consentono di individuare i bisogni in materia di informazioni e di dirigere l'acquisizione di queste da parte dei servizi interessati. L'analisi di fonti pubbliche rappresenta una premessa per l'acquisizione di informazioni ma non costituisce un'attività del Servizio informazioni in senso stretto. Le informazioni sono piuttosto acquisite mediante i rapporti dei Servizi d'informazione esteri, le intercettazioni delle telecomunicazioni nazionali ed estere («communication intelligence» correntemente designate dall'abbreviazione COMINT), il progetto ONYX o altri programmi d'acquisizione d'informazioni, la ricerca fondata sulla «human intelligence» (correntemente designata dall'abbreviazione HUMINT) nell'ambito di azioni segrete nonché mediante fonti d'informazione esterne.

Mentre attualmente si persegue un'acquisizione di informazioni attiva, un capo del GIS dell'epoca ha spiegato che ai tempi del suo servizio le informazioni erano acquisite in modo piuttosto passivo. Gi interessati sono unanimi nell'affermare che 2003

le risorse proprie di informazioni, ossia le informazioni che il servizio si procura autonomamente, sono una condizione indispensabile alla collaborazione con altri servizi d'informazione esteri. Nel corso dell'inchiesta alcuni collaboratori del SIS hanno ripetutamente sottolineato l'importanza dell'acquisizione autonoma delle informazioni. Per poter ottenere informazioni da altri servizi d'informazione occorre infatti offrire una controprestazione. In assenza di risorse proprie, l'interesse dei servizi esteri a collaborare con la Svizzera scema rapidamente. Non è tuttavia stato possibile ottenere dal direttore del SIS l'indicazione della proporzione d'informazioni proprie rispetto a quelle ricevute da servizi esteri: «Non si tratta di percentuali, ma di disporre di una base che consenta una collaborazione professionale con servizi esteri ai quali poter passare anzitutto informazioni che ci siamo procurati autonomamente (tendenza crescente) ed eventualmente delle analisi.» [traduzione]

4.3.3.2

Fonti e informatori esterni

Per quanto riguarda il ricorso a informatori esterni, la DCG ha sottoposto alla direzione del SIS le domande scritte seguenti: «Il Gruppo servizio informazioni affidava veramente il mandato di acquisire informazioni a ufficiali informatori di milizia dell'esercito o a terzi (informatori)?

In caso affermativo, quali mandati sono stati affidati ai tempi del divisionario Peter Regli, da chi, a chi e in quale modo?

Quali informazioni si è procurato in tale modo il Gruppo servizio informazioni? Come sono state impiegate per i rapporti di situazione o per formulare raccomandazioni?

L'utilità effettiva di tali informazioni può essere illustrata con esempi concreti?» [traduzione]

Nella sua risposta, la direzione del SIS ha confermato che «terzi appartenenti alle cerchie economiche e scientifiche forniscono occasionalmente e volontariamente informazioni concernenti l'estero». Essa ha però dichiarato di non essere in grado di fornire informazioni concrete circa la quantità, la qualità o l'utilità di tali informazioni.

«Dobbiamo tuttavia attirare la vostra attenzione sul fatto che non è possibile dire quali informazioni ricevute ai tempi del divisionario Peter Regli siano state riprese nell'ambito della valutazione sistematica, poiché attualmente figurano unicamente nei rapporti dell'epoca, senza indicazione delle fonti e frammiste ad altre informazioni tratte da fonti pubbliche» [traduzione]

La DCG non è riuscita ad approfondire la questione del finanziamento delle fonti.

Infatti, conformemente alle direttive del Dipartimento federale delle finanze (DFF), i documenti contabili sono conservati soltanto per cinque anni. I conti del GIS e del Gruppo servizio informazioni consentono di risalire sino al 1985. Non danno tuttavia nessuna indicazione sulla natura dei mandati o sull'identità delle fonti in questione poiché, di regola, i pagamenti sono stati registrati nella contabilità senza l'indicazione di dettagli. Per questo ­ come spiegato dalla direzione del SIS alla DCG ­ non è possibile ricapitolare in modo completo ed esatto tutte le spese e le fonti delle informazioni. L'ex collaboratore incaricato della contabilità presso il GIS/Gruppo servizio informazioni ha confermato che l'insieme dei documenti

2004

concernenti i pagamenti delle fonti è stato distrutto ed è impossibile ricostruire i flussi finanziari.

Gli accertamenti della DCG hanno mostrato che è praticamente impossibile ricostruire, anche in modo approssimativo, le informazioni provenienti da fonti e informatori esterni. Considerato che il SIS non ha tenuto documentazione scritta e che neppure la direzione del SIS può pronunciarsi in proposito, l'importanza e il contenuto delle informazioni ottenute da dette fonti non possono essere valutati in modo obiettivo. Le risposte del SIS inducono nondimeno a pensare che in tale contesto le fonti e gli informatori esterni non abbiano consentito di ottenere informazioni d'importanza capitale; in tal caso vi sarebbero stati indizi più consistenti.

A tal proposito occorre constatare che le relazioni con fonti e informatori esterni sono trattate in modo considerevolmente diverso rispetto a quanto avviene nei Servizi d'informazione civili della Confederazione. Come spiegato alla DCG dal capo del Servizio di analisi e prevenzione (SAP), nel suo servizio vigono direttive precise.

Ogni contatto con fonti o funzionari stranieri deve essere registrato il più presto possibile dal membro dell'ufficio di collegamento interessato. L'informazione è ripresa in una nota che viene classificata in modo centralizzato; «È ben noto a tutti che le informazioni segrete conservate 'da qualche parte' non servono a nulla.» [traduzione]

4.3.3.3

Ufficiali di milizia

Sino alla fine del 2001, i capi delle frazioni dello Stato maggiore dell'esercito erano responsabili della selezione, dell'istruzione e del perfezionamento degli ufficiali incorporati in dette frazioni e nella riserva del personale. Dal 2002 tali compiti sono di competenza di un gruppo di esperti nominati attualmente dal direttore del SIS. Il perfezionamento e l'istruzione di tali militari non vengono più svolti.

Per quanto concerne l'impiego di ufficiali di milizia la direzione del SIS non è stata in grado di pronunciarsi sulle informazioni raccolte in tal modo né sul loro impiego.

Considerata l'assenza di documentazione, la DCG non ha potuto continuare gli accertamenti su questo punto.

4.3.3.4

«Rifugi»

Interrogata in merito all'esistenza di case o appartamenti segreti comunemente denominati «rifugi» (o safe houses), la Direzione del SIS ha fornito la risposta scritta seguente: «Nel periodo dal 1993 al 1998, la sezione del SIS incaricata dell'acquisizione di informazioni aveva indirettamente accesso a due 'rifugi' all'estero. Questi si trovavano a ... e a ... (luoghi noti alla DCG). Non è per questo escluso che esistano altri rifugi (in particolare nella Foresta Nera), sconosciuti ai quadri attuali.» [traduzione]

Il dossier «Sudafrica» della direzione del SIS conteneva la copia di un contratto di locazione di una casa unifamiliare di nove stanze nell'agglomerato bernese, concluso il 7 giugno 1985 e prorogato il 7 giugno 1990 di cinque anni. Tale copia non consentiva di identificare i contraenti né l'indirizzo dell'immobile. In risposta a una 2005

domanda scritta, il DDPS ha spiegato che si trattava della casa di un ex addetto alla difesa sudafricano che parlava tedesco in modo rudimentale e che aveva chiesto una traduzione orale del contratto di locazione e alcune spiegazioni concernenti la proroga del contratto. I documenti relativi al contratto in questione erano stati trasmessi al SIS per la preparazione del colloquio con l'ex addetto e in seguito classificati nel raccoglitore relativo al Sudafrica, poiché l'ex addetto che aveva chiesto il servizio era sudafricano. La direzione del SIS non è riuscita a spiegare per quale ragione tale copia senza importanza sia stata trovata in un dossier classificato segreto e perché ­ a differenza di molti altri documenti ­ non sia stata distrutta.

La risposta scritta della direzione del SIS parla da sola. Manifestamente l'attuale direzione del SIS non è in grado di fornire alla DCG una risposta esauriente. Si può pertanto concludere che la gestione dei mezzi finanziari durante il periodo in esame, prima da parte del GIS e poi del Gruppo servizio informazioni, sia stata svolta in modo talmente segreto che la direzione attuale non è più in grado di fornire una panoramica completa. Il controllo dell'impiego di tali mezzi finanziari risulta dunque praticamente impossibile. Peter Regli ha negato dinanzi alla DCG di essere stato a conoscenza dei 'rifugi'. Ha dichiarato di aver appreso in occasione del processo contro Dino Bellasi, ex contabile del Gruppo servizio informazioni, che il GIS e il Gruppo servizio informazioni avessero avuto tali rifugi a disposizione.24 Ha aggiunto che la Sezione acquisizione era competente in tale ambito e che il suo capo godeva di un'ampia autonomia; non era necessario che lui [Peter Regli] fosse al corrente dei particolari.

La DCG si è occupata in particolare delle voci secondo cui il defunto commerciante d'armi Jürg Jacomet avrebbe avuto un rifugio a disposizione nella Foresta Nera. La questione se questi abbia o no soggiornato nella Foresta Nera a titolo privato non è rilevante ai fini dell'inchiesta. Sarebbe invece pertinente sapere se Jürg Jacomet abbia potuto accedere a un rifugio procuratogli o messogli a disposizione dal GIS o dal Gruppo servizio informazioni. Nonostante i tentativi di chiarire tale punto, la DCG non ha trovato indizi dell'esistenza di un simile rifugio.

4.3.3.5

Spese

Come già detto trattando la questione dell'indennizzo degli informatori, la DCG ha tentato di ottenere informazioni sulle attività del GIS e del Gruppo servizio informazioni consultando i conteggi delle spese. Tali sforzi si sono tuttavia rivelati inutili, da un lato poiché i pagamenti delle fonti, delle informazioni o altre spese sono stati inseriti nel preventivo alle voci forfettarie «lavori di stato maggiore» e «spese d'equipaggiamento» e, dall'altro, poiché le ricevute e le pezze giustificative allegate ai rispettivi ordini di pagamento sono state rese anonime e pertanto fornivano solo indicazioni approssimative. Infine i documenti che possono essere consultati risalgono soltanto sino al 1996. In tali condizioni, la DCG ha rinunciato a sottoporre i conteggi delle spese a un esame più approfondito e ha preferito limitare il campo

24

Cfr. in proposito il rapporto della Delegazione delle Commissioni della gestione delle Camere federali sugli eventi accaduti nel Gruppo informazioni dello Stato maggiore generale («caso Bellasi») del 24 novembre 1999 (FF 2000 502).

2006

d'azione del suo esame e controllare i documenti ancora disponibili concernenti l'oggetto dell'inchiesta vero e proprio. A tal proposito non sono state rilevate anomalie.

4.3.4

Collaborazione del Servizio informazioni svizzero con servizi esteri

I contatti con i servizi esteri e i loro rappresentanti in Svizzera sono disciplinati dalle direttive permanenti del sottocapo di stato maggiore del Gruppo informazioni e sicurezza del 1° marzo 1984. Tali prescrizioni sono fortemente marcate dallo spirito della guerra fredda e la DCG ritiene che sia urgente rivederle.

Nel giugno 1999, poco tempo prima di lasciare la testa della Divisione SIS, Fred Schreier aveva redatto un rapporto classificato segreto sulla collaborazione con i servizi d'informazione esteri (il rapporto «Von der Zusammenarbeit mit ausländischen Nachrichtendiensten» esiste unicamente in tedesco). Tale rapporto contiene essenzialmente spiegazione prive di importanza. Fatti salvi alcuni passaggi, esso non contiene informazioni riservate suscettibili di giustificarne la segretezza. Alla fine del rapporto, l'autore espone le conclusioni e le raccomandazioni della CPI DMF in merito al controllo politico da esercitare sul Servizio informazioni. Il contenuto e la scelta dei termini mostrano che ­ ancora alla fine degli anni Novanta ­ il capo della Divisione SIS aveva difficoltà ad abituarsi ai valori democratici e ad accettare il primato della politica.

4.3.5

Contatti dell'esercito svizzero con l'estero

I contatti dell'esercito svizzero con l'estero sono di competenza del Protocollo militare. Tale servizio si occupa in particolare anche degli addetti alla difesa di Stati esteri (in passato denominati addetti militari). Attualmente in Svizzera vi sono circa 40 addetti alla difesa stranieri accreditati, di cui la metà risiede in Svizzera. Il nostro Paese dispone di 26 addetti alla difesa all'estero.25 Dal punto di vista organizzativo, questi ultimi sono aggregati alle rispettive ambasciate; taluni sono accreditati anche presso altri Paesi oltre a quello in cui risiedono.

Il Protocollo militare rappresenta in tal senso un'antenna d'accesso per diversi servizi e richieste che hanno un rapporto con l'estero. L'organizzazione di visite ufficiali in Svizzera di rappresentanti di eserciti stranieri o di visite all'estero di militari svizzeri spetta in particolare al Protocollo militare. Esso svolge pure il ruolo di centrale logistica per i contatti ufficiali all'estero del capo del dipartimento o del capo dello Stato maggiore generale. Secondo il capo della Sezione Protocollo militare, vi sono circa 1000-1200 dossier su questo tipo di contatti ufficiali.

Le domande di accreditamento di ufficiali di collegamento stranieri sono sempre trattate dal DFAE in collaborazione con il Servizio di analisi e prevenzione (SAP).

Le visite ufficiali politicamente sensibili di ufficiali militari stranieri o le visite in 25

Le DDPS dispone attualmente di 26 addetti alla difesa e aggiunti nelle rappresentanze svizzere ad Ankara, Pechino, Berlino, Bruxelles, Budapest, Il Cairo, Kiev, Londra, Mosca, Madrid, Parigi, Roma, Stoccolma, Tokio, Washington e Vienna.

2007

condizioni simili di rappresentanti svizzeri all'estero sono sottoposte alla Divisione politica di sicurezza e di difesa (POSID). In passato tali visite erano invece sottoposte alla Direzione politica del DFAE. La POSID valuta l'opportunità politica di siffatte visite; la decisione finale spetta al capo dello Stato maggiore generale, che decide autonomamente sulle visite non problematiche.

Per quanto concerne la presente indagine, è importante segnalare che il Protocollo militare è competente soltanto per i contatti «ufficiali» dell'esercito svizzero con l'estero, ma non per i contatti inerenti le attività del Servizio informazioni. Secondo l'organizzazione dell'epoca, i contatti legati alle attività «coperte» sarebbero stati di competenza del capo del foreign liaison della Sezione acquisizione. Quest'ultimo è in linea di massima il principale interlocutore del Servizi informazioni militari e civili esteri. In occasione delle audizioni effettuate dalla DCG, il capo del foreign liaison ­ in servizio sin dal 1987 ­ ha riconosciuto che a Peter Regli e agli altri collaboratori del GIS e del Gruppo servizio informazioni era senz'altro possibile stabilire contatti diretti con i servizi esteri; presumibilmente il capo del foreign liaison non veniva informato di tutti i contatti con l'estero.

4.3.6

Verbali degli incontri

In caso di visite del Servizio informazioni all'estero o delle delegazioni provenienti dall'estero si procede di regola alla redazione di verbali. Sulla base dei risultati delle audizioni effettuate dalla DCG è possibile partire dal principio che per gli incontri pianificati e preparati, in particolare se per la prima volta, si è sempre proceduto a redigere i verbali. I conteggi delle spese ancora esistenti hanno invece permesso di concludere che vi sono stati numerosi contatti, in parte spontanei, per i quali non è stato stilato verbale né prevista altra forma di registrazione. Gli accertamenti intrapresi dalla DCG in proposito sono inoltre stati resi più difficili: i verbali degli incontri e i documenti allegati, quali i programmi delle visite, sono stati distrutti dopo un certo tempo. In occasione della sua audizione, il capo del foreign liaison ha dichiarato che esistono ancora i verbali degli incontri avvenuti dopo il 1990 circa, mentre gli altri sono stati distrutti. Ha inoltre precisato che i fascicoli concernenti il suo ambito d'attività non sono mai stati consegnati all'Archivio federale.

Nel suo rapporto del 12 novembre 1999 la DCG ha constatato che di regola i verbali contengono pochi elementi essenziali e sono più resoconti di viaggio che rapporti di situazione meritevoli di essere dichiarati segreti. I risultati delle indagini supplementari confermano la valutazione della DCG. I verbali relativi agli incontri e ai colloqui con servizi d'informazione esteri sono nella maggior parte dei casi strutturati nello stesso modo. I partecipanti e il programma della visita sono presentati nella parte introduttiva; in seguito vi sono indicazioni concernenti i documenti e i doni scambiati o consegnati. Infine i verbali terminano con una valutazione piuttosto personale della situazione e talvolta degli interlocutori. L'oggetto delle discussioni quando è riassunto lo è in modo molto sommario.

Secondo il divisionario Regli, le informazioni «grezze» raccolte in occasione di contatti con capi di servizi d'informazioni esteri non erano registrate durante gli incontri, ma figuravano nei rapporti speciali redatti dai collaboratori che l'accompagnavano. La DCG non ha tuttavia trovato traccia di tali rapporti speciali.

2008

4.3.7

Gestione e archiviazione dei fascicoli

La DCG ha già preso posizione in merito alla questione della gestione e dell'archiviazione dei fascicoli nel suo rapporto del 12 novembre 1999. Nelle sue raccomandazioni, essa chiedeva al Consiglio federale di vigilare sull'esecuzione della legge federale del 26 giugno 1998 sull'archiviazione. Come dichiarato dal capo del DDPS alla DCG, il dipartimento non ha ancora soddisfatto tale esigenza. Nel frattempo il DDPS ha preso contatto con l'Archivio federale per risolvere la questione.

Nell'ambito dei suoi lavori, la DCG ha constatato ripetutamente che l'assenza di archiviazione dei fascicoli e, più in particolare, la loro distruzione ha intralciato considerevolmente e talvolta addirittura impossibilitato il controllo efficace delle attività nel settore del Servizio informazioni. In numerosi casi l'assenza di documentazione ha impedito il controllo o il chiarimento o la confutazione di talune supposizioni.

Un primo problema concerne la documentazione di avvenimenti in quanto tale.

Mentre in altri ambiti di attività dello Stato la registrazione di prove o l'acquisizione di informazioni mediante verbali o almeno con appunti è una prassi consolidata, il Servizio informazioni svizzero tende al contrario a lasciare il minor numero di tracce scritte possibile. Esso ritiene che questo sia il migliore metodo per proteggere le sue azioni e le sue fonti. A molte richieste della DCG relative alla documentazione concernente informazioni sollecitate o risposte a singole interrogazioni, la direzione del SIS ha regolarmente risposto che la documentazione non esisteva più. Per giustificarsi, il direttore del SIS ha sottolineato il fatto che le informazioni raccolte sono state ogni volta integrate nei rapporti o nelle analisi delle situazioni; dopo essere stati elaborati e valutati con successo i documenti scritti ­ se ne esistevano ­ venivano distrutti.

I problemi delle lacune in materia di gestione dei fascicoli concerne anche l'assenza di archiviazione e, in particolare, le distruzioni di documenti che manifestamente sono state effettuate su larga scala. Né il GIS né il Gruppo servizio informazioni hanno trasmesso i loro documenti e fascicoli all'Archivio federale. Quando la DCG ha ripreso gli accertamenti, l'Archivio federale non possedeva nessun fondo del Servizio informazioni per i 50 anni precedenti, fatto
salvo un fascicolo di circa dieci centimetri di spessore che Peter Regli aveva consegnato al momento del suo ritiro dalle funzioni di SCSM SI (cfr. n. 8.2). È stato appurato che i documenti ritenuti inutili dal GIS e dal Gruppo servizio informazioni, erano semplicemente distrutti senza che fossero seguiti criteri prestabiliti. Inoltre non è stato redatto nessun verbale in proposito. Come riconosciuto schiettamente da uno degli ex capi del GIS, negli anni Ottanta la distruzione di documenti era una prassi corrente: «Uno dei miei collaboratori si muniva regolarmente di un grande sacco nel quale gettavamo quanto non era più usato. [...] Tale sacco era in seguito incenerito.» [traduzione] Per questo, durante le indagini un gran numero di incartamenti non era più consultabile.

Infatti soltanto un esiguo numero di documenti dell'epoca del GIS e del Gruppo servizio informazioni è sfuggito alla distruzione, probabilmente per puro caso. Il fatto che tutti i documenti della Sezione valutazione relativi al Sudafrica siano stati distrutti illegalmente in un momento non stabilito con precisione si è rivelato particolarmente d'intralcio.

2009

La DCG dimostra comprensione per gli imperativi in materia di tutela del segreto nell'ambito dell'acquisizione di informazioni quando sono obiettivamente giustificati. Tali imperativi non devono tuttavia esimere il Servizio informazioni dall'obbligo di documentare sufficientemente le sue attività per consentire i controlli posteriori.

Le esperienze fatte in occasione della riorganizzazione della vecchia Polizia federale hanno mostrato che una buona gestione dei fascicoli non soltanto è assolutamente compatibile con gli imperativi della tutela del segreto, ma è addirittura indispensabile per consentire ai servizi interessati di svolgere la loro missione in modo efficace.

A tal proposito è già stata ricordata la dichiarazione del capo del Servizio di analisi e prevenzione (SAP) secondo il quale «è ben noto a tutti che le informazioni segrete conservate 'da qualche parte' non servono a nulla.» (cfr. n. 4.3.3.2). Le riserve formulate reiteratamente dalla direzione del SIS volte a precisare che le risposte alle domande della DCG erano fornite in funzione «dello stato delle conoscenze in possesso dei quadri attuali» (cfr. n. 4.3.3.4) sono rivelatrici dei problemi legati alla mancanza di documentazione che affliggevano non soltanto la DCG, ma anche le attività dello stesso Servizio informazioni.

La DCG ritiene sia urgente mettere in atto le raccomandazioni relative alla gestione e all'archiviazione dei fascicoli emesse nel 1999. Occorrerà inoltre controllare che tutte le attività del Servizio informazioni possano essere chiaramente documentate. È indispensabile che le informazioni importanti per la difesa degli interessi del nostro Paese non restino confinati nella memoria di qualcuno, ma che siano messi a disposizione dell'insieme del servizio per uno svolgimento adeguato dei compiti. Inoltre è inaccettabile che un'istituzione di uno Stato democratico possa sottrarsi a ogni controllo amministrativo o parlamentare e che addirittura renda praticamente impossibili tutti i tentativi volti a stabilire successivamente i fatti in una prospettiva storica.

Le conseguenze dell'assenza di documenti sono estremamente gravi, a cominciare dall'impossibilità di valutare obiettivamente la situazione. La DCG non può in tal modo valutare l'utilità del Servizio informazioni svizzero per il nostro Paese, né può giudicare
se numerosi viaggi avevano soprattutto motivi turistici o se avevano effettivamente permesso di ottenere informazioni importanti per la sicurezza dello Stato.

La DCG ­ dopo che le è stata negata la possibilità di un controllo in piena regola sulla base di documentazione scritta ­ non è assolutamente disposta a confidare senz'altro nel fatto che il Servizio informazioni abbia svolto il suo compito. La sola fiducia non può sostituirsi al controllo.

Non stupisce che una simile situazione dia adito a supposizioni, dicerie e favorisca la circolazione di voci incontrollate. La presente inchiesta ha mostrato che l'assenza di documentazione non consente di contrastare efficacemente siffatte congetture. Il Servizio informazioni svizzero è pertanto ampiamente responsabile dell'interesse mediatico suscitato negli ultimi anni e anche delle insinuazioni formulate contro di esso, anche quando non sono giustificate. Il GIS e il Gruppo servizio informazioni hanno reso impossibile ogni ricostruzione ulteriore dei fatti rimproverati loro. Non soltanto non sono più in grado di giustificarsi, ma nemmeno la stessa autorità di vigilanza può discolparli.

È indispensabile e urgente ripensare sia l'archiviazione dei documenti sia le prescrizioni relative alla tutela del segreto. Durante l'analisi dei documenti (ancora disponibili) della direzione del SIS, la DCG non ha potuto esimersi dal pensare che la loro classificazione come documenti segreti non avveniva in funzione degli interessi di 2010

sicurezza dello Stato, ma piuttosto aveva lo scopo di evitare che i contatti del Servizio informazioni divenissero oggetto di una discussione politica. Il rapporto della direzione del SIS intitolato «Von den nachrichtendienstlichen Beziehungen zu Südafrika» («Sulle relazioni con il Sudafrica in materia di servizi d'informazione», il testo originale in tedesco non è stato tradotto), classificato «segreto», si limita essenzialmente ad apprezzamenti politici noti a chiunque a quei tempi si interessasse un poco dell'argomento (cfr. n. 6.2). I verbali degli incontri e dei colloqui, come già menzionato, non sembrano assolutamente adeguati sotto il profilo dello sfruttamento delle fonti d'informazione (cfr. n. 4.3.6). Nemmeno la panoramica dei contatti con il Sudafrica redatta dalla direzione del SIS (cfr. n. 6.4) contiene informazioni suscettibili di minacciare gli interessi dello Stato in materia di sicurezza. Essa documenta tuttavia ampiamente l'ordine di grandezza dei contatti con il regime dell'apartheid sudafricano ed è potenzialmente in grado di dar luogo a una discussione politica sulle attività del Servizio informazioni.

Le discussioni degli ultimi anni hanno mostrato chiaramente che il Servizio informazioni non svolge le sue attività in un ambiente apolitico. Esso è al contrario viepiù integrato nel corpo delle autorità dello Stato che operano per il bene dei cittadini e che perseguono gli scopi stabiliti nella Costituzione federale.26 In questa prospettiva va da sé che in un regime democratico neppure il Servizio informazioni può sfuggire alla discussione pubblica invocando presunti interessi inerenti la tutela del segreto.

Possono beneficiare del segreto soltanto le informazioni la cui divulgazione potrebbe effettivamente rappresentare un rischio per la libertà e la sicurezza dello Stato e dei suoi cittadini. Le valutazioni politiche, le simpatie e le preferenze del Servizio informazioni non rientrano manifestamente in tale categoria. Il clima politico del periodo in esame era del tutto diverso da quello o dicono e ora si tratta di stabilire fatti ­ superati da tempo sotto il profilo dell'attualità ­ in una prospettiva storica.

Con il tempo le informazioni dei Servizi d'informazione perdono sia il loro valore sia il loro carattere esplosivo. La legge sull'archiviazione tiene conto di ciò
istituendo termini di protezione dei fondi archiviati.

Infine la DCG sottolinea che la distruzione su ampia scala dei documenti del GIS e del Gruppo servizio informazioni era una prassi già in voga sotto i predecessori di Peter Regli. Anche se dopo essere entrato in servizio quale SCSM SI Regli ha perpetuato tale prassi senza porsi domande, i rimproveri non sono rivolti a lui solo.

Nonostante avesse già lasciato la sua funzione, Peter Regli è stato nuovamente incaricato di classificare e di archiviare fascicoli del GIS e del Gruppo servizio informazioni (anche documenti risalenti all'epoca dei suoi predecessori). Tale questione è trattata, così come il tema delle distruzioni di documenti avvenute in tale ambito, nel numero 8.2.

5

Ambiente politico in Sudafrica ai tempi dell'apartheid

Prima di analizzare in dettaglio la collaborazione del Servizio informazioni con il Sudafrica, la DCG ha ritenuto opportuno descrivere brevemente la situazione di quel Paese all'epoca del regime dell'apartheid. Naturalmente la presentazione non è esaustiva; ulteriori informazioni scaturiranno per esempio dai risultati del Program26

Cfr. art. 2 Cost.

2011

ma nazionale di ricerca PNR 42+ sulle relazioni tra la Svizzera e il Sudafrica (non ancora pubblicate).

5.1

Evoluzione politica del Sudafrica e risoluzioni dell'ONU

Dopo la vittoria elettorale del Partito nazionale nel 1948, il Sudafrica praticò una politica di segregazione razziale che discriminava la maggioranza nera della popolazione. All'inizio degli anni Sessanta i più importanti movimenti d'opposizione all'apartheid, tra cui il Congresso nazionale africano (African National Congres, ANC), furono dichiarati fuori legge. Dopo l'uscita del Sudafrica dal Commonwealth nel 1961 e l'inasprimento della sua politica repressiva, l'Assemblea generale dell'ONU raccomandò, con la risoluzione 1761, rimasta per lo più lettera morta, la rottura delle relazioni diplomatiche ed economiche con il Sudafrica. In seguito a una retata condotta contro il quartier generale di Umkhont we Sizwe ­ il movimento guerrigliero dell'ANC ­ il Consiglio di sicurezza dell'ONU adottò nel 1963 due risoluzioni in cui raccomandava un embargo sulle esportazioni di materiale bellico (risoluzioni 181 e 182).

Verso la metà degli anni Settanta, dopo un periodo di calma passeggera, scoppiò una nuova ondata di violenza e di repressione. Dopo il conseguimento dell'indipendenza i regimi giunti al potere in Mozambico e in Angola appoggiarono la lotta dell'ANC.

e divennero a loro volta il bersaglio di movimenti di guerriglia (RENAMO27 e UNITA28) sostenuti dal regime ufficiale sudafricano. Dopo la rivolta di Soweto (16 giugno 1976) e l'assassinio del capo del movimento Black Consciousness, il Consiglio di sicurezza dell'ONU adottò la prima (e unica) risoluzione vincolante nei confronti del Sudafrica. Tale risoluzione (risoluzione 418) del 4 novembre 1977 obbligava gli Stati membri delle Nazioni Unite a decretare l'embargo sull'esportazione di armi a destinazione del Sudafrica.

Per quanto concerne la presente inchiesta il passaggio seguente ­ tratto dal rapporto del gruppo di lavoro interdipartimentale Svizzera/Sudafrica del luglio 1999 ­ è particolarmente interessante per il periodo posteriore al 1985: «[...] Le sanzioni economiche sono state proclamate su larga scala soltanto nel 1985­1986. Esse erano molto spesso accompagnate da 'misure positive', da campagne civiche per il ritiro degli investimenti e da misure d'isolamento culturale e sportivo. Il regime di Pretoria non riusciva infatti a convincere della sua volontà di smantellare a breve termine il sistema dell'apartheid e di abbandonare la sua
politica repressiva. La nuova Costituzione consentiva ai 'meticci' e agli 'indiani' l'accesso in Parlamento, ma negava i diritti politici ai 'neri'; nel 1984 il Consiglio di sicurezza dell'ONU la dichiarò nulla. L'ANC invitò 'all'offensiva generale contro la dittatura militare'. Lo stato di emergenza fu proclamato a livello nazionale nel giugno del 1986 sino al giugno del 1990. Gli arresti e le detenzioni si moltiplicarono.

Il 26 luglio 1985 il Consiglio di sicurezza adottò la sua prima risoluzione (569) che raccomandava sanzioni globali contro il Sudafrica: sospensione di nuovi investimenti, divieto di vendita di Krügerrands, soppressione dei crediti all'esportazione con garanzia pubblica, divieto di nuovi contratti nucleari e della vendita di materiale informatico 27 28

Resistência Nacional de Moçambique (Movimento di resistenza nazionale del Mozambico).

União Nacional para a Independência Total de Angola (Movimento popolare di liberazione dell'Angola).

2012

suscettibile di essere impiegato dall'esercito e dalla polizia. Le proposte volte a rendere tali sanzioni obbligatorie si urtarono al veto americano e britannico.

Gli Stati Uniti applicarono tuttavia sanzioni abbastanza severe, concernenti l'esportazione di materiale informatico, l'importazione di Krügerrands, i prestiti bancari e la cooperazione militare (1985), e poi ­ in particolare ­ l'importazione di uranio, di carbone, di ferro e acciaio nonché l'esportazione di petrolio e di tecnologia nucleare (Comprehensive Anti-Apartheid Act dell'ottobre 1986). Il Congresso accettò il secondo pacchetto di sanzioni e respinse il veto del presidente Reagan. [...]

Per quanto concerne la Comunità economica europea il divieto d'importare Krügerrands e taluni prodotti derivati dal ferro e dall'acciaio nonché di procedere a nuovi investimenti diretti si applicò dalla fine settembre del 1986 a tutti i Paesi membri; il divieto di importare carbone, deciso contemporaneamente agli altri, non era invece vincolante. Un anno prima i ministri degli affari esteri della CEE si erano accordati in merito a un programma comprendente segnatamente misure restrittive in ambito militare, nucleare, petrolifero, culturale e sportivo. [...]

La sostituzione di P. W. Botha con F. W. De Klerk alla presidenza della Repubblica sudafricana nel settembre 1989 avvenne nell'ambito di una distensione Est-Ovest e del raggiungimento dell'indipendenza da parte della Namibia; il Sudafrica aveva occupato militarmente tale Paese in base a un mandato (contestato dalle Nazioni Unite sin dal 1966). Da allora si assistette alla liberazione di prigionieri politici (fra cui il più celebre tra questi, ossia Nelson Mandela), alla levata dello stato di emergenza nonché del divieto dell'ANC (1990), all'abrogazione delle grandi leggi dell'apartheid (1991) e all'istituzione di un processo di negoziati al termine del quale si giunse alle prime elezioni democratiche (aprile 1994). Nelson Mandela fu così eletto presidente della Repubblica. Le sanzioni economiche e l'embargo militare furono revocati.»29

5.2

Posizione ufficiale della Svizzera

Il rapporto citato del gruppo di lavoro interdipartimentale Svizzera/Sudafrica riassume la posizione ufficiale della Svizzera come segue: «[...] La Svizzera non ha mai rotto le relazioni diplomatiche iniziate nel 1952. Come tutti gli altri Stati essa ha sempre rifiutato di riconoscere 'l'indipendenza' degli Homeland (Transkei, Bophuthatswana, Venda e Ciskei). La prima visita di un consigliere federale in Sudafrica ­ quella di Flavio Cotti nel settembre del 1994 ­ si è svolta dopo le prime elezioni democratiche.

Il divieto di esportazione di materiale bellico è stata annunciato il 6 dicembre 1963, contemporaneamente alle prime raccomandazioni del Consiglio di sicurezza dell'ONU, e ha preceduto di 14 anni la risoluzione vincolante (risoluzione 418). Il fatto che il divieto non si estendesse (o non venisse esteso) al materiale fabbricato sotto licenza all'estero o a quello installato sui PC-7 avrebbe dato adito a molte critiche.

La prima 'condanna morale' dell'apartheid a livello internazionale vi è stata nel maggio 1968; fu espressa dall'ambasciatore August R. Lindt in occasione della Conferenza della Nazioni Unite sui diritti dell'uomo (Teheran). Tale condanna fu ripresa nel 1977 (Conferenza mondiale sull'azione contro l'apartheid a Lagos) e successivamente anche in altre occasioni.

Nella sua dichiarazione del 22 settembre 1986 il Consiglio federale chiedeva la liberazione dei detenuti politici e riteneva necessario il mantenimento del dialogo 'sia con il governo sudafricano che con i rappresentanti degli altri partiti interessati' poiché ­ aggiunse ­ soltanto il dialogo può condurre a soluzioni accettabili da tutti. In tal senso la Svizzera ha sostenuto finanziariamente un incontro a Dakar tra i rappresentanti dell'ANC, delle cerchie economiche interessate e dell'opposizione sudafricana (luglio 1987); è stato inoltre ricordato che secondo il diritto sudafricano l'ANC era considera29

Rapporto del gruppo di lavoro interdipartimentale Svizzera/Sudafrica intitolato «Le relazioni tra la Svizzera e i Sudafrica», Berna, luglio 1999, pagg. 5 e 6.

2013

ta illegale e che un incontro ­ ovunque si svolgesse ­ con i suoi rappresentanti era parimenti illegali. La Svizzera ha inoltre sostenuto l'iniziativa segreta di un avvocato sudafricano, Richard Rosenthal, che cercava di facilitare i contatti diretti tra l'ANC e il governo sudafricano (1987-1989).»30

Malgrado i numerosi interventi parlamentari, il Consiglio federale ha invece in seguito rifiutato di applicare sanzioni economiche contro il Sudafrica. Nondimeno sono stati presi due provvedimenti: il «plafond», introdotto nel 1974 nell'ambito dell'esportazione di capitali e la «vigilanza statistica», istituita dopo la dichiarazione del 22 settembre 1986.

5.3

Esportazione di materiale bellico

Il 6 dicembre 1963, dopo che l'ONU aveva adottato per la prima volta una risoluzione non vincolante concernente l'embargo sull'esportazione di materiale bellico, il Consiglio federale decise di non autorizzare nuove esportazioni di armi a destinazione del Sudafrica. Soltanto 14 anni dopo, ossia il 4 novembre 1977, venne adottata la risoluzione 418 del Consiglio di sicurezza dell'ONU, che prevedeva l'embargo vincolante per tutti i membri della Nazioni Unite sull'esportazione di armi. Queste due misure furono abrogate dopo lo svolgimento delle prime elezioni libere: il Consiglio di sicurezza dell'ONU tolse il divieto il 25 maggio 1994, seguito dalla Svizzera il 21 dicembre 1994. In proposito il gruppo di lavoro interdipartimentale Svizzera/Sudafrica ha fatto le constatazioni seguenti: «[...] Il campo d'applicazione dell'embargo sulle armi deciso dalla Svizzera e quello dell'ONU non erano identici. Oltre alle armi, le munizioni, i veicoli militari, gli equipaggiamenti di polizia e i pezzi di ricambio paramilitari, la risoluzione del 4 novembre 1977 vietava anche i contratti di licenza per la fabbricazione di tali prodotti. I contratti di licenza non rientravano per contro nel campo d'applicazione dell'embargo elvetico, poiché né la decisione del Consiglio federale del 28 marzo 1949 né la legge sul materiale bellico ­ che costituiva dal 1972 la base per il divieto delle esportazioni ­ menzionava il trasferimento di diritti della proprietà immateriale o di contratti di licenza.

L'autorità di vigilanza non era pertanto in grado di controllare la conclusione di eventuali contratti di licenza per materiale bellico con partner sudafricani. È difficile sapere se l'embargo sulle armi è stato aggirato in tal modo e, se del caso, in quale misura.

Durante gli anni dell'embargo sulle armi, la Svizzera ha esportato alcune armi da fuoco portatili e armi corte da fuoco con relative munizioni destinate a privati e a società di tiro nonché esplosivi e sostanze chimiche ad uso civile; tutto questo per un importo massimo di circa 300 000 franchi nel 1983. Gli Stati Uniti, che hanno rimproverato alla Svizzera di consentire al Sudafrica di aggirare l'embargo sulle armi, non hanno mai potuto fornire prove a sostegno delle loro accuse. Per quanto concerne l'embargo obbligatorio sulle armi, il Ministero pubblico della
Confederazione ha conosciuto un solo caso di violazione, che è stato sanzionato penalmente.

In questo contesto occorre pure menzionare la vendita al Sudafrica di 60 aerei PC-7.

Alla fine del 1992, dopo che il comitato delle sanzioni dell'ONU chiese al Consiglio federale di vietare l'esportazione di suddetti apparecchi, quest'ultimo decise che la vendita sarebbe stata possibile se gli aerei fossero stati modificati in modo tale da impedire ogni armamento ulteriore. Il 1° giugno 1993 autorizzò la vendita dopo che un rappresentante dell'ANC in visita in Svizzera diede il suo accordo per la consegna. Gli aerei furono recapitati dopo le libere elezioni del 1994.»31

30 31

Op. cit. pag. 7.

Op. cit. pagg. 14 e 15.

2014

6

Collaborazione con il Servizio informazioni militare del Sudafrica

6.1

Servizi d'informazione militare del Sudafrica

Dal rapporto della Biblioteca militare federale sugli aspetti delle relazioni in materia di servizi d'informazione e di esercito tra il Sudafrica e altri Stati, pubblicato nel novembre 2002, risulta che tra i servizi d'informazione di Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Germania Ovest e Israele esisteva durante la guerra fredda un mercato comune per lo scambio di informazioni e che per taluni temi vi avevano partecipato anche i Servizi segreti sudafricani. Nel rapporto si conclude che: «Mentre i governi occidentali mettevano viepiù al bando il regime dell'apartheid, ciò era molto meno il caso per i loro servizi d'informazione.»32 [traduzione] Nel summenzionato rapporto della Biblioteca militare federale il Servizio informazioni sudafricano viene descritto come segue: «[...] Il Servizio informazioni sudafricano (BOSS, Bureau of State Security) disponeva di informazioni sulle regioni di crisi dell'Africa australe, ma anche sull'Unione Sovietica, importanti per gli Stati Uniti, l'Europa occidentale e Israele.

Il BOSS fu fondato nel 1969 con il sostegno della Central Intelligence Agency americana, la CIA. Lo dirigeva il generale Hendrik Van Den Bergh, molto vicino all'allora primo ministro John Vorster. A causa dell'efficacissima attività del BOSS all'inizio degli anni Settanta, gruppi d'opposizione come l'ANC dovettero darsi alla clandestinità o disciogliersi. Il BOSS fu criticato sin dall'inizio per i suoi metodi discutibili. Per questa ragione Van Den Bergh fu congedato da P. W. Botha, succeduto a Vorster quale primo ministro. Nel 1978 il BOSS fu ristrutturato e il nome cambiato in National Intelligence Service (NIS). Quest'ultimo intratteneva strette relazioni con l'esercito e la polizia. La Military Intelligence Division (MID) era responsabile di numerose operazioni speciali all'interno e all'estero contro il movimento dell'African National Congress (ANC). Dal 1987 disponeva di un servizio speciale, il Civil Cooperation Bureau (CCB), che tra l'altro fu anche incaricato dell'eliminazione di persone. Dopo che nel 1991 ne fu rivelata l'esistenza, il CCB fu disciolto.

Fino alla fine del 1994, il Servizio informazioni sudafricano era costituito dal National Intelligence Service (NIS), dal Servizio informazioni militare Military Intelligence Division (MID) e dai Servizi d'informazione della polizia. In totale, nei vari servizi, lavoravano circa 14 000 persone.»33

6.2

Instaurazione di relazioni periodiche con il Servizio segreto militare del Sudafrica

Nel giugno 1999, il Gr info ha redatto il rapporto «Von der Zusammenarbeit mit ausländischen Nachrichtendiensten» («Sulla cooperazione con i servizi d'informa32

33

Witschard, Jean-Pierre; Odermatt, André: Aspekte der nachrichtendienstlichen und militärischen Beziehungen zwischen Südafrika und den USA, Grossbritanien, Israele, Argentinien, Portugal, der Sowjetunion, Kuba, Belgien und Frankreich zur ApartheidZeit, Biblioteca militare federale, novembre 2002, p. 2.

Idem, p. 2.

2015

zione esteri» [traduzione], esiste soltanto in tedesco) e, quale allegato a quest'ultimo, il rapporto complementare «Von den nachrichtendienstlichen Beziehungen zu Südafrika» («Sulle relazioni con il Sudafrica in materia di servizi d'informazione» [traduzione], esiste soltanto in tedesco). Nell'introduzione del secondo rapporto si spiega come, dall'inizio degli anni Settanta, il Servizio informazioni militare del Sudafrica abbia tentato a più riprese di prendere contatto con il GIS. I primi concreti sondaggi avrebbero avere avuto luogo in occasione di una visita di cortesia che l'addetto alla difesa sudafricano, accompagnato da un rappresentante di alto rango del Servizio informazioni militare, avrebbe reso al SCSM SI il 16 maggio 1977. Il 23 novembre 1978 il SCSM SI avrebbe reso una dichiarazione, non vincolante nei confronti di un altro visitatore sudafricano, che avrebbe esaminato l'opportunità di uno scambio di informazioni. All'inizio dell'estate del 1979 ­ dopo una nuova visita di un rappresentante sudafricano (a quanto sembra il 1° maggio 1979) ­ era stato stabilito che «sembrerebbero comunque prevalere gli svantaggi dei costi e dei maggiori oneri connessi agli scambi, alle consultazioni tecniche e alle visite» [traduzione] ma che erano necessari ulteriori accertamenti.

Per giustificare tale decisione, nel rapporto del Gr info si fece riferimento alla situazione di minaccia causata all'epoca dall'ex Unione Sovietica. Senza qualsivoglia rielaborazione e analisi storica ­ il rapporto del Gr info risale pur sempre al 1999 ­ vi si trovano per lo più considerazioni generali sulla valutazione della situazione politica di allora in Africa australe. Dal rapporto non è possibile trarre alcun elemento essenziale. Per contro, anche da esso risulta chiaramente che persino dieci anni dopo la caduta del muro di Berlino, il Gr info era rimasto fermo a una mentalità da guerra fredda.

Dall'instaurazione di un costante scambio di informazioni con il Sudafrica il GIS si riprometteva un «migliore accesso alle informazioni relative ad avvenimenti nelle aree di crisi e di guerra dell'Africa nera» [traduzione] e sperava «per quanto riguarda il settore della tecnica militare, di potere utilizzare nuove conoscenze per migliorare gli sforzi difensivi del nostro esercito in caso di attacco da parte del Patto di
Varsavia, allora ritenuto possibile o comunque non escludibile.» [traduzione] Per finire ­ come ammette apertamente il Gr info nel suo rapporto ­ «anche la lotta condotta dai Sudafricani all'interno del Paese contro la sovversione comunista, la guerra mascherata e indiretta nonché le esperienze e gli insegnamenti che vi si potevano trarre erano per noi interessanti.» [traduzione] Furono valutati in maniera negativa unicamente, da un lato, i maggiori oneri per lo scambio di informazioni e le consultazioni tecniche e, dall'altro, i costi elevati nell'intrattenere i contatti. Per contro «la politica dell'apartheid è stata certo indicata [...] come un fattore importante nell'elenco dei possibili ostacoli alle relazioni» [traduzione]; non costituiva però ­ eccezion fatta per i possibili ostacoli ­ un criterio di decisione a se stante.

Nello stesso senso si espresse l'ex capo del Servizio informazioni delle truppe d'aviazione e di difesa contraerea (SIADCA; oggi Servizio informazioni delle Forze aeree, SIFA), spiegando dinanzi alla DCG che non si era pensato a una rottura delle relazioni a causa del regime dell'apartheid; per lui «i Sudafricani erano partner che ne capivano di guerra aerea e delle cui conoscenze potevamo approfittare.» [traduzione] Dopo avere proceduto a un'analisi interna, il capo della Sezione acquisizione fu incaricato di operare accertamenti sui Servizi d'informazione sudafricani. Dal 14 al 19 ottobre 1979 vi fu la prima visita ufficiale di un collaboratore d'alto rango della 2016

GIS in Sudafrica. Sulla base del resoconto steso dal capo della Sezione acquisizione, «nel novembre 1979 il SCSM SI decise di avviare uno scambio di informazioni reciproco con la Directorate Military Intelligence Division (MID) delle South African Defense Forces (SADF), le Forze armate sudafricane.» [traduzione] Dopo un'altra visita (dal 2 al 5 aprile 1980) all'allora SCSM SI da parte di una delegazione sudafricana, vi furono in seguito singole consultazioni tecniche a livello di specialisti. Il 10 maggio 1981, una delegazione sudafricana rese nuovamente visita al SCSM SI a Berna, prima che, dal 10 al 18 marzo 1982, avesse luogo la prima visita ufficiale a livello di capi in Sudafrica (il divisionario Mario Petitpierre, SCSM SI dal 1981 al 1988). Il programma della visita comprendeva tra l'altro la Centrale di informazioni Silvermine dei Servizi segreti americani e la fabbrica d'armi ARMSCOR34.

Lo scambio di informazioni tra la GIS e la MID avvenne dapprima attraverso il Servizio di corriere diplomatico. L'interlocutore per la GIS era l'addetto alla difesa del Sudafrica, residente dapprima a Vienna e, dal dicembre 1980, a Berna.

La necessità di ricorrere al Servizio di corriere diplomatico venne meno dopo che il 1° novembre 1983 fu inaugurato un collegamento telex cifrato tra i due servizi. In questo contesto appare sorprendente anche il fatto che all'inizio degli anni Ottanta la Svizzera fosse l'unico Paese europeo a ospitare un addetto alla difesa sudafricano; tutti gli altri Stati europei avevano rifiutato o ritirato l'accreditamento in seguito alle diverse risoluzioni dell'ONU.

Contraddittorie sono le affermazioni nel summenzionato rapporto del Gr info riguardo ai servizi partner sudafricani. Dapprima viene affermato che il GIS si sarebbe limitato «a instaurare esclusivamente contatti con la Military Intelligence Division: lo spettro d'interessi da parte nostra e la professionalità in materia di servizi d'informazione da parte della MID sono stati i fattori determinanti per scegliere di scambiare informazioni solamente con quel servizio.» [traduzione] Due pagine dopo si trova però un elenco dei contatti che il GIS aveva intrattenuto anche con il Servizio informazioni interno ed estero del Sudafrica (National Intelligence Service, NIS) e con il Servizio di sicurezza della polizia (Security
Branch South African Police, SAP).

Dopo l'esposizione riassuntiva delle sue relazioni con i Servizi d'informazione del Sudafrica, nel suo rapporto del giugno 1999 il Gr info tiene a precisare che non si può parlare di stretta collaborazione con il Sudafrica: «Non può perciò che esservi ignoranza, eccessiva semplicioneria, provocazione intenzionale o malignità mirata nell'imputare al SIS di essere stato a conoscenza dei progetti di armamenti nucleari, chimici e biologici segreti dei Sudafricani. Chi oserebbe rive-

34

Riguardo alla ditta sudafricana ARMSCOR (Armaments Development and Production Corporation) va osservato che è stata fondata lo stesso anno in cui il Consiglio di sicurezza dell'ONU aveva adottato la risoluzione 418 del 4 novembre 1977, che imponeva così a tutti gli Stati membri un embargo, vincolante, sulle armi nei confronti del Sudafrica. Essa non era solamente responsabile dello sviluppo, del marketing e della vendita di beni d'armamento, bensì anche del loro acquisto. Alla fine degli anni Ottanta impiegava circa 23 000 persone direttamente e altre 132 000 in imprese private. La ARMSCOR controllava altre otto imprese di armamenti: la Lyttelton Engineering Works (cannoni), la Atlas Company (aerei), la Naschem (munizioni di grosso calibro), la Somchem (carburanti ed esplosivi), la Pretoria Metal Pressings (munizioni di piccolo calibro), la Swartklip (esplosivi), la Kentron Missiles (strumenti ottici) e la Musgrave (fucili per il tiro sportivo e fucili di precisione).

2017

lare volontariamente informazioni 'top secret'? E per di più al Servizio informazioni per l'estero della Svizzera!» [traduzione]

6.3

Politica estera svizzera e contatti in materia di servizi d'informazione del GIS, ovvero del Gr info

6.3.1

Posizione del DFAE

Fa parte dei principi della politica estera svizzera intrattenere relazioni diplomatiche con tutti gli Stati riconosciuti dal diritto internazionale pubblico, a prescindere dalla forma dello Stato e senza tenere conto del regime di governo. In tal senso, la Svizzera intrattenne gli usuali contatti diplomatici con il Sudafrica anche durante il periodo del regime dell'apartheid. Nonostante le molteplici relazioni diplomatiche, economiche e finanziarie, vi era però ­ come si espresse un ex segretario di Stato dinanzi alla DCG ­ unanimità in seno al DFAE nel pensare che il regime dell'apartheid in Sudafrica era un sistema «che noi non amavamo». [traduzione] Il DFAE era consapevole che la maggioranza della comunità internazionale condannava il sistema politico sudafricano e che aveva anche adottato misure contro di esso. Dopo avere preso atto di tale situazione e tenuto conto delle difficoltà, nonostante il crescente isolamento del Sudafrica la Svizzera mise a disposizione i suoi buoni uffici, con l'accordo di tutte le parti in conflitto. Il DFAE intrattenne perciò non soltanto le usuali relazioni diplomatiche con il regime ufficiale del Sudafrica, bensì curò anche i contatti con l'opposizione, in particolare con i rappresentanti dell'African National Congress (ANC). Così, ad esempio, l'allora capo del DFAE ricevette, da un lato, nel febbraio 1986, Roelof P. (Piek) Botha, il ministro degli esteri sudafricano e, dall'altro, nel giugno dello stesso anno, Oliver Tambo, il presidente dell'ANC. Per contro, il DFAE, e con esso il Consiglio federale, rinunciò quasi del tutto a contatti ufficiali ad alto livello con rappresentanti del regime dell'apartheid sudafricano; fatta eccezione per tre ricevimenti in Svizzera nel 1979, 1984 e 1988, non ebbero luogo altri contatti.35 Sebbene continuamente invitato, a livello di capo del Dipartimento o di segretario di Stato, a recarsi in Sudafrica, il DFAE declinò gli inviti con coerenza finché regnò il regime dell'apartheid. La prima visita ufficiale di un consigliere federale in Sudafrica ha infatti avuto luogo solamente dopo lo svolgimento delle elezioni libere del 1994.

