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9713 Messaggio del Consiglio federale all'Assemblea federale sull'aiuto economico e finanziario ai Paesi in via di sviluppo segnatamente sulla concessione di un mutuo all'Associazione internazionale per lo sviluppo (IDA) (Del 7 luglio 1967)

Onorevoli signori, Presidente e Consiglieri, Con il presente messaggio vi proponiamo d'autorizzare la Confedera¬ zione a concedere un mutuo di 52 milioni di franchi (12 milioni di dollari circa) all'Associazione internazionale per lo sviluppo (IDA)1, istituzione affiliata alla Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo (BIRD, in seguito semplicemente «Banca mondiale»). In relazione a questa operazione vi proponiamo di modificare l'accordo conchiuso il 20 ottobre 1961 fra la Banca mondiale e la Confederazione.

Il presente messaggio ci dà la possibilità d'esaminare il contesto econo¬ mico in cui s'inscrivono le varie forme d'aiuto ai paesi in via di sviluppo e di delineare una concezione prettamente svizzera in materia, in partico¬ lare per quanto riguarda l'aiuto finanziario. Vista l'intima interdipendenza dei vari modi di contribuire allo sviluppo, questa concezione si rifarà alla nostra linea di condotta nel campo della cooperazione tecnica con i paesi in via di sviluppo (cfr. il messaggio del 27,dicembre 1966; FF 1967, I, 13) Daremo una visione più completa della nostra politica commerciale verso quei paesi nel messaggio, di prossima pubblicazione, sui risultati del Ken¬ nedy Round.

Ï X'AIUTO ALLO SVILUPPO E IL SUO CONTESTO A. La comunità internazionale e Io sviluppo economico del terzo mondo Dalla fine dell'ultimo conflitto mondiale e in particolare dall'attuazione della ricostruzione economica dell'Europa, l'aiuto allo sviluppo è diventato, parallelàmente al mantenimento della pace, una delle preoccupazioni fonda1 Questa sigla, desunta dalla denominazione in lingua inglese (International Development Association) designa ufficialmente, in tutte le lingue, l'Associazione.

182 mentali della' comunità internazionale. La presa di coscienza su scala mon¬ diale del problema dello sviluppo è dovuta ad un seguito di avvenimenti di ordine politico ed economico, fra i quali il fenomeno della decolonizzazione ha assunto una parte assai importante.

L'accesso all'indipendenza di un numero elevato di paesi siti nelle re¬ gioni meno sviluppate del mondo ha avuto tutta una serie di conseguenze, come la creazione di nuovi rapporti tra diversi paesi europei e i loro anti¬ chi territori d'oltremare ed il sensibile aumento del numero dei membri delle Nazioni Unite e di altre istituzioni mondiali. La presenza di questi giovani stati che, con i paesi in via di sviluppo già da lungo tempo indipendenti, formano un gruppo importante, ha spinto le organizzazioni internazionali ad occuparsi in maggior misura dei problemi dello sviluppo.

Si è cercato d'adattare i principi economici e commerciali esistenti allo scopo di tener conto, nella misura del possibile, dei bisogni specifici di questi paesi. D'altra parte questi ultimi si sono adoperati per far sì che i loro sforzi di crescita economica fossero largamente, sostenuti da appoggi finanziari esteri.

Tuttavia il peso assunto sulla scena politica internazionale dai paesi in via di sviluppo non spiega da solo il fatto che il problema dell'aiuto sia diventato uno degli elementi fondamentali della cooperazione interna¬ zionale.

Ancora prima della fine dell'ultimo conflitto mondiale, le potenze al¬ leate, nella speranza di «guadagnare la pace», convennero di operare pa¬ rallelamente per assicurare la ricostruzione delle economie travagliate dalla guerra onde promuovere l'aumento della produttività e del tenore di vita, in modo particolare nelle regioni sottosviluppate del mondo.

Il riconoscimento, da parte dei principali paesi industrializzati, della necessità di sostenere la crescita economica del terzo mondo, ha trovato la sua espressione vuoi nella carta delle Nazioni Unite, la quale sottolinea come dette nazioni siano pronte «a ricorrere alle istituzioni internazionali per favorire il progresso economico di tutti i popoli», vuoi nella creazione, alla fine del 1946, consecutiva alla conferenza di Bretton Woods, del Fondo monetario internazionale (FMI) e della Banca mondiale. Gli statuti della Banca mondiale prevedono, in particolare,
che essa dovrà accordare «la medesima considerazione sia ai piani di sviluppo sia ai progetti di rico¬ struzione», mentre quelli del Fondo monetario internazionale conferiscono a questa istituzione, tra altri obiettivi, quello di «facilitare l'espansione e la crescita armoniosa del commercio internazionale e di contribuire così alla instaurazione ed al mantenimento di alti livelli di impiego e di reddito reale nonché allo sviluppo delle risorse produttive di tutti gli Stati membri».

Dal 1945 al 1955 i mezzi finanziari messi a disposizione dei paesi in via di sviluppo e degli organismi multilaterali di aiuto sono stati, quali i

183 fondi del Piano Marshall destinati alla ricostruzione delle economie europee, essenzialmente di origine americana. Ora, dal 1956 in poi, anche i paesi in¬ dustrializzati d'Europa, il Giappone ed il Canada, partecipano all'aiuto fi¬ nanziario comune.

Ne risulta un aumento progressivo del volume totale dell'aiuto (vedi capo I lettera C). La necessità di assicurare a quest'ultimo la miglior uti¬ lizzazione possibile ha incitato i paesi donatori e quelli beneficiari, come pure le organizzazioni internazionali competenti, a migliorare le loro co¬ noscenze sui bisogni e sulle possibilità pratiche esistenti in questo campo.

Gli studi fatti e, in particolare, le statistiche internazionali più complete pubblicate dalle Nazioni Unite hanno determinato, a partire dal 1960, un ulteriore incremento dell'aiuto allo sviluppo. Infatti esse mettono in evi-' denza come l'abisso che separa le condizioni economiche dei paesi industria¬ lizzati da quelle dei grandi continenti d'Asia, d'Africa* e d'America latina, invece di colmarsi si è ulteriormente allargato: Nel 1961 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite proclama gli anni 1960-1970 decennio dello sviluppo e fissa come meta di questo periodo, per i paesi in via di sviluppo, il raggiungimento di un tasso di crescita del 5 per cento annuo. Il motivo di questa decisione è di dare un nuovo impulso ai programmi di assistenza tecnica delle Nazioni Unite come pure all'attività degli enti specializzati quali l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO), l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura (UNESCO), l'Organizzazione mondiale della salute (OMS), l'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), ecc. Questa decisione è pure stata invocata nell'atto di convoca¬ zione, nel 1964, della Conferenza delle Nazioni Unite sul commer¬ cio e lo sviluppo (CNUCED), intesa ad ottenere ^inserimento nel GATT di una parte IV relativa al commercio ed allo sviluppo1 nonché a promuovere la creazione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per lo sviluppo indu¬ striale (ONUDI).

Già prima che venisse adottata la risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite sul decennio di sviluppo, due importanti decisioni, dal punto di vista dell'orientamento delle politiche d'aiuto allo sviluppo, ven¬ nero prese su
iniziativa dei paesi industrializzati. Ambedue indicano la determinazione da parte di questi paesi di intensificare la loro cooperazione con i paesi in via di sviluppo e di portarla innanzi come uno degli ele¬ menti chiave della loro politica estera. Si tratta della creazione, nel set¬ tembre 1960, dell'Associazione internazionale per lo sviluppo (IDA) 1 Cfr. messaggio del Consiglio federale all'Assemblea federale concernente il disegno d'un decreto federale approvante il protocollo che modifica l'Accordo generale sulle tariffe doganali e il commercio (GATT), del 20 settembre 1965; FF 1965, II 826.

184 e, nello stesso anno, della trasformazione, tramite un ampliamento degli scopi e del numero dei membri, dell'Organizzazione europea di coopera¬ zione economica (OECE) in Organizzazione di cooperazione e di sviluppo economici (OCSE).

All'origine della creazione dell'IDA stanno i bisogni di capitali da parte dei paesi in via di sviluppo, bisogni che sono aumentati più rapidamente della possibilità d'assumere mutui a condizioni diverse da quelle tradizio¬ nali; inoltre alcuni di detti paesi, in seguito all'acquisita indipendènza, non possono più contare nella stessa misura sulla garanzia della metropoli per i mutui contratti all'estero; orbene, la maggior parte di essi gode per il momento solo di un credito limitato, il che certo non consente d'attingere ampiamente al mercato dei capitali e ad un tasso conveniente. Con l'istitu¬ zione, parallelamente alla Banca mondiale, di un nuovo meccanismo di mutui rimborsabili a condizioni particolarmente buone, i paesi industrializ¬ zati, principali fornitori di fondi all'IDA (vedi capo III), hanno dato una prova concreta della loro volontà di adattare le loro politiche di aiuto ai bisogni dei paesi in via di sviluppo e di tener conto delle esperienze fatte nel corso dei primi anni del dopoguerra nell'ambito dell'aiuto finanziario allo sviluppo.

Il passaggio, nel 1960, dell'OECE all'OCSE1 rispondeva alla necessità di creare un quadro istituzionale nuovo che permettesse agli Stati Uniti, al Canada e ulteriormente al Giappone di cooperare più strettamente con i paesi dell'Europa occidentale nei settori delle politiche economica, finan¬ ziaria, commerciale e scientifica. Tuttavia non era questo l'unico scopo della riforma dell'OECE. Essa mirava infatti anche a stabilire una stretta cooperazione tra i paesi membri nell'ambito delle loro politiche economica, finanziaria, commerciale e di assistenza tecnica a vantaggio dei paesi in via di sviluppo. In particolare si trattava di assicurare una ripartizione equili¬ brata dell'onere dell'aiuto, tenuto conto del fatto che i paesi europei appari¬ vano ormai in grado, finanziariamente ed economicamente, di apportare, accanto agli Stati Uniti d'America, un loro contributo allo sviluppo del ter¬ zo mondo.

Data l'urgenza, questi compiti furono affidati, a partire dalla fine del 1959 e in attesa della creazione formale
dell'OCSE, ad un gruppo ad hoc il quale, all'atto dell'entrata in funzione della nuova Organizzazione, alla fine del 1960, fu istituzionalizzato come Comitato per l'aiuto allo sviluppo (CAD). Le incertezze esistenti all'inizio circa quelli che sarebbero dovuti essere i compiti e le attività del Comitato hanno indotto malauguratamente certi paesi membri dell'OCSE ad astenersi. Nel frattempo però l'attività del comitato si è alquanto decantata; infatti, accanto all'esame annuale 1 Cfr. messaggio del Consiglio federale all'Assemblea federale, sulla parte¬ cipazione della Svizzera alla Organizzazione di cooperazione e di sviluppo eco¬ nomico, del 5 maggio 1961 ; FF 1961,1, 629.

185 delle politiche d'aiuto, divennero funzioni principali del CAD quelle di promuovere la coordinazione di dette politiche; di studiare le misure che permettano di ottenere -- vista l'enormità dei bisogni -- una utilizzazione quanto più razionale dei mezzi disponibili; di contribuire alla preparazione delle funzioni dei paesi membri negli organi delle Nazioni Unite, quali la CNUCED, il Consiglio economico e sociale (ECOSOC), ecc.

La Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo (CNUCED) (Ginevra 1964) rappresenta un importante tentativo, da parte della comunità internazionale, per affrontare i problemi dello sviluppo dal profilo degli scambi e del finanziamento commerciale. Essa ha instau¬ rato, fra i paesi industrializzati e quelli sottosviluppati, una ricerca comunitaria degli ordinamenti impostabili, nei diversi settori della vita economica internazionale, per sostenere in misura sempre maggiore l'aiuto allo sviluppo. La Conferenza ha, in particolare, discusso sulle possibi¬ lità per i paesi in via di sviluppo di migliorare le entrate dovute alle esportazioni di prodotti di base e di manufatti; sull'incidenza degli invisibili nella bilancia dei pagamenti dei paesi in via di sviluppo (assicurazione, riassicurazione, turismo, trasporti marittimi, ecc.); sul volume e le mo¬ dalità dell'aiuto finanziario; sulla cooperazione regionale in tutte le zone depresse. Nel settore finanziario la Conferenza ha adottato in particolare una raccomandazione ai termini della quale ogni paese industrializzato è chiamato a consacrare all'aiuto allo sviluppo mezzi finanziari per un im¬ porto minimo pari all'I per cento del reddito nazionale. Raccomandazioni in tal senso sono state pure adottate dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite e dai membri del CAD.

Trasformata in organo permanente dell'Assemblea generale delle Na¬ zioni Unite, la CNUCED, che si riunirà ogni tre anni -- la prossima volta nel 1968 a Nuova Dehli --, è stata dotata sia di un Consiglio di 55 membri,1 il quale di massima s'aduna due volte all'anno nell'intervallo delle Conferen¬ ze, sia di organi sussidiari come la Commissione dei prodotti di base; la Com¬ missione dei manufatti; la Commissione per il finanziamento commerciale e per gli invisibili, e la Commissione dei trasporti marittimi. La Svizzera dispone di un seggio nella
seconda e nella terza di queste commissioni, le quali, in media, si riuniscono una volta all'anno. Pur non fruendo di propri poteri decisionali, la CNUCED appare come utile strumento di co¬ operazione, atto a consentire l'esame di vari aspetti economici, commer¬ ciali e finanziari dei problemi dello sviluppo, analiticamente o in reciproco nesso, e a dare impulso, su questa base, ai lavori delle istituzioni internazio¬ nali competenti nei diversi settori considerati.

Uno dei principali ostacoli alla crescita economica dei paesi in via di sviluppo risiede, senza dubbio alcuno, nel loro debolissimo grado di indu1

In cui è rappresentata anche la Svizzera.

