Rapporto del Consiglio federale sulla politica di controllo degli armamenti e di disarmo della Svizzera 2004 (in adempimento del postulato 02.3541 Haering del 2 ottobre 2002) dell'8 settembre 2004

2004-0365

4559

Elenco delle abbreviazioni AG

Gruppo d'Australia (Australia Group)

AIEA

Agenzia internazionale dell'energia atomica (International Atomic Energy Agency)

Armi ABC

Armi atomiche, biologiche e chimiche

BTWC

Convenzione che vieta la messa a punto, la fabbricazione e lo stoccaggio delle armi batteriologiche (biologiche) e a tossine e che disciplina la loro distruzione (Convention on the Prohibition of the Development, Production and Stockpiling of Bacteriological (Biological) and Toxin Weapons and on Their Destruction)

CAC

Convenzione sulla proibizione dello sviluppo, della produzione, dell'immagazzinaggio e dell'uso di armi chimiche e sulla loro distruzione (Convention on the Prohibition of the Development, Production, Stockpiling and Use of Chemical Weapons and on their Destruction, CWC)

CCW

Convenzione sulle armi classiche (Convention on Prohibitions or Restrictions On The Use of Conventional Weapons Which May Be Deemed To Be Excessively Injurious Or To Have Indiscriminate Effects)

CFE

Trattato sulle forze armate convenzionali in Europa

CSBM

Misure miranti al rafforzamento della fiducia e della sicurezza (Confidence and Security Building Measures)

CTBT

Trattato per la messa al bando degli esperimenti nucleari (Comprehensive Nuclear Test-Ban Treaty)

CTBTO

Organizzazione per l'applicazione del CTBT

DDPS

Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport

DFAE

Dipartimento federale degli affari esteri

DFE

Dipartimento federale dell'economia

DFGP

Dipartimento federale di giustizia e polizia

EAPC

Consiglio di Partenariato Euro-Atlantico (Euro-Atlantic Partnership Council)

ERW

Residui bellici esplosivi (Explosive Remnants of War)

FMCT

Trattato per il divieto di produzione di materiale fissile (Fissile Material Cut-off Treaty)

G7 (G8)

Gruppo dei sette (otto) Paesi più industrializzati

4560

GICHD

Centro internazionale per lo sminamento a scopo umanitario di Ginevra (Geneva International Centre for Humanitarian Demining)

IMSMA

Sistema di gestione delle informazioni per le azioni contro le mine (Information Management System for Mine Action)

MASG

Mine Action Support Group

MTCR

Regime di controllo delle tecnologie missilistiche (Missile Technology Control Regime)

NATO

Organizzazione del Trattato Nord Atlantico (North Atlantic Treaty Organisation)

NSG

Gruppo dei fornitori nucleari (Nuclear Suppliers Group)

OMS

Organizzazione mondiale della sanità (World Health Organization)

ONU

Organizzazione delle Nazioni Unite (United Nations Organisation)

OPCW

Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Organisation for the Prohibition of Chemical Weapons)

OSCE (già CSCE) Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa PESC

Politica estera e di sicurezza comune

PESD

Politica europea di sicurezza e di difesa

PoCAD

Politica di controlli degli armamenti e di disarmo

PPP

Partenariato per la pace (Partnership for Peace)

RMA

Revolution in Military Affairs

TNP

Trattato di non proliferazione delle armi nucleari (Treaty on the Non-Proliferation of Nuclear Weapons)

Trattato ABM

Trattato sulla limitazione di sistemi di difesa antimissile (Anti-Ballistic Missile Treaty)

UE

Unione europea

UNMAS

United Nations Mine Action Service

UNMOVIC

Commissione di monitoraggio, verifica e ispezione dell'ONU (United Nations Monitoring, Verification and Inspection Commission)

UNSCOM

Commissione speciale dell'ONU per l'eliminazione delle armi di distruzione di massa in Iraq (UN Special Commission on Iraq)

WA

Accordo di Wassenaar (Wassenaar Arrangement on Export Controls for Conventional Arms and Dual-Use Goods and Technologies) 4561

Rapporto 1

Condizioni quadro in materia di politica di sicurezza per la politica svizzera di controllo degli armamenti e di disarmo all'alba del XXI secolo

1.1

Il controllo internazionale degli armamenti nel solco degli attentati dell'11 settembre 2001

Dall'elaborazione del Rapporto del Consiglio federale sulla politica di controllo degli armamenti e di disarmo della Svizzera 20001, le condizioni quadro internazionali in materia di politica di sicurezza sono considerevolmente mutate. Da un lato, gli Stati Uniti, rimasti la sola superpotenza, svolgono un ruolo talmente dominante che, almeno in campo strategico, non sembra praticamente più possibile parlare di un campo di forze multipolare. Dall'altro, il potenziale pericolo rappresentato dai gruppi terroristici dotati di armi di distruzione di massa è diventato un fattore importante nelle relazioni internazionali e nella politica di controllo degli armamenti e di disarmo (PoCAD).

I due fenomeni sono connessi. Gli attentati dell'11 settembre 2001 hanno spinto gli Stati occidentali a ripensare i loro scenari relativi alle minacce per la sicurezza nazionale. Segnatamente negli Stati Uniti, l'attenzione si è principalmente concentrata sulla possibilità che circoli estremisti si procurino armi di distruzione di massa, soprattutto qualora fossero sostenuti da Governi antiamericani. Gli Stati Uniti, che si considerano minacciati nella loro stessa esistenza, non hanno escluso alcuna possibilità di lotta, compresa l'opzione di ricorrere per primi alle armi nucleari.

L'intervento militare degli Stati Uniti e dei loro alleati in Iraq, che ha messo l'ONU a dura prova, è stato giustificato da Washington non da ultimo con il sospetto che tale Paese nascondesse armi di distruzione di massa. Finora questo sospetto non ha però trovato alcuna conferma. È difficile prevedere l'impatto sul disarmo e il riarmo mondiale della nuova opzione della «legittima difesa preventiva» formulata dagli USA. Da un lato, gli Stati che temono le pressioni degli Stati Uniti potrebbero essere indotti a dotarsi rapidamente di armi di distruzione di massa a scopo dissuasivo; dall'altro, la disponibilità della Libia a rinunciare al proprio programma per la realizzazione di armi di distruzione di massa nonché la disponibilità dell'Iran a una maggior trasparenza per quanto riguarda il proprio programma nucleare, potrebbero essere non da ultimo riconducibili alle pressioni esercitate dagli USA.

Per il Governo americano, i differenti trattati in materia di controllo degli armamenti si trovano di fronte a una nuova sfida, poiché non implicano
attori non statali (come ad es. i terroristi) e contemporaneamente rischiano di limitare il margine di manovra nella difesa contro gli attacchi terroristici. In alcuni casi, gli Stati Uniti dubitano inoltre dell'efficacia di tali trattati nei confronti degli Stati che, pur avendoli ratificati, tentano deliberatamente di aggirarli. Nel controllo degli armamenti, gli USA accordano perciò agli accordi informali con Stati amici almeno altrettanta importanza dei trattati universali di diritto internazionale. La politica americana è focalizzata sulla non proliferazione, ossia sulla non diffusione delle armi di distruzione di massa. Per contro, sono soprattutto i Paesi in via di sviluppo e i Paesi emergenti che 1

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considerano prioritario il disarmo effettivo, in primo luogo quello nucleare. Tali Paesi temono inoltre che la lotta contro la proliferazione ostacoli loro l'accesso alle tecnologie civili più recenti. Anche per quanto riguarda la PoCAD, il vecchio confronto Est-Ovest sembra essersi trasformato in un confronto Nord-Sud.

In queste condizioni, è diventato ancora più difficile raggiungere un consenso sull'ulteriore estensione o il rafforzamento dei meccanismi multilaterali di controllo degli armamenti e di disarmo. Sintomatico di questa situazione rimane lo stallo in cui si trova la Conferenza sul disarmo di Ginevra, il solo forum negoziale multilaterale permanente per le questioni del controllo degli armamenti e del disarmo. Assumono pertanto una rilevanza ancora maggiore gli sforzi per fare in modo che la PoCAD superi la prova del multilateralismo, allo scopo di rafforzarne ulteriormente l'importanza quale politica di composizione pacifica delle divergenze. In questo contesto, gli Stati Uniti, il cui appoggio per un progresso dei trattati, delle organizzazioni e dei regimi pertinenti è nella maggior parte dei casi indispensabile, perseguono una strategia selettiva. Così, se da un lato è vero che l'amministrazione americana appoggia finanziariamente e politicamente l'Agenzia internazionale dell'energia atomica (AIEA) e l'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPCW), dall'altro occorre constatare che il Trattato per la messa al bando degli esperimenti nucleari (CTBT) non è entrato in vigore anche in seguito alla mancata ratifica da parte statunitense e che la Convenzione sulle armi biologiche (BTWC) rimane limitata nella sua attuazione pratica a causa del veto americano nei confronti di un protocollo di verifica.

Nel quadro della lotta globale contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa sono nate importanti iniziative internazionali. Nel giugno 2002, ad esempio, il G8 ha lanciato un «partenariato globale» che prevede stanziamenti fino a 20 miliardi di dollari per mettere provvisoriamente al sicuro, e poi eliminare, le armi chimiche, i sottomarini nucleari e il materiale fissile degli Stati successori dell'ex Unione Sovietica. Inoltre, nel mese di maggio 2003 è stata presentata la «Proliferation Security Initiative», alla quale si sono associati differenti Paesi
occidentali. Lo scopo dichiarato di questa iniziativa è impedire con ancor maggiore efficacia il trasporto illegale di armi di distruzione di massa e di sistemi vettori.