6.3.2

Nessuna intesa con il capo del DFAE sui contatti con il Sudafrica in materia di servizi d'informazione

Dal rapporto del Gr info «Delle relazioni in materia di servizi d'informazione con il Sudafrica» del giugno 1999 si deve evincere che l'instaurazione di relazioni regolari con il Sudafrica non è né stata sottoposta al Consiglio federale in corpore né concor35

Cfr. il parere del Consiglio federale del 22 settembre 1986 ad 86.516 Interpellanza.

Sudafrica. Atteggiamento diplomatico e politico della Svizzera, del 19 giugno 1986 (Boll.

uff. 1986 N 1503). Cfr. anche il parere del Consiglio federale del 23 novembre 1988 ad 88.1027 Interrogazione ordinaria. Visita del Primo ministro sudafricano, del 6 ottobre 1988 (Boll. uff. 1988 N 1984).

2018

data con il DFAE; anzi, l'allora GIS aveva deciso di intraprendere questo passo di propria iniziativa e senza discuterne con altri dipartimenti. In seno al Dipartimento risulta incerto se addirittura vi sia stata un'informazione in tal senso a destinazione del capo del Dipartimento, del segretario generale o per lo meno del capo dello Stato maggiore generale. Da una parte, è difficile immaginare che la direzione del Dipartimento non ne sapesse nulla. Dall'altra, è però anche certo che non ne voleva sapere nulla. Particolarmente interessante a tale proposito appare la dichiarazione di un ex segretario generale del DMF. Questi fece iscrivere a verbale dinanzi alla DCG che.

all'epoca in cui era in servizio, il capo del Dipartimento si sarebbe fatto un principio «di non volere sapere nulla del Servizio informazioni: se ci si immischiasse nelle sue attività operative, ci si rimarrebbe invischiati soprattutto se le cose dovessero andare male». [traduzione] Durante il periodo in cui fu in servizio presso la Segreteria generale del DMF non fu mai affrontata la questione dei contatti in materia di servizi d'informazione; aveva difficoltà a ricordarsi se si fosse mai parlato del Sudafrica; per lui e il DMF, il Sudafrica sarebbe divenuto un soggetto d'attualità soltanto dopo la sorprendente ordinazione dei PC-7 nel dicembre 1992.

La situazione viene giudicata in maniera del tutto differente da un ex segretario di Stato, che in occasione della sua audizione da parte della DCG spiegò di non potersi immaginare che i contatti con il Sudafrica avessero avuto luogo senza che il capo del Dipartimento ne fosse a conoscenza. Nella medesima direzione vanno le affermazioni di un ex capo dello Stato maggiore generale. Questi dichiarò dinanzi alla DCG che le attività e i contatti con l'estero del Servizio informazioni non erano stati concordati con lui. Peter Regli avrebbe sempre rifiutato di coinvolgere il GIS, ovvero il Gr info, a livello di Stato maggiore generale, ritenendo che il livello strategico si situasse ben al di sopra di quello militare. Di conseguenza ­ secondo questo ex segretario di Stato ­ per lo meno Peter Regli avrebbe preferito informare direttamente i consiglieri federali interessati.

Oggi non è più possibile giudicare con assoluta certezza quale delle due versioni è quella vera. Tuttavia, è certo
che la direzione del Dipartimento non ha assunto la propria responsabilità direttiva politica in merito ai contatti del Servizio informazioni con il Sudafrica. In proposito, appare del tutto irrilevante stabilire se essa non si sia occupata delle questioni del Servizio informazioni in generale oppure se non abbia riconosciuto le dimensioni politiche dei contatti con il regime sudafricano dell'apartheid. Per lo meno in due casi è stato possibile trovare chiare indicazioni che, in merito ai contatti con il Sudafrica, il DFAE era intervenuto direttamente presso il capo del Dipartimento militare (cfr. i n. 6.3.3.2 e 6.3.3.3). Da nessuno dei due interventi furono tuttavia tratte le conseguenze del caso.

6.3.3

Interventi del DFAE

6.3.3.1

Mancanza di consultazioni periodiche del DFAE e scarsità della base documentaria

Di regola, il DFAE non fu contattato dal GIS, ovvero dal Gr info. Non gli erano dunque noti neanche particolari sulle relazioni del Servizio informazioni con il Sudafrica. Quando il DFAE ­ per lo più casualmente ­ venne a sapere di singoli contatti o addirittura, eccezionalmente, fu coinvolto nel processo decisionale, esortò periodicamente il GIS, ovvero il Gr info, a dare prova di maggiore cautela ricordan2019

do la posizione ufficiale della Svizzera. Se però ­ per citare nuovamente un ex segretario di Stato del DFAE ­ «il capo del Dipartimento o il capo dello Stato maggiore generale non ordina l'interruzione dell'esercizio, il DFAE non può fare nulla.» [traduzione] Da un lato, al DFAE non spettava alcun diritto di impartire istruzioni al DMF; dall'altro, i contatti del GIS, ovvero del Gr info, furono per lo più «autonomi a livello di servizi d'informazione» vale a dire tenuti direttamente tra servizio e servizio, aggirando tutti i canali ufficiali e mantenendo il più grande segreto possibile.

Appare sorprendente che, a differenza del GIS, ovvero del Gr info, il servizio informazioni civile della Confederazione, ossia il Servizio di analisi e prevenzione (SAP; un tempo Polizia federale [PF]), abbia periodicamente consultato il DFAE in merito all'opportunità politica di eventuali relazioni con Stati esteri.

Per le note ragioni, non esiste praticamente più, presso la Direzione del SIS, una documentazione scritta riguardante le consultazioni o gli interventi del DFAE e, presso il DFAE, essa è scarsa in considerazione della casualità con cui per lo più il dipartimento è giunto a conoscenza degli avvenimenti. Come il DFAE ha dichiarato nella sua risposta scritta al DCG, i contatti del Servizio informazioni svizzero con i servizi partner sudafricani ebbero luogo senza alcuna partecipazione delle rappresentanze diplomatiche. Il DFAE sarebbe «stato a conoscenza di contatti previsti o avvenuti tra militari svizzeri e rappresentanti sudafricani solamente in casi isolati».

[traduzione] Queste informazioni sarebbero «state messe a conoscenza del DFAE di regola per via indiretta (ad es. attraverso l'Ambasciata di Svizzera a Pretoria, che da parte sua in generale atteneva casualmente queste informazioni)». Le informazioni fornite per scritto dal DFAE sono state pienamente confermate nell'ambito delle audizioni dalle quali è risultato che l'Ambasciata di Svizzera a Pretoria sapeva ben poco dei contatti del GIS, ovvero del Gr info. Le poche informazioni di cui disponeva le erano venute a conoscenza per lo più soltanto casualmente e inoltre solo a cose fatte, ad esempio perché terzi le avevano segnalato i fatti capitati.

Le poche missive esistenti presso la DFAE provano che, ogni volta che gli si presentava l'occasione,
il Dipartimento responsabile degli affari esteri ha assunto un atteggiamento di distanza critica nei confronti del DMF riguardo al regime dell'apartheid sudafricano, in particolare sconsigliando contatti ufficiali di militari svizzeri di alto rango con rappresentanti di detto regime. Già in una lettera del 10 luglio 1980, il DFAE raccomandò al Protocollo militare di rinunciare, per ragioni politiche, alla prevista visita di una delegazione militare ­ all'epoca controversa ­proveniente da un Paese dell'America Latina. Anche se il motivo diretto di quella lettera non erano i contatti con il Sudafrica, fu motivato il parere negativo, tra l'altro, con «l'altrettanto inevitabile effetto di creare un precedente ([...] il Sudafrica e altri Stati esposti dovrebbero essere trattati allo stesso modo).» [traduzione]

6.3.3.2

Primo intervento documentato del DFAE nell'ottobre 1986

Nell'archivio del DFAE si trova, tra l'altro, un appunto documentale redatto il 10 ottobre 1986 dal capo della Divisione politica II a destinazione del suo superiore gerarchico, dal seguente tenore:

2020

«Negli ultimi giorni mi sono stati riferiti i seguenti fatti: 1. ...

2. Per il tramite dell'Ambasciata del Sudafrica a Berna è stato sondato per sapere se il DMF potrebbe entrare in considerazione uno scambio di piloti tra il Sudafrica e la Svizzera. Non dispongo di indicazioni più dettagliate riguardo a questo progetto. Tuttavia, la proposta dei sudafricani andrebbe esaminata seriamente, per competenza, dal DMF.

3. A quanto pare, nel corso di quest'anno militari di alto rango (i divisionari [...] e [...]), su invito di [...] si sono recati in [... (un Paese dell'Estremo Oriente)].

Sarebbe parimenti previsto di contraccambiare l'invito [generale ...]. Questa visita potrebbe avere già avuto luogo.

Nei casi 2 e 3 non sarebbe stata osservata la via di servizio. In nessun caso il DFAE è stato consultato in merito all'opportunità di simili progetti.» [traduzione, annotazione anonimizzata dalla DCG]

Evidentemente, in seguito vi fu un primo intervento formale del DFAE nei confronti del capo dello Stato maggiore generale. La visita di militari svizzeri di alto rango in Estremo Oriente costituì comunque l'argomento della riunione del 21 ottobre 1986 dello stato maggiore di direzione del DMF (oggi Direzione del DDPS). All'epoca, lo stato maggiore di direzione del DMF si riuniva ogni due settimane; alle riunioni partecipavano il capo del Dipartimento, il capo dello Stato maggiore generale, il capo dell'istruzione, il capo dell'armamento e il segretario generale del DMF.

Il verbale delle decisioni del 21 ottobre 1986 contiene la seguente indicazione (pagina 6): «[Il capo della Divisione politica II], l'ambasciatore X. (anonimizzato dalla DCG) del DFAE ha espresso nei confronti del CSMG [capo dello Stato maggiore generale] la sua preoccupazione sulle manifestazioni di militari svizzeri in [... (un Paese dell'Estremo Oriente)] e in Sudafrica. Il DFAE raccomanda un po' più di cautela nel caso di visite in tali Paesi.» [traduzione]

Inoltre, sull'esemplare trovato tra la documentazione della Direzione del SIS vi è l'annotazione manoscritta che «il segretario di Stato Brunner ha informato il capo del DMF». [traduzione] Per lo meno di questo fatto doveva dunque essere al corrente anche l'allora capo del Dipartimento (cfr. anche il n. 6.3.2). L'intervento del DFAE presso il capo del Dipartimento militare e il capo dello Stato maggiore generale non sortì invece il benché minimo effetto. Già tre settimane circa più tardi, l'allora SCSM SI ricevette a Berna, dal 13 al 16 novembre 1986, una delegazione di alto livello delle Forze armate sudafricane. Oltre al SCSM SI e al capo della Sezione valutazione, all'incontro parteciparono anche altri cinque relatori del DMF.

6.3.3.3

Secondo intervento del DFAE nel maggio 1987

Dopo che già nell'ottobre 1986 il DFAE aveva presentato un primo esposto alla Direzione del DMF e al capo dello Stato maggiore generale a causa dei contatti con il Sudafrica, nella primavera del 1987 seguì un secondo intervento. Il 29 aprile 1987 l'addetto alla difesa sudafricano si era rivolto al Protocollo militare per sondare le possibilità di invitare una delegazione di alto rango di ufficiali svizzeri in Sudafrica; da parte sudafricana si pensò a tal proposito a «persone quali il capo dello Stato maggiore generale oppure il comandante delle truppe d'aviazione e di difesa contraerea, il capo di stato maggiore dell'istruzione operativa o anche il direttore dell'amministrazione militare federale». Il 29 aprile 1987 il Protocollo militare 2021

sottopose la richiesta, per parere, sia al capo dello Stato maggiore generale sia al DFAE.

Lo stesso giorno, la Divisione politica II del DFAE informò l'Ambasciata di Svizzera in Sudafrica dell'avvenuta richiesta, chiedendole di valutare la situazione. Il 18 maggio 1987 il DFAE si rivolse allo Stato maggiore dell'Aggruppamento dello stato maggiore generale comunicandogli quanto segue: «Con riferimento alla Vostra lettera del 29 aprile 1987, prendiamo posizione nel seguente modo in merito all'invito in Sudafrica menzionato nell'appunto dello stesso giorno destinato al capo dello Stato maggiore generale.

Una visita di alti militari svizzeri in Sudafrica al momento attuale non è opportuna dal punto di vista politico.

Nella sua dichiarazione del 22 settembre 1986 dedicata alle relazioni con il Sudafrica, il Consiglio federale ha tra l'altro rammentato la sua costante disponibilità a volere contribuire affinché possano essere superati i contrasti intrasuadfricani. I nostri sforzi in favore di un simile dialogo presuppongono però che l'atteggiamento assunto dalla Svizzera nei confronti del Sudafrica sia accettabile per tutte le parti coinvolte. Considerando che attualmente l'esercito sudafricano è impiegato sia per mantenere l'ordine interno nelle township nere sia nelle controverse operazioni commando negli Stati vicini, la visita di alti ufficiali svizzeri proprio a quell'esercito indebolirebbe la nostra credibilità agli occhi dell'opposizione, se non addirittura la metterebbe in forse.

La nostra Ambasciata a Pretoria ha da parte sua espresso i più grandi dubbi circa l'eventuale visita di militari svizzeri, facendo soprattutto presente che un viaggio del genere non sarebbe unicamente noto al pubblico, bensì verrebbe sfruttato a scopi propagandistici dal Governo. È superfluo insistere in modo particolare sul fatto che, una volta nota, una visita di militari nocerebbe alla Svizzera anche a livello internazionale, senza contare le inevitabili conseguenze nel nostro Paese dal profilo della politica interna.

Per quanto appena detto, rimaniamo dell'opinione che un'eventuale visita di una delegazione militare svizzera in Sudafrica è inopportuna per ragioni politiche.» [traduzione]

Il 20 maggio 1987, facendo riferimento al parere negativo del DFAE, il Protocollo militare chiese quindi al capo dello Stato maggiore generale di trattare l'affare nello stato maggiore di direzione del DMF. Il verbale delle decisioni di quest'ultimo del 1° giugno 1987, al punto «contatti con l'estero», indica: «L'invito ufficiale a rappresentanti di alto rango del DFAE affinché visitino installazioni militari in Sudafrica, che giungerà nei prossimi giorni dall'addetto alla difesa sudafricano, va declinato dopo consultazione con il DFAE.

L'invito pervenuto da parte sudafricana all'ex comandante delle truppe d'aviazione e di difesa contraerea, il comandante di corpo Wyler [a quanto sembra quale privato], può essere accettato solamente se non riveste alcun carattere ufficiale. L'invito va ancora sottoposto al Protocollo militare. [...]

Il capo del Dipartimento auspica che, ancora quest'anno, vengano riconsiderate le prassi per le visite reciproche. In questo settore deve essere introdotta una certa cautela.» [traduzione]

Sull'esemplare trovato tra la documentazione della Direzione del SIS, riguardo all'ultimo punto del verbale delle decisioni vi è l'annotazione manoscritta «erl. an USC NA 09.06.87» [liquidato a destinazione del SCSM SI il 09.06.87] [traduzione], il che non può significare altro che il capo dello Stato maggiore generale aveva incaricato l'allora SCSM SI di riconsiderare le prassi per le visite reciproche e, nel farlo, di mostrare una maggiore cautela.

2022

Sulla base dei due verbali dello stato maggiore di direzione del DMF menzionati si deve presupporre che i contatti con il Sudafrica avevano costituito argomento di discussione nel massimo organo direttivo del Dipartimento sia nell'autunno del 1986 sia nella primavera del 1987 e che anche il GIS ne era informato. Ciò nonostante, non fu trovato alcuno indizio secondo cui, nel quadro di questa controversia, il SCSM SI ­ il divisionario Petitpierre ­ avrebbe informato i suoi superiori gerarchici delle relazioni con il Servizio informazioni sudafricano instaurate già nel novembre 1979 e istituzionalizzate definitivamente con la conclusione della convenzione sulla protezione delle informazioni nel marzo 1983 e con l'installazione di un collegamento telex cifrato nel novembre 1983 (cfr. n. 6.2). Occorre perciò partire dal presupposto che questi fatti siano stati intenzionalmente taciuti alle autorità superiori.

Tuttavia, quando qui fu mostrato il verbale delle decisioni dello stato maggiore di direzione del DMF, l'allora segretario generale del DMF dichiarò che all'epoca era partito dal principio che il senso della raccomandazione dello stato maggiore di direzione del DMF consisteva nel non farsi scoprire.

Il 3 giugno 1987, in esecuzione della decisione dello stato maggiore di direzione del DMF, il capo del Protocollo militare comunicò all'addetto alla difesa sudafricano che, al momento attuale, «purtroppo non [vediamo] alcuna possibilità di inviare una delegazione militare in visita nella Repubblica del Sudafrica. Vi invitiamo perciò a rinunciare a presentare un invito ufficiale». [traduzione] E come già dopo la prima decisione dello stato maggiore di direzione del DMF, anche dopo il secondo intervento del massimo organo direttivo vi fu già tre settimane più tardi, dal 22 al 25 giugno 1987, una nuova visita di una delegazione sudafricana presso il GIS a Berna.

Un altro mese e mezzo dopo, il 13 agosto 1987, Peter Regli, allora ancora capo del SIADCA, fece pervenire all'addetto militare sudafricano cinque riprese fotografiche dell'aeroporto di Luanda (Angola) datate maggio 1987, un atto assai delicato anche dal profilo della politica di neutralità. E circa cinque mesi dopo la decisione dello stato maggiore di direzione del DMF, dal 25 ottobre al 1° novembre 1987, l'allora SCSM SI, il divisionario
Petitpierre, si recò in Sudafrica per un'altra visita a livello di capi. All'incontro presenziarono 41 persone da parte sudafricana. In tutto questo, sembra evidentemente essergli completamente sfuggito che appena poco tempo prima, per il tramite del capo dello Stato maggiore generale, aveva ricevuto l'incarico da parte del capo del Dipartimento di riconsiderare, entro l'anno, le prassi per le visite reciproche e di usare una maggiore cautela.

6.3.3.4

Incontri casuali in Sudafrica

La visita dell'allora SCSM SI dal 25 ottobre al 1° novembre 1987 suscitò una certa confusione, per molti versi imbarazzante. Il 30 ottobre 1987, l'Ambasciata di Svizzera a Pretoria segnalò via telex alla Divisione politica II del DFAE che il 29 ottobre 1987, su invito della Camera economica sudafricana, un membro dell'ambasciata aveva preso parte alla visita a una miniera. Questi sarebbe stato molto sorpreso di venire a sapere dal direttore della miniera, in presenza di tre diplomatici stranieri, che proprio il giorno prima era passato di lì un generale svizzero in visita ufficiale in Sudafrica. Questo generale sarebbe stato nient'altri che il divisionario Petitpierre, giunto in elicottero in compagnia di generali sudafricani.

2023

Quest'incontro casuale in Sudafrica non era d'altronde assolutamente unico nel suo genere. Come ha spiegato un ex capo dello Stato maggiore generale in occasione della sua audizione da parte della DCG, il Sudafrica disponeva di un addetto alla difesa particolarmente intraprendente; vi sarebbe stato un intenso turismo e militari svizzeri si sarebbero talvolta succeduti senza soluzione di continuità in Sudafrica.

Che quest'affermazione lapidaria corrisponda effettivamente ai fatti è documentabile in maniera pertinente sulla base di un altro avvenimento: Peter Regli, all'epoca ancora nella sua qualità di capo del SIADCA, aveva soggiornato in Sudafrica assieme alla moglie dal 26 al 31 marzo 1988 su invito del Servizio informazioni sudafricano. Nello stesso periodo, anche l'allora segretario generale del DMF ­ e nel contempo membro dello stato maggiore di direzione del DMF ­ trascorreva «un viaggio di vacanza privato» («private Ferienreise») in Sudafrica. Il carattere privato del viaggio non gli impedì però evidentemente, con l'appoggio dell'esercito sudafricano, di recarsi in visita al fronte in Angola. Come spiegò dinanzi alla DCG, la visita era stata «interessantissima, e ho sentito per la prima volta odore di polvere.» [traduzione] Disse di essere stato invitato la sera del suo arrivo assieme alla moglie a una cena dall'ex addetto alla difesa sudafricano, che ben conosceva. Furono sorpresi di incontrarvi anche Peter Regli e la moglie. Non aveva discusso con Regli la ragione del viaggio di quest'ultimo in Sudafrica; aveva però supposto che questi vi si potesse trovare come capo del SIADCA.

6.3.3.5

Intervento del Comitato di direzione del DMF

A quanto pare, nell'autunno del 1983 era prevista la visita di una delegazione di generali sudafricani di alto rango. Non è stato possibile ricostruire gli scopi di questa visita. Per contro, l'allora capo dello Stato maggiore generale, su richiesta del 13 ottobre 1993 del capo di stato maggiore dell'istruzione operativa, aveva risposto: «Decisione del CD del 25.10.93 concernente la delegazione sudafricana: ­ non più quest'anno ­ massima cautela, rinviare ­ nessuna informazione al pubblico ­ regola: niente contatti finché c'è l'embargo sulla fornitura di armi» [traduzione]

Era dunque risaputo che il capo dello Stato maggiore generale, e con lui il Comitato di direzione del DMF, partiva dal principio che a livello militare non dovevano essere intrattenuti contatti fintanto che era in vigore l'embargo sull'esportazione di armi verso il Sudafrica.

6.3.3.6

Rinuncia deliberata a consultare il DFAE

Tra la documentazione del DDPS casualmente conservata e gli atti del DFAE si trovano singoli documenti che indicano che per lo meno il Protocollo militare, non però il GIS, era perfettamente consapevole dei problemi di politica estera legati ai contatti con il Sudafrica. Così, ad esempio, su una richiesta redatta dal medico in capo dell'esercito riguardo alla visita del 26 e 27 giugno 1980 del capo del comando militare medico del Transvaal del Sud, si trova l'annotazione del Protocollo militare: 2024

«Il DFAE (l'ambasciatore Brunner) non ha alcuna obiezione in merito alla visita.» [traduzione] In seguito, il capo dello Stato maggiore generale diede il suo consenso, apportando però una limitazione: «non accettare un invito in contraccambio» [traduzione] Il 3 aprile 1982, immediatamente dopo la prima visita ufficiale del SCSM SI in Sudafrica (dal 10 al 18 marzo 1982), a causa della prevista visita di una delegazione sudafricana alla Fabbrica federale d'aeroplani (F+W) di Emmen, l'addetto alla difesa sudafricano si rivolse al Protocollo militare. Quest'ultimo, il 26 aprile, comunicò al capo dello Stato maggiore generale (per la via di servizio attraverso il SCSM SI) che una visita poteva entrare in linea di conto «solamente autonoma dal profilo del SI [...] Altrimenti, si dovrebbe consultare ancora il DFAE, sul cui assenso è poco probabile contare.» [traduzione] È interessante notare come sulla relativa richiesta del 3 aprile 1982 dell'addetto alla difesa sudafricano si trovi l'indicazione dattiloscritta del Protocollo militare alla Sezione tutela del segreto con la quale ci si chiede se non si imponga la conclusione di una convenzione con il Sudafrica sulla protezione reciproca di informazioni confidenziali. Una successiva annotazione manoscritta precisa che «secondo la telefonata del 15.04.82 del sig. Stoll» [traduzione] una convenzione sarebbe in fase di preparazione. In merito a questa convenzione sulla protezione delle informazioni rimandiamo al numero 6.6.2.

A causa della mancanza di una documentazione in merito, non è stato più possibile chiarire se e quando questa visita abbia poi effettivamente avuto luogo. Vi è comunque da supporre che venne effettuata. In ogni caso esiste una documentazione attestante che il capo dell'armamento era intervenuto alla vigilia di un'altra visita nell'ottobre 1982. Criticava il fatto che l'Aggruppamento dell'armamento aveva già ricevuto due volte una delegazione sudafricana alla Fabbrica federale d'aeroplani (F+W) di Emmen, senza trarre mai profitto dai contatti con i Sudafricani. Aveva inoltre attirato l'attenzione sui dubbi di carattere politico, che rendevano necessaria una decisione del CSMG. È documentato dagli atti che il 16 ottobre 1982 una delegazione delle Forze aeree sudafricane fu ricevuta sull'aerodromo militare di Dübendorf.

L'ambiguità
dell'atteggiamento del GIS nei confronti del DFAE risulta evidente dal fatto che il DFAE non era stato consultato prima di passi decisivi quali l'instaurazione di relazioni periodiche, l'organizzazione dello scambio di piloti o la conclusione di una convenzione sulla protezione delle informazioni. Per contro, la richiesta del 23 settembre 1991, piuttosto insignificante, dell'addetto alla difesa sudafricano concernente l'ammissione di una delegazione sudafricana in uniforme alla «Marcia Svizzera di due giorni Berna-Belp» era stata previamente sottoposta per parere al DFAE ed era stata preavvisata positivamente dal Protocollo militare il 5 novembre 1991.

Di una resistenza addirittura deliberata nei confronti della direzione politica del DMF e in particolare contro il DFAE testimoniano talune considerazioni contenute nei verbali relativi ai contatti. Così, ad esempio, nel suo verbale sulla visita a livello di capi in Sudafrica nella primavera del 1994, Peter Regli scrive che la visita programmata allora, nell'autunno del 1993, di rappresentanti di alto rango dell'esercito sudafricano (cfr. in merito il n. 6.3.3.5) «era stata 'uccisa' ('gekillt') (dal DFAE (e dal DMF)» per ragioni politiche. Aveva raccomandato al suo interlocutore sudafri2025

cano di «venire dopo le elezioni con rappresentanti dell'ANC. In quel caso sarebbero stati certamente benvenuti!» [traduzione] La resistenza nei confronti della direzione del Dipartimento, del capo dello Stato maggiore generale e del DFAE derivava evidentemente da un orientamento diametralmente opposto della concezione politica del mondo. Mentre persino dieci anni dopo la caduta del muro di Berlino il Gr info rimase fermo a una mentalità da guerra fredda, il DFAE seguì gli sviluppi con interesse, mostrandosi più aperto. In definitiva, il Gr info non fu mai in grado di riconoscere il giudizio differenziato del DFAE.

Anzi, mantenne ostinatamente ­ in maniera addirittura testarda ­ la sua visione delle cose e non fu pronto a integrare altre opinioni nelle sue riflessioni. Si è già accennato alla mentalità che si manifesta nel rapporto del GR info «Della cooperazione con i servizi d'informazione esteri» del giugno 1999 (cfr. il n. 6.2). Si ritrova però anche nei verbali relativi ai contatti di Peter Regli e ­ tre anni dopo il cambiamento di potere in Sudafrica ­ in un verbale sulla sua visita dal 6 al 10 ottobre 1997.

6.4

Effettiva misura dei contatti del GIS e del Gr info con il Sudafrica

Si è già più volte accennato al fatto che la base documentaria risulta particolarmente scarsa poiché è stato distrutto un gran numero di atti. Di conseguenza, si rivela difficile il tentativo di ricostituire i contatti con il regime dell'apartheid del Sudafrica dell'epoca. Fatta eccezione per i verbali relativi ai contatti e per un compendio redatto dalla Direzione del SIS sulla base di accertamenti interni, non vi è altra documentazione. Quanto ai verbali relativi ai contatti, occorre inoltre fare notare che non sussiste alcuna garanzia che essi siano stati conservati integralmente. Da un lato, in occasione di precedenti accertamenti della DCG si è continuamente affermato che «la perlustrazione dei nostri archivi ha fornito informazioni molto modeste riguardo ai contatti con il Sudafrica» (scambio di piloti) [traduzione] o che i verbali sarebbero stati periodicamente distrutti. In occasione della sua audizione da parte della DCG del 17 marzo 1999, Peter Regli aveva spiegato esplicitamente che normalmente i verbali relativi ai contatti venivano distrutti ogni cinque anni, ma che erano ancora disponibili a partire dal 1992; e anche in occasione degli accertamenti in vista degli scambi di piloti con il Sudafrica, il 10 giugno 1993 aveva comunicato per scritto alla DCG che «le ricerche presso il Gr info hanno evidenziato che non esistono atti sullo scambio di piloti tra Svizzera e Sudafrica (dal 1983 al 1988).» [traduzione] Entrambe le affermazioni sono state infirmate nel quadro della presente inchiesta in quanto sono venuti alla luce sia verbali relativi ai contatti più vecchi sia singola documentazione sullo scambio di piloti.

Gli accertamenti della DCG mostravano che il Protocollo militare (cfr. il n. 6.2) era informato soltanto in rarissimi casi sui contatti con l'estero dei Servizi d'informazione svizzeri. In sostanza, solamente le richieste ufficiali dell'addetto alla difesa sudafricano passavano attraverso il Protocollo militare, mentre i «contatti autonomi a livello di servizi d'informazione» di regola non giungevano a sua conoscenza. In effetti, negli atti del Protocollo militare non si trova praticamente alcuna documentazione scritta che possa informare in merito alla misura e in particolare al tenore dei contatti con il Sudafrica in materia di servizi d'informazione. Mentre non aveva nulla da dire a proposito delle visite a livello di capi e delle consultazioni tecniche in 2026

tale settore, il Protocollo militare fu però consultato ufficialmente quando nel 1991 si trattò di consentire la partecipazione di una delegazione sudafricana alla «Marcia Svizzera di due giorni Berna-Belp».

La DCG ha cercato di ricostruire, sulla base degli atti ancora disponibili, le visite a livello di capi e le consultazioni tecniche documentate, al fine di valutare almeno dal profilo quantitativo i contatti con il Servizio informazioni sudafricano. Nel seguente compendio cronologico vengono inoltre elencati altri avvenimenti che sono direttamente connessi con i contatti tra l'esercito svizzero e il Sudafrica e in particolare con l'oggetto dell'inchiesta della DCG.

Contatti con il Sudafrica (dal 1977 al 2001) Tabella 1 Anno

1977 1978 1979 1980 1981 1982 1983

1984

1985

1986

Attività

­ primi sondaggi delle SADF (South African Defence Forces) presso il SCSM SI sulle possibilità di instaurare uno scambio di informazioni ­ impegno del SCSM SI nei confronti della MID (Military Intelligence Division) di esaminare l'opportunità di uno scambio di informazioni ­ ulteriori sondaggi in Svizzera e in Sudafrica; in seguito decisione del SCSM SI (divisionario Richard Ochsner) di instaurare relazioni regolari ­ visita in Svizzera del capo del Servizio informazioni sudafricano al SCSM SI ­ consultazioni tecniche in Sudafrica ­ visita in Svizzera del comandante delle Forze aeree sudafricane ­ visita in Svizzera del capo del Servizio informazioni sudafricano al SCSM SI ­ due consultazioni tecniche in Sudafrica ­ visita a Dübendorf di una delegazione delle Forze aeree sudafricane ­ prima visita in Sudafrica del SCSM SI (Mario Petitpierre) ­ conclusione della convenzione sulla protezione delle informazioni ­ inaugurazione di un collegamento telex cifrato ­ visita in Sudafrica del SCSM SI ­ due visite in Svizzera del capo del Servizio informazioni sudafricano al SCSM SI ­ visita in Svizzera del capo del Servizio informazioni sudafricano al capo della Sezione acquisizione ­ consultazioni tecniche in Svizzera ­ visita a Payerne di una delegazione delle Forze aeree sudafricane ­ viaggio a titolo privato in Sudafrica di due piloti delle Forze aeree svizzere con autorizzazione del comandante delle Forze aeree svizzere e dopo precedente presa di contatto del capo del SIADCA con le Forze aeree sudafricane (scambio di piloti) ­ prima visita in Sudafrica del capo del SIADCA (Peter Regli) ­ distaccamento in Svizzera di due piloti delle Forze aeree sudafricane (scambio di piloti) ­ visita in Sudafrica di una delegazione della Fabbrica federale di polveri di Wimmis ­ visita in Svizzera del capo del Servizio informazioni sudafricano al capo del SIADCA ­ tre consultazioni tecniche in Svizzera; tra l'altro per discutere sull'applicazione pratica della convenzione sulla protezione delle informazioni ­ visita in Svizzera del capo del Servizio informazioni sudafricano al SCSM SI ­ distaccamento in Sudafrica di un pilota delle Forze aeree svizzere (scambio di piloti) ­ dopo l'intervento del DFAE, lo stato maggiore di direzione del DMF raccomanda maggiore cautela nei contatti, in particolare con il Sudafrica

2027

Anno

Attività

1987

­ ­ ­ ­

1988

­ ­ ­ ­ ­ ­ ­

1989

1990

1991

­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­

1992

­

1993

­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­

1994 1995

2028

­ ­ ­ ­ ­ ­ ­

visita in Svizzera del capo del Servizio informazioni sudafricano al SCSM SI visita in Sudafrica del SCSM SI consultazione tecnica in Svizzera richiesta dell'addetto alla difesa sudafricano al Protocollo militare concernente l'invito in Sudafrica di una delegazione svizzera di alto rango; domanda respinta dallo stato maggiore di direzione del DMF dopo discussione con il DFAE visita in Sudafrica del capo del SIADCA visita in Angola del capo del SIADCA alle truppe dell'UNITA visita in Svizzera del capo dell'UNITA al capo del SIADCA e al capo della Sezione valutazione consultazione tecnica in Svizzera presso il SIADCA visita di Neethling e di Basson al Laboratorio AC di Spiez visita a Dübendorf di una delegazione delle Forze aeree sudafricane visita a Emmen, Meiringen e Payerne di una delegazione delle Forze aeree sudafricane visita in Svizzera del capo del Servizio informazioni sudafricano al SCSM SI visita in Svizzera del capo del Servizio informazioni sudafricano al capo del SIADCA visita in Sudafrica del capo del SIADCA consultazione tecnica in Svizzera visita di una delegazione delle Forze aeree sudafricane alle Forze aeree svizzere visita in Sudafrica del capo del SIADCA visita in Svizzera del capo del Servizio informazioni sudafricano al capo del SIADCA due consultazioni tecniche in Svizzera visita in Svizzera del capo del Servizio informazioni sudafricano al SCSM SI visita in Sudafrica del SCSM SI consultazione tecnica in Sudafrica consultazione tecnica del SIADCA in Sudafrica visita di una delegazione delle Forze aeree sudafricane al Laboratorio AC di Spiez voli di prova in Sudafrica delle Forze aeree sudafricane con PC-7 e PC-9 delle Officine Pilatus visita in Svizzera del capo del Servizio informazioni sudafricano al capo del SIADCA visita in Svizzera del capo del Servizio informazioni sudafricano al SCSM SI visita di una delegazione delle Forze aeree sudafricane alle Officine Pilatus a Stans il Sudafrica decide l'acquisto di aerei PC-7 visita in Svizzera del capo del Servizio informazioni sudafricano al SCSM SI; tra l'altro, visita alle Officine Pilatus due consultazioni tecniche in Sudafrica due consultazioni tecniche in Svizzera viaggio in Europa del Ministro della difesa sudafricano, tra l'altro in Svizzera lettera dell'addetto alla difesa sudafricano al comandante delle Forze aeree
svizzere con «felicitazioni per avere respinto l'iniziativa di politica bellica contro l'acquisto degli F/A-18.» [traduzione] decisione dello stato maggiore di direzione del DMF che chiede la massima cautela in occasione di contatti ufficiali con il Sudafrica visita in Sudafrica del SCSM SI visita in Svizzera del capo del Servizio informazioni sudafricano al SCSM SI quattro consultazioni tecniche in Svizzera due visite in Svizzera del capo del Servizio informazioni sudafricano al SCSM SI visita in Sudafrica del comandante delle Forze aeree svizzere due consultazioni tecniche in Sudafrica tre consultazioni tecniche in Svizzera

Anno

Attività

1996

­ ­ ­ ­

1997

­ ­ ­ ­ ­ ­ ­

1998 1999 2000 2001

­ ­ ­

due visite in Svizzera del capo del Servizio informazioni sudafricano al SCSM SI visita di cortesia in Svizzera al CSMG due consultazioni tecniche in Svizzera progetto di formazione quali istruttori di volo di piloti delle Forze aeree sudafricane da parte delle Forze aeree svizzere; non è disponibile la documentazione sull'effettiva attuazione visita in Sudafrica del SCSM SI visita in Svizzera del capo del Servizio informazioni sudafricano al SCSM SI due consultazioni tecniche in Sudafrica tre consultazioni tecniche in Svizzera visita in Svizzera del comandante delle Forze aeree sudafricane due consultazioni tecniche in Svizzera annullamento di una visita in Svizzera del capo del Servizio informazioni sudafricano al SCSM SI visita in Sudafrica del comandante delle Forze aeree svizzere consultazione tecnica in Svizzera consultazione tecnica in Svizzera

Oltre a questi incontri documentati per scritto e quindi ricostruibili per lo meno nei tratti fondamentali, è probabile che abbia avuto luogo un numero considerevole di ulteriori contatti con rappresentanti del Sudafrica. La DCG ha perciò incaricato la Direzione del SIS di allestire un compendio sulle spese computate a carico del preventivo del Servizio informazioni strategico, al fine di ottenere eventualmente in questo modo informazioni supplementari. La panoramica allestita dalla Direzione del SIS è però poco attendibile poiché, da un lato, per gli anni dal 1985 al 1992 è ancora disponibile soltanto la documentazione contabile e, dall'altro, le pezze giustificative non contengono praticamente dettagli illuminanti. Come ha ammesso la stessa Direzione del SIS nella sua risposta scritta alla DCG, non è possibile una raccolta completa di tutti i contatti.

6.5

Contatti del GIS e del Gr info con l'UNITA angolano

I contatti del GIS e del Gr info con il Servizio informazioni militare del Sudafrica ai tempi dell'apartheid concernevano un Paese che, nonostante tutte le riserve, era riconosciuto dal diritto internazionale pubblico e con il quale la Svizzera intratteneva normali relazioni diplomatiche. Risulta invece assai più problematico il fatto che, evidentemente con la mediazione del servizio partner sudafricano, dalla metà alla fine degli anni Ottanta l'allora GIS instaurò anche relazioni più o meno ufficiali con l'UNITA, operante in Angola. Questo movimento ribelle diretto da Jonas Savimbi conduceva allora una lotta contro il regime eletto (pro sovietico) in Angola e nei suoi sforzi venne sostenuto dall'allora regime dell'apartheid sudafricano.

Già poco tempo dopo la conquista dell'indipendenza, verso la metà degli anni Settanta in Angola era insorto un conflitto tra le due organizzazioni rivali del Paese.

Mentre l'Unione sovietica e Cuba sostenevano il governo di sinistra del MPLA36, gli Stati Uniti e in particolare il Sudafrica si schierarono dalla parte dei ribelli filoocci36

Movimento Popular da Libertação de Angola (movimento popolare di liberazione dell'Angola).

2029

dentali dell'UNITA. Gli scontri non cessarono neppure quando Jonas Savimbi subì una nuova sconfitta in occasione delle elezioni del 1992, tenutesi sotto sorveglianza internazionale. All'inizio del 1999, dopo anni di inutili sforzi di pacificazione, il Consiglio di sicurezza dell'ONU ritirò i caschi blu che aveva inviato, dato che una soluzione pacifica era fallita a causa dell'opposizione dei ribelli dell'UNITA, sempre guidati da Jonas Savimbi. In questo contesto, anche il Consiglio federale si vide costretto a ordinare misure contro l'UNITA. La corrispondente ordinanza37 è stata abrogata il 19 dicembre 2002, dopo la morte di Jonas Sawimbi.

Nonostante gli approfonditi accertamenti della DCG e le domande supplementari al DDPS, non fu possibile fornire alcuna prova della visita, menzionata nel rapporto finale dell'inchiesta amministrativa, effettuata il 1° e il 2 maggio 1984 da Peter Regli nell'Africa del Sudovest (Namibia), allora sotto occupazione sudafricana, e presso Jonas Savimbi, il capo del movimento di guerriglia angolano UNITA. Certo, dal 20 aprile al 3 maggio 1984, Peter Regli, all'epoca ancora capo della SIADCA, assieme a una delegazione del GIS si trovava presso il Servizio informazioni militare del Sudafrica. Tuttavia, né dal verbale relativo ai contatti né dal programma dettagliato della visita è possibile trarre un indizio riguardo a un'escursione in Angola o a un incontro con l'UNITA. Anzi, il 1° maggio 1984 era prevista una visita presso il capo del Servizio informazioni delle Forze aeree sudafricane con relativo briefing e successiva visita di basi aeree. Il 2 maggio 1984 ci fu il trasferimento a Johannesburg con un giro attraverso Soweto, visita libera della città e trasporto all'aeroporto in vista del viaggio di ritorno in Svizzera.

Evidentemente deve trattarsi di un malinteso, in quanto Peter Regli, anche in occasione della sua audizione da parte della DCG, collocò nel 1984 il suo primo contatto con rappresentanti dell'UNITA. Sulla base di quanto da lui raccontato, non vi è però alcun dubbio che le sue dichiarazioni a questo proposito si riferiscono a una visita successiva. Nel «Compendio dei contatti in materia di servizi d'informazione tra Svizzera e Sudafrica» redatto dal GR info, alla data dal 10 al 19 marzo 1988 e all'indicazione del luogo «Angola» si trova per la prima
volta un'annotazione «visita alle truppe dell'UNITA a Jamba (Angola).» [traduzione] I temi trattati in occasione di questa visita si possono trarre, sotto forma di parole chiave, dal compendio della Direzione del SIS; manca per contro qualsiasi annotazione sui partecipanti. Non è stato possibile procurarsi altra documentazione riguardo a questa visita.

Al proposito, Peter Regli spiegò dinanzi alla DCG che questo contatto era avvenuto in maniera «piuttosto involontaria» («ziemlich unfreiwillig»). A suo dire, all'epoca si era recato in Sudafrica con due rappresentanti del GR info. Gli ospiti sudafricani li avevano condotti in aereo a Jamba, località all'estremo sud-est dell'Angola. Là erano stati ricevuti da Jonas Savimbi. Questi aveva studiato a Losanna e intrattenuto strette relazioni con la Svizzera. Jonas Savimbi aveva condotto all'epoca la sua lotta contro i comunisti e «perciò non ci era quindi per forza antipatico.» [traduzione] In seguito vi erano stati altri contatti più o meno ufficiali.

Da un verbale relativo alla visita di due membri del SIADCA in Sudafrica dal 5 al 22 maggio 1988 è possibile evincere che nel corso della stessa vi furono anche contatti con l'UNITA in Angola. Vi si spiega che la visita era servita anzitutto a disinnescare e analizzare le armi facenti parte del materiale sottratto ai sovietici (in 37

Ordinanza del Consiglio federale del 25 novembre 1998 che istituisce misure nei confronti dell'UNITA (RU 1999 151, 2000 187, 2001 3583, 2002 1947 3957).

2030

particolare SA-7, 14 e 16). Il «materiale» ricevuto era poi stato preparato per il trasporto. La visita in Svizzera di una delegazione dell'UNITA era prevista per il giugno dello stesso anno (1988). Per finire si trova l'indicazione che il materiale summenzionato era stato trasportato a Kinshasa dagli ospitanti sudafricani. Una volta giunto sul luogo di destinazione, il capo della SIADCA era stato informato immediatamente, pur se la consegna del materiale non era avvenuta prima del 1° giugno 1988.

L'annunciata visita di rappresentanti dell'UNITA alla SIADCA si svolse dal 12 al 18 giugno 1988. Secondo il programma, il 16 giugno 1988 ebbe luogo una visita al Laboratorio AC di Spiez, e per il trasporto degli «ospiti» angolani fu impiegato un PC-7. Nel verbale relativo al contatto redatto da Peter Regli spiega tra l'altro che: «Per la prima volta abbiamo potuto dare il benvenuto a una delegazione del Servizio informazioni dell'UNITA. La visita si differenzia sotto ogni profilo da quelle di altri Servizi e Paesi.

La Svizzera è il primo Paese ad avere invitato il capo del Servizio informazioni del dr.

Savimbi e ad avere proposto un programma così ricco.

Gli ospiti hanno bisogno di appoggio in tutti i settori. In contropartita, sono pronti e disposti, in futuro, a darci accesso in ogni momento e immediatamente a materiale bellico sovietico moderno e a documenti.

Per l'autore del presente verbale e i suoi collaboratori, la visita dei tre ufficiali è stata un'esperienza straordinaria. Siamo riusciti a fare un buon investimento per il futuro.

[...]

La visita è stata classificata segreta. Per l'esterno (hotel ad es.), gli ospiti si presentavano come cittadini [di un paese africano; anonimizzato dalla DCG]. Erano anche forniti di passaporti diplomatici di questo Paese. [...]

Il dr. Savimbi vorrebbe chiedere alla Svizzera di aiutare nella mediazione di colloqui miranti alla ricerca della pace. Dato che il DFAE non sa nulla (e nulla deve sapere) dei nostri contatti, ho pregato il comandante delle truppe d'aviazione e di difesa contraerea di fungere da intermediario attraverso il DFAE.» [traduzione]

Riguardo ai contatti con il Sudafrica, ovvero con il movimento ribelle dell'Angola legato al Sudafrica, è stato inoltre possibile accertare che nell'agosto 1987 Peter Regli fece pervenire all'addetto alla difesa sudafricano riprese fotografiche dell'aeroporto di Luanda. Nel giugno 1988, inoltre, Regli gli prospettò la consegna di 30 cartucce ALN-593-6916 (ordigni-civetta destinati a disturbare la difesa contraerea). In ottobre, per finire, vi fu una comunicazione alle Forze aeree sudafricane sulla fornitura di aerei da combattimento all'Angola da parte dell'Unione Sovietica.

Tra la documentazione della Direzione del SIS si trova una lettera del 9 marzo 1991 inviata da Peter Regli in qualità di SCSM SI ad interim al capo della SIADCA riguardo all'organizzazione di un'ulteriore visita a livello di capi dell'UNITA. Nella lettera, egli rende attento il capo della SIADCA sul fatto che gli ospiti angolani viaggeranno di nuovo con passaporti di un altro Paese africano.

Peter Regli, come egli stesso dichiarò dinanzi alla DCG, era consapevole che l'UNITA era un'organizzazione politica che, con il sostegno del Sudafrica e degli Stati Uniti, conduceva una lotta di liberazione. Regli aveva aggiunto: «Da dove il Servizio informazioni dovrebbe ricevere le informazioni se non dalle persone che sono al fronte? [...] Il fine giustificava i mezzi. Speravamo di ottenere dati preziosi.» [traduzione] Peter Regli non rispose quando gli fu domandata se anche oggi instaurerebbe contatti con altri movimenti ribelli; obiettò però che una simile maniera di

2031

procedere si giustificherebbe soltanto se i gruppi in questione fossero equipaggiati di armi relativamente recenti.

È già stato spiegato sopra che i contatti con il Servizio informazioni militare del Sudafrica avevano pur sempre riguardato il Servizio di un Paese riconosciuto dal diritto internazionale pubblico e con il quale la Svizzera intratteneva normali relazioni diplomatiche. È davvero difficile da capire per la DCG che il GIS, poi il Gr info, abbiano però intrattenuto anche contatti più o meno ufficiali con un movimento ribelle (indubbiamente terrorista da un punto di vista attuale). Mentre la Svizzera ufficiale offriva i suoi buoni uffici nell'Africa australe e tentava di mediare in favore di una soluzione pacifica del conflitto, il suo Servizio informazioni intratteneva contatti con un movimento ribelle che operava con mezzi violenti contro un regime eletto democraticamente. Ciò sembra tanto più incomprensibile considerato che dalla fine del 1975 il Senato e il Congresso americani avevano vietato esplicitamente ai Servizi segreti degli Stati Uniti di condurre operazioni in favore dell'UNITA.38 Ma anche al di là di questo, la DCG non comprende la necessità di una collaborazione ufficiale con l'UNITA. Dato che l'UNITA era sostenuta dal Sudafrica e che anche i contatti con il GIS e il GR info si erano realizzati attraverso il Servizio informazioni sudafricano, sarebbe stato ben più facile ricevere le informazioni utili direttamente dal servizio partner sudafricano. Inoltre è preoccupante che al GIS, ovvero al GR info, a quanto pare non solamente era noto che la delegazione dell'UNITA entrava in Svizzera munita di passaporti falsi, bensì che esso tollerasse addirittura una simile violazione dell'ordinamento giuridico svizzero. Secondo la DCG, l'invito all'organizzazione ribelle era discutibile anche dal profilo della politica di neutralità.

6.6

Convenzione sulla protezione delle informazioni

6.6.1

In generale

La funzione di una convenzione sulla protezione delle informazioni consiste essenzialmente nel garantire la sicurezza di informazioni classificate. Con accordi del genere le parti si impegnano reciprocamente a sottoporre alle proprie prescrizioni in materia di tutela del segreto le informazioni classificate dell'altro partner. Per molto tempo le convenzioni sulla protezione delle informazioni furono concluse al livello più basso; soltanto dal 1988 le conclusioni di nuove convenzioni e le revisioni di quelle esistenti furono sottoposte, per approvazione, al Consiglio federale. Sulla base delle raccomandazioni dell'epoca della CIP DFGP e della CIP DMF, si procedette a numerose revisioni, e il 27 aprile 1994 la maggior parte delle convenzioni sulla protezione delle informazioni concluse prima del 1988 fu sottoposta, per approvazione, al Consiglio federale. Quattro convenzioni richiesero ulteriori chiarimenti, furono approvate solo più tardi.

Con la revisione del 4 ottobre 2002 dell'articolo 150 capoverso 4 della legge militare39 è ora previsto che il Consiglio federale può concludere con altri Stati convenzioni destinate a garantire la tutela del segreto militare. Il Consiglio federale è inoltre 38 39

Cfr. in merito Kissinger, Henry A., Years of renewal, Simon & Schuster, New York, 1999, cap. 26.

FF 2002 5841

2032

tenuto a presentare ogni anno all'Assemblea federale un rapporto sui trattati da esso conclusi e su quelli la cui conclusione è stata delegata a dipartimenti, gruppi o uffici.40 In occasione delle audizioni da parte della DCG, i collaboratori del DDPS hanno tenuto a fare notare che le convenzioni sulla protezione delle informazioni ­ la cui conclusione prima era di competenza della Sezione tutela del segreto, mentre oggi devono essere approvate dal Consiglio federale; in futuro dovranno essere concluse da quest'ultimo ­ non sono rilevanti in materia di servizi d'informazione e che riguardavano e riguardano in particolare lo scambio bilaterale di informazioni nel settore dell'armamento, ma certamente non il Servizio informazioni.

6.6.2

Convenzione sulla protezione delle informazioni con il Sudafrica

Quando ancora vigeva il vecchio diritto, il 31 marzo 1983 il capo dell'allora Sezione tutela del segreto, da un lato, e il capo di stato maggiore del Servizio informazioni delle Forze armate sudafricane, dall'altro, conclusero una convenzione sulla protezione delle informazioni.41 Essa si rifà alle indicazioni generali e non presenta particolarità rispetto ad analoghe convenzioni con altri Stati. Su esplicita richiesta del Servizio informazioni sudafricano, la convenzione è stata classificata «segreta».

La convenzione contiene le seguenti rubriche: Preambolo Art. 1 Definizioni, in particolare nozione di «informazioni classificate» Art. 2 Reciproca protezione del segreto Art. 3 Classificazione Art. 4 Mandati Art. 5 Reciproca informazione Art. 6 Trasmissione di documenti segreti tra Paese e Paese Art. 7 Visite Art. 8 Perdita, rivelazione e violazioni Art. 9 Costi della sicurezza

Certo, la convenzione sulla protezione delle informazioni era stata conclusa dalla Sezione tutela del segreto, subordinata all'allora GIS. Ma essa si limitava unicamente a garantire la tutela del segreto, senza disciplinare lo scambio delle informazioni in quanto tale.