Foglio Federale, 1967, Voi. Il

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186 strializzazione, che non solo li obbliga a soddisfare gran parte dei loro bisogni per mezzo delle importazioni, ma che, inoltre, impedisce loro d'au¬ mentare le entrate in divise esportando prodotti, finiti -- quelli almeno rispondenti alle loro risorse naturali.

Tali sono state le premesse della creazione, nel 1966, dell'Organizza¬ zione delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale (ONUDI). Questa nuova organizzazione, cui la Svizzera partecipa, ha lo scopo d'assistere i paesi sottosviluppati nei loro sforzi d'industrializzazione.

B. Problemi economici dei paesi in via di sviluppo Uno fra i principali meriti della sempre più stretta collaborazione, sia sul piano' bilaterale sia su quello multilaterale, attuata, in questi ultimi anni, fra i paesi industrializzati e quelli in via di sviluppo, è quello d'aver dato la possibilità d'approfondire e di puntualizzare gli aspetti tanto teorici quanto pratici dei vari processi e meccanismi di sviluppo. Tuttavia, anche, se incontestabili progressi sono stati fatti nella valutazione delle diffi¬ coltà generali e specifiche incontrate dai paesi in via di sviluppo, le misure prese per superarle non si sono rivelate, finora, punto sufficienti a ridurre il divario esistente fra i redditi nei paesi in via di sviluppo e quelli nel resto del mondo. Anzi, detto divario si è ulteriormente accresciuto; stando infatti alle valutazioni globali delle Nazioni Unite, la crescita del reddito lordo d'origine interna dei paesi in via di sviluppo è stata, dal 1960 al 1965, di 2 dollari 1 anno per abitante contro i 60 dollari per i paesi indu¬ strializzati.

Benché la crescita economica del terzo mondo venga considerata mis¬ sione comune a tutte le nazioni, è ai paesi sottosviluppati -- ed essi rico¬ noscono questa responsabilità -- che incombe l'onere principale di promuo¬ vere detta crescita. Tornerà quindi di vitalè importanza, ai fini del progresso di questi j>aesi, la mobilitazione su vasta scala di tutte le risorse interne.

Purtroppo, quest ultima politica non ha. beneficiato nei paesi del terzo mondo della priorità che meritava. L'instabilità politica, come pure i conflitti locali dovuti in certi casi al carattere artificiale delle frontiere frenano ancora, troppo sovente, lo sforzo nazionale di crescita economica e creano un clima non sempre favorevole agli
aiuti esterni.

La mobilitazione del risparmio interno è uno dei settori oggetto, da qualche tempo, di particolari cure e attenzioni da parte dei paesi in via di sviluppo. Uno studio delle Nazioni Unite, condotto su quarantotto paesi depressi, evidenzia come trentaquattro di essi abbiano consacrato, dal 1963 al 1965, il '15 per cento del loro reddito lordo d'origine interna, alla formazione di capitale, il che per una bilancia commerciale non defici¬ taria --* dovrebbe assicurare un tasso di crescita pari al 5 per cento.

v

187 Nonostante questi casi incoraggianti, il rispannio e l'investimento rimangono, nella maggior parte dei paesi sottosviluppati, assai modesti.

La causa va ricercata nel basso livello di vita che rende problematico ogni sforzo inteso a consacrare al risparmio una parte del. reddito individuale, sempre appena sufficiente a soddisfare il minimo vitale. In alcune aree depresse,- le difficoltà incontrate nella riforma dei sorpassati sistemi fiscali costituiscono il freno principale ad una effettiva ed equilibrata mobilita¬ zione del risparmio interno pubblico e privato.

I progressi registrati nell'ambito della produzione industriale sono assai importanti. Infatti, il tasso di crescita di questo settore ha raggiunto, per l'insieme dei paesi in via di sviluppo e nel periodo . 1960/1964, un valore medio pari al 7 per cento, mentre per i soli paesi asiatici esso si elevava all'8,5 per cento. Questa evoluzione non ha però avuto ripercussione alcuna sul tasso di crescita della produzione totale poiché, d'un canto, il settore in¬ dustriale non assicura se non un quinto circa del reddito lordo d'origine interna e, dall'altro, i risultati ottenuti nel settore agricolo sonò stati parti¬ colarmente deludenti. , L'ultima grave carestia in India ha attirato l'attenzione mondiale sul problema delle risorse alimentari, ma già da diversi , anni appariva chiaro che la produzione di beni alimentari dell'insieme dei paesi sottosviluppati non sarebbe stata sufficiente a soddisfare una domanda sempre crescente.

Anzi dalle più recenti valutazioni del bilancio alimentare mondiale, si deve inferire che essa segnerà una notevole impennata, poiché se, ancora nel 1960, i paesi industrializzati esportavano prodotti alimentari per 1,3 miliardi di dollari, nel 1970 essi diverranno importatori per un importo compreso fra i 2,3 ed i 4,6 miliardi di dollari, e, nel 1980, fra i 6 ed i 12 miliardi.

Vari sono i motivi di questa preoccupante carenza. Avantutto le inadeguate strutture agricole che troviamo in molti paesi in via di sviluppo, indi la sproporzionata pressione demografica. Infatti la popolazione di questi paesi cresce con ritmi sempre più inquietanti, nonostante la deter¬ minazione di certi Stati d'introdurre un controllo delle nascite. Allo scopo di fronteggiare il peggioramento della loro bilancia alimentare, i paesi
in via di sviluppo che più soffrono di questo stato di cose, sono costretti ad importare beni alimentari e ad appellarsi alla, comunità internazionale affinchè dette importazioni non incidano troppo sensibilmente sulla loro bilancia dei pagamenti.

Sul piano dell'insegnamento e della formazione professionale, vien in¬ tensificata, nelle aeree depresse, l'azione intesa ad elevare i livelli della educazione sia generale sia specialistica. Infatti quegli Stati si rendono "sempre più conto dell'influenza determinante esercitata dalla qualità del¬ l'elemento umano sul ritmo dello sviluppo economico e, di conseguenza, del fatto che l'investimento in materia grigia dovrà procedere di pari passo

188 con la formazione del capitale. Purtroppo, i programmi d'insegnamento e di formazione professionale finora attuati mal si adattano alle necessità dello sviluppo e raggiungono solo una parte limitata della popolazione, onde appare palese la necessità, sia sul piano metodologico sia su quello dell'in¬ frastruttura, di dar opera a preparare ulteriori, sostanziali progressi.

A lungo termine, sarà mediante scambi con il resto del mondo che i paesi in via di sviluppo potranno fronteggiare i bisogni impellenti della loro crescita economica. Nell'intento di finanziare le importazioni di cui essi hanno urgente necessità per garantire la ripresa delle doro economie, do¬ vrebbe essere assicurata ai detti paesi una regolare espansione delle espor¬ tazioni. Attualmente, i beni che essi sono in grado di offrire all'estero consistono, per il 90 per cento del reddito d'esportazione, in materie prime e, per il rimanente 10 per cento, in manufatti. Gli sforzi attualmente in corso per stabilizzare i prezzi delle materie prime e per eliminare gli ostacoli esi¬ stenti all'importazione di detti prodotti sui principali mercati -- quelli dei paesi industrializzati -- permetteranno di trovare un rimedio allo squili¬ brio dei redditi d'esportazione dei paesi produttori. La domànda delle ma¬ terie prime non potrà, tuttavia, aumentare in modo sensibile nei paesi industrializzati con economia di mercato. È di conseguenza auspicabile -- al fine di creare le basi per una regolare crescita economica -- la diversifi¬ cazione delle economie dei paesi depressi le cui entrate rimangono ancora legate allo smercio di un ristretto numero di materie prime. Lo sforzo a lungo termine dei paesi in via di sviluppo dovrà incentrarsi, oltre che sul miglioramento dell'alimentazione nazionale, sulla produzione e l'esporta¬ zione di manufatti. Di qui l'importanza dei provvedimenti -- d'ordine ta¬ riffario nell'ambito del promuovimento commerciale -- già attuati od an¬ cora in esame, tendenti a facilitare l'immissione, sui mercati dei paesi indu¬ strializzati, dei prodotti dei paesi sottosviluppati. Questi provvedimenti, òhe verranno esaminati nel messaggio concernente gli esiti del Kennedy Round, non risulteranno tuttavia sufficienti da soli ad accrescere la disponi¬ bilità in divise di detti paesi; non è infatti sufficiente ottenere un
accesso più o meno libero a mercati potenziali, bisogna altresì allargare la rosa dei prodotti esportabili a condizioni concorrenziali. Per raggiungere queste mete i paesi in via di sviluppo dovrebbero ulteriormente diversificare le loro economie sulla base delle risorse naturali nazionali. Sta però il fatto che la loro formazione interna di capitale non è, dato il loro debole grado di sviluppo, sufficiente a permetter loro di raggiungere il summenzionato obbiettivo senza ricorrere ad aiuti finanziari esterni. Di conseguenza essi vengono a.trovarsi in un circolo vizioso poiché, per giungere ad un futuro accrescimento dei loro redditi d'esportazione e per potersi svincolare dalla loro attuale dipendenza dai finanziamenti esterni, devono iniziare con l'avvalersi proprio di quest'ultimo genere di finanziamento. La speranza di rompere questo cerchio, ha condotto molti di essi ad indebitarsi con-

189 siderevolmente così che ogni loro ulteriore politica o piano di sviluppo rischia di trovarsi irrimediabilmente compromesso dalla necessità di con¬ sacrare agli ammortamenti del debito la maggior parte delle risorse finan¬ ziarie d'origine esterna.

\ · Le circostanze finora evocate mettono in evidenza come la maggior parte dei paesi in via di sviluppo debba fronteggiare difficoltà di bilancia dei pagamenti, dovute ai sempre crescenti ed urgenti bisogni d'importa¬ zione, compensati solo dagli aleatori e quasi stazionari redditi delle espor¬ tazioni.

C. II finanziamento dello sviluppo d'origine esterna La natura e la quantità dei mezzi finanziari, che i paesi industrializzati mettono a disposizione di quelli in via di sviluppo, si sono gra ua men e modificati dalla fine dell'ultimo conflitto mondiale ai giorni nostri.

Stando alle valutazioni dell'OCSE, i mezzi finanziari totali messi a disposizione dei paesi depressi è passato da circa mi ìar 1 i o lari per. il 1956 a circa 7,5 miliardi per il 1957/1960 a 9 miliardi per il 1961/1963, a 9,9 miliardi nel 1964 e ad 11 miliardi nel 1965. In queste cifre è inclusa l'assistenza concessa dai paesi dell'Est (circa 160 milioni annui da 1957 al 1960, 370 milioni per il 1961/1963 e 500 milioni per questi ult mi ·\ il Aat anni), come pure quella concessa dai .rtapci paesi europei cui i non ancora ìndustnalizzati (circa 450 milioni per gli anni recenti).

Questa costante progressione degli aiuti finanziari potrebbe indurre a credere che la comunità internazionale s, trovt pressoché sul punto di poter finalmente soddisfare i bisogni del terzo mon o. a rea a e, vece, ben diversa per motivi attenenti sia a. bisogni ftnanztar, esterni de, paesi in via di sviluppo sia al loro crescente indebitamento.

I bisogni, in mezzi finanziari esterni, dei paesi in via di sviluppo sono mal conosciuti. Tuttavia, le Nazioni Unite hanno ugualmente procediuto alcune valutazioni globali che, malgrado il loro cara e · tuiscono le uniche basi su cui fondare le discussioni >· Tra queste cifre, si cita molto sovente quella Pr®^en TM TM . '?

un «deficit commerciale» del terzo mondo di 20 miliardi di dollari.

Anche senza fare alcun parallelo fra gli 11. miliartÜ di dollari ' finanziari messi a disposizione dei paesi depressi e i pa l'indebitaprevisto per il 1970, dal e a ^ a giusti.
via di sviluppo r mehto dei.

paesi in via appar ...

« ii,, .

j 1 volume, delle condizioni e delle ficare il; riesame, attualmente in corso, aei modalità del finanziamento dello sviluppo.

190 Secondo le più recenti previsioni, se il flusso lordo dei prestiti ai paesi in via ,di sviluppo dovesse rimanere al livello attuale, senza un cambia¬ mento delle condizioni e delle modalità presentemente applicate, essi non risulterebbero nemmeno sufficienti, dopo il 1975, ad assicurare l'ammorta¬ mento ed a pagare gl'interessi del debito accumulato.

Le valutazioni della Banca mondiale mettono in evidenza, come, fra il 1955 e il 1964, l'indebitamento con l'estero dei 97 Paesi in via di sviluppo sia passato da 10 a 33 miliardi di dollari. Alla fine del 1965, la somma to¬ tale del debito non ammortizzato ha raggiunto i 36,4 miliardi di dollari, con un aumento del 10 per cento rispetto all'anno precedente. Questi con¬ teggi non comprendono nè i crediti d'esportazione non garantiti, nè lo sco¬ perto rimborsabile in moneta locale nè gli arretrati commerciali.

Tutti questi dati riflettono una tendenza generale. Essi non evi¬ denziano il fatto che l'indebitamento è stato meno rapido in alcuni paesi in via di sviluppo grazie a provvèdimenti disciplinari da essi applicati su base autonoma oppure grazie a consolidamenti di debito intercorsi con i loro principali creditori. Ciò è dovuto, per lo più, ad una maggior pru¬ denza nell'accettazione, da : parte dei detti paesi, di nuovi obblighi finanziari -- segnatamente per i crediti commerciali garantiti- --, ad una utilizzazione pù razionale dei fondi a loro disposizione ed a una limita¬ zione delle importazioni. Dal canto loro, i paesi industrializzati, hanno adattato il volume e, in certi casi, le condizioni dei mutui alle reali possi¬ bilità d'indebitamento dei paesi richiedenti.