Dal punto di vista geografico, dalla data di pubblicazione del Rapporto del Consiglio federale sulla politica di controllo degli armamenti e di disarmo della Svizzera 2000 non vi sono stati praticamente mutamenti per quanto riguarda le regioni nelle quali le armi di distruzione di massa potrebbero essere utilizzate nei conflitti, a causa della loro presenza sul posto e delle gravi tensioni. Per quanto riguarda le armi nucleari, una corsa agli armamenti rimane un pericolo soprattutto nell'Asia meridionale e orientale. Il pericolo di una proliferazione delle armi nucleari potrebbe essere accresciuto dall'apparizione di un mercato nero, anche se inquietano soprattutto le attività di determinati ambienti pakistani e nord-coreani. In considerazione di questa situazione, il direttore generale dell'AIEA ha dichiarato nel gennaio 2004 che, 60 anni dopo Hiroshima e Nagasaki, il rischio che siano impiegate armi nucleari è più elevato che mai.

4563

1.2

Aspetti tecnologici dell'evoluzione delle forze armate moderne

Una PoCAD efficace deve sforzarsi di adeguare i suoi strumenti all'evoluzione tecnica dei sistemi d'arma e delle forze armate. Gli anni novanta del secolo scorso sono stati caratterizzati dall'accumularsi delle innovazioni tecnologiche che, dopo la guerra del Golfo del 1990/1991, si sono manifestate nella «Revolution in Military Affairs» (RMA) dominata dagli Stati Uniti. L'incremento dell'efficacia e dell'efficienza dei mezzi da combattimento convenzionali si fondava sostanzialmente sui progressi della rivoluzione dell'informazione e della comunicazione. Una condotta della guerra orientata alle reti ha portato a forze armate ridimensionate, più flessibili, mobili e in grado di condurre più rapidamente le operazioni. In questo contesto, la superiorità in materia di informazioni è diventata una premessa fondamentale della guerra moderna. L'impiego di armi stand off e di munizioni di precisione consente di condurre simultaneamente e con un elevato grado di precisione combattimenti a lunga distanza.

L'idea di una simile guerra altamente tecnologizzata che mira parallelamente a massimizzare gli effetti e a minimizzare i danni collaterali, è espressione tanto della superiorità tecnologica quanto della declinante disponibilità delle società occidentali ad accettare perdite umane e danni. In questo contesto, negli ultimi anni ha dato luogo a discussioni lo sviluppo di generi di munizione controversi: si tratta di munizioni i cui effetti, malgrado gli importanti progressi per quanto riguarda la precisione, sono giudicati devastanti, sproporzionati o che, soprattutto dopo la fine di un conflitto, rappresentano un pericolo duraturo per la popolazione civile ­ come ad esempio le munizioni termobariche o il relativamente elevato numero di ordigni inesplosi prodotto dalle bombe a frammentazione (dette anche bombe a grappolo o «cluster bombs»). In questo ambito si apre un importante campo d'azione per la PoCAD internazionale.

Le nuove tecnologie consentono d'altra parte lo sviluppo di cosiddette armi non letali (per es. le bombe a graffite o i generatori di infrasuoni). Esse sono soprattutto concepite per situazioni al di sotto della soglia bellica o per impieghi in un contesto civile e hanno lo scopo di permettere di neutralizzare persone, veicoli e installazioni senza danni fisici gravi o danni irreversibili. Anche
se un numero considerevole di sistemi d'arma non letali raggiungerà la maturità per l'impiego nei prossimi due decenni ­ ciò che dovrebbe ridurre ulteriormente l'entità dei danni non voluti durante le azioni militari ­ non ci si può attendere una rivoluzione che si traduca nella capacità di condurre delle guerre totalmente prive di danni e di perdite.

La superiorità della tecnologia occidentale dell'armamento nel settore dei sistemi convenzionali ha come conseguenza che i potenziali avversari non ipotizzano praticamente più un confronto simmetrico con forze armate occidentali, ma ricorrono sempre di più a metodi asimmetrici, tra i quali il terrorismo. La crescente interdipendenza dei programmi di ricerca e di sviluppo civili e militari nonché la globalizzazione dei mercati ostacolano il controllo del trasferimento di tecnologie chiave e di beni a duplice impiego (civile e militare), così che un numero crescente di attori statali e non statali potrebbe avere accesso a tecnologie ad alto potenziale distruttivo (armi ABC) e ad armi radiologiche. Il progresso tecnologico degli ultimi anni non ha dunque soltanto ampliato il margine di manovra delle potenze industrializzate, ma le ha rese anche più vulnerabili.

4564

1.3

Conflitti all'alba del XXI secolo

Come deve orientarsi all'evoluzione tecnica degli armamenti, una buona PoCAD deve orientarsi anche alle forme di conflitto attuali con le quali è confrontata e di cui deve minimizzare le conseguenze. L'idea tradizionale della guerra come scontro tra due eserciti statali corrisponde sempre meno alla realtà odierna. Certo, anche all'inizio del XXI secolo si osserva un'ampia gamma di conflitti militari: dai modelli sovrastatali (azioni militari di potenze coalizzate con o senza legittimazione fondata sul diritto internazionale, interventi umanitari) e dalle guerre tra Stati fino ai conflitti interni. Il tipo di conflitto armato dominante è attualmente quello della guerra limitata interna o regionale di bassa intensità.

Nei conflitti interni, le armi convenzionali leggere e pesanti costituiscono i mezzi da combattimento preferiti. Spesso i combattenti ricorrono agli arsenali accumulati durante la guerra fredda e non eliminati. Soprattutto la proliferazione incontrollata delle armi leggere e di piccolo calibro contribuisce all'intensificarsi e al prolungarsi dei conflitti armati, nel quali spesso la popolazione civile diventa un vero e proprio bersaglio.

Per quanto riguarda i conflitti interni, la PoCAD si trova di fronte a una sfida particolare, poiché pochissimi trattati multilaterali sul controllo degli armamenti e il disarmo sono applicabili a tali conflitti. In queste condizioni, l'attuazione dei trattati è difficile, poiché i conflitti interni sono spesso contemporaneamente il punto di partenza e il risultato dell'erosione generale del diritto e dello Stato di diritto. Gli «Stati falliti» (failed states) sono diventati a più riprese il rifugio di membri di organizzazioni terroristiche nonché piattaforme per il commercio internazionale di armi e per altre forme di criminalità organizzata. Essi finiscono dunque per minacciare seriamente la sicurezza regionale e internazionale.

1.4

Consolidamento delle strutture di sicurezza cooperative in Europa

In contrasto con le difficoltà che incontra il multilateralismo in campo internazionale, la forte tendenza a un approccio cooperativo nella politica di sicurezza in Europa si è ulteriormente rafforzata. I compiti e le strutture degli organi di sicurezza euroatlantici sono stati fortemente ampliati allo scopo di far fronte alle nuove realtà e alle nuove sfide. Tali organi hanno ad esempio sviluppato strumenti diplomatici per la salvaguardia della pace, la gestione delle crisi e il promovimento della pace. Essi si concentrano segnatamente sulle questioni relative al controllo degli armamenti, promuovendo lo sviluppo di norme e la cooperazione in questo settore nonché il lancio di iniziative pratiche. È indicativo che l'attività di alcune di queste istituzioni non si limiti più all'area comprendente i Paesi che partecipano a tali istituzioni. Ciò si spiega in parte con le nuove sfide, segnatamente le minacce asimmetriche, alle quali la regione europea deve far fronte.

L'Organizzazione del Trattato Nord Atlantico (NATO) costituisce un pilastro centrale di questa struttura di sicurezza europea ed euroatlantica, ulteriormente rafforzata dall'allargamento dell'Alleanza a sette nuovi membri nel 2004. La NATO, dopo aver contribuito al rafforzamento della sicurezza e della stabilità verso Est e aver appoggiato con le sue capacità militari multinazionali la stabilizzazione dei Balcani, 4565

partecipa oggi pienamente alla lotta al terrorismo. L'Alleanza Atlantica ha ad esempio assunto il comando della missione dell'ONU in Afganistan (ISAF). Essa svolge pure un ruolo essenziale negli sforzi per la lotta contro la proliferazione delle armi nucleari e ha ad esempio avviato un dialogo globale con la Russia su un ventaglio di questioni che spaziano dalla lotta alla proliferazione al controllo degli armamenti e del disarmo fino alle misure miranti al rafforzamento della fiducia e della sicurezza nucleare.

La NATO ha inoltre sviluppato delle strutture per la cooperazione con gli Stati europei che non sono membri dell'Alleanza e con Paesi dell'Asia centrale. Il Consiglio di Partenariato Euro-Atlantico (EAPC) è un organo consultivo nel quadro del quale si svolge un dialogo sulle misure concrete in settori quali il controllo degli armamenti, la non proliferazione delle armi nucleari e la gestione delle crisi. I risultati delle consultazioni nel quadro dell'EAPC sono concretizzati nel Partenariato per la pace (PPP). Il risultato del meccanismo appena illustrato è la cooperazione pratica, che comprende tra l'altro, oltre alla preparazione di missioni di mantenimento della pace e di operazioni umanitarie in comune, l'organizzazione di corsi e di seminari nonché lo scambio di conoscenze. La cooperazione pratica comprende tra l'altro questioni relative al controllo degli armamenti e al controllo democratico delle forze armate nonché la protezione di infrastrutture critiche. Un fondo speciale è stato creato nel 2000 nel quadro del PPP allo scopo di appoggiare gli Stati nella distruzione delle loro scorte di mine antiuomo e quindi contribuire all'attuazione della Convenzione sul divieto dell'impiego, del deposito, della fabbricazione e del trasferimento delle mine antiuomo e della loro distruzione. Tale fondo sostiene oggi anche progetti finalizzati alla distruzione di armi leggere e di munizioni tanto nei Paesi dell'Europa orientale quanto nel Caucaso.