La convenzione sulla protezione delle informazioni con il Sudafrica faceva parte di quattro trattati che il 27 aprile 1994 non furono (ancora) sottoposti, per approvazione, al Consiglio federale. In una lettera dell'8 giugno 1994 dell'allora capo del DMF alla DCG si spiega che era stata prospettata una denuncia della convenzione. Però, a causa dei cambiamenti politici in Sudafrica, una denuncia nel momento attuale avrebbe inviato allora un segnale sbagliato. Il mantenimento della convenzione era giustificato («continuano a non esservi casi in cui si applica»). [traduzione] Per il resto, la convenzione non comportava alcuna particolarità; anzi, la convenzione 40 41

Art. 47bisb cpv. 5 LRC; cfr. in merito il rapporto del 26 giugno 2002 del Consiglio federale sui trattati internazionali conclusi nel 2001 (FF 2002 4991).

Convenzione del 31 marzo 1983 tra la Svizzera e la Repubblica del Sudafrica sulla reciproca protezione di informazioni classificate (esiste soltanto in tedesco e in inglese).

2033

standard presentata da parte svizzera all'epoca era stata accettata senza cambiamenti dalle autorità di sicurezza sudafricane.

Per quanto riguarda lo scambio di informazioni, in regola generale non vengono conclusi accordi scritti tra i servizi segreti interessati. Anzi, anche l'instaurazione di contatti periodici avviene unicamente attraverso accordi verbali a livello di capi. Al riguardo, la regolamentazione conclusa con il Sudafrica (cfr. in merito il n. 6.2) pare essere stata assolutamente conforme alla prassi generale. Qualche tempo dopo il cambiamento di regime in Sudafrica, evidentemente il GR info ha ricevuto la richiesta di concludere un «Memorandum of Understanding» [memorandum d'intesa, traduzione] in vista di proseguire la collaborazione. Nella documentazione si trova in ogni caso una copia della lettera del 19 aprile redatta da Peter Regli all'attenzione del Servizio segreto sudafricano. Pur se l'effettivo oggetto della lettera è costituito da un'imminente visita a livello di capi dal 10 al 12 novembre a Berna, Peter Regli comunicò a destinazione tra l'altro al suo partner: «[...] I have been informed, that you would like to conclude a MOU with us. Based on our national law we cannot establish MOU's in the intelligence field. We work (also in the case of South Africa) with a 'gentleman agreement', which means mutual trust, confidence and oral arrangements. These arrangements are regularly reviewed when the two Directors of the Services meet.

In the hope that you can agree with this understanding (that was successfully had since the beginning of our bilateral relationship in 1978) .» [Sono stato informato che Lei vorrebbe concludere con noi un protocollo d'intesa [memorandum of understanding]. In virtù della nostra legislazione nazionale, non possiamo concludere protocolli d'intesa nel settore dei servizi d'informazione. Lavoriamo (anche nel caso del Sudafrica) sulla base di un 'gentleman agreement' che significa fiducia reciproca e accordi verbali. Questi accordi sono periodicamente riveduti quando i due direttori dei servizi si incontrano.

Nella speranza che Lei possa trovarsi d'accordo con questa concezione dei nostri rapporti (che ha dato ottimi risultati fin dall'inizio delle nostre relazioni bilaterali nel 1978)] [traduzione]

Interessante non è tanto il fatto in sé di una convenzione sulla protezione delle informazioni conclusa con il Sudafrica, quanto piuttosto la sua genesi. La DCG ha cercato di sapere per quale motivo l'allora GIS nella primavera del 1983 aveva concluso proprio con il Sudafrica una convenzione sulla protezione delle informazioni che secondo le spiegazioni ufficiali doveva servire unicamente alla cooperazione nel settore dell'armamento. Rispondendo a un'interrogazione ordinaria urgente sulla cooperazione militare con il Sudafrica, il 1° giugno 1993 il Consiglio federale rendeva tra l'altro noto: «[...] Con le convenzioni sulla protezione del segreto, gli Stati si impegnano, in relazione con transazioni nel settore dell'armamento, a difendere i segreti di terzi come fossero propri. Le convenzioni sulla protezione del segreto non costituiscono la base per lo scambio di piloti o per operazioni in materia di servizi d'informazione.» [traduzione]

Al momento di concludere la convenzione (1983), il divieto di esportazione di materiale bellico imposto il 6 dicembre 1963 dal Consiglio federale nei confronti del Sudafrica era già in vigore da un bel po' e anche il Consiglio di sicurezza dell'ONU aveva emanato la risoluzione 418 del 4 novembre 1977, che prevedeva un embargo vincolante per tutti i membri sulle esportazioni di armi verso il Sudafrica (cfr. in merito il n. 6.2).

2034

Nella scarsa documentazione esistente si trova una prima indicazione riguardo alla conclusione della convenzione sulla protezione delle informazioni, sotto forma di appunto dell'allora capo supplente del Protocollo militare in risposta a una richiesta del 3 aprile 1982 dell'addetto alla difesa sudafricano. Questi si era informato sulla possibile visita di una delegazione delle Forze aeree sudafricane presso la Fabbrica federale d'aeroplani (F+W) di Emmen, chiedendo in particolare di potere assistere ai test di resistenza a fatica del Mirage.42 Il Protocollo militare inoltrò la richiesta al capo dell'armamento e alla Sezione tutela del segreto, chiedendo a quest'ultima se «in questo caso analogo non si [imponga] la conclusione di una convenzione in materia di sicurezza con il Sudafrica». [traduzione]. Si trova poi l'appunto manoscritto del 15 aprile 1982 del capo supplente del Protocollo militare «conform. al sig.

Stoll una convenzione è in fase di preparazione!» [traduzione] (cfr. in merito anche il n. 6.3.3.6).

Non è stato possibile trovare alcuna documentazione sulla visita di una delegazione sudafricana alle Forze aeree svizzere annunciata dal 18 al 23 maggio 1982. Per contro, presso il Protocollo militare è stata trovata documentazione da cui si deduce che il 16 ottobre 1982 deve avere avuto luogo un incontro sull'aerodromo militare di Dübendorf. Inoltre, dal parere del capo dell'armamento in relazione alla richiesta del 3 aprile 1982 risulta che l'ADA a quanto sembra «[avrebbe] già ricevuto due volte una delegazione sudafricana alla Fabbrica federale d'aeroplani (F+W) di Emmen e fornito le informazioni richieste, senza tuttavia trarre mai profitto dai contatti con il Sudafrica.». [traduzione] Dagli ulteriori accertamenti è risultato che l'allora comandante delle Forze aeree chiese la conclusione di una convenzione sulla protezione delle informazioni prima dell'annunciata visita della delegazione sudafricana, dato che i fondamenti dei test di resistenza a fatica erano in parte classificati «segreti». In proposito la Segreteria generale del DDPS ha dichiarato che le Forze aeree non disponevano di alcun elemento che lasciasse supporre un effettivo scambio di informazioni riguardo all'aereo da combattimento Mirage. Anche dagli altri servizi del DDPS possibilmente interessati non sono state
segnalate operazioni svolte in virtù della convenzione sulla protezione delle informazioni.

Certo, oggi il DDPS afferma che non vi sarebbero indizi di uno scambio di informazioni riguardo ai testi di resistenza a fatica sul Mirage. Il fatto che non esista (più) alcuna documentazione scritta in proposito può senz'altro corrispondere al vero, dato che gran parte degli atti è stata distrutta. D'altro canto, è però certo che i contatti con rappresentanti delle Forze aeree sudafricane in relazione con i test di resistenza a fatica hanno effettivamente avuto luogo. Pur se in occasione della sua audizione da parte della DCG non è stato in grado di ricordarsi i dettagli, Peter Regli ha ammesso però che «probabilmente [...] documentazione sulla resistenza a fatica del Mirage svizzero sia stata data ai Sudafricani o viceversa.» [traduzione] Anche senza una documentazione scritta che lo provi, la DCG ritiene estremamente probabile che 42

Secondo l'Aggruppamento dell'armamento, sin dallo sviluppo dei propri aerei da combattimento (N-20) la Fabbrica federale d'aeroplani (F+W) si era fatta una buona nomea a livello mondiale nel settore della fatica dei materiali. Alla stregua di Israele, essa era membro dell'ICAF (International Committee on Aeronautical Fatigue, Comitato internazionale della fatica del materiale aeronautico [traduzione]). Nel quadro dei test sulla resistenza a fatica degli aerei da combattimento Mirage e Kfit, Israele ha informato anche il Sudafrica sugli sforzi compiuti dalla Svizzera.

2035

in tale occasione siano in effetti state fornite le informazioni richieste e che di conseguenza la convenzione sulla protezione delle informazioni conclusa con il Sudafrica è stata di certo applicata.

La DCG chiese alla DFAE se la convenzione sulla protezione delle informazioni conclusa con il Sudafrica fosse compatibile con la decisione d'embargo del Consiglio federale (1963), ovvero con la risoluzione delle Nazioni Unite (1977). Nella sua risposta scritta il DFAE rammentò che il campo d'applicazione delle due decisioni d'embargo non coincideva del tutto. Mentre la risoluzione dell'ONU, oltre ad armi, munizioni, veicoli militari, equipaggiamento paramilitare e pezzi di ricambio, avrebbe contemplato anche contratti di licenza, questi ultimi non ricadevano sotto l'embargo del Consiglio federale. Tali considerazioni mostrano che la convenzione sulla protezione delle informazioni del 1983 tra la Svizzera e il Sudafrica e lo scambio di informazioni militari che ne è risultato erano compatibili con i due embarghi del 1963 e del 1977 per lo meno dal punto di vista giuridico. La DCG reputa per contro problematiche dal profilo della politica di neutralità e della politica estera le informazioni fornite dalla Svizzera al Sudafrica sui test di resistenza a fatica effettuati in Svizzera sul Mirage.

6.6.3

Controversia riguardo a un presunto accordo in materia di informazioni con il Sudafrica

Diverse inchieste giornalistiche hanno riferito che nel 1986 l'allora GIS avrebbe concluso con il Sudafrica un accordo di cooperazione o almeno di scambio di informazioni nel settore della guerra biologica e chimica. Quale presunto testimone chiave fu menzionato il generale Chris Thirion, ex capo della Sezione valutazione sudafricana e successivamente capo della Military Intelligence Division (MID).

Secondo la Direzione del SIS, questi avrebbe partecipato diverse volte ­ si parla di cinque-sei incontri ­ a visite a livello di capi o a consultazioni tecniche in Svizzera.

In un'intervista condotta dal giornalista romando Jean-Philippe Ceppi, il generale Thirion venne citato in quanto nel 1986, con il suo contributo, sarebbe stato concluso un accordo per una concreta cooperazione tra la Svizzera e il Sudafrica nel settore della guerra biologica e chimica.

In occasione della sua audizione dinanzi alla DCG, Jean-Philippe Ceppi consegnò una trascrizione dell'intervista condotta il 28 settembre e il 1° ottobre 2001 con il generale Thirion. Vi si trova, tra l'altro, il seguente passaggio: [...] «Was there any signed protocol?

Of course the whole thing was top secret. But when we came back to SA, it was on file, we made a report and it was put on file. I definitely remember we had a written and negotiated agreement signed by the Swiss. They refused some points and accepted others.» [...]

[«C'era un verbale firmato?

Naturalmente, l'intera faccenda era top secret. Ma quando siamo rientrati in Sudafrica, era in un dossier, abbiamo scritto un rapporto ed è stato archiviato. Ricordo con certezza che avevamo un accordo scritto e negoziato con gli Svizzeri. Rifiutarono certi punti e ne accettarono altri.»] [traduzione]

Nella primavera del 2002, il Ministero pubblico della Confederazione aveva proceduto a interrogatori in Sudafrica nell'ambito dell'assistenza giudiziaria. Intendeva 2036

approfittarne per sentire il generale Thirion; l'interrogatorio non ebbe tuttavia luogo per l'assenza di Thirion.

Il procuratore capo nel processo contro Wouter Basson, il Deputy Director of Public Prosecution for the Transvaal region, Anton Ackermann, ha dichiarato alla DCG che gli ex capi di stato maggiore del Servizio informazioni delle Forze armate sudafricane ­ i generali Dirk Verbeek, C.P. van der Westhuizen e Witkop Badenhorst ­ avevano affermato chiaro e tondo che un simile accordo non era mai esistito, e lo stesso fece il generale Thirion. Ackermann credeva a quanto dicevano. La DCG ha inoltre consultato il verbale testuale di un colloquio avuto da un privato con Chris Thirion nel dicembre 2001. Messo di fronte alle affermazioni citate dalla stampa svizzera, Chris Thirion spiega che non vi era mai stato un accordo scritto: «There was no contract thing or an agreement.» [«Non c'era nessun tipo di contratto o un accordo.»] [traduzione] Nemmeno una delle persone sentite dalla DCG era a conoscenza di un presunto accordo con il Sudafrica nel settore della guerra biologica e chimica. Anzi, tutti furono concordi nell'affermare che, certo, nel 1983 era stata conclusa con il Sudafrica la succitata convenzione sulla protezione delle informazioni ma che, oltre a essa, non vi erano state altre convenzioni scritte.

La DCG non vede alcun motivo di dubitare di queste dichiarazioni. Dopo una valutazione globale di tutte le prove emerse, giunge alla conclusione che non è mai stato concluso con il Sudafrica un accordo di cooperazione o almeno di scambio di informazioni nel settore della guerra biologica e chimica. Fatta eccezione per la dichiarazione nell'intervista summenzionata, la cui autenticità è stata esplicitamente contestata dal generale Thirion, non vi è il benché minimo indizio dell'esistenza di un simile accordo. A prescindere da ciò, la conclusione di un accordo del genere non avrebbe avuto alcun senso, dato che la collaborazione tra servizi segreti poggia comunque su un accordo verbale e che la conclusione di trattati non è né necessaria né conforme alla prassi (cfr. il n. 6.6.2).

Pare assolutamente possibile, se non addirittura probabile, che la controversia portata avanti nei media in merito alla conclusione di un presunto accordo di cooperazione con il Sudafrica poggi su un malinteso. Allo
stesso periodo (1986) risale infatti uno scambio di opinioni tra il DFAE e la Direzione dell'amministrazione militare federale (DAMF) sulla conclusione di una convenzione di cooperazione internazionale (non concernente il Sudafrica) nell'ambito dello scambio di informazioni in materia di aggressivi chimici tossici. Il 16 ottobre 1986 «per ragioni politiche», la Direzione del diritto internazionale pubblico del DFAE si pronunciò contro la conclusione, auspicata dall'Aggruppamento dell'armamento, di una convenzione formale con uno Stato estero (europeo) e raccomandò di mantenere lo scambio di informazioni informali com'era stato il caso fino ad allora. Con lettera del 22 ottobre 1986, il DFAE comunicava al DMF «che non sussiste a questo livello la competenza per concludere accordi e che l'accordo previsto andrebbe in ogni caso sottoposto previamente al Consiglio federale.» [traduzione] Dopo che l'Aggruppamento dell'armamento era con ogni evidenza rimasto fermo sulle sue posizioni e aveva elaborato un nuovo progetto di trattato, il 24 febbraio 1987 il DFAE gli comunicò che avrebbe mantenuto il parere già espresso precedentemente. Anche il nuovo progetto presentava le caratteristiche di una convenzione internazionale, era quindi un trattato internazionale la cui conclusione rientrava nella 2037

competenza del Consiglio federale o del Parlamento. In seguito l'Aggruppamento dell'armamento rinunciò alla conclusione di un accordo formale.

6.7

Valutazione sui contatti con il Sudafrica in seno al GIS, poi al GR info

Nel suo rapporto «Von der Zusammenarbeit mit ausländischen Nachrichtendiensten» («Sulla cooperazione con i servizi d'informazione stranieri» [traduzione], esiste soltanto in tedesco) del giugno 1999, il Gr info ha illustrato le ragioni che, a suo parere, parlavano in favore di una collaborazione con il Sudafrica. Anche in occasione delle audizioni da parte della DCG è stato continuamente ricordato che, in una prospettive strategica, ai tempi della guerra fredda il Sudafrica svolgeva un ruolo cruciale. In particolare Peter Regli ha affermato che il Servizio informazioni doveva procurarsi le informazioni là dove erano disponibili. Negli anni Ottanta il Sudafrica era stato ­ con Israele ­ l'unico Paese ad avere avuto esperienza di guerra con l'avversario potenziale della Svizzera. Nello stesso senso, anche un ex collaboratore della SIADCA fece iscrivere a verbale che, in ragione dei mezzi limitati, il Servizio informazioni svizzero dipendeva dalle informazioni dei servizi informazioni esteri. Considerato questo retroscena, il Sudafrica era uno dei partner più importanti per la Svizzera. Da un lato, il Paese aveva avuto esperienza di guerra, il che avrebbe dato risultati particolarmente buoni dell'esplorazione elettronica; dall'altro, per l'esecuzione di analisi disponeva di persone istruite meglio rispetto ad analoghi servizi partner europei. E anche l'allora collaboratrice responsabile della Sezione valutazione confermò che negli anni Ottanta il Sudafrica era un Paese importante per il Servizio informazioni.

Viceversa, l'attuale direttore del SIS spiegò che ­ per quanto potesse ricordarsi ­ all'epoca il Sudafrica in effetti costituiva un argomento per nulla particolare. Disse che il Servizio in quanto tale intratteneva con il Sudafrica perfino meno contatti che con altri servizi. Non credeva d'altronde neppure che la SIADCA avesse ottenuto informazioni dal Sudafrica; il Servizio informazioni sudafricano, infatti, ­ fatta eccezione per le attività di taluni capi ­ era piuttosto un'organizzazione di valutazione. Anche dal punto di vista del Protocollo militare il Sudafrica era un partner normale e assolutamente nulla di particolare. Quali argomenti di discussione vi erano l'istruzione delle truppe, il disciplinamento delle finanze, l'organizzazione dei cappellani militari, la prassi della tutela del segreto, il servizio sanitario ecc.

6.8

Mancanza di un'utilità riconosciuta dei contatti con il Sudafrica

L'analisi dell'utilità dei contatti con il Sudafrica risulta deludente. La MID faceva indubbiamente parte dei più importanti servizi partner del GI e in seguito del Gr info, come mostra l'elenco delle visite a livello di capi e delle consultazioni tecniche (cfr. il n. 6.4). Ci si sarebbe perciò potuti aspettare che dagli intensi contatti si acquisissero elementi essenziali per gli interessi in materia di sicurezza del nostro Paese e che essi avrebbero dovuto avere ricadute importanti.

2038

Per chiarire la questione, la DCG ha chiesto informazioni sui verbali delle riunioni della Direzione del GIS e del Gr info. La risposta scritta del DDPS si esaurì nell'affermazione che «[...] non [è stata] trovata alcuna documentazione o informazione sulle relazioni con il Sudafrica, poiché simili questioni, per loro natura, non erano discusse nelle sedute della Direzione.» [traduzione] Sfugge alla conoscenza della DCG la ragione per cui un argomento politicamente tanto delicato come i contatti con l'allora regime dell'apartheid e con il movimento ribelle UNITA «per sua natura» non avrebbe dovuto essere discusso nelle sedute del massimo organo direttivo del Servizio informazioni svizzero.

In occasione delle sue audizioni, la DCG ha, tra l'altro, interrogato anche gli ex collaboratori della Sezione valutazione competenti per l'Africa australe. Un'ex collaboratrice ha fatto mettere a verbale che all'inizio degli anni Novanta esisteva una cinquantina di schedari concernenti l'Africa nera, di cui 15-18 riguardanti il solo Sudafrica. Ma il tentativo di consultare questa documentazione fallì poiché ­ come spiegò la Direzione del SIS alla DCG ­ i fondi documentari concernenti il Sudafrica erano «stati liquidati nel corso degli anni Novanta in seguito alla concentrazione dei compiti del Servizio informazioni strategico su settori chiave ben definiti [...].» [traduzione] L'unica documentazione ancora esistente che potrebbe fornire informazioni sulla collaborazione con il Sudafrica e in particolare sugli elementi acquisiti grazie a essa rimangono di conseguenza soltanto i verbali relativi ai contatti. Al loro contenuto concreto si è già fatto riferimento (cfr. il n. 6.6.2). In sostanza, essi contengono unicamente lo svolgimento esteriore dei contatti, le persone partecipanti e ­ nel migliore dei casi ­ un giudizio generale sull'incontro.

Così, secondo i verbali relativi ai contatti, dopo il suo primo viaggio in Sudafrica dal 9 al 17 marzo, l'allora capo del GIS giunge alla conclusione che il Sudafrica era certamente in grado di mantenere il suo status quo nei 5-10 anni successivi e di tenere sotto controllo le infiltrazioni provenienti dagli Stati limitrofi. La misura in cui i dirigenti politici e militari del Sudafrica saranno in grado di porsi con maggiore apertura alle nuove condizioni e di procedere
ad aperture anche nella politica razziale sarà decisivo per l'ulteriore andamento dell'evoluzione. Se il Sudafrica dovesse fallire, sarebbe solamente a causa della mancanza di flessibilità direttiva, emersa nel corso di tutta la nostra visita, e che evidentemente è un elemento peculiare dei Boeri.

Anche se era assolutamente consapevole dell'importanza strategica ed economica del Sudafrica, il Servizio informazioni pensava però che soltanto un viaggio in quel Paese e l'esperienza diretta delle enormi distanze da coprire potessero consentire di riconoscere più chiaramente i problemi del Sudafrica che non rimanendo seduti davanti a una scrivania. Oltre a tutti gli altri obiettivi che il Servizio informazioni si era posto, anche questo era stato soddisfatto appieno.

L'allora capo del GIS era dell'avviso che se si considera la struttura delle relazioni delle Forze armate sudafricane, in particolare del Servizio informazioni sudafricano, per il Servizio informazioni svizzero sarebbe sempre stata necessaria una certa cautela. Sebbene per i servizi d'informazione vi sia un interesse nell'essere informati dei movimenti delle navi della flotta sovietica al largo dell'Africa australe, non è opportuno vincolarsi troppo fortemente al Sudafrica. Secondo l'allora capo del GIS, la cooperazione doveva avere certi limiti. Sarebbe stato inammissibile che i servizi d'informazione svizzeri venissero considerati alla stregua di Taiwan, Corea del Sud, 2039

Israele, Cile e Paraguay. In seguito agli accordi conclusi nei tre settori summenzionati, questo rischio sembrava tuttavia non sussistere. In un prossimo futuro si sarebbe dovuto rafforzare i legami con il Sudafrica mediante uno sviluppo dei mezzi tecnici e un disciplinamento per i colloqui futuri, ma soltanto a condizione di non compromettere il Servizio informazioni. Il capo dei servizi d'informazione era convinto che nei 10 anni seguenti il Sudafrica avrebbe ancora costituito un fattore decisivo della politica africana.

Né nel verbale relativo ai contatti né altrove si trovano maggiori informazioni sul contenuto di questa (pur sempre) prima visita a livello di capi e del viaggio, di complessivi nove giorni, in Sudafrica. Gli elementi acquisiti difficilmente vanno oltre quello che all'epoca era già generalmente noto e che si sarebbe potuto trovare senza problemi nelle corrispondenze dall'estero dei media. Per la DCG non è chiaro in che modo la valutazione della situazione politica interna del lontano Sudafrica, cui procedette l'allora capo del GIS, avrebbe potuto essere rilevante per gli interessi in materia di sicurezza della Svizzera.

In seno al GIS, in seguito GR info, vi era una suddivisione del lavoro tra la Sezione acquisizione e la Sezione valutazione. Di conseguenza ­ oltre ai capi ­ alle consultazioni tecniche partecipavano soprattutto collaboratori della Sezione valutazione.

Come spiegato dall'attuale direttore del SIS dinanzi alla DCG, era in sostanza questa Sezione a definire i bisogni d'informazione e a dirigere, l'acquisizione di informazioni. A tale riguardo ­ visto che i verbali relativi ai contatti non forniscono elementi sufficienti per una valutazione ­ vi era da attendersi che le numerose visite a livello di capi e consultazioni tecniche avrebbero per lo meno potuto avere ricadute interessanti per la Sezione valutazione. Questa sezione era suddivisa per regioni geografiche o per tema, così che le informazioni utili ottenute dalla Sezione acquisizione dovevano imperativamente confluirvi.

Fino alla fine degli anni Ottanta, in seno alla Sezione valutazione vi era un ufficio «Terzo mondo», nel cui settore di competenza rientrava allora anche il Sudafrica.

Dopo il pensionamento del capo dell'ufficio, che vi lavorava dal 1978, fu deciso di non rioccupare più questo posto. Nel
1990, la regione subsahariana (Africa nera e in particolare Sudafrica) fu attribuita alla collaboratrice responsabile principalmente dell'Estremo Oriente. Dopo il suo pensionamento alla fine del 1993, la valutazione delle informazioni provenienti dalla regione subsahariana fu in pratica abbandonata.

Sebbene non ebbe più luogo una valutazione costante, furono però evidentemente effettuate visite a livello di capi e svolte consultazioni tecniche a intervalli regolari.

Responsabile tra l'altro per il Sudafrica fino al 1989, in occasione della sua audizione da parte della DCG il capo dell'ufficio «Terzo Mondo» ha dichiarato che l'allora GIS non intratteneva contatti regolari con alcun Paese del Terzo mondo; il Sudafrica costituiva indubbiamente l'eccezione nel suo ambito di competenza. Rispondendo a una domanda in tal senso, aveva fatto mettere a verbale di non avere «mai ricevuto un rapporto di una riunione del sig. Regli con collaboratori dei servizi segreti sudafricani» [traduzione]. Non ne era assolutamente al corrente. Con il SIADCA, Peter Regli disponeva di un servizio speciale, considerato molto segreto e quale servizio d'informazione nel servizio d'informazione. Peter Regli badava molto a «che ciò rimanesse così e che potesse tenere per sé questo servizio.» [traduzione] A suo avviso, questa situazione non era stata sempre molto piacevole e non aveva neppure favorito la collaborazione. Le informazioni essenziali gli pervenivano direttamente da collaboratori sudafricani con i quali aveva intrattenuto contatti diretti e molto 2040

buoni e che gli avevano reso accessibili le loro conoscenze. Il capo dell'Ufficio «Terzo Mondo» ha inoltre precisato di aver partecipato a una sola consultazione tecnica in Sudafrica.

In maniera altrettanto inequivocabile si è espresso il responsabile dal 1990 per la regione subsahariana della Sezione valutazione. Per cominciare ha spiegato di aver avuto in sostanza a disposizione tre categorie di documenti per la valutazione: fonti accessibili al pubblico, rapporti del DFAE e rapporti di servizi partner. Da parte sua, aveva partecipato in tutto a tre incontri con delegazioni sudafricane, due a Berna (1987 e 1992) e uno in Sudafrica (1991). Di per sé, la visita in Sudafrica era stata estremamente interessante. Il suo compito consisteva nel riferire davanti agli esperti sudafricani sulla valutazione della situazione in Africa australe.

Rispondendo a una domanda in tal senso, il responsabile della regione subsahariana della Sezione valutazione ha spiegato che dalla Sezione acquisizione non le erano mai giunte informazioni utili. Peter Regli, una volta forse anche il capo della Sezione acquisizione, erano stati spesso in Sudafrica, ma non veniva mai raccontato molto: «È andata bene, è stato interessante, tanti saluti dal generale Thirion ecc., questo era quasi tutto.» [traduzione] In ogni caso non aveva mai visto rapporti scritti di visite a livello di capi o di consultazioni tecniche e non sapeva neanche dove si poteva eventualmente trovare questo tipo di documentazione. Non era neppure a conoscenza se siano mai stati redatti rapporti scritti sui viaggi in Sudafrica o sugli incontri con il servizio partner sudafricano oppure se se ne sia riferito soltanto oralmente. Probabilmente gli incontri si erano svolti in relazione con i «buoni uffici» e la cura dei rapporti d'amicizia. Non era in grado di dire che cosa si discutesse tra capi, certe cose non giungevano alle sue orecchie: «Il sig. Regli ­ ho avuto a che fare con lui solamente per due anni ­ mi ha portato del materiale da uno o due viaggi, ma sempre quasi unicamente materiale di propaganda e informativo su materiale militare e cose simili, che non mi interessava affatto, poiché sono stata assunta come politologa! Alla mia domanda se il viaggio fosse stato interessante, rispondeva soltanto: «Sì, è stato fantastico, tanti saluti dal generale
Thirion ecc.». Ho archiviato il materiale di propaganda e le informazioni sul materiale militare (per lo più nello schedario destinato agli ufficiali di milizia attribuitici) e le cose irrilevanti in parte le ho addirittura buttate via. ­ Conclusione: il sig. Regli non mi ha certo dato nulla di essenziale che mi sarebbe potuto servire (a svolgere il mio compito) e ciò che mi sarebbe davvero interessato, non l'ho saputo da lui.» [traduzione]

Riassumendo, si può fare notare che nell'intera documentazione della Direzione del SIS non è stato trovato alcun indizio riguardo a informazioni provenienti dal Sudafrica rilevanti per la sicurezza del nostro Paese, che i verbali relativi ai contatti classificati «segreti» costituiscono più descrizioni di viaggi turistici che non fonti d'informazione per il Servizio informazioni, che i presunti elementi acquisiti grazie ai molti incontri a livello di capi e alle molte consultazioni tecniche non furono valutati sistematicamente e che nemmeno i relatori per Paesi del GIS, ovvero del GR info, competenti per l'Africa australe sapevano delle informazioni provenienti del Sudafrica. Per tutte queste considerazioni è possibile, ragionevolmente, trarre una sola conclusione: i contatti del GIS, poi del GR info, con il servizio partner sudafricano durante il periodo del regime dell'apartheid non apportarono la benché minima utilità agli interessi in materia di sicurezza della Svizzera e servirono piuttosto ad ampliare l'orizzonte di esperienze personali di alcuni collaboratori scelti che non agli interessi del nostro Paese.

2041

In questo contesto appare sorprendente soprattutto il fatto che i contatti regolari con il Servizio informazioni militare sudafricano siano stati instaurati e intensificati proprio in un periodo in cui il regime sudafricano si ritrovava viepiù isolato a causa della sua politica dell'apartheid. Mentre i servizi segreti di Stati Uniti, Gran Bretagna e altri Paesi, in seguito alle risoluzioni dell'ONU, si videro costretti a ridurre o addirittura a interrompere i loro contatti con il Sudafrica, l'allora GIS sembra aver approfittato dell'occasione. Più il Sudafrica era allora isolato sulla scena politica mondiale, era preferibile curare al meglio le poche relazioni internazionali rimaste e dare una cornice adeguata alle visite. In questa situazione, il Servizio informazioni di un piccolo Paese, ovvero i menzionati rappresentanti di tale Servizio, conseguì improvvisamente un'importanza che in un contesto politico normale probabilmente non avrebbe mai potuto raggiungere.

7

Contatti dei medici militari svizzeri con il Sudafrica

7.1

Congressi del Comité International de Médecine Militare (CIMM)

Nei suoi accertamenti, la DCG non ha solamente approfondito la questione dei contatti del Servizio informazioni svizzero, bensì ha esaminato le relazioni del Gr sanità, ovvero del medico in capo dell'esercito, con il Sudafrica. Accertamenti preliminari erano già stati avviati dal capo dello Stato maggiore generale su incarico del DDPS.

Dal 18 al 27 settembre 1986 ebbe luogo a Moudon (Cantone di Vaud) un corso di istruzione del Comité International de Médecine Militare (CIMM) per giovani medici militari. All'epoca, il Sudafrica non era membro di questa organizzazione e di conseguenza non era annoverata tra i Paesi invitati. La lista dei partecipanti non presenta d'altronde alcuna iscrizione di partecipanti sudafricani.

Dal 5 all'11 maggio 1988 si svolse a Interlaken (Cantone di Berna) il congresso annuale del CIMM sotto la direzione organizzativa del medico in capo dell'esercito svizzero. Pur continuando a non essere membro di questa organizzazione, il Sudafrica non aveva l'intenzione di diventarlo. Nell'ottica di una possibile adesione del Sudafrica, che in effetti avvenne l'anno seguente (1989) il medico in capo dell'esercito sudafricano, generale Scheepers, ­ e non come, affermato in parte nei media, il generale Nieuwoudt ­ partecipò al congresso. Il medico in capo dell'esercito svizzero gli aveva proposto di partecipare in civile, non da ultimo poiché vi partecipavano anche numerosi medici militari provenienti da Stati dell'Africa nera. Il medico in capo dell'esercito sudafricano Scheepers partecipò a diverse manifestazioni del congresso, non a tutte, e durante il suo soggiorno fu assistito da un ufficiale di milizia svizzero. Nel corso del congresso vi furono anche alcuni contatti personali con il medico in capo e altri medici militari dell'esercito svizzero, che però si limitarono alle usuali frasi di cortesia e allo scambio di alcuni brevi pareri e commenti sui temi trattati dal congresso. Il progetto di guerra biologica e chimica sudafricano denominato «Coast» (cfr. in merito il n. 10) non è mai stato oggetto di discussione, né direttamente né indirettamente. Insieme al medico in capo dell'esercito sudafricano Scheepers partecipò al congresso anche un suo collaboratore che, seppure non fu autorizzato a partecipare a singole conferenze. Come comunicò il Gr sanità, non è più stato possibile scoprirne il nome: 2042

«[...] Non è possibile escludere con assoluta certezza che si sia trattato di W. Basson.

Che l'accompagnatore fosse maggiore e comandante di un battaglione sanitario (per lo meno, come tale era stato presentato) e che un anno dopo W. Basson abbia rivestito il grado di generale di brigata [...] depone contro l'ipotesi che si trattasse di W. Basson.» [traduzione]

7.2

Mandato dell'ONU in Namibia

Negli anni 1989 e 1990, il medico in capo dell'esercito svizzero diresse l'impiego di un contingente di truppe svizzere incaricato dall'ONU di assicurare le cure mediche delle truppe di pace che, su mandato della stessa ONU, erano impegnate in Namibia.

In questo contesto, causa la situazione, vi furono anche singoli contatti con l'allora medico in capo dell'esercito sudafricano, generale D. P. Niel Knobel43. Gli incontri, cinque o sei in tutto, si svolsero in Namibia, in Sudafrica e in Svizzera e ­ come fece notare il Gr sanità nel suo rapporto al capo dello Stato maggiore generale ­ «si trattò sempre di discussioni tecniche, inerenti al servizio sanitario al fine di adempiere al meglio il compito affidato dall'ONU». [traduzione]. Non furono mai discussi altri temi, in particolare quelli rilevanti rispetto ai delitti di cui è stato accusato Wouter Basson.

In occasione degli incontri con Niel Knobel vi erano in effetti stati alcuni contatti con altri medici militari sudafricani. I contatti, però, ­ così il menzionato rapporto del Gr sanità ­ erano stati molto più brevi e le discussioni erano ruotate attorno agli stessi temi già affrontati con il medico in capo dell'esercito sudafricano. Non è possibile escludere che tra i medici militari vi fosse stato Wouter Basson, sebbene l'allora medico in capo dell'esercito svizzero non si ricordi che gli sia mai stato presentato un medico militare con quel nome. Egli afferma però di essere sicuro che non siano state discusse questioni relative all'acquisizione di armi chimiche o analoghe. Pur andando in pensione il 31 dicembre 1988, il medico in capo dell'esercito svizzero si occupò fino al 1990 di ultimare il progetto Namibia.

7.3

Contatti del Gr sanità e del medico in capo dell'esercito svizzero con il Sudafrica

Sulla base del rapporto redatto dal Gr sanità a destinazione del capo dello Stato maggiore generale e dell'ulteriore documentazione consultata dalla DCG, è stato possibile ricostruire i seguenti contatti del Gr sanità e del medico in capo dell'esercito svizzero con esponenti o delegazioni del Servizio sanitario dell'esercito sudafricano:

43

Dal 1981 nel Servizio sanitario, dal 1988 generale della sanità militare e fino al 1995 responsabile del progetto «Coast», dal 1997 in pensione.

2043

Contatti del Gr sanità, ovvero del medico in capo dell'esercito svizzero con il Sudafrica Tabella 2 Data

Attività

11/6/1980

richiesta concernente una visita di una delegazione sudafricana al medico in capo dell'esercito svizzero, con l'annotazione del Protocollo militare: «Il DFAE (l'ambasciatore Brunner) non ha alcuna obiezione in merito alla visita auspicata.» [traduzione] e con quella del CSMG: «D'accordo; non accettare un invito in contraccambio!» [traduzione] (cfr. in merito anche il n. 6.3.3.6) visita a Berna al medico in capo dell'esercito svizzero da parte del capo del comando militare medico del Transvaal del Sud Dippenaar, con visita della caserma di Losone e dell'ospedale militare di Mittelgösgen visita a Berna al medico in capo dell'esercito svizzero da parte del generale Niel Knobel richiesta dell'addetto alla difesa del Sudafrica al Protocollo militare concer-nente una visita a Berna del generale Niel Knobel al medico in capo dell'esercito svizzero verbale delle decisioni dello stato maggiore di direzione del DMF: su proposta del capo dello Stato maggiore generale, viene autorizzata una visita di due giorni del medico in capo delle SADF visita a Berna al medico in capo dell'esercito svizzero e al supplente del farmacista dell'esercito da parte del generale Niel Knobel e dei suoi accompagnatori; visita del campo per andicappati a Melchtal e dell'ospedale militare di Einsiedeln rapporto d'analisi del Laboratorio AC di Spiez concernente nove campioni provenienti dall'Angola breve visita al medico in capo dell'esercito svizzero da parte del generale di brigata Dippenaar, di passaggio a Berna rapporto d'analisi del Laboratorio AC di Spiez concernente diversi campioni visita in Svizzera del capo d'intervento del corpo sanitario delle SADF; visita all'ospedale militare di Muotathal lettera dell'addetto alla difesa del Sudafrica al medico in capo dell'esercito svizzero concernente una visita di cortesia partecipazione del medico in capo del comando di distretto del Capo Est delle SADF all'11th Course of Law of Armed Conflict for Senior Officers of the Armed Forces Medical Services [11° Corso di diritto relativo ai conflitti armati per ufficiali superiori dei Servizi medici delle Forze armate] [traduzione] a Ginevra visita di cortesia del colonnello Voortmann al medico in capo dell'esercito svizzero; visita dell'Istituto di medicina aeronautica di Dübendorf richiesta scritta dell'addetto alla difesa del Sudafrica
concernente i principi in materia di AIDS dell'esercito svizzero diversi distaccamenti di medici militari in Sudafrica partecipazione del direttore dell'Istituto di medicina aeronautica a un congresso di medicina aeronautica e spaziale in Sudafrica partecipazione del medico in capo dell'esercito svizzero a una cena con il capo dello Stato maggiore generale sudafricano, su invito del CSMG svizzero

26-27/6/1980 7/10/1986 18/5/1989 2/6/1989 20-22/6/1989

31/7/1989 2/5/1990 25/5/1990 3/9/1991 21/11/1991 1-14/12/1991

16/12/1991 1/1992 8/1992-4/1995 23-31/8/1992 17/2/1993

2044

Data

Attività

13-22/3/1993

visita del medico in capo dell'esercito svizzero al Servizio sanitario dell'esercito sudafricano su invito di Niel Knobel, seguita da vacanze private in Sudafrica invito all'addetto alla difesa del Sudafrica per assistere alla relazione del medico in capo dell'esercito svizzero del 28 aprile 1993, con l'annotazione che questi avrebbe riferito in particolare le sue impressioni della visita in Sudafrica viaggio privato in Sudafrica del medico in capo dell'esercito svizzero organizzato dall'addetto alla difesa sudafricano; visita dell'ospedale militare di Pretoria e accoglienza del gruppo di viaggio da parte di Niel Knobel breve visita al medico in capo dell'esercito svizzero da parte di Niel Knobel, di passaggio a Berna mentre si stava recando al congresso dell'AMSUS (Association of military surgeons of the United States) [Associazione dei medici militari degli Stati Uniti] [traduzione] negli Stati Uniti; pranzo e visita di una fattoria visita al medico in capo dell'esercito svizzero da parte di Niel Knobel, di passaggio a Berna mentre si stava recando al congresso del CIMM in Cina; visita del centro per paraplegici e della Schaukäserei di Nottwil.

19/4/1993

25/9-6/10/1995

Autunno 1995

6-08/10/1996

Come ha spiegato l'allora medico in capo dell'esercito svizzero in carica dal gennaio 1989 al marzo 2001, i contatti del GR sanità con il Sudafrica erano interessanti per due motivi. Da un lato, il Servizio sanitario dell'esercito sudafricano era organizzato in maniera speciale e concepito come un corpo d'armata; in tal senso vi era un legame con il Servizio sanitario coordinato dell'esercito svizzero. Dall'altro, il Sudafrica era continuamente confrontato con morti e feriti nelle Homeland e alle frontiere. Le esperienze fatte in queste occasioni erano di notevole utilità per il Servizio sanitario dell'esercito svizzero.

Sulla base degli accertamenti della DCG, si può supporre che i contatti con il Sudafrica del GR sanità e del medico in capo dell'esercito svizzero, siano rimasti nella normalità. Si sono in sostanza limitati alla collaborazione in seno a organismi internazionali riconosciuti; vi sono inoltre stati alcuni incontri bilaterali, che hanno soprattutto avuto carattere di visita di cortesia. A causa della situazione politica in Africa australe, sarebbe stata eventualmente più opportuna una maggiore cautela nell'accettare o offrire inviti in contraccambio.

È però soprattutto chiaro che il Gr sanità e in particolare il medico in capo dell'esercito svizzero non erano in alcun modo a conoscenza del progetto «Coast» né tantomeno abbiano un qualsivoglia ausilio a Wouter Basson per i suoi sforzi in favore della guerra biologica e chimica. Anche se però non può essere escluso con assoluta certezza, sembra poco probabile che Wouter Basson abbia partecipato al congresso del CIMM nel 1988 e che nel quadro del rispetto di un mandato dell'ONU della fine degli anni Ottanta abbia potuto incontrare brevemente in Namibia il medico in capo dell'esercito svizzero. Ma di sicuro in tale occasione non furono rese accessibili a Wouter Basson informazioni che ­ direttamente o anche soltanto indirettamente ­ avrebbero potuto essergli utili per l'elaborazione e lo sviluppo del progetto «Coast».

Rimane unicamente da segnalare una controversia sorta all'inizio degli anni Ottanta tra il capo dello Stato maggiore generale e il medico in capo dell'esercito in merito all'accettazione di un invito in contraccambio in Sudafrica. Le divergenze d'opinione dell'epoca sono rivelatrici della mancanza di sensibilità politica cui si è già fatto 2045

riferimento relativamente ai contatti del Servizio informazioni con il Sudafrica (cfr.

in merito il n. 6.3.3). Il 18 giugno 1992 l'addetto alla difesa sudafricano fece pervenire al Protocollo militare un invito rivolto al medico in capo dell'esercito svizzero, motivandolo tra l'altro con il fatto che, in occasione di alcuni viaggi di servizio particolarmente fruttuosi, i rappresentanti delle truppe sanitarie sudafricane «sono stati accolti e assistiti sempre squisitamente dai sanitari svizzeri e anche da Lei ...».

[traduzione]. Il 25 giugno 1992 il Protocollo militare comunicò al medico in capo dell'esercito che, secondo l'opinione del capo dello Stato maggiore generale, al momento non era opportuno accettare un invito del Sudafrica e che quindi bisognava rinunciarvi. Il 29 giugno 1992 il medico in capo dell'esercito si rivolse direttamente al capo dello Stato maggiore generale, segnalando tra l'altro quattro precedenti visite di militari sudafricani in Svizzera tra il 1989 e il 1991. Il 6 luglio 1992 il capo dello Stato maggiore generale informò il Protocollo militare e chiese che l'invito al medico in capo dell'esercito venisse sottoposta al DFAE per esaminarne l'opportunità politica. Non vi è alcuna documentazione al riguardo; per contro è stato possibile stabilire che per finire la visita non fu autorizzata dal capo dello Stato maggiore generale, bensì dal segretario generale supplente del DMF. La visita in Sudafrica del medico in capo dell'esercito ebbe quindi effettivamente luogo dal 13 al 22 marzo 1993. Il cambiamento d'opinione in seno alla direzione politica del DMF potrebbe essere riconducibile, non da ultimo, al fatto che, durante il suo viaggio in Europa, il 18 gennaio 1993 il ministro della difesa sudafricano era stato invitato a pranzo dalla Segreteria generale del DMF e che subito dopo aveva reso una visita di cortesia all'allora capo del DMF. Un'altra visita di cortesia al capo del DFAE auspicata dal ministro della difesa sudafricano fu invece esplicitamente declinata.

8

Peter Regli

8.1

Contatti di Peter Regli con il Sudafrica in generale e con Wouter Basson in particolare

Il divisionario Peter Regli è stato capo del Servizio d'informazione dell'aviazione e della difesa contraerea (SIADCA, oggi SIFA) in seno al Comando delle truppe d'aviazione e difesa contraerea (oggi Forze aeree) dal 1981 al 1988. La gestione delle attività d'informazione sul piano operativo, tattico e tecnico nella prospettiva dell'impiego delle Forze aeree rientrava fra i suoi compiti di allora. Al più tardi dal luglio 1983, data della visita privata di due piloti delle Forze aeree svizzere in Sudafrica, Peter Regli intrattenne regolarmente contatti con il Servizio informazioni delle Forze aeree sudafricano nell'ambito del quale e con la sua collaborazione ha anche avuto luogo lo scambio di piloti già sottoposto a indagine dalla DCG.

Nel 1989, Peter Regli riprese il comando del Gruppo servizio informazioni (GSI fino al 1993, Gruppo informazioni [Gr info] dal 1993 al 2000), dapprima in qualità di sottocapo di stato maggiore del gruppo servizio informazioni ad interim, in seguito, nel 1991, quale sottocapo di stato maggiore del Gruppo servizio informazioni (SCSM SI). In tale funzione, egli portò avanti i contatti con la Military Intelligence Division (MID) avviati dai suoi predecessori. La decisione di instaurare contatti regolari risale alla fine degli anni Settanta e fu presa dal divisionario Richard Ochsner, SCSM SI dal 1977 al 1981. Questi contatti furono istituzionalizzati con la prima visita del divisionario Mario Petitpierre, SCSM SI, nel marzo del 1982 e 2046

formalizzati attraverso un collegamento telex cifrato nel novembre 1983 (cfr. n. 6.2).

Per parte sua, Peter Regli partecipò per la prima volta a una visita in Sudafrica a livello dei capi di servizio d'informazione nell'aprile 1984, all'epoca ancora quale capo della SIADCA. In proposito, egli aveva annotato in un verbale della visita di aver trovato porte molto aperte grazie al lavoro preliminare del SCSM SI.

In occasione della sua audizione da parte della DCG, Peter Regli ha insistito sul fatto che tutti i contatti avuti da lui con il Sudafrica in qualità di capo della SIADCA avvenivano attraverso il SCSM SI, per cui, parlando della sua prima visita in Sudafrica a livello dei capi dei servizi d'informazione, ha precisato di essersi unito al viaggio organizzato dal SCSM SI. Dato che i rapporti tra il GIS e i servizi d'informazione sudafricani erano stati «avviati previo accordo con la direzione politica» [traduzione] già nel 1977, egli ritenne che non spettasse a lui rimetterli in questione.

La DGC ha passato a un vaglio approfondito tutti gli elementi in suo possesso al fine di ricostruire l'ampio ventaglio di rapporti tra Peter Regli e il Sudafrica. Se si eccettuano i verbali degli incontri e colloqui già menzionati a più riprese, il SIFA e la Direzione del SIS non dispongono (o non dispongono più) di documenti in merito.

Lo spoglio dei verbali permette tuttavia di stabilire che i contatti avuti da Peter Regli con il servizio informazioni militare sudafricano furono molto intensi. Fino alle sue dimissioni dalla carica (ottobre 1999), egli incontrò regolarmente membri della MID, sia a Berna sia in Sudafrica (cfr. n. 6.4 per altri dettagli in proposito).

La DCG ha pure esaminato i dossier del Protocollo militare (cfr. n. 4.3.5) e le note spese (cfr. n. 4.3.3.5); per le ragioni già esposte, queste due fonti d'informazione non hanno fornito molti chiarimenti. Il Protocollo militare non aveva nulla a che vedere con i contatti stabiliti sotto la copertura delle attività d'informazione e, come ha dichiarato il capo di questo servizio alla DCG, egli «non ha saputo nulla circa i rapporti con il servizio informazioni che Peter Regli aveva tenuto nel corso di questo periodo, in quanto egli faceva una distinzione molto netta tra essi e le sue altre attività.» [traduzione], Inoltre, solo una parte delle
note spese è ancora disponibile attualmente e la contabilità non offre alcuna indicazione in merito a questi contatti.

La DCG ha interrogato in seguito le segretarie di Peter Regli che però, a loro volta, non sono state in grado di fornire indicazioni supplementari non avendo accesso agli affari segreti e non essendo al corrente di tutte le assenze e contatti del loro capo.

Anche l'agenda non riportava sovente nessun dettaglio circa i contatti e non permetteva altro se non di constatare i periodi in cui Peter Regli era occupato.

Per queste ragioni la DCG non ha potuto infirmare ne confermare le affermazioni fatte a più riprese e secondo le quali Wouter Basson avrebbe incontrato più volte Peter Regli a Palazzo federale o in altri luoghi. Pertanto, la DCG non ha trovato indizi che possano avallare tali supposizioni. Il presunto testimone ­ deceduto nel frattempo ­ regolarmente citato dai media, non ha fatto pervenire alla DCG, malgrado le sue reiterate assicurazioni, le informazioni o documenti che avrebbero permesso di fare maggior chiarezza in merito. Dopo le indagini e l'esame di tutti gli indizi di cui disponeva, la DCG non ha dubbi circa le supposizioni malevole diffuse dai media in relazione ai contatti tra Peter Regli e Wouter Basson: esso sono del tutto prive di fondamento.

Per questo motivo, essa conferma le valutazioni già espresse nel suo rapporto del novembre 1999. I contatti tra Peter Regli e Wouter Basson si riducono essenzial2047

mente a una visita di cortesia che ebbe luogo agli inizi degli anni Novanta. Inoltre, vi sono alcuni indizi dai quali è possibile evincere che la visita di cortesia in questione potrebbe eventualmente essere stata oggetto di una confusione e che essa potrebbe essere stata preceduta da un incontro fortuito e breve (cfr. n. 10.5).

8.2

L'atteggiamento di Peter Regli durante l'inchiesta e dopo aver abbandonato la carica

Nel corso delle diverse inchieste, la DCG ha avuto l'impressione che Peter Regli sia stato piuttosto superficiale e se la sia talvolta cavata sbrigativamente con risposte imprecise. La sua volontà d'informare la DCG spontaneamente e in maniera completa su questioni che la interessavano ha lasciato a desiderare. La DCG ha dovuto constatare di frequente che le dichiarazioni di Peter Regli erano molto lacunose, al punto di vedersi costretta a cercare per altre vie le informazioni di cui aveva bisogno. È molto probabile che Peter Regli abbia deliberatamente eluso alcune questioni.

Le ragioni di questa scarsa propensione a riferire sui fatti possono essere molto diverse; è comunque certo che negli ambienti dei servizi d'informazione la massima priorità è data alla regola della riservatezza. Benché, da un punto di vista generale, capisca tale atteggiamento, la DCG non può però accettare la diffidenza chiaramente manifestata da Peter Regli nei suoi confronti.

Le nuove inchieste portate avanti dalla DCG hanno in effetti dimostrato che la Direzione del SIS e il SIFA disponevano ancora di un numero molto maggiore d'informazioni e di documenti di quello che Peter Regli aveva tentato di far credere in occasione delle inchieste precedenti. Per la delegazione, è evidente che, nel corso delle indagini della DCG, Peter Regli ha volutamente dissimulato informazioni importanti e, in tal modo, ha impedito che venisse fatta piena luce su alcuni avvenimenti. Così, ad esempio, nel 1993, Peter Regli aveva segnatamente dichiarato alla DCG di non essere più in possesso di documenti riguardanti lo scambio di piloti. In occasione dell'inchiesta condotta nel 1999, aveva anche preteso che i verbali degli incontri e colloqui non risalivano oltre il 1992 (cfr. n. 6.4). La presente indagine ha chiaramente dimostrato che queste due dichiarazioni erano del tutto false.