Benché il grado dell'indebitamento debba essere separatamente analiz¬ zato per ogni singolo paese, la soluzione al problema dell'indebitamento verso l'estero della maggior parte dei paesi del terzo mondo, dipende in linea generale dalle modalità e dal volume dell'assistenza finanziaria futura, come pure dai vari tipi di politiche d'amministrazione dei debiti seguite da detti paesi.

È tuttavia doveroso sottolineare che il grave indebitamento delle na¬ zioni depresse è, in parte, dovuto al fatto che mezzi finanziari esteri sono stati attribuiti a progetti od a programmi i quali -- per la loro funzione più di prestigio che ossequiante i principi di una sana politica di sviluppo --
hanno un rendimento insufficiente, o quasi nullo, e non contribuiscono, di conseguenza, a migliorare lo stato dell'indebitamento. Grazie alla sempre' più stretta collaborazione che va instaurandosi, fra la maggior parte dei paesi in via di sviluppo e gli enti internazionali per il finanziamento dello sviluppo (Banca mondiale, IDA, banche regionali per lo sviluppo, ecc.) per quanto riguarda l'elaborazione delle politiche e dei piani di sviluppo, si può sperare nella creazione di realistiche priorità di destinazione dei mezzi di finanziamento d'origine estera. Gli apporti di mezzi finanziari d'origine privata dei paesi industrializzati verso quelli in via di sviluppo, assumono, principalmente, le tre seguenti forme: o quella di mutui di diverso tipo, sia

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191 bilaterali sia consentiti da enti internazionali; oppure la forma d'investi¬ menti diretti; o quella di crediti commerciali garantiti.

I paesi depressi non hanno, se non molto raramente, potuto di¬ rettamente attingere ai mercati finanziari dei paesi industrializzati (2,5 mi¬ liardi di dollari nel dopoguerra). I principali motivi di questa assenza sono dovuti al credito limitato di cui essi godono presso gli investitori ed alle restrizioni poste da molti paesi industrializzati per quanto riguarda l'emis¬ sione d'obbligazioni estere.

L'esistenza di detti ostacoli all'accesso dei mercati finanziari da parte dei paesi in via di sviluppo mette ancor più in luce quanto utile sia, per essi, l'attività svolta della Banca mondiale e più recentemente -- dalle banche regionali, fra cui quella interamericana per lo sviluppo. Grazie alla fiducia che dette istituzioni sono riuscite ad inspirare al pubblico, le somme, da esse raccolte sul mercato dei capitali e messe a disposizione dei paesi in via di sviluppo, sono assai importanti. Tuttavia, la loro politica non sempre è confacente alle condizioni ed agli sviluppi futuri delle bilance dei pagamenti di molti paesi in via di sviluppo. Per fronteggiare questo stato di cose, una delle misure che finora sono state prese è stata quella della creazióne della IDA. Inoltre, si sta attualmente studiando sul piano internazionale la messa a punto di meccanismi atti a ridurre il costo dei capitali d'origine privata disponibili sul mercato, segnatamente, per quanto riguarda il tasso d'inte¬ resse.

Sotto molti aspetti, gli investimenti diretti sono potenzialmente il mezzo di fornitura di capitali esteri di-gran lunga più propizio allo sviluppo. Infatti essi sono generalmente accompagnati da quell'apporto di conoscenze tecni¬ che, commerciali ed amministrative la cui penuria è, sovente, uno svantag¬ gio ancora più determinante della mancanza di capitali. Questi investimenti tendono a sviluppare l'economia nelle sue diverse fasi. Allorquando un'in¬ dustria -- alla cui creazione essi hanno contribuito -- lavora per l'esporta¬ zione, detti investimenti potranno divenire una fonte netta di divise. Inoltre, gli investimenti diretti, non sono vantaggiosi solo per il paese beneficiario ma daranno pure, agli industriali, la possibilità di partecipare ad una certa divisione
internazionale del lavoro e, a lunga scadenza, d'ulteriormente ampliare i redditi e le attività commerciali. , In realtà, queste condizioni favorevoli non si sono sempre potute riu¬ nire a cagione della difficoltà, propria a molti paesi del terzo mondo, d'integrare nell'economia nazionale le industrie private -- segnatamente quelle legate allo sfruttamento delle maggiori risorse naturali -- e d'adat¬ tare le loro finalità ai bisogni economicamente più urgenti. Altri paesi han¬ no, invece, adottato una politica tale da scoraggiare sia il proseguimento sia l'intensificazione degli investimenti esteri.

Nonostante tutte queste difficoltà d'adattamento, i paesi industrializ¬ zati ed un gran numero di quelli in via di sviluppo continuano i loro sforzi

192 tendenti a stimolare e ad incoraggiare gli investimenti privati (accordi bila¬ terali e multilaterali di protezione e garanzia degli investimenti, sgravi fi¬ scali, convenzioni per evitare la doppia imposizione ecc.) il cui flusso tende, in questi ultimi anni, a stabilizzarsi, è infatti generalmente ammesso che detti investimenti tengono un ruolo di primaria importanza agli effetti dello sviluppo. Bisogna tuttavia attendersi che i paesi industrializzati procedano, sempre più ad una scelta nel concedere autorizzazioni per investimenti pri¬ vati e questo affinchè i trasferimenti d'utile e di dividendi non incidano sfavorevolmente sulle loro bilance dei pagamenti senza nessuna reale con¬ tropartita per quanto riguarda la diversificazione delle loro economie.

Vista l'ininterrotta tendenza deficitaria della bilancia commerciale dei paesi depressi, i crediti commerciali garantiti appaiono un utile complemento al flusso di mezzi finanziari esteri. Questi crediti sono una forma, rela¬ tivamente onerosa, di mutui a corto od a medio termine. Benché essi accrescano sensibilmente le possibilità d'acquisto in beni di produzione dei paesi in via di sviluppo, gli oneri che ne deriverebbero per il servizio del debito verso l'estero sarebbero, stando a certe valutazioni, due volte supe¬ riori a quelli inerenti ai mutui pubblici.

In seguito all'accresciuta concorrenza fra gli esportatori di beni di pro¬ duzione, la durata dei crediti commerciali garantiti è aumentata e il valore medio dei tassi d'interesse è diminuito. Questa tendenza, in sè benefica, rende tuttavia, ai paesi acquirenti, ancor più problematica la scelta, poiché quest'ultiipi non sono in grado di procedere a validi confronti fra i prezzi e le condizioni di crediti delle varie offerte, e, segnatamente, se si tratta di beni di produzione tecnicamente assai complessi. In effetti capita che, allor¬ quando il materiale proposto per l'acquisto è oggetto d'un credito con tasso d'interesse relativamente vantaggioso e con un termine di rimborso sufficien¬ temente lungo, le condizioni di pagamento prevalgano, visto il forte indebi¬ tamento della maggior parte dei paesi del terzo mondo, su qualsiasi altra considerazione. L'ammontare lordo dei crediti commerciali d'esportazione garantiti, accordati ai paesi in via di sviluppo, è passato dai 395 milioni di
dollari per il 1956 agli 816 milioni del 1964, e rappresenta circa il 10 per cento del flusso totale dei fondi d'origine privata destinati ai paesi in via di sviluppo.

Nei primi anni del dopoguerra, per i motivi che già abbiamo esposto, la maggior parte dei governi dei paesi industrializzati non solo hanno favo¬ rito, con vari provvedimenti, il trasferimento di fondi privati ma hanno essi stessi concesso doni e prestiti pubblici, compresi aiuti in natura, segnata¬ mente alimentari, ai paesi in via di sviluppo. Questi trasferimenti finanziari, ' effettuati principalmente sulla base d'accordi bilaterali o tramite l'IDA o la Banca mondiale, sono praticamente raddoppiati dal 1956 al 1964, pas¬ sando, per quanto riguarda i paesi industrializzati con economia di mercato, da 2607 a 5271 milioni di dollari.

193 La proporzione dei doni, che all'iniziò del periodo considerato rappre¬ sentava ancora i due terzi del totale, è, al fine del medesimo, scesa a circa un terzo. Inoltre, la frazione dei mutui rimborsabili in valuta locale è sen¬ sibilmente diminuita. Si è dunque manifestato un certo irrigidimento delle condizioni dei trasferimenti finanziari pubblici man mano che il loro volume aumentava. Visto che l'accrescimento parallelo dei trasferimenti di fóndi d'origine privata a destinazione dei paesi in via di sviluppo ha ulteriormente aggravato il loro stato d'indebitamento, i paesi industrializzati membri del CAD hanno adottato, nel 1965, una raccomandazione ai termini della quale essi si prefiggevano di ridurre sensibilmente i tassi d'interessi, come pure di ' prolungare i termini di respiro e di rimborso concernenti i mùtui da essi concessi ai paesi sottosviluppati. Essi hanno inoltre convenuto l'ado¬ zione di ogni provvedimento'a carattere istituzionale e finanziario atto a portare ad un po' più dell'80 per cento la proporzione dell'aiuto da essi accordato sottoforma di doni o mutui aventi -un tasso massimo d'interesse pari al 3 per cento, come pure la percentuale del loro aiuto sottoforma di mutui con un termine minimo di rimborso di 25 anni. L'adozione di questi principi non implica necessariamente che tali condizioni liberali siano ac¬ cordate a tutti i paesi in via di sviluppo, bensì esse saranno di regola adat tate alla particolare situazione del paese beneficiario. Tuttavia esse costitui¬ ranno sempre un passo importante verso l'armonizzazione delle varie moda¬ lità d'aiuto alle zone depresse.

Questi sforzi tendenti ad agevolare e ad armonizzare l'assistenza finan¬ ziaria dovranno, in varia misura, compensare la relativa stagnazione, del volume dell'aiuto in questione, dovuta alle difficoltà, incontrate da alcuni fra i maggiori paesi industrializzati, per quanto riguarda la bilancia dei pagamenti e la politica finanziaria. I paesi in via di sviluppo seguono da vicino gli studi sulla creazione di liquidità internazionali supplementari poiché essi vi intrawedono, fra i molti vantaggi arrecati da un'eventuale riforma monetaria internazionale, anche l'occasione d'un risanamento delle bilance dei pagamenti dei paesi industrializzati e, di conseguenza, d'un accrescimento dell'aiuto finanziario
onde sono beneficiari. Tuttavia questi paesi non tengono debitamente conto degli effetti inflazionistici -- di cui sarebbero i primi'a subire le conseguenze -- legati ad un aumento artifi¬ cioso delle liquidità.

Le perturbazioni delle bilance dei pagamenti -- ma anche la difesa dei propri interessi economici e commerciali -- hanno incitato un certo numero di paesi industrializzati a vincolare la concessione d'assistenza finanziaria, sottoforma di mutui, come già è il caso per i crediti commerciali, all'acqui¬ sto di'determinate merci prodotte dalle loro industrie oppure all'esecuzione di specifici progetti.

L'introduzione di questa pratica ha limitato la possibilità, per i paesi assistiti, di approfittare di tutti i vantaggi, di prezzo o di qualità, normal-

194 mente legati alla libera scelta dei fornitori. Anche se alcuni di questi svan¬ taggi possono essere attenuati allorquando una nazione ha la possibilità di indirizzarsi a diverse fonti d'approvvigionamento o di procurarsi una gran varietà di beni e di servizi alla medesima fonte, il vincolo dell'assi¬ stenza finanziaria ha ugualmente forzato i paesi depressi a procedere ad acquisti che non rispecchiano i reali bisogni del loro sviluppo.

' Le restrizioni insite nella pratica dell'aiuto su base bilaterale e attinenti alla libertà d'approvvigionamento costituiscono, eccetto le considerazioni di ordine politico, i.principali motivi che giustificano l'interesse dei paesi sotto¬ sviluppati per le istituzioni internazionali di finanziamento. Tuttavia, per con¬ siderazioni di politica estera e d'espansione commerciale, le grandi potenze che dispongono di enti nazionali specializzati nello studio dei problemi riguardanti l'aiuto allo sviluppo, persistono nel dare la preferenza agli ap¬ porti finanziari su base bilaterale. In generale, sono dunque i paesi industria¬ lizzati di media importanza quelli che più attivamente sostengono la multilateralizzazione dell'aiuto, poiché essi, dalla coòperazione delle istituzioni finanziarie internazionali con i paesi depressi traggono la certezza di un'utilizzazione efficace dei mezzi da essi consacrati allo sviluppo/Tuttavia la necessità di una coordinazione dei programmi bilaterali d'assistenza finanziaria è divenuta cosi evidente che, sia sotto l'egida della Banca mon¬ diale sia sotto quella dell'OCSE, sono stati costituiti, in numero sempre crescente, gruppi consulenti e consorzi d'aiuto composti dei principali paesi donatori e di quello beneficiario.

Questa coordinazione sul piano materiale, in opposizione a quella che si effettua in seno alle organizzazioni internazionali, quali l'CNUCED, , l'ECOSOC, ecc., non incorpora, generalmente, i paesi dell'Est ad economia pianificata. Questi ultimi hanno tuttavia accresciuto il loro contributo allo sviluppo del terzo mondo. Esso è attuato in ossequio ai principi dei loro sistemi economici e sociali, come pure alle loro possibilità economiche e finanziàrie. La maggior parte dei trasferimenti provenienti da questi paesi consistono in complessi industriali o in progetti d'insiemi più o meno com¬ pleti, finanziati con
crediti la cui durata raggiunge i 15 anni e il tassò d'in¬ teresse il 3,5 per cento annuo. Spesse volte, l'integrazione di questi trasferi¬ menti nei piani di sviluppo dei paesi beneficiari ha comportato non pochi problemi. In certi casi, i paesi donatori hanno accettato, a titolo di rim¬ borso dei propri crediti, beni prodotti dalle industrie da essi finanziate.

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Le modalità dei diversi tipi d'apporti finanziari, pubblici o privati, agli stati del terzo mondo sono, in definitiva, dei compromessi, più o meno equilibrati, fra principi di solidarietà, motivi d'ordine politico ed interessi commerciali d'un canto e la presa in considerazione dei bisogni e delle difficoltà dei paesi sottosviluppati, dall'altro.