L'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) è attiva soprattutto nei settori della diplomazia preventiva, della gestione delle crisi, delle misure miranti al rafforzamento della fiducia e della sicurezza (CSBM), della ricostruzione dopo i conflitti e del rafforzamento delle istituzioni democratiche. Offre pure un contributo
particolare al promovimento della sicurezza mediante l'elaborazione di convenzioni e norme nel campo del controllo degli armamenti convenzionali. La revisione del Trattato sulle forze armate convenzionali in Europa (CFE) è stata ad esempio approvata dal vertice dell'OSCE di Istanbul del 1999. Anche se il «Trattato sui cieli aperti» è stato negoziato al di fuori delle strutture dell'organizzazione, esso è accessibile a tutti i suoi membri. Nel 2000 l'OSCE ha inoltre elaborato un documento sulle armi leggere e di piccolo calibro e nel 2003 un documento sulle scorte di munizioni convenzionali. Il promovimento di misure per il raggiungimento di una trasparenza in campo militare che migliori la fiducia tra gli Stati partecipanti costituisce parimenti uno dei compiti dell'organizzazione. Infine, l'OSCE ha il compito di appoggiare l'attuazione delle convenzioni sul controllo regionale degli armamenti concluse nell'ambito degli Accordi di Dayton e di prendere altre iniziative in questo settore.

L'Unione europea (UE) ha posto le basi di un'ampia Politica estera e di sicurezza comune (PESC). Nel quadro della sua Politica di sicurezza e di difesa (PESD), l'UE ha sviluppato degli strumenti per la gestione civile e militare delle crisi. Essa ha così organizzato proprie missioni, ad esempio in Bosnia e Erzegovina, in Macedonia e nella Repubblica democratica del Congo. Inoltre, in molte questioni relative al disarmo, l'UE si esprime all'unisono e ha una posizione comune su temi quali la non

4566

proliferazione, i criteri per l'esportazione di armi o la lotta alla proliferazione delle armi leggere e di piccolo calibro.

Il Patto di stabilità per l'Europa sud-orientale concretizza questa densa rete di organizzazioni di cooperazione multilaterale nel campo della politica di sicurezza.

Nato da un'iniziativa dell'UE, il Patto coordina un'ampia gamma di misure di stabilizzazione della regione dei Balcani. È particolarmente attivo nella lotta contro la proliferazione delle armi leggere e di piccolo calibro nonché nella lotta contro le mine antiuomo.

2

Obiettivi e strumenti della politica svizzera di controllo degli armamenti e di disarmo

2.1

Principi sui quali si fondano le posizioni svizzere

La stabilizzazione e l'estensione delle zone di cooperazione internazionale sorte dopo la fine della guerra fredda rappresentano un interesse vitale per la Svizzera, come testimonia l'evoluzione del concetto svizzero di sicurezza definito dal Consiglio federale nel Rapporto sulla politica di sicurezza 2000. Tra i mezzi fondamentali di cui dispone la politica di sicurezza del nostro Paese vi sono oggi la prevenzione attiva dei conflitti, il promovimento della pace, il partenariato per la sicurezza e la ricostruzione dopo i conflitti. In questo contesto, la PoCAD persegue l'obiettivo di una sicurezza e di una stabilità nazionali e internazionali con il minor livello possibile d'armamento, basandosi sull'evoluzione internazionale e sugli interessi nazionali in materia di sicurezza che ne risultano. Per quanto riguarda le armi di distruzione di massa, la Svizzera si impegna a prevenirne la proliferazione e a favorirne l'eliminazione totale.

La trasparenza e la prevedibilità delle attività, delle strutture e dei potenziali militari nonché l'intensificazione della cooperazione in materia di sicurezza rafforzano la fiducia tra gli Stati. In ultima analisi, la PoCAD si fonda in larga misura su tale fiducia e a sua volta la promuove. Contemporaneamente, il nostro Paese auspica l'ulteriore rafforzamento dell'ancoramento giuridico della PoCAD: le convenzioni universali e vincolanti dal punto di vista del diritto internazionale hanno la priorità rispetto a semplici accordi politicamente vincolanti e a misure unilaterali. In generale, la Svizzera mira a un regime di controllo degli armamenti e di disarmo non discriminatorio e verificabile e ratifica i trattati multilaterali che rientrano nella sfera delle sue possibilità. Inoltre, si associa a tutti i meccanismi multilaterali informali di diretta utilità per la non proliferazione delle armi di distruzione di massa.

La Svizzera considera importante una concezione globale della non proliferazione che tenga conto tanto degli aspetti relativi all'offerta quanto di quelli relativi alla domanda. Per quanto riguarda gli aspetti relativi all'offerta, occorre disciplinare l'accesso a informazioni, materiali e prodotti che possono essere utilizzati per la fabbricazione di tali armi. Parimenti è però indispensabile anche frenare la domanda di armi di distruzione di massa,
che nella maggior parte dei casi si fonda su un calcolo strategico razionale e spesso risulta da un effettivo bisogno di sicurezza.

Sono ad esempio orientati in questa direzione gli sforzi di promovimento della distensione a livello regionale mediante misure di ogni genere miranti al rafforzamento della fiducia nonché i trattati sul controllo degli armamenti e il disarmo.

4567

Negli ultimi anni, il nostro Paese ha potuto rafforzare ulteriormente il suo impegno nel campo della PoCAD. L'adesione alle Nazioni Unite, le quali costituiscono il quadro della maggior parte degli sforzi multilaterali per il controllo degli armamenti e il disarmo, ha ulteriormente ampliato il margine di manovra della PoCAD svizzera. Inoltre, dal 2003 la Svizzera appoggia il disarmo chimico mondiale fornendo per la prima volta un aiuto diretto all'eliminazione di armi di distruzione di massa.

La Svizzera, nell'ambito della sua PoCAD, ha accentuato gli sforzi nel settore della lotta al commercio illegale di armi leggere, ciò che negli ultimi anni le ha consentito di posizionarsi come uno dei principali attori internazionali in questo campo. Con il suo impegno, il nostro Paese sottolinea la sua volontà di affrontare anche con i mezzi della PoCAD i rischi per la sicurezza umana rappresentati dal tipo di conflitto oggi dominante, ossia dai conflitti interni. Grazie al «credito quadro per misure di gestione civile dei conflitti e di promovimento dei diritti dell'uomo», sono state migliorate considerevolmente le possibilità per la Svizzera di condurre una politica efficace in materia.

La PoCAD svizzera comprende oggi una vasta gamma di attività che contribuiscono in ampia misura al raggiungimento dell'obiettivo della tutela e del promovimento della sicurezza e della pace definito nel Rapporto del Consiglio federale sulla politica estera 20002, ma che vanno anche oltre. L'eliminazione delle mine antiuomo e dei residui bellici esplosivi favorisce per esempio la distensione dopo i conflitti, ma, in ultima analisi, favorisce pure la riduzione delle disparità sociali, poiché le vittime delle mine spesso perdono, oltre alla loro integrità fisica, anche le basi della loro stessa esistenza. Un ulteriore esempio è rappresentato dall'aiuto alla distruzione di armi chimiche, che va considerato anche un contributo alla protezione delle basi vitali naturali.

Nel seguito saranno illustrati i differenti strumenti della PoCAD svizzera attuale nel loro rispettivo contesto internazionale.

2.2

Misure della Svizzera nel settore delle armi di distruzione di massa e dei sistemi vettori

2.2.1

Armi nucleari

Anche se a livello internazionale la dissuasione nucleare così come dominava durante la guerra fredda ha perso importanza, le armi nucleari continuano a svolgere un importante ruolo politico a livello regionale.

Il periodo posteriore al 2000 è stato ricco di avvenimenti e ha rafforzato la dimensione politica delle armi nucleari. Il ritiro della Corea del Nord dal Trattato di non proliferazione delle armi nucleari (TNP) avvenuto il 9 gennaio 2003, ha contribuito all'acuirsi delle tensioni nella Penisola coreana. Inoltre, la comunità internazionale ha potuto constatare che l'Iran da anni lavora a un programma segreto per l'arricchimento di materiale fissile, che determinate cerchie in Pakistan hanno venduto tecnologia nucleare militare ad altri Stati e che segnatamente anche la Libia disponeva di un programma finalizzato alla realizzazione di armi nucleari. Certo, con la firma, il 24 maggio 2002 a Mosca, del «Strategic Offensive Reductions Treaty» tra gli Stati Uniti e la Russia, il disarmo nucleare ha fatto un ulteriore passo 2

FF 2001 201

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avanti. Tuttavia, le preoccupazioni americane riguardo agli Stati dell'«Asse del male» hanno spinto Washington a adottare, nel gennaio 2002, una seconda versione della sua «Nuclear Posture Review» (NPR). Oltre al ritiro dal trattato ABM sulla limitazione di sistemi di difesa antimissile, la NPR 2002 comprende lo spiegamento da parte statunitense di uno scudo antimissile a partire dal 2004/05, la ricerca sulle armi nucleari a piccolo raggio d'azione («mini-nukes») e la riattivazione del poligono del Nevada. Tutte queste decisioni sono contrarie allo spirito del TNP, che Washington ha ratificato nel 1970, e del Trattato per la messa al bando degli esperimenti nucleari (CTBT), che gli Stati Uniti hanno firmato nel 1996 ma che finora non hanno ancora ratificato.