Nell'agosto 1999, nell'ambito dell'affare Bellasi44, Peter Regli era stato congedato dietro sua richiesta. Il 18 agosto 1999, a seguito delle accuse molto gravi fatte da Dino Bellasi contro i suoi superiori, il Ministero pubblico della Confederazione avviò un'inchiesta preliminare contro Peter Regli. Nel quadro di questo procedimento, l'ufficio di quest'ultimo ­ come altri uffici del GSI ­ fu perquisito e furono apposti i sigilli. Alla fine di agosto del 1999,
il Ministero pubblico della Confederazione revocò le accuse contro Peter Regli e altri collaboratori del GSI con effetto immediato e tolse i sigilli. Lo stesso giorno, il DDPS informò l'opinione pubblica che Peter Regli sarebbe rimasto congedato fino alla conclusione dell'inchiesta amministrativa. Il 17 settembre 1999, il capo dello Stato maggiore generale comunicò di aver affidato nuovi compiti a Peter Regli e a un altro collaboratore del Gr info, e ciò fino al termine dell'inchiesta amministrativa. Le nuove attività affidate a Peter Regli consistevano, tra l'altro, nell'esame e nella trasmissione dei documenti del Gr 44

Cfr. in merito il Rapporto della Delegazione delle Commissioni della gestione delle Camere federali relativo agli eventi accaduti nel Gruppo servizio informazioni dello Stato maggiore generale («caso Bellasi»), del 24 novembre 1999 (FF 2000 502).

2048

info all'Archivio federale. Una settimana più tardi, ossia il 24 settembre 1999, il capo dello Stato maggior generale, precisò i compiti affidati a Peter Regli.

L'incarico affidato a Peter Regli dal capo dello Stato maggiore generale, vale a dire lo smistamento e la trasmissione dei documenti del Gr info all'Archivio federale, è stato oggetto di diversi interventi parlamentari. Il 1° dicembre 1999, rispondendo all'interpellanza 99.3514 «Archivio federale, dossier del DDPS e dell'esercito»45, il Consiglio federale dichiarava segnatamente: «Il Consiglio federale è del parere che un'archiviazione accurata dei documenti della sua Amministrazione nell'interesse della ricerca storica è un obbligo costituzionale ineludibile. La legge federale del 26 giugno 1998 sull'archiviazione, entrata in vigore il 1° ottobre 1999, conferisce il quadro legale a questo compito federale.

Il Consiglio federale risponde alle questioni poste dall'autore dell'interpellanza come segue: 1. Il servizio di ricerca della Biblioteca militare federale è dotata di un servizio di stato maggiore dell'archivio dell'esercito. Quest'ultimo è diretto, nella forma di 'job sharing', da due storici che lavorano in stretta collaborazione con l'Archivio federale. L'archivio dell'esercito provvede alla salvaguardia e alla trasmissione all'Archivio federale dei documenti delle formazioni dell'esercito e delle unità amministrative del DDPS.

Questo archivio dell'esercito è stato creato al fine di adempiere con competenza l'obbligo previsto dalla legge federale sull'archiviazione (art. 6) e dall'ordinanza dell'8 settembre 1999 relativa alla legge federale sull'archiviazione (art. 4 e 5) tenendo presente il rapporto del 13 novembre 1996 della Commissione della gestione del Consiglio degli Stati concernente gli avvenimenti in seno al DMF (Didacta, Diamant e documentazione pedagogica, raccomandazione n. 517).

[...]

4. Il mandato affidato al divisionario Peter Regli è il seguente: 'esaminare i documenti degli anni Sessanta e Settanta, usufruire delle conoscenze acquisite durante l'esercizio della carica di sottocapo di stato maggiore del Gruppo servizio informazioni, classificare queste informazioni e trasmetterle all'archivio dell'esercito'.

I documenti del Gruppo servizio informazioni degli anni sessanta e Settanta, che dipendono perciò dal
predecessore del divisionario Peter Regli e che si trovano in suo possesso (cassaforte), sono state esaminati; essi saranno trasmessi integralmente all'Archivio federale. Il divisionario Peter Regli ha di conseguenza svolto il compito attribuitogli (direttiva del 24 settembre 1999). Quanto alle modalità della trasmissione dei documenti, esse sono state definite nel corso di un colloquio tra una rappresentante dell'Archivio federale, un rappresentante dell'archivio dell'esercito e il divisionario Peter Regli.

5. Precisiamo che con la consegna dei documenti summenzionati, non saranno ancora stati trasmessi tutti i dossier del servizio informazioni dell'esercito. In effetti, nel corso delle prossime settimane, nel quadro di un'operazione sistematica di salvaguardia (diretta dall'Archivio federale), tutte le archiviazioni effettuate dal servizio d'informazione riguardanti dossier risalenti a prima del 1980 saranno sottoposte a un controllo. Una volta completata questa operazione, si disporrà di una panoramica di tutti documenti esistenti del servizio d'informazioni militare. Sarà allora possibile, in questo campo d'attività, constatare eventuali lacune a livello della trasmissione.

[...]

7. Tutti i documenti, senza eccezione, devono essere proposti all'Archivio federale.

Quest'ultimo può tuttavia rifiutarne alcune parti. [...]»

45

Risposta del Consiglio federale del 1° dicembre 1999 all'interpellanza Archivi federali.

Dossier del DDPS e dell'esercito, del 7 ottobre 1999 (Boll. Uff. 1999 N 2673, Boll. Uff.

1999 allegati VI 264).

2049

Il DDPS e il capo dello Stato maggiore generale hanno rinunciato a controllare il rispetto delle istruzioni date a Peter Regli. Quest'ultimo aveva libero accesso a tutti i locali e uffici come pure a un distruggidocumenti. La segretaria di allora ha dichiarato alla DCG che Peter Regli aveva distrutto personalmente documenti ma ne aveva consegnati anche a lei affinché li distruggesse.

In occasione dell'audizione da parte della DCG, Peter Regli insistette sul fatto di essersi adeguato, in qualità di decimo e ultimo SCSM SI, a regole internazionali sulla protezione delle fonti. Per lui, la protezione delle fonti implicava che il materiale proveniente dai servizi d'informazione di Stati partner venisse distrutto dopo la sua utilizzazione e non sarebbe stato quindi consegnato all'Archivio federale. Egli ha ricordato che nel momento di assunzione della carica di capo del GIS, le direttive valide in materia d'archiviazione risalivano al 1966. Nessuno in seno al GIS, e in seguito al Gr info, vi si era riferito. Peter Regli ha pure ricordato che, a metà degli anni Novanta, era stato deciso di elaborare un nuova legge sull'archiviazione e che egli aveva subito attirato l'attenzione sulla necessità di istituire un disciplinamento speciale per i servizi d'informazione, ma che il problema non era ancora stato risolto quando lasciò il servizio. Egli ha anche precisato, in proposito, di non essere a conoscenza della situazione nel momento della sua audizione.

Mancando qualsiasi verbale relativo alla distruzione, la DCG non può pronunciarsi né sull'ampiezza delle eliminazioni di documenti né sul contenuto dei documenti distrutti. È stato soltanto appurato che, in quasi venti anni di attività quale capo della SIADCA e poi quale SCSM SI, i dossier di lavoro che Peter Regli ha trasmesso all'Archivio federale raggiungono, se ammucchiati, uno spessore di 10 cm, il che è estremamente poco. A proposito, la DCG intende tuttavia precisare che i rimproveri circa le distruzioni di documenti su vasta scala non attengono soltanto a Peter Regli.

Da un lato, questa pratica era già adottata, nell'ambito del GIS e in seguito del Gr info, dai suoi predecessori (cfr. in merito il n. 4.3.7) e, dall'altro, i dirigenti avevano rinunciato ai controlli e alla sorveglianza in questo campo. Ma la DCG non riesce a capire il fatto che
non solo il capo del Dipartimento ma anche il capo dello Stato maggiore generale abbiano potuto incaricare Peter Regli, dopo il suo congedo, dell'esame e della trasmissione dei documenti del Gr info all'Archivio federale lasciandogli mano libera di distruggere documenti a sua discrezione. Dovendo essere a conoscenza del fatto che il GIS e poi il Gr info non avevano trasmesso documenti all'Archivio federale da decenni, sarebbe stato molto opportuno che essi affidassero questo compito a una persona non implicata o almeno che emanassero direttive molto rigide in materia di analisi e di archiviazione dei documenti. Avrebbero altresì dovuto controllare con rigore le attività corrispondenti del SCSM SI in congedo.

Benché la risposta del Consiglio federale all'interpellanza 99.3514 del 1° dicembre 1999 precisi esplicitamente che «tutti i documenti, senza eccezione, devono essere proposti all'Archivio federale», si è stabilito ora che vi sono state distruzioni di documenti su vasta scala e che solo un'infima parte dei documenti è stata trasmessa all'Archivio federale. Inoltre, ogni ricostruzione dei documenti distrutti è impossibile non essendovi alcun verbale relativo alle distruzioni.

Il 12 aprile 2000, in occasione del colloquio con il capo dello Stato maggiore generale e con il SCSM SI ad interim, la DCG aveva espressamente criticato il fatto che Peter Regli, dopo essere stato congedato, era ancora la sola persona ad aver accesso

2050

ai documenti coperti dal segreto. Ciò malgrado, né la direzione del Dipartimento né il capo dello Stato maggiore generale hanno fatto qualcosa per garantire l'integrità dei dossier.

9

Jürg Jacomet

Lo Svizzero Jürg Jacomet ha svolto un ruolo importante nel contesto delle relazioni tra la Svizzera e il Sudafrica. A più riprese, segnatamente in occasione del processo contro Wouter Basson, egli è stato citato come il mediatore tra Peter Regli e alcuni servizi e persone in Sudafrica. Implicato in numerosi traffici e attività dubbie, è stato a lungo uomo di fiducia di Peter Regli.

9.1

Carriera professionale e militare

Jürg Alois Jacomet, era nato il 17 agosto 1946 Bülach (Cantone di Zurigo), originario di Sumvigt (Cantone dei Grigioni). Dopo l'apprendistato, aveva lavorato quale venditore in un'armeria. Messosi in proprio con un partner, il 19 maggio 1982 fondò la società Intermagnum AG con sede e Rümlang (Cantone di Zurigo). Lo scopo sociale iscritto nel registro di commercio era il commercio, l'importazione e l'esportazione di merci di ogni natura. La società Intermagnum AG disponeva di un'autorizzazione cantonale alla vendita di armi e, dal 1983, di un'autorizzazione della Confederazione per il commercio e il brokeraggio di materiale bellico. La società Intermagnum AG dichiarò fallimento il 7 giugno 1994 e, al termine della procedura di fallimento, venne radiata dall'ufficio del Registro di commercio il 14 agosto 1996.

Jürg Jacomet fruiva di un'ampia cerchia di conoscenze professionali e private in diversi Paesi, in particolare nell'Africa australe e nei Paesi dell'ex-blocco sovietico.

Jürg Jacomet si ammalò di un cancro agli inizi degli anni Novanta. Alla fine del 1993/ inizio 1994, lasciò il domicilio in Svizzera per la Spagna dapprima, e le Filippine in seguito.

Il 27 e 28 settembre 1998, grazie all'assistenza della Guardia aerea svizzera di salvataggio (REGA), Jürg Jacomet venne rimpatriato per ragioni di salute a bordo di un aereo di linea dall'isola di Cepu (Filippine). Da Kloten venne trasferito all'ospedale universitario di Zurigo dove decedette l'8 ottobre 1998. Il trasporto era stato ordinato da André Jacomet, suo nipote. Supposizioni in base alle quali ambienti vicini ai servizi segreti avrebbero pagato le spese di rimpatrio e d'ospedalizzazione sono state smentite dalla delegazione.

Nel 1968, Jürg Jacomet aveva frequentato la scuola di ufficiali delle truppe d'aviazione e di difesa contraerea (oggi Forze aeree) a Dübendorf contemporaneamente a Peter Regli. Dopo aver seguito il corso tecnico per ufficiali informatori nel 1972, era stato incorporato quale ufficiale informatore (di milizia) delle Forze aeree fino al termine del servizio obbligatorio nel 1991. Occorre precisare che egli apparteneva al corpo degli ufficiali delle Forze aeree ma che non fu mai collaboratore della SIADCA (oggi SIFA). Nel 1990, Jürg Jacomet fu trasferito dallo stato maggiore del reggimento d'aviazione 3 allo stato maggiore del comando delle Forze aeree. Dal 26 febbraio al 2 marzo 1990, effettuò il suo unico servizio ordinario in questa fun2051

zione. Il suo ultimo servizio si svolse dal 19 al 22 marzo 1991 sotto il comando del capo dello stato maggiore dell'istruzione operativa.

I documenti sulla persona di Jürg Jacomet e più precisamente sui suoi contatti con i servizi ufficiali e con privati sono rari. La DCG ha comunque tentato di esaminare alcune congetture e affermazioni. Lo scopo di queste indagini era di porre fine a interminabili discussioni chiarendo ­ nella misura ancora possibile ­ le numerose voci che circolavano in merito alla presunta partecipazione dei servizi d'informazione svizzeri alle attività di Jürg Jacomet.

9.2

Documenti in possesso delle autorità svizzere

La Polizia federale di quegli anni aveva redatto schede su Jürg Jacomet e sulla società Intermagnum AG, archiviate in seguito nell'Archivio federale. La prima di esse, riguardante la società Intermagnum AG e datata il 10 agosto 1983, è relativa all'autorizzazione iniziale per il commercio e il brokeraggio di materiale bellico.

Diverse schede degli anni 1985-1988 alludono a possibili implicazioni dell'Intermagnum AG in un commercio d'armi tra un'organizzazione nord-irlandese e il Sudafrica. Jürg Jacomet vi figura soltanto per la sua appartenenza al consiglio d'amministrazione della società. Segue una breve annotazione espressamente legata al controllo di sicurezza effettuato in occasione del suo cambiamento di funzione militare di allora e concernente l'accesso e installazioni classificate dell'esercito; «Niente da segnalare.» [traduzione] L'attuale Sistema per il trattamento dei dati relativi alla protezione dello Stato (ISIS) contiene diverse informazioni su Jürg Jacomet. La prima concerne l'apertura di un'inchiesta per infrazione presunta della legge sull'energia atomica (scoperta di uranio a Kemptthal il 6 ottobre 1993, cfr. n. 9.7). La successiva riguarda l'eventuale partecipazione a un traffico d'armi sul territorio dell'ex-Jugoslavia (Bosnia-Erzegovina); è evidentemente nel quadro di questo affare che Jürg Jacomet venne arrestato in Spagna il 3 luglio 1994. La registrazione che segue concerne l'abbandono da parte del Ministero pubblico del distretto di Zurigo del perseguimento penale relativo alle obbligazioni falsificate del Banco di Napoli in data 21 settembre 1994; Wouter Basson, il cui nome compare per la prima volta associato a quello di Jacomet, è considerato presunto complice (cfr. in merito il n. 10.3.5). Le registrazioni successive riguardano una possibile partecipazione a un traffico di sostanze radioattive in Germania (1995) e in Spagna (1998). Le altre registrazioni attengono a richieste dall'estero o si riferiscono all'inchiesta in corso condotta dal Ministero pubblico della Confederazione.

La DCG ha consultato i dossier relativi alle procedure inerenti la scoperta di uranio (cfr. n. 9.7) e le obbligazioni falsificate del Banco di Napoli (cfr. n. 10.4.4). Inoltre, rispondendo a una domanda in merito da parte della DCG, la Direzione degli affari sociali e della sicurezza del
Cantone di Zurigo ha risposto che Jürg Jacomet e la Intermagnum AG non erano stati sottoposi a nessun controllo di polizia a partire dal 1991 e che non sussisteva alcun fascicolo risalente agli anni successivi. Di conseguenza, si contestano le affermazioni dei media in merito a un preteso controllo al quale sarebbero stati sottoposti Jürg Jacomet e Wouter Basson a Rümlang.

2052

9.3

«Diario» di Jürg Jacomet e altre informazioni sulla sua persona

Dagli inizi degli anni Novanta, il nome di Jürg Jacomet torna periodicamente a far capolino dai media. Vi è sovente descritto quale commerciante di armi internazionale che dispone di un rete importante di relazioni. Un'analisi più accurata rivela però ben presto che le numerose leggende sul suo conto risalgono tutte alle stesse fonti inconsistenti. La DCG ha cercato in ogni modo di verificare le innumerevoli dicerie che circondavano la persona di Jürg Jacomet. I risultati di queste indagini sono scarsi, dato che tutte le storie propagate sono oltremodo difficili da verificare.

Anche il giornalista indipendente Frank Garbely, che aveva accompagnato Jürg Jacomet nel corso degli ultimi mesi della sua vita e che l'aveva intervistato per la televisione poco prima della morte, ha riconosciuto senza riserve davanti alla DCG che la maggior parte delle dichiarazioni di Jürg Jacomet erano «semplicemente inverificabili» [traduzione] Inoltre, più d'una fra queste storie gli sembravano losche; «ma, nel campo dello spionaggio, le storie più inverosimili sono talvolta le più banali.» [traduzione] Il presunto diario di Jürg Jacomet rientra senza dubbi in questa categoria. La DCG ha consultato questo «diario», che, peraltro, si limita ad alcune pagine che contengono accenni e soggetti risultanti dalla giustapposizione di parole chiave. Tuttavia, queste ultime non sono accompagnate da nessuna indicazione più precisa e non possono essere controllate ricollegandole ad altri fatti. Uno scritto di Jürg Jacomet, che reca la data del 5 novembre 1986, ne offre senza dubbio l'interpretazione più affidabile. Nel tentativo di vendere la storia della propria vita, egli l'aveva inviato a diverse case editrici. Per Jürg Jacomet si trattava di un «romanzo autobiografico» intitolato «Il venditore di stelle» e che recava quale sottotitolo «la vita di un mercante d'armi e ufficiale informatore» [traduzioni]. Questo scritto contiene segnatamente le spiegazioni seguenti riportate nella misura del loro interesse per la presente indagine: «Non ho ovviamente mai venduto stelle, ma non mi stupirei affatto se un giorno dovessi farlo. Quando avrete letto le pagine che seguono, anche voi non sarete più sorpresi se doveste trovare un giorno sulla stampa un mio annuncio di questo genere.

Sono nato il 17 agosto 1946 [...] primo nato di una
famiglia [...]

Dopo aver frequentato le scuole elementari e secondarie e mancata l'ammissione a un istituto d'insegnamento secondario qualificato come ginnasio, ho seguito un apprendistato commerciale di tre anni [...] in un'armeria di Zurigo.

Era l'inizio di una carriera che può essere definita 'interessante', 'stravagante', 'incredibile' se non 'folle'.

Nel corso della propria vita, ogni cittadino svizzero normale ­ allora anch'io facevo parte di questa categoria di persone ­ deve fare il servizio militare e frequentare una scuola reclute [...] nel corso della quale sono stato selezionato per una formazione superiore quale sottufficiale (caporale). Durante questa formazione sono stato dichiarato atto e degno di accedere al rango di ufficiale.

Oggi, mi rendo ben conto che questa combinazione di mercante d'armi e di ufficiale non poteva che essere disastrosa, un disastro del quale ripercorro, sul filo di alcune parole chiave e in ordine cronologico, le tappe e i tratti principali.

­ Apprendista ingenuo di sedici anni in un'armeria di lusso di fama internazionale specializzata nelle armi da caccia e di tiro sportivo, incontro un mondo che mi era stato del tutto estraneo fin'allora: banchieri, capitani d'industria e di commercio, politici, teste coronate, dittatori e personaggi sfuggenti di ambienti equivoci e di mondi immaginari

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2054

Scuola ufficiali e grave incidente di tiro in seguito al quale ho perso il mio occhio destro, fatto che probabilmente ha influito sulla mia psiche Promozione: da venditore di armi da caccia e per il tiro sportivo a 'mercante di morte', come siamo sovente chiamati noi, i 'veri' mercanti d'armi Implicazione nell'affare HDW (Howaldtswerke-Deusche Werft, vendita di sottomarini a Taiwan via Argentina); morte di Uwe Barschel Guerra Iran-Iraq: intrighi del proprietario della pasticceria Demel, Udo Proksch, del deputato curdo 'G' e della fabbrica d'armi sudafricana ARMSCOR Ordinazioni e offerte lucrative da parte dell'ex-RDT Ordinazioni per parecchi milioni da parte del Sudafrica e riflessione sulla dura politica d'apartheid del governo sudafricano e la politica d'embargo dell'ONU che bisognava aggirare; amicizia con un tenente generale della SAP (South African Police) e un brillante generale di brigata delle forze armate sudafricane; impressioni e influenze sudafricane [...]

Incorporazione nel servizio informazioni dell'aviazione svizzera* (SIADCA = Servizio d'informazione dell'aviazione e della difesa contraerea) *oggi Forze aeree Liberazione degli ostaggi ... e ... del CICR [nomi conosciuti dalla DCG] ostaggi detenuti a Sidone (Libano) per otto mesi da un gruppo di estremisti palestinesi; relazioni amichevoli e cordiali con Monzer Al-Kassar, il mitico 'Principe di Marbella'; grande disagio dei servizi segreti svizzeri e di altri servizi dell'amministrazione a causa del mio successo, della mia influenza e delle mie relazioni Arruolamento in Angola al fianco del Sudafrica e dell'UNITA di Jonas Savimbi nella guerra chimica segreta contro i FAPLA sostenuti dall'URSS, dalla RDT e da Cuba Contrabbando di diamanti in Sudafrica: detenzione a Johannesburg e successiva evasione con un «amico» sudafricano Namibia: gli ex-nemici della SWAPO (South West Africa People's Organization) diventano amici; tentativo di diventare console generale onorario di Namibia in Svizzera; esperienze con il gabinetto e alcuni ministri; acquisto di una fattoria e la brutta sorpresa; diamanti grezzi e le esperienze divertenti con alcuni 'contrabbandieri dilettanti' tedeschi Guerra nella ex-Jugoslavia: Slovenia e Croazia; affari, espedienti e trucchi di un mercante d'armi inglese molto noto; un Israeliano capitano di un cargo di
contrabbando; un agente fiduciario inglese e i suoi fedeli luogotenenti Ordinazione del governo croato: affari confusi e truffe svizzere, austriache e ceche; alcuni giorni di arresti domiciliari in albergo e in ospedale a Zagabria; affare provocato da un generale sudafricano e conseguenti imbarazzi Gnomi di Zurigo; la banca ..., filiale della ... [nomi conosciuti dalla DCG]; misure adottate dal Ministero pubblico del distretto di Zurigo...

Cambio di destinazione, dipartita dalla SIADCA e messa a disposizione del Consiglio federale (governo); contatto con un vecchio camerata, il capo del GIS (Gruppo informazioni e sicurezza = servizi segreti), divisionario (generale di divisione) Peter Regli Crollo dell'URSS: il mercato nero europeo è invaso da materie prime e da derivati in parte a noi sconosciuti (OSMIO / MERCURIO ROSSO / CESIO / STRONZIO / IRIDIO / URANIO / PLUTONIO); viaggi a Mosca e contatti di alto livello con ex-generali del KGB e scienziati altamente qualificati Visite di lavoro ai crocevia di Budapest, Praga, Sofia e Vienna Stasi: ricerca dei miliardi della SED che si presume scomparsi in Svizzera; vecchia consorteria della RDT e loro reti di relazioni internazionali Accettazione forzata di dieci chilogrammi di uranio 238 di qualità militare e la catastrofe che ne deriva per la mia vita già molto movimentata Autorità svizzere: Polizia federale, polizia cantonale zurighese e servizio d'informazione militare che spiano e s'intralciano a vicenda a scapito del Paese; (im)potenza dei servizi segreti svizzeri; reazione del ministro della difesa e del suo capo dei servizi segreti; come divenni una pedina da sacrificare Fuga davanti alla stampa attraverso l'Europa dell'Est; caduta nel lago di Costanza di un Cessna con cesio a bordo; deformazioni da parte dei media svizzeri; mia

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proscrizione sociale in Europa, effetti dell'affare sulla mia famiglia, sui miei amici e sulle mie conoscenze Ultima risorsa: tentativo di acquisto di TNT nell'Europa dell'Est Sopravvivenza nell'Europa dell'Est, senza mezzi e in un mare di debiti La Svizzera ringrazia Monzer Al-Kassar e me per il nostro impegno a rischio della vita in Libano [...]

Amici veri e coloro che dovrebbero esserlo secondo il regolamento di servizio dell'esercito svizzero [...]

Guerra in Bosnia-Erzegovina: scoperta del contrabbando d'armi in Spagna: molto tempo da perdere nella prigione d'Alhaurin de la Torre a Malaga sulla Costa del Sol; ufficiali dei servizi segreti spagnoli e della Guardia Civil; un «amico» austriaco [...]

Vita a cento all'ora tra i flutti blu del Mediterraneo e le colline innevate della Foresta Nera Un fantasma razzia i mari del globo e nutre la fantasia di parecchi agenti di quattro continenti [...]». [traduzione]

Al termine di questa enumerazione, Jürg Jacomet si dice convinto «che è possibile fare qualcosa con tutto questo materiale» [traduzione] Prega perciò le case editrici alle quali si rivolge di contattarlo e non fa mistero della propria situazione finanziaria: «senza un soldo e sommerso dai debiti in Svizzera e all'estero.» [traduzione] Come è già stato detto, la maggior parte di queste storie non può essere verificata oggettivamente a causa della mancanza di elementi più dettagliati. Occorre pertanto ammettere che Jürg Jacomet ha tratto parte delle sue dichiarazioni ­ come la morte del politico tedesco Uwe Barschel, le attività dell'Austriaco Udo Proksch o la caduta del Cessna nel lago di Costanza ­ da fonti pubbliche. In ogni caso, le sue note non contengono nessuna informazione che non fosse già notoria all'epoca dei fatti. La situazione dei Paesi dell'Europa dell'Est dopo il crollo dell'Unione sovietica era pure conosciuta da chiunque seguisse nei media gli avvenimenti d'attualità; non era perciò necessario disporre di una grande fantasia per trovare spunti nel campo del traffico d'armi e dei mercati neri.

Il fatto che diverse persone dell'entourage immediato di Jürg Jacomet continuino a diffondere alcune di queste storie dopo la sua morte non cambia per nulla la situazione. Come hanno dimostrato le indagini della DCG, tutti questi «testimoni» lo sono, in ultima istanza, per sentito dire; nessuna delle persone interpellate è stata in grado di fornire informazioni più dettagliate, di fornire indizi convincenti o produrre prove che possano avallare queste storie. Dobbiamo di conseguenza arrenderci all'evidenza e ammettere che esse, nel loro insieme, si rifanno tutto sommato a una sola fonte, ossia lo stesso Jürg Jacomet.

Ai pochi punti che possono essere oggetto di verifica concreta si contrappongono le esagerazioni smisurate di Jürg Jacomet, le affermazioni priva di collegamento con la realtà o collegamenti che non esistono, come dimostrano le argomentazioni che seguono. La DCG deve comunque attenersi all'oggetto della sua indagine; gli affari e gli intrighi di Jürg Jacomet non la interessano se non nella misura in cui possono rivelare rapporti con i servizi d'informazione svizzeri.

2055

9.4

Jürg Jacomet «trafficante d'armi»

Sembra appurato che, al più tardi dal 1982, anno in cui fu fondata la società Intermagnum AG, Jürg Jacomet frequentasse anche ambienti loschi. Secondo le descrizioni fatte da appartenenti al suo entourage privato, occorre partire dal fatto che egli disponeva di numerosi contatti e che tentava regolarmente di concludere affari nelle regioni in guerra o in crisi. Dobbiamo tuttavia constatare che egli, evidentemente, non è mai riuscito a guadagnare molto denaro. Se così non fosse, non avrebbe certamente passato gli ultimi anni della sua vita nelle condizioni che egli stesso ha descritto. Di per sé, questo fatto potrebbe significare molto probabilmente che i suoi presunti contatti al massimo livello non siano stati tanto importanti quanto abbia potuto far credere al suo entourage. Se avesse potuto realizzare anche soltanto una piccola parte degli affari presunti, Jürg Jacomet non avrebbe dovuto dipendere dall'aiuto finanziario di alcuni amici e la società Intermagnum AG non sarebbe fallita.

Secondo quanto afferma suo nipote, alla fine degli anni Ottanta, Jürg Jacomet avrebbe fornito, attraverso la società Intermagnum AG, una grande quantità di armi da caccia e per il tiro sportivo a clienti sudafricani, soprattutto alla polizia sudafricana. Non è stato possibile verificare tale affermazione. A parte le voci propagate in merito, la DCG non ha trovato alcun elemento oggettivo che avallasse questo presunto commercio d'armi con il Sudafrica. La società Intermagnum AG fruiva effettivamente un'autorizzazione iniziale per commercio e il brokeraggio di materiale bellico. Tuttavia, nel periodo 1985-1998, la Intermagnum AG aveva depositato soltanto due domande di esportazione verso il Sudafrica che riguardavano entrambe la vendita di un moschetto d'ordinanza per collezionisti. Inoltre, il generale Lothar Neethling, ex-capo del dipartimento di polizia scientifica della polizia sudafricana, interrogato dal Ministero pubblico della Confederazione nel marzo del 2002, ha dichiarato che quest'ultima non aveva mai acquistato nulla da Jürg Jacomet e dalla società Intermagnum AG.

9.5

Contatti nell'Africa australe

È stato stabilito che Jürg Jacomet aveva numerosi contatti con il Sudafrica e in particolare con membri dei servizi segreti sudafricani. Nel suo «diario», egli si vanta di un suo arruolamento nell'UNITA di Jonas Savimbi. Alcuni esponenti del suo entourage personale hanno inoltre sostenuto che Jürg Jacomet avrebbe compiuto numerosi voli a destinazione della Namibia e che egli avrebbe voluto divenirne console onorario. Essi hanno pure riferito che Jürg Jacomet, vestendo l'uniforme delle forze armate sudafricane e munito di un passaporto sudafricano, avrebbe soggiornato in Angola, nella zona di guerra. La DCG non ha trovato alcun indizio che confermi questa voce. Al contrario, le indagini effettuate tramite l'Ambasciata svizzera hanno permesso di appurare che Jürg Jacomet non era conosciuto dai servizi di polizia del Sudafrica e della Namibia. Secondo le autorità sudafricane, Jürg Jacomet non ha mai posseduto un passaporto sudafricano.

2056

Per contro, il Consolato svizzero a Johannesburg aveva rilevato46 che, nella notte dal 3 al 4 novembre 1988, Jürg Jacomet era stato arrestato in Sudafrica dopo essere stato sorpreso in fragrante delitto di esportazione illegale di diamanti per un valore di 60 000 rand (allora circa 35 000 fr.), e liberato già il 4 novembre 1988 dopo il pagamento di una cauzione di 20 000 rand.

9.6

Jürg Jacomet fonte informativa del GIS e del Gr info

9.6.1

Ampiezza e modalità della collaborazione

Alcune persone dell'entourage di Jürg Jacomet hanno sempre sostenuto che quest'ultimo aveva avuto contatti particolarmente stretti con i servizi d'informazione e segnatamente con Peter Regli. Il nipote di Jürg Jacomet, per parte sua, è convinto che Peter Regli fosse perfettamente al corrente di tutte le attività di Jürg Jacomet: «Un giorno, ho visto un fax che Jürg Jacomet aveva inviato. [...] Si trattava di una specie di verbale o di rapporto dattilografato su un foglio che recava l'intestazione della società Intermagnum AG. In uno stile che qualificherei piuttosto militare o poliziesco, [Jürg Jacomet] spiegava che un uomo incontrato di recente, gli aveva proposto quattordici passaporti francesi autentici. Gli aveva persino detto di procurargliene altri in seguito. Questo documento iniziava 'caro Pietro' ­ per me era evidente che il fax era stato inviato a Peter Regli. In seguito, affrontai questo argomento con Jürg Jacomet.

Mi confermò che gli trasmetteva, se non ogni giorno, ma di frequente rapporti su certi avvenimenti a Peter Regli.»

Questa dichiarazione, per lo meno singolare, è contraddetta dai fatti accertati dalla DCG, che ha invitato la Direzione del SIS a rispondere per scritto a un certo numero di domande, tra cui le seguenti: «Quali informazioni Jürg Jacomet ha concretamente fatto pervenire al Gr info? Il Gr info lo ha incaricato di procurarsi alcune informazioni precise? Come ha trasmesso le informazioni in questione? Vi sono documenti in proposito? Come sono state trattate le informazioni ricevute? Per il Gr info, qual era l'utilità delle informazioni ottenute grazie a Jürg Jacomet?» [traduzione]

La Direzione del SIS ha risposto come segue: «A conoscenza dei quadri attuali, né la Sezione acquisizione né la Sezione utilizzazione hanno mai incaricato Jürg Jacomet di fornire loro informazioni né avevano contatti con lui. Ciò non esclude tuttavia che persone che non lavoravano più con il SIS abbiano potuto incaricarlo di missioni siffatte.» [traduzione]

La risposta delle Forze aeree è analoga: «Secondo lo stato degli atti, le Forze aeree non dispongono di alcun elemento e di nessuna informazione che confermi la partecipazione di Jürg Jacomet a viaggi all'estero effettuati da militare delle Forze aeree.» [traduzione]

Tra i documenti della Direzione del SIS che non sono stati distrutti, non ve n'è uno che provi l'esistenza di un contatto qualsiasi tra Peter Regli e Jürg Jacomet. L'unico scritto in tal senso è stato prodotto da un parente di Jürg Jacomet. Si tratta di un

46

Nota del Consolato generale di Svizzera a Johannesburg del 7 novembre 1998, riferimento 211.1-MH/ZB.

2057

biglietto manoscritto da Peter Regli, datato 21 febbraio 1990, dal seguente contenuto: «Caro Jürg, Grazie per il tuo messaggio. Esso è giunto a destinazione alle 21.35!

Saluti amichevoli, Pietro»

Le segretarie di Peter Regli sono d'accordo sul fatto che Jürg Jacomet telefonava occasionalmente. Per il resto, è possibile che esse abbiano una o due volte ricevuto nell'atrio Jürg Jacomet ­ che non aveva assolutamente l'aspetto dei visitatori abituali. Esse non ricordano invece che Jürg Jacomet abbia inviato numerosi fax.

L'attuale direttore del SIS ed ex-capo della Sezione acquisizione ha riferito alla DCG di non aver mai visto una nota che riguardasse una discussione tra Peter Regli e Jürg Jacomet. Ha pure precisato di non essere al corrente di nessuna informazione che il servizio abbia fatto risalire a Jürg Jacomet.

Interrogato a proposito di Jürg Jacomet, il collaboratore della Sezione utilizzazione responsabile per l'Africa australe ha dichiarato: «Sì, ha lavorato anche per questa istituzione. Conoscevo soltanto il suo nome e non l'ho mai visto personalmente.» [traduzione]

Egli ha tuttavia formalmente dichiarato di non aver mai ricevuto informazioni o documenti che avrebbero potuto provenire da Jürg Jacomet. Comunque, ha pure sottolineato di non poter naturalmente escludere che certe informazioni ricevute dai suo capi potessero provenire da Jürg Jacomet.

In occasione della sua audizione da parte della DCG, l'ex-capo della Sezione utilizzazione ha dichiarato che Peter Regli aveva due o tre informatori, tra cui Jürg Jacomet, a proposito dei quali non aveva mai voluto dire niente e che gli avrebbero fornito informazioni in parte vere in parte false. In assenza di documenti precisi circa le informazioni ricevute, non era possibile confermarle o smentirle.

Il successore di Peter Regli alla direzione della SIADCA ha ugualmente confermato alla DCG che Jürg Jacomet non era stato di grande utilità.

Peter Regli, per parte sua, ha minimizzato via via l'importanza di Jürg Jacomet per i servizi d'informazione. Mentre, in occasione delle prime indagini egli aveva usato termini elogiativi nei suoi confronti e sottolineato i suoi meriti nel campo dello spionaggio, oggi se ne distanzia totalmente. Nel 1993, in occasione dell'affare relativo alla scoperta di uranio (cfr. n. 9.7) Peter Regli aveva dichiarato al Ministero pubblico della Confederazione: «Posso confermare che la descrizioni di Jacomet sono state in parte molto preziose per il nostro servizio. Questi rapporti regolari (una o due volte l'anno) hanno creato una specie di clima di fiducia tra noi. Ciò spiega perché egli si è rivolto a me in questo affare. [...]

Questo rimprovero corrisponde alla realtà nella misura in cui le attività del signor Jacomet nel campo dello spionaggio sono una ragione importante che ci ha fatto decidere di depositare l'uranio in maniera anonima. Ma questa non è la ragione principale.

Si trattava piuttosto di garantire l'integrità fisica del mio corrispondente. [...]

Devo constatare che finora, vale a dire fino al momento in cui questo affare dell'uranio è scoppiato, non ho mai avuto motivo di dubitare della lealtà del signor Jacomet verso il nostro Paese e la sua difesa nazionale.» [traduzione]

2058

Peter Regli si espresse nello stesso modo in occasione della sua audizione del 21 gennaio 1994 da parte della DCG. In tale circostanza, egli spiegò che faceva una distinzione tra informatore dei servizi d'informazione e fonte vera e propria. Secondo lui, l'informatore fornisce spontaneamente e puntualmente informazioni mentre le fonti (permanenti) sono persone che conoscono le necessità del servizio e possono essere incaricate di procurarsi alcune informazioni precise. «Il signor Jacomet occupava una posizione intermedia; il suo statuto andava oltre a quello di un informatore.» [traduzione] In occasione delle indagini della DCG nel 1999, quest'ultima ha constatato che Peter Regli aveva nettamente ridotto l'importanza attribuita a Jacomet. E sommessamente dichiarava che, a sua conoscenza, Jürg Jacomet «non aveva fornito nulla di straordinario.» [traduzione] Egli aggiunse di non ricordarsi informazioni che sarebbero state di utilità concreta per il GIS o il Gr inf. Oggi, Peter Regli insiste sul fatto che Jürg Jacomet non era una fonte ufficiale, che non è mai stato rimunerato per le informazioni fornite e che non era mai stato incaricato di procurarsi informazioni. Secondo Peter Regli, le informazioni fornite all'inizio da Jürg Jacomet potevano sembrare promettenti; le sue speranze di ricevere informazioni più sostanziali erano però andate deluse.

9.6.2

Valutazione dei contatti di Jürg Jacomet da parte del GIS, del Gr info e del DFAE

Jürg Jacomet godeva di una reputazione molto cattiva in seno al GIS e in seguito al Gr inf. In merito, l'ex-capo della Sezione utilizzazione disse che Jürg Jacomet era «la caricatura di un trafficante d'armi astuto [...] che non ha mai fornito nulla al servizio che non avessimo già saputo da Inglesi o Americani» [traduzione]: «Quando alcuni servizi d'informazione stranieri ci chiedevano se conoscevamo il signor Jacomet, noi rispondevamo ogni volta applicando scrupolosamente la scala di valutazione in vigore tra servizi segreti (ossia una scala che andava da 1 a 6): 'si tratta di una persona inaffidabile e da trattare con prudenza'; la valutazione del signor Jacomet oscillava sempre tra il 5 e il 6.» [traduzione]

Per i collaboratori del Gr info, non vi era dubbio che i contatti tra Peter Regli e Jürg Jacomet fossero estremamente discutibili e deplorevoli per l'immagine del servizio.

In occasione della sua audizione da parte della DCG, subito dopo l'affare dell'uranio, il capo del DMF aveva concluso che «il capo del servizio informazioni non deve gestire in proprio nessuna fonte.» [traduzione] Durante l'inchiesta, il capo della Sezione acquisizione di allora aveva dichiarato alla DCG di ritenere sempre pericoloso il fatto che il capo di un servizio d'informazione ne gestisse direttamente alcune fonti. Egli precisò di avere talvolta discusso su questo punto con Peter Regli. Secondo lui, la presenza di trafficanti d'armi in seno agli stati maggiori militari era sempre sinonimo di pericolo. Ha pure aggiunto che, dalle poche conoscenze in suo possesso, era indotto a credere che Jürg Jacomet sfruttava Peter Regli in modo spudorato: «Si faceva passare per collaboratore del GIS prima, del Gr info poi o faceva in modo che lo si pensasse. [...] Ciò era avvenuto in particolare con Wouter Basson il quale credette veramente che il signor Jacomet fosse in stretti rapporti con il servizio.» [traduzione] Che però Jürg Jacomet sia stato diretto dai Sudafricani è da escludere in quanto «con i suoi affari, egli ingannava anche loro con sfrontatezza; egli pensava soltanto al proprio profitto.» [traduzio2059

ne] Il capo della sezione acquisizione di allora ha specificato che il servizio aveva tentato a più riprese di frenare queste attività; il fatto che Jürg Jacomet si facesse passare per collaboratore del GIS e poi del Gr info fu pure «uno dei punti sui quali attirai l'attenzione del mio capo dicendogli che ciò non andava bene. Egli mi rispose che avrebbe 'risolto il problema'. Questa discussione ebbe certamente luogo già nel 1990 o '91.» [traduzione] Il capo della Divisione Servizio d'informazione strategico di quegli anni è stato ancora più preciso: «Durante il periodo nel corso del quale lavorai con il mio capo, imparai che potevo ripetergli le cose tre volte ma non una quarta, perché non sarebbe servito a nulla.[...]

Sulla base di alcune informazioni che avevamo ricevuto, dicemmo al signor Regli che i contatti con il signor Jacomet avrebbero potuto nuocere al servizio. Le cose rimasero com'erano.» [traduzione]

Un ex-membro del Gr info ha fornito alla DCG una valutazione ancora più negativa dei contatti tra Peter Regli e Jürg Jacomet: «Il signor Regli aveva una fonte [Jürg Jacomet] che lo 'introduceva' nel vasto, pericoloso mondo dello spionaggio. Si trattava di un camerata ufficiale delle truppe d'aviazione che aveva conosciuto alla scuola ufficiali e che frequentava ambienti davvero interessanti. Il signor Regli lo prese con sé dalla SIADCA al Servizio informazione strategico. Fu il primo grande errore. [...] Contatti come questi sono devianti, perché le azioni alle quali hanno partecipato personaggi ambigui possono suscitare l'impressione che questi ultimi siano ufficialmente coperti dal servizio.» [traduzione]

Sorprende il fatto che, già agli inizi degli anni Novanta, il DFAE disponesse di informazioni sulla persona di Jürg Jacomet che Peter Regli avrebbe dovuto evidentemente conoscere. Il Consolato generale di Svizzera in Namibia si era informato a Berna sulla società Intermagnum AG in relazione alle attività di Jürg Jacomet in questo Paese africano (cfr. n. 10.5.3.2). La risposta del 29 agosto 1990 della Divisione politica II del DFAE rimandava ad alcuni articoli di giornale relativi alla liberazione in Libano dei due ostaggi del CICR (cfr. n. 9.9). Per quanto riguarda la personalità di Jürg Jacomet, la Divisione aveva concluso il suo rapporto con queste due frasi: «Si tratta di un avventuriero che perde facilmente il senso del reale. Non è affatto raccomandabile.»47 Sembra incomprensibile che Peter Regli non sia stato al corrente di fatti notori e di valutazioni sulla personalità di Jacomet divulgati dalla stampa.

L'ex-collaboratore del Gr info già citato ha riferito alla DCG di essere persuaso che un certo numero di rappresentanti dei servizi segreti sudafricani erano convinti che Jürg Jacomet lavorasse realmente per i servizi d'informazione svizzeri, ed è «ciò che le recenti dichiarazioni del signor Basson confermano chiaramente!» Le dichiarazioni del procuratore sudafricano Anton Ackermann sono di eguale tenore. Egli ha sottolineato che Wouter Basson, in occasione del suo processo in Sudafrica, aveva dichiarato a proposito di Jürg Jacomet che si trattava di un capitano o di un maggiore dei servizi d'informazione svizzeri.

Nel 1999, Peter Regli aveva sostenuto che soltanto nel corso delle diverse inchieste della metà degli anni Novanta, egli era venuto a sapere che Jürg Jacomet si era fatto passare per agente dei servizi d'informazione svizzeri. Durante le indagini sulle 47

Fax della Divisione politica II indirizzato il 29 agosto 1990 al Consolato generale di Svizzera a Windhoek.

2060

quali si fonda il presente rapporto, e confrontato con le dichiarazioni dei suoi ex-subordinati, Peter Regli ha riconosciuto la «possibilità» che il capo della Sezione utilizzazione di allora l'avesse avvertito e che, oggi, egli doveva arrendersi all'evidenza che da un ex-camerata di servizio aveva abusato della sua fiducia.

Le relazioni di Jürg Jacomet con i servizi d'informazione svizzeri offrono lo spunto per diverse osservazioni. Le indagini delle DCG hanno permesso di stabilire che, malgrado la sua non appartenenza a nessuno di questi servizi, Jürg Jacomet indubbiamente si era fatto passare sovente per un collaboratore del GIS o del Gr inf. In proposito, i rapporti particolari avuti con Peter Regli contribuivano a rendere credibili queste affermazioni. Jacomet sembrava in grado di organizzare visite di cortesia e di permettere a rappresentanti di stati maggiori di forze armate straniere di incontrare il capo supremo dei servizi d'informazione svizzeri (cfr. n. 10.4.2) e di avere colloqui con personaggi loschi che vegetano all'ombra dei servizi segreti (cfr.

n. 9.8). Egli è inoltre effettivamente riuscito ad aprire porte chiuse ad alcuni suoi amici e associati mediante una semplice telefonata al capo dell'informazione svizzera (cfr. n. 10.5.1) Per la DCG, non esistono dubbi sul fatto che Wouter Basson era saldamente convinto che Jürg Jacomet fosse un collaboratore dei servizi d'informazione svizzeri e quindi uno dei loro rappresentanti ufficiali. Il processo contro Wouter Basson in Sudafrica (cfr. in merito il n. 10.2) evidenzia le conseguenze devastanti di tale equivoco per l'immagine della Svizzera in generale e per i suoi servizi d'informazione in particolare (cfr. n. 10.4.1). Essi hanno corso il rischio di essere identificati, anche se in modo ingiustificato, con le attività di un personaggio tanto sfuggente quanto lo era Jürg Jacomet. Le voci circa la partecipazione di membri dei servizi d'informazione svizzeri al segretissimo progetto sudafricano «Coast» scaturiscono in gran parte dal fatto che Peter Regli era circondato da personaggi come Jürg Jacomet, dai quali non è mi riuscito a distanziarsi dovutamente.

La DCG non riesce a capire come sia possibile che Peter Regli non abbia ascoltato i suoi subordinati del GIS poi del Gr info e abbia avuto una fiducia quasi cieca in Jürg Jacomet
fino all'autunno del 1993. Il fatto che, malgrado gli indizi manifesti e numerosi avvertimenti, il capo supremo dello spionaggio non avesse riconosciuto e non volesse riconoscere che un presunto informatore approfittasse di lui e del suo servizio a fini personali, e ciò nonostante gli avvertimenti e gli indizi di cui disponeva, offre un quadro poco edificante. La DCG non ha trovate spiegazione alcuna di un atteggiamento così poco professionale, e i cui effetti sono stati tanto compromettenti per l'immagine della Svizzera.

9.7

Ritrovamento di uranio a Kemptthal

Nel settembre del 1993, Jürg Jacomet era in possesso di circa 10 kg di uranio naturale debolmente radioattivo («yellow cake»). Secondo quanto dichiarato da Jacomet un Russo era arrivato all'improvviso nel suo ufficio e gli aveva detto in un tedesco scorretto e fortemente accentato: «Tu servizio segreto, tu acquistare subito se non io seppellire in foresta o gettare nel fiume.» [traduzione] Sempre secondo Jacomet, il Russo sembrava appartenere a un gruppo di Russi, di Ucraini, di Iracheni e altri, che già da parecchio tempo tentavano senza successo di vendere questo uranio in Sviz-

2061

zera. A suo dire, egli sarebbe riuscito infine a convincere il Russo a consegnargli l'uranio per non farlo cadere in cattive mani ed eliminarlo secondo le regole.

Non è stato possibile verificare la veridicità di questa dichiarazione di Jürg Jacomet; per contro, la DCG ha potuto constatare successivamente che, durante il periodo in questione, un cittadino danese, Henrik Thomsen (cfr. n. 9.8) si era recato frequentemente negli uffici della società Intermagnum AG a Rümlang.

Il 21 settembre 1993, Jürg Jacomet si recò da Peter Regli nel suo ufficio a Palazzo federale chiedendo consiglio. I due si misero d'accordo sul fatto di far intervenire la polizia allo scopo di eliminare l'uranio, fermo restando che l'identità di Jürg Jacomet doveva restare segreta. In seguito, Peter Regli contattò l'ex-capo dello Stato maggiore della polizia cantonale zurighese e convenne con quest'ultimo che l'uranio sarebbe stato depositato in un luogo facile da trovare e che una telefonata anonima lo avrebbe fatto ritrovare alla polizia cantonale zurighese. Il 24 settembre, l'ex-capo dello Stato maggiore delle polizia cantonale zurighese comunicava a Peter Regli il numero di telefono da chiamare per dare il via all'operazione, numero che Peter Regli trasmise immediatamente a Jürg Jacomet.

Il 28 settembre 1993, Jürg Jacomet depositò una borsa sportiva contenente i 10 kg.

circa di uranio naturale impoverito nell'area di sosta autostradale di Kemptthal-Sud e chiamò il numero della polizia cantonale zurighese che gli era stato dato. Spacciandosi per un ufficiale dell'esercito, egli spiegò di aver messo mano su un certo quantitativo di scorie radioattive e di uranio 238 che intendeva consegnare agli specialisti. La polizia cantonale si recò sul luogo e ricuperò l'uranio depositato da Jürg Jacomet. Occorre sottolineare che il materiale abbandonato nell'area autostradale di Kemptthal non costituì alcun rischio per le persone o l'ambiente. Secondo il rapporto d'analisi dell'Istituto Paul Scherrer del 1° ottobre 1993, l'uranio ritrovato era purissimo, e la sua composizione isotopica era naturale.

L'identità di Jürg Jacomet venne scoperta perché un funzionario della polizia cantonale zurighese ne aveva riconosciuto la voce dalla registrazione della telefonata anonima. Il Ministero pubblico della Confederazione aprì una procedura
d'inchiesta di polizia giudiziaria contro Jürg Jacomet per infrazione presunta della legge sull'energia nucleare. Nel corso di questa inchiesta, Peter Regli fu pure interrogato quale testimone. Il Ministero pubblico della Confederazione trasmise il procedimento alle autorità zurighesi il 6 dicembre 1993. Il giudice istruttore di Pfäffikon (Cantone di Zurigo) riconobbe Jürg Jacomet colpevole d'infrazione contro la legge sull'energia nucleare e lo condannò a una multa di 1000 franchi. Jürg Jacomet fu assoggettato all'obbligo di notificazione allo scopo di ricercarne il luogo di soggiorno, il 9 ottobre 1995 fu possibile notificargli il decreto penale, in occasione del suo arrivo a Koblenz (Cantone di Argovia). Su ricorso di Jacomet contro questa decisione, il decreto penale venne dichiarato nullo il 19 ottobre 1995 perché caduto nel frattempo in prescrizione.

Nel quadro della presente inchiesta, si è potuto chiarire che Peter Regli, dopo un periodo di tempo relativamente breve trascorso dalla scoperta dell'uranio, aveva incaricato un collaboratore della Sezione acquisizione di scoprire il luogo di soggiorno di Jürg Jacomet. L'allora capo della Sezione acquisizione dichiarò alla DCG: «Se il signor Regli mi avesse raccontato la storia dell'uranio, la cosa sarebbe finita in modo diverso. L'avrei probabilmente liquidata diversamente [...] in modo pulito» [traduzione]

2062

Alcuni media, fondandosi sul «diario» di Jürg Jacomet, hanno sostenuto che l'uranio ritrovato a Kemptthal fosse soltanto un piccola parte di un lotto più importante, di circa 60 kg, che sarebbe stato seppellito in un fondo di Bassersdorf (Cantone di Zurigo). In base alle indicazioni di un giornalista, il fondo in questione era stato scavato e perlustrato. «A parte qualche chiodo arrugginito» non si era trovato niente.

La DCG, a sua volta, non era riuscita a trovare altri elementi.

9.8

Henrik Thomsen

Agli inizi degli anni Novanta, alcuni media sostenevano che Peter Regli, attraverso la mediazione di Jürg Jacomet, aveva incaricato un cittadino danese, Henrik Thomsen, che si spacciava per agente segreto, di ottenere informazioni in Ucraina. Secondo questi media, Peter Regli aveva consegnato a Jürg Jacomet una lista di temi riguardanti l'Ucraina che Henrik Thomsen avrebbe dovuto indagare. La lista conteneva questioni relative alla sicurezza delle centrali nucleari ucraine, alla minaccia di attacchi nucleari dall'Ucraina e, in generale, alla situazione politica e militare dell'Ucraina. Peter Regli avrebbe inoltre promesso a Henrik Thomsen due passaporti svizzeri nel caso in cui si fosse trovato in difficoltà.