195 Per la loro determinazione si tratta spesso di dosare i vantaggi offerti dai mercati potenziali dei paesi in via di sviluppo e gl'inconvenienti dovuti all'impossibilità d'applicare, per quei mercati, i tradizionali usi commerciali e. finanziari.

I governi, dei paesi industrializzati e di quelli assistiti, come pure le istituzioni internazionali, si sono imposti di ricercare le soluzioni più eque ai complessi problemi posti dai bisogni, del terzo mondo, di finan¬ ziamenti esterni. Da questa visuale, le principali mete da raggiungere ap¬ paiono essere le seguenti: la limitazione, per quanto possibile, degli incon¬ venienti propri alle attuali modalità dei trasferimenti finanziari, segnata¬ mente per quanto riguarda lo stato d'indebitamento; l'armonizzazione delle politiche e della pratica dei vari paesi industrializzati;, il rafforzamento del ruolo d'intermediario sostenuto dalle varie istituzioni finanziarie inter¬ nazionali, a carattere mondiale o regionale e, infine, l'accrescimento del¬ l'apporto netto, in mezzi finanziari d'origine esterna, ai paesi in via di sviluppo.

Gli sforzi della comunità internazionale, per accelerare la crescita del terzo mondo, non si fondano unicamente su un'assistenza finanziaria parti¬ colarmente efficace, bensì abbracciano tutti i settori della cooperazione internazionale in materia di progresso dei popoli e tendono vieppiù a defi¬ nire le basi per una armonica e uniforme politica di sviluppo.

Quest'ultima dovrebbe puntualizzare, in collaborazione con gli enti economici e finanziari specializzati, le grandi linee delle politiche, dei piani e dei programmi concernenti lo sviluppo, essa dovrebbe inoltre coordinare fra loro le diverse modalità e azioni relative all'aiuto adattandole, nel contempo, alle mete ed agli sforzi propri ai paesi del terzo mondo ed infine dovrebbe prevenire quanto talora già è accaduto e cioè che gli effetti sperati, conseguenti all'applicazione di provvedimenti presi nell'ambito di una politica di sviluppo, siano compromessi od annullati dalla loro mancata sin¬ cronizzazione preventiva.

II t

LA SVIZZERA E I PAESI IN VIA DI SVILUPPO . ' .

A. Le relazioni economiche e finanziarie della Svizzera con detti paesi Di tutti i paesi industrializzati la Svizzera è sicuramente uno dei pochi che abbiano relazioni economiche e finanziarie con il terzo mondo risalenti a più di un secolo senza che esse siano mai state fondate sul rapporto metro¬ poli-territorio d'oltre mare. Il nostro paese deve alla tradizionale universalità delle sue relazioni economiche ed allo spirito d'iniziativa dei suoi cit¬ tadini all'estero il fatto di aver potuto stringere già da lunga data legami

196 con numerosi paesi dell'emisfero sud. Sovente assai lo sfruttamento delle risorse naturali di questi paesi è cominciato sotto l'impulso di immigranti svizzeri e ad essi va pure il merito di aver dato l'avvio alle prime correnti di scambi e di pagamenti tra la Svizzera e i paesi in via di sviluppo. Queste iniziative -- che già rispondevano ai bisogni delle nazioni depresse per quanto riguarda l'avvaloramento delle loro capacità produttive e l'aumento della loro partecipazione agli scambi internazionali -- poggiavano esclusiva¬ mente su basi private. Esse si sono moltiplicate e diversificate nel corso degli anni ed hanno permesso alla Svizzera di stabilire progressivamente una rete di relazioni economiche e finanziarie che oggigiorno si estende fino alle parti più remote del mondo. Gli scambi di beni, di servizi e di capitali tra i paesi del terzo mondo e la Svizzera hanno potuto, di conseguenza, svilupparsi su solide fondamenta, malgrado le vicissitudini della congiun¬ tura economica e della politica mondiale. È significativo a questo riguardo il fatto che il nostro paese, ogni qual volta vedeva le proprie relazioni eco¬ nomiche con i vicini d'Europa gravemente perturbate, abbia sempre trovato la soluzione a certe difficoltà mediante l'intensificazione degli scambi con il terzo mondo. Così mentre.il nostro approvvigionamento estero in materie prime vegetali e minerali era assicurato, prima dell'ultimo conflitto mondiale, solo per il 19 per cento circa dai paesi in via di sviluppo, questa percentuale ha raggiunto il 35 per cento durante la guerra e l'immediato dopoguerra.

Oggigiorno questi prodotti rappresentano ancora l'85 per cento delle im-, portazioni svizzere provenienti dall'insieme dei paesi sottosviluppati.

I paesi del terzo mondo rappresentano per la Svizzera non solo una importante fonte di approvvigionamento, ma anche mercati di esportazione tutt'altro che trascurabili. In effetti essi assorbono circa il 20 per cento delle nostre esportazioni totali. Questa percentuale risulta sensibilmente più alta per parecchi settori dell'economia. In conclusione, per abitante, la Svizzera esporta, nei paesi in via di sviluppo, più di qualsiasi altro paese.

Essa è anche uno dei soli stati industrializzati la cui bilancia commerciale con i paesi depressi riveli un saldo attivo (per il 1965,
superiore al miliardo di franchi svizzeri). Questo saldo appare invero ipervalutato, dato che le statistiche svizzere sul commercio estero non mettono in evidenza le esportazioni dei paesi in via di sviluppo che ci arrivano tramite paesi terzi industrializzati nei quali esse hanno subito un'ulteriore trasformazione. Tut¬ tavia esso esprime uno squilibrio nei nostri scambi commerciali con il terzo mondo. Fino al momento in cui gli sforzi dei paesi sottosviluppati miranti ad accrescere i redditi d'esportazione non avranno raggiunto il loro scopo, quésti paesi cercheranno di finanziare il passivo delle loro bilance commerciali con mezzi finanziari esteri non vincolati, salvo che essi non decidano d'introdurre restrizioni all'importazione. Gli aspetti di politica commerciale dello squilibrio delle relazioni economiche della Svizzera con le zone depresse saranno esaminati nel messaggio, di prossima pub¬ blicazione, sul Kennedy, Round. Ritorneremo sulle sue incidenze dal punto

197 di vista, finanziario esaminando la concezione svizzera nel campo della co¬ operazione economica e finanziaria con i paesi del terzo mondo.

Le relazioni economiche tra la Svizzera ed i paesi in via di sviluppo non hanno preso unicamente la forma di scambi di merci. Al trasferimento di conoscenze tecniche e commerciali legate alla presenza, in numerosi paesi sottosviluppati, d'immigrati svizzeri -- presenza quest'ultima com¬ pletata dai programmi di cooperazione tecnica finanziati dalla Confedera¬ zione e dalle istituzioni private -- sono venuti ad aggiungersi i trasferimenti di capitali privati, in particolare sotto forma di investimenti diretti ed in titoli. Questi collocamenti sono stati valutati nel 1964 a 3 miliardi di franchi svizzeri e, secondo le stime, aumentano annualmente di 200 milioni.

Essi interessano una larga gamma d'attività economiche e sono, ripartiti per tre quarti nei settori alimentare, chimico, dell'alluminio, del cemento e dei macchinari, mentre il rimanente in opere d'infrastruttura, segnatamente nel settore dell'energia elettrica. La Svizzera si situa così al primo rango per abitante e al quinto rango in valore assoluto fra gli esportatori di capitali privati. Questo fatto è dovuto alla stretta interdipendenza tra l'economia svizzera e quella mondiale. Numerose aziende svizzere sono state in¬ dotte ad investire all'estero per risolvere i problemi posti dalla limitatezza del nostro mercato, resa ancor più sensibile dallo sviluppo delle produzioni di massa. Altre hanno cercato con questo mezzo di mantenere certi mercati divenuti meno accessibili a causa dell'introduzione di politiche commerciali restrittive e per meglio difendersi' contro la sempre maggior concorrenza.

Altre hanno trovato in una decentralizzazione delle loro attività la possibi¬ lità di far fronte alle difficoltà di approvvigionamento ed ai problemi della manodopera.

Benché molti investitori abbiano tratto e continuino a trarre vantaggi dall'estensione delle loro attività ai paesi depressi, le difficoltà -- ed in certi casi le nazionalizzazioni -- che molti di essi hanno dovuto af¬ frontare costituiscono indubbiamente un freno ai movimenti di capitali pri¬ vati verso i paesi bisognosi. Ai rischi commerciali e finanziari legati solitamente all'espansione di attività economiche determinate si aggiungono
così i rischi di natura politica molto più difficili da prevenire. Comunque numerosi paesi in Via di sviluppo hanno potuto trarre profitto dalla pre¬ senza di investitori svizzeri tanto più che le loro aziende si sforzano di ap¬ plicare metodi di produzione e di commercializzazione in armonia con gli interessi economici dei paesi in via di sviluppo sul cui territorio esercitano le loro attività. Date le dimensioni generalmente ristrette, se paragonate su scala mondiale, delle case madri, esse non potrebbero in nessun caso creare delle situazioni di monopolio. Esse non praticano nemmeno politiche di espansione sistematica dato che l'aumento della loro capacità di produzione è generalmente funzione delle possibilità offerte dai mercati dei paesi ospiti e di quelli limitrofi. La politica di neutralità praticata dalla Svizzera come

198 pure il non intervento delle autorità nella sfera d'attività dell'economia privata costituiscono inoltre per questi paesi una garanzia d'indipendenza economica e politica per quel che riguarda la gestione delle filiali o succur¬ sali d'aziende svizzere. Infine la penuria generale di manodopera specializ¬ zata e di quadri in cui si trova il nostro paese costituisce un incoraggia¬ mento supplementare per gli imprenditori svizzeri affinchè affidino un mag¬ gior numero di posti di responsabilità ai dipendenti dei paesi ospiti.

Gli apporti di fondi privati svizzeri verso i paesi in via di sviluppo hanno pure preso la forma di investimenti in titoli. Se questi paesi non sono stati finora in grado di emettere, salvo qualche rara eccezione, mutui pubblici in Svizzera, la Banca mondiale, con il sostegno della Confedera¬ zione, ha largamente dimostrato il ruolo costruttivo che essa piiò avere quale intermediaria tra quei paesi e il mercato svizzero dei capitali. Dal 1951 a oggi essa ha emesso sul nostro mercato una serie di mutui per un montante totale di 840 milioni di franchi svizzeri. Le quote non ancora rimborsate ammontano attualmente a 748 milioni di franchi svizzeri.

I crediti commerciali d'esportazione godono, grazie al meccanismo della garanzia dei rischi all'esportazione, dell'appoggio della Confedera¬ zione. Essi pure fanno tuttavia parte della categoria dei trasferimenti di mezzi finanziari di origine privata verso i paesi in via di sviluppo. Vincolati alla fornitura di prodotti svizzeri - in generale beni di produzione - l'ammon¬ tare di questo genere di crediti, concessi per oltre cinque anni, e a beneficio della garanzia federale -- ossia la quasi totalità di essi -- raggiungeva nel 1963 i 115, nel 1964 i 60, nel 1965 i 95 e nel 1966 i 199 milioni di franchi svizzeri. I loro termini di rimborso vanno, a seconda dei casi, dai 5 ai 10 anni. Come vedremo appresso, esaminando il ruolo della Confederazione nelle nostre relazioni economiche e finanziarie con i paesi in via di svilup¬ po, questi crediti, nel corso degli ultimi anni, hanno preso forme sempre più varie. Ciò si spiega con la necessità di tener conto il più possibile dei bisogni dei paesi beneficiari. In certi casi si trattava anche,di salvaguardare le posizioni, delle nostre industrie d'esportazione sui mercati tradizionali,
di fronte ad una concorrenza particolarmente attiva sia dal punto di vista della qualità della sua produzione ma, soprattutto, da quello delle condi¬ zioni di credito offerte.

Gli apporti lordi di fondi d'origine privata dalla Svizzera ai paesi in via di sviluppo interessano, secondo le modalità che abbiamo or ora esami¬ nato, per più di 4/5 il volume totale dei mezzi finanziari da noi messi a disposizione dei paesi in via di sviluppo. Questi apporti ammontavano nel 1963 a 335, nel 1964 a 280 e nel 1965 a 395 milioni di franchi svizzeri a cui vanno aggiunti circa 15 milioni di franchi annui per l'aiuto tecnico privato.

·199 B. Compiti federali nelle relazioni finanziarie della Svizzera con i paesi in via di sviluppo Dalla fine dell'ultimo conflitto mondiale, l'azione federale è venuta assumendo sempre maggiore importanza in questo settore dell'espansióne delle relazioni economiche e finanziarie con i paesi in via di sviluppo.

In pratica l'azione della Confederazione si è tradotta in un: -- sostegno dato a diverse forme di trasferimenti finanziari di origine pri¬ vata verso i paesi in via di sviluppo; -- apporto ai paesi in via di sviluppo di mezzi finanziari preventivati.

1. Il sostegno della Confederazione ai trasferimenti finanziari d'origine privata verso i paesi in via di sviluppo Se è vero che la garanzia federale contro i rischi all'esportazione è stata originariamente concepita per sostenere l'attività d'esportazione del¬ l'economia svizzera, bisogna tuttavia ammettere che attualmente essa ha acquisito una funzione determinante dal punto di vista delle relazioni eco¬ nomiche e finanziarie della Svizzera con i paesi sottosviluppati. Per farsene convinti basta ricordare che le garanzie accordate a crediti d'esportazione verso paesi in via di sviluppo rappresentano oggigiorno il 67 per cento del totale (1,8 miliardi di franchi svizzeri) delle garanzie federali esistenti. D'al¬ tra parte se si tien conto del fatto che le scadenze di questi crediti sono state sensibilmente allungate si vede come l'impegno della Confederazione per quel che concerne la garanzia assuma proporzioni particolarmente vaste.