In occasione degli incontri multilaterali, la Svizzera ha difeso il suo impegno a favore del disarmo e della non proliferazione, riconoscendo però contemporaneamente anche il diritto all'uso pacifico dell'energia nucleare. In qualità di membro del Consiglio dei governatori dell'AIEA, ha appoggiato la risoluzione che ha portato la questione della Corea del Nord dinnanzi al Consiglio di sicurezza dell'ONU nonché la risoluzione con la quale si imponeva all'Iran di fornire tutti i dati necessari per avere un quadro completo del suo programma finalizzato alla realizzazione di armi nucleari. Inoltre, la Svizzera ha firmato, nel giugno 2000, un protocollo addizionale al suo Accordo di garanzia con l'Agenzia. L'appoggio della Svizzera al CTBT si è concretizzato con l'entrata in funzione di una stazione sismica a Davos connessa con il sistema internazionale di sorveglianza del Trattato. Alla Conferenza sul disarmo di Ginevra, gli Stati membri non sono ancora riusciti ad accordarsi su un programma di lavoro. Tuttavia, il nostro Paese continua a promuovere lo svolgimento di colloqui in vista della conclusione di un Trattato per il divieto di produzione di materiale fissile (FMCT). Anche se per i progetti relativi al disarmo nucleare non sussiste alcun credito, la Svizzera, in seguito a una domanda comune di Stati Uniti e Russia, si è dichiarata disposta a offrire un contributo per l'organizzazione di un incontro multilaterale presso il Labor Spiez, allo scopo di facilitare il coordinamento dell'aiuto internazionale per lo smantellamento delle ultime centrali russe a plutonio.

2.2.2

Armi chimiche

La Convenzione sulla proibizione delle armi chimiche (CAC) riveste un'importanza centrale per la politica di sicurezza della Svizzera, in quanto è la prima convenzione a vietare in modo generale, controllabile e non discriminatorio un'intera classe di armi di distruzione di massa. La CAC soddisfa quindi perfettamente le esigenze della Svizzera in materia di misure di disarmo internazionali nel settore delle armi di distruzione di massa.

Dalla sua entrata in vigore nel 1997, la Convenzione ha praticamente raggiunto l'obiettivo dell'universalità: entro il 1° marzo 2004, 161 Stati l'avevano ratificata.

L'adesione della Libia nel 2004 permette di sperare che pure importanti Paesi del Vicino Oriente, fino ad oggi rimasti in disparte, vi aderiscano. L'obiettivo di un mondo senza armi chimiche è diventato quindi realistico. Contemporaneamente diventano però percettibili le carenze nell'attuazione della Convenzione. Differenti Stati, ad esempio, non hanno ancora adeguato la loro legislazione nazionale alle esigenze stabilite dalla Convenzione. È preoccupante il fatto che, a causa di difficoltà tecniche e finanziarie, il disarmo degli arsenali di armi chimiche dichiarati stia

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subendo ritardi. Vi sono dubbi che la Federazione Russa, e probabilmente anche gli Stati Uniti, possano distruggere i loro arsenali entro la scadenza prevista del 2012.

La comunità internazionale ha identificato i problemi che si pongono in occasione della distruzione di armi chimiche, segnatamente nella Federazione Russa, e ha messo a disposizione risorse considerevoli per risolverli. In questo contesto, il Parlamento svizzero ha approvato nel mese di marzo 2003 un credito quadro di 17 milioni di franchi3 per un periodo di cinque anni destinato a promuovere il disarmo chimico mondiale, ponendo l'accento sul finanziamento di progetti in Russia.

Questo impegno costituisce del resto il contributo della Svizzera al «Partenariato globale contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa» del G8, al quale ha aderito nel 2003. Oltre ai progetti in Russia, la Svizzera appoggia anche progetti concreti in Albania, la quale ha dichiarato un piccola scorta di aggressivi chimici.

In quanto Paese con una competenza mondialmente riconosciuta nel campo della chimica, la Svizzera lavora da lungo tempo al disarmo chimico; tale sforzo è iniziato contribuendo alla preparazione della CAC e alla realizzazione della pertinente Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPCW). La Svizzera, in collaborazione con l'industria chimica, ha ad esempio offerto un contributo importante alla formazione degli ispettori. Inoltre, specialisti nazionali sono stati istruiti all'utilizzazione del materiale di protezione presso il Centro di competenza ABC dell'esercito svizzero. Per la prima volta sono stati organizzati corsi specifici in differenti Stati dell'Asia centrale e del Caucaso meridionale. Un contributo importante è offerto dal Labor Spiez, un laboratorio di fiducia riconosciuto dall'OPCW.

La Svizzera tiene pure a disposizione di quest'ultima materiale di protezione e di decontaminazione per 10 000 persone nonché apparecchi di detezione per il caso in cui uno degli Stati firmatari del Trattato dovesse essere attaccato con armi chimiche.

Infine, la Svizzera è stata attiva anche nell'ambito dell'ONU: nel 2003 ha ospitato un corso di formazione di base della commissione di disarmo UNMOVIC durante il quale ispettori dell'ONU provenienti da 28 Nazioni si sono preparati al loro impiego in Iraq.

2.2.3

Armi biologiche

La Convenzione che vieta la messa a punto, la fabbricazione e lo stoccaggio delle armi batteriologiche (biologiche) e a tossine e che disciplina la loro distruzione (BTWC) è in vigore dal 1975. Essa vieta l'acquisto, lo sviluppo, la fabbricazione e il possesso di armi biologiche e a tossine nonché degli equipaggiamenti o dei mezzi operativi destinati all'uso di tali armi. Non dispone però ancora di un efficace strumento di verifica, ciò che costituisce un elemento essenziale dei moderni trattati sul disarmo.

Di fronte ai progressi della scienza in questo campo (biotecnologie, ingegneria genetica) e all'acuirsi della minaccia rappresentata dalle armi biologiche (terrorismo, probabile proseguimento dei programmi per la realizzazione di armi biologiche da parte di certi Stati), l'assenza di efficaci misure di verifica indebolisce la Convenzione. Allo scopo di colmare questa lacuna, gli Stati firmatari partecipano a misure miranti al rafforzamento della fiducia quali lo scambio di informazioni sui pro3

Nell'ambito delle misure di risparmio della Confederazione, in data 25 febbraio 2004 il credito è stato ridotto a 15 milioni di franchi.

4570

grammi di ricerca militari (difensivi), sui laboratori di massima sicurezza o sull'apparizione inusuale di malattie. Tali misure rimangono però di carattere facoltativo e non hanno l'effetto sperato. Di conseguenza, gli Stati firmatari hanno avviato negoziati su un Protocollo aggiuntivo alla Convenzione che dovrebbe prevedere un ampio sistema di verifica. A causa della resistenza degli Stati Uniti, su questo punto la conferenza per la verifica della BTWC del 2001 non ha raggiunto alcun consenso e si è limitata all'allestimento di un processo di follow-up con il quale è possibile rafforzare l'attuazione della Convenzione a livello nazionale e internazionale.

La Svizzera continua a partecipare alle misure miranti al rafforzamento della fiducia e ha partecipato attivamente ai negoziati per il consolidamento della Convenzione sostenendo l'introduzione di un sistema di verifica efficace, equilibrato e giuridicamente vincolante. Il nostro Paese osserva con attenzione tutti gli sforzi per garantire la biosicurezza e appoggia finanziariamente l'OMS nel settore delle misure preventive e delle contromisure nei confronti dei rischi biologici. In questo contesto, ha messo a disposizioni degli Stati firmatari della Convenzione che ne hanno fatto richiesta, esperti per il controllo e la sicurezza dei microrganismi patogeni. Nel quadro dell'EAPC, la Svizzera, in collaborazione con i Paesi Bassi, sta preparando una vasta gamma di strumenti per la gestione delle situazioni d'emergenza in caso di incidenti biologici.

2.2.4

Sistemi vettori

Affinché le armi nucleari, biologiche e chimiche possano essere impiegate in maniera militarmente efficace, occorrono dei cosiddetti «sistemi vettori», quali ad esempio i missili balistici, i missili da crociera e i velivoli senza pilota (Unmanned Air Vehicles, UAV). Allo scopo di impedire la proliferazione di simili sistemi vettori, su iniziativa degli Stati del G7 è stato istituito nel 1987 il «regime di controllo delle tecnologie missilistiche» (Missile Technology Control Regime, MTCR) che controlla, mediante direttive concordate sull'esportazione, la cessione di beni e tecnologie utilizzabili per la fabbricazione di sistemi vettori. Attualmente 33 Stati, tra i quali la Svizzera, sono associati a questo regime.

Anche se negli ultimi anni l'MTCR è riuscito a rallentare sensibilmente la diffusione di sistemi vettori a livello mondiale, esso non ha alcun influsso sul rafforzamento della cooperazione tra Stati non membri in occasione dello sviluppo, della produzione e del trasferimento di missili e tecnologie missilistiche. Con il «Codice di condotta dell'Aja» del 25 novembre 2002 si è perciò tentato di coinvolgere un maggior numero di Paesi negli sforzi di non proliferazione dei missili balistici. Nel frattempo, 111 Stati hanno firmato questo Codice. Esso contiene principi, obblighi e misure miranti al rafforzamento della fiducia, quali ad esempio il preannuncio di lanci di missili nonché le regolamentazioni per migliorare la trasparenza in merito alla politica in campo missilistico e alle scorte di missili.

Infine, alcuni Paesi adottano anche misure attive per proteggersi dal pericolo rappresentato dai sistemi vettori. Nel corso del 2004, gli Stati Uniti metteranno in servizio in Alaska e in California due installazioni militari antimissili. Anche se questo sistema antimissili sarà impiegato in primo luogo contro attacchi quantitativamente limitati e contro missili balistici tecnicamente piuttosto semplici, non è ancora

4571

possibile pronunciarsi sull'impatto concreto di questo sistema sul sistema di dissuasione nucleare esistente e sull'uso pacifico dello spazio.