Il 13 maggio 1994, un giornalista sottopose alcune questioni in merito al Servizio informazioni del DMF. Il 9 maggio 1994, Peter Regli prese posizione su queste questioni e spiegò al presidente della DCG che Jürg Jacomet gli aveva effettivamente presentato Henrik Thomsen quale specialista della situazione ucraina in materia di armamenti e di centrali nucleari. Peter Regli precisò inoltre di aver avuto due colloqui con Henrik Thomsen e, dopo il primo incontro, di aver consegnato a Jürg Jacomet una lista di questioni a destinazione di Henrik Thomsen. Il valore delle informazioni ottenute su tali questioni fu tuttavia molto ridotto. Peter Regli ha altresì riferito al presidente della DCG di non aver promesso né rimunerazioni né passaporti svizzeri e di non aver più avuto contatti con Henrik Thomsen dopo il loro secondo incontro.

Nel corso della sua inchiesta, la DCG ha accertato che il capo della Divisione SIS aveva partecipato a uno dei due incontri con Jürg Jacomet e Henrik Thomsen (questo incontro ha avuto senza dubbio luogo l'8 marzo 1993). In sostanza, il capo della Divisione SIS ha dichiarato che Henrik Thomsen si spacciava per un ex-collaboratore dei servizi d'informazione danesi (ciò che non era vero) e ha affermato di essere stato invitato a partecipare a questa seduta perché Jürg Jacomet aveva evidentemente voluto proporre ai servizi d'informazione svizzeri di ricorrere ai servizi di Henrik Thomsen quale informatore. Secondo Jacomet, costui avrebbe avuto accesso a imprese ucraine produttrici di missili strategici. Il capo della Divisione SIS ha confermato che il suo servizio si
interessava ai recenti SS-24 e SS-25, ma che Henrik Thomsen non ne sapeva nulla. Quest'ultimo aveva, per contro, affrontato l'argomento degli SS-12 e SS-13 ai quali il servizio non era affatto interessato conoscendo già bene queste armi. Egli ricordava pure che, nel corso di questo colloquio, Jürg Jacomet aveva pregato Peter Regli di accompagnarlo nel corridoio per discutere di un argomento interno. Alla fine del colloquio, Peter Regli aveva espresso il desiderio di parlare con lui (capo della Divisione SIS) in assenza degli altri due partecipanti. Nel corridoio, Peter Regli gli aveva detto che le sue domande erano troppo aggressive e di chiedere troppo a Henrik Thomsen. Egli aveva allora risposto che per 2063

lui la cosa finiva lì, che la fonte era «molto dubbia e [Henrik Thomsen] gli puzzava d'imbroglio» [traduzione], ma che capiva perché Jürg Jacomet fosse intervenuto presso Peter Regli, evidentemente a causa del suo comportamento. «È tutto ciò che ho da dire su questo incontro.» [traduzione] Per parte sua, Peter Regli ha così spiegato la vicenda alla DCG: il contatto con Henrik Thomsen era stato stabilito attraverso Jürg Jacomet. Quest'ultimo aveva sostenuto che il Danese aveva contatti eccellenti in Ucraina e che poteva fornire informazioni sullo stato dell'armamento nucleare ucraino. Un primo incontro aveva avuto luogo nel suo ufficio, in presenza del capo della Divisione SIS. Essi avevano ascoltato Henrik Thomsen e l'avevano pregato di ripassare per sottoporgli questioni concrete. Avevano in seguito invitato un collaboratore specializzato in materia di proliferazione e di materiale nucleare a partecipare a un secondo incontro. Questo collaboratore aveva preparato un elenco di domande. Metà delle risposte fornite erano già note a loro perché la lista includeva anche domande trabocchetto. Pertanto, non si era mai parlato di rimunerazione; Jürg Jacomet aveva in effetti insistito sul fatto che Henrik Thomsen voleva contribuire di propria iniziativa ma che, al fine di fronteggiare eventuali difficoltà in Ucraina, sarebbe stato riconoscente di poter disporre di un passaporto svizzero. A questa richiesta, Peter Regli ha reagito dando la risposta classica in questi casi, vale a dire che i servizi d'informazione svizzeri non hanno la competenza di concedere passaporti svizzeri a terzi. In seguito, essi non hanno più sentito parlare di Henrik Thomsen.

In occasione del suo arresto a Zurigo (cfr. in merito il n. 10.3.5), anche Wouter Basson aveva accennato a Henrik Thomsen. Egli aveva dichiarato che quest'ultimo gli era stato presentato da Jürg Jacomet nel febbraio del 1993. A quell'epoca, Jürg Jacomet si trovava in cattive acque, aveva un aspetto trascurato e non sembrava più in grado di prendere decisioni. Henrik Thomsen si trovava quasi sempre nell'ufficio di Jacomet e lì prendeva tutte le decisioni e stabiliva il programma quotidiano di Jürg Jacomet.

Henrik Thomsen figurava in un dossier della Polizia federale collegato con i settori della non-proliferazione, i serviti segreti e il traffico d'armi. Un
nota confidenziale dell'Ambasciata svizzera di Stoccolma del 10 agosto 1994 permette di stabilire che Henrik Thomsen, dopo aver fissato un appuntamento per telefono, aveva reso visita all'addetto alla difesa svizzero il 2 agosto 1994. Quest'ultimo ha dichiarato che, in tale occasione, Henrik Thomsen gli aveva detto di aver conosciuto Peter Regli, di averlo incontrato almeno due volte a Berna e di essere autorizzato a contattare qualsiasi addetto alla difesa svizzero. Egli comprese le spiegazioni di Henrik Thomsen in maniera solo frammentaria. Thomsen parlò di contatti con Jürg Jacomet e di non avere niente da rimproverarsi per una promessa che non aveva potuto mantenere per colpa di Jürg Jacomet. Alle domande dell'addetto circa i motivi della visita, Henrik Thomsen rispose che il SCSM SI non voleva più mantenere relazioni con lui e che egli tentava di ricontattarlo passando da un addetto alla difesa. Egli aveva precisato di disporre di informazioni molto importanti sulla situazione in Ucraina e che il SCSM SI doveva essere assolutamente messo al corrente. Il 10 agosto 1994, dopo aver contattato Peter Regli, l'addetto comunicò a Henrik Thomsen di aver informato il SCSM SI della loro discussione e che quest'ultimo rinunciava a qualsiasi ulteriore contatto.

Nel suo scritto dell'8 settembre 2002, Henrik Thomsen ha riferito all'incaricato inquirente del DDPS di non disporre più di alcun documento che possa avallare le 2064

sue affermazioni poiché aveva dovuto distruggerli per ragioni di sicurezza e di essere stato obbligato a lasciare di fretta la Svizzera. Egli ha pure precisato di non essere più in grado di fare i nomi delle persone che Jürg Jacomet avrebbe incontrato in occasione della sua missione a Mosca.

In tali circostanze, la DCG non ritiene molto affidabili le dichiarazioni di Henrik Thomsen. Dato che egli stesso riconosce di non essere in grado di provare le sue dichiarazioni o di comunicare i nomi delle persone che avrebbero potuto fornire informazioni più precise in merito, la DCG reputa inutile proseguire su questa via.

9.9

Ostaggi del CICR in Libano

Jürg Jacomet ha sostenuto più volte di aver partecipato in maniera determinante alla liberazione di due collaboratori del CICR sequestrati in Libano agli inizi degli anni Novanta. Dalla domanda che un giornalista aveva indirizzato al Servizio informazioni del DFAE il 14 agosto 1990, si evince che, nel contesto di questo affare, Jürg Jacomet aveva soggiornato a Sidone dal 24 al 29 maggio 1990. Secondo Jacomet, «il DFAE aveva fatto diversi preparativi» [traduzione] per questo viaggio privato. Il giornalista aveva aggiunto che Jürg Jacomet aveva affermato di aver beneficiato, per la sua missione di liberazione degli ostaggi, di un sostegno importante da parte di Swissair, del DFAE e del CICR e raccolto 3 milioni di dollari US (ca. 4,5 mio di fr.).

Questa operazione sarebbe comunque fallita. Il 15 agosto 1990, il DFAE smentì queste affermazioni. Un reportage in merito venne in seguito pubblicato dalla Wochenzeitung del 17 agosto 1990 sotto il titolo «Waffenhändler als selbsternannte Geiselbefreier».48 La DCG ha consultato i documenti corrispondenti del DFAE. Secondo una nota che il segretario generale aveva indirizzato al capo del Dipartimento, è emerso che, in occasione di una discussione interna che aveva avuto luogo il 9 marzo 1990, il capo della SIADCA aveva menzionato una fonte esterna che avrebbe potuto contribuire alla liberazione degli ostaggi. L'11 marzo 1990, si tenne un incontro fra rappresentanti del DFAE, Jürg Jacomet e un cittadino britannico. Quest'ultimo aveva sostenuto di essere legato da stretta amicizia con il Siriano Monzer Al Kassar, che aveva già partecipato alla liberazione di ostaggi francesi e britannici. Secondo questo cittadino britannico, Al Kassar desiderava ottenere passaporti svizzeri per sé e la sua famiglia; quale contropartita, sarebbe stato disposto a recarsi da Damasco a Beirut accompagnato dal cittadino britannico e da un uomo d'affari svizzero per negoziarvi la liberazione dei due ostaggi svizzeri. Si auspicava la partecipazione di Jürg Jacomet. Il DFAE prese atto di queste informazioni. L'indomani, si decideva di «interrompere l'operazione» e di informarne i due interlocutori del giorno precedente.

In occasione della sua audizione da parte della DCG, il capo della SIADCA dell'epoca ha dichiarato che anche questa storia era la conseguenza di certe eredità del passato; «Il signor Jacomet, ufficiale informatore delle truppe d'aviazione, era una di

48

Frischknecht, Jürg, «Waffenhändler als selbsternannte Geiselbefreier ­ Verschobener Lösegeldkrimi», in: Wochenzeitung, 17 agosto 1990. Cfr. anche in merito lo Schweizer Illustrierte del 20 agosto 1990, n. 34, p. 19.

2065

queste eredità.» [traduzione]. Quando Jürg Jacomet contattò il servizio a proposito di questa storia, il capo della SIADCA lo inviò al DFAE; per lui, la questione era liquidata.

10

Wouter Basson e il progetto «Coast»

10.1

Delimitazione dell'oggetto dell'indagine

Dal 1982, il Sudafrica lavorava a un progetto segreto «Coast», che si occupava di diversi aspetti della guerra biologica e chimica. Questo progetto, lanciato nel 1981 dal ministro sudafricano della difesa, il generale Magnus Malan, passò, a partire dal 1988, sotto la responsabilità formale del generale Niel Knobel, generale degli affari sanitari dell'esercito sudafricano. La direzione del progetto era stata assunta da Wouter Basson quale direttore esecutivo. Egli prendeva, se non tutte, la stragrande maggioranza delle decisioni relative all'organizzazione e allo svolgimento del progetto. Anche le due società di copertura Delta G Scientific (Pty) Ltd (chimica) e Roodeplaat Laboratories (Pty) Ltd (biologia) partecipavano al progetto «Coast». Era stato costituito un conglomerato di organizzazioni cosiddette frontiste. Il progetto era finanziato da un conto segreto delle forze armate sudafricane. Esso venne abbandonato nel 1993, agli inizi del processo di democratizzazione in Sudafrica.

Il progetto «Coast» era circondato dal segreto più fitto; fino al 1997, la sua entità e i suoi retroscena sono rimasti praticamente sconosciuti sia in Sudafrica che all'estero.

La volontà del regime dell'apartheid di disporre di armi chimiche e biologiche è stata rivelata soltanto nel corso delle audizioni della Commissione Verità e Riconciliazione ed è divenuta di pubblico dominio con la pubblicazione del suo rapporto il 29 ottobre 1998. Mentre agli inizi il progetto poneva in primo piano il carattere difensivo ­ dovuto agli avvenimenti bellici in Angola ­ gli sviluppi ulteriori volsero viepiù verso un impiego offensivo delle armi biologiche e chimiche. Parallelamente, gli sforzi principali dell'operazione all'inizio centrati sulla difesa da un attacco militare di un Paese vicino, era stati progressivamente rivolti alla repressione delle forze d'opposizione interne.

Non spetta alla Delegazione delle Commissioni della gestione delle Camere federali effettuare un'inchiesta approfondita sul progetto segreto sudafricano «Coast», di prendere posizione in merito alle dichiarazioni controverse e nemmeno di emettere giudizi e trarre conclusioni su questa operazione. A prescindere dal fatto che la DCG non ne avrebbe i mezzi, l'atteggiamento neutrale è pure dettato dal rispetto della sovranità dello Stato sudafricano. Per
queste ragioni, la DCG rinvia il lettore che voglia saperne di più sul progetto «Coast» alle diverse pubblicazioni su questo argomento.

Per la DCG, il solo oggetto d'indagine in merito è di sapere se alcuni servizi dell'Amministrazione federale hanno partecipato al progetto «Coast» o avrebbero potuto esservi coinvolti in qualche modo. È in questa prospettiva che la DCG si è interessata da vicino ai risultati delle indagini e ricerche di terzi su questo argomento. Per parte sua, la Delegazione non ha esaminato il progetto «Coast» nel suo insieme e non ha proceduto nemmeno a indagini su un'eventuale partecipazione di imprese svizzere o di privati residenti in Svizzeri. Mentre il primo aspetto è di com-

2066

petenza delle autorità sudafricane, il secondo dipende da quella del Ministero pubblico della Confederazione.

In proposito, una dichiarazione del procuratore sudafricano Anton Ackermann, che ha seguito il caso molto da vicino, fatta davanti alla DCG sembra decisiva: «Il progetto segreto «Coast» era una realtà ed è stato realizzato nella misura in cui erano state acquistate 200 000 uniformi e maschere di protezione, onerosi detector per il rilevamento di sostanze chimiche e altri equipaggiamenti. Sostanze chimiche e biologiche quali il mandrax o l'ecstasy erano state prodotte a Rooderplaat per essere usate a fini bellici. [...] Eron-L produceva sostanze tossiche [...] Conclusione: erano state prodotte sostanze tossiche e diverse persone erano state uccise. Dal punto di vista sudafricano, questa parte del progetto «Coast» è stata coronata da successo.

I generali hanno evidentemente sostenuto che il progetto aveva soltanto scopi difensivi. Per parte mia, sono persuaso che il progetto avesse anche scopi offensivi: come si potrebbero impiegare cioccolato, crema da barba o punte di ombrelli avvelenati a fini difensivi?

[...]

Le installazioni di laboratorio erano state acquistate in Svizzera grazie a intermediari o società di copertura; la Svizzera è rinomata per i suoi strumenti ottici, lenti ecc. Il fornitori non sapevano tuttavia di fornire materiale per il progetto «Coast». Pensavano di approvvigionare università o laboratori. Non erano al corrente dei veri motivi degli acquisti.

[...]

Non sono a conoscenza di nessun trasferimento di tecnologia o di sostanze fra la Svizzera e il Sudafrica.» [traduzione]

10.2

Processo Basson in Sudafrica

Il 29 gennaio 1997, Wouter Basson, responsabile del progetto «Coast», venne arrestato in Sudafrica per presunto traffico di droga e subito rimesso in liberà provvisoria. Il 4 ottobre 1999, l'Alta Corte di Pretoria aprì un processo pubblico contro Wouter Basson. La prima parte dell'atto d'accusa lo incriminava per comportamento criminale in 65 casi collegati a transazioni finanziarie effettuate immediatamente prima o dopo la liquidazione del progetto «Coast». La seconda parte, che verteva su accuse quali l'omicidio, istigazione all'omicidio, cospirazione e altri capi d'accusa analoghi, non fu ammessa dall'Alta Corte. Per la DCG è determinante che, secondo le dichiarazioni del procuratore sudafricano Anton Ackermann, che aveva istruito l'accusa contro Wouter Basson, la Svizzera non era coinvolta nella seconda parte dell'atto accusa. Gli unici punti di contatto con la Svizzera si limitavano alla prima parte.

Nel corso del processo, l'accusa aveva, tra l'altro, espresso il desiderio di sentire Peter Regli in merito alle dichiarazioni di Wouter Basson. La Corte aveva tuttavia ritenuto che la testimonianza di Peter Regli non fosse indispensabile e non aveva assunto la prova offerta dal Ministero pubblico.

L'11 aprile 2002, Wouter Basson fu scagionato da ogni accusa con sentenza del giudice unico Willi Hartzenberg. Il 3 giugno 2003, la Corte d'appello suprema del Sudafrica a Bloemfontein respinse l'istanza di riesame formulata dal Ministero pubblico sudafricano. Il proscioglimento è dunque passato in giudicato.

2067

Durante il processo davanti all'Alta Corte di Pretoria e nelle audizioni effettuate dalla Commissione Verità e Riconciliazione, Wouter Basson ha reso diverse dichiarazioni riferite alla Svizzera. La DCG le ha esaminate nella misura in cui le sono sembrate importanti e si è occupata degli argomenti seguenti:49 ­

incontro di Niel Knobel e di Wouter Basson con il tenente colonnello medico dell'esercito svizzero a Windhoek (cfr. il n. 7.2);

­

presunta partecipazione di Peter Regli al progetto «Coast» (cfr. n. 10.4.4);

­

commercio di mandrax tramite Jürg Jacomet (cfr. n. 10.5.3);

­

sottrazione di fondi e arresto di Wouter Basson in Svizzera (cfr. n. 10.3.5).

10.3

Rapporti di Wouter Basson con la Svizzera

10.3.1

Osservazioni preliminari

Poiché il secondo elemento dell'accusa non era stato ammesso (cfr. n. 10.2), il processo contro Wouter Basson davanti all'Alta Corta di Pretoria si era limitato ai reati contro il patrimonio. In merito, Wouter Basson aveva accennato a più riprese ad affari realizzati con l'aiuto dei servizi d'informazione svizzeri, di Peter Regli, loro capo, o di Jürg Jacomet, loro presunto collaboratore. In proposito, colpisce il fatto che Wouter Basson si sia tenuto, di regola, sulle generali, che le sue spiegazioni siano state molto vaghe senza mai menzionare fatti precisi. Quando parlava dei servizi d'informazione svizzeri, li chiamava così una prima volta, poi parlava di Peter Regli e, sovente, di Jürg Jacomet.

Per quanto attiene alle accuse formulate nei confronti di Wouter Basson, decisivo per il processo era se l'accusato avesse o non avesse effettuato le transazioni finanziarie in questione. Per contro, era irrilevante sapere con chi egli avesse effettuato queste presunte transazioni. Non stupisce perciò il fatto che siano state poste poche domande per chiarire questi aspetti nel corso dei dibattimenti pubblici. Per valutare le dichiarazioni di Wouter Basson riguardo alla Svizzera, occorre perciò partire dal principio che egli aveva indifferentemente utilizzato i termini «servizi d'informazione svizzeri», «Peter Regli» e «Jürg Jacomet» alla stregua di sinonimi, per cui è sempre più difficile sapere oggi con precisione chi egli volesse effettivamente designare.

A ciò si aggiunge il fatto che non è più possibile accordare molta credibilità alle dichiarazioni di Wouter Basson. Dopo circa due anni e mezzo di processo, non è stato possibile verificare sulla base di fatti appurati nemmeno una delle dichiarazioni riguardanti la Svizzera. È stato impossibile andare oltre lo stadio di dichiarazioni generiche e non verificabili. Secondo le dichiarazioni fatte dal procuratore sudafricano alla DCG, Wouter Basson aveva anche utilizzato il progetto «Coast» per «vuotare le tasche dell'esercito» [traduzione] Anton Ackermann riteneva nulla la credibilità di Wouter Basson e sosteneva che le sue dichiarazioni avevano unicamente lo scopo di coprire i reati contro il patrimonio da lui commessi. L'accusa aveva stabili49

Cfr. pure in merito la risposta del Consiglio federale del 27 febbraio 2002 all'interrogazione ordinaria 01.1142, Trasparenza riguardante le dichiarazioni fatte in Sudafrica in merito alla Svizzera, del 13 dicembre 2001 (Boll. Uff. 2002 N 478, Boll. Uff. 2002 allegati I 260).

2068

to che, contrariamente alle sue affermazioni, egli aveva sottratto i fondi pubblici destinati al progetto «Coast» utilizzandoli a fini personali (cfr. in merito anche il n. 10.3.5). Il 2 luglio 2002, il procuratore sudafricano Anton Ackermann ha dichiarato alla DCG: «Basson ha dichiarato di aver pagato 3,2 milioni di dollari US alla società Blackdale per l'acquisto di diverse sostanze. L'esame dei conti bancari ci ha tuttavia permesso di dimostrare che egli ha utilizzato questa somma per acquistare una casa di campagna in Inghilterra, una partecipazione del 25 per cento in un campo di golf in Belgio, un'abitazione in comproprietà in Florida, due appartamenti a Bruxelles, alcune case, alcune case di vacanza e un garage in Sudafrica ecc. [...] Basson ha tuttavia sostenuto di aver pagato dei fornitori, ma il denaro è finito nei conti della società WPW a Ginevra menzionata in precedenza. [...]

Questi flussi finanziari corrispondono ai fatti. Basson è dunque stato obbligato a elaborare una strategia di difesa alla quale il giudice ha creduto. Questa strategia consisteva nella sua versione dei fatti: agli inizi egli anni Ottanta, egli avrebbe contattato la «mafia della guerra chimica e biologica» costituita da membri dei servizi segreti dell'ex-RDT, dell'URSS, della Libia e di altri Stati dell'Europa dell'Est. [...] Basson si sarebbe spacciato per trafficante d'armi astuto e da «uomo d'affari intrallazzatore» (wheeler-dealer). In questo ambiente, egli avrebbe fatto valere il fatto che, quale militare, aveva sempre bisogno di sostanze o di pezzi d'equipaggiamento e ne sarebbe stato anche rifornito. Quale contropartita, egli sarebbe stato utilizzato come agente incaricato di investire denaro in Occidente per conto di questa mafia. A questo scopo egli avrebbe cominciato a investire, tra l'altro acquistando sei oggetti in Sudafrica che sarebbero serviti da rifugi (safe houses). (Ho potuto tuttavia provare che, per almeno dieci anni, i Tedeschi dell'Est, i Russi ecc. non hanno mai utilizzato questi rifugi e che, per contro, questi ultimi hanno fruttato bene a Basson, alla sua grande famiglia e ai suoi amici. Il giudice ha creduto alle argomentazioni di Basson.) [...]

In ognuno dei Paesi interessati, Basson aveva incaricato una persona di tutelare i suoi affari (Webster negli Stati Uniti, Buffon in Gran
Bretagna, Zimmer in Lussemburgo, Chu in Svizzera). [...]

Alla fine degli anni Novanta, le forze armate avevano deciso ­ io penso sia stato piuttosto Basson a prendere questa decisione ­ di privatizzare i due laboratori Delta-G e Roodeplaat. Così, Mijburg aveva acquistato per 5 milioni di rand un laboratorio che valeva circa 15 milioni di rand. Basson aveva spiegato ai dirigenti dell'esercito le ragioni per le quali bisognava vendere a basso prezzo. Con la privatizzazione, le forze armate dovevano inoltre pagare per Delta-G un indennizzo di 20 milioni di rand ­ il laboratorio non costava perciò nulla.

Solo tre mesi prima, Basson aveva presentato alle forze armate un contratto con Delta-G per la fornitura di sostanze per un importo di 12 milioni di rand l'anno per cinque anni.

Basson intendeva promuovere oltremare, e principalmente in Svizzera, le infrastrutture di Delta-G di Eron-L. Questa decisione era dovuta al fatto che questi laboratori effettuavano test sui primati. Dato che le organizzazioni di protezione degli animali sono molto attive in Svizzera (a in altri Paesi), il fatto di poter ricorrere a quelle infrastrutture in Sudafrica era benvenuto. Basson era perciò capitato su Chu, dottore in farmacia, che effettuava studi di fattibilità in Sudafrica. Uno degli obiettivi principali della sua società Medchem AG era quello di promuovere i laboratori in questione. [...]

Come Basson procurava il denaro a Chu, vale a dire alla società Medchem? Egli disse alle forze armate di voler acquistare delle sostanze in Svizzera e un sintetizzatore di peptidi per un importo di 325 000 dollari US e a Knobel che 450 000 franchi svizzeri erano stati previsti per far analizzare alcuni campioni di DNA (importi che Chu ha ricevuto in seguito dalla Medalfa AG). L'obiettivo era dimostrare che gli importi andavano alla Medchem AG. [...]

Concludendo, Basson aveva utilizzato la Medchem AG per fare soldi. Gli affari erano gestiti da Chu. Davanti al tribunale, Basson aveva presentato Chu, quale agente della 'mafia della guerra chimica e biologica' costituita da Libanesi, cittadini della Germa-

2069

nia dell'Est ecc., che gestiva una rete di spionaggio russa ad Allschwil ('MaisCorporation'); il giudice ha creduto a queste dichiarazioni.

La mia valutazione: non dubito che Chu non avesse alcuna idea di ciò che avveniva veramente, ma ritengo che gli fosse cosciente di favorire il riciclaggio di denaro.» [traduzione]

10.3.2

Contatti con Jürg Jacomet

La DCG non è riuscita a chiarire con esattezza le circostanze nelle quali Wouter Basson e Jürg Jacomet si erano incontrati disponendo, in assenza di fatti verificabili, soltanto di dichiarazioni degli interessati. Jürg Jacomet aveva dichiarato a un giornalista che Wouter Basson gli era stato presentato agli inizi degli anni Ottanta da Lothar Neethling, il quale, prima di diventare capo del Dipartimento della polizia scientifica della polizia sudafricana, era ancora capo del laboratorio di polizia scientifica sudafricana. In proposito, il giornalista Frank Garbely ha teso alla DCG la seguente dichiarazione: «A suo dire, Jacomet ha conosciuto Basson grazie al generale Neethling; le loro relazioni devono esser state relativamente buone: dopo tutto, il Sudafrica ha acquistato 'materiale critico' (ad es., prodotti chimici ­ Jacomet non ha mai detto nulla sulla loro natura) tramite Jacomet. Basson, per parte sua, avrebbe mangiato più volte la fondue a casa di Jacomet il quale, secondo le sue dichiarazioni, sarebbe stato, a sua volta, invitato a casa di Basson e di Neethling. Si può concludere che si conoscessero abbastanza bene.»

In occasione della sua audizione da parte del Ministero pubblico del distretto di Zurigo il 1° dicembre 1993 (cfr. n. 10.3.5), Wouter Basson aveva dichiarato di aver incontrato Jürg Jacomet nel 1982 o 1983 in margine a una visita di Lothar Neethling a Zurigo: «Jürg Jacomet mi era stato presentato all'epoca quale mercante d'armi che rappresentava ufficiosamente il governo svizzero. Avevo l'impressione che facesse parte dei servizi segreti. Egli era capitano delle truppe d'aviazione. Di fronte al potere che manifestava ­ in particolare l'accesso per noi a tutti gli uffici a Berna e agli aeroporti ­ non avevamo alcun motivo di dubitarne. [...]

In quel periodo avevamo trasmesso a destinazione dei membri dei servizi segreti a Berna un riassunto delle nostre esperienze. Jacomet era il coordinatore, il collegamento tra noi e i servizi segreti svizzeri. Jacomet ebbe in tal modo più occasioni per recarsi in Sudafrica. L'avevamo anche condotto nella zona operativa, vale a dire nella zona di guerra, e gli avevamo mostrato le armi sottratte. [...]

In Svizzera, Jacomet ci aveva presentato alcune persone che si occupavano di contro misure AC. Il nostro interesse principale riguardava la ricerca tecnologica e lo scambio di modelli presso il Laboratorio AC di Spiez che è il centro svizzero per la difesa AC.

Ci aveva pure presentati alla società Schleiffer, che produceva tute protettive, e alla società Huber & Suhner. [...]

Non mi ha mai venduto armi. Durante questo periodo (1982-1987), egli vendeva comunque armi alla polizia sudafricana (organismo paramilitare). Non so se abbia mai venduto armi alle forze armate. [...]

Mi sono recato da lui sovente tra il 1987 e il 1990 a causa delle modifiche da apportare alle maschere di protezione di Huber & Suhner. Inoltre, lo tenevo informato sulle novità relative agli sviluppi delle armi in Sudafrica.» [traduzione]

2070

10.3.3

Attività di Wouter Basson in seno alla Medchem AG

Il 3 dicembre 1993, in occasione della sua audizione da parte del Ministero pubblico del distretto di Zurigo (cfr. n. 10.3.5), David Chu ha dichiarato di aver fatto la conoscenza di Wouter Basson alla fine del 1988, a Zurigo, tramite un avvocato. È possibile che egli abbia incontrato anche Jürg Jacomet in tale occasione; egli aveva tuttavia precisato di non avere avuto rapporti particolari con Jürg Jacomet e di averlo forse incontrato due volte. La Medchem AG e la Inter Business Solutions AG (informatica) sono state fondate rispettivamente nel 1990 e 1992, con il gruppo di investitori WPW procurato da Wouter Basson. Dato che quest'ultimo assisteva regolarmente alle sedute del consiglio d'amministrazione, egli lo avrebbe incontrato almeno ogni due mesi a partire dal 1989. Wouter Basson gli avrebbe anche fatto capire che desiderava trasferirsi in Svizzera come uomo d'affari indipendente.

Dal registro di commercio del Cantone di Basilea Campagna si evince che la Medchem Forschungs AG è stata fondata l'8 gennaio 1990 con un capitale sociale di 250 000 franchi e che la IBS Inter Business Solutions AG è stata fondata il 6 marzo 1992 con un capitale sociale di 150 000 franchi. All'inizio, David Chu era iscritto quale delegato del consiglio d'amministrazione. Più tardi, quale membro del consiglio d'amministrazione. Il nome di Wouter Basson non figurava nel Registro di commercio. L'IBS Inter Business Solutions AG è fallita il 30 aprile 1996 e la Medchem Forschungs AG è stata radiata d'ufficio il 5 settembre del 2000.

Dallo stesso Registro di commercio risulta pure che la Medalfa AG è stata iscritta il 22 ottobre 1986 e sciolta dall'assemblea generale degli azionisti il 23 settembre 1997. David Chu e Wouter Basson hanno fatto parte degli organi dirigenti di Medalfa AG. Per contro, uno dei membri del consiglio d'amministrazione di questa società era pure membro del consiglio d'amministrazione della Medchem Forschungs AG.

La Medchem Forschungs AG e più particolarmente David Chu sono stati menzionati a più riprese nell'ambito del processo contro Wouter Basson in Sudafrica (cfr.

n. 10.2). Alcuni documenti hanno permesso di provare che mezzi del progetto «Coast» sono serviti per diverse transazioni finanziarie a favore della Medchem Forschung AG e di David Chu. Il procuratore sudafricano Anton Ackermann ha
spiegato alla DCG che gli elementi raccolti nel quadro del processo contro Wouter Basson fanno pensare che la Medchem AG sia stata utilizzata per far finire i fondi del progetto «Coast» nelle tasche di Wouter Basson. Inoltre, egli ha espressamente dichiarato che non dubitava che David Chu non avesse alcuna idea di ciò che avveniva realmente ma che doveva essere cosciente di servire al riciclaggio di denaro sporco (cfr. n. 10.3.1).

10.3.4

Presunte facilità doganali e di accesso all'aeroporto di Zurigo

I media hanno spesso sostenuto che non solo Jürg Jacomet, ma anche Wouter Basson e Lothar Neethling fossero potuti entrare in Svizzera evitando il controllo dei passaporti e le formalità doganali all'aeroporto di Zurigo. La DCG ha perciò richiesto un rapporto ufficiale al Consiglio di Stato del Cantone di Zurigo sulle condizioni di accesso e le eventuali facilità d'accesso all'aeroporto di Zurigo. Il rapporto della

2071

Direzione degli affari sociali e della sicurezza del 29 aprile e 18 settembre 2002 fornisce le spiegazioni seguenti: «In generale, tutte le carte di legittimazione aeroportuali (badges) che permettono ai loro titolari di accedere al settore non liberamente accessibile al pubblico sono emesse dall'autorità aeroportuale (attualmente Unique, in precedenza la direzione dell'aeroporto). Dal 1985 al 1995, la polizia aeroportuale era pure abilitata al rilascio di carte d'accesso non personalizzate per la aree di transito A e B. Si trattava di carte dette giornaliere valide uno o due giorni. La polizia aeroportuale non teneva alcun registro relativo all'emissione di dette carte. Alla scadenza della validità della carta giornaliera, il formulario di richiesta veniva distrutto. Queste carte giornaliere erano rilasciate, dietro presentazione di un documento d'identità, alle persone che avevano un motivo valido per recarsi nelle aree di transito, segnatamente consulenti giuridici attivi nel campo dell'asilo e dell'espatrio o uomini d'affari che devono incontrare persone in transito che avrebbero avuto bisogno di un visto per lasciare l'area di transito.

Su richiesta di una società autorizzata dall'aeroporto di Zurigo o di un'autorità, Unique (fino al 2000 la direzione dell'aeroporto) può rilasciare carte di legittimazione aeroportuali quando l'attività professionale esige un accesso periodico o frequente al settore non liberamente accessibile al pubblico (regolamento di gestione). A partire dal 2000, oltre alla motivazione, ogni richiesta di carta di legittimazione aeroportuale deve essere accompagnata da un estratto del casellario giudiziale.

La carta di legittimazione aeroportuale permette al suo titolare legittimo di accedere unicamente alle zone aeroportuali elencate sulla carta. Fino alla fine del 1999, la concessione e l'emissione delle carte di legittimazione aeroportuali erano di pertinenza del servizio di gestione (ufficio delle carte di legittimazione), che le rilasciava in base alle disposizioni del regolamento disciplinante gli accessi allora in vigore. A partire dal 2000 (rinnovo periodico di tutte le carte di legittimazione aeroportuali), l'ufficio delle carte di legittimazione le redige secondo le disposizioni che disciplinano il servizio di sicurezza e in conformità con il regolamento di
gestione dell'aeroporto di Zurigo.

All'epoca, ma ancora oggi, tutte le persone al servizio di un'impresa o di un'autorità in grado di far valere una necessità professionale motivata (fornitori di imprese domiciliate all'aeroporto, personale di servizio e di manutenzione, rappresentanti di autorità, di imprese industriali e commerciali ecc.) potevano chiedere e ottenere una carta di legittimazione aeroportuale.» [traduzione]

Il sistema informatico della direzione dell'aeroporto di allora che serviva al rilascio delle carte di legittimazione è stato sostituito con un nuovo sistema nel 1994. I vecchi dati non più utilizzati sono state cancellati nel 1995. Non esiste pertanto più nessuna registrazione riferita al periodo in esame, vale a dire dalla metà degli anni Ottanta alla metà degli anni Novanta. Il sistema attuale, che contiene i dati successivi al 1994, ha permesso di accertare che Peter Regli disponeva di una carta di legittimazione aeroportuale per le aree di transito A e B valida dal 22 febbraio 1995 al 31 dicembre 1999 rilasciata a nome del «VBS/Generalstab, Strat. ND» (DDPS/Stato maggiore generale, Informazione strategica). Per quanto riguarda le aree di transito, occorre specificare che non si tratta di zone di sicurezza. Ogni persona in possesso di documenti di viaggio in regola e di un biglietto aereo può aver accesso a queste zone situate tra la dogana e i controlli di sicurezza.

Occorre inoltre precisare che le carte di legittimazione aeroportuali permettono di accedere soltanto ad alcune zone il cui accesso al pubblico è vietato o limitato. Esse non permettono in nessun caso di passare la frontiera in quanto tale. Come già avveniva in quegli anni, il controllo del traffico viaggiatori è effettuato dalla polizia aeroportuale in base alle disposizioni legali in vigore. Il controllo del traffico merci incombe agli organi doganali competenti della Confederazione.

2072

Grazie a un regolamento di servizio della polizia aeroportuale, i passeggeri che fruiscono dello statuto di «VIP» possono, su richiesta di un'autorità svizzera e a certe condizioni, beneficiare di facilità d'accesso, di uscita o di transito. Questi passeggeri godono in tal senso di trattamento privilegiato da parte della polizia aeroportuale e dei servizi d'accoglienza dell'aeroporto di Zurigo. La DCG ha consultato le liste delle persone interessate per il periodo 1985-1995. Vi si trovano essenzialmente i nomi di membri di governo svizzeri e stranieri o di rappresentanti di organizzazioni internazionali. La DCG non ha trovato alcun indizio che permetta di dedurre che un rappresentante di un servizio d'informazione straniero abbia potuto beneficiare di facilità d'accesso. Queste liste non contenevano nessun nome di persona collegato con la presente inchiesta; i nomi di Jürg Jacomet, di Wouter Basson, di Lothar Neethling, di Niel Knoel o di altri rappresentanti delle forze armate sudafricane non vi figurano.

Va sottolineato tuttavia che le visite coperte dal segreto legato alle attività d'informazione, in parte effettuate utilizzando passaporti falsi (cfr. in merito il n. 6.5), non possono evidentemente essere sottoposte a nessun controllo ulteriore.

10.3.5

Arresto di Wouter Basson in Svizzera

Il 16 luglio 1993, una banca privata con sede a Zurigo depositò un denuncia penale contro Wouter Basson per presunta truffa. La denuncia era fondata essenzialmente sui fatti seguenti50: «L'Intermagnum AG (Rümlang ZH) è titolare di un conto di un conto e debitrice della parte lesa, la banca AKB. Il 19 maggio 1993, Jürg Jacomet, membro del consiglio d'amministrazione d'Intermagnum AG, si è presentato alla banca AKB in compagnia dell'accusato Wouter Basson. Jürg Jacomet ha dichiarato di voler concludere un affare per Wouter Basson e ha fatto aprire un sottoconto del conto d'Intermagnum AG. Si trattava di un credito lombard garantito da obbligazioni del Banco di Napoli. Il 25 maggio 1993, dopo l'evasione delle formalità necessarie, 20 obbligazioni del Banco di Napoli per un valore nominale di 5 milioni di dollari US sono state depositate a nome dell'Intermagnum AG. La banca ha rifiutato di versare il credito prima di aver esaminato l'autenticità dei documenti. Questo esame è stato effettuato dalla Banque Générale du Luxembourg che agiva quale ufficio di pagamento. Con una lettera del 2 luglio 1993, quest'ultima ha comunicato alla banca AKB che le obbligazioni erano state manifestamente falsificate. La Banque Générale ha notificato le caratteristiche della falsificazione e annunciato che avrebbe presentato una denuncia presso le autorità lussemburghesi competenti, ragion per cui non poteva rispedire le obbligazioni falsificate. La direzione della banca AKB ha informato in seguito Jürg Jacomet. Infine, essa si è rivolta alla Commissione federale delle banche, che l'ha tuttavia rinviata al denunciante.»

Il Ministero pubblico del distretto di Zurigo ha aperto in seguito un'inchiesta penale contro Wouter Basson e il 3 agosto ha interrogato quale testimone Jürg Jacomet.

Questi ha dichiarato di aver fornito armi da caccia e per il tiro sportivo a imprese sudafricane fin al 1988, aggiungendo che in tale contesto aveva fatto la conoscenza di Wouter Basson a Pretoria nel 1987 e avuto, in seguito, contatti privati con lui. In occasione di un soggiorno in Svizzera, Wouter Basson gli aveva chiesto se fosse stato possibile depositare carte valori quale pegno in una banca svizzera. Egli aveva 50

Citazione tratta dall'ordinanza di non luogo a procedere emanata dal Ministero pubblico del distretto di Zurigo in data 21 settembre 1994.

2073

perciò discusso di questo affare con il vicedirettore della banca AKB. Un giorno prima del deposito dei titoli, Wouter Basson gli aveva dato appuntamento all'aeroporto di Zurigo per consegnarli le 20 obbligazioni. Wouter Basson aveva immediatamente proseguito il suo viaggio. Il giorno successivo, egli (Jürg Jacomet) si era recato, come d'accordo, alla banca AKB senza dubitare dell'autenticità delle obbligazioni in questione. Secondo lui, Wouter Basson si era procurato le obbligazioni a Londra o nel Lussemburgo.

Il vicedirettore della banca AKB ha confermato i fatti descritti da Jürg Jacomet aggiungendo che, per parte sua, aveva fatto la conoscenza di Wouter Basson tramite Jürg Jacomet circa quattro anni prima e precisato che in quella occasione si era trattato del finanziamento di un progetto di assistenza medica in Sudafrica, ma che l'affare era troppo impegnativo per la banca AKB. Per quanto riguarda le obbligazioni, contrariamente a ciò che era stato convenuto all'origine, esse non erano state trasmesse tramite una banca, ragione per cui la loro autenticità era stata verificata come di consueto in questi casi.

Il Ministero pubblico del distretto di Zurigo iscrisse Wouter Basson nel RIPOL in vista del suo arresto. Il 27 novembre 1993, egli venne arrestato all'aeroporto di Basilea-Mulhouse proveniente da Bruxelles. Nel corso del suo interrogatorio, Wouter Basson affermò in sostanza di aver incontrato Jürg Jacomet a Zurigo, in occasione di una visita del tenente generale sudafricano Neethling che gli era stato presentato all'epoca quale mercante d'armi rappresentante ufficiosamente il governo svizzero. In seguito, tra lui e Jacomet sarebbero nati legami commerciali e di amicizia, che li avrebbero portati a collaborare nell'ambito di un trasferimento di tecnologia dalla Svizzera al Sudafrica nel campo delle misure di protezione AC. Secondo Wouter Basson, in questo affare Jürg Jacomet aveva in particolare stabilito contatti con i servizi della Confederazione e le imprese interessate. Dopo il 1989, questi contatti si erano diradati, in quanto Jacomet aveva spostato le sue attività verso i Paesi dell'ex-blocco sovietico agli inizi degli anni Novanta. Nel 1992, vi sarebbero stati due incontri a Rümlang, nell'ufficio di Jürg Jacomet, ai quali presenziarono alcuni cittadini croati. Le discussioni
avrebbero riguardato questioni di finanziamento, di acquisto e di trasporti d'armi verso la Croazia. Wouter Basson affermò di essere stato invitato a questi colloqui da Jürg Jacomet dato che i Croati erano pure interessati a forniture d'armi provenienti dal Sudafrica. Al suo ritorno in Sudafrica, egli aveva discusso dell'affare con il generale responsabile. Quest'ultimo gli aveva spiegato che l'esportazione di armi verso la Croazia non poteva entrare in linea di conto e che, per lui, la cosa era finita lì. Dal punto di vista del Sudafrica tuttavia, la Croazia era interessante per due motivi: il primo era che era stato scoperto un traffico d'armi verso l'ex-Jugoslavia e che, a causa di una falsa indicazione d'origine, il Sudafrica era stato sospettato ingiustamente; il secondo, risiedeva nella possibilità di acquistare sistemi d'armamento provenienti dall'ex-URSS nei Paesi dell'ex-blocco dell'Est, e perciò anche in Croazia, e questo aspetto era vantaggioso dal punto di vista tecnico in quanto acquisti siffatti avrebbe permesso di ottenere informazioni interessanti non solo per il Sudafrica e i suoi servizi segreti ma anche per altri Paesi.

Wouter Basson affermò che questa era la ragione per cui egli aveva incaricato Jürg Jacomet di lavorare per lui. A tal fine «si» sarebbe messo a disposizione di Jürg Jacomet un importo di 2,3 milioni di dollari US (ca. 3,45 mio di fr.). Di questo importo, alcune centinaia di migliaia di dollari US sarebbero state versate, conformemente alle istruzioni, a favore di due generali e di un ministro croato quale con2074

tropartita di servizi e di modelli. Secondo Basson, era stato previsto un versamento supplementare ma non era stato più possibile raggiungere Jürg Jacomet. Solo nel febbraio del 1993 il contatto sarebbe stato ristabilito. Jürg Jacomet avrebbe allora tentato diverse scappatoie prima di riconoscere di aver utilizzato il resto del denaro per altri fini. Fra i documenti del processo contro Wouter Basson in Sudafrica, vi è effettivamente una conferma scritta di Jürg Jacomet, datata 12 maggio 1993, nella quale egli dichiara di assumersi l'intera responsabilità per la scomparsa dei fondi (cfr. n. 10.4.4).

Wouter Basson ha pure riferito al Ministero pubblico del distretto di Zurigo di essere stato incaricato dal servizio competente delle forze armate sudafricane, di ricuperare i fondi utilizzati abusivamente da Jürg Jacomet. Egli avrebbe discusso con quest'ultimo sulle diverse possibilità di conseguire questo obiettivo. Trovandosi nuovamente negli uffici della società Intermagnum AG a Rümlang, Basson avrebbe appreso da alcuni Croati, pure presenti in tale occasione, che le forniture d'armi destinate alla Croazia venivano talvolta finanziate mediante prestiti garantiti con titoli. Basson racconta che Jürg Jacomet e lui avrebbero avuto allora l'idea di procurarsi la somma necessaria in questo modo. Egli avrebbe chiesto a Jürg Jacomet di dargli i nomi dei Croati; questi ultimi l'avrebbero indirizzato più lontano. Infine, un certo Martin Stevens gli avrebbe proposto di utilizzare alcune obbligazioni del Banco di Napoli quale garanzia. Dopo i colloqui preliminari tenutisi alla banca AKB Wouter Basson si sarebbe recato a Londra per ritirare i titoli. Sarebbe stato tuttavia convenuto che un messo li avrebbe trasportati a Zurigo, ed è ciò che avvenne; egli ne entrò in possesso all'aeroporto prima di consegnarli a Jürg Jacomet.

Oltre a Jürg Jacomet e Wouter Basson, anche Henrik Thomsen avrebbe partecipato alla discussione del 19 maggio 1993 con la banca AKB che aveva preceduto il deposito delle obbligazioni.

Il 10 dicembre 1993 Wouter Basson fu liberato contro il pagamento di una cauzione di 100 000 franchi, versata tramite David Chu. Convocato dal Ministero pubblico di Zurigo, egli venne stato interrogato nuovamente il 22 marzo 1994. In tale occasione, Basson rispose a questioni complementari relative alle
modalità e all'utilizzo previsto dei 2,3 milioni di dollari US consegnati a Jürg Jacomet. La cauzione venne riconsegnata il giorno stesso.

Il 20 dicembre 1993, in seguito alle dichiarazioni di Wouter Basson, il Ministero pubblico del distretto di Zurigo iscrisse Jürg Jacomet nel RIPOL in vista del suo arresto. Avendo Jacomet assicurato che si sarebbe presentato all'audizione, l'iscrizione fu radiata il 19 gennaio 1994. Jürg Jacomet non rispettò tuttavia i termini convenuti: si scusò a più riprese per telefono e, come aveva sottolineato il procuratore del Ministero pubblico del distretto di Zurigo in una nota, adducendo «talvolta motivi fantastici.» [traduzione] In occasione di questi contatti telefonici, Jürg Jacomet dava l'impressione di essere sempre più confuso e sotto l'influenza dell'alcool.

Dato che le inchieste erano state inconcludenti e non era più possibile protrarle più a lungo, il 21 settembre 1994 il Ministero pubblico del distretto di Zurigo dispose il non luogo a procedere contro Wouter Basson e Jürg Jacomet per insussistenza di dolo.

Eventi accaduti nel Gruppo servizio informazioni dello Stato maggiore generale («caso Bellasi») Rapporto della Delegazione delle Commissioni della gestione delle Camere federali del 24 novembre 1999.

2075

10.4

Contatti con il GIS, con il Gr info e con Peter Regli

10.4.1

Cenni generali

Persone appartenenti alla cerchia di conoscenti di Jürg Jacomet hanno asserito in varie occasioni che Wouter Basson avrebbe spesso soggiornato all'inizio degli anni Novanta in Svizzera e avrebbe incontrato Peter Regli a più riprese. È incontestabile che Wouter Basson abbia avuto in tale periodo frequenti contatti in Svizzera e che vi abbia ripetutamente soggiornato. I suoi contatti con Jürg Jacomet e David Chu nonché la sua attività in seno alla Medchem SA sono già stati menzionati (cfr.

n. 10.3.2 e 10.3.3). Interpellato dal ministero pubblico del distretto di Zurigo, lo stesso Wouter Basson ha riconosciuto (cfr. n. 10.3.5) di aver soggiornato più volte in Svizzera, talvolta per diverse settimane. Durante tali soggiorni egli avrebbe avuto contatti d'affari con David Chu e frequenti incontri con Jürg Jacomet.

A tale riguardo è emersa inoltre la presenza di un autista che avrebbe condotto regolarmente Wouter Basson agli appuntamenti con Jürg Jacomet e con Peter Regli.

Contattata da un comitato della DCG, tale persona non ha però fornito nuove informazioni, essendo state le sue indicazioni troppo vaghe e non verificabili. Nonostante avesse assicurato una collaborazione da parte sua, l'autista non ha inviato alla DCG i documenti di cui si dichiarava in possesso.

È stato parimenti affermato che taluni incontri di Wouter Basson con Jürg Jacomet erano stati posti sotto l'osservazione della polizia a Rümlang. Diffuse in parte anche dagli organi d'informazione, tali affermazioni si sono rivelate errate. Dalla risposta del Consiglio di Stato del Cantone di Zurigo alla DCG traspare che, dal 1991 in poi, la polizia non ha effettuato alcuna osservazione in relazione con Jürg Jacomet o con la Intermagnum SA; una documentazione riguardante in merito il periodo antecedente il 1991 non è più disponibile.

È già stato sottolineato in precedenza che, durante il processo in Sudafrica, Wouter Basson ha utilizzato in modo ampiamente indifferenziato la denominazione «Servizio informazioni strategico» nonché i nomi «Peter Regli» e «Jürg Jacomet» (cfr.

n. 10.3.1). Egli stesso era manifestamente persuaso che Jürg Jacomet lavorava su mandato o perlomeno con la copertura del Servizio informazioni strategico. Jacomet aveva dal canto suo tentato in ogni modo di convincere in tal senso Wouter Basson.

Il semplice fatto che
Wouter Basson abbia avuto contatti relativamente stretti con Jürg Jacomet e abbia realizzato con il suo aiuto determinate transazioni finanziarie non permette di dedurre un coinvolgimento di Peter Regli o del Servizio informazioni strategico nelle manovre di Basson. A tale riguardo si può asserire con certezza che Wouter Basson abbia tentato di far credere che il Servizio informazioni strategico e in particolare l' SCSM SI fosse coinvolto in taluni eventi di cui egli era stato ritenuto responsabile in Sudafrica. La DCG non ha tuttavia trovato un solo indizio che potesse lasciare anche lontanamente immaginare l'eventualità di un simile coinvolgimento. Oltre alla già accennata mancanza di credibilità di Wouter Basson (cfr. n. 10.3.1) occorre tener conto del fatto che, durante il processo durato circa due anni e mezzo, nessuna delle dichiarazioni di Wouter Basson sul Servizio informazioni strategico o su Peter Regli ha potuto essere verificata sulla base di fatti oggettivi. Sempre di carattere generale e impossibili da verificare, tali dichiarazioni non si sono mai rivelate convincenti.

2076

L'esito delle indagini della DCG non lascia inoltre supporre un coinvolgimento del Servizio informazioni strategico o di Peter Regli nel progetto «Coast». Un ex collaboratore del GR info interpellato dalla DCG ha affermato di essere «fermamente convinto che l'SCSM SI non fosse in alcun caso a conoscenza del programma segreto d'armamento avviato dal Sudafrica e che, al contrario, avrebbe peccato di ingenuità lasciandosi manipolare come un principiante alle prime armi» (traduzione).

L'ex capo della Sezione valutazione ha invero parimenti affermato di essere al corrente dei suoi «traffici» con Jürg Jacomet: «Il mio ex servizio (SIS) ignorava i contatti con Basson fino a quando i media non ne hanno informato l'opinione pubblica» (traduzione). Sentito dalla DCG, Peter Regli ha sottolineato in particolare il fatto che né il GR info, né lui medesimo e neppure i suoi predecessori avevano avuto a che fare con il progetto segreto sudafricano di sviluppo di armi chimiche. Prova ne sarebbe l'inesistenza di documenti in merito. Non essendo esistiti, tali documenti non avrebbero nemmeno potuto essere distrutti.