Una simile tendenza esiste nella maggior parte dei paesi industrializzati. La si è potuta seguire fino ad oggi poiché le perdite sono state relativamente modeste e hanno potuto essere coperte dalle riserve.

Le transazioni individuali formano la proporzione principale dei crediti commerciali garantiti legati a esportazioni svizzere verso i paesi in via di sviluppo. Recentemente sono state prese disposizioni in vista dell'estensione del campo di applicazione della garanzia alle spese locali nei paesi in via di sviluppo, ai trasferimenti di licenze di produzione e segnatamente ai lavori prestati dagli uffici svizzeri di consulenza tecnica dei quali va sottolineato · il contributo dato agli studi di preinvestimento nei paesi in via di sviluppo.

· Di fatto, la garanzia federale contro i rischi all'esportazione è
diventata a poco a poco strumento di stretta cooperazione tra le nostre industrie d'esportazione, i nostri enti privati di credito, la Confederazione ed i paesi in via di' sviluppo. Questa cooperazione ha permesso di trovare forme di applicazione della garanzia che rispondessero meglio ai bisogni dei paesi in via di sviluppo. Gli accordi detti «accordi quadro», conchiusi tra la Svizzera e i governi di diversi paesi in via di sviluppo per facilitare, mediante la

200 concessione della garanzia contro i rischi all'esportazione, il finanziamento delle forniture svizzere, hanno preso le forme seguenti: -- crediti per fornitura, per un montante globale fissato tramite accordo bilaterale e avente un termine di rimborso compreso fra i 5 e i 10 anni, consentiti dai fornitori ad acquirenti o a una banca di un paese in via di sviluppo, garantiti, in certi casi, dal governo o dalla banca centrale del paese in questione (Iran, Nigeria); -- crediti di trasferimento essi pure vincolati ad esportazioni svizzere.

Questi crediti globali sono accordati da un gruppo di banche svizzere ai governi di paesi in via di sviluppo, alle banche centrali o agli enti di sviluppo di questi paesi, e all'occorrenza, messi a beneficio della ga¬ ranzia dei loro governi. I termini di rimborso si situano generalmente intorno ai 10 anni (Cile, Colombia, Equador, India e Pakistan).

Tuttavia, anche se assumono queste forme, i crediti commerciali ga¬ rantiti appaiono pur sempre una fonte di finanziamento estero relativamente onerosa se si tien conto del continuo indebitamento della maggior parte dei paesi in via di sviluppo. Per questa ragione si sono ricercate altre soluzioni ( allo scopo di prolungare i termini di rimborso e di ridurre i tassi d'interesse.

Il credito di trasferimento di 63 milioni accompagnato dalla garanzia dei , rischi all'esportazione, finanziato per metà dalle banche e per metà dalla Confederazione, aperto dalla Svizzera all'India nel 1965 (cfr. il messaggio del 4 maggio 1965; FF 1965, I, 865; RU 1966, 580) rappresenta il.primo passo concreto compiuto in questa direzione. Il termine di rimborso di que¬ sto credito è di 15 anni (le quote bancarie saranno rimborsate tra il 5° e il 10° anno; quelle della Confederazione tra il 10° e il 15° anno). Il tasso d'in¬ teresse che risulta dalla combinazione del tasso del 3% della quota della Confederazione con quello di mercato della quota bancaria, si situa intorno al 4%.

Gli investimenti privati hanno, come abbiamo visto, una parte decisiva nelle relazioni tra la Svizzera e i paesi in via di sviluppo. Allo scopo» di soste¬ nere e promuovere questa forma di trasferiménti di risorse, la Confedera¬ zione ha preso le seguenti disposizioni: ha conchiuso con 17 paesi de¬ pressi, specialmente d'Africa, accordi bilaterali di protezione
e di promuo¬ vimelo degli investimenti di capitali privati1; ha partecipato alla' elabora¬ zione, tràmite l'OCSE, di un progetto di convenzione multilaterale sulla protezione dei beni esteri i cui scopi sono identici a quelli degli accordi bila¬ terali; infine ha seguito da vicino la messa a punto da parte dei paesi mem¬ bri della Banca mondiale di una procedura arbitrale e di conciliazione sulle contestazioni concernenti gl'investimenti esteri. La convenzione stabilita a questo fine è entrata in vigore il 14 ottobre 1966. La sua applicazione sarà curata da un centro autonomo posto sotto gli auspici della Banca.

1 Cfr. il messaggio del 24 maggio 1963 (FF 1963, I 701) concernente, la con¬ clusione di trattati intesi a proteggere ed a promuovere il collocamento di capi¬ tali e il relativo decreto federale del 22 settembre 1963 (RU 1964, 73).

201 Tuttavia nel corso degli ultimi anni l'attenzione delle autorità federali e degli ambienti interessati della nostra economia si è concentrata sull'ela¬ borazione e la messa a punto di un progetto di garanzia federale dei rischi sugli investimenti. Questo progetto è stato sottoposto alla procedura usuale di consultazione dei Cantoni e delle associazioni professionali. Speriamo che i pareri espressi ci permettano di presentare prossimamente alla vostra ap¬ provazione un diségno di legge impostato su questa nuova forma di sostegno federale alle attività svolte dall'economia svizzera nei paesi in via di svi¬ luppo.

Sul piano fiscale la politica della Confederazione e dei Cantoni è sempre stata favorevole agli investimenti svizzeri all'estero compresi quelli nelle nazioni sottosviluppate. La Svizzera ha concluso alla fine del 1959 una convenzione con il Pakistan mirante ad evitare le doppie impo¬ sizioni in materia d'imposta sul reddito (RU 1960, 1051). Essa d'altra parte accorda, sul piano federale e cantonale, riduzioni fiscali a favore della maggior parte delle operazioni finanziarie effettuate con paesi terzi indu¬ strializzati od in via di sviluppo.

I poteri pubblici hanno pure preso disposizioni per facilitare l'emis¬ sione di mutui della Banca mondiale sul mercato svizzero dei capitali.

Essi hanno inoltre esteso a detti prestiti l'applicazione della tassa di bollo privilegiata di cui beneficiano i mutui cantonali e comunali.

2. Fondi pubblici destinati ai paesi in via di sviluppo Le prestazioni dirette della Confederazione a favore del terzo mondo sono state finora effettuate sia mediante accordi bilaterali sia tramite la Banca mondiale o l'Accordo monetario europeo.

I crediti concessi dalla Confederazione hanno assunto, dal 1960, le se¬ guenti forme: -- crediti per il consolidamento dei debiti commerciali dei paesi in via di sviluppo dell'America latina: Argentina (FF 1963, 941; FF 1967 I, 126); Brasile (FF 1965 II, 821- RU 1965, 721).

-- crediti destinati a facilitare, nell'ambito di un consorzio creato sotto l'egida dell'OCSE, la messa in opera del piano di sviluppo della Turchia e il risanamento della sua bilancia dei pagamenti (RU 1964, 195; RU 1965, 209; RU 1966, 421; RU 1967, 43); -- crediti alla Jugoslavia per il risanamento della bilancia dei pagamenti (RU 1962, 97); -- crediti'
di trasferimento -- composti per un mezzo da capitali privati e per il rimanente da fondi pubblici -- per la fornitura di merci svizzere all'India (vedi capo II, lettera B, cifra 1).

Foglio Federale, 1967, Voi. Il

16

202 Sul piano multilaterale la Confederazione, a contare dal 1951, ha messo a disposizione della Banca mondiale una somma complessiva di 300 milioni di franchi svizzeri di cui 250 milioni sono già stati rimborsati (vedi capo IV).

La Confederazione inoltre ha partecipato, tramite l'Accordo monetario europeo (AME), a crediti multilaterali destinati a risanare le bilance dei pagamenti di diversi paesi membri dell'OCSE. Inoltre, è del 2 giugno 1967 il messaggio mediante il quale vi proponevamo di approvare la partecipa¬ zione della Svizzera al capitale della Banca asiatica di sviluppo per un ammontare di 5 milioni di dollari (circa 21,6 milioni di franchi svizzeri).

Tali prestazioni finanziarie della Confederazione sono state effettuate, -- ad eccezione del credito misto all'India -- al tasso in vigore sul mercato svizzero dei capitali, tasso che in generale era sensibilmente inferiore a quello degli altri mercati finanziari. I termini di rimborso dei crediti della Confederazione che si aggiravano, per le prime operazioni, intorno ai 5 anni, sono stati successivamente prolungati ed hanno raggiunto i 15 anni per il credito all'India (vedi lettera B cifra 1) ed i 22 anni per parte dei crediti verso la Turchia (vedi capo II, lettera B, cifra 2). ' * ·

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I calcoli effettuati dalle Nazioni Unite e dall'OCSE, sui mezzi finan¬ ziari messi a disposizione dei paesi in via di sviluppo, includono nei trasfe¬ rimenti di origine pubblica le somme destinate alla cooperazione tecnica ·bilaterale o multilaterale. In base a questa definizione i fondi di origine pubblica effettivamente trasferiti dalla Svizzera ai paesi in via di sviluppo ammontavano nel 1963 a 30,3 (25,8), nel 1964 a 44,1 (36,4) e nel 1965 a 48,1 (37,7) milioni di franchi svizzeri. Le cifre tra parentesi corrispondono alla quota dell'importo precedente consacrata alla cooperazione tecnica.

Per poter determinare se i paesi industrializzati si conformano all'obiet¬ tivo di consacrare ogni anno al sostegno dello sviluppo l'I per cento del loro reddito nazionale, l'OCSE e le Nazioni Unite adottano quale base di giudizio il totale dei trasferimenti nei paesi in via di sviluppo di mezzi finanziari d'origine privata e pubblica.

Detta somma per quanto concerne la Svizzera ammontava nel 1963 a 380,3, nel 1964 a 339,1 e nel 1965 a '458,1 milioni di franchi svizzeri corri¬ spondente nel 1963 allo 0,89 per cento del reddito nazionale, nel 1964 allo 0,73 per cento e nel 1965 allo 0,93 per cento.

Dunque la Svizzera, come altri stati, non ha ancora pienamente rag¬ giunto l'obiettivo dell'I per cento del reddito nazionale da destinare quale aiuto finanziario messo a disposizione dei paesi in via di sviluppo. Inoltre le . condizioni e le modalità delle prestazioni svizzere a titolo d'assistenza fi¬ nanziaria restano ancora lontane dal traguardo che i paesi membri del CAD stimano auspicabile raggiungere in un lasso di tempo di tre anni. Non va

203 assolutamente dimenticato che secondo il CAD l'80 per cento degli apporti finanziari ai paesi depressi dovrebbero assumere la forma di doni o di mutui con un tasso d'interesse massimo del 3% ed una diirata minima di 25 anni.

Il metodo consistente nel valutare lo sforzo compiuto da ogni stato industrializzato nel campo dello sviluppo in base al volume delle risorse fi¬ nanziarie messe ogni anno a disposizione delle nazioni del terzo mondo è contestabile per diversi motivi. Da un canto questi mezzi finanziari corri¬ spondono ad una amplissima gamma di operazioni finanziarie e dall'altro il loro rendimento dipende largamente dalla destinazione e dalla natura dellé prestazioni materiali, umane e tecniche cui vengono vincolate. Malgrado l'estremo interesse che può rivestire il problema della portata degli aiuti, non sembra possibile definire criteri più precisi di quelli attualmente vigenti. Di fatto sarebbe necessario poter misurare l'efficacia dell'aiuto, ma purtroppo quest'ultima è una nozione difficilmente traducibile in cifre precise. Tuttavia si può ammettere che, viste le condizioni in cui si effettua la collaborazione tra la Svizzera e i paesi in via di sviluppo, il suo contri¬ buto è efficace almeno allo stesso grado di quello di altri paesi.

C. Concezione svizzera nel campo della cooperazione economica e finanziaria con i paesi in via di sviluppo La partecipazione della Svizzera alla valorizzazione delle risorse umane e materiali dei paesi sottosviluppati si richiama ad una lunga tradizione.

Essa si è intensificata col passare degli anni adattandosi ai cambiamenti politici e economici intervenuti in parecchi di detti paesi, alle loro difficoltà particolari ed alle azioni di cooperazione internazionale miranti a promuo¬ verne lo sviluppo.

Le forme a tutt'oggi assunte dalla collaborazione tra il nostro paese e gli stati del terzo mondo sono state descritte nel precedente capitolo. Esse hanno permesso la continuazione ed il rafforzamento di relazioni stabilite già da lunga data. Vistane l'efficacia siamo convinti che la loro appli¬ cazione dovrebbe ulteriormente proseguire tanto più che esse favoriscono una partecipazione attiva dell'economia privata svizzera.

-- Nel settore degli investimenti diretti continueremo a suggerire ai paesi in via di sviluppo la conclusione di accordi bilaterali
per la protezione e l'incoraggiamento degli investimenti privati.

--1 In merito alle forniture di beni di produzione ai paesi in via di sviluppo manterremo la nostra attuale politica di concessione della garanzia per i crediti all'esportazione, alle transazioni individuali come pure agli «ac¬ cordi quadro». Tali operazioni permettono di portare, sotto forma di determinati beni di investimento o della messa in opera di progetti con¬ creti, un contributo tangibile alla diversificazione delle economie in via

204 di sviluppo. Speriamo d'altronde che l'allargamento del campo d'appli¬ cazione della garanzia dei rischi all'esportazione favorisca una crescita degli apporti di conoscenze tecniche ai paesi in via di sviluppo.