La Svizzera dispone soltanto di mezzi limitati per proteggersi autonomamente dalla minaccia rappresentata dai sistemi vettori. Attualmente essa concentra le sue attività in questo settore sui controlli delle esportazioni nel quadro dell'MTCR. Il nostro Paese appoggia tutti gli sforzi per l'adozione di norme, vincolanti dal punto di vista del diritto internazionale e non discriminatorie, miranti alla non proliferazione dei missili balistici. Contemporaneamente, attribuisce grande valore al mantenimento del diritto all'uso pacifico dello spazio e delle tecnologie necessarie al riguardo.

2.2.5

Armi radiologiche

La armi radiologiche («dirty bombs»), finora mai impiegate, sono concepite per disperdere materiale altamente radioattivo mediante un'esplosione convenzionale. Il loro valore militare è dubbio: l'effetto è localizzato e i lavori di decontaminazione dell'aerea interessata sono sproporzionati rispetto all'eventuale utilità militare.

Tuttavia, negli ultimi anni sono sempre più frequenti i timori che le armi radiologiche, a causa del loro impatto psicologico, possano diventare interessanti per i gruppi terroristici, tanto più che la fabbricazione di tali armi è relativamente semplice.

Il materiale altamente radioattivo necessario per la fabbricazione di armi radiologiche è largamente utilizzato nel settore medico, industriale e scientifico ed è relativamente accessibile. Sin dagli anni novanta, l'AIEA ha pertanto adottato provvedimenti contro il commercio illegale e per migliorare la protezione del materiale in questione. Dopo l'interruzione, nel 1993, dei primi negoziati sulla proibizione delle armi radiologiche nell'ambito della Conferenza sul disarmo di Ginevra, la medesima Conferenza, su iniziativa della Germania, ha nel frattempo reintrodotto il tema nei dibattiti relativi al programma di lavoro. La Svizzera appoggia questi sforzi.

2.3

Controlli delle esportazioni

I controlli delle esportazioni sono uno strumento importante per l'attuazione degli obblighi in materia di non proliferazione risultanti dai trattati multilaterali sul disarmo (TNP, CAC, BTWC). Inoltre, i controlli delle esportazioni sono utili all'attuazione degli obiettivi politici che hanno la loro origine in accordi internazionali e codici di comportamento giuridicamente non vincolanti nonché in disposizioni esclusivamente nazionali (cfr. qui di seguito). I controlli delle esportazioni si applicano tanto ai beni d'armamento quanto ai beni a duplice impiego, cioè ai beni utilizzabili a fini civili e militari, che possono servire per la fabbricazione di armi di distruzione di massa e di altri beni d'armamento.

I controlli delle esportazioni sono efficaci e giustificati soltanto se i grandi Paesi fornitori li applicano in maniera il più possibile coordinata. A tale scopo sono stati istituiti quattro regimi di controllo delle esportazioni ai quali hanno aderito differenti Paesi fornitori: il Gruppo dei fornitori nucleari (NSG), il Gruppo d'Australia (AG) per gli agenti chimici e biologici, il Regime di controllo delle tecnologie missilistiche (MTCR) e l'Accordo di Wassenaar (WA), con il quale sono state concordate direttive per il trasferimento di beni d'armamento e di beni a duplice impiego (mate4572

rie, materiale elettronico e informatico ecc.). Nel caso di questi regimi, si tratta di gruppi ­ tra i cui membri i legami sono piuttosto elastici e non vincolanti dal punto di vista del diritto internazionale ­ che stabiliscono elenchi dei beni da controllare nonché standard comuni per i controlli delle esportazioni. L'attuazione concreta delle norme di controllo delle esportazioni rimane però di competenza del singolo Stato membro. In Svizzera, i controlli delle esportazioni dei beni utilizzabili a fini civili e militari e dei beni militari speciali sono disciplinati dalla legge sul controllo dei beni a duplice impiego4, mentre quelli relativi al materiale bellico sono disciplinati nella legge federale sul materiale bellico5. L'esecuzione è affidata al Segretariato di Stato dell'economia (seco) del Dipartimento federale dell'economia.

Le autorità federali autorizzano le esportazioni di materiale bellico se rispettano il diritto internazionale, gli obblighi internazionali e i principi di politica estera della Svizzera. Nel contempo, deve poter essere mantenuta una capacità industriale adeguata alle esigenze della nostra difesa nazionale. I criteri per il rilascio dell'autorizzazione sono specificati nell'ordinanza sul materiale bellico6. Inoltre, nei casi in cui il destinatario è coinvolto in un conflitto armato con un altro Stato (senza mandato del Consiglio di sicurezza dell'ONU) è applicato il diritto della neutralità.

Rispetto ad altri Stati occidentali, la Svizzera persegue una politica restrittiva in materia di esportazioni di materiale bellico. Nel 2003, le esportazioni di materiale bellico hanno rappresentato lo 0,28 % (379 mio CHF) del totale delle esportazioni di merci dell'economia svizzera.

La Svizzera è uno dei principali fornitori di beni a duplice impiego. Nel 2003, il valore delle autorizzazioni d'esportazione di beni a duplice impiego e di cosiddetti beni militari speciali rilasciate dal seco ammontava a oltre 500 milioni di franchi7. I principali interessati sono l'industria chimica e l'industria delle macchine, segnatamente per quanto riguarda le macchine utensili utilizzabili tanto nel settore nucleare e missilistico quanto nel settore delle armi convenzionali. Il nostro Paese ha il massimo interesse al mantenimento dei controlli nazionali efficaci delle esportazioni, perché
soltanto così potrà continuare a rifornire i mercati di tutto il mondo e ad avere accesso alle tecnologie avanzate. Nell'ambito dei regimi internazionali di controllo delle esportazioni, la Svizzera si impegna segnatamente per migliorare l'armonizzazione e la trasparenza allo scopo di evitare una penalizzazione unilaterale della nostra industria.

4 5 6

7

Legge federale del 13 dicembre 1996 sul controllo dei beni utilizzabili a fini civili e militari e sui beni militari speciali, RS 946.202.

Legge federale del 13 dicembre 1996 sul materiale bellico, RS 514.51.

Ordinanza del 25 febbraio 1998 concernente il materiale bellico, RS 514.511: a. il mantenimento della pace, la sicurezza internazionale e la stabilità regionale; b. la situazione all'interno del Paese destinatario; occorre tener conto in particolare del rispetto dei diritti umani e della rinuncia all'impiego di bambini-soldato; c. gli sforzi della Svizzera nell'ambito della cooperazione allo sviluppo; d. il comportamento del Paese destinatario rispetto alla comunità internazionale, in particolare in relazione all'osservanza del diritto internazionale; e. la posizione dei Paesi che partecipano con la Svizzera a regimi internazionali di controllo delle esportazioni.

Le esportazioni effettive hanno totalizzato un multiplo di questa somma, poiché essa non comprende le esportazioni avvenute sulla base di un'autorizzazione generale. Cfr.

numero 8.1.1 del Rapporto del Consiglio federale sulla politica economica esterna 2003 (FF 2004 243).

4573

Tuttavia, negli ultimi anni è emerso che l'efficacia dei controlli delle esportazioni in quanto strumento della politica di controllo degli armamenti è limitata: ­

i controlli delle esportazioni sono misure che agiscono sull'offerta: ostacolano e rendono più costoso l'acquisto di componenti importanti per la produzione di armi da parte degli Stati interessati alla proliferazione, senza tuttavia impedirlo completamente. Poiché i controlli delle esportazioni non sono indirizzati verso singoli Stati, ma esclusivamente verso utenti finali critici (determinate società, aziende militari ecc.), non può mai essere escluso totalmente che essi possano procurarsi attraverso altri canali un accesso alle tecnologie sottoposte al controllo.

­

L'efficacia dei controlli delle esportazioni tende a diminuire, poiché i Paesi interessati dispongono sempre più spesso loro stessi del know-how tecnologico necessario e lo scambiano tra loro («proliferazione sud-sud»). La recente scoperta dei programmi nucleari nord-coreani, iraniani e libici, il ruolo del Pakistan nella diffusione di know-how nucleare e l'esistenza di un mercato nero internazionale delle tecnologie nucleari indica che i Paesi occidentali industrializzati non hanno più il monopolio delle tecnologie chiave relative alle armi di distruzione di massa.

­

Gli elenchi di beni sui quali si fondano i controlli delle esportazioni seguono evidentemente con un certo ritardo l'evoluzione tecnologia. Di conseguenza, sta acquistando importanza la cosiddetta clausola «Catch-all», mediante la quale è possibile proibire anche l'esportazione di beni che non figurano sugli elenchi di controllo. Essa è tuttavia applicata in vario modo a livello internazionale.

­

In seguito agli attentati dell'11 settembre 2001, in tutti i regimi di controllo delle esportazioni sono state introdotte disposizioni destinate a impedire che i gruppi terroristici abbiano accesso a beni sottoposti ai controlli. La Svizzera dubita tuttavia che i controlli delle esportazioni costituiscano uno strumento adeguato al riguardo. La lotta al terrorismo è in primo luogo un compito delle autorità di polizia e dei servizi di informazione.

Poiché l'acquisto di equipaggiamenti e tecnologie per i programmi relativi alle armi di distruzione di massa avviene per lo più segretamente, le autorità incaricate del controllo delle esportazioni dipendono dai dati forniti dai servizi di informazione.

Un piccolo Stato come la Svizzera, a causa dei suoi mezzi limitati, deve spesso fare affidamento sulle informazioni dei servizi di informazione di altri Stati. Tali informazioni sono frequentemente imprecise, incomplete e difficilmente verificabili, ciò che rende estremamente difficoltosa l'esecuzione dei controlli delle esportazioni.