Ad eccezione delle discussioni inerenti ai fondi scomparsi durante la primavera del 1994, di cui sarà fatta menzione più avanti (cfr. n. 10.4.4) non esistono indizi tali da lasciar presumere che il progetto «Coast» nel suo insieme o parti di esso sia stato oggetto di discussioni fra il GIS, il GRinfo e i servizi sudafricani. La DCG ritiene quindi che Peter Regli sia stato verosimilmente informato per la prima volta e in modo sommario sui retroscena di questo progetto segreto nell'ottobre del 1997, in occasione di una sua visita in Sudafrica. Peter Regli ha spiegato alla DCG che, poco prima di questa sua visita, sulla stampa svizzera era apparso un articolo concernente il progetto «Coast»; egli aveva quindi reagito inviando l'articolo in Sudafrica e chiedendo chiarimenti su «quanto stesse succedendo» (traduzione). Regli sarebbe giunto per la prima volta a conoscenza dei contenuti del progetto «Coast» durante la visita menzionata.

Nel protocollo della sua visita, durata dal 6 al 10 ottobre 1997, Peter Regli giunge alle seguenti constatazioni: nel corso degli anni Ottanta il dott. Wouter Basson era stato nominato dal Surgeon General a capo di un progetto di sviluppo di un programma (segreto) nazionale di
difesa nel settore delle armi biologiche e chimiche; oltre a tale carica, egli beneficiava di un ampio margine di manovra e di ingenti mezzi finanziari. Ma per approntare tale difesa occorreva conoscere i principi attivi delle armi. A tale scopo era stato assunto Jürg Jacomet in veste di agente incaricato di procurarsi aggressivi chimici e biologici facendo capo ai suoi canali di approvvigionamento nei Paesi dell'Europa dell'Est. In tale contesto, nel corso di trattative con i servizi segreti croati erano stati compiuti atti sleali inerenti a somme importanti. Basson era stato accusato di appropriazione indebita. Nell'ipotesi che il denaro fosse depositato presso banche svizzere era stata avviata una domanda di assistenza giudiziaria alla Svizzera. Secondo le constatazioni di Regli rappresentanti dell'«Office of serious economic offenses» a Zurigo avevano proceduto a indagini.

Basson aveva avuto contatti anche con la Huber & Suhner dalla quale si era procurato materiale bellico. L'intero programma biologico e chimico era in seguito stato sospeso (negli anni Novanta), il materiale distrutto e Basson destituito dalle sue responsabilità. Su pressione della CIA e dell'MI6, Basson sarebbe tuttavia stato nuovamente assunto in qualità di perito affinché, grazie a lui, fosse possibile risalire ai fornitori dei Paesi dell'Est. Inoltre, Basson sarebbe stato implicato nella fabbricazione di quantità considerevoli di pillole d'ecstasy.

2077

Durante la visita menzionata Peter Regli aveva inoltre ricevuto dal surgeon general, tenente generale Knobel, due lettere (del 12 maggio 1993) di Jacomet che illustravano la situazione di quest'ultimo nell'affare con Basson. Peter Regli rifiutò tuttavia d'incontrare rappresentanti dell'«Office of serious economic offenses» precisando che egli avrebbe acconsentito a un simile incontro soltanto su richiesta ufficiale del DFGP.

Sia il fatto che, ad eccezione dell'intervento isolato nel marzo del 1994 (cfr.

n. 10.4.4) «Wouter Basson» non sia mai stato oggetto di discussioni, sia il tenore del protocollo menzionato mostrano con evidenza che Peter Regli e il GR info erano, nell'ambito dei loro contatti con i servizi sudafricani, completamente ignari dell'esistenza di un programma d'armamento offensivo biologico e chimico. Altrimenti Peter Regli non avrebbe avuto alcun motivo di riportare in un protocollo classificato «segreto» fatti che all'epoca (1997) erano già noti al pubblico interessato.

Anche in tale contesto il GR info si è ritrovato a dover sopportare le conseguenze negative derivanti dalla prossimità del suo capo supremo con Jürg Jacomet.

Quest'ultimo ha saputo sfruttare al meglio le sue relazioni con l'SCSM SI; dal canto suo, Peter Regli era senz'altro disponibile a favorirlo in alcuni dei suoi progetti. I contatti di quest'ultimo con Jürg Jacomet sono in buona parte all'origine delle accuse lanciate da Wouter Basson, il quale aveva definito Peter Regli complice nel progetto «Coast» o perlomeno l'aveva ritenuto parzialmente a conoscenza di tale progetto. Dato che, prima del ritrovamento di uranio a Kemptthal (cfr. n. 9.7), Regli non ha mai preso le distanze da Jürg Jacomet e non ha fatto nulla per impedire allo stesso di farsi passare per un agente del Servizio informazioni strategico nonostante lo sapesse, si può concludere che Regli abbia contribuito in modo decisivo a destare sospetti su se stesso e sul proprio servizio.

10.4.2

Visita di cortesia o contatti regolari?

Peter Regli ha sempre affermato di aver incontrato Wouter Basson una sola volta all'inizio degli anni Novanta, nell'ambito di una visita di cortesia. Jürg Jacomet l'avrebbe poi nuovamente contattato pregandolo di ricevere in visita di cortesia due alti collaboratori della polizia sudafricana. Essendosi Jürg Jacomet sempre definito un agente del servizio ­ cosa di cui Regli giungerebbe solo oggi a conoscenza ­ il poter presentare il capo del servizio ai suoi invitati sudafricani sarebbe verosimilmente servito a renderlo credibile ai loro occhi. Secondo le affermazioni di Regli, Jürg Jacomet accompagnato dal generale Lothar Neethling e dal brigadiere Wouter Basson si sarebbe recato in visita da lui nel suo ufficio a Berna. Peter Regli non ricorda la data precisa di tale visita ma la situa all'inizio degli anni Novanta; sarebbe durata all'incirca 45 minuti e sarebbe stata essenzialmente improntata a discussioni su questioni di sicurezza. In quell'occasione non era stato redatto un protocollo. Si sarebbe trattato di un unico incontro. Regli afferma di aver ignorato le funzioni esatte dei due interlocutori e, ad eccezione di una sola chiamata telefonica (cfr.

n. 10.4.3), di non aver più avuto contatti con Lothar Neethling e nemmeno con Wouter Basson.

2078

Secondo il rapporto finale dell'inchiesta amministrativa51, fra gli anni 1987/88 e 1993/94 Peter Regli e Wouter Basson si sarebbero incontrati ripetutamente. La DCG non dispone tuttavia ancora di prove a conferma di vari incontri successivi alla visita di cortesia menzionata da Peter Regli. L'ipotesi di una ricostruzione confusa dei fatti non va comunque del tutto esclusa. Potrebbe inoltre darsi che Peter Regli, all'epoca ancora capo del SIADCA, abbia brevemente salutato Wouter Basson e Lothar Neethling il 25 gennaio 1988, in occasione della loro visita all'ADA o della loro partecipazione a una conferenza sulle armi delle forze aeree a Belp (cfr. n. 10.5.1).

10.4.3

Chiamata telefonica dopo l'arresto di Wouter Basson

Wouter Basson è stato arrestato a Basilea il 27 novembre 1993 e trasferito al Ministero pubblico del distretto di Zurigo (cfr. n. 10.3.5) Dopo una prima audizione presso lo stesso in data 29 novembre 1993, Wouter Basson aveva affermato di dover comunque incontrare il generale Regli, capo dei servizi segreti svizzeri, precisando di essere d'accordo sul fatto che il procuratore zurighese informasse Peter Regli del suo arresto in relazione con l'«affare Jacomet». Il procuratore pubblico competente contattò di conseguenza Peter Regli telefonicamente. In una corrispondente nota si sostiene che, da subito, Peter Regli aveva desiderato evitare qualsiasi contatto con Wouter Basson, essendo egli intenzionato a rompere i ponti con le persone appartenenti alla cerchia di conoscenze di Jürg Jacomet.

Peter Regli ha inoltre spiegato che Wouter Basson, dopo essere stato rilasciato, gli aveva ancora telefonato da Bruxelles; Regli aveva però interrotto immediatamente la chiamata, avendogli Jürg Jacomet già causato abbastanza problemi. Secondo il contenuto di una nota manoscritta di Peter Regli, va tuttavia supposto che questa telefonata sia avvenuta non dopo il rilascio di Wouter Basson bensì poco prima che questi giungesse in Svizzera il 24 novembre 1993.

Sui motivi di questo colloquio telefonico non è stato più possibile far luce. Appare invece per lo meno comprensibile che, in seguito ai contrasti intervenuti con Jürg Jacomet in relazione con il ritrovamento di uranio a Kempthal (28 settembre 1993, cfr. n. 9.7), Peter Regli abbia voluto distanziarsi dalla cerchia di conoscenze di Jacomet. Dal fatto che Wouter Basson si sia preoccupato di informare Peter Regli immediatamente dopo il suo arresto non si può dedurre l'esistenza di una relazione particolarmente stretta fra le due persone. Probabile è invece l'ipotesi che Wouter Basson abbia voluto far credere al procuratore del ministero pubblico del distretto di Zurigo che i suoi contatti giungessero fino alle più alte sfere dei servizi segreti, probabilmente nell'intento di procurarsi determinati vantaggi nell'ambito dell'inchiesta allora in corso.

10.4.4

Ulteriori indagini in Sudafrica

Le indagini svolte in Sudafrica in occasione del processo contro Wouter Basson hanno rivelato che Basson e Jacomet avevano manifestamente tentato, a mezzo di obbligazioni falsificate del Banco di Napoli, di rientrare in possesso di somme 51

Cfr. allegato 2.

2079

presumibilmente da essi sottratte in precedenza. Il 10 novembre 1992 era stato versato su un conto di Jürg Jacomet presso la Zagrebaca Bank a Zagabria, per ordine di Wouter Basson, un importo di 2,3 milioni di dollari USA, imputabile al progetto «Coast». Secondo le dichiarazioni di Wouter Basson dinnanzi al ministero pubblico distrettuale di Zurigo, tale importo sarebbe stato destinato alla retribuzione di agenti e all'acquisizione di informazioni, armi ed equipaggiamenti dell'esercito croato.

Non essendo possibile un versamento dal Sudafrica in Croazia, Jürg Jacomet avrebbe funto da intermediario, trovandosi egli in Croazia (cfr. n. 10.5.3).

I documenti concernenti il processo contro Wouter Basson in Sudafrica sembrano piuttosto indicare che il versamento in questione sia stato effettuato senza motivi plausibili ed essenzialmente a scopo di arricchimento a spese dello Stato sudafricano. Al momento del versamento, il cambiamento di regime si era già delineato con chiarezza e il progetto «Coast» si trovava già in fase di smantellamento. All'inizio del 1993 il presidente sudafricano De Klerk aveva formalmente deciso, sulla base del «Steyn Report», la liquidazione del progetto «Coast»; a fine marzo Wouter Basson era stato destituito dalla sua funzione direttrice. A quanto pare, egli sfruttò gli ultimi mesi a sua disposizione per impiegare privatamente i beni destinati al progetto «Coast». In ogni caso, oltre al cambiamento di destinazione dei 2,3 milioni di dollari USA versati sul conto di Jürg Jacomet, l'atto di accusa includeva una serie di altre transazioni finanziarie. Questo lascia supporre che siano stati effettuati trasferimenti importanti di beni di presunta origine criminale.

Dalle indagini svolte nell'ambito del processo contro Wouter Basson è invece emerso che Jürg Jacomet, noncurante delle istruzioni impartitegli da Wouter Basson, aveva utilizzato per conto suo almeno una parte dei 2,3 milioni di dollari USA versati sul suo conto a Zagabria. Jacomet pagò con una parte di tale importo i costi ­ pari a 21.949 dollari USA ­ occasionati dal suo soggiorno, avvenuto dal 12 novembre 1992 al 3 gennaio 1993, all'Hotel Esplanade di Zagabria; egli prelevò inoltre a più riprese contanti per un importo complessivo di oltre un milione di dollari USA. I documenti del processo contro Wouter Basson
contengono anche una lettera di Jürg Jacomet a Niel Knobel, capo formale del progetto «Coast». Datata 12 maggio 1993, tale lettera è stata quindi scritta soltanto una settimana prima del primo colloquio il 19 maggio 1993 avvenuto presso la banca AKB e concernente le obbligazioni falsificate del Banco di Napoli (cfr. n. 10.3.5). Già da questi nessi cronologici appare manifesto che il tentativo ­ fallito ­ di ottenere un credito mediante le obbligazioni falsificate fosse destinato a sostituire altrimenti la somma sottratta in Croazia. In ogni caso, nella lettera menzionata indirizzata a Niel Knobel, Jürg Jacomet asseriva di assumere interamente la responsabilità in merito ai fondi scomparsi e di avere versato ­ come convenuto ­ due volte la somma di 450 000 dollari USA a cittadini croati. Nella stessa lettera, egli spiegava parimenti che, subito dopo aver effettuato tali versamenti, le autorità croate l'avevano messo in stato d'arresto durante due mesi e che il denaro che si trovava ancora sul conto era stato confiscato.

Sempre secondo le indagini svolte nell'ambito del processo contro Wouter Basson risulta invece che i due versamenti, di 450 000 dollari USA ciascuno, erano stati fatti da Jürg Jacomet nei mesi di novembre e dicembre 1992 e destinati non a due cittadini croati bensì a C. van Remoortere (cfr. n. 10.6.1), conoscente stretto di Wouter Basson. È inoltre emerso che, ancora nel febbraio 1993, Jürg Jacomet aveva operato ulteriori versamenti su conti intestati a suo nome o a suoi conoscenti, in particolare

2080

alla sua amica di allora. Le spiegazioni addotte nella lettera a Niel Knobel sembrano quindi essere state completamente inventate (cfr. anche n. 10.3.5).

Un protocollo redatto il 24 gennaio 1994 dal comitato direttivo del progetto «Coast» ­ ormai in fase di liquidazione ­ riporta in modo acritico e in forma sintetica la versione di Wouter Basson, corrispondente per l'essenziale a quella di Jürg Jacomet.

Sembrerebbe tuttavia che successivamente siano state intraprese misure al fine di verificare le spiegazioni fornite da Wouter Basson. In una lettera del 3 marzo 1994, l'aggiunto sudafricano della difesa annunciava a Peter Regli che Niel Knobel avrebbe desiderato discutere del «Basson incident» in occasione della sua successiva visita in Sudafrica, in presenza anche dell'avvocato Swanepoel. La visita in Sudafrica avvenne dal 27 marzo al 6 aprile 1994. Peter Regli e sua moglie vi parteciparono.

Nel processo verbale di tale incontro, redatto dallo stesso Regli, alla rubrica «scambio di documenti (ricevuti)» figura indicato: «questioni relative al caso Jacomet a destinazione della Polizia federale» (traduzione).

Gli atti del processo contro Wouter Basson in Sudafrica includono segnatamente una lettera definita segreta che Peter Regli aveva indirizzato a Niel Knobel il 12 aprile 1994; non essendone stata trovata una copia negli atti della Direzione del SIS, si può dedurre che essa sia stata distrutta. La lettera ha il seguente tenore: «Dear General Knobel!

My first inquiries here [in Switzerland] have given that you should probably forget the issue and not continue the investigation!

Questions from your side would require 'official' proceedings by our Department of Justice and could therefore not be kept classified. At the end it could come to an open court case. This is certainly not in your interest.

Thank you once again for the interesting discussion. I'm looking forward to your information and shall then give you a definitive answer.

In the meantime I remain with best regards»52

Secondo un verbale redatto da Peter Regli in merito alla breve visita del 23 aprile 1994 da parte del neonominato Chief Director della Military Intelligence sudafricana, Regli avrebbe chiesto ai suoi interlocutori di invitare Niel Knobel a chiudere il dossier «Jacomet/Basson»: dagli accertamenti di Regli risultava infatti che, «non fosse che per una questione di discrezione, il proseguimento delle indagini al riguardo non avrebbe giovato agli interessi di Knobel».

In occasione di un'ulteriore seduta della commissione di direzione del progetto «Coast», avvenuta il 29 marzo 1994 ossia due giorni dopo l'arrivo di Peter Regli in visita in Sudafrica, Niel Knobel fece rapporto delle informazioni che aveva ottenuto in merito ai fondi scomparsi in Croazia. Redatto in afrikaans, il verbale corrispondente menziona Niel Knobel e il colloquio che questi avrebbe avuto con Peter Regli, il quale avrebbe confermato buona parte delle dichiarazioni di Wouter Basson. Il 52

Generale, le mie prime indagini sul posto (in Svizzera) hanno mostrato che lei dovrebbe verosimilmente dimenticare questo affare e bloccare la sua inchiesta! La risposta alle Sue domande implicherebbe un procedimento «ufficiale» del nostro Dipartimento di giustizia; il segreto non sarebbe di conseguenza mantenuto. Un tale procedimento potrebbe sfociare in un processo pubblico. Questa eventualità non risiede certamente nei Suoi interessi.

La ringrazio ancora per l'interessante discussione che abbiamo avuto. Le darò una risposta definitiva dopo che mi avrà informato in merito alla Sua decisione. Con i migliori saluti ... (traduzione).

2081

verbale indica inoltre che Peter Regli si sarebbe dichiarato disponibile a raccogliere informazioni.

Al riguardo Peter Regli si è già espresso nel 1999 durante la sua audizione. In quell'occasione aveva dichiarato di essere stato reso attento per la prima volta nel 1994, durante la sua visita in Sudafrica, del fatto che Wouter Basson, con l'eventuale complicità di Jürg Jacomet, avrebbe sottratto fondi per diversi milioni di franchi.

Niel Knobel, sconosciuto a lui prima di allora, gli aveva chiesto se avesse potuto aiutarlo nell'ambito delle relative indagini e del ricupero dei fondi. Durante tale colloquio, avvenuto su espresso desiderio di Niel Knobel, Peter Regli avrebbe precisato che non avrebbe potuto intraprendere nulla e che sarebbe occorsa la procedura ordinaria di assistenza giudiziaria. Nell'ambito della presente indagine Peter Regli ha completato la sua precedente dichiarazione spiegando che, durante il colloquio, Niel Knobel gli avrebbe chiesto di rendergli servizio raccogliendo con discrezione informazioni sui fondi interessati. Peter Regli avrebbe risposto negativamente a tale richiesta ­ viste le sue competenze limitate agli affari esteri ­ precisando che Niel Knobel avrebbe dovuto formulare per scritto siffatta richiesta affinché egli (P.R.) la potesse presentare in Svizzera alle autorità competenti. Peter Regli sostiene di aver ricevuto siffatta richiesta scritta e di averla consegnata al suo rientro in Svizzera al capo dell'allora Polizia federale, con la precisazione che, per ragioni interne, era desiderio dei sudafricani trattare tale richiesta in modo confidenziale. Poco tempo dopo, il capo della Polizia federale aveva risposto a Peter Regli invitandolo a «informare i Sudafricani che avrebbero dovuto rinunciare a tale richiesta o seguire l'iter ordinario formulando una domanda di assistenza giudiziaria» (traduzione).

Intrapresi tali passi, Peter Regli aveva considerato chiuso l'affare. Interpellato sul protocollo del comitato direttivo del progetto «Coast» del 29 marzo 1994, Regli affermò di essere partito dal presupposto secondo cui Niel Knobel aveva informato i suoi superiori di tale colloquio e della richiesta di informazioni su eventuali transazioni finanziarie in Svizzera in occasione di una sua visita in Sudafrica.

La dichiarazione di Peter Regli sembra credibile. Nel
quadro dell'indagine condotta nel 1999 dalla DCG, il capo della Polizia federale aveva già espressamente confermato di aver rifiutato la richiesta informale di Regli di svolgere indagini presso banche e raccogliere informazioni su Wouter Basson, suggerendogli invece di seguire la procedura formale di assistenza giudiziaria. Il 28 ottobre 1996 le autorità sudafricane avevano di conseguenza rivolto una domanda formale di assistenza giudiziaria alla Svizzera.

10.5

Contatti con l'Aggruppamento dell'armamento e con il Laboratorio AC di Spiez

10.5.1

Visite di delegazioni sudafricane al Laboratorio AC

Nel suo rapporto del 12 novembre 1999, la DCG aveva dedicato un capitolo alla «presunta partecipazione del Laboratorio AC di Spiez a progetti sudafricani di sviluppo di armi chimiche e biologiche» (traduzione). Già allora erano state segnatamente intraprese indagini concernenti una visita del 25 gennaio 1988 da parte di Wouter Basson e di Lothar Neethling nonché una visita del 23 gennaio 1991 da parte di scienziati del Protechnik Laboratoires LTD. I fatti ricostruiti in quel rapporto sono stati confermati nell'ambito della presente inchiesta.

2082

Il Laboratorio AC di Spiez è considerato una fra le maggiori istituzioni nel settore delle misure di difesa contro gli attacchi nucleari, biologici e chimici. Ha intrattenuto per anni contatti con la ditta Louis Schleiffer SA, la quale ha tra l'altro sviluppato e prodotto un apparecchio per la detezione di aggressivi chimici (ADETOX) impiegato anche dall'esercito svizzero. Il 27 novembre 1987, il Laboratorio AC di Spiez aveva ricevuto campioni di sangue e di urina, inviati spontaneamente dalla Louis Schleiffer SA. Secondo le indicazioni della stessa, i liquidi corporei provenivano presumibilmente da vittime sudafricane e andavano esaminati al fine di scoprire eventuali tracce di sostanze tossiche, note o sconosciute, o di loro metaboliti. Il 2 dicembre 1987, il Laboratorio AC di Spiez annunciò alla Louis Schleiffer SA che non era più possibile procedere all'analisi desiderata in considerazione dell'importante lasso di tempo intervenuto fra il presunto impiego di armi da combattimento e il prelievo di campioni. La Louis Schleiffer SA aveva poi indicato telefonicamente che i campioni avrebbero potuto essere distrutti.

Il 19 gennaio 1988 Niklaus Schleiffer contattò telefonicamente il Laboratorio AC di Spiez, informandosi sulle possibilità di ricevere due generali sudafricani invitati dal Comando delle forze aeree a una conferenza sulle armi di difesa aria-aria che si sarebbe tenuta a Belp. Schleiffer precisò che i due generali sarebbero giunti a destinazione in elicottero da Dübendorf e avrebbero avuto il tempo di fermarsi nel corso della mattinata a Spiez per discutere con rappresentanti del Laboratorio AC sul recente impiego di armi chimiche che avrebbero colpito un'intera compagnia delle forze armate sudafricane; i due generali avevano promesso di portare materiale fotografico e videocassette inerenti a persone ferite. Una nota del Laboratorio AC menzionava Jürg Jacomet quale «persona privata, amico del generale Neethling» nonché Niklaus Schleiffer quali «accompagnatori» nell'ambito di tale appuntamento.

Il Laboratorio AC espresse «per diverse ragioni (trasparenza, motivi politici) la sua reticenza» nei confronti di tale visita e contattò il giorno seguente Peter Regli, allora capo della SIADCA nel comando delle forze aeree. Una nota del 20 gennaio 1988 di un collaboratore del Laboratorio AC
indicava che «presumibilmente» Peter Regli non conosceva i nomi degli accompagnatori dei generali sudafricani e nemmeno aveva a che fare con il programma del mattino ma che doveva occuparsi degli ospiti soltanto da mezzogiorno in poi a Belp. Secondo quella nota, Peter Regli non aveva avuto alcuna comprensione nei riguardi delle riserve formulate dal Laboratorio AC.

Il Laboratorio AC si rifiutò di conseguenza di ricevere la delegazione sudafricana nella sua sede a Spiez. Diversi contatti telefonici ebbero manifestamente luogo con il Protocollo militare senza che la DCG ne fosse informata durante le sue precedenti indagini condotte nel 1999. La DCG è potuta giungere a conoscenza di diverse note redatte a tale riguardo dal Protocollo militare soltanto durante le indagini inerenti al presente rapporto. Il 22 gennaio 1988 il Laboratorio AC informò telefonicamente il Protocollo militare della visita annunciata di due ufficiali sudafricani. Il Protocollo militare tentò successivamente di raccogliere maggiori informazioni presso il comando delle truppe d'aviazione e di difesa contraerea. Nella sua risposta, Peter Regli precisò che sapeva di tale visita ma non da dove proveniva l'invito. Secondo le informazioni raccolte anche presso l'allora SCSM SI, né quest'ultimo né il capo della Sezione acquisizione erano al corrente della visita dal Sudafrica.

Organizzato su invito di Niklaus Schleiffer e sollecitato da Peter Regli, il colloquio con rappresentanti del Laboratorio AC ebbe luogo il 25 gennaio 1988 nei locali 2083

dell'Aggruppamento dell'armamento a Berna. Un protocollo manoscritto menziona, accanto ai rappresentanti del Laboratorio AC di Spiez, anche Jürg Jacomet con l'indicazione «SIADCA», il generale Lothar Neethling («capo della polizia sudafricana, responsabile della lotta antiterrorista all'interno del Paese«) e il brigadiere Wouter Basson («membro della commissione della difesa sudafricana e responsabile della lotta antiterrorista all'estero») quali partecipanti all'appuntamento. Il colloquio era stato incentrato sulle informazioni concernenti la presunta utilizzazione di nuove sostanze di combattimento in Namibia. Dal protocollo manoscritto emerge tuttavia l'osservazione seguente: «Il contesto attorno al quale si svolge tale visita è confuso!

(traduzione)». Interpellato dalla DCG, un ex collaboratore del Laboratorio AC di Spiez, segnatamente impegnato nello sviluppo di apparecchi per la detezione di aggressivi chimici (ADETOX) e della maschera di protezione 90 (MP 90) ha confermato per l'essenziale il contenuto di tale nota aggiungendo che, secondo quanto ricordava, Wouter Basson era stato presentato quale medico in capo dell'esercito sudafricano.

Peter Regli non aveva preso parte alla discussione. Come già spiegato nel 1999 alla DCG, non ricorda di aver avuto un colloquio telefonico con il Laboratorio AC, ma ritiene comunque possibile che Jürg Jacomet gli avesse riferito a quel tempo della presenza di una delegazione giunta dal Sudafrica e gli avesse chiesto se avrebbe potuto recarsi con la stessa a Spiez. Parimenti, non va esclusa l'ipotesi secondo cui egli abbia successivamente telefonato al Laboratorio AC e spianato la strada a Jürg Jacomet. Peter Regli ha aggiunto che all'epoca era in corso la guerra in Angola ed era nel loro interesse disporre di informazioni sulle armi chimiche impiegate in tale conflitto. Per contro egli non si è espresso in merito al programma del pomeriggio organizzato dal comando delle truppe di aviazione e di difesa contraerea, di cui la DCG è giunta per la prima volta a conoscenza soltanto nell'ambito della presente indagine.

Sulla base delle note raccolte dopo l'indagine del 1999 si è potuto appurare che Wouter Basson e Lothar Neethling raggiunsero la Svizzera il 25 gennaio 1988 su invito delle Forze aeree, organizzatrici del loro trasporto da Dübendorf a Belp in un
elicottero dell'esercito svizzero. Lothar Neethling aveva già affermato in Sudafrica di aver incontrato per la prima volta Peter Regli in compagnia di Wouter Basson su una base di elicotteri in Svizzera; il suo secondo e ultimo incontro con Peter Regli sarebbe invece avvenuto in Sudafrica nel 1989/90. Interrogato esplicitamente al riguardo, Lothar Neethling ha confermato la sua versione di allora, asserendo di non avere incontrato Peter Regli in occasione di una visita di cortesia a Berna bensì in una base di elicotteri in Svizzera. Al fine di chiarire tale fattispecie, la DCG ha tentato di raccogliere ulteriori informazioni sulle circostanze e sui motivi del trasporto in elicottero avvenuto il 25 gennaio 1988, formulando una richiesta scritta in tal senso alle Forze aeree. Queste hanno risposto di non disporre «di alcuna indicazione o informazione relative all'incontro del 25 gennaio 1988» (traduzione), aggiungendo che i rapporti di volo sono conservati per cinque anni prima di essere distrutti. La presenza di rapporti di volo non avrebbe tuttavia fornito indicazioni di rilievo: nella sua prassi ordinaria, il Servizio informazioni strategico non comunica alle Forze aeree l'identità dei passeggeri di cui organizza il trasporto.

Parimenti, non è stato possibile far luce sulle dichiarazioni controverse di Peter Regli e Lothar Neethling in merito alle circostanze del loro primo incontro. I motivi che hanno spinto Lothar Neethling a fornire una versione errata del suo primo incon2084

tro con Peter Regli permangono sconosciuti. Non va comunque esclusa l'eventualità che Peter Regli abbia confuso la visita di cortesia a Palazzo federale, da egli situata agli inizi degli anni Novanta (cfr. n. 10.4.2) con l'incontro a Belp del 25 gennaio 1988. D'altra parte non va dimenticato che i fatti in questione risalgono a una quindicina d'anni prima e che tanto Peter Regli quanto Lothar Neethling potrebbero essersi sbagliati in merito. In ogni caso, le visite di cortesia o altre visite di delegazioni estere nel settore dei servizi d'informazione non sono così rare da lasciare un ricordo durevole. La presenza di dichiarazioni controverse e l'impossibilità di compiere ulteriori controlli non devono comunque indurre a considerare errata la versione fornita da Peter Regli.

A parte quello del 25 gennaio 1988 a Berna, dall'indagine non sono emersi altri incontri fra Lothar Neethling e/o Wouter Basson da un lato e i collaboratori del Laboratorio AC dall'altro. Per contro, il Laboratorio AC di Spiez ricevette in visita il 23 gennaio 1991 uno scienziato sudafricano della Protechnik Laboratories LTD, impegnato nell'ambito delle misure di difesa contro le armi biologiche e chimiche.

La richiesta relativa a tale visita era giunta al Protocollo militare ed era stata autorizzata dalle istanze superiori. Lo scienziato era accompagnato dall'aggiunto sudafricano e la discussione era stata incentrata sui modelli informatici di diffusione degli aggressivi chimici.

Il 20 febbraio 1991, in conclusione di tale visita, l'aggiunto sudafricano della difesa indirizzò una lettera di ringraziamento al Laboratorio AC allegandovi in contraccambio un invito in Sudafrica. Ritenendo inopportuna una visita in Sudafrica per motivi politici, il Laboratorio AC declinò l'invito il 15 maggio 1991 ringraziando l'aggiunto alla difesa. Come già il direttore del Laboratorio AC aveva dichiarato alla DCG, gli avvenimenti in Sudafrica e in Namibia non destavano un grande interesse a causa delle informazioni nebulose e delle fonti poco attendibili da cui queste pervenivano.

Su incarico della Protechnik Laboratories LTD, il Laboratorio AC di Spiez aveva effettuato nel marzo 1994 un esame dei filtri delle maschere di protezione. I relativi risultati erano stati trasmessi al mandante con la fattura dei costi d'esame. Questo genere di
richieste d'analisi o d'esame non presentava nulla di inabituale e rientrava nelle normali prestazioni fornite dal Laboratorio AC nel settore dei provvedimenti di difesa contro guerre con armi biologiche o chimiche.

Il Laboratorio AC aveva inoltre spiegato di aver proceduto a tre riprese, dal 1988 al 1990, all'analisi di diversi campioni di schegge di bomba provenienti dall'Angola.

Tali analisi erano state effettuate su richiesta del GIS, che voleva trasmettere i risultati a un servizio partner (non sudafricano)53.

53

Secondo l'Aggruppamento dell'armamento, l'interesse risiedeva principalmente nella presenza di fosfato di tricresile. La presenza di tale sostanza sarebbe riconducibile alla teoria secondo cui la paralisi o la paresia dei muscoli peronei riscontrata in taluni cittadini angolani vittime del presunto impiego di armi chimiche (il fosfato di tricresile è ritenuto responsabile dell'intossicazione dei soldati svizzeri che hanno ingerito dell'olio minerale durante la Seconda guerra mondiale nonché dell'avvelenamento avvenuto con l'olio d'oliva spagnolo adulterato). Tracce di fosfato di tricresile sono state effettivamente rilevate in una scheggia di bomba. Le quantità di acido cianidrico e di fosfina erano irrilevanti. Nessun altro agente tossico aggressivo (ad es. neurotossici o vescicanti) è stato constatato.

2085

Dal 22 marzo al 1° aprile 1994 un collaboratore del Laboratorio AC di Spiez aveva preso parte a una missione delle Nazioni Unite in Sudafrica e in Mozambico e stilato un rapporto riassuntivo concernente il presunto impiego di armi chimiche da parte della RENAMO contro le truppe governative («Untersuchung des angeblichen Einsatzes von Chemie-Waffen durch die RENAMO in Mozambique gegen Regierungstruppen im Rahmen der UN-Mission»; cfr. anche n. 7.2).

Dopo il cambiamento di regime in Sudafrica, i contatti con la Protechnik Laboratoires LTD ­ società che esercitava in Sudafrica una funzione analoga a quella del Laboratorio AC in Svizzera ­ si erano intensificati in relazione ai preparativi concernenti l'elaborazione di una convenzione internazionale sulle armi chimiche. A quel tempo la discussione era principalmente incentrata sull'appoggio informativo e logistico delle autorità sudafricane in relazione con l'adesione del Sudafrica alla Convenzione sulle armi chimiche dell'ONU.

10.5.2

Controversia in merito al sintetizzatore di peptidi

Durante le indagini svolte nel 1999 dalla DCG, Wouter Basson aveva dichiarato di avere acquistato nell'autunno 1990 un sintetizzatore di peptidi ­ apparecchio che permette di sintetizzare gli aminoacidi ­ presso il Laboratorio AC, al prezzo di 2,4 milioni di dollari USA (ca. 3,6 mio di fr.) e di averlo poi nuovamente reso a quest'ultimo in cambio di prodotti chimici. Queste transazioni erano già state esaminate dal ministero pubblico sudafricano nel quadro della procedura di assistenza giudiziaria del 28 ottobre 1996. A tale riguardo, il procuratore sudafricano Anton Ackermann ha dichiarato alla DCG che tutto induceva ad interpretare l'affermazione di Wouter Basson come un suo ulteriore tentativo di mascherare i diversi reati patrimoniali di cui egli figurava essere il presunto autore. Non esiste comunque alcun indizio di un acquisto di un sintetizzatore di peptidi da parte di Wouter Basson in Svizzera. Le indagini della DCG hanno rivelato che il Laboratorio AC non ha mai chiesto di procurarsi, acquistare, ricevere in affitto, leasing o gratuitamente un tale apparecchio e nemmeno ha fornito strumenti del genere o qualsivoglia prodotti chimici in Sudafrica. Inoltre, a prescindere da tutte queste considerazioni, l'importo menzionato da Wouter Basson sembra essere del tutto inventato. Esso corrisponde essenzialmente alla somma trasmessa nell'autunno 1992 sul conto di Jürg Jacomet a Zagabria (cfr. n. 10.4.4); a quel tempo i prezzi dei sintetizzatori di peptidi si situava fra franchi 36 000 (per un apparecchio semiautomatico) e franchi 150 000 (per un apparecchio interamente automatico).

10.5.3

Controversia concernente la fornitura di Mandrax e di altre sostanze chimiche

10.5.3.1

Spiegazioni relative alle sostanze chimiche

Riguardo ai fondi presumibilmente sottratti in Croazia da Wouter Basson e Jürg Jacomet, è emerso tra l'altro anche il sospetto che essi fossero stati impiegati per l'acquisto di Mandrax o di altre sostanze chimiche. Siccome tali sostanze erano ­ accanto ad altre ­ costantemente menzionate in relazione con le presunte o effettive

2086

attività di Jürg Jacomet, la DCG ha ordinato indagini al riguardo. Dal relativo rapporto richiesto all'Ufficio federale di polizia si evince quanto segue: «ad Mandrax Sonnifero a base di metaqualone venduto da Albert-Roussel fino al 1981, ritirato dal commercio a causa del rischio di dipendenza che esso comporta.

ad mercurio rosso Formula chimica: Hg. Esistono almeno tre composti chimici noti sotto questa denominazione, ossia: HgO = ossido di mercurio, il cui peso specifico è di 11 g/ cm3 circa, polvere gialla, gialla-arancio o rossa. Impiegato nella produzione di elementi galvanici, nella fabbricazione di composti di mercurio organico e in quanto catalizzatore per le sintesi chimiche-organiche. È stato parimenti utilizzato nelle pitture antivegetative e in medicina, ma ha perso importanza in tali settori a causa della sua tossicità; Hg2O7Sb2 = eptaossido di antimonio e di mercurio. Attualmente non è nota una sua utilizzazione. Si suppone che questa sostanza potrebbe essere utilizzato come catalizzatore nel settore petrolchimico; HgI2 = ioduro di mercurio. Polvere rossa nota in quanto pigmento (cinabro). Impiegato attualmente in chimica analitica e per misurare la densità dei minerali.

Secondo le attuali conoscenze degli specialisti dell'Ufficio federale dell'energia (UFEN), dell'Istituto Paul Scherrer (IPS), del DDPS e secondo le fonti estere, questi tre composti non rivestono alcun ruolo nei settori nucleare o della tecnologia dei propulsori.

Il mercurio e i suoi composti sottostanno alla legge sulle sostanze tossiche. [...]

La polizia federale di allora aveva già fornito nella primavera del 1992 informazioni concernenti tentativi di commercializzazione del mercurio rosso, sottolineando che, fino a quel momento, tutti questi affari si erano rivelati delle truffe o operazioni fittizie.

Finora in Svizzera non si è verificato alcun sequestro di mercurio rosso.

Abbiamo fra l'altro sottoposto le medesime questioni anche al Laboratorio AC di Spiez. Anche questo servizio specializzato giunge alla conclusione che i certificati d'origine presentati sono falsi e costituiscono tentativi di frode. I periti osservano tuttavia che il mercurio rosso potrebbe fungere da sostanza di copertura. In altri termini, sarebbe ipotizzabile mescolare dell'ossido di plutonio o dell'ossido di uranio (arricchito o no)
con del monossido di mercurio al fine di ottenere un composto analogo all'ossido d'antimonio mescolato con il monossido di mercurio (colore!). È pensabile che un imballaggio idoneo possa proteggere dai raggi alfa, beta e ­ soltanto in parte ­ gamma. Inoltre la componente radioattiva potrebbe successivamente essere ricuperata in forma molto pura mediante semplice riscaldamento.[...]

ad Yellow Cake Lo Yellow Cake (triossido di uranio) è il primo prodotto intermedio dopo il primo raffinamento del minerale d'uranio. Polvere gialla che, una volta pressata, assume l'aspetto di «cake».

Uranio (den.chim. U) Elemento chimico radioattivo. Numero atomico 92. Metallo pesante, grigio acciaio.

Allo stato naturale l'uranio è una miscela di tre isotopi, di cui l'isotopo 238 (99,27%) e 235 (0,72%).

Uranio 235 L'uranio di massa atomica 235 è un isotopo che, se sufficientemente arricchito, può essere impiegato per applicazioni militari. La cifra 235 è costituita dalla somma del numero di protoni (92 per l'uranio, corrispondente anche al suo numero atomico o numero di carica) e del numero di neutroni (143 per l'uranio 235) e rappresenta la massa atomica. Per costruire una bomba atomica occorrono, secondo il suo grado di arricchimento, da 15 a 25 kg di uranio 235.

Uranio 236

2087

Questo isotopo è ottenuto sottoponendo l'uranio a un flusso importante di neutroni com'è ad esempio il caso di un reattore nucleare. Si trova parimenti nell'uranio impoverito.

Uranio 238 Questo isotopo è il costituente principale dell'uranio naturale (99,3%).

Uranio impoverito Residuo del processo di arricchimento nel corso del quale l'uranio 235 prelevato da una quantità di uranio naturale è aggiunto a un'altra quantità di uranio naturale. Allo stato naturale, l'uranio contiene lo 0,7% di uranio 235; l'uranio impoverito ne contiene soltanto una quantità che varia dallo 0,4% (vecchi impianti d'impoverimento) allo 0,2%. L'uranio impoverito è impiegato come materiale di zavorramento per i battelli, come contrappeso negli alettoni degli aerei, per fabbricare munizioni anticarro (impiegate dagli Stati Uniti durante la guerra del Golfo) o come blindatura di carri.»

Su richiesta della DCG, il Ministero pubblico della Confederazione ha inoltre riferito che in Svizzera si è verificato un solo procedimento d'inchiesta concernente lo Yellow Cake, occasionato dalla scoperta di uranio a Kemptthal (cfr. n. 9.7). Il mercurio rosso e il Mandrax non sono invece mai stati oggetto d'inchiesta da parte del Ministero pubblico della Confederazione. In merito all'uranio naturale, l'uranio impoverito o l'uranio 235, il Ministero pubblico della Confederazione ha condotto svariati procedimenti d'inchiesta per presunte violazioni della legge sull'energia nucleare; nessuno di essi presentava tuttavia nessi con il Sudafrica.

10.5.3.2

Swiss Namibia Ventures Ltd

La DCG ha potuto parimenti stabilire che Jürg Jacomet e due altre persone avevano fondato nel 1990 in Namibia la società «Swiss Namibia Ventures Ltd». Contro uno dei due soci di Jürg Jacomet si era proceduto nel 1998 in Namibia per traffico di Mandrax. Secondo le informazioni pubblicate all'epoca dagli organi di stampa sudafricani, il secondo socio avrebbe inizialmente progettato di costruire un deposito finale per rifiuti nucleari nel deserto. Più tardi sarebbero stati avviati negoziati in vista della costruzione di una fabbrica di prodotti farmaceutici. L'obiettivo era evidentemente di importare rifiuti nucleari mascherandoli in rifiuti farmaceutici. Ma poi attorno a questa faccenda era scoppiato lo scandalo con la scoperta dell'origine fraudolenta dei fondi di finanziamento del progetto. Un socio di Jürg Jacomet fu espulso dalle autorità namibiane; l'altro è deceduto in seguito a overdose di farmaci e di bevande alcoliche.

Trattandosi di attività svolte da privati e non esistendo alcun indizio che permetta di ipotizzare un'eventuale implicazione da parte di servizi della Confederazione, la DCG ha rinunciato a proseguire le indagini. Il Ministero pubblico della Confederazione non è riuscito a chiarire maggiormente la situazione.

10.5.3.3

Offerta di «Quinezoolione»

Come già menzionato in precedenza, un importo di 2,3 milioni di dollari USA (ca.

3,45 mio di fr.) fu versato su un conto di Jürg Jacomet presso la Zagrebaca Bank a Zagabria (cfr. n. 10.4.4). Cinque giorni prima di questo versamento, ossia il 5 novembre 1992, Jürg Jacomet aveva indirizzato a Wouter Basson un'offerta concernente 500 kg di «Quinezoolione» al prezzo di 5000 dollari USA al chilogrammo, per un importo complessivo di 2,5 milioni di dollari. L'offerta era 2088

per un importo complessivo di 2,5 milioni di dollari. L'offerta era stata redatta su carta intestata di una società fiduciaria insediata a quel tempo a Rümlang.

La indagini della DCG hanno rivelato che, qualche tempo prima, Jürg Jacomet si era rivolto alla fiduciaria in questione per conoscere le condizioni alle quali essa si sarebbe occupata della contabilità della società Intermagnum SA. La fiduciaria aveva reso noto tali condizioni mediante risposta scritta, ma Jürg Jacomet non vi aveva dato seguito. All'inizio del 1993 la società fiduciaria era giunta a conoscenza del fatto che Jürg Jacomet aveva impiegato abusivamente la sua carta intestata.

Mediante lettera del 1° febbraio 1993 Jürg Jacomet menzionava le ragioni di questo suo comportamento spiegando alla fiduciaria che «per motivi di sicurezza e non essendovi un'alternativa» (traduzione), egli aveva utilizzato illecitamente la carta intestata della fiduciaria per la corrispondenza del 5 novembre 1992 inviata a Wouter Basson.

La DCG dispone anche di una corrispondenza fax inviata da Jürg Jacomet l'11 dicembre 1992. In essa egli pregava uno dei suoi conoscenti di chiedere alle autorità croate il rilascio di un'autorizzazione di scalo ­ previsto dal 19 al 23 dicembre 1992 ­ per un aereo-cargo proveniente da Sofia. Non è stato più possibile appurare se questo volo sia avvenuto o no e quale fosse lo scopo perseguito.

Sembra tuttavia che le attività svolte da Jürg Jacomet alla fine del 1992 fossero direttamente connesse con il versamento di fondi effettuato da Wouter Basson.

Nell'ambito del processo contro Wouter Basson in Sudafrica è stato possibile ricostruire gli eventi succeduti al pagamento di 2,3 milioni di dollari USA (cfr. n. 10.2), ma i motivi di tale transazione sono rimasti sconosciuti. Non è stato possibile trovare indizi che parlassero a favore di un effettivo commercio di sostanze chimiche. Sembrerebbe piuttosto che Wouter Basson e Jürg Jacomet abbiano tentato di arricchirsi personalmente a spese dello Stato sudafricano. A tale riguardo, il procuratore sudafricano Anton Ackermann dichiarò alla DCG che le affermazioni di Wouter Basson in merito al presunto «affare croato» andavano unicamente interpretate in quanto manovre di difesa destinate a indebolire le accuse rivoltegli contro. Anton Ackermann ha d'altronde rilevato che,
verso la fine dell'anno, il preventivo 1992 del progetto «Coast» presentava ancora un saldo di circa 2,5 milioni di dollari USA. A suo parere, Wouter Basson incaricò Jürg Jacomet di fargli un'offerta corrispondente «per poter azzerare il conto» (traduzione). Comunque sia, non esiste alcun indizio dal quale si potrebbe dedurre che la fornitura di 500 kg di «Quinezoolione» sia realmente avvenuta. Questa ipotesi è confortata anche dai documenti reperiti, i quali mostrano che Jürg Jacomet aveva in tutta evidenza cercato di conferire maggiore credibilità a un affare fittizio servendosi abusivamente della carta intestata di un'impresa terza.

10.5.3.4

Sequestro di pastiglie di metaqualone

Sulla base delle indicazioni fornite da Jürg Jacomet, i media hanno ipotizzato una fornitura illegale di Mandrax dalla Svizzera verso il Lesotho. Il Mandrax è un sonnifero contenente metaqualone, commercializzato con questo nome fino agli inizi degli anni Ottanta (cfr. n. 10.5.3.1). Secondo le indagini della DCG un cittadino svizzero si era informato nel 1990 presso potenziali fornitori sulle condizioni di fornitura di circa 5 milioni di pastiglie all'anno. Nel periodo a cavallo fra il 1990 e il 2089

1991, una fornitura di 2,5 milioni di pastiglie era stata effettuata al prezzo convenuto di franchi 625 000. Da un colloquio fra l'Ufficio federale della sanità pubblica e l'impresa interessata, avvenuto prima dell'importazione o della fabbricazione, era stato possibile accertare che le pastiglie di metaqualone erano destinate all'esportazione in Sudafrica. L'esportazione prevista non aveva avuto luogo vigendo in tale Paese un divieto d'importazione di tale sostanza.

Il 22 dicembre 1990 il farmacista cantonale del Cantone di Turgovia ordinò il sequestro provvisorio del metaqualone fornito all'impresa interessata o immagazzinato dalla stessa. Gli sforzi intrapresi da parte di tale impresa, d'intesa con l'Ufficio federale della sanità pubblica, al fine di individuare altri eventuali acquirenti delle pastiglie di metaqualone sequestrate, si erano rivelati vani poiché le autorizzazioni d'importazione presentate per il Lesotho, lo Sri Lanka e le Bahamas non erano state confermate o erano state falsificate. Con decisione del 9 luglio 1992, il Dipartimento delle finanze e degli affari sociali del Cantone di Turgovia sequestrò definitivamente i 2,5 milioni di pastiglie contenenti 400 mg di metaqualone ciascuna. Il 7 aprile 1993 il tribunale amministrativo del Cantone di Turgovia respinse il ricorso presentato contro questa decisione. La DCG ha ottenuto conferma della distruzione delle pastiglie di metaqualone presso il servizio di trattamento dei rifiuti della media Turgovia (Kehrichtverband Mittelthurgau). Il protocollo inerente alla distruzione menziona che la farmacia cantonale di Münsterlingen (Cantone di Turgovia) aveva fornito l'8 marzo 1994 2,5 milioni di pastiglie di metaqualone ripartiti su dieci palette e che gli stessi erano stati distrutti il giorno stesso. Mediante questa distruzione vengono meno tutte le possibili congetture su un'ulteriore utilizzazione delle pastiglie. Tale argomento non è stato quindi approfondito dalla DCG.

10.6

Contatti con la Huber & Suhner SA

10.6.1

Descrizione dei fatti

La Huber & Suhner SA aveva sviluppato a metà degli anni Ottanta la maschera di protezione (MP 90) in stretta collaborazione con l'Aggruppamento dell'armamento.

Tale società figurava e figura tutt'ora fra i rari fornitori di punta nel settore del materiale di protezione ABC. Il 9 novembre 1988 la Huber & Suhner SA, la Intermagnum SA rappresentata da Jürg Jacomet nonché la Y.C.V.M. Trading Pretoria rappresentata da C. van Remoortere conclusero a Rümlang un «Memorandum of Agreement». Secondo lo stesso, la società Huber & Suhner SA s'impegnava segnatamente ad assistere la Y.C.V.M. trading nel suo progetto di commercializzazione della maschera di protezione 90 in Sudafrica, in Namibia, nello Swaziland e in Angola. A tale scopo, la società Huber & Suhner SA si era dichiarata d'accordo a trasferire il suo know-how in materia di fabbricazione e d'imballaggio della maschera di protezione 90. La DCG aveva consultato il memorandum concluso, il quale constava di 33 pagine, era redatto in inglese e includeva numerose disposizioni inerenti al know-how, agli strumenti e alle macchine necessari per la fabbricazione, ai controlli di qualità, alle garanzie nonché alle condizioni di fornitura e di pagamento.

Il memorandum prevedeva segnatamente che le forniture sarebbero state controllate e certificate dalla società africana Protechnik Laboratories Ltd. (cfr. a tale riguardo la visita del 23 gennaio 1991 presso il Laboratorio AC di Spiez; n. 10.5). Esso 2090

conteneva inoltre una clausola arbitrale disciplinante eventuali divergenze d'opinione fra la Huber & Suhner SA e la Protechnik Ltd in merito agli standard di qualità relativi ai prodotti forniti e ai mezzi di produzione: «[...] the parties hereby agree that the evaluation of the samples and/or the Tools in question shall be referred to the award and final determination of a member of the Swiss Defence Technology and Procurement Group (the «GRD») who is an internationally recognized expert regarding the Products. Such expert shall be appointed by the GRD at the request of Intermagnum. [...]

[...] Should the GRD, for any reason, fail to appoint an arbitrator in terms of 12.1 above, within five (5) working days of the date of request by Intermagnum, or should it, for any other reason, not be possible for a member of the GRD to act as arbitrator, the parties hereby agree that the samples of Tools in question shall be referred to the South African Bureau of Standards (the "SABS") for testing by them in accordance with the Swiss Army Q.C. Procedures which are annexed hereto marked «A». [...]»54

In un «addendum» firmato rispettivamente il 2 e il 12 luglio 1990, le parti avevano preso atto che la società Y.C.V.M. Trading aveva cambiato il suo nome in CVR Trading e che, d'intesa con le altre parti, quest'ultima aveva trasferito i diritti e gli obblighi derivanti dal memorandum del 9 novembre 1988 alla società Technotek Ltd, rappresentata da C. van Remoortere. Il 22 novembre 1990 era stato firmato a Zurigo un altro «addendum» che confermava la durata di validità del memorandum limitata a quattro anni e fissava le disposizioni relative alle singole rate e ai termini di versamento.

10.6.2

Nessuna assistenza da parte dell'Aggruppamento dell'armamento

Secondo le indagini della DCG il collaboratore dell'Aggruppamento dell'armamento strettamente coinvolto nello sviluppo della maschera di protezione 90 abbandonò il servizio della Confederazione nel 1989 e concluse un accordo con la Huber & Suhner SA concernente la distribuzione della maschera di protezione 90 e la relativa commissione. Il collaboratore dichiarò alla DCG che Jürg Jacomet era entrato in contatto con la Huber & Suhner SA ­ probabilmente per il tramite della Niklaus Schleiffer SA (cfr. n. 10.5.1) ­ e gli aveva «soffiato» il mandato.

Interrogato dalla Truth & Reconciliation Commission sudafricana, Charles van Remoortere dichiarò di essere stato incaricato da Wouter Basson di prendere contatto con la Huber & Suhner SA; la Svizzera avrebbe promesso di fornire aiuto e assi54

«[...] le parti convengono che la valutazione dei campioni e/o dei mezzi di produzione interessati sarà affidata e chiarita definitivamente da un rappresentante dell'Aggruppamento dell'armamento svizzero, esperto internazionalmente riconosciuto del prodotto [maschera di protezione 90]. L'esperto sarà designato dall'Aggruppamento dell'armamento su richiesta della società Intermagnum [...]