-- Per quanto riguarda i crediti destinati a superare le difficoltà, delle bi¬ lance dei pagamenti di certi paesi, vincolate all'adempimento d'impegni inerenti i crediti per fornitura garantiti dalla Confederazione, seguiremo una linea di condótta conforme al messaggio del 20 settembre 1965 (FF 1965 II, 821) e al decreto federale del 17 marzo 1966 (RU 1966, 911) stando al quale il Consiglio federale è autorizzato a concludere accordi per il consolidamento dei crediti svizzeri se la Confederazione avrà assicurato la garanzia contro i rischi all'esportazione per almeno i due terzi della somma totale dei crediti oggetto degli accordi in que¬ stione. Il Consiglio federale è pure abilitato ad aprire i crediti necessari all'esecuzione di tali accordi.

-- Continueremo a facilitare, in collegamento con la Banca nazionale, la emissione sul mercato svizzero dei capitali di mutui della Banca mon¬ diale e, all'occorrenza, delle banche regionali di sviluppo. .

La maggior parte delle nazioni depresse deve tuttavia far fronte in maniera quasi permanente alle perturbazioni delle bilance dei 'pa¬ gamenti, in rapporto al crescente indebitamento e all'aumento parallelo dei loro bisogni di mezzi esteri. Tale evoluzione può compromettere i risultati finora ottenuti. Essa richiede da parte di tutti i paesi non solo una continuazine ma anche una riorganizzazione dei loro sforzi in funzione di una realtà che si evolve costantemente. Per questo motivo qualche tempo fa abbiamo prospettato l'adozione di diverse misure atte a sveltire e favorire certe forme di cooperazione tra la Svizzera ed i paesi sottosviluppati.

-- Allo scopo di incoraggiare le correnti di investimenti privati verso i paesi in via di sviluppo abbiamo l'.intenzione di firmare prossimamente la Convenzione della Banca mondiale concernente una procedura arbi, trale e di conciliazione delle contestazioni inerenti investimenti stranieri e vi sottoporremo, per la ratifica, il relativo messaggio. Abbiamo inoltre l'intenzione di sottoscrivere ogni altra convenzione internazionale che persegua lo stesso fine, e questo nella misura in cui dette
regolamenta¬ zioni beneficeranno dell'appoggio generale e corrisponderanno alle esi¬ genze del nostro paese.

-- Per quel che concerne l'introduzione di una garanzia federale sili rischi d'investimento si è ormai raggiunta la fase preliminare della procedura di consultazione dei Cantoni e delle associazioni professionali (vedi capo II, lettera B cifra 1).

-- Quando, come è già avvenuto, fornitori e banche svizzere, parallela¬ mente alla Banca mondiale od a banche regionali di sviluppo, partecipe¬ ranno al finanziamento di progetti d'investimento, prevediamo la con¬ cessione della garanzia dei rischi all'esportazione per la parte svizzera

205 di questi crediti -- cioè quella rimborsabile negli abituali lassi di tempo della garanzia -- partendo dall'idea che gli istituti finanziari internazio¬ nali si prenderanno a carico -- come hanno fatto finora -- quella parte di credito la cui scadenza oltrepassi il periodo considerato.

-- Al fine di ottenere termini di rimborso e tassi d'interesse più favorevoli di quelli che possono essere previsti dalle banche svizzere, pensiamo alla eventualità di dover ricorrere in maggior misura alla concessione di crediti misti finanziati in parte dalla Confederazione ed in parte dalle banche private, vincolati a forniture di merci svizzere (vedi capo II, lettera B cifra 1), sul genere di quello concesso, con la.vostra approva¬ zione, all'India.

--' Continueremo pure ad esaminare altri metodi atti a sveltire, special¬ mente per quanto concerne il tasso d'interesse, le modalità degli apporti di mezzi finanziari ai paesi in via di sviluppo.

-- Non è dunque escluso che prenderemo in considerazione, come già a suo tempo abbiamo fatto (RU 1965, 719), la possibilità di accordare il beneficio di una garanzia della Confederazione a crediti «stand by» le cui condizioni superano il normale campo d'attività delle banche com¬ merciali svizzere. L'oggetto di questi crediti è d'aiutare i paesi in via di sviluppo a superare passeggere difficoltà della bilancia dei pagamenti ed a rivalorizzare le loro riserve monetarie.

Le forme di cooperazione tra la Svizzera e i paesi in via di sviluppo, qui sopra considerate, evidenziano la tendenza del nostro paese, nelle sue relazioni con i paesi del terzo mondo, a tener conto delle condizioni parti¬ colari del loro sviluppo economico. Concedendo alla Turchia tre crediti federali per un importo totale di 26 milioni di franchi e con un termine di rimborso di 22 anni (vedi capo II, lettera B cifra 2) la Svizzera ha percorso una nuova tappa nella ricerca dei mezzi atti a sostenere gli sforzi di certi paesi sottosviluppati per rompere -- senza arrischiare una grave crisi della bilancia dei pagamenti -- il « circolo vizioso » della dipendenza verso i paesi esteri nel finanziamento della valorizzazione delle loro risorse, inteso a consentire alle loro economie di potersi poi autofinanziare (vedi capo I lettera B).

Considerata l'importanza che tali sforzi rivestono dal punto di vista
del risanamento della situazione economica di molti paesi in via di sviluppo gli eventuali contributi del nostro paese potrebbero assumere le seguenti forme: -- Crediti bilaterali a lungo termine ed a condizioni particolarmente ela¬ stiche miranti sia a far fronte a difficoltà strutturali della bilancia dei pagamenti dovute ad un eccessivo indebitamento sia ad assicurare il finanziamento di piani, di progetti o. di programmi di sviluppo a lungo termine;

206 -- Partecipazione finanziaria a istituzioni multilaterali, quali la Banca mondiale, l'IDA e le banche regionali di sviluppo, specializzate nel fi¬ nanziamento dello sviluppo a lungo termine.

Accanto a queste due principali vie lungo le quali corrono gli apporti finanziari a medio e lungo termine, miranti a promuovere politiche di sviluppo economicamente sane ed equilibrate, trovansi da qualche tempo allo studio, sul piano internazionale, provvedimenti di politica commerciale legati ad un aiuto finanziario alle nazioni depresse. Queste misure hanno lo scopo di conferire una certa sicurezza ai paesi in via di sviluppo per quanto riguarda i redditi d'esportazione, e di evitar loro la riduzione delle importazioni di beni di consumo per coprire il disavanzo alimentare. Esse vertono in particolare: -- su di un programma d'aiuto alimentare vincolato all'organizzazione del mercato internazionale dei cereali secondo le modalità convenute nel quadro del Kennedy Round; -- sulla creazione, in relazione a certi accordi di stabilizzazione dei prezzi , dei prodotti primari (cacao per esempio), di riserve regolatrici; -- su di un meccanismo, attualmente allo studio, avente lo scopo di cor¬ reggere gli effetti sfavorevoli, dal punto di vista dell'esecuzione dei piani di sviluppo, delle variazioni imprevedibili del livello dei redditi percepiti con l'esportazione di prodotti primari.

La partecipazione della Svizzera a queste nuove forme di cooperazione in favore dello sviluppo, come pure il rinnovo o l'estensione delle dispo¬ sizioni da essa finora prese, dovranno formare oggetto, per ogni caso parti¬ colare, di un esame approfondito in unione con tutti gli ambienti elvetici interessati, tenuto conto degli sforzi paralleli degli altri stati industrializzati e delle considerazioni cui qui di seguito accenniamo: Per il fatto stesso che il nostro paese, come tutti gli altri stati industria¬ lizzati, non può aumentare il suo contributo globale per lo sviluppo del terzo mondo al dilà di certi limiti e poiché detto contributo do¬ vrebbe presentarsi, nella maggior misura possibile, sotto l'aspettò di una combinazione fra i mezzi dell'economia privata e quelli della Confedera¬ zione, la coordinazione tra tutti gli ambienti interessati alle relazioni del nostro paese con il terzo mondo dovrebbe essere attivamente
perseguita. In particolare bisognerebbe vegliare affinchè le misure prese nei differenti settori concernenti lo sviluppo -- cooperazione tecnica, cooperazione eco¬ nòmica e finanziaria, politica commerciale -- si completino e si rafforzino vicendevolmente.

La questione della scelta tra le diverse destinazioni possibili dei mezzi finanziari che la Svizzera è in grado di convogliare verso i paesi in via di sviluppo riveste un'importanza capitale. Converrà dunque ricercare le for¬ me di cooperazione in materia di sviluppo che sembreranno più ricche di

207 promesse dal punto di vista del rendimento e degli effetti moltipli¬ catori. Attualmente la nostra opinione su queste diverse forme di coopera-, zione si può riassumere come segue: -- Si possono invocare numerose ragioni a favore della concessione di un aiuto alimentare ai paesi in via di sviluppo le cui popolazioni soffrono della carestia; tuttavia tale aiuto umanitario dovrebbe essere completato nell'interesse stesso dei paesi beneficiari, dall'adozione di misure concrete miranti all'aumento della produzione agricola nazionale. Sottoliniamo inoltre l'importanza rivestita in certi paesi da una stabilizzazione del¬ l'aumento demografico.

-- Le misure di aiuto finanziario aventi lo scopo di assicurare ai paesi in via di sviluppo il maggior reddito possibile dalle esportazioni di prodotti primari sembrano rispondere in una certa misura alla nostra costante preoccupazione di stabilire il più stretto rapporto tra .aiuto finanziario esterno e sforzo interno dei paesi in via di sviluppo. Lo stesso dicasi degli investimenti nel settore turistico, suscettibili di influenzare favo¬ revolmente le entrate di divise. Inoltre, tenendo conto del fatto che ia bilancia commerciale della Svizzera verso i paesi in via di sviluppo ha un saldo attivo, stimiamo che un atteggiamento di principio favorevole potrebbe essere adottato nei confronti di tali forme di coope¬ razione.

-- La pratica dell'aiuto vincolato solleva un certo numero di difficoltà se¬ gnatamente a causa delle restrizioni cui essa sottopone la libertà di scelta dei fornitori da parte dei paesi depressi. Dal nostro canto sarem¬ mo favorevoli ad un ricorso più frequente a crediti non vincolati a fornitori nazionali. Tuttavia la Svizzera potrà considerare la concessione di tali crediti solo al momento in cui, nel quadro di una politica coordi¬ nata, tutti i paesi industrializzati o certi gruppi di paesi industrializzati accettassero di svincolare il loro aiuto finanziario per quanto riguarda la provenienza delle merci, vegliando tuttavia affinchè questo aiuto sia ef¬ fettivamente consacrato all'acquisto di beni d'investimento. Una tale politica permetterebbe ai paesi in via di sviluppo d'approfittare dei vàn~ taggi della concorrenza internazionale, fatto questo che dovrebbe pre¬ sentare per la Svizzera più vantaggi che inconvenienti.

-- Da parecchi
anni diversi gruppi di paesi in via di sviluppo d'America ·latina, d'Asia e d'Africa si sforzano di stabilire fra di loro le basi di una cooperazione economica regionale. Questa evoluzione merita di essere incoraggiata. Essa tende alla creazione di più estesi mercati regionali nei quali le giovani industrie dei paesi membri potranno avvezzarsi e prepararsi ad affrontare la concorrenza dei mercati dei paesi industria¬ lizzati. Inoltre si potrebbe ottenere una destinazione più razionale degli apporti di mezzi finanziari esteri se questi paesi riuscissero a coordinare

208 e ad armonizzare, nel quadro di tali raggruppamenti, le loro politiche, i loro piani ed i loro programmi di diversificazione industriale. Così pure non escludiamo, secondo i progressi che i paesi in via di sviluppo realiz¬ zeranno in questa direzione, la possibilità che gli eventuali apporti finan¬ ziari della Svìzzera a questi paesi siano effettuati attraverso gli enti fi¬ nanziari che essi potrebbero creare per appoggiare i loro sforzi di coope¬ razione regionale, piuttosto che per via bilaterale. Questa forma di col¬ laboratone con i paesi in via di sviluppo si potrebbe realizzare sia me¬ diante una partecipazione alle banche regionali di sviluppo fondate durante questi ultimi anni in America latina, in Asia e in Africa, sia in maniera diretta.

-- La concessione di crediti ai paesi in via di sviluppo può avvenire sia per via bilaterale che per via multilaterale. Tuttavia anche le operazioni a carattere bilaterale si effettuano sempre più sovente in forme vicine al multilateralismo. Così i consolidamenti di debiti, convenuti nel corso degli ultimi anni con un certo numero di paesi in via di sviluppo, sono stati negoziati in gruppi ad hoc i quali riunivano da una parte i. paesi debitori e dall'altra i paesi creditori, come pure, nella maggior parte dei casi, i rappresentanti dei principali enti finanziari internazionali.

Sono stati pure costituiti sotto l'egida della Banca mondiale e dell'OCSE «gruppi consulenti» o «consorzi d'aiuto» allo scopo di coordinare i con¬ tributi finanziari bilaterali per la messa in opera dei piani di sviluppo a medio e lungo termine di determinati paesi in via di sviluppo. Questi metodi di cooperazione -- sia che riguardino il risanamento del debito estero sia il finanziamento dello sviluppo -- presentano fra altri vantaggi quello di permettere, agli enti internazionali competenti, di assistere i paesi partecipanti nell'esame delle politiche e dei piani di sviluppo come pure sulle diverse destinazioni delle risorse disponibili. Anche quando avviene nell'ambito di un consorzio, la concessione di crediti per lo sviluppo conserva il suo carattere bilaterale e, di conseguenza, il van¬ taggio di segnare, presso il paese beneficiario, la presenza elvetica. Esso dà inoltre la possibilità di seguire la messa in opera dei progetti alla cui esecuzione è vincolato. Perciò
la Svizzera dovrebbe continuare a sostenere tali forme di partecipazione allo sviluppo dei paesi del terzo mondo.