2.4

Armi convenzionali

2.4.1

Armi pesanti convenzionali

Le armi pesanti convenzionali (sistemi d'arma ed equipaggiamenti principali) comprendono i carri armati da combattimento, i veicoli da combattimento corazzati e i veicoli da combattimento della fanteria, i sistemi d'artiglieria di grosso calibro, i velivoli da combattimento e gli elicotteri d'attacco nonché, nel caso del Registro delle armi dell'ONU, anche le navi da guerra, i missili e i loro sistemi di lancio. Gli 4574

strumenti principali del controllo degli armamenti che concernono questi sistemi e i relativi aspetti della dottrina, della struttura, dell'impiego e del trasferimento, sono le misure miranti a rafforzare la fiducia e la sicurezza (CSBM), la limitazione degli armamenti e il disarmo.

Con il Documento di Vienna (1990/92/94/99), l'OSCE ha sviluppato un complesso originale di CSBM. Il suo campo d'applicazione comprende tutta l'Europa, dall'Atlantico agli Urali, nonché cinque Stati dell'Asia Centrale. Le sue disposizioni prevedono tra l'altro lo scambio annuale di informazioni militari sulle forze armate, sui sistemi d'arma principali e sulla pianificazione della difesa nonché contatti militari, notifiche, verifiche, meccanismi di consultazione e una rete di comunicazione dell'OSCE. In quanto membro a pieno titolo, il nostro Paese sfrutta attivamente le sue possibilità per promuovere la trasparenza e l'apertura delle strutture militari, degli effettivi e delle pianificazioni nel settore dell'armamento nonché della prevedibilità delle attività militari. Esso si impegna a favore della completa e corretta applicazione di tutte le convenzioni e gli accordi nell'intera area dell'OSCE. In questo contesto, la partecipazione attiva della Svizzera all'implementazione delle convenzioni testimonia dell'elevato grado di importanza che essa attribuisce alle CSBM. In sintonia con questo interesse fondamentale, l'esercito svizzero ha eseguito nel periodo in esame (2000­2003) 12 azioni di verifica all'estero.

L'evoluzione della situazione strategica ha imposto, nel 1999, la revisione del Trattato sulle forze armate convenzionali in Europa (CFE), risalente al 1990. Questo trattato mira in primo luogo a impedire un'elevata concentrazione di forze convenzionali prescrivendo limiti massimi in materia di armi convenzionali e di effettivi di truppe nonché direttive concrete per il disarmo. L'«Accordo sull'adattamento del trattato CFE» del 1999 prevede nel suo campo d'applicazione (dopo la sua ratifica) la possibilità per tutti gli Stati membri dell'OSCE di aderirvi. Questa evoluzione tiene conto del profondo mutamento a livello geostrategico (dissoluzione del Patto di Varsavia, crollo dell'Unione Sovietica e allargamento della NATO) e supera il precedente confronto tra blocchi. La ratifica del trattato da parte degli Stati
occidentali ­ e quindi la sua entrata in vigore ­ potrebbe essere ritardata fino al momento in cui essi saranno convinti che la Federazione Russa rispetta il suo obbligo di ritirare le truppe russe dalla Georgia e dalla Moldavia. La Svizzera considera la futura entrata in vigore dell'adattamento del trattato CFE e l'applicazione credibile, corretta e integrale delle sue disposizioni come uno dei pilastri della sicurezza europea e un garante importante della stabilità nel campo delle armi convenzionali.

Un regime complementare alle CSBM e alle misure per la limitazione degli armamenti e il disarmo è costituito dal Trattato sui cieli aperti che autorizza voli di ricognizione con velivoli e sensori (fotocamere, videocamere, apparecchi infrarossi, radar) certificati. Il suo campo d'applicazione considerevolmente ampliato (da Vancouver fino a Wladiwostok) ingloba, a differenza di altri regimi CSBM, anche l'intero territorio degli Stati Uniti e della Russia. Il trattato è entrato in vigore il 1° gennaio 2002 e la Svizzera, in quanto Stato membro dell'OSCE, ha la possibilità di aderirvi.

Il Registro delle armi convenzionali istituito dall'Assemblea generale dell'ONU contiene dati accessibili a tutti in merito alle scorte, alla produzione, alle importazioni e alle esportazioni di sette categorie di sistemi d'arma principali convenzionali.

La Svizzera ha sostenuto l'allestimento del Registro delle armi convenzionali dell'ONU e dal 1993 fornisce annualmente tutte le informazioni rilevanti e si impegna a favore di un ampliamento e di un'applicazione universale del Registro.

4575

Infine, la Svizzera contribuisce alla stabilità internazionale partecipando all'Accordo di Wassenaar che mira segnatamente a promuovere la trasparenza e un comportamento più responsabile in occasione del trasferimento di armi convenzionali e dei pertinenti beni a duplice impiego, allo scopo di impedire lo sviluppo di arsenali militari destabilizzanti. L'Accordo prevede una scambio di informazioni sotto forma di notifiche tra Stati membri sui trasferimenti a destinazione di Stati non membri.

2.4.2

Armi leggere e di piccolo calibro

La problematica delle armi leggere e di piccolo calibro (nel seguito «armi leggere») ha acquistato un considerevole slancio negli ultimi anni. Infatti, tanto a livello regionale quanto a livello internazionale si sta elaborando una serie di accordi. Molti Paesi hanno inoltre iniziato a recepire nella loro legislazione nazionale disposizioni destinate ad arginare il commercio illegale di armi leggere. La Svizzera ha riconosciuto molto presto l'importanza della problematica delle armi leggere. Attualmente essa svolge un ruolo d'avanguardia a livello internazionale nell'evidenziare gli effetti negativi per la sicurezza umana della proliferazione incontrollata delle armi leggere. Inoltre, nell'ambito dei propri sforzi contro le armi leggere illegali, si occupa di aspetti relativi alla sicurezza in senso stretto, quali la lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata.

Nel luglio 2001, l'Assemblea generale dell'ONU ha adottato il Programma d'azione delle Nazioni Unite per la prevenzione, la lotta e l'eliminazione del commercio illecito di armi leggere e di piccolo calibro. Il programma rappresenta il primo documento di portata mondiale relativo alle armi leggere. Anche se non contiene alcun obbligo giuridicamente vincolante per i singoli Stati, esso costituisce una base politica promettente per quanto riguarda l'impegno della comunità internazionale a livello nazionale, regionale e mondiale.

Nella fase preparatoria della Conferenza delle Nazioni Unite sulle armi leggere del 2001, la Svizzera ha lanciato unitamente alla Francia un'iniziativa a favore di un accordo giuridicamente vincolante sulla marchiatura e la rintracciabilità delle armi leggere illegali. È stato possibile ancorare elementi fondamentali di tale iniziativa nel Programma d'azione delle Nazioni Unite. In seguito, la 58ma Assemblea generale dell'ONU ha incaricato un gruppo di lavoro di elaborare uno strumento finalizzato alla rintracciabilità delle armi leggere illegali. Il gruppo di lavoro, diretto da uno Svizzero, concluderà i negoziati nel giugno 2005.

Nel quadro del Programma d'azione delle Nazioni Unite, il nostro Paese ha appoggiato altri Stati e regioni nella lotta contro il commercio illegale di armi leggere cofinanziando il pertinente fondo del programma di sviluppo dell'ONU nonché misure di smobilitazione, disarmo e
reinserimento di combattenti nell'Africa occidentale, come pure partecipando a conferenze e iniziative internazionali importanti.

Esso ha contribuito finanziariamente in larga misura alla creazione dello «Small Arms Survey», un centro di ricerca sulle armi leggere con sede a Ginevra, che oggi gode di rinomanza mondiale.

Negli ultimi anni, a livello regionale è stata sviluppata una serie di convenzioni che contengono obblighi e raccomandazioni che in parte vanno oltre quanto previsto dal Programma d'azione delle Nazioni Unite. Per il nostro Paese assume particolare importanza il «Documento OSCE sulle armi di piccolo calibro e leggere» adottato 4576

dall'Organizzazione nel novembre 2000, che impone tra l'altro scambi non ricorrenti di informazioni su differenti aspetti quali la marchiatura, la produzione, il commercio, la distruzione e la sicurezza delle scorte nonché uno scambio annuale di informazioni sulle esportazioni, le importazioni e le eccedenze di armi leggere tra i 55 Stati membri. Alla fine del 2003 è stato possibile adottare otto «Guide delle migliori prassi» («Best Practice Guides») su aspetti centrali del controllo delle armi leggere, che mettono a disposizione degli Stati membri raccomandazioni operative orientate alla pratica per l'esecuzione a livello nazionale. In collaborazione con la Spagna e la Gran Bretagna, la Svizzera ha allestito uno di questi documenti, la «Guida delle migliori prassi sulle procedure nazionali per la gestione e la sicurezza delle scorte». Essa continua a impegnarsi per un'attuazione integrale e corretta del documento sulle armi leggere allo scopo di fare in modo che le disposizioni convenute siano rispettate e sia quindi possibile valutare la volontà dei partner per quanto riguarda il rispetto degli obblighi reciproci contratti in materia di sicurezza.

La Svizzera sfrutta inoltre la sua partecipazione al Consiglio di Partenariato EuroAtlantico (EAPC) e al Partenariato per la pace (PPP) della NATO per promuovere e adempiere gli obblighi assunti e le norme adottate. Essa ha per esempio organizzato una serie di seminari allo scopo di affrontare problemi specifici e coordinare meglio l'attività delle differenti organizzazioni regionali. Ha pure organizzato corsi di perfezionamento nel campo della gestione delle scorte di armi leggere.