Se, per qualsivoglia ragione, l'Aggruppamento dell'armamento non designasse un arbitro secondo il summenzionato numero 12.1 entro cinque giorni feriali successivi alla richiesta presentata dalla società Intermagnum o se, per un'altra ragione, non è stato possibile che un rappresentante dell'Aggruppamento dell'armamento assumesse il ruolo di arbitro, le parti convengono che i campioni e/o i mezzi di produzione interessati saranno affidati al South African Bureau of Standards (SABS), nell'ambito del quale essi saranno testati conformemente alle direttive in materia di qualità dell'esercito svizzero secondo gli allegati al presente memorandum (allegato A). [...]» (traduzione).

2091

stenza. Questa dichiarazione risulta indubbiamente comprensibile per due ragioni. In primo luogo, Wouter Basson era manifestamente partito dal presupposto secondo cui Jürg Jacomet, il quale aveva funto da intermediario nei contatti con la Huber & Suhner SA, occupava una posizione direttiva in seno al Servizio informazioni strategico (cfr. n. 10.4.1). In secondo luogo, il Laboratorio AC di Spiez rivestiva una funzione di prim'ordine nel settore della protezione ABC e offriva anche a Paesi terzi servizi orientati alla protezione delle popolazioni civili e dei militari.

Evidentemente la clausola arbitrale non era stata discussa con l'ADA ed era stata integrata nel memorandum senza il consenso dello stesso. Nel suo rapporto scritto indirizzato alla DCG, l'Ufficio federale del materiale dell'esercito e delle costruzioni aveva spiegato che i collaboratori della sezione del materiale di protezione ABC e del materiale speciale sapevano certamente che il Sudafrica aveva progettato di acquistare maschere di protezione 90. Per contro essi ignoravano il memorandum e i suoi contenuti; in particolare, non erano stati contattati in merito alla clausola arbitrale. In tal senso, la Huber & Suhner SA ha confermato che la clausola arbitrale non era stata discussa con l'ADA; essa non era stata formulata in relazione con una persona specifica bensì con un collaboratore del Laboratorio AC che non era ancora stato definito. Per il resto, la clausola arbitrale non ha mai assunto rilevanza durante il periodo di applicazione del memorandum, non essendo mai stata invocata dalle parti.

Va inoltre rilevato che, in generale, la fornitura di maschere di protezione e del relativo know-how al Sudafrica non aveva comportato violazioni delle disposizioni legali in materia di esportazione. Un rapporto del 15 aprile 2002 redatto dal Dipartimento federale dell'economia (DFE) su richiesta della DCG precisa che le maschere di protezione non erano rette dalla legge sul materiale di guerra, trattandosi di cosiddetto materiale «Dual-Use». Fino all'inizio del 1992 l'esportazione non necessitava di un'autorizzazione. L'Ufficio federale dell'economia esterna non dispone più di documenti inerenti al periodo precedente al 1991. È stata però reperita un'autorizzazione datata 16 settembre 1992 concernente l'esportazione di 10 000 maschere di protezione. Il documento si riferisce al menzionato memorandum della Huber & Suhner SA.

11

Acquisto di due missili terra-aria SA-18

11.1

Descrizione dei fatti

La DCG aveva già affrontato nella sua inchiesta del 1999 la questione del missile con guida a infrarossi, proveniente verosimilmente da uno stock di armi sovietiche in Angola, che sarebbe stato in possesso del Gr info. Nella sua risposta scritta del 22 settembre 1999, Peter Regli aveva indicato che, nel corso degli anni Ottanta, il Servizio informazioni strategico aveva ricevuto dal suo partner sudafricano alcuni pezzi di munizioni di produzione sovietica a scopo di analisi. All'epoca, oltre a sottacere alla DCG l'acquisto di due missili SA-18, egli aveva negato espressamente che il Gr info disponesse di informazioni riguardanti un missile con guida a infrarossi proveniente verosimilmente da stock di armi sovietiche.

2092

11.1.1

Dichiarazioni delle persone interessate

Le indagini condotte nell'ambito del presente rapporto hanno permesso di stabilire che, all'inizio degli anni Novanta, il GIS aveva acquistato presso un servizio informazioni europeo due missili SA-18 per 204 000 dollari USA (ca. 300 000 fr. svizzeri). Gli attori principali di tale acquisto erano stati il capo della SIADCA, Francis Antonietti e il SCSM SI, Peter Regli. Le dichiarazioni di quest'ultimo sembrano tuttavia alquanto contraddittorie.

Secondo le spiegazioni addotte da Francis Antonietti alla DCG, un servizio informazioni partner gli aveva sottoposto una corrispondente offerta nel 1992. Informatone il comandante delle Forze aeree, egli era stato rinviato da quest'ultimo al SCSM SI.

Peter Regli aveva di conseguenza chiesto un'offerta scritta. In merito al finanziamento dell'acquisto di tali missili, il capo dell'Aggruppamento dell'armamento gli aveva dichiarato di disporre di un credito per la ricerca e lo sviluppo, nell'ambito del quale avrebbe potuto rientrare l'acquisto di tali armi. Francis Antonietti aveva poi informato il servizio partner della reale possibilità di tale transazione. In seguito egli non aveva più sentito parlare di questo affare fino al giorno in cui un collaboratore del GIS si era rivolto a lui per chiedergli dove occorreva inviare le armi.

Peter Regli ha spiegato da parte sua alla DCG di aver collaborato strettamente con Francis Antonietti, suo successore in testa alla SIADCA. Un giorno quest'ultimo lo aveva informato «in merito alla singolare opportunità di procurarsi due SA-18 di recentissima concezione presso un servizio partner». Benché avesse appoggiato questa idea, Peter Regli non disponeva dei fondi necessari. Egli era giunto soltanto più tardi a conoscenza del fatto che Francis Antonietti aveva dichiarato al servizio partner che l'acquisto sarebbe stato possibile. Peter Regli ha inoltre affermato di non aver presenziato alla conclusione dell'affare.

Manifestamente, l'allora capo della Divisione SIS non era stato consultato in merito all'acquisto dei missili SA 18, pur constando la sua sezione di collaboratori al passo con le evoluzioni tecnologiche più recenti. «Nel caso in cui ci avessero chiesto se occorreva o no acquistare tali missili, avremmo proceduto a una chiara valutazione dello stato delle nostre conoscenze e di quello di altri servizi per
rispondere con piena cognizione di causa» (traduzione).

Un ex collaboratore della Sezione acquisizione ha dichiarato che nel 1992 o 1993 avrebbe dovuto aver luogo l'acquisto di due missili terra-aria di origine sovietica. A suo dire, egli non ne conosceva la provenienza ma sapeva che sarebbero stati forniti da un servizio informazioni europeo. Egli era stato incaricato di organizzare «un'operazione ­ relativamente semplice ­ che avrebbe reso possibile il trasferimento dei missili da Kloten a Thun (o Spiez) senza rischi e senza doverli sdoganare secondo la normale procedura» (traduzione). L'operazione era stata tuttavia annullata poiché i vertici gerarchici (ossia il capo dello Stato maggiore generale o il capo del DMF) aveva ritenuto che siffatta operazione non sarebbe stata vantaggiosa. L'ex collaboratore della Sezione acquisizione aggiunge che aveva poi appreso lo scorso anno (2001) dalla stampa che l'affare era stato concluso altrimenti.

L'allora capo dell'armamento ha dal canto suo spiegato alla DCG che il capo della SIADCA e successivamente l'SCSM SI avevano chiesto all'Aggruppamento dell'armamento se fosse interessato a esaminare tecnicamente due missili terra-aria.

Non disponendo dei fondi necessari a un eventuale acquisto dei missili, l'Aggrup2093

pamento dell'armamento era partito dal principio che tale acquisto avrebbe dovuto essere addebitato a un credito d'impegno dello Stato maggiore generale.

L'ex collaboratore del GIS competente in materia di valutazione dei sistemi d'armamento esteri ha spiegato alla DCG che il servizio informazioni di un Paese europeo aveva proposto un'ordinazione collettiva. Un'ambasciata aveva trasmesso la domanda al capo della SIADCA. Due o tre giorni dopo, il GIS aveva trasmesso la seguente raccomandazione: «acquistare se possibile» (traduzione).

11.1.2

Ricostruzione a partire dai documenti

La DCG ha consultato la documentazione del DDPS concernente l'acquisto dei missili terra-aria tenendo conto delle dichiarazioni divergenti degli interessati. I documenti hanno consentito di appurare che, il 14 maggio 1992, il capo del SIADCA aveva fatto pervenire al capo dello Stato maggiore generale, per la via di servizio attraverso il SCSM del GIS, una domanda formale di acquisto di due missili SA-18, da addebitare sul credito riservato ai servizi d'informazione. Lo stesso giorno, anche Peter Regli aveva trasmesso al CSMG, invitandolo a dare il proprio consenso, la comunicazione secondo la quale «l'acquisto e l'esame di tale materiale di recentissima concezione proveniente dall'Est sarebbe estremamente importante» (traduzione). Già il 15 maggio 1992, il capo dello Stato maggiore generale aveva risposto a Peter Regli che, per principio, non era contrario all'acquisto ma che esso come l'ulteriore esame delle armi, doveva essere effettuato dall'Aggruppamento dell'armamento. «Noi [GIS] non acquistiamo materiale bellico!» Con un fax non datato (presumibilmente del maggio 1992), il capo del SIADCA aveva ringraziato il servizio partner europeo per l'offerta ­ che inizialmente includeva sei missili SA-18 per complessivi 549 444 dollari USA ­ e aveva comunicato che purtroppo disponeva solo di un credito di 204 000 dollari USA. Nel contempo, si era informato sulla possibilità di limitare eventualmente l'acquisto ai due missili. La documentazione comprendeva pure una conferma, ricevuta dal servizio partner europeo il 21 maggio 1992, secondo la quale il Servizio informazioni strategico era stato abilitato ad acquistare due missili SA-18 per un importo di 204 000 dollari USA. La risposta precisava anche che, qualora il servizio partner europeo fosse stato in grado di concludere l'affare, gli «Svizzeri» avrebbero dovuto prevedere l'invio di un aereo civile per caricare la merce.

In occasione di un colloquio tenutosi il 27 settembre 1993, Peter Regli informò il capo dello Stato maggiore generale del fatto che il servizio informazioni aveva acquistato, già nel 1992, due missili SA-18 da un servizio informazioni di un Paese europeo; poiché le competenze finanziarie di Peter Regli erano limitate, il CSMG doveva dare la propria autorizzazione. Nello stesso tempo, Peter Regli presentò al CSMG un documento già
redatto che lo autorizzava ad «acquistare due sistemi di armamento per la somma di 204 000 dollari USA da addebitare sul preventivo del Gr info» (traduzione). Il capo dello Stato maggiore generale rinunciò di dare la sua autorizzazione e gli comunicò che avrebbe sottoposto l'affare al capo del dipartimento.

Il 29 settembre 1993, Peter Regli si rivolse al collaboratore competente della sezione revisioni del servizio informazioni incaricandolo di preparare i 300 000 franchi da 2094

addebitare sul preventivo e precisando che tale importo sarebbe stato versato a un servizio partner per il pagamento del materiale di guerra non appena il capo del DMF rispettivamente il CSMG avrebbe dato il proprio consenso.

Lo stesso 29 settembre, Peter Regli informò il relatore presso la segreteria generale del DMF in questi termini: «Non si tratta più di sapere se vogliamo acquistare due missili presso un servizio informazioni partner, bensì quando verseremo l'importo che il nostro partner ha già pagato nel 1992 e quando entreremo in possesso del materiale.

Il 22 settembre 1993, da una discussione con il capo del servizio informazioni partner in questione, è risultato chiaramente che ci si aspettava che sbrigassimo rapidamente questa pendenza. Nella primavera del 1993, per la prima volta, sono stato reso attento da tale servizio con discrezione sul ritardo e questo è stato il punto di partenza dell'intera vicenda. [...]

Poiché il nostro partner aveva ricevuto da noi segnali chiari, ha acquistato per noi il materiale nel 1992, l'ha pagato e l'ha preparato per essere trasportato in Svizzera.

[...]»

In precedenza, ossia il 24 dicembre 1993, Peter Regli incaricò il capo del SIADCA di spiegargli «in base a quali affermazioni e decisioni prese al più alto livello gerarchico» (traduzione) aveva potuto annunciare al servizio partner nel 1992 che erano disponibili 204 000 dollari USA per l'acquisto di due missili. Il capo del SIADCA mise per scritto lo svolgimento degli avvenimenti in una nota destinata al SCSM SI nella quale sosteneva che non era mai stato concluso alcun affare con il servizio partner straniero. Nell'ottobre 1992 un collaboratore della sezione acquisizione gli domandò dove si sarebbe dovuto fornire il materiale che stava per arrivare e rimase molto sorpreso del fatto che il Gr info avesse deciso improvvisamente di collaborare.

In seguito alla seduta del Comitato di direzione del 25 ottobre 1993, il capo del DMF convocò una riunione con il capo dello Stato maggiore generale e con il capo dell'armamento, alla quale non partecipò il segretario generale. Durante la sua audizione, l'allora capo dello Stato maggiore generale fornì alla DCG i suoi appunti manoscritti. Le decisioni e gli ordini presi durante tale riunione erano i seguenti: ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­

«Il consigliere federale Villiger esige dal Gr info e dal SIADCA una spiegazione razionale in merito a tale vicenda, deve essere esibita una fattura precisa che rechi un indirizzo autentico, la Delegazione delle CdG deve essere informata nei dettagli, è fatta salva un'inchiesta disciplinare, non si può essere più stupidi! [Dümmer geht's nicht mehr!] (parole pronunciate dal consigliere federale Kaspar Villiger in persona), il capo dello Stato maggiore generale è responsabile del credito destinato al finanziamento degli acquisti di materiale, le relative domande devono essere presentate al capo dello Stato maggiore generale l'esecuzione di tale ordine dovrebbe avvenire attraverso l'ADA mediante una cessione di credito da subito, tutti i lavori delle sezioni e tutte le domande di credito per i servizi d'informazione devono essere sottoscritti dal capo dello Stato maggiore generale.»

Il capo dello Stato maggiore generale ha precisato che, al termine della seduta del Comitato di direzione, incaricò Peter Regli di informare la DCG sui particolari concernenti l'acquisto dei missili SA-18. Tuttavia, la DCG non ne fu informata né oralmente né per scritto. Ciò sembra incomprensibile, tanto più che, durante la 2095

seduta del 22 e 23 novembre 1993 ­ dunque meno di un mese dopo ­ Peter Regli venne sentito dalla DCG riguardo al ritrovamento di uranio a Kemptthal (cfr. n. 9.7).

In tale occasione, avrebbe avuto sicuramente l'opportunità di informare la DCG anche sull'affare dei missili SA-18. Durante la sua audizione nel procedimento in corso, Peter Regli ha dichiarato che non si ricordava più se il capo dello Stato maggiore generale l'avesse informato, all'epoca, sulle decisioni prese dal Comitato di direzione.

Il 29 ottobre 1993, ebbe luogo una discussione tra il vicecomandante delle truppe di aviazione e di difesa contraerea e il capo del SIADCA. L'esito di tale discussione fu riassunto per il comandante delle truppe di aviazione e di difesa contraerea in una nota comune datata 6 novembre 1993. Da essa risultava che il capo del SIADCA non aveva mai reputato che la dichiarazione trasmessa al servizio informazioni straniero nel maggio 1992 potesse essere vincolante. Anzi, sembra che l'affare fosse stato riattivato nell'autunno del 1993 da Peter Regli «poiché il servizio informazioni partner voleva assolutamente vendere e fornire i due missili» (traduzione).

Il capo dello Stato maggiore generale allora in carica ha aggiunto anche che, dopo la seduta del Comitato di direzione, aveva comunicato a Peter Regli che voleva una spiegazione esatta in merito alla vicenda. Dopo che questi aveva presentato un primo progetto con il «capo dello Stato maggiore generale» quale mandante e firmatario, il capo dello Stato maggiore l'aveva convocato e gli aveva domandato se lo considerasse proprio uno stupido. Peter Regli aveva allora preparato una nuova versione a suo nome. A tale proposito, il CSMG ha dichiarato alla DCG, usando parole dure, che si era sentito preso in giro e che considerava particolarmente sleale questo modo di procedere. In base alle spiegazioni fornite da Peter Regli, egli stesso e il Comitato di direzione pensavano che i missili SA-18 fossero già stati acquistati e forniti da molto tempo e che in quel momento si trattasse solo di definire gli aspetti finanziari della transazione. In ogni modo, i missili arrivarono in Svizzera solo nove mesi dopo e questo l'aveva saputo solo nel 2001.

Fra i documenti delle Forze aeree, la DCG ha trovato una domanda datata 8 aprile 1994 a destinazione del capo dell'armamento,
firmata da Peter Regli e vistata dal CSMG, che concerneva l'acquisto di due missili SA-18. Il prezzo indicato era di 204 000 dollari USA. Secondo tale documento, la domanda vincolante di offerta e il relativo ordine dovevano essere indirizzati a ... (è indicata l'impresa di uno Stato europeo). In seguito, il 10 maggio 1994, lo Stato maggiore dell'Aggruppamento dello Stato maggiore generale liberò un credito di 304 500 franchi a favore del Aggruppamento dell'armamento. Su tale documento figurava una nota, datata 11 maggio 1994, di un collaboratore della sezione delle finanze destinata al capo dell'armamento: «Poiché ha bloccato questa operazione durante la telefonata di questa mattina, aspetto sue istruzioni prima di procedere alla ripartizione del credito e di trasmettere l'ordine di acquisto a ...» (traduzione).

La liberazione definitiva del credito avvenne il 18 maggio 1994. Il 20 maggio, l'ADA fece pervenire alla società menzionata nella domanda di Peter Regli dell'8 aprile 1994 un contratto concernente l'acquisto di due missili terra-aria SA-18. Quest'ultima lo firmò il 10 giugno 1994 e i due missili giunsero a Berna Belpmoos il 15 luglio 1994; le operazioni doganali furono effettuate dall'Aggruppamento dell'armamento (ADA). La fattura di 204 000 dollari USA era del 5 agosto 2096

1994. Il 15 agosto 1994, il SCSM del Servizio informazioni strategico informò il capo dello Stato maggiore generale del fatto che i missili terra-aria erano stati forniti all'ADA e che il comando delle Forze aeree aveva assunto la direzione dell'esame.

Per il Gr info il dossier era dunque chiuso.

11.1.3

Digressione: materiale di guerra proveniente dal Sudafrica

Le indagini della DCG hanno accertato che il Servizio informazioni strategico aveva ricevuto a più riprese dal suo partner sudafricano, materiale di guerra di origine sovietica, essenzialmente armi o parti di armi. La prima indicazione a tale proposito figura nel processo verbale inerente alla prima visita di Peter Regli in Sudafrica, nel maggio 1984, quando era ancora capo del SIADCA. «Ci hanno offerto, senza esitazioni e con molta generosità, materiale di guerra affinché potessimo esaminarlo ed effettuare i nostri propri esperimenti» (traduzione). In occasione di un'altra visita ai capi dei servizi d'informazione nel marzo 1988, Peter Regli constatava nel processo verbale: «Il mio partner mi ha promesso un missile SA-14 [...]. Devo ancora chiarire come trasportarlo in Svizzera» (traduzione). Due mesi più tardi, nel maggio 1988, una delegazione del SIADCA aveva fatto visita all'UNITA in Angola (cfr. n. 6.5).

Dal relativo processo verbale risulta che lo scopo principale della visita era di disattivare e analizzare il materiale di guerra (in particolare gli SA-7, 14 e 16). Il materiale promesso sarebbe stato trasportato fino a Kinshasa e il capo del SIADCA sarebbe stato informato immediatamente del suo arrivo a destinazione.

La DCG non ha tuttavia trovato documenti scritti riguardanti tale scambio di materiale bellico. Eccettuate alcune indicazioni riportate nei processi verbali, la DCG non ha ritrovato alcun documento concernente il trasporto o la valutazione del materiale di guerra. Soltanto nel rapporto della Direzione del SIS sulle relazioni dei servizi d'informazione con il Sudafrica del giugno 1999 figura che nel 1987, il Sudafrica aveva fornito al Servizio informazioni strategico materiale bellico e munizioni di provenienza sovietica «a condizione che noi comunicassimo loro i risultati delle nostre valutazioni» (traduzione). Il GIS stesso si era occupato del trasporto seguendo percorsi difficili. Per quanto concerne i test relativi alle munizioni, si era dovuto ricorrere tuttavia ai servizi e alla ricerca dell'ADA. In mancanza dei relativi documenti scritti, la DCG non è dunque stata in grado di stabilire se ­ come ha affermato Peter Regli durante la sua audizione ­ il missile SA-14 menzionato nel processo verbale della visita in Angola sia effettivamente giunto in Svizzera.

Il capo della
sezione valutazione allora in carica, in seguito capo della Divisione SIS, ha confermato dinanzi alla DCG che era stato incaricato di procurarsi «numerose mine, granate di artiglieria, un razzo di 122 mm, un BM-21 8 (lanciarazzi multiplo sovietico), materiale pirotecnico, detonatori, Panzerfaust ecc.» di provenienza sovietica. «Spesso dovevamo seguire vie delicate per non compromettere Swissair o South African Airlines» (traduzione). Ha tenuto a precisare, inoltre, che le armi e parti di armi in questione erano sempre state fornite all'ADA.

Durante la sua audizione dinanzi alla DCG, il collaboratore del SIADCA, che all'epoca era incaricato della valutazione dei sistemi di armamento stranieri, ha spiegato che alcuni anni prima il servizio aveva ricevuto un missile terra-aria SA-7, precursore del missile SA-18. Pur non sapendo dove si trovasse attualmente, poteva 2097

confermare che all'epoca era stato esaminato. Il capo dell'armamento di allora ha riferito alla DCG che l'Aggruppamento dell'armamento non aveva «mai o quasi mai» (traduzione) ricevuto domande dirette dal Gr info; tuttavia, quando era stato necessario effettuare esami tecnici, questi erano stati iscritti nel preventivo ordinario dell'Aggruppamento dell'armamento.

11.2

Valutazioni in seno al DDPS

La DCG ha cercato di capire il senso dell'acquisto di due missili SA-18 da parte del Gr info. Un ex collaboratore della Sezione acquisizione ha spiegato che migliaia di missili della serie SAM (della quale fanno parte i missili SA) sono stati prodotti e utilizzati nel mondo intero. In particolare, sono stati utilizzati anche da eserciti che non hanno mai tenute nascoste le loro relazioni con la Svizzera. Inoltre, già all'epoca, le riviste specializzate («Jane's Defence Weekly» e «Aviation and Space Technology») avevano pubblicato numerosi dati tecnici. Anche l'allora capo della sezione valutazione aveva spiegato che, all'epoca, il Servizio informazioni strategico si era interessato soprattutto ai più recenti SS-24 e SS-25, poiché i predecessori SS-12 e SS-13 erano già noti e non presentavano più alcun interesse. Per il capo dello Stato maggiore generale allora in funzione l'acquisto di questi due missili SA-18 è tutt'oggi incomprensibile, essendo stato effettuato nel 1992 o nel 1994, ossia dopo la svolta politica avvenuta nel 1989. Ancor più incomprensibile è però il fatto di aver acquistato materiale di guerra per 300 000 franchi e di non averlo poi utilizzato in seguito.

In compenso, la DCG e il SIS hanno sottolineato che i missili SA-18 sono tuttora armi interessanti per i servizi d'informazione. Attualmente, l'interesse per queste armi è particolarmente grande perché molto richieste e utilizzate anche dai gruppi terroristici. Benché vi siano sufficienti informazioni riguardanti la versione di base, vi è uno spiccato interesse a conoscere l'ulteriore sviluppo delle misure di protezione. Il capo del SIADCA di allora e Peter Regli, che erano stati i promotori dell'acquisto dei due missili SA-18, hanno sottolineato che l'acquisto di tali armi era giustificato dall'aumento delle minacce terroristiche dopo il 1989.

11.3

Destino dei missili SA-18

I due missili SA-18 furono forniti il 15 luglio 1994 e ricevuti dall'Aggruppamento dell'armamento, presso il quale restarono depositati fino al maggio 2002 senza che nessuno se ne fosse seriamente occupato. Sul bollettino di controllo del deposito dell'Aggruppamento dell'armamento figura anche una nota dell'agosto 1998, secondo la quale i due missili avrebbero dovuto essere distrutti nell'ambito dell'eliminazione delle munizioni inesplose o in altro modo.

Il collaboratore dell'Aggruppamento dell'armamento competente in materia ha spiegato alla DCG che la fornitura aveva avuto luogo senza ordine scritto, senza indicazione precisa della provenienza e senza che fosse concretamente specificato il mandante. L'Aggruppamento dell'armamento non sapeva dunque a quale uso tali armi fossero destinate e non gli era neppure noto il motivo per il quale tali armi non fossero state esaminate. Gli era sembrato che l'interesse per questi missili fosse 2098

scemato e che fossero stati semplicemente dimenticati. Peter Regli ha spiegato nel processo verbale che le armi rimaste in deposito presso l'Aggruppamento dell'armamento avrebbero dovuto essere valutate dal Gr info, ma che in realtà ciò non avvenne perché l'Aggruppamento dell'armamento non disponeva di specialisti che conoscessero a sufficienza i missili SA-18.

Alcuni processi verbali indicano che lo smontaggio e la prova in comune dei due missili erano stati ampiamente discussi dai servizi d'informazione militari.

Inoltre, da una lettera del 5 marzo 1998, ritrovata fra i rari documenti del Gr info, risulta che il trasporto per mare dei due missili terra-aria a destinazione del Sudafrica era stato oggetto di discussioni. Dopo ulteriori contatti, il 10 novembre 1998 il Gr info aveva comunicato al servizio partner sudafricano che in quel momento il progetto non poteva essere realizzato, ma che questo aspetto avrebbe potuto essere ridiscusso durante un successivo incontro fra i capi dei servizi d'informazione.

11.3.1

Attività del Gr info

Alcuni processi verbali consentono di constatare che il Gr info si era impegnato manifestamente, eludendo l'Aggruppamento dell'armamento, al fine di valutare i due missili in collaborazione con il servizio partner sudafricano. Da una discussione fra esperti che ha avuto luogo in Svizzera nell'ottobre 1996, era scaturito che «l'efficacia degli SA-18 in possesso del Gr info potrebbe dunque essere controllata da noi e dal nostro partner» (traduzione), che dispone di un'area equipaggiata con la relativa strumentazione per l'esecuzione dei test. Il processo verbale di un'altra discussione fra esperti che aveva avuto luogo in Sudafrica nel novembre 1997 informa che «il servizio partner sudafricano ha accolto favorevolmente [...] la decisione del SCSM SI concernente la fornitura dei nostri SA-18 [...] e ha espresso la sua riconoscenza» (traduzione). Secondo il processo verbale, un collaboratore del servizio informazioni sudafricano doveva informarsi sulle possibilità di trasporto e, nel momento opportuno, prendere contatto con il SCSM SI mediante i servizi d'informazione. Dopo che l'affare era stato ulteriormente discusso in occasione di altri incontri fra esperti, nel novembre 1998 il Gr info aveva informato il servizio partner sudafricano del fatto che «per il momento, il progetto SA-18 non poteva essere realizzato» (traduzione); questo aspetto avrebbe tuttavia potuto essere ridiscusso durante un successivo incontro tra i capi dei servizi d'informazione.

Durante la sua audizione da parte della DCG, Peter Regli non si ricordava più dei particolari relativi a tale vicenda. Tuttavia, ha sottolineato che i Sudafricani erano estremamente competenti nell'ambito della valutazione del materiale di guerra e che Mossie Basson, che non aveva alcun legame di parentela con Wouther Basson, era un esperto di armi. Per questo motivo, era stata discussa la possibilità di un'eventuale collaborazione.

11.3.2

Smontaggio nella primavera 2002

La notizia data dai media hanno dell'esistenza di due missili terra-aria SA-18 nel corso della primavera 2002 ha fatto improvvisamente ricordare al DDPS dell'esistenza di tali armi provenienti dai depositi dell'Unione sovietica, acquistate otto anni 2099

prima e poi cadute nel dimenticatoio. Nel comunicato stampa del 17 maggio 2002, il DDPS ha reso noto che i due SA-18 avrebbero dovuto essere analizzati in relazione alla fornitura di due elicotteri da trasporto TH 98 e all'integrazione di sistemi di autoprotezione da parte della società sudafricana Avitronics. Il comunicato spiega che la programmazione di tali sistemi di autoprotezione necessita di dati tecnici riguardanti le potenziali minacce e che l'Aggruppamento dell'armamento aveva concluso un contratto con la società costruttrice Avitronics che, oltre alla fabbricazione e alla fornitura del sistema di autoprotezione, si occupava anche di verificarne l'efficacia. Il DDPS, essendo in possesso di due missili SA-18 funzionanti e «appartenenti all'ultima generazione» (traduzione), doveva approfittare dell'opportunità di analizzarli. L'analisi aveva lo scopo di ottenere dati tecnici in vista della programmazione dei sistemi di autoprotezione e di verificare l'efficacia della protezione offerta. Il DDPS sottolineava inoltre che sarebbe stato conveniente e utile effettuare questo lavoro in collaborazione con il costruttore del sistema di protezione e con la Forze aeree sudafricane, che disponevano dell'infrastruttura adeguata e delle conoscenze necessarie. Inoltre, erano in corso i preparativi in vista della conclusione di un accordo internazionale con il Sudafrica.

Da una successiva nota dell'Aggruppamento dell'armamento del 28 giugno 2002 risulta che l'origine dei missili SA-18 era sconosciuta, mancava la documentazione tecnica e anche un ordine scritto che precisasse a quale uso fosse destinato tale materiale. Evidentemente, si trattava di smontare i missili nelle loro componenti principali e di estrarne l'esplosivo per poter procedere a esperimenti mirati con le componenti specifiche (elemento di ricerca e di comando). Nel frattempo, lo smontaggio dei missili aveva avuto luogo con l'aiuto di due specialisti provenienti dal Sudafrica.

Nell'ambito delle audizioni da parte della DCG, tutte le persone che avevano partecipato direttamente allo smontaggio e all'analisi dei due missili terra-aria hanno spiegato che i dati necessari al sistema di autoprotezione (dati che concernono la radiazione, il dispositivo di avviamento, il filtraggio del sensore di guida, gli algoritmi per il disturbo dei segnali)
si riferivano sempre a un sistema specifico di difesa.

I relativi dati dovevano dunque riferirsi specificatamente a un sistema di difesa e non potevano essere rilevati in generale. Era quindi opportuno smontare i due missili nel 2002. Riguardo alla domanda se la Svizzera abbia avuto o no un colpo di fortuna per il fatto che nel 1992 qualcuno avesse avuto l'idea di acquistare due missili SA-18 senza che vi fosse stata la necessità e che, dieci anni dopo, fosse stato necessario analizzarli, il capo dell'armamento dell'epoca, interrogato in proposito dalla DCG, ha dichiarato che si tratta di «un'interpretazione che non si può contestare» (traduzione).

A causa delle sue conoscenze tecniche limitate, la DCG non è in grado di pronunciarsi definitivamente sull'affare degli SA-18. Tuttavia, ritiene che le circostanze dell'acquisto dei due missili fossero più che sospette. Da un lato, la DCG stenta a capire per quale motivo, contrariamente al solito, tale transazione fra servizi d'informazione amici abbia avuto luogo dietro pagamento. D'altro canto, tuttavia, non si spiega nemmeno perché l'analisi di un sistema d'armamento particolare, in costante evoluzione, proposta per caso da un servizio informazioni partner, possa rivestire un'importanza esistenziale per l'esercito svizzero. Oltre agli SA-18, il mercato propone centinaia, se non migliaia di altri sistemi di armamento che costituiscono una minaccia e, di conseguenza, un sistema di difesa collaudato unicamente sulla 2100

base degli SA-18 non potrebbe contribuire a migliorare in maniera sostanziale la sicurezza. A prescindere da queste considerazioni, la letteratura specializzata contiene informazioni sui sistemi d'armamento correnti e anche i servizi partner più importanti potrebbero sicuramente fornire informazioni dettagliate.

La DCG ha stentato molto a trovare una motivazione valida che giustificasse l'analisi dei due missili effettuata a cavallo fra l'estate e l'autunno del 2002. Secondo la stessa cronologia dei fatti risulta evidente che il DDPS aveva deciso di intraprendere quest'analisi solo quando l'acquisto dei due missili era diventato di dominio pubblico ed era stato apertamente messo in dubbio. Va riconosciuto che i collaboratori della Direzione del SIS e dell'Aggruppamento dell'armamento sentiti dalla DCG hanno rilevato all'unanimità l'importanza che i risultati di tali analisi rivestono a posteriori. Tuttavia, occorre sottolineare che tutti hanno partecipato all'acquisto avvenuto all'epoca o all'analisi effettuata di recente e quindi è ovvio che non ci si debba aspettare da essi una risposta diversa. La DCG parte dunque dal presupposto che da un costruttore di sistemi di autoprotezione di fama internazionale ci si debba aspettare che disponga dei dati necessari alla programmazione adeguata dei sistemi che commercializza. La valutazione della società Avitronics effettuata dal DDPS deve fornire una garanzia sufficiente che non renda più necessaria l'esecuzione di test con missili terra-aria obsoleti, ormai quasi dimenticati, che il Servizio informazioni strategico aveva acquistato per caso dieci anni prima.

12

Ricorso a un pilota del CICR per la raccolta di informazioni in Angola

Durante un'indagine effettuata nel 1999, la DCG si era concentrata in particolare su alcune indicazioni secondo le quali il GIS sarebbe ricorso a un collaboratore del Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR) per acquisire informazioni in Angola. Nel corso delle indagini relative al presente rapporto, la DCG ha potuto stabilire che si era trattato di un episodio unico. In seno ai servizi d'informazione tutti erano unanimi nell'affermare che le organizzazioni internazionali di mutua assistenza, in particolare il CICR, e i loro collaboratori non potevano essere considerati dal SIS una fonte d'informazione. Del resto, anche il direttore attuale del SIS ha confermato alla DCG che, secondo la vigente ordinanza sul servizio informazioni, è vietato procurarsi informazioni che rientrano nell'ambito dell'aiuto umanitario e che questa non è l'attività del suo servizio. Tuttavia, ha precisato che il divieto si estende alla ricerca attiva di informazioni, ma non all'offerta spontanea di informazioni. Il «caso dell'Angola», trattato qui di seguito, è l'unico caso di ricerca attiva di informazioni in questo campo del quale si ricorda.

Le indagini più recenti intraprese dalla DCG hanno rivelato che, all'inizio degli anni Ottanta, un funzionario dell'Ufficio federale dell'aviazione civile (UFAC) era stato contattato da un collaboratore del GIS. Inizialmente, si trattava solo di fornire al GIS informazioni pubblicamente accessibili sui fatti importanti per l'aviazione civile. In seguito, il collaboratore del GIS aveva mostrato sempre più interesse per altre informazioni che i piloti delle compagnie aeree comunicavano al funzionario dell'UFAC nella sua funzione specifica.

Nel giugno 1986, il direttore di una compagnia aerea privata che, fra l'altro, lavorava anche per il CICR, aveva invitato il collaboratore dell'UFAC a partecipare a un 2101

trasporto aereo con un velivolo della Croce Rossa da Luanda (Angola) a Zurigo.

Durante tale volo, che era durato cinque giorni, il funzionario dell'UFAC aveva riferito al pilota che il suo Ufficio desiderava sapere in quali condizioni gli aerei immatricolati in Svizzera operassero nelle regioni colpite da crisi e a quali rischi fossero esposti. Al suo rientro in Svizzera, il funzionario dell'UFAC aveva informato il collaboratore del GIS sull'incontro con tale pilota e aveva aggiunto anche che questi, in ragione della sua funzione e delle sue attività in Angola, aveva fatto alcune constatazioni che potevano essere interessanti per il GIS. Di conseguenza, il collaboratore del GIS aveva fatto pervenire un lungo elenco di domande al funzionario dell'UFAC, che il 24 luglio 1986 l'aveva trasmesso al pilota. Le domande vertevano essenzialmente sulle operazioni in corso tra le FAPLA55 e l'UNITA, sull'armamento e il morale delle truppe dell'UNITA, sui rapporti di forza in Angola e sulla situazione politica all'interno dello Zaire.

Il 5 agosto 1986, in Angola, un'addetta alle pulizie trovò l'elenco delle domande e lo consegnò al capo della delegazione locale del CICR che, a sua volta, lo trasmise alla sede principale a Ginevra. Il CICR interruppe immediatamente la collaborazione con la compagnia aerea e informò il DFAE, che avvertì immediatamente il Ministero pubblico della Confederazione di tale episodio. Il 3 settembre 1986, il Ministero pubblico avviò un'inchiesta giudiziaria per presunte attività dei servizi d'informazione contro il collaboratore dell'UFAC ma non contro il collaboratore del GIS. Nel corso del procedimento è stato possibile stabilire anche che, già nel 1984, il funzionario dell'UFAC aveva fatto pervenire al direttore della compagnia aerea che lavorava per il CICR, un elenco di domande allestito dal collaboratore del GIS e concernente la situazione politico-militare in Angola. Tali domande erano tuttavia rimaste senza risposta, poiché il direttore aveva invocato la Convenzione del CICR. Il 2 ottobre 1986, il Ministero pubblico decise il non luogo a procedere poiché la ricerca di informazioni non era avvenuta a favore di uno Stato straniero e quindi non vi era rilevanza penale.

La DCG aveva sentito il funzionario dell'UFAC nel maggio 2001, ossia prima di decidere di riprendere le indagini
concernenti il Sudafrica. In quel momento, la DCG non disponeva ancora del fascicolo del Ministero pubblico della Confederazione, che aveva potuto consultare solo più tardi. Senza poter essere contraddetto, il funzionario aveva dunque sostenuto di aver preso contatto con il pilota britannico di sua iniziativa, nella sua veste di funzionario dell'UFAC e non su ordine del Servizio informazioni strategico: «Non ho mai ricevuto tale incarico. [...] Non avevo un ufficiale che mi dava istruzioni» (traduzione).

Le indagini della DCG hanno dimostrato in modo evidente il contrario. Per motivi incomprensibili, il funzionario dell'UFAC aveva trasmesso per anni informazioni che rientravano nell'ambito dell'aviazione civile a un collaboratore del GIS e, almeno a due riprese, era stato incaricato dal GIS di procurarsi informazioni. In particolare, l'elenco di domande trasmesso al pilota della compagnia aerea che lavorava per il CICR era stato redatto da un collaboratore del GIS. A tale proposito, occorre notare che quanto meno il capo della sezione valutazione era al corrente di tale operazione.

Una volta ancora è risultato che il Servizio informazioni strategico non era affatto propenso a informare la DCG, di sua iniziativa, in merito agli episodi di particolare importanza (cfr. in proposito anche il n. 8.2). Nel 1999, nel corso delle indagini 55

Forças Armadas Populares de Libertação de Angola (organizzazione armata del MPLA).

2102

effettuate presso il Gr info, in particolare dopo che un aereo del CICR era stato abbattuto in Angola, la DCG aveva cercato di sapere se il pilota britannico dell'aereo abbattuto fosse membro del Servizio informazioni strategico o perlomeno vi collaborasse. Peter Regli si era riferito allora al rapporto della Commissione federale sugli infortuni aeronautici e aveva informato la DCG che l'aereo era stato abbattuto il 14 ottobre 1987 in Angola. Aveva pure precisato che non vi era alcun nesso tra questo affare e il SIS: «La teoria del pilota-agente è assurda e insostenibile.

Bisognerebbe fornire maggiori ragguagli e prove» (traduzione).

Occorre sottolineare che l'aereo del CICR abbattuto in Angola nel 1987 non aveva alcun legame diretto con gli episodi trattati nel presente capitolo. Tuttavia, già all'epoca si diceva che il GIS avesse assunto un pilota britannico che lavorava per il CICR per ottenere informazioni sull'Angola. Inoltre, era evidente che vi fosse un legame stretto tra le due vicende poiché, più tardi, il pilota britannico perse effettivamente la vita quando il suo aereo fu abbattuto in Angola. In un caso simile, sarebbe spettato al Gr info informare l'organo parlamentare di vigilanza in merito a tali circostanze invece, semplicemente, di tacerle. Per procurarsi queste informazioni, la DCG aveva dovuto dunque rivolgersi al CICR, al DFAE e all'Archivio federale.

Per motivi di chiarezza, la DCG tiene a precisare che il biasimo per l'atteggiamento dissimulatore tenuto nei confronti dell'alta vigilanza parlamentare è rivolto al servizio informazioni nel suo insieme e non al solo Peter Regli. È vero che questi era SCSM al momento dei fatti, tuttavia va ricordato che l'episodio stesso aveva avuto luogo quando era ancora in funzione il suo predecessore e Peter Regli non ne era a conoscenza. In compenso, il capo della sezione valutazione, allora in carica, che in seguito è diventato capo della Divisione SIS, era sicuramente al corrente del fatto che il GIS si fosse rivolto a un pilota del CICR per ottenere informazioni.

Benché l'episodio del pilota britannico della compagnia aerea privata al servizio del CICR avesse notevolmente nuociuto all'immagine del Comitato internazionale della Croce Rossa, la DCG ha deciso di ritornare su una vicenda che risale a quasi vent'anni fa. Solo con la
trasparenza si può riuscire a convincere l'opinione pubblica del fatto che il reclutamento di un pilota al servizio del CICR a scopo di informazione ha costituito un episodio unico e che, in tutti gli altri casi, il SIS ha sempre rispettato il principio della neutralità delle organizzazioni internazionali umanitarie.

Secondo l'ordinanza del 4 dicembre 2000 sul servizio informazioni attualmente in vigore, i servizi dell'Amministrazione federale possono trasmettere al Servizio informazioni strategico le informazioni che rientrano nell'ambito della politica di sicurezza concernente l'estero solo se «non provengono da servizi che si occupano di aiuto umanitario o di aiuto all'estero.» Di conseguenza, le organizzazioni di aiuto umanitario o di aiuto all'estero non sono considerate dal SIS, in alcun caso, una fonte d'informazione.

2103

13

Conclusioni e raccomandazioni

Le recenti indagini della DCG hanno fornito molti elementi nuovi riguardo ai contatti del Servizio informazioni strategico con il Sudafrica durante il regime dell'apartheid. Le conclusioni a cui la DCG giungeva nel suo rapporto del novembre 1999 erano dunque pertinenti.

Al termine dei suoi lavori, la DCG esprime la valutazione finale seguente:

13.1

Strumenti della DCG per la vigilanza dei servizi d'informazione

Dal presente rapporto si evince che la DCG, con il suo diritto di raccogliere informazioni, può garantire una vigilanza adeguata dei servizi d'informazione. Nel caso delle relazioni con il Sudafrica, la DCG ha svolto un'analisi meticolosa di tutti i documenti (ancora) disponibili in Svizzera e ha sentito tutte le persone interessate dei servizi d'informazione che erano in carica al momento dei fatti. È dunque superfluo svolgere ulteriori indagini sul ruolo del Servizio informazioni strategico in Sudafrica e si può rinunciare all'istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta. Infatti, una CPI incontrerebbe gli stessi problemi per chiarire i fatti che la DCG non è riuscita a ricostruire con la precisione auspicata.

Va precisato che l'indagine della DCG è stata notevolmente ostacolata dall'inchiesta amministrativa ordinata dal capo del DDPS ed effettuata, in gran parte, contemporaneamente alle indagini su cui si fonda il presente rapporto. Sarebbe opportuno che la legge sul Parlamento consentisse in futuro alla DCG di impedire o di interrompere le inchieste amministrative e disciplinari concernenti vicende o persone oggetto delle sue indagini. Attualmente, soltanto le commissioni parlamentari d'inchiesta dispongono di tale competenza56.

13.2

Direzione politica e definizione della necessità di raccogliere informazioni

Nel corso delle sue indagini, la DCG ha potuto accertare a più riprese che l'informazione soffre della mancanza quasi totale di direzione e controllo politici, almeno per quanto riguarda il periodo esaminato. Non vi era un mandato di prestazioni chiaro e nemmeno era stata definita la necessità di informazione della direzione politica, per tale motivo il GIS e in seguito il Gr info erano stati liberi di definire i punti salienti delle loro attività e di procurarsi le informazioni che ritenevano importanti o opportune (cfr. n. 4.3.2).

La DCG è favorevole alle riforme intraprese dal dipartimento a partire dalla pubblicazione del suo precedente rapporto nel 1999. Poiché non sono ancora concluse, rinuncia a emanare altre raccomandazioni in merito.

56

Cfr. art. 65 cpv. 3 LRC e art. 171 cpv. 3 LParl.

2104

13.3

Supremazia della politica

Il fatto che, durante i suoi contatti con il Sudafrica ­ e in particolare con l'UNITA ­ il SIS non solo non abbia tenuto conto dei principi della politica estera svizzera, ma talvolta vi abbia consapevolmente derogato è risultato particolarmente grave. I contatti hanno avuto luogo senza consultare il DFAE e i suoi interventi sono stati intenzionalmente disattesi (cfr. n. 6.3). Tuttavia, è opportuno rilevare che né il DDPS né il DFAE sono intervenuti con sufficiente insistenza per appianare le divergenze di valutazione sul ruolo dell'informazione e giungere, con l'aiuto del Consiglio federale, a un orientamento coerente di tutti i contatti della Svizzera con l'estero.

I contatti che il SIS, di sua iniziativa, ha avuto con il Sudafrica e, in particolare, con il movimento ribelle dell'UNITA costituiscono una violazione flagrante della politica estera e di neutralità della Svizzera. A dispetto dei diversi embargo sulle armi e nonostante la condanna del regime dell'apartheid da parte della comunità internazionale, il Servizio informazioni strategico ha scambiato per anni con il Sudafrica numerose informazioni concernenti l'ambito miliare e l'armamento.

Malgrado tutta la comprensione per le particolari esigenze del SIS, è indispensabile tenere conto sempre del fatto che l'informazione rientra nell'insieme dei compiti dello Stato. In tal senso, un servizio informazioni non può essere autonomo ma deve mantenere il posto che gli è assegnato nella struttura globale. In presenza di conflitti di obiettivi, le autorità politiche competenti devono ponderare i vari interessi. È inaccettabile che i servizi d'informazione antepongano i propri interessi a breve termine rispetto a quelli dello Stato e perseguano i propri obiettivi particolari senza tener conto delle conseguenze politiche che possono scaturirne.

La DCG rileva che, grazie alla nuova ordinanza del 4 dicembre 2000 sul servizio informazioni, entrata in vigore in seguito al suo rapporto del novembre 1999, l'avvio di contatti regolari con l'estero necessita ora del consenso del Consiglio federale (art. 6 cpv. 1 OSINF). Auspica inoltre che la revisione della legge federale sull'esercito e sull'amministrazione militare (cfr. n. 4.2), decisa dal Parlamento, abbia un effetto duraturo grazie alla subordinazione diretta del SIS al capo del DDPS (art. 99 cpv. 5
LM). Queste due misure lasciano sperare che l'informazione terrà conto maggiormente della politica e, in particolare, della politica estera della Svizzera.

Spetterà soprattutto al capo del DDPS adottare le disposizioni necessarie al fine di garantire che il servizio informazioni rispetti il principio della supremazia della politica.

13.4

Controllo dell'efficienza e della qualità

È assodato che l'informazione militare sudafricana fosse uno dei partner più importanti del GIS e in seguito del Gr info nel corso di questi ultimi 20 anni. Consultando l'elenco tutti i documenti dei servizi d'informazione, la DCG non ha tuttavia trovato in pratica indicazioni che facciano pensare che, grazie alle relazioni con il Sudafrica, sia stato possibile ottenere informazioni interessanti per la politica di sicurezza della Svizzera. Evidentemente, la direzione del dipartimento non si è nemmeno chiesta se tali contatti fossero veramente utili (cfr. n. 6.8).

2105

La DCG ritiene dunque estremamente urgente effettuare, in generale, un'analisi costi-benefici dell'attività del servizio informazioni. Pertanto esorta il Consiglio federale ad adottare le disposizioni necessarie per valutare il plusvalore apportato dai servizi d'informazione nell'ambito della sicurezza dello Stato e giudicare in tal modo l'efficienza di tali servizi.

13.5

Prescrizioni relative al mantenimento del segreto

La DCG ha accertato in più di un'occasione che numerosi documenti dei servizi d'informazione sono classificati come segreti anche se non vi sono motivi che lo giustifichino. Reputa che il mantenimento del segreto in maniera esagerata abbia il solo scopo di eludere qualsiasi discussione pubblica sulle attività, l'efficienza e la direzione politica dei servizi d'informazione (cfr. n. 4.3.7).

La DCG ritiene che soltanto le informazioni per le quali vi sia un interesse concreto a mantenere il segreto possano beneficiare di tale protezione. Occorre inoltre sottolineare che, anche se può sembrare importante mantenere il segreto per alcune informazioni recenti, col tempo tale interesse si affievolisce e può persino venire a cadere completamente se la situazione politica o militare evolve o se mutano le minacce che incombono sul nostro Paese. La DCG esorta dunque il Consiglio federale a esaminare la pratica dei servizi d'informazione in materia di mantenimento del segreto e, all'occorrenza, ad adeguare le disposizioni relative alla situazione politica attuale.

13.6

Gestione e archivio dei fascicoli

Nell'ambito dei suoi lavori, la DCG si è resa conto del fatto che l'assenza di documentazione in merito alle attività dei servizi d'informazione e, più in particolare, la distruzione di documenti su vasta scala hanno intralciato e persino ostacolato lo svolgimento di un controllo efficace (cfr. n. 4.3.7).

Gli interessi giustificati in materia di mantenimento del segreto non devono tuttavia dispensare i servizi d'informazione dall'obbligo di documentarne adeguatamente le sue attività. L'esistenza di tale documentazione è anche una condizione per gli ulteriori controlli da parte del dipartimento o dell'autorità incaricata della vigilanza parlamentare.

La DCG esorta il Consiglio federale a emanare, nell'ambito della prossima revisione dell'OSINF, prescrizioni in materia di gestione dei fascicoli dei servizi d'informazione e a sorvegliare l'applicazione della legge sull'archiviazione in questo ambito particolare dell'attività dello Stato. Poiché con la recente revisione della legge federale sull'esercito e sull'amministrazione militare è stata istituita una base legale per la protezione delle fonti (cfr. n. 4.2), è indispensabile disciplinarne tutti gli aspetti mediante ordinanza. Il Consiglio federale potrà basarsi sui lavori preliminari della direzione del SIS e dell'Archivio federale.

2106

13.7

Collaborazione con le fonti e gli informatori

Dagli accertamenti della DCG è risultato che i rapporti stretti tra Peter Regli e Jürg Jacomet, ex commilitoni, hanno avuto conseguenze estremamente pregiudizievoli per il Servizio informazioni strategico. Sebbene Jürg Jacomet non sia mai stato membro del GIS o del Gr info, si è spesso spacciato per tale. La sua vicinanza a Peter Regli ha dato maggior credibilità alle sue affermazioni (cfr. n. 9).

La DCG non si spiega per quale motivo Peter Regli non abbia tenuto conto dei segnali di avvertimento ricevuti, pertanto molto chiari, né abbia ascoltato i suoi collaboratori più stretti. Ha continuato a fidarsi ciecamente di Jürg Jacomet, che approfittava senza ritegno di lui.

La DCG ritiene che, per evitare il ripetersi di tale situazione, sia indispensabile stabilire principi chiari e omogenei in base ai quali scegliere gli informatori dei servizi d'informazione, fissare le modalità relative alle istruzioni impartite e alla remunerazione nonché i relativi meccanismi di controllo. Tali principi devono essere applicati a tutti i servizi d'informazione della Confederazione e non solo a quelli del DDPS.

13.8

Progetto «Coast»

Le indagini della DCG sono state riprese poiché il SIS o altri servizi del DDPS erano stati accusati di aver sostenuto il progetto segreto del Sudafrica volto a sviluppare armi di guerra offensive biologiche e chimiche o di avervi per lo meno partecipato.

La DCG si è dunque impegnata per far luce su questa grave accusa (cfr. n. 10).