Tuttavia il nostro paese non dispone di risorse finanziarie in quantità sufficiente per soddisfare un grande numero di richieste dei paesi in via di sviluppo, sia su base puramente bilaterale, sia armoniz¬ zando la sua azione bilaterale con quella d'altri paesi. Perciò la Sviz¬ zera dovrà prendere in considerazione anche le vie multilaterali offerte dagli ènti finanziari specializzati nel finanziamento a lungo termine dello sviluppo di tutti i paesi del terzo mondo (Banca mondiale, IDA) e la cui attività si esercita a favore dei paesi d'Africa, d'Asia e d'America latina

209 (banche regionali di sviluppo). Una partecipazione finanziaria a tali isti¬ tuzioni darebbe alla Svizzera non solo la possibilità di dimostrare la sua volontà di contribuire agli sforzi di tutti i paesi in via di sviluppo, ma anche quella di assicurare una utilizzazione efficace del suo contributo poiché detti enti, in virtù delle loro competenze, sono in stretto con¬ tatto con questi paesi al momento dell'elaborazione e della messa in opera delle loro politiche e dei loro piani di sviluppo. Il credito all'IDA, oggetto del presente messaggio, e la partecipazione della Svizzera al capitale della Banca asiatica di sviluppo che vi proponiamo di appro¬ vare in un messaggio parallelo del 2 giugno 1967, rispondono a questo genere di preoccupazioni.

* * * Nell'esame di ogni specifica operazione che la Svizzera dovrà con¬ durre in applicazione dei principi generali qui sopra enunciati converrà tener conto non solo dell'importanza e della natura delle sue relazioni con detti paesi, ma ancjhe della misura in cui queste operazioni potranno iscriversi nel quadro di azioni parallele concernenti i settori della coopera¬ zione tecnica, della politica commerciale o della cooperazione dell'economia privata con i paesi in via di sviluppo. Stante l'esperienza acquisita sulla base di qualche caso specifico appare auspicabile -- dato che la Svizzera non di¬ spone, a differenza di altri paesi industrializzati, di una banca statale di fi¬ nanziamento dello sviluppo -- chiedere la vostra approvazione per l'apertura di un credito programmatico. I versamenti creditizi annui del credito pro¬ grammatico saranno registrati a bilancio. Il credito programmatico potrà, se sarà il caso, essere suddiviso in diverse categorie a seconda che i fondi liberati siano destinati ad assicurare la nostra partecipazione ad enti finan¬ ziari multilaterali o ad accordi bilaterali.

Speriamo che la concezione che vi abbiamo abbozzato serva al raf¬ forzamento della cooperazione tra la Svizzera e i paesi in via di sviluppo.

Tale rafforzamento è dettato dal fatto che questi paesi sono fonti di approv¬ vigionamento utili nonché mercati di esportazione con un potenziale di cre¬ scita assai importante. Esso risponde del resto al carattere universale delle nostre relazioni con l'estero. È d'altra parte uno dei motivi per cui la Sviz¬ zera ha
sempre cercato, segnatamente nel contesto dell'integrazione europea, di salvaguardare la sua autonomia in materia di politica economica e com¬ merciale nei confronti di paesi terzi.

I rapporti tra l'economia svizzera e quella dei paesi in via di sviluppo si sono finora evoluti favorevolmente, in particolare a causa della politica di neutralità seguita dal nostro paese e del suo passato libero da qualsiasi forma di colonialismo. Grazie a questa situazione la Svizzera, pur non es¬ sendo membro delle Nazioni Unite, ha potuto contribuire, partecipando ai

210 lavori degli enti o degli organi specializzati delle Nazioni Unite, alla ricerca di soluzioni costruttive per i problemi dello sviluppo ed ha avuto modo di presentare punti di vista fondati su considerazioni di natura essenzialmente economica.

Per questi motivi e per quelli di solidarietà esposti in modo particola¬ reggiato nel nostro messaggio concernente la continuazione della coopera¬ zione tecnica della Svizzera con i paesi in via di sviluppo ci sembra indi¬ spensabile che la partecipazione del nostro paese alle attività degli enti internazionali nei quali si modellano progressivamente le grandi linee delle politiche di sviluppo continui e, all'occorrenza, si allarghi. Perciò auspichia¬ mo una prossima adesione della Svizzera al Comitato di aiuto allo svi¬ luppo dell'OCSE i cui membri studiano in comune i problemi di fondo relativi all'aiuto economico e finanziario. La partecipazione del nostro paese ai lavori degli enti internazionali specializzati nell'esame dei problemi di sviluppo dovrebbe servire anche a migliorare le nostre possibilità di giu¬ dizio in merito alle priorità sulle quali dovrebbe indirizzarsi il contributo della Svizzera alla valorizzazione delle risorse interne umane e materiali dei paesi in via di sviluppo.

!

Ili STRUTTURE E COMPITI DELLA « ASSOCIAZIONE INtERNAZIONALE PER LO SVILUPPO » (IDA) Come già è stato esposto l'aumento considerevole dell'indebitamento dei paesi in via di sviluppo ostacola l'esecuzione di molti progetti di svi¬ luppo i quali si giustificherebbero pienamente dal punto di vista economico ma che sono realizzabili solo se si possono accordare crediti a lungo ter¬ mine momentaneamente non gravanti sulla bilancia dei pagamenti. La Banca mondiale che si procura i capitali alle abituali condizioni di mercato non è in grado di accordare crediti a condizioni non commerciali, a debole tasso di interesse ed a lunghissima scadenza/Inoltre, allo scopo di non pre¬ giudicare la propria solvibilità, essa ha rinunciato a finanziare realizzazioni nel settore della politica sociale e senza profitto diretto. Essendo spesso que¬ sti progetti d'importanza primordiale per i paesi in via di sviluppo la Banca mondiale ha creato, nel 1960, un fondo autonomo, 1'«Associazione interna¬ zionale di sviluppo» o «International Development Association (IDA)», il quale accorda
mutui a condizioni molto elastiche, chiamati «soft loans».

Questo generò di aiuto finanziario esige che i mezzi necessari non provengano.dal mercato dei capitali ma che siano messi a disposizione sotto forma di sottoscrizione dai paesi membri. Durante gli ultimi anni l'IDA è diven¬ tata il più importante ente internazionale per lo stanziamento di aiuti finan¬ ziari a condizioni moderate e non commerciali. Ha oggigiorno un ruolo determinante.

211 Ogni membro della Banca mondiale può chiedere di aderire all'Asso¬ ciazione Internazionale di sviluppo (IDA). La sua sede è pure a Washing¬ ton. Mentre alla Banca mondiale tutti i membri si trovano sullo stesso piano, nell'IDA si sono stabilite due categorie.

I 15 paesi industrializzati del gruppo 1 si sono presi a carico da soli 739,4 milioni di dollari dei 905, 6 milioni di dollari rappresentanti le «sot¬ toscrizioni iniziali» (prima quotaparte). Essi hanno in seguito versato questo ammontare in oro od in moneta convertibile. I 36 paesi in via di sviluppo del gruppo 2, che insieme hanno sottoscritto 166,2 milioni di dollari, dovevano liberare la loro sottoscrizione soltanto in ragione del 10 per cento in oro o in moneta convertibile, il 90 per cento essendo pagabile in moneta nazio¬ nale. In seguito altri paesi membri della banca mondiale hanno aderito alla IDA, cosicché le «sottoscrizioni iniziali» hanno raggiunto 1 miliardo di dollari dei quali circa 750 milioni a carico dei paesi industrializzati e circa 250 milioni a carico di quelli depressi. Nel 1963 venne deciso di mettere a disposizione dell'ente le «risorse supplementari» (seconda quotaparte).

Dopo che il Koweit venne a passare dal gruppo dei paesi in via di sviluppo, in quello degli stati industrializzati, le sottoscrizioni dei membri di questo ultimo gruppo (gruppo 1) finirono per presentarsi nel modo seguente (situa¬ zione al 30 giugno 1966, giorno del bilancio): Fondi Sottoscrizioni iniziali per cento supplementari Totale in 1000 $ in 1000 S 3 990 10 090 1,01 14 080 Africa del Sud ... . .

19 800 20 180 2,02 39 980 Australia 5 040 10 080 5 040 0,50 Austria .......

250 , 8 250 0,83 16 500 Belgio 79 530 41 700 37 830 Canada . .... . .

3,79 7 500 8 740 0,87 16 240 Danimarca 6 128 ' 2 298 3 830 0,38 Finlandia . . . . . . . .

61 872 52 960 114 832 Francia . . . . . . .

5,30 125 560 72 600 52 960 Germania (Rep. federale) .

5,30 74 840 33 590 41 250 Giappone . . . . . . .

3,36 30000 47 160 18 160 1,82 Italia . . . . . . . .

3 360 3 360 Koweit . . . . . . .

0,34 6 720 375 375 0,04 Lussemburgo . 750 6 600 13 320 6720 Norvegia ......

0,67 16 500 44 240 27 740 Paesi Bassi . . . . . .

2,78 96 600 227 740 131 140 Regno Unito . . .

13,12 , 312 000 632 290 Stati Uniti 320 290 32,06 48 225 1 15 000 Svezia . . . . . .

10 090 1,01 744 745 1 519 2151 751 345 Totale del gruppo 1 . . .

75,20 1 Compresi i contributi speciali accordati dalla Svezia fino al luglio 1966.

212 Le «sottoscrizioni iniziali» della prima quota-parte e i «fondi supple¬ mentari» della seconda quota-parte rappresentano così, ciascuna, la metà del montante totale di 1,5 miliardi messi a disposizione dai paesi industria¬ lizzati, di cui il 42 per cento dagli Stati Uniti e il 15 per cento dal Regno Unito. La Svezia fornisce oltre alla sua prima prestazione di 10,9 milioni di dollari ed alla quota di 15 milioni quale «sottoscrizione addizio¬ nale», 5 altre sovvenzioni per un totale di 23,135 milioni di dollari «per tener conto della natura urgente e importante dei compiti che incombono all'IDA», come ha dichiarato il governo svedese. La partecipazione svedese ammonta così ad un totale di 48,225 milioni di dollari. Le sottoscrizioni iniziali dei 78 paesi in via di sviluppo attualmente membri raggiungevano (al 30 giugno 1966) 248 milioni di dollari. Le parti più importanti sono state sottoscritte dall'Argentina (18,83 milioni di $), dal Brasile (18,83 milioni di $), dalla Spagna (10,9 milioni di $), da Formosa (30,26 milioni di $), dal¬ l'India (40,35 milioni di $) e dal Pakistan (10,9 milioni di $). I paesi sotto¬ sviluppati furono dispensati dal partecipare ai «fondi supplementari».

(Fondi vincolati per l'acquisto di beni d'investimento sarebbero stati per . l'IDA di un'utilità molto limitata).

Questi «fondi supplementari» devono essere pagati dai paesi del gruppo 1 con tre quote annue uguali, nel novembre 1965, 1966 e 1967, per un to¬ tale di circa 250 milioni di dollari all'anno. I «fondi supplementari» non incorporano alcun diritto di voto per cui la ripartizione delle voci, tra i paesi del gruppo 1 e 2, rimane quella adottata nell'atto iniziale di sotto¬ scrizione cioè: -- 64,3 per cento ai paesi del gruppo 1 per una sottoscrizione al capitale iniziale di circa il 75 per cento, -- 35,7 per cento ai paesi del gruppo 2 per una sottoscrizione al capitale iniziale di circa il 25 per cento.

Il pacchetto di voti dei 78 paesi in via di sviluppo risulta proporzional¬ mente superiore alla loro partecipazione al capitale in quanto, inizial¬ mente, sono state attribuite ad ogni membro 500 voci e, successivamente, lina voce addizionale per ogni quota di 5 000 dollari sottoscritti. Si ha dunque che per un capitale di circa 1 miliardo di dollari il 20 per cento dell'insieme dei voti formano i suffragi
di base. Il rimanente 80% è ripar¬ tito proporzionalmente alle sottoscrizioni al capitale. Il principio dei voti di base, che favorisce i paesi più piccoli, viene dagli statuti della Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo (Banca mondiale); la recezione di detto principio, con leggere modificazioni, è stata fatta già all'atto della fondazione dell'IDA nel 1960.

Gl'impegni creditizi accordati dall'Associazione internazionale di svi¬ luppo fino alla primavera del 1967 assorbono interamente le liquidità pro¬ venienti dai «fondi supplementari». Per questa ragione la direzione della associazione si è preoccupata, già nel 1966, d'attuare una seconda ricosti-

213 tuzione delle risorse (terza quota parte). Essa inizialmente propose che la quota annuale dei paesi industrializzati, di circa 250 milioni di dollari, ve¬ nisse portata per ciascuno dei tre prossimi anni a 1 miliardo di dollari. I negoziati con i più importanti paesi donatori e principalmente con gli Stati Uniti non sono ancora terminati.

Sulla somma di 1247 milioni di dollari accordati o garantiti, al 30 giu¬ gno 1966, a paesi in via di sviluppo, l'India ha ricevuto 584,5 milioni di dollari e il Pakistan 310,2 milioni di dollari, il che equivale, in totale, a circa il 70 per cento dell'importo totale. La ripartizione dei crediti accordati finora dalla Banca mondiale e dall'IDA, classificati secondo l'importanza dei settori beneficiari si presenta (in milioni di dollari) come segue: Banca Totale IDA mondiale Produzione di energia elettrica . .

3 260,3 108,2 3 368,5 Trasporti 3 246,2 3 781,9 535,7 88,0 Telecomunicazioni 75,0 163,0 Agricoltura e silvicoltura ....

744,9 1 003,9 259,0 Industria . . .

1 479,8 246,4 1 726,2 Approvvigionamento di acqua . .

52,2 63,6 115,8 8,8 Educazione 86,1 77,3 8 880,2 10 245,4 1 365,2 703,4 703,4 Sviluppo generale, diversi . . .