2.4.3

Mine, munizioni ed esplosivi

Coerentemente con il suo tradizionale impegno umanitario, la Svizzera si impegna da lungo tempo a favore di un divieto completo delle mine antiuomo. Già nel 1990, l'esercito svizzero ha ritirato dalla truppa tutte le mine antiuomo e nel 1999 ha potuto realizzare la distruzione completa di tutte le sue scorte. Nel marzo 1998, la Svizzera è stata una delle prime nazioni a ratificare la Convenzione sul divieto dell'impiego, del deposito, della fabbricazione e del trasferimento delle mine antiuomo e sulla loro distruzione (Convenzione di Ottawa). La Convenzione costituiva un'autentica novità nel campo del diritto internazionale umanitario nella misura in cui, contrariamente agli strumenti esistenti, prevede non soltanto limitazioni dell'impiego, ma un divieto globale di determinati mezzi bellici convenzionali. In seguito, il nostro Paese ha accolto nel 2000 e nel 2002 la Conferenza degli Stati aderenti alla Convenzione di Ottawa.

La Svizzera consacra crescenti risorse finanziarie per promuovere, tanto a livello politico quanto a livello operativo, un divieto mondiale delle mine antiuomo come pure per promuovere lo sminamento. Essa è uno dei principali Paesi donatori e ha acquisito la reputazione di essere un partner rapido e affidabile. Il nostro Paese è membro del Mine Action Support Group (MASG), che raggruppa i 26 principali Paesi donatori, e lo presiederà negli anni 2004/05. Il MASG mantiene un colloquio permanente con l'«United Nations Mine Action Service» (UNMAS) che è competente per il coordinamento di tutte le attività delle Nazioni Unite relative alle mine. I progetti svizzeri sono strettamente coordinati con le azioni attuate dalla Confederazione nell'ambito del promovimento della pace, dell'assistenza umanitaria e della cooperazione allo sviluppo. I progetti di sminamento sono focalizzati sull'Europa sud-orientale, sull'Africa e sullo Sri Lanka, mentre in Libano e in Colombia esistono progetti per la prevenzione degli incidenti. Inoltre, la Svizzera sostiene i programmi 4577

delle Nazioni Unite e i progetti delle organizzazioni non governative con materiale e personale del pool di esperti per lo sminamento umanitario.

Tra i principali contributi della Svizzera al Processo di Ottawa vi sono l'istituzione del Centro internazionale di sminamento umanitario di Ginevra (GICHD) e lo sviluppo di un Sistema di gestione dell'informazione (IMSMA) da parte del Politecnico federale di Zurigo. Il sistema consente tra l'altro di registrare il luogo e la situazione dei campi minati e contribuisce all'attuazione dei programmi di sminamento. Dal 2001, il GICHD assume la funzione di segretariato della Convenzione di Ottawa. La Confederazione offre un contributo sostanziale alle spese d'esercizio e mantiene stretti contatti con questa fondazione indipendente dai Governi e riconosciuta internazionalmente.

Negli ultimi anni, pure nel campo delle munizioni convenzionali sono state lanciate differenti iniziative. In relazione con i rischi per la sicurezza rappresentati dalle scorte di munizioni convenzionali ­ compresi gli esplosivi e i mezzi d'accensione ­ eccedenti oppure in procinto di essere distrutte, il Forum di cooperazione per la sicurezza nell'ambito dell'OSCE ha adottato all'inizio del mese di novembre 2003 il Documento OSCE sulle scorte di munizioni convenzionali. Il documento propone procedure e meccanismi opportuni e su misura in relazione con regimi di cooperazione in materia di disarmo già esistenti. L'Ucraina e la Bielorussia sono stati i primi Stati a presentare una domanda d'assistenza e di conseguenza ad attivare il meccanismo di invio di esperti dell'OSCE.

Alla fine del mese di novembre 2003, in occasione di un incontro a Ginevra degli Stati firmatari della Convenzione del 1980 sul divieto o la limitazione dell'impiego di talune armi classiche (CCW), è stato adottato il nuovo Protocollo V sui residui bellici esplosivi (Explosive Remnants of War). Tale Protocollo impone segnatamente l'obbligo di procedere a una bonifica per gli Stati sul cui territorio si trovano residui bellici esplosivi nonché l'obbligo per l'utilizzatore di detta munizione di fornire assistenza in occasione dei pertinenti lavori di bonifica. Esso prevede inoltre l'obbligo di registrazione delle munizioni esplosive utilizzate e uno scambio di informazioni per facilitare la bonifica. Il documento potrà
contribuire in futuro alla protezione della popolazione civile dopo la fine delle ostilità. La Svizzera ha per altro partecipato alla preparazione di un mandato di discussione relativo a misure tecniche preventive per determinati tipi di munizione esplosiva, comprese le submunizioni, e su alcune questioni d'interpretazione del diritto internazionale umanitario, che dovrebbero colmare le lacune del Protocollo V, in particolare per quanto riguarda la parte tecnica.

Sempre nell'ambito dell'incontro degli Stati aderenti alla CCW è stato pure adottato un mandato relativo alle mine diverse dalle mine antiuomo (Mines other than Antipersonnel Mines). Tale mandato incarica il gruppo degli esperti governativi di elaborare raccomandazioni all'attenzione della prossima Conferenza degli Stati membri in vista di un disciplinamento dettagliato dell'uso delle mine antiveicolo.

Dal mese di novembre 2003, la Svizzera cosponsorizza il pertinente progetto.

4578

3

Prospettive della politica svizzera di controllo degli armamenti e di disarmo

La Svizzera ha proseguito i suoi sforzi per rafforzare il processo internazionale di controllo degli armamenti e di disarmo nel difficile contesto dominante dall'inizio di questo secolo. Essa ha sfruttato le possibilità supplementari per far valere il proprio influsso e illustrare la propria politica che le sono state offerte con l'adesione all'ONU. Le risorse umane, istituzionali e finanziarie del DFAE (che assume pure il ruolo di coordinatore), del DFGP, del DDPS e del DFE sono state impiegate per un'ampia PoCAD in sintonia con gli obiettivi della politica estera del nostro Paese.

Sembra probabile che l'attuale situazione di stallo che caratterizza i fori internazionali di negoziazione della PoCAD persisterà anche nei prossimi anni. Questa situazione si spiega con un certo indebolimento del multilateralismo, ma anche con sostanziali divergenze tra i principali attori. Segnatamente per quanto riguarda il disarmo in materia di armi di distruzione di massa, la comunità internazionale sembra attualmente aver esaurito la capacità di raggiungere un consenso. Inoltre non è chiaro se e in che misura la lotta contro il terrorismo internazionale potrà allentare posizioni divenute rigide, in quanto gli attentati commessi a Madrid nella primavera del 2004 mostrano purtroppo che questa minaccia potrebbe perdurare in Europa per anni. In questo contesto, occorre ipotizzare che, per quanto riguarda il controllo internazionale degli armamenti nel settore delle armi di distruzione di massa e dei sistemi vettori, l'accento continuerà a essere posto sulla non proliferazione.

In queste condizioni, la Svizzera si sforzerà di sfruttare in maniera ottimale il relativamente scarso margine di manovra offerto dalla sua PoCAD. Essa dispone principalmente di quattro possibilità: appoggiare una migliore applicazione dei trattati esistenti, negoziare protocolli addizionali per colmare le lacune di tali trattati, adottare misure a favore dell'aiuto al disarmo e della cooperazione in materia di verifica nonché promuovere iniziative a livello regionale.

Una migliore applicazione dei trattati esistenti ne rafforza la credibilità e potrà dare in futuro nuovi impulsi a favore di un miglioramento dell'ancoramento giuridico della PoCAD. La Svizzera controlla in permanenza sul suo territorio il rispetto degli obblighi che ha
contratto. Essa potrebbe fornire consulenza agli Stati che non possiedono il know-how indispensabile per la creazione degli strumenti richiesti (legislazione, capacità istituzionali), sempre che gli organi federali interessati dispongano delle risorse necessarie. Il nostro Paese si impegna inoltre a realizzare l'universalità dei trattati, affinché essi siano rispettati in tutto il mondo.

Per la credibilità dei trattati sul controllo degli armamenti e il disarmo è parimenti importante che siano colmate le lacune e che tali trattati siano adattati nel miglior modo ai progressi costanti della guerra moderna. Anche in futuro la Svizzera continuerà ad appoggiare la negoziazione di protocolli addizionali, per esempio in vista dell'elaborazione di uno strumento sulle garanzie di sicurezza negative per gli Stati non dotati di armi nucleari. Essa è per principio favorevole alle iniziative finalizzate al disciplinamento e all'ancoramento giuridico di quei settori dei quali la PoCAD internazionale finora si è occupata piuttosto poco.

Nel 2003, la Svizzera ha fornito per la prima volta un aiuto diretto al disarmo per l'eliminazione di armi di distruzione di massa. Il credito di 17 milioni di franchi per almeno cinque anni stanziato dalle Camere federali nel marzo 2003 si limita al promovimento della distruzione di armi chimiche. Tale limitazione è problematica 4579

nella misura in cui le armi nucleari e biologiche rappresentano una minaccia almeno altrettanto importante per la sicurezza della Svizzera. Per il futuro occorrerebbe dunque considerare, seguendo l'esempio di altri Stati, un aiuto al disarmo per i rimanenti generi di armi e quindi la messa a disposizione delle pertinenti risorse. Nel caso delle armi convenzionali, il nostro Paese continuerà a contribuire alla raccolta e alla distruzione di armi leggere e mine antiuomo.

Nei prossimi anni potrebbe assumere un'importanza particolare la verifica del rispetto degli obblighi attuali in materia di controllo degli armamenti e di disarmo. Come indica il fallimento del progetto di un protocollo addizionale alla BTWC, occorre prevedere ­ piuttosto che uno sviluppo di sistemi di verifica globali ­ ispezioni puntuali sulla base di sospetti concreti, segnatamente sulla base di un mandato del Consiglio di sicurezza dell'ONU. La Svizzera è per principio favorevole alla verifica mondiale dei trattati sul controllo degli armamenti e sul disarmo e intraprende anche passi concreti per rafforzarla. Essa sta pertanto procedendo, unitamente all'OPCW, alla pianificazione di un esercizio d'ispezione così come previsto nella CAC. Nel contempo la Svizzera è tuttavia consapevole che soltanto una verifica non discriminatoria può rafforzare la fiducia reciproca, che costituisce uno degli obiettivi principali della PoCAD.