Gli accertamenti approfonditi hanno confermato essenzialmente gli accertamenti fatti dalla DCG nel suo rapporto del novembre 1999. La DCG non ha trovato alcuna indicazione che faccia supporre che il SIS, l'Aggruppamento dell'armamento o i loro collaboratori, in particolare Peter Regli, potessero essere coinvolti nel progetto «Coast».

13.9

Partecipazione dell'Amministrazione all'indagine della DCG

Nel corso delle sue indagini, la DCG ha dovuto constatare a più riprese che alcune persone o alcuni servizi l'hanno informata di malincuore e sempre e solo in modo incompleto. Le risposte date erano talvolta incompiute (cfr. in particolare n. 4.3.3.4) o lacunose (cfr. n. 8.2); in un caso, le persone sentite hanno persino mentito (cfr.

n. 12).

In particolare, è risultato che, nel corso del periodo durante il quale era responsabile del GIS e in seguito del Gr info, Peter Regli non aveva mai informato spontaneamente l'autorità di vigilanza parlamentare sugli eventi che potevano presentare difficoltà (cfr. in particolare n. 11.1.2) e li aveva persino taciuti (cfr. n. 12). La DCG è convinta che la presente inchiesta non sarebbe stata necessaria, o per lo meno che sarebbe stata sufficiente un'inchiesta di dimensioni più ridotte se, al momento delle

2107

indagini effettuate nel 1999, il Gr info e Peter Regli in particolare avessero informato la DCG in modo trasparente e completo.

L'alta vigilanza parlamentare esercitata sui servizi d'informazione è una funzione importante. Non solo garantisce un'esecuzione corretta dei compiti in uno dei settori più delicati della conduzione politica, ma contribuisce anche in maniera decisiva all'accettazione politica di tale attività. La DCG non può dunque tollerare che l'Amministrazione manifesti sfiducia nei suoi confronti od ostacoli l'esercizio dell'alta vigilanza.

14

Seguito della procedura

La Delegazione delle commissioni della gestione invita il Consiglio federale a comunicare il suo parere sul presente rapporto e sulle raccomandazioni in esso contenute entro la fine del 2003.

18 agosto 2003

In nome della Delegazione delle commissioni della gestione: Il presidente, Alexander Tschäppät, consigliere nazionale Il segretario, Philippe Schwab

Le commissioni della gestione hanno preso atto del presente rapporto il 25 agosto 2003 e ne hanno approvato la pubblicazione.

25 agosto 2003

A nome delle commissioni della gestione: Il presidente delle commissioni della gestione del Consiglio degli Stati: Michel Béguelin, consigliere agli Stati La presidente della Commissione della gestione del Consiglio nazionale: Brigitta M. Gadient, consigliera nazionale

2108

Elenco delle abbreviazioni ADA ANC art.

ASMG cdt cfr.

CH CICR CIMM Cost.

CPI cpv.

CSMG DAMF DCG DDPS

Aggruppamento dell'armamento African National Congress articolo Aggruppamento dello Stato maggiore generale; ora Stato maggiore generale comandante confronta Svizzera Comitato internazionale della Croce Rossa Comitato internazionale di Medicina Militare Costituzione federale della Confederazione Svizzera (RS 101) Commissione parlamentare d'inchiesta capoverso Capo dello Stato maggiore generale Direzione dell'amministrazione militare federale Delegazione delle Commissioni della gestione Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport DFAE Dipartimento federale degli affari esteri DFE Dipartimento federale dell'economia DFF Dipartimento federale delle finanze DFGP Dipartimento federale di giustizia e polizia div divisionario DMF Dipartimento militare federale; ora DDPS FAPLA Forças Armadas Populares de Libertação de Angola (organizzazione armata del MPLA) FF Foglio federale GAAC Giurisprudenza delle autorità amministrative della Confederazione GIS Gruppo informazioni e sicurezza; ora Direzione SIS gr gruppo Gr info Gruppo servizio informazioni dello Stato maggiore generale; ora Direzione SIS LAr Legge federale sull'archiviazione (Legge sull'archiviazione; RS 152.1) lett.

lettera LF Legge federale LM Legge federale del 3 febbraio 1995 sull'esercito e sull'amministrazione militare (Legge militare; RS 510.10) LParl Legge sul Parlamento LRC Legge federale del 23 marzo 1962 concernente la procedura dell'Assemblea federale e la forma, la pubblicazione, l'entrata in vigore dei suoi atti (Legge sui rapporti fra i Consigli; RS 171.11) med capo Es medico in capo dell'esercito MID Military Intelligence Division (servizio d'informazioni militare sudafricano) MPC Ministero pubblico della Confederazione MPLA Movimento Popular da Libertação de Angola (movimento popolare di liberazione dell'Angola) n.

numero O ordinanza 2109

op. cit.

OSINF P.R.

pag.

PF PM POSED RENAMO RS RSA RU RUAG SA SADF SAP SCSM SG SIADCA SIFA SIM SIS SISA SISV SWAPO TCR UFAC UFG UFP UNITA W.B.

2110

opera citata Ordinanza del 4 dicembre 2000 sul servizio informazioni del Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport (Ordinanza sul servizio informazioni; RS 510.291) Peter Regli pagina Polizia federale; ora SAP Polizia militare settore della Politica di sicurezza e di difesa del DDPS Resistência Nacional de Moçambique (movimento di resistenza nazionale del Mozambico) Raccolta sistematica del diritto federale Republic of South Africa Raccolta ufficiale delle leggi federali Holding delle imprese d'armamento della Confederazione Sudafrica South African Defence Forces (forze armate sudafricane) Servizio di analisi e prevenzione; prima Polizia federale sottocapo di Stato maggiore Segreteria generale Servizio informazioni delle truppe d'aviazione e di difesa contraerea; ora SIFA Servizio informazioni delle Forze aeree; prima SIADCA Servizio informazioni militare Servizio informazioni strategico Sezione Acquisizione del SIS Sezione Valutazione del SIS South West Africa People's Organization (prima movimento di liberazione, dal 1990 partito di governo in Namibia) Truth & Reconciliation Commission Ufficio federale dell'aviazione civile Ufficio federale di giustizia Ufficio federale di polizia União Nacional para a Indêpência Total de Angola (movimento popolare di liberazione dell'Angola) Wouter Basson

Allegato 1

Elenco delle persone sentite (funzione da esse svolta al momento dell'audizione) La DCG ha effettuato 22 giorni di audizione. Ha sentito, talvolta a più riprese, le persone seguenti: 1.

Ackermann Anton, Procuratore pubblico nel processo contro Wouter Basson, direttore supplente del Ministero pubblico sudafricano per la regione del Transvaal, Pretoria, Sudafrica

2.

Antonietti Francis, colonnello dello stato maggiore generale, addetto svizzero alla difesa a Roma, già capo della Sezione informazioni dell'aviazione e della difesa contraerea (1989-1994), DDPS

3.

Brunner Edouard, ex segretario di Stato, DFAE

4.

Burkhardt Philipp, giornalista

5.

Ceppi Jean-Philippe, giornalista

6.

de Watteville Jacques, capo della Divisione politica V ­ affari economici e finanziari, DFAE

7.

Eichenberger Peter, ex divisionario, ex sottocapo di stato maggiore della sanità ed ex medico in capo dell'Esercito (1989-2001), DDPS

8.

Ernst Hans-Ulrich, ex direttore dell'Amministrazione militare federale/ segretario generale del Dipartimento militare federale (1979-1996), DDPS

9.

Garbely Frank, giornalista

10. Gut Juan Felix, segretario generale, DDPS 11. Kohli Ulrich, avvocato 12. Leitner Markus, caposezione aggiunto, Divisione politica V ­ affari economici e finanziari, DFAE 13. Lezzi Bruno, giornalista 14. Liener Arthur, ex comandante di corpo, ex capo dello Stato maggiore generale, DDPS 15. Mader Luzius, professore, vice-direttore, capo della Divisione principale del diritto pubblico, Ufficio federale di giustizia, DFGP 16. Maurer Alfred, capo del personale e delle finanze, Servizio informazioni strategico, DDPS 17. Michel Nicolas, direttore, Direzione del diritto internazionale pubblico, DFAE 18. Petitpierre Mario, ex divisionario, ex sottocapo di stato maggiore informazioni e sicurezza (1981-1988), DDPS 19. Pitteloud Jacques, coordinatore dell'informazione, Ufficio per l'analisi della situazione e la detezione tempestiva, DDPS

2111

20. Rapp Dominik (), già collaboratore di Jürg Jacomet 21. Regli Peter, ex divisionario, ex sottocapo di stato maggiore informazioni (1991-2000), ex sostituto sottocapo di stato maggiore informazioni (1989­ 1991), ex capo della Sezione informazioni dell'aviazione e della difesa contraerea (1981-1988), DDPS 22. Ringgenberg Albrecht, capo del Protocollo militare, Stato maggiore generale, DDPS 23. Rüegg Alfred, ex capo della Divisione politica II ed ex direttore supplente della Direzione politica (1985-1989), DFAE 24. Schmid Samuel, consigliere federale, capo del DDPS 25. Schreier Fred, ex capo della Divisione Servizio di informazione strategico (1990-1999), ex capo della Sezione valutazione (1978-1989), gruppo servizi informazioni, DDPS 26. Schweizer Rainer J., professore, incaricato d'inchiesta del DDPS 27. Sigg Oswald, capo dell'informazione del DDPS 28. Stadler Hansjörg, procuratore aggiunto della Confederazione, Ministero pubblico della Confederazione, DFGP 29. Stoll Martin, giornalista 30. Stuber Peter, relatore per compiti speciali, DDPS 31. Trösch Andreas, avvocato, Divisione principale del diritto pubblico, Ufficio federale di giustizia, DFGP 32. Vanoni Bruno, giornalista 33. Vez Jean-Luc, direttore, Ufficio federale di polizia, DFGP 34. Vogel Rudolf, caposezione aggiunto, Ufficio federale dei sistemi d'arma e delle munizioni, DDPS 35. von Daeniken Franz, segretario di Stato, DFAE 36. von Weissenfluh Hans, gruppo della pianificazione, ex collaboratore scientifico della Sezione informazioni dell' aviazione e della difesa contraerea (1983-1997), DDPS 37. Wegmüller Hans, direttore, Servizio informazioni strategico, ex capo della Sezione acquisti (1987-1993), gruppo delle informazioni, DDPS 38. Wicki Toni J., delegato del consiglio d'amministrazione della RUAG SA, ex capo dell'armamento (1991-2000), DDPS Inoltre, la delegazione ha sentito tre segretari del DDPS e cinque collaboratori scientifici del SIS e del aggruppamento dell'armamento. Alcune di queste persone non lavorano più per la Confederazione.

2112

Allegato 2

Elenco dei documenti consultati Nell'ambito delle sue indagini, la DCG ha consultato un grande numero di documenti di diversi servizi della Confederazione. Tra questi documenti, vanno citati i seguenti.

Documenti dell'Archivio federale ­

E 5564 Gruppo informazioni e sicurezza dello Stato maggiore generale: fascicoli personali di Peter Regli

­

AZ 004 Collaborazione con Stati esteri, 1985, E 5150 (C) 1998/108, volume 2

­

AZ 0321.04 Colonnello Coetzee Philippus, Sudafrica, 1987, E 5001 (G) 1998/265, volume 13

­

AZ 322/119 Invio e visite all'estero: Sudafrica, 1986-1987, E 5560 (D) 1997/160, volume 168

­

AZ 6480.001-122 Invio di ufficiali all'estero. Casi individuali, 1984, E 5001 (G) 1995/153, volumi 80-82

­

AZ 6480.001-161 Invio di ufficiali all'estero. Casi individuali, 1987, E 5001 (G) 1998/265, volumi 73-76

­

AZ 6480.001-6480.127 Invio di ufficiali all'estero. Casi individuali, 1985, E 5001 (G) 1996/367, volumi 74-77

­

AZ 6480.001-6480.143 Invio di ufficiali all'estero. Casi individuali, 1986, E 5001 (G) 1996/368, volumi 83-86

­

AZ 6480.001-6480.48 Invio di ufficiali all'estero. Casi individuali, 1988, E 5001 (G) 1998/266, volumi 77-78

­

AZ 6480.001-6480.52 Invio di ufficiali all'estero. Casi individuali, 1989, E 5001 (G) 1998/267, volumi 65-66

­

AZ 6481.03 Ufficiali provenienti dal Sudafrica, 1982, E 5001 (G) 1994/118, volume 65

­

AZ 6481.11 Visita di due colonnelli sudafricani, 1987, E 5011 (G) 1998/265, volume 77

­

Archivio del consolato generale svizzero a Windhoek (Namibia) del periodo 1989-1992

­

E 5001 (G) 1982/12, 1982/121, AZ 793.30

­

E 5001 (G) 1982/12, AZ 793.10 e AZ 793.21

­

E 5001 (G) 1992/71, AZ 79.01, AZ 79.10 e AZ 793.03

­

E 5560 (D) 1996/188, AZ 137.1

­

E 5001 (G) 1996/367, AZ 79.1, AZ 79.2 e AZ 793.3

­

E 5001 (G) 1996/368, AZ 79.4, AZ 793.02 e AZ 793.06 2113

­

E 5001 (G) 1998/266, AZ 6481.07

­

E 5001 (G) 1998/267, AZ 793.06

­

E 5560 (D) 1997/160, volume 186

­

E 2010 (A) 1996/397, volume 119

Documenti del DDPS ­

Tutti i verbali ancora esistenti delle sedute di direzione del DDPS riferentesi al Sudafrica

­

Tutti i verbali ancora esistenti che riferiscono delle attività del GIS, del Gr info e della SIADCA in relazione al Sudafrica e all'Angola (verbali degli incontri tra i capi dei servizi informazioni e verbali degli incontri tra specialisti delle informazioni)

­

Tutti i verbali ancora esistenti della sezione del Protocollo militare sulle visite di militari svizzeri in Sudafrica o di militari sudafricani in Svizzera (un elenco dettagliato esiste soltanto a partire dal 1994; i documenti riguardanti il Sudafrica sono disponibili soltanto a partire dal 1996; le visite effettuate sotto copertura dei servizi informazioni non sono elencate)

­

Tutti i documenti ancora esistenti sulla corrispondenza scambiata tra il DDPS e gli addetti alla difesa sudafricani accreditati in Svizzera

­

Conteggio delle spese e documentazione contabile del GIS e del Gr info (i documenti contabili sono disponibili a partire dal 1985, i conteggi individuali soltanto a partire dal 1996)

­

Lista d'inventario del SIS sull'insieme dei documenti archiviati ancora disponibili

­

Tutti i documenti ancora esistenti concernenti l'accordo concluso nel 1983 tra la Svizzera e la Repubblica del Sudafrica sulla protezione reciproca delle informazioni classificate

­

Tutti i documenti concernenti l'acquisto dei due missili SA-18

Documenti del Ministero pubblico della Confederazione ­

Documenti sulla procedura d'inchiesta nei confronti di A. B.

­

Documenti della procedura d'inchiesta del Ministero pubblico del distretto di Zurigo contro Wouter Basson (1993 e 1994)

­

Documenti della procedura d'inchiesta del Ministero pubblico del distretto di Pfäffikon (Cantone di Zurigo) in relazione con il ritrovamento di uranio a Kemptthal (1993 e 1994)

­

Documenti concernenti l'assistenza giudiziaria accordata dal la Svizzera al Sudafrica nel quadro del processo contro Wouter Basson (1997)

­

Verbali delle audizioni del Ministero pubblico della Confederazione e della Polizia giudiziaria federale nell'inchiesta giudiziaria aperta in Svizzera contro ignoti per esportazione e transito di merci strategiche (compresi i documenti sui vari esami effettuati)

2114

­

Verbali delle audizioni effettuate dal Ministero pubblico della Confederazione in Sudafrica nel marzo 2002 in seguito a una domanda d'assistenza giudiziaria: ­ generale D. P. Niel Knobel (incorporato nel servizio sanitario dal 1981; generale della sanità dal 1988 al 1995 e capo del progetto «Coast»; in pensione dal 1997); ­ generale Lothar Neethling (dal 1971 al 1985 capo del laboratorio di polizia scientifica sudafricano; dal 1985 al 1992 capo del dipartimento di polizia scientifica della polizia sudafricana; in pensione dal 1992); ­ generale Dirk Verbeek (dal 1988 al 1994 supplente del generale C. P.

Van der Westhuizen; dal 1994 al 1998 capo di stato maggiore del servizio informazioni delle forze armate sudafricane; in pensione dal 1998); ­ generale C. P. Van der Westhuizen (dal 1991 al 1994 capo di stato maggiore informazioni delle forze armate sudafricane; in pensione dal 1994); ­ T. J. R. Viljoen (direttore di Infladel; dal 1988 al 1990 direttore finanziario di Roodeplaat; in seguito lavora nel gruppo di imprese Wisdom).

Documenti del Servizio d'analisi e prevenzione dell'Ufficio federale di polizia ­

Diversi documenti

Documenti del DFAE ­

Diversi documenti scelti relativi al Sudafrica

Documenti provenienti dal Sudafrica ­

Atto d'accusa e sentenza del processo contro Wouter Basson

­

Documenti trasmessi dal ministero pubblico sudafricano relativi al processo contro Wouter Basson (gran parte dei documenti riguardano le transazioni finanziarie di Wouter Basson e le sue attività in seno a Medchem SA)

­

Rapporto della Commissione per la Verità e la Riconciliazione

Documenti di privati ­

Diversi documenti

Documenti della Delegazione delle commissioni della gestione delle Camere federali ­

Documenti e verbali dell'inchiesta svolta nel 1999

2115

Allegato 3

Elenco dei rapporti sui quali la DCG si è basata o di cui ha chiesto la comunicazione Per i suoi lavori, la DCG si è basata sui rapporti ufficiali seguenti: ­

rapporto del capo dello Stato maggiore generale «Collaborazione dei servizi di informazione con i servizi stranieri », settembre 1991 (esiste solo in tedesco)

­

rapporto del professor A. Heyndrickx sugli esami svolti presso sulle vittime di attacchi chimici in Angola, marzo 1988 (esiste solo in inglese con allegati in portoghese e in francese)

­

rapporto del gruppo di lavoro interdipartimentale Svizzera/Sudafrica «Le relazioni tra la Svizzera e il Sudafrica», luglio 1999

­

rapporto del Servizio informazioni strategico del Gruppo informazioni «Sulla collaborazione con i servizi d'informazione stranieri », giugno 1999 (esiste solo in tedesco)

­

rapporto del Servizio informazioni strategico del Gruppo informazioni «Sulle relazioni con il Sudafrica in materia di servizi d'informazione», giugno 1999 (esiste solo in tedesco)

­

rapporto del Servizio storico del DFAE «Svizzera ­ Sudafrica, raccolta degli interventi parlamentari (1948-2000)», ottobre 2000

­

rapporto del Servizio storico del DFAE e dell'Archivio federale svizzero «Svizzera-Sudafrica (1948-1994), fondi d'archivio e interventi parlamentari», 2000

­

rapporto del segretario generale del DDPS «Inchiesta preliminare nel DDPS: Svizzera-Sudafrica, contatti dei servizi informazioni, archiviazione e distruzione di documenti», ottobre 2001 (esiste solo in tedesco)

­

rapporto del sottocapo di stato maggiore della sanità e medico in capo dell'esercito «Contatti di medici militari svizzeri con i loro omologhi del Sudafrica», marzo 2002 (esiste solo in tedesco)

­

bollettino del Programma nazionale di ricerca PNR 42+ «Le relazioni tra la Svizzera e il Sudafrica», ottobre 2002

­

rapporto finale dell'inchiesta amministrativa nell'affare «Servizio informazioni /Sudafrica», dicembre 2002

La DCG ha inoltre chiesto la comunicazione dei documenti seguenti: ­

elenco stilato dal Servizio informazioni strategico «Contatti con il Sudafrica; conteggi delle spese a carico del budget del GIS, del Gr info e del SIS», aprile 2002 (esiste solo in tedesco)

­

elenco stilato dal Servizio informazioni strategico «Contatti dei servizi informazioni con il Sudafrica », ottobre 2002 (esiste solo in tedesco)

2116

­

rapporto della Biblioteca militare federale «Aspetti dei contatti in materia militare e di informazioni tra il Sudafrica e gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, Israele, l'Argentina, il Portogallo, l'Unione sovietica, Cuba, il Belgio e la Francia ai tempi del l'apartheid», novembre 2002 (esiste solo in tedesco)

­

rapporto della Biblioteca militare federale «Aspetti dei contatti tra taluni Paesi occidentali e il Sudafrica in materia di armamenti: modalità di elusione dell'embargo delle Nazioni Unite sulla fornitura di materiale militare ai tempi del l'apartheid», dicembre 2002

­

rapporto del Servizio storico del DFAE «Pratica seguita dal DFAE in materia di accesso ai suoi fascicoli relativi alle relazioni tra la Svizzera e il Sudafrica», gennaio 2003

­

rapporto della Biblioteca militare federale «Collaborazione del Sudafrica con altri Paesi in materia di armamenti, presentato sulla scorta di alcuni importanti programmi d'armamento », febbraio 2003 (esiste solo in tedesco)

2117

Allegato 4

Ordinanza sul servizio informazioni del Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport (Ordinanza sul servizio informazioni, OSINF)

Art. 1

Definizione del servizio informazioni

Il Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport (DDPS) comprende: a.

il Servizio informazioni strategico (SIS);

b.

il Servizio informazioni militare (SIM);

c.

il Servizio informazioni delle Forze aeree (SIFA).

Art. 2

Servizio informazioni strategico

Il SIS assicura in permanenza il servizio informazioni concernente l'estero. In stretta collaborazione con altri organi federali, raccoglie, per la direzione politica e militare, le informazioni rilevanti per la sicurezza della Confederazione, le valuta e le diffonde.

Art. 3 1

Servizio informazioni militare

Il SIM assicura il servizio informazioni a livello operativo e tattico.

Le attività del SIM sono svolte in stretta collaborazione con il SIS e gli organi della Confederazione e dei Cantoni, all'attenzione del comando dell'esercito, della truppa e delle autorità responsabili.

2

In occasione di impieghi dell'esercito all'estero, il SIM assicura, d'intesa con il SIS, il servizio informazioni concernente il settore d'impiego.

3

Art. 4

Servizio informazioni delle Forze aeree

Il SIFA assicura il servizio informazioni operativo-tattico e tecnico per l'impiego delle Forze aeree. Inoltre, raccoglie, nel settore di interesse per l'esercito, le informazioni necessarie all'adempimento dei compiti dell'esercito, le valuta e le trasmette al SIM.

Art. 5

Collaborazione con organi civili in Svizzera

Per gli impieghi dell'esercito, il capo dello Stato maggiore generale disciplina, caso per caso, le modalità della collaborazione tra gli organi del servizio informazioni dell'esercito e le autorità civili; egli stabilisce i limiti di tale collaborazione, segna2118

tamente per quanto concerne i dati personali, compresi quelli degni di particolare protezione, e i profili della personalità.

Art. 6

Collaborazione con i servizi esteri

L'avvio di contatti regolari con l'estero necessita del consenso del Consiglio federale.

1

Il SIS assicura i collegamenti necessari con i servizi esteri. Esso può scambiare informazioni, sempreché ciò sia necessario nell'interesse della sicurezza della Confederazione o sia imposto dalla legge o da un trattato internazionale.

2

3

I contatti del SIM con i servizi esteri avvengono per il tramite del SIS.

I contatti del SIFA con l'estero si limitano a discussioni tecniche con i servizi analoghi di medesimo livello.

4

Art. 7

Obbligo di informare

I servizi dell'amministrazione federale trasmettono al SIS le informazioni importanti in materia di politica di sicurezza concernenti l'estero, nella misura in cui:

1

a.

le informazioni sono importanti per la sicurezza della Confederazione, per la situazione in materia di sicurezza nel contesto strategico o per gli interessi della Svizzera all'estero;

b.

la trasmissione è compatibile con la legge e i trattati internazionali; e

c.

le informazioni non provengono dalle attività di organi dell'ambito dell'aiuto umanitario o dell'aiuto all'estero.

I servizi della Confederazione e dei Cantoni comunicano al SIM qualsiasi informazione relativa alla minaccia e all'ambiente proveniente dal settore di interesse per l'esercito tale da poter condurre a un impiego dell'esercito o da poter influire su un simile impiego.

2

Art. 8

Trattamento dei dati personali

Il SIS può trattare i dati personali, compresi quelli degni di particolare protezione, e i profili della personalità: 1

a.

per proteggere i suoi collaboratori, impianti, oggetti o fonti da attività che minacciano la sicurezza o dalle attività dei servizi segreti;

b.

per verificare gli accessi alle informazioni necessari per lo svolgimento dei compiti;

c.

in occasione di avvenimenti all'estero: quando sono rilevanti per la Confederazione dal punto di vista della politica di sicurezza.

Il SIM può trattare i dati personali, compresi quelli degni di particolare protezione, e i profili della personalità, necessari a un impiego dell'esercito:

2

a.

per proteggere i militari, i suoi collaboratori, impianti, oggetti o fonti da attività che minacciano la sicurezza o dalle attività dei servizi segreti;

b.

per verificare gli accessi alle informazioni necessari per lo svolgimento dei compiti.

2119

Le collezioni di dati tenute dai servizi informazioni non sono menzionate nel registro delle collezioni di dati secondo l'articolo 11 della legge federale del 19 giugno 199257 sulla protezione dei dati, nella misura in cui la raccolta di informazioni ne risulterebbe compromessa. I servizi informazioni informano in generale su queste collezioni l'Incaricato federale della protezione dei dati.

3

Art. 9

Protezione e sicurezza

Per assicurare la protezione di persone, d'informazioni e di opere nel loro ambito d'attività, i servizi informazioni possono prendere misure di protezione e di sicurezza particolari.

Art. 10

Informazione

Il capo del DDPS informa regolarmente il Consiglio federale sulle attività dei servizi informazioni.

57

RS 235.1

2120

Allegato 5

Relazioni con il Sudafrica: ruolo dei Servizi d'informazione svizzeri (Estratto del rapporto della DCG del 12 novembre 1999) In occasione degli accertamenti effettuati nel 1999, la DCG si è concentrata su due ambiti: 1.

2.

Quali contatti hanno intrattenuto i Servizi d'informazione svizzeri e in particolare il loro capo con rappresentanti del regime dell'apartheid in Sudafrica?

Collaboratori dell'Aggruppamento dell'armamento o dei Servizi d'informazione svizzeri sono stati in qualche modo coinvolti negli sforzi del regime dell'apartheid in Sudafrica volti allo sviluppo di un arsenale di armi biologiche e/o chimiche?

Nel suo rapporto del 12 novembre 1999 (FF 2000 479), la DCG era giunta alle seguenti conclusioni: «1.

Sull'organizzazione e sui compiti dei Servizi d'informazione svizzeri Sembra imporsi con urgenza la riorganizzazione dell'intero sistema statale di acquisizione e di valutazione delle informazioni ai sensi degli interventi parlamentari già trasmessi. Considerato il contesto politico radicalmente mutato dopo la fine della guerra fredda e delle conseguenti nuove minacce, va attribuita priorità assoluta alla riorganizzazione dei Servizi d'informazione civile e militare del nostro Paese.

L'organizzazione e le strutture del Gruppo servizio informazioni vanno adeguate alle mutate condizioni. Occorre chiarire se si intende continuare a mantenere l'attuale situazione di duplice impegno delle autorità civili e militari oppure se una struttura organizzativa unitaria non possa servire meglio alle necessità d'informazione, da tempo oramai non più riferite soltanto a scenari di minaccia polizieschi o militari, di Parlamento, Governo e Amministrazione. Nel contempo, però, per l'acquisizione e la valutazione di informazioni rilevanti per la sicurezza è inoltre necessario con urgenza anche un chiaro mandato di prestazioni da parte delle autorità politiche preposte.

Tenuto conto della mutata situazione di minaccia, non può più essere compito del Gruppo servizio informazioni stesso o tutt'al più del Dipartimento da cui esso dipende determinare i punti principali dell'acquisizione e della valutazione delle informazioni.

Il compito primario della gestione e del controllo politici del servizio d'informazione statale deve piuttosto spettare al Consiglio federale nella sua qualità di organo direttivo supremo della Confederazione (cfr. raccomandazione 1).

2.

Sui contatti dei Servizi d'informazione svizzeri con l'estero in generale Nel riorganizzare l'acquisizione e la valutazione di informazioni da parte dello Stato occorrerà verificare in che maniera sarà possibile tenere debitamente conto del primato della politica nell'ambito del servizio d'informazione. L'instaurazione e il mantenimento di contatti regolari con l'estero non possono più essere gestiti a piacimento dal Gruppo servizio informazioni. Bisognerà piuttosto garantire mediante istruzioni chiare e controlli rigorosi che nella valutazione, oltre agli aspetti meramente connessi al servizio d'informazione, confluiscano anche i rimanenti interessi del Paese (cfr.

raccomandazione 1).

2121

3.

31

Sui contatti con l'estero e con il Sudafrica in particolare Contatti con i Servizi d'informazione sudafricani La decisione di distruggere i processi verbali sugli incontri di lavoro e sulle consultazioni tecniche dei Servizi d'informazione svizzeri è stata presa autonomamente dal sottocapo di stato maggiore del Gruppo servizio informazioni d'intesa con il capo dello Stato maggiore generale. Evidentemente la questione non è stata sottoposta per parere al Dipartimento, che non ha neppure sollevato obiezioni in merito.

Secondo i principi oggi generalmente riconosciuti, la decisione riguardo alla distruzione di atti ufficiali non spetta all'organo amministrativo interessato bensì all'Archivio federale. L'articolo 6 della LF sull'archiviazione, entrata in vigore il 1° ottobre 1999 prevede che l'Amministrazione federale offra all'Archivio federale di riprendere tutti i documenti dei quali non ha più bisogno in modo permanente, sempre che non sia essa stessa competente per la loro archiviazione. Giusta l'articolo 8 della legge sull'archiviazione, i documenti che devono essere offerti non possono essere distrutti senza l'autorizzazione dell'Archivio federale. Sarà se del caso compito del Consiglio federale, in osservanza dei principi giuridici, prevedere mediante ordinanza eventuali restrizioni alla consultazione, al fine di tenere conto della protezione degli interessi di segretezza specifici al Gruppo servizio informazioni (cfr. raccomandazione 4).

32

Importanza dei contatti con i Servizi d'informazione sudafricani Appare davvero sintomatico per la mancanza di controllo politico dei contatti con l'estero il fatto che il Dipartimento non abbia espresso un parere autonomo sull'importanza e sulle implicazioni politiche dei contatti con il Sudafrica all'epoca dell'ex regime dell'apartheid, lasciando al divisionario Regli nella sua qualità di sottocapo di stato maggiore del Gruppo servizio informazioni l'incombenza di rispondere a una domanda così cruciale. Questi afferma infatti anche che gli odierni responsabili del Gruppo servizio informazioni non sono in grado di rispondere alla domanda sulle dimensioni politiche delle relazioni con il Sudafrica. Se ne conclude che in seno al Gruppo servizio informazioni non vi sono state discussioni in merito e che anche il Dipartimento non aveva visto alcun motivo di assumere una responsabilità direttiva politica al riguardo.

Non può essere compito della GPDel verificare o addirittura valutare in maniera definitiva il contenuto materiale delle informazioni ottenute dal Sudafrica; in base agli accertamenti effettuati non sarebbe neppure in grado di farlo. La GPDel deve perciò accontentarsi delle corrispettive risposte del sottocapo di stato maggiore del Gruppo servizio informazioni. Dopo che però il Dipartimento anche a tale riguardo ha rinunciato a esprimere un parere autonomo, per la Delegazione si impone la conclusione che almeno al riguardo non si è proceduto a un controllo dell'efficacia, interno al Dipartimento, e che la domanda in ordine all'onere e all'utilità delle relazioni, inerenti al servizio d'informazione, fra la Svizzera e il Sudafrica non è stata finora posta dal profilo politico, né vi si è risposto.

33

Il ruolo di Jürg Jacomet quale intermediario In mancanza di documentazione scritta sui singoli contatti e in considerazione del fatto che nel frattempo Jürg Jacomet è deceduto, è stato possibile ricostruire solo frammentariamente la relazione fra quest'ultimo e il divisionario Peter Regli. Gli accertamenti effettuati hanno tuttavia evidenziato con assoluta chiarezza che è assai improbabile che il comportamento di «liberi collaboratori» possa risultare compromettente per i Servizi d'informazione svizzeri nel loro insieme. Si impone perciò con urgenza l'allestimento di chiare istruzioni nelle quali vengano disciplinati in maniera definitiva i criteri per la scelta, l'istruzione e il controllo degli informatori e dei collaboratori in via informale dei Servizi d'informazione svizzeri (cfr. raccomandazione 3).

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Contatti con Lothar Neethling, Wouter Basson e Lien Knobel Sembrerebbe che, per quanto riguarda quell'unico contatto con Lothar Neethling e Wouter Basson, Jürg Jacomet abbia manifestamente abusato della fiducia del divisionario Peter Regli e che quest'ultimo abbia accolto con troppa leggerezza rappresentanti di uno Stato straniero per visite di cortesia nel suo ufficio a Palazzo federale a

2122

Berna. A questo proposito occorre comunque sottolineare che né Lothar Neethling né Wouter Basson erano funzionari dei Servizi segreti sudafricani con il quale in genere il Gruppo servizio informazioni svizzero intratteneva contatti. Proprio per questo sarebbe stato senza dubbio indicato procedere ad una verifica più scrupolosa dei motivi della visita di Jürg Jacomet e dell'interlocutore straniero. La semplice fiducia non può certo sostituire un accertamento accurato.

35

Contatti della Polizia federale con i Servizi secreti sudafricani Il comportamento della Polizia federale non dà adito ad alcuna osservazione.

4.

41

Presunto coinvolgimento del laboratorio AC di Spiez nei progetti sudafricani di sviluppo di armi biologiche e chimiche Contatti con Lothar Neethling e Wouter Basson Sulla base dei suoi accertamenti, la GPDel presume che sostanzialmente devono aver avuto luogo due incontri in Svizzera, uno a Berna, l'altro a Lucerna. Mentre alla prima riunione a Berna avevano partecipato rappresentanti del laboratorio AC di Spiez, quanto al secondo incontro a Lucerna deve essersi invece trattato di un'iniziativa personale di Jürg Jacomet promossa senza la partecipazione di un'autorità ufficiale svizzera. Sembra non solo possibile, bensì probabile, che il viaggio da Spiez a Lucerna descritto da André Jacomet sia stata una pura messa in scena con la quale, chiunque ne sia stato l'artefice, dovevano essere simulati presunti contatti di Lothar Neethling e Wouter Basson con il laboratorio AC.

La direzione del laboratorio AC di Spiez si era comportata in modo estremamente riservato nei confronti di Lothar Neethling e Wouter Basson. Pur essendosi addentrata in una consultazione tecnica (presumibilmente coordinata dal SIADCA) non aveva però rivelato alcuna informazione compromettente o rilevante in materia di sicurezza.

Anche se solo oggi si possono presupporre le intenzioni di allora dell'interlocutore sudafricano, il laboratorio AC di Spiez si era sin dall'inizio comportato con diffidenza, diffidenza che si è in seguito rivelata più che giustificata. A tale riguardo non vi è assolutamente nulla da eccepire al comportamento adottato all'epoca dal laboratorio AC di Spiez.

Da questo esempio emerge una volta di più il problema dell'assenza di sensibilizzazione e di controllo politici sul Gruppo servizio informazioni. Né Lothar Neethling né Wouter Basson erano collaboratori dei Servizi segreti sudafricani; nell'annotazione al processo verbale, i due interlocutori erano stati designati rispettivamente come rappresentante della polizia sudafricana e rappresentante della Commissione della difesa sudafricana. Ciononostante non si era proceduto a ulteriori indagini circa la loro funzione all'interno dello Stato sudafricano né si era considerata l'opportunità politica della presa di contatto. Occorre comunque chiedersi se in questa situazione particolarmente delicata non sarebbe stato lecito attendersi che il sottocapo di stato
maggiore del Gruppo servizio informazioni conferisse prima con le istanze politiche responsabili.

Ma l'incontro con Lothar Neethling e Wouter Basson conferma inoltre anche il problema delle lacune nella scelta e nel controllo dei collaboratori in via informale in seno al Gruppo servizio informazioni. Sebbene Jürg Jacomet non rivestisse alcun tipo di funzione in seno al Gruppo servizio informazioni, era riuscito non solo a promuovere la consultazione tecnica, bensì anche a parteciparvi personalmente e per di più in veste di presunto rappresentante del SIADCA (cfr. raccomandazioni 1 e 3).

42

Contatti con la Protechnik Laboratoires LTD La protezione da armi biologiche e chimiche rientra nei compiti principali del laboratorio AC di Spiez. Non si può pertanto muovere alcuna critica alla cooperazione internazionale in questo settore.

2123

5.

Sulla presunta fornitura di un sintetizzatore di peptide da parte del laboratorio AC di Spiez verso il Sudafrica

51

Domande di assistenza giudiziaria del Ministero pubblico sudafricano Gli accertamenti della Delegazione hanno dimostrato che l'operazione commerciale che Wouter Basson sostiene sia avvenuta non ha mai avuto luogo. Il laboratorio AC di Spiez non aveva mai richiesto l'acquisto di un sintetizzatore di peptide, né l'aveva acquistato, preso in leasing, affittato o ricevuto in regalo, e men che meno aveva fornito un simile strumento o sostanze chimiche di qualsivoglia genere verso il Sudafrica.

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Inchiesta penale della Procura distrettuale di Zurigo Al fine di accertare le suddette transazioni finanziarie, il 21 luglio 1997 il Ministero di Giustizia sudafricano presentò un'ulteriore domanda di assistenza giudiziaria alla Svizzera. In questa domanda supplementare vengono sostanzialmente confermati i flussi finanziari in questione, cosicché non sussiste alcun motivo di dubitare delle dichiarazioni fatte da Wouter Basson e Jürg Jacomet dinanzi alla Procura distrettuale di Zurigo.

Per quanto riguarda Jürg Jacomet, è ben vero che nella succitata domanda di assistenza giudiziaria è indicato che egli avrebbe «presumibilmente lavorato per i Servizi segreti svizzeri». A prescindere da ciò non emerge tuttavia alcun indizio che il Servizio informazioni militare sarebbe potuto essere implicato in qualsivoglia maniera nella truffa. Si può pertanto supporre a giusto titolo che la presunta fornitura di un sintetizzatore di peptide sia una mera affermazione di copertura addotta da Wouter Basson al fine di occultare i propri intrallazzi finanziari.

In merito all'inchiesta penale condotta dalla Procura distrettuale di Zurigo, nei media era stato tra l'altro anche avanzato il sospetto che nel rilascio di Wouter Basson dal carcere preventivo il divisionario Peter Regli avesse svolto un ruolo determinante, fatto che quest'ultimo contesta. Dai relativi documenti non è possibile trarre alcuna indicazione che confermi la veridicità di questa voce.

6.

Sul ritrovamento di uranio Pur se questo avvenimento fa luce sulle relazioni tra il divisionario Peter Regli e Jürg Jacomet, non essendo direttamente collegato alla relazione Svizzera/Sudafrica la GPDel ha rinunciato a effettuare nuovi accertamenti in merito.

7.

Sulla caduta di un aereo del CICR in Angola In merito a questo episodio, nella stampa erano stati citati Edouard Brunner («äusserst penible Geschichte») e il portavoce del CICR Urs Boegli («wir waren perplex»).

Inoltre era stato affermato che la Sede centrale della Croce Rossa a Ginevra avrebbe all'epoca protestato «acremente» presso il Dipartimento politico federale a Berna (oggi: DFAE), che avrebbe promosso un'indagine sull'episodio.

La GPDel ha in seguito richiesto i rapporti menzionati dai media al Dipartimento federale degli affari esteri, il quale, con lettera del 23 settembre 1999, aveva comunicato alla Delegazione di non essere in grado di reperire tali documenti.

8.

Valutazione riassuntiva In conclusione si può rispondere come segue alle domande poste all'inizio: 1. Sulla scorta di accertamenti approfonditi, la GPDel è giunta alla conclusione che, ai tempi della guerra fredda, il Gruppo servizio informazioni svizzero abbia a ragione utilizzato il considerevole potenziale di informazioni che gli veniva offerto su un importante fronte politico internazionale grazie ai contatti con i servizi sudafricani. Non vi sono indizi che attestino che la raccolta d'informazioni sia avvenuta utilizzando mezzi illegali o infrangendo istruzioni esistenti.

2124

2.

In base agli accertamenti della GPDel, si è rivelata infondata l'accusa mossa dalla stampa, secondo la quale il Gruppo servizio informazioni e in particolare il suo capo, il divisionario Peter Regli, sarebbe stato coinvolto nell'elaborazione del progetto segreto di armi biologiche e chimiche del Sudafrica. Le insinuazioni che il divisionario Peter Regli fosse stato connivente o addirittura fautore di questo progetto sono prive di fondamento. Non risponde nemmeno a verità che il capo del Gruppo servizio informazioni avrebbe «intrattenuto» contatti con il responsabile del progetto segreto sudafricano; è possibile dimostrare solamente una visita organizzata da Jürg Jacomet nell'ufficio del divisionario Regli a Palazzo federale.

La GPDel reputa invece insoddisfacente il fatto che il Gruppo servizio informazioni potesse operare in un periodo estremamente pericoloso su un fronte di informazioni delicato senza direttive e senza una valida direzione da parte delle autorità politiche responsabili.

Parimenti, la GPDel considera problematico il ruolo di Jürg Jacomet. Evidentemente egli poté per anni spacciarsi impunemente per collaboratore del Gruppo servizio informazioni. A tal proposito non si può fare a meno di rimproverare al capo del Gruppo servizio informazioni di avere sottovalutato l'importanza della scelta, dell'istruzione e del controllo di una persona che collabora in via informale, di essersi ingenuamente fidato di lui e di non essere stato in grado di intuire il suo doppio gioco.

Il laboratorio AC di Spiez si è comportato in modo estremamente riservato, addirittura esemplare, nei confronti dei tentativi messi in atto dagli ambienti sudafricani per appropriarsi dei risultati delle ricerche svizzere. Non si può certo parlare di un coinvolgimento attivo o anche solo passivo di questo ente specializzato riconosciuto a livello internazionale in un progetto segreto di armi del Sudafrica. Anzi, è comprovato che l'impegno profuso dal laboratorio AC era ed è volto a garantire la protezione della popolazione dai pericoli di tali armi e non a favorirne la produzione.

Basandosi su queste costatazioni, nel suo rapporto del 12 novembre 1999 la DCG ha sottoposto al Consiglio federale le seguenti raccomandazioni: «1.

Primato della politica Il Consiglio federale decide in merito all'instaurazione, al mantenimento e al controllo di contatti regolari con l'estero nell'ambito del servizio d'informazione.

2.

Riorganizzazione del sistema statale di acquisizione delle informazioni Il Consiglio federale riorganizza quanto prima i Servizi d'informazione svizzeri ai sensi delle considerazioni del presente rapporto e in considerazione degli interventi parlamentari trasmessi in Parlamento nonché dei risultati di ulteriori indagini e studi.

3.

Istruzioni per gli informatori e per i collaboratori in via informale dei Servizi d'informazione svizzeri Il Consiglio federale elabora istruzioni che disciplinano chiari criteri per la scelta, l'istruzione e il controllo di informatori e di collaboratori in via informale dei Servizi d'informazione svizzeri.

4.

Esecuzione della legge sull'archiviazione Il Consiglio federale provvede all'esecuzione della legge sull'archiviazione del 26 giugno 1998. Prevede mediante ordinanza eventuali restrizioni alla consultazione e tiene così conto della protezione degli interessi di segretezza specifici ai Servizi d'informazione svizzeri.

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Indice L'essenziale in breve

1982

1 Situazione iniziale

1987

2 Accertamenti precedenti sulle relazioni Svizzera-Sudafrica 2.1 Interventi parlamentari e accertamenti interni all'Amministrazione 2.2 Precedenti accertamenti della DCG 2.2.1 Scambio di piloti con il Sudafrica (1993) 2.2.2 Presunto coinvolgimento nell'acquisto di armi chimiche (1997) 2.2.3 Ruolo del Servizio informazioni svizzero (1999)

1987 1987 1989 1989 1990 1990

3 Nuove investigazioni intraprese dalla DCG 3.1 Motivi all'origine delle nuove investigazioni della DCG 3.2 Competenze della DCG 3.3 Limitazione dell'oggetto dell'inchiesta 3.4 Approccio metodologico 3.4.1 Audizioni e documenti consultati 3.4.2 Rapporti ufficiali 3.4.3 Perizia giuridica 3.4.4 Accertamenti in Sudafrica 3.4.5 Ricorso a esperti 3.4.6 Adozione del rapporto

1991 1991 1992 1992 1993 1993 1994 1994 1994 1995 1995

4 Missione generale e organizzazione del Servizio informazioni in seno al DMF/DDPS 4.1 Osservazione preliminare 4.2 Basi legali 4.3 Struttura, organizzazione e delimitazione del Servizio informazioni 4.3.1 Struttura generale e delimitazione 4.3.2 Direzione politica e definizione dei bisogni in materia di informazione 4.3.3 Mezzi a disposizione del SIS 4.3.3.1 Acquisizione di informazioni in generale 4.3.3.2 Fonti e informatori esterni 4.3.3.3 Ufficiali di milizia 4.3.3.4 «Rifugi» 4.3.3.5 Spese 4.3.4 Collaborazione del Servizio informazioni svizzero con servizi esteri 4.3.5 Contatti dell'esercito svizzero con l'estero 4.3.6 Verbali degli incontri 4.3.7 Gestione e archiviazione dei fascicoli

2126

1996 1996 1996 1997 1997 2002 2003 2003 2004 2005 2005 2006 2007 2007 2008 2009

5 Ambiente politico in Sudafrica ai tempi dell'apartheid 5.1 Evoluzione politica del Sudafrica e risoluzioni dell'ONU 5.2 Posizione ufficiale della Svizzera 5.3 Esportazione di materiale bellico

2011 2012 2013 2014

6 Collaborazione con il Servizio informazioni militare del Sudafrica 6.1 Servizi d'informazione militare del Sudafrica 6.2 Instaurazione di relazioni periodiche con il Servizio segreto militare del Sudafrica 6.3 Politica estera svizzera e contatti in materia di servizi d'informazione del GIS, ovvero del Gr info 6.3.1 Posizione del DFAE 6.3.2 Nessuna intesa con il capo del DFAE sui contatti con il Sudafrica in materia di servizi d'informazione 6.3.3 Interventi del DFAE 6.3.3.1 Mancanza di consultazioni periodiche del DFAE e scarsità della base documentaria 6.3.3.2 Primo intervento documentato del DFAE nell'ottobre 1986 6.3.3.3 Secondo intervento del DFAE nel maggio 1987 6.3.3.4 Incontri casuali in Sudafrica 6.3.3.5 Intervento del Comitato di direzione del DMF 6.3.3.6 Rinuncia deliberata a consultare il DFAE 6.4 Effettiva misura dei contatti del GIS e del Gr info con il Sudafrica 6.5 Contatti del GIS e del Gr info con l'UNITA angolano 6.6 Convenzione sulla protezione delle informazioni 6.6.1 In generale 6.6.2 Convenzione sulla protezione delle informazioni con il Sudafrica 6.6.3 Controversia riguardo a un presunto accordo in materia di informazioni con il Sudafrica 6.7 Valutazione sui contatti con il Sudafrica in seno al GIS, ovvero al GR info 6.8 Mancanza di un'utilità riconosciuta dei contatti con il Sudafrica

2015 2015

7 Contatti dei medici militari svizzeri con il Sudafrica 7.1 Congressi del Comité International de Médecine Militare (CIMM) 7.2 Mandato dell'ONU in Namibia 7.3 Contatti del Gr sanità e del medico in capo dell'esercito svizzero con il Sudafrica 8 Peter Regli 8.1 Contatti di Peter Regli con il Sudafrica in generale e con Wouter Basson in particolare 8.2 L'atteggiamento di Peter Regli durante l'inchiesta e dopo aver abbandonato la carica

2015 2018 2018 2018 2019 2019 2020 2021 2023 2024 2024 2026 2029 2032 2032 2033 2036 2038 2038 2042 2042 2043 2043 2046 2046 2048

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9 Jürg Jacomet 9.1 Carriera professionale e militare 9.2 Documenti in possesso delle autorità svizzere 9.3 «Diario» di Jürg Jacomet e altre informazioni sulla sua persona 9.4 Jürg Jacomet «trafficante d'armi» 9.5 Contatti nell'Africa australe 9.6 Jürg Jacomet fonte informativa del GIS e del Gr inf 9.6.1 Ampiezza e modalità della collaborazione 9.6.2 Valutazione dei contatti di Jürg Jacomet da parte del GIS, del Gr info e del DFAE 9.7 Ritrovamento di uranio a Kemptthal 9.8 Henrik Thomsen 9.9 Ostaggi del CICR in Libano

2051 2051 2052 2053 2056 2056 2057 2057

10 Wouter Basson e il progetto «Coast» 10.1 Delimitazione dell'oggetto dell'indagine 10.2 Processo Basson in Sudafrica 10.3 Rapporti di Wouter Basson con la Svizzera 10.3.1 Osservazioni preliminari 10.3.2 Contatti con Jürg Jacomet 10.3.3 Attività di Wouter Basson in seno alla Medchem AG 10.3.4 Presunte facilità doganali e di accesso all'aeroporto di Zurigo 10.3.5 Arresto di Wouter Basson in Svizzera 10.4 Contatti con il GIS, con il Gr info e con Peter Regli 10.4.1 Cenni generali 10.4.2 Visita di cortesia o contatti regolari?

10.4.3 Chiamata telefonica dopo l'arresto di Wouter Basson 10.4.4 Ulteriori indagini in Sudafrica 10.5 Contatti con l'Aggruppamento dell'armamento e con il Laboratorio AC di Spiez 10.5.1 Visite di delegazioni sudafricane al Laboratorio AC 10.5.2 Controversia in merito al sintetizzatore di peptidi 10.5.3 Controversia concernente la fornitura di Mandrax e di altre sostanze chimiche 10.5.3.1 Spiegazioni relative alle sostanze chimiche 10.5.3.2 Swiss Namibia Ventures Ltd 10.5.3.3 Offerta di «Quinezoolione» 10.5.3.4 Sequestro di pastiglie di metaqualone 10.6 Contatti con la Huber & Suhner SA 10.6.1 Descrizione dei fatti 10.6.2 Nessuna assistenza da parte dell'Aggruppamento dell'armamento

2066 2066 2067 2068 2068 2070 2071 2071 2073 2076 2076 2078 2079 2079

11 Acquisto di due missili terra-aria SA-18 11.1 Descrizione dei fatti 11.1.1 Dichiarazioni delle persone interessate

2092 2092 2093

2128

2059 2061 2063 2065

2082 2082 2086 2086 2086 2088 2088 2089 2090 2090 2091

11.1.2 Ricostruzione a partire dai documenti 11.1.3 Digressione: materiale di guerra proveniente dal Sudafrica 11.2 Valutazioni in seno al DDPS 11.3 Destino dei missili SA-18 11.3.1 Attività del Gr info 11.3.2 Smontaggio nella primavera 2002 12 Ricorso a un pilota del CICR per la raccolta di informazioni in Angola

2094 2097 2098 2098 2099 2099 2101

13 Conclusioni e raccomandazioni 13.1 Strumenti della DCG per la vigilanza dei servizi d'informazione 13.2 Direzione politica e definizione della necessità di raccogliere informazioni 13.3 Supremazia della politica 13.4 Controllo dell'efficienza e della qualità 13.5 Prescrizioni relative al mantenimento del segreto 13.6 Gestione e archivio dei fascicoli 13.7 Collaborazione con le fonti e gli informatori 13.8 Progetto «Coast» 13.9 Partecipazione dell'Amministrazione all'indagine della DCG

2104 2104

14 Seguito della procedura

2108

2104 2105 2105 2106 2106 2107 2107 2107

Elenco delle abbreviazioni

2109

Allegato 1: Elenco delle persone sentite

2111

Allegato 2: Elenco dei documenti consultati

2113

Allegato 3: Elenco dei rapporti sui quali la DCG si è basata o di cui ha chiesto la comunicazione

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Allegato 4: Ordinanza sul servizio informazioni del Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport

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Allegato 5: Relazioni con il Sudafrica: ruolo dei Servizi d'informazione svizzeri

2121

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