-- 1 365,2 Totale 10 948,8 9 583,6 In confronto ai mutui concessi dalla Banca mondiale la quota parte di crediti, riservati dall'IDA ai progetti industriali e di produzione d'energia, è assai inferiore. Quella consacrata all'agricoltura e alla selvicoltura, all'approvvigionmento di acqua e all'educazione, ed ai progetti che normalmente esigono un periodo di ammortamento più lungo, è stata in compenso aumen¬ tata. La riduzione nel settore dei finanziamenti industriali sarebbe stata più pronunciata se non fosse stato necessario concedere, da parte dell'IDA, prestiti all'India ed al Pakistan per promuovere complessi industriali già esistenti (materie prime, pezzi staccati, pezzi speciali).

Tutti i crediti concessi dall'IDA hanno una durata di 50 anni. Sono esenti da interesse e incorporano solo una «tassa di servizio» del % per cento. In tutti i casi il rimborso non comincia che a partire dal decimo anno ed è ripartito sui quarant'anni seguenti.

L'IDA accorda i suoi crediti ai governi. Se questi ultimi li utilizzano per concedere mutui ad imprese produttrici l'IDA esige che detti colloca¬ menti siano fatti a condizioni commerciali
corrispondenti approssimativa¬ mente a quelle della Banca mondiale. La cessione di questi fondi alle stesse condizioni accordate dall'IDA, al Governo interessato, equivarrebbe alla concessione di una sovvenzione. Il governo è in tal modo liberato solo dall'obbligo del trasferimento e dall'onere dell'interesse. La differenza fra i

214 tassi d'interesse e l'obbligo per l'impresa di rimborsare il prestito in un lasso di tempo più breve di quello previsto dal credito concesso dall'IDA al governo in questione, fanno sì che quest'ultimo abbia momentaneamente fondi supplementari a disposizione. La scelta e l'esecuzione dei progetti, come pure l'esame delle richieste di mutuo vengono fatti secondo i severi criteri della Banca mondiale, amministratrice dei fondi dell'IDA. Differi¬ scono solo le scadenze di rimborso, i tassi d'interesse e le commissioni.

IV ATTEGGIAMENTO SVIZZERO NEI CONFRONTI DELL'ASSOCIAZIONE INTERNAZIONALE DI SVILUPPO .

(

La Svizzera ha assunto, nei riguardi degli sforzi della Banca mondiale, un atteggiamento di -massima positivo, come si può inferire dal fatto che le ha concesso crediti governativi per un importo totale di 300 milioni di fran¬ chi. Alla fine del 1966 il saldo ancora da rimborsare (con scadenza fine 1967) risultava essere di 50 milioni di franchi. Per le ragioni esposte più avanti que¬ sto rimborso dovrà tuttavia essere rimandato. All'inizio del 1967 (all'atto del rimborso della quota scaduta di 33 milioni relativa a un precedente credito concesso dalla Confederazione), un consorzio di banche ha accordato alla Banca mondiale un credito di 33 milioni di franchi a medio termine di 2 anni. Fino agli ultimi di giugno del 1967 la Banca mondiale ha emesso in totale 13 mutui, per un ammontare totale di 840 milioni di franchi, sul mer¬ cato svizzero dei capitali. Gli 11 mutui della Banca mondiale non ancora rimborsati rappresentavano alla fine di giugno del 1967 una somma globale di 728 milioni di franchi. Gli obblighi della Banca mondiale nei confronti della Svizzera per mutui concessi dalla Confederazione, mutui pubblici e crediti ammontavano complessivamente, il 30 giugno 1967, a 811 milioni di franchi.

Le imprese dei paesi membri della Banca mondiale e dell'IDA sono le sole che hanno la facoltà di concorrere alla realizzazione di progetti finan¬ ziati dalle due organizzazioni. La Svizzera è l'unico paese non membro ammesso nella cerchia degli Stati ai quali possono essere aggiudicati simili progetti finanziati dalla Banca mondiale o dall'IDA. Questo particolare trattamento è di un'importanza primordiale poiché dà al nostro paese la possibilità di sostenere la concorrenza sui mercati dei paesi in via di svi¬ luppo. Esso è stato accordato alla Svizzera in quanto essa ha messo crediti a disposizione della Banca mondiale e per il fatto che quest'ultima hla avuto la possibilità di emettere regolarmente prestiti sul nostro mercato dei capitali. Nel corso degli ultimi anni abbiamo soddisfatto un numero impor¬ tantissimo di ordinazioni, pervenute a complessi industriali e ad uffici di ingegneria svizzeri, attinenti ai progetti finanziati dalla Banca mondiale e dall'IDA. Poiché quest'ultima accorda mutui a condizióni molto favore-

215 voli e per periodi di tempo assai lunghi, essa non può, contrariamente alla Banca mondiale, rivolgersi al mercato finanziario svizzero per i suoi biso¬ gni di capitale. Quindi la direzione della Banca mondiale ha insistito a più riprese, a partire dal 1963, affinchè la Confederazione partecipi, con un contributo statale, agli sforzi dell'IDA. La prima quota-parte del fondo di 750 milioni di dollari è stata utilizzata. L'ultima parte della seconda quotaparte, quella dei «fondi supplementari», sarà pagata in novembre. Essendo prevista una terza quota-parte la Banca mondiale ha rinnovato nel 1966 la sua richiesta in tal senso.

Tutti i paesi industrializzati del mondo occidentale, il Giappone, l'Au¬ stralia e l'Africa del Sud partecipano all'IDA. Troviamo fra i paesi membri anche stati a capacità finanziaria comparativamente più debole: l'Austria (10,08 milioni di $), la Danimarca (16,24 milioni di $), la Finlandia (3,83 milioni di $) e la Norvegia (10,08 milioni di $). L'Irlanda e Israele, che appartengono al gruppo 2 si sono già dichiarati pronti a pagare la loro parte (3,03 milioni e 1,68 milioni di $) in moneta convertibile. Naturalmente anche i paesi del gruppo 1 sono invitati a partecipare al secondo rinnovo dei fondi. I mezzi a disposizione di questa organizzazione d'aiuto mondiale e comunitario sono utilizzati in ossequio agli stessi principi seguiti dalla Banca mondiale per la gestione delle sue risorse. La Svizzera, che si trova al terzo rango dei paesi industrializzati per quanto concerne il reddito pro-capite, non può essere il solo paese a rimanere in margine a questa azione di solidarietà indirettamente utile alla nostra economia eccedentaria A questo proposito essa si trova nella medesima situazione che nei con¬ fronti della Banca Asiatica per lo sviluppo alla quale pure partecipano tutti i piccoli paesi industrializzati. La Banca mondiale e l'IDA si devono aste¬ nere, a norma di statuti, da qualsiasi forma d'ingerenza politica, cosicché nulla può opporsi ad una nostra collaborazione all'IDA. Inoltre un contri¬ buto a questa organizzazione sarebbe in accordo con la concezione svizzera nel campo della cqoperazione economica e finanziaria con i paesi in via di sviluppo che già abbiamo avuto modo di esporre. Finché la Svizzera non sarà membro della Banca mondiale, essa non potrà aderire
all'IDA. La concessione di un mutuo in vece ed in luogo di un contributo a fondo perso tiene conto di queste circostanze. Ma affinchè i fondi messi a disposizione dalla Svizzera possano essere impiegati per i fini perseguiti dall'Associa¬ zione di sviluppo essi devono essere ceduti alle condizioni già indicate, cioè a quelle secondo cui l'IDA stessa accorda i propri mutui. Gli apporti dei paesi membri al capitale non fruttano interesse. Per questi motivi il mutuo svizzero deve essere accordato, esente da interesse per una durata di 50 anni alle condizioni seguenti: carenza per la durata di 10 anni, in séguito rimborso in ragione dell'I per cento all'anno durante i dieci anni successivi e del 3 per cento durante gli ultimi 30 anni. In effetti un tale mutuo sarebbe /, molto simile ad una partecipazione al capitale.

216 Nell'eventualità di un'ulteriore nostra adesione, il mutuo potrebbe essere trasformato in quota di sottoscrizione di paese membro. Secondo le va¬ lutazioni della Banca mondiale la nostra partecipazione alle sottoscrizioni iniziali (prima quota-parte) dell'IDA, calcolata secondo i criteri usati per gli altri paesi industrializzati, ammonterebbe a più di 12 milioni di dollari.

La posizione speciale della Svizzera è precisata in una lettera dell'IDA la quale conferma che la Svizzera sarà costantemente informata da questa ultima sulla politica ed i programmi di mutuo. La Svizzera potrà chiedere di essere consultata se circostanze speciali lo esigeranno.

In tal caso il mutuo non sarà vincolato ad acquisti di merci e di servizi svizzeri poiché solo l'internazionalizzazione dei progetti ossequia i principi generali delle comunità facenti capo alla Banca mondiale. La Svizzera come già abbiamo indicato -ha potuto concorrere in ampia misura alla rea¬ lizzazione dei progetti della Banca mondiale e dell'IDA.

In base a queste direttive e considerazioni sono stati intavolati dei ne¬ goziati con il presidente della Banca mondiale, a cui compete pure la pre¬ sidenza dell'IDA, al termine dei quali è stato conchiuso un accordo per la concessione di un mutuo di 52 milioni di franchi (controvalore di circa 12 milioni di $). Sottoponiamo tale accordo del 26 giugno 1967, il cui testo è allegato al presente messaggio, alla vostra approvazione. Come per i con¬ tributi dei paesi membri il pagamento del mutuo è ripartito su un periodo di tre anni, e, segnatamente: 17 333 334 franchi a partire dal 1° luglio 1968, 17 333 333 franchi a partire dal 1° luglio 1969, 17 333 333 franchi a partire dal 1° luglio 1970.

Le tre quote saranno inscritte nel bilancio degli anni corrispondenti.

Il programma primitivo essendo stato ritardato, la somma registrata a bi¬ lancio per l'anno 1967 (703 Divisione del commercio, voce 601.01, p. 60) e destinata al pagamento della prima quota non sarà utilizzata nel¬ l'anno finanziario 1967. Come già abbiamo esposto, l'ultima quota non ancora rimborsata del mutuo della Confederazione alla Banca mondiale diverrà esigibile alla fine del 1967. In considerazione dei propri forti co¬ stanti bisogni finanziari la Banca mondiale ha manifestato a varie riprese negli ultimi due anni il suo interesse
per un eventuale differimento delle scadenze dei mutui governatori precedentemente accordati. Si trattava del l'ultima parte dei 33 milioni di franchi del mutuo di 200 mio di fr. del 1956, il cui rimborso era già stato posticipato dal 1° gennaio 1961 al 1° gennaio 1967 (DF del 19 dicembre 1956, RU 1958, 517; Rapporto dell'8 giugno 1960, FF ed. francese 1960 II, 270). Il decreto federale del 27 settembre 1961 (FF 1961, 1285; messaggio del 27 giugno 1961, FF ed. francese 1961 II, 1) aveva inoltre previsto che il credito di 100 milioni di franchi accordato confor¬ memente all'accordo sulla concessione del mutuo dell'I 1 ottobre 1961 (vedi allegato) doveva essere rimborsato con due quote di 50 milioni l'una il 1° gennaio 1966 e il 1° gennaio 1968.

217 In seguito a difficoltà di cassa, la Confederazione dichiarò, alla fine del 1965, di non essere in grado di prorogare la scadenza della quota di 50 milioni di franchi del mutuo del 1961. Tuttavia si trovò la possibilità, alla fine del 1966, di sostituire alla quota di 33 milioni del mutuo del 1956 con scadenza il primo gennaio 1967, un credito bancario a medio termine concesso da un consorzio di banche svizzere. In tal modo tornò possibile dare alla Banca mondiale una risposta parzialmente favorevole. Sarebbe ora nostro desiderio tener conto della nuova dilazione concernente la seconda quota di 50 milioni del mutuo del 1961 con scadenza il 1° gennaio 1968, e far in modo di posticipare tale scadenza fino al giorno in cui dovranno essere pagate le tre quote di 17,33 milioni ciascuna del mutuo all'IDA.

Questi 50 milioni verrebbero allora rimborsati alla Confederazione in tre frazioni di 17,33; 17,33 e 15,33 milioni al primo luglio degli anni 1968-1970.

Le nuove scadenze coincidono così con le date alle quali la Confederazione effettuerà i suoi versamenti di 17,33 milioni all'IDA. Il tasso di interesse per il mutuo dilazionato sarà del 5 per cento a contare dal 1° gennaio 1968 (finora 3%).

Vi proponiamo dunque di approvare simultaneamente la concessione del mutuo all'IDA e la dilazione del mutuo del 1961 alla Banca mondiale, alle condizioni menzionate.

La base costituzionale di questa proposta risiede nell'articolo 8 della costituzione, in virtù del quale la Confederazione è abilitata a conchiudere accordi con l'estero. La competenza dell'Assemblea'federale si fonda sul¬ l'articolo 85, numero 5, della Costituzione. Essendo, l'accordo con l'IDA, di una durata superiore ai 15 anni, il decreto di approvazione è sottoposto al referendum facoltativo concernente i trattati internazionali, conformemente all'articolo 89, capoverso 4, della Costituzione..

Appoggiandoci sulle precedenti considerazioni vi proponiamo di ap¬ provare i decreti di adesione agli accordi conchiusi con l'Associazione in¬ ternazionale per lo sviluppo (IDA) e con la Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo (Banca mondiale), i cui testi alleghiamo al presente messaggio.

Vi preghiamo di gradire, onorevoli signori Presidente e Consiglieri, i sensi della nostra massima stima e considerazione.

Berna, 7 luglio 1967.

In nome del Consiglio federale svizzero, Il Presidente della Confederazione; Bonvin Il Cancelliere della Confederazione: Ch. Oser Foglio Federale, 1967, Voi. Il

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Messaggio del Consiglio federale all'Assemblea federale sull'aiuto economico e finanziario ai Paesi in via di sviluppo segnatamente sulla concessione di un mutuo all'Associazione internazionale per lo sviluppo (IDA) (Del 7 luglio 1967)

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