Malgrado l'incremento dei conflitti interni e regionali, negli ultimi anni gli approcci regionali si sono rivelati fruttuosi per la PoCAD. Anche se a livello globale dovesse mantenersi una situazione di stallo per quanto riguarda la PoCAD, a livello regionale potrebbero esservi dei progressi. La Svizzera continuerà a mettere a disposizione la sua competenza a favore dei pertinenti sforzi (per es. dell'OSCE). In questo contesto occorre attribuire la massima attenzione al Dialogo mediterraneo dell'OSCE e della NATO, poiché questa regione è di interesse prioritario per la Svizzera, come è già stato illustrato nel Rapporto sulla politica estera 2000.

Il nostro Paese, in sintonia con il suo impegno umanitario, nei prossimi anni considererà la lotta alla proliferazione delle armi leggere e delle mine antiuomo come una delle priorità della sua PoCAD. La Svizzera si concentrerà segnatamente sull'universalizzazione
della Convenzione di Ottawa, sull'implementazione del Programma d'azione delle Nazioni Unite contro il commercio illecito di armi leggere e sulla negoziazione di uno strumento internazionale per la rintracciabilità di tali armi.

A ciò si aggiungeranno gli sforzi permanenti per una corretta esecuzione dei pertinenti protocolli della CCW e per l'attuazione dei documenti OSCE sulle armi leggere e le munizioni.

In quanto piccolo Stato interessato al rispetto e al rafforzamento del diritto internazionale, la Svizzera continuerà parimenti ad impegnarsi a favore di misure multilaterali giuridicamente vincolanti per il controllo degli armamenti e il disarmo. Per dare credibilità a questa sua politica, il Consiglio federale si atterrà alla sua attuale posizione, secondo la quale il nostro Paese ratifica o aderisce al maggior numero possibile di trattati che gli sono accessibili. Esso segue pertanto il processo di ratifica dell'Accordo sull'adattamento del trattato CFE ed esamina l'interesse, le conseguenze e le condizioni di una possibile adesione non appena le premesse per questo passo saranno soddisfatte. Esso considera inoltre di aderire al Trattato sui cieli aperti e ha assegnato il mandato di accertare l'interesse, gli obiettivi nonché le conseguenze finanziarie, organizzative e a livello di personale di un'eventuale adesione. Il Consiglio federale ritiene di poter presentare il pertinente messaggio al Parlamento già durante la legislatura in corso.

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La Svizzera continuerà a perseguire una PoCAD pragmatica. Ciò significa tra l'altro che essa, nei pertinenti organi multilaterali, sostiene soluzioni che, nel limite del possibile, coinvolgono tutti gli attori determinanti, in quanto numerose regolamentazioni relative al controllo degli armamenti e del disarmo perdono importanza se la superpotenza statunitense o le altre grandi potenze non le accettano. Soltanto questi Stati possono esercitare pressioni politiche tali da spingere gli Stati reticenti a ratificare i trattati. In generale, il coordinamento della politica svizzera di controllo degli armamenti e di disarmo con altri Stati e con la comunità internazionale assumerà crescente importanza per assicurare l'efficacia e l'efficienza di tale politica.

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Allegato 1

Panoramica della politica svizzera di controllo degli armamenti e di disarmo (PoCAD) Ambiti principali

Ambiti subordinati

Obiettivi a lungo termine

Obiettivi intermedi

Eliminazione totale, universale e controllabile

Realizzazione di tutte le promesse fatte sinora dagli Stati dotati di armi nucleari.

Ulteriori passi concreti volti al disarmo, che garantiscano in ogni stadio il massimo grado di sicurezza e di stabilità.

Mantenimento e rafforzamento del TNP.

Avvio di trattative sul divieto della produzione di materiale fissile per scopi bellici nell'ambito della Conferenza di Ginevra sul disarmo.

Rapida entrata in vigore del CTBT e creazione immediata della CTBTO. Sino all'entrata in vigore del CTBT, rispetto delle moratorie proclamate dagli Stati dotati di armi nucleari.

Rafforzamento dei controlli da parte dell'AIEA.

Armonizzazione e rafforzamento dei controlli delle esportazioni nel quadro dell'NSG e del Comitato Zangger.

Creazione di nuove zone denuclearizzate nelle regioni dove sono soddisfatte le necessarie condizioni.

Armi chimiche

Divieto universale e controllabile

Adesione di tutti gli Stati alla CAC.

Esecuzione integrale ed efficace della CAC per il tramite di un'OPCW indipendente, competente ed efficiente.

Eliminazione delle scorte esistenti entro i termini previsti e smantellamento o conversione degli stabilimenti di produzione.

Attuazione efficace dell'aiuto svizzero al disarmo.

Armi biologiche

Divieto universale e controllabile

Adesione di tutti gli Stati alla BTWC.

Adozione da parte di tutti gli Stati firmatari della BTWC di leggi nazionali adeguate in materia di biosicurezza.

Intensificazione della cooperazione internazionale in vista della gestione di incidenti biologici.

Proliferazione dei missili

Non proliferazione dei missili quali sistemi vettori militari

Appoggio agli sforzi per instaurare norme di diritto internazionale vincolanti e non discriminatorie che perseguono l'obiettivo della non proliferazione di missili ad uso militare.

Mantenimento del diritto all'uso pacifico della tecnologia missilistica per l'astronautica.

Armonizzazione e rafforzamento dei controlli delle esportazioni nell'ambito del regime informale di non proliferazione nel settore missilistico (MTCR).

Armi Armi di distruzione nucleari di massa

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Ambiti principali

Ambiti subordinati

Controlli Beni a generali delle duplice esportazioni impiego

Obiettivi a lungo termine

Obiettivi intermedi

Controlli delle esportazioni efficaci, verificabili e sostenibili per l'economia; preferenza per strumenti universali giuridicamente vincolanti

Accesso senza discriminazioni al mercato da parte delle imprese svizzere; trasparenza accresciuta per quanto riguarda i trasferimenti autorizzati verso Paesi sensibili; coordinamento migliorato tra i regimi di controllo delle esportazioni; concentrazione dei controlli delle esportazioni sui beni critici, difficili da produrre.

Armi conven- In generale Sicurezza e zionali stabilità con il minor livello possibile di armamento

Estensione e perfezionamento ulteriore delle CSBM.

Decisione in merito alla questione dell'adesione al CFE riveduto.

Decisione in merito alla questione dell'adesione al Trattato sui cieli aperti (Open Skies).

Incremento della trasparenza dei trasferimenti di armi nell'ambito dell'Accordo di Wassenaar.

Armi leggere

Non proliferazione Lotta contro gli abusi

Partecipazione a tutti gli sforzi internazionali volti al raggiungimento degli obiettivi a lungo termine; sia nell'ambito dell'ONU, dell'OSCE e del PPP, sia nel nuovo ambito della rete «sicurezza umana».

Direzione del gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulla rintracciabilità delle armi leggere illegali.

Mine e munizioni

Imposizione del Adesione di tutti gli Stati alla Convenzione di divieto delle Ottawa del 1997.

mine antiuomo Presidenza del MASG negli anni 2004/05.

Appoggio finanziario e mediante personale allo sminamento umanitario.

Ratifica del Protocollo V sui residui bellici esplosivi della CCW.

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Allegato 2

Messaggi al Parlamento concernenti l'ambito della PoCAD Sostegno al disarmo chimico Messaggio concernente il sostegno al disarmo chimico mondiale (FF 2002 5923) nonché legge federale sul sostegno al disarmo e alla non proliferazione delle armi chimiche (FF 2003 2372) (RS 515.08).

Emendamento della Convenzione sul divieto o la limitazione dell'impiego di talune armi classiche Messaggio concernente l'emendamento del 21 dicembre 2001 all'articolo 1 della Convenzione del 10 ottobre 1980 sul divieto o la limitazione dell'impiego di talune armi classiche che possono essere ritenute capaci di causare effetti traumatici eccessivi o di colpire in modo indiscriminato (FF 2003 3045) (RS 0.515.091).

Messaggio sull'iniziativa popolare «Per un divieto di esportazione di materiale bellico» Messaggio del 15 febbraio 1995 relativo all'iniziativa popolare «per un divieto di esportazione di materiale bellico» e alla revisione della legge federale sul materiale bellico (FF 1995 II 864) (RS 514.51).

Legge sul controllo dei beni a duplice impiego Messaggio del 22 febbraio 1995 concernente la legge federale sul controllo dei beni utilizzabili a fini civili e militari (FF 1995 II 1106) nonché legge federale del 13 dicembre 1996 sul controllo dei beni utilizzabili a fini civili e militari e sui beni militari speciali (Legge sul controllo dei beni a duplice impiego, LBDI) (RU 1997 1697) (RS 946.202).

Protocollo II riveduto / Protocollo IV alla Convenzione del 1980 sulle armi classiche Messaggio del 14 maggio 1997 concernente il Protocollo II riveduto e il Protocollo IV alla Convenzione del 1980 sulle armi classiche (FF 1997 IV 1).

Convenzione sul divieto delle mine antiuomo Messaggio del 19 gennaio 1998 concernente la Convenzione sul divieto dell'impiego, del deposito, della fabbricazione e del trasferimento delle mine antiuomo e sulla loro distruzione (FF 1998 489).

Trattato per la messa al bando degli esperimenti nucleari (CTBT) Messaggio del 9 settembre 1998 concernente la ratifica del Trattato per la messa al bando degli esperimenti nucleari (CTBT) (FF 1999 575).